DECRETO LEGISLATIVO 3 aprile 2006, n. 152

Norme in materia ambientale.
 
 Vigente al: 29-9-2012  
 

PARTE PRIMA

((DISPOSIZIONI COMUNI E PRINCIPI GENERALI))

                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
 
  Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione; 
  Vista la legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante delega al  Governo
per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione
in materia ambientale e misure di diretta applicazione; 
  Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto  1988,  n.  400,  recante
disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento  della  Presidenza
del Consiglio dei Ministri; 
  Visto il  decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n.  112,  recante
1conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello  Stato  alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge  15
marzo 1997, n. 59; 
  Viste  le  direttive  2001/42/CE  del  Parlamento  europeo  e   del
Consiglio, del 27  giugno  2001,  concernente  la  valutazione  degli
effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente, e  85/337/CEE
del Consiglio, del 27 giugno 1985, come  modificata  dalle  direttive
97/11/CE del Consiglio, del 3 marzo 1997, e 2003/35/CE del Parlamento
europeo  e  del  Consiglio,  del  26  maggio  2003,  concernente   la
valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici  e
privati, nonche' riordino e  coordinamento  delle  procedure  per  la
valutazione  di  impatto  ambientale  (VIA),   per   la   valutazione
ambientale  strategica  (VAS)  e  per  la  prevenzione  e   riduzione
integrate dell'inquinamento (IPPC); 
  Vista la direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24  settembre  1996,
sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento; 
  Vista  la  direttiva  2000/60/CE  del  Parlamento  europeo  e   del
Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione
comunitaria in materia di acque; 
  Vista la direttiva 91/156/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991, che
modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti; 
  Vista la direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre  1991,
relativa ai rifiuti pericolosi; 
  Vista la direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio; 
  Vista la direttiva 84/360/CEE del Consiglio, del  28  giugno  1984,
concernente la  lotta  contro  l'inquinamento  atmosferico  provocato
dagli impianti industriali; 
  Vista la direttiva 94/63/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 20 dicembre 1994,  sul  controllo  delle  emissioni  di  composti
organici volatili (COV) derivanti dal deposito della benzina e  dalla
sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio; 
  Vista la direttiva 1999/13/CE del Consiglio,  dell'11  marzo  1999,
concernente la  limitazione  delle  emissioni  di  composti  organici
volatili dovute all'uso di solventi organici in talune attivita' e in
taluni impianti; 
  Vista la direttiva 1999/32/CE del Consiglio, del  26  aprile  1999,
relativa alla riduzione del tenore di zolfo  di  alcuni  combustibili
liquidi e recante modifica della direttiva 93/12/CEE; 
  Vista  la  direttiva  2001/80/CE  del  Parlamento  europeo  e   del
Consiglio, del 23 ottobre  2001,  concernente  la  limitazione  delle
emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti  originati  dai  grandi
impianti di combustione; 
  Vista  la  direttiva  2004/35/CE  del  Parlamento  europeo  e   del
Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla  responsabilita'  ambientale  in
materia di prevenzione e riparazione del danno  ambientale,  che,  in
vista  di  questa   finalita',   "istituisce   un   quadro   per   la
responsabilita' ambientale" basato sul principio "chi inquina paga"; 
  Vista la preliminare  deliberazione  del  Consiglio  dei  Ministri,
adottata nella riunione del 18 novembre 2005; 
  Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui  all'articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; 
  Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni  della  Camera  dei
deputati e del Senato della Repubblica; 
  Vista la preliminare  deliberazione  del  Consiglio  dei  Ministri,
adottata nella riunione del 19 gennaio 2006; 
  Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni  della  Camera  dei
deputati e del Senato della Repubblica; 
  Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri,  adottate  nelle
riunioni del 10 febbraio e del 29 marzo 2006; 
  Sulla proposta  del  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio, di concerto con i Ministri per le politiche  comunitarie,
per la funzione pubblica, per  gli  affari  regionali,  dell'interno,
della giustizia, della difesa, dell'economia e delle  finanze,  delle
attivita'  produttive,  della  salute,  delle  infrastrutture  e  dei
trasporti e delle politiche agricole e forestali; 
 
                              E m a n a 
                  il seguente decreto legislativo: 
 
                               ART. 1 
                      (ambito di applicazione) 
 
 
  1. Il presente decreto legislativo disciplina, in attuazione  della
legge 15 dicembre 2004, n. 308, le materie seguenti: 
    a)  nella  parte  seconda,  le  procedure  per   la   valutazione
ambientale strategica (VAS), per la valutazione d'impatto  ambientale
(VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC); 
    b) nella parte terza,  la  difesa  del  suolo  e  la  lotta  alla
desertificazione,  la  tutela  delle  acque  dall'inquinamento  e  la
gestione delle risorse idriche; 
    c) nella parte quarta, la gestione dei rifiuti e la bonifica  dei
siti contaminati; 
    d) nella parte quinta, la tutela dell'aria e la  riduzione  delle
emissioni in atmosfera; 
    e) nella parte sesta,  la  tutela  risarcitoria  contro  i  danni
all'ambiente. 
                               ART. 2
                             (finalita')

   1.  Il  presente decreto legislativo ha come obiettivo primario la
promozione  dei  livelli  di qualita' della vita umana, da realizzare
attraverso  la  salvaguardia  ed  il  miglioramento  delle condizioni
dell'ambiente  e  l'utilizzazione  accorta  e razionale delle risorse
naturali.
   2.  Per  le  finalita'  di  cui  al  comma  1, il presente decreto
provvede  al  riordino,  al  coordinamento  e  all'integrazione delle
disposizioni  legislative  nelle  materie  di  cui all'articolo 1, in
conformita'  ai  principi  e  criteri direttivi di cui ai commi 8 e 9
dell'articolo  1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, e nel rispetto
((degli   obblighi  internazionali,))  dell'ordinamento  comunitario,
delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali.
   3.  Le  disposizioni  di  cui  al  presente  decreto  sono attuate
nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a
legislazione  vigente  e  senza nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
                               ART. 3
        (criteri per l'adozione dei provvedimenti successivi)

   1. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)).
   2. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)).
   ((3.   Per   la  modifica  e  l'integrazione  dei  regolamenti  di
attuazione   ed   esecuzione   in  materia  ambientale,  il  Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio acquisisce, entro 30
giorni  dalla  richiesta,  il parere delle rappresentanze qualificate
degli  interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico
e sociale per le politiche ambientali (CESPA), senza nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica.)) ((40))
   4. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)).
   5. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)).
-------------
AGGIORNAMENTO (40)
  Il  D.Lgs.  29 giugno 2010, n. 128 ha disposto (con l'art. 4, comma
2)  che  "Nel  decreto  legislativo  3  aprile  2006, n. 152, ovunque
ricorrano,  le  parole  "Ministero  dell'ambiente  e della tutela del
territorio", sono sostituite dalle seguenti: "Ministero dell'ambiente
e  della  tutela  del  territorio  e  del mare", le parole: "Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela del territorio" sono sostituite dalle
seguenti: "Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare",  le  parole  "Agenzia  per la protezione dell'ambiente e per i
servizi  tecnici" sono sostituite dalle seguenti: "Istituto superiore
per  la  protezione  e  la ricerca ambientale", e la parola "APAT" e'
sostituita dalla seguente: "ISPRA"".
                             ART. 3-bis
          Principi sulla produzione del diritto ambientale

  1. I principi posti ((dalla presente Parte prima)) e dagli articoli
seguenti   costituiscono  i  principi  generali  in  tema  di  tutela
dell'ambiente, adottati in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32, 41,
42  e  44,  117 commi 1 e 3 della Costituzione e nel rispetto ((degli
obblighi internazionali e del diritto comunitario)).
  2.  I  principi  previsti  dalla presente Parte Prima costituiscono
regole  generali  della  materia  ambientale nell'adozione degli atti
normativi,  di  indirizzo  e  di  coordinamento e nell'emanazione dei
provvedimenti di natura contingibile ed urgente.
((3.  Le  norme  di  cui al presente decreto possono essere derogate,
modificate  o  abrogate solo per dichiarazione espressa da successive
leggi  della  Repubblica,  purche'  sia  comunque sempre garantito il
rispetto  del  diritto europeo, degli obblighi internazionali e delle
competenze delle Regioni e degli Enti locali.))
                             ART. 3-ter
                ((Principio dell'azione ambientale))
  ((1.  La  tutela  dell'ambiente  e  degli ecosistemi naturali e del
patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici
e  privati  e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private,
mediante  una  adeguata  azione  che  sia informata ai principi della
precauzione,   dell'azione   preventiva,  della  correzione,  in  via
prioritaria  alla  fonte,  dei danni causati all'ambiente, nonche' al
principio  "chi  inquina paga" che, ai sensi dell'articolo 174, comma
2,  del  Trattato  delle  unioni  europee, regolano la politica della
comunita' in materia ambientale.))
                            ART. 3-quater
              ((Principio dello sviluppo sostenibile))
  ((1.  Ogni  attivita'  umana  giuridicamente rilevante ai sensi del
presente   codice   deve  conformarsi  al  principio  dello  sviluppo
sostenibile,  al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni
delle  generazioni  attuali non possa compromettere la qualita' della
vita e le possibilita' delle generazioni future.
  2.  Anche  l'attivita'  della  pubblica amministrazione deve essere
finalizzata   a  consentire  la  migliore  attuazione  possibile  del
principio  dello  sviluppo  sostenibile,  per  cui  nell'ambito della
scelta  comparativa  di  interessi  pubblici  e  privati connotata da
discrezionalita'  gli  interessi  alla  tutela  dell'ambiente  e  del
patrimonio   culturale   devono   essere   oggetto   di   prioritaria
considerazione.
  3.  Data  la  complessita' delle relazioni e delle interferenze tra
natura  e  attivita'  umane,  il principio dello sviluppo sostenibile
deve  consentire  di individuare un equilibrato rapporto, nell'ambito
delle  risorse  ereditate,  tra  quelle  da  risparmiare  e quelle da
trasmettere, affinche' nell'ambito delle dinamiche della produzione e
del  consumo  si  inserisca altresi' il principio di solidarieta' per
salvaguardare  e  per  migliorare  la  qualita'  dell'ambiente  anche
futuro.
  4.  La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali
deve  essere  cercata  e  trovata nella prospettiva di garanzia dello
sviluppo   sostenibile,   in   modo   da  salvaguardare  il  corretto
funzionamento   e   l'evoluzione   degli  ecosistemi  naturali  dalle
modificazioni  negative  che  possono essere prodotte dalle attivita'
umane.))
                          ART. 3-quinquies
        Principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione

  1.  I  principi  ((contenuti  nel  presente))  decreto  legislativo
costituiscono  le  condizioni  minime ed essenziali per assicurare la
tutela dell'ambiente su tutto il territorio nazionale;
  2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono
adottare  forme  di  tutela giuridica dell'ambiente piu' restrittive,
qualora  lo  richiedano  situazioni  particolari del loro territorio,
purche'   cio'  non  comporti  un'arbitraria  discriminazione,  anche
attraverso ingiustificati aggravi procedimentali.
  3. Lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali
ove  gli  obiettivi  dell'azione  prevista,  in  considerazione delle
dimensioni  di  essa e dell'entita' dei relativi effetti, non possano
essere sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori
di governo o non siano stati comunque effettivamente realizzati.
  4. Il principio di sussidiarieta' di cui al comma 3 opera anche nei
rapporti  tra  regioni  ed enti locali minori. ((Qualora sussistano i
presupposti  per  l'esercizio  del potere sostitutivo del Governo nei
confronti  di  un ente locale, nelle materie di propria competenza la
Regione puo' esercitare il suo potere sostitutivo)).
                            ART. 3-sexies
((Diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione
                        a scopo collaborativo
  1.  In  attuazione  della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni,  e  delle  previsioni  della  Convenzione  di  Aarhus,
ratificata dall'Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, e ai sensi
del  decreto  legislativo  19  agosto  2005,  n. 195, chiunque, senza
essere   tenuto   a   dimostrare   la  sussistenza  di  un  interesse
giuridicamente  rilevante,  puo'  accedere alle informazioni relative
allo stato dell'ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale.))

((PARTE SECONDA
PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONE DELL'IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)

TITOLO I
PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE D'INCIDENZA E L'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (AIA).))


                               ART. 4
                              Finalita'

  1.  Le  norme  del  presente  decreto  costituiscono recepimento ed
attuazione:
    a)  della  direttiva  2001/42/CE  del  Parlamento  europeo  e del
Consiglio,  del  27  giugno  2001,  concernente  la valutazione degli
impatti di determinati piani e programmi sull'ambiente;
    b)  della  direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985,
concernente  la  valutazione  di  impatto  ambientale  di determinati
progetti  pubblici  e  privati,  come  modificata ed integrata con la
direttiva  97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997 e con la direttiva
2003/35/CE  del  Parlamento  europeo  e  del Consiglio, del 26 maggio
2003.
  ((c)  della  direttiva  2008/1/CE  del  Parlamento  Europeo  e  del
Consiglio  del  15  gennaio  2008,  concernente  la  prevenzione e la
riduzione integrate dell'inquinamento.))
  2.  Il  presente  decreto individua, nell'ambito della procedura di
Valutazione  dell'impatto  ambientale  modalita' di semplificazione e
coordinamento  delle procedure autorizzative in campo ambientale, ivi
comprese  le  procedure ((di cui al Titolo III-bis, Parte Seconda del
presente decreto)).
  3.  La  valutazione ambientale di piani, programmi e progetti ha la
finalita' di assicurare che l'attivita' antropica sia compatibile con
le  condizioni  per  uno  sviluppo sostenibile, e quindi nel rispetto
della  capacita' rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della
salvaguardia  della  biodiversita'  e  di  un'equa  distribuzione dei
vantaggi  connessi all'attivita' economica. Per mezzo della stessa si
affronta  la  determinazione  della  valutazione preventiva integrata
degli  impatti ambientali nello svolgimento delle attivita' normative
e  amministrative,  di  informazione  ambientale, di pianificazione e
programmazione.
  4. In tale ambito:
    a)  la  valutazione  ambientale  di piani e programmi che possono
avere  un  impatto  significativo  sull'ambiente  ha  la finalita' di
garantire   un   elevato   livello   di  protezione  dell'ambiente  e
contribuire  all'integrazione  di  considerazioni ambientali all'atto
dell'elaborazione,  dell'adozione  e  approvazione  di  detti piani e
programmi  assicurando  che  siano  coerenti  e  contribuiscano  alle
condizioni per uno sviluppo sostenibile.
    b)  la  valutazione  ambientale  dei  progetti ha la finalita' di
proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla
qualita'  della  vita,  provvedere  al  mantenimento  delle  specie e
conservare  la  capacita'  di  riproduzione dell'ecosistema in quanto
risorsa  essenziale  per  la  vita.  A  questo scopo, essa individua,
descrive  e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare
e secondo le disposizioni del presente decreto, gli impatti diretti e
indiretti di un progetto sui seguenti fattori:
      1) l'uomo, la fauna e la flora;
      2) il suolo, l'acqua, l'aria e il clima;
      3) i beni materiali ed il patrimonio culturale;
      4) l'interazione tra i fattori di cui sopra.
  ((c)  l'autorizzazione  integrata  ambientale  ha  per  oggetto  la
prevenzione  e  la  riduzione integrate dell'inquinamento proveniente
dalle  attivita'  di  cui all'allegato VIII e prevede misure intese a
evitare,   ove   possibile,  o  a  ridurre  le  emissioni  nell'aria,
nell'acqua  e  nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per
conseguire  un  livello  elevato di protezione dell'ambiente salve le
disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale.))
                               ART. 5
                             Definizioni

  1. Ai fini del presente decreto si intende per:
    a)  valutazione  ambientale  di  piani  e  programmi, nel seguito
valutazione  ambientale  strategica,  di seguito VAS: il processo che
comprende,  secondo le disposizioni di cui al titolo II della seconda
parte  del  presente  decreto,  lo  svolgimento  di  una  verifica di
assoggettabilita',   l'elaborazione   del   rapporto  ambientale,  lo
svolgimento   di  consultazioni,  la  valutazione  del  piano  o  del
programma,   del   rapporto   e   degli  esiti  delle  consultazioni,
l'espressione  di  un parere motivato, l'informazione sulla decisione
ed il monitoraggio;
    ((b) valutazione ambientale dei progetti, nel seguito valutazione
d'impatto  ambientale,  di  seguito  VIA: il procedimento mediante il
quale  vengono  preventivamente individuati gli effetti sull'ambiente
di  un  progetto,  secondo le disposizioni di cui al titolo III della
seconda parte del presente decreto, ai fini dell'individuazione delle
soluzioni  piu'  idonee  al  perseguimento  degli  obiettivi  di  cui
all'articolo 4, commi 3 e 4, lettera b);))
    c)    impatto    ambientale:    l'alterazione   qualitativa   e/o
quantitativa,  diretta  ed  indiretta,  a  breve  e  a lungo termine,
permanente  e  temporanea,  singola e cumulativa, positiva e negativa
dell'ambiente,  inteso  come  sistema  di  relazioni  fra  i  fattori
antropici,  naturalistici,  chimico-fisici, climatici, paesaggistici,
architettonici,  culturali,  agricoli  ed  economici,  in conseguenza
dell'attuazione  sul  territorio  di  piani o programmi o di progetti
nelle  diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione,
nonche' di eventuali malfunzionamenti;
    d)  patrimonio culturale: l'insieme costituito dai beni culturali
e   dai   beni  paesaggistici  in  conformita'  al  disposto  di  cui
all'articolo  2, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.
42;
    e)  piani e programmi: gli atti e provvedimenti di pianificazione
e di programmazione comunque denominati, compresi quelli cofinanziati
dalla Comunita' europea, nonche' le loro modifiche:
      1)  che  sono  elaborati e/o adottati da un'autorita' a livello
nazionale,  regionale o locale oppure predisposti da un'autorita' per
essere  approvati, mediante una procedura legislativa, amministrativa
o negoziale e
      2) che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari
o amministrative;
    f)  rapporto  ambientale:  il documento del piano o del programma
redatto in conformita' alle previsioni di cui all'articolo 13;
    g) progetto preliminare: gli elaborati progettuali predisposti in
conformita'  all'articolo  93 del decreto legislativo 12 aprile 2006,
n.  163,  nel  caso di opere pubbliche; negli altri casi, il progetto
che presenta almeno un livello informativo e di dettaglio equivalente
ai fini della valutazione ambientale;
    h)  progetto definitivo: gli elaborati progettuali predisposti in
conformita'  all'articolo  93 del decreto n. 163 del 2006 nel caso di
opere pubbliche; negli altri casi, il progetto che presenta almeno un
livello   informativo  e  di  dettaglio  equivalente  ai  fini  della
valutazione ambientale;
    i)  studio  di  impatto  ambientale:  elaborato  che  integra  il
progetto  definitivo,  redatto  in conformita' alle previsioni di cui
all'articolo 22;
    ((i-bis)  sostanze: gli elementi chimici e loro composti, escluse
le  sostanze radioattive di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995,
n.  230,  e gli organismi geneticamente modificati di cui ali decreti
legislativi del 3 marzo 1993, n. 91 e n. 92;
    i-ter)   inquinamento:  l'introduzione  diretta  o  indiretta,  a
seguito  di attivita' umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore
o  piu' in generale di agenti fisici o chimici, nell'aria, nell'acqua
o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualita'
dell'ambiente,  causare  il deterioramento dei beni materiali, oppure
danni  o  perturbazioni  a valori ricreativi dell'ambiente o ad altri
suoi legittimi usi;
    i-quater)  impianto:  l'unita'  tecnica  permanente  in  cui sono
svolte  una  o piu' attivita' elencate nell'allegato VIII e qualsiasi
altra  attivita'  accessoria,  che siano tecnicamente connesse con le
attivita'   svolte  nel  luogo  suddetto  e  possano  influire  sulle
emissioni e sull'inquinamento;
    i-quinquies)  impianto esistente: un impianto che, al 10 novembre
1999,  aveva  ottenuto  tutte le autorizzazioni ambientali necessarie
all'esercizio,   o   il   provvedimento  positivo  di  compatibilita'
ambientale,  o  per  il  quale  a  tale  data  erano state presentate
richieste  complete per tutte le autorizzazioni ambientali necessarie
per  il  suo esercizio, a condizione che esso sia entrato in funzione
entro il 10 novembre 2000;
    i-sexies)  impianto  nuovo:  un  impianto  che  non  ricade nella
definizione di impianto esistente;
    i-septies)  emissione:  lo  scarico diretto o indiretto, da fonti
puntiformi  o  diffuse  dell'impianto,  opera  o  infrastruttura , di
sostanze,  vibrazioni,  calore  o  rumore,  agenti  fisici o chimici,
radiazioni, nell'aria, nell'acqua ovvero nel suolo;
    i-octies)  valori  limite  di  emissione:  la  massa  espressa in
rapporto  a determinati parametri specifici, la concentrazione ovvero
il  livello  di un'emissione che non possono essere superati in uno o
piu'  periodi  di  tempo. I valori limite di emissione possono essere
fissati  anche  per  determinati  gruppi,  famiglie  o  categorie  di
sostanze, indicate nel allegato X. I valori limite di emissione delle
sostanze  si  applicano,  tranne  i  casi diversamente previsti dalla
legge,  nel punto di fuoriuscita delle emissioni dell'impianto; nella
loro   determinazione   non   devono   essere  considerate  eventuali
diluizioni.  Per  quanto  concerne  gli  scarichi indiretti in acqua,
l'effetto  di  una  stazione  di  depurazione  puo'  essere  preso in
considerazione  nella  determinazione  dei valori limite di emissione
dall'impianto,  a  condizione  di garantire un livello equivalente di
protezione  dell'ambiente  nel suo insieme e di non portare a carichi
inquinanti  maggiori  nell'ambiente,  fatto  salvo  il rispetto delle
disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto;
    i-nonies)  norma  di  qualita' ambientale: la serie di requisiti,
inclusi  gli obiettivi di qualita', che sussistono in un dato momento
in  un  determinato  ambiente  o in una specifica parte di esso, come
stabilito nella normativa vigente in materia ambientale;))
    ((l)  modifica:  la variazione di un piano, programma, impianto o
progetto approvato, compresi, nel caso degli impianti e dei progetti,
le  variazioni  delle  loro caratteristiche o del loro funzionamento,
ovvero   un   loro   potenziamento,   che  possano  produrre  effetti
sull'ambiente;
    l-bis)  modifica  sostanziale  di  un  progetto,  opera  o  di un
impianto:  la  variazione  delle  caratteristiche o del funzionamento
ovvero     un     potenziamento     dell'impianto,    dell'opera    o
dell'infrastruttura   o   del   progetto   che,  secondo  l'autorita'
competente, producano effetti negativi e significativi sull'ambiente.
In  particolare,  con riferimento alla disciplina dell'autorizzazione
integrata  ambientale, per ciascuna attivita' per la quale l'allegato
VIII  indica  valori  di  soglia, e' sostanziale una modifica che dia
luogo  ad  un  incremento  del valore di una delle grandezze, oggetto
della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa;
    l-ter)  migliori  tecniche  disponibili:  la  piu'  efficiente  e
avanzata fase di sviluppo di attivita' e relativi metodi di esercizio
indicanti  l'idoneita'  pratica di determinate tecniche a costituire,
in linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi ad
evitare  oppure,  ove  cio'  si riveli impossibile, a ridurre in modo
generale  le  emissioni  e l'impatto sull'ambiente nel suo complesso.
Nel  determinare  le  migliori  tecniche  disponibili, occorre tenere
conto  in  particolare  degli  elementi  di  cui  all'allegato XI. Si
intende per:
      1)  tecniche:  sia  le  tecniche  impiegate sia le modalita' di
progettazione,   costruzione,   manutenzione,  esercizio  e  chiusura
dell'impianto;
      2)  disponibili:  le  tecniche  sviluppate  su una scala che ne
consenta  l'applicazione  in condizioni economicamente e tecnicamente
idonee  nell'ambito  del  relativo comparto industriale, prendendo in
considerazione  i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che
siano  o  meno  applicate  o prodotte in ambito nazionale, purche' il
gestore possa utilizzarle a condizioni ragionevoli;
      3)  migliori: le tecniche piu' efficaci per ottenere un elevato
livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso;))
    m) verifica di assoggettabilita': la verifica attivata allo scopo
di  valutare,  ove previsto, se ((. . .)) progetti ((possono avere un
impatto  significativo  e  negativo  sull'ambiente))  e devono essere
sottoposti  alla  fase  di  valutazione  secondo  le disposizioni del
presente decreto;
    ((m-bis)  verifica  di assoggettabilita' di un piano o programma:
la  verifica attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se piani,
programmi   ovvero   le   loro   modifiche,   possano   aver  effetti
significativi  sull'ambiente  e devono essere sottoposti alla fase di
valutazione  secondo le disposizioni del presente decreto considerato
il diverso livello di sensibilita' ambientale delle aree interessate;
    m-ter)   parere   motivato:  il  provvedimento  obbligatorio  con
eventuali   osservazioni   e  condizioni  che  conclude  la  fase  di
valutazione  di  VAS,  espresso  dall'autorita' competente sulla base
dell'istruttoria svolta e degli esiti delle consultazioni;))
    n)  provvedimento  di  verifica:  il provvedimento obbligatorio e
vincolante  dell'autorita'  competente  che  conclude  la verifica di
assoggettabilita';
    o)  provvedimento  di  valutazione  dell'impatto  ambientale:  il
provvedimento  dell'autorita'  competente  che  conclude  la  fase di
valutazione  del  processo di VIA. E' un provvedimento obbligatorio e
vincolante  che  sostituisce  o coordina, tutte le autorizzazioni, le
intese,  le  concessioni,  le  licenze,  i pareri, i nulla osta e gli
assensi  comunque  denominati  in  materia ambientale e di patrimonio
culturale ((secondo le previsioni di cui all'articolo 26));
    ((o-bis)  autorizzazione  integrata  ambientale: il provvedimento
che autorizza l'esercizio di un impianto rientrante fra quelli di cui
all'articolo 4, comma 4, lettera c), o di parte di esso a determinate
condizioni  che  devono  garantire  che  l'impianto  sia  conforme ai
requisiti  di  cui  al  titolo  III  bis del presente decreto ai fini
dell'individuazione  delle  soluzioni  piu'  idonee  al perseguimento
degli   obiettivi  di  cui  all'articolo  4,  comma  4,  lettera  c).
Un'autorizzazione  integrata  ambientale  puo'  valere per uno o piu'
impianti  o  parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e
gestiti dal medesimo gestore;))
    p)  autorita' competente: la pubblica amministrazione cui compete
l'adozione   del  provvedimento  di  verifica  di  assoggettabilita',
l'elaborazione  del parere motivato, nel caso di valutazione di piani
e  programmi, e l'adozione dei provvedimenti conclusivi in materia di
VIA,  nel  caso  di progetti ((ovvero il rilascio dell'autorizzazione
integrata ambientale, nel caso di impianti));
    q)  autorita' procedente: la pubblica amministrazione che elabora
il  piano, programma soggetto alle disposizioni del presente decreto,
ovvero nel caso in cui il soggetto che predispone il piano, programma
sia   un   diverso   soggetto   pubblico   o   privato,  la  pubblica
amministrazione che recepisce, adotta o approva il piano, programma;
    r)  proponente:  il  soggetto  pubblico  o privato che elabora il
piano,  programma  o progetto soggetto alle disposizioni del presente
decreto;
    ((r-bis)  gestore:  qualsiasi  persona  fisica  o  giuridica  che
detiene  o  gestisce  l'impianto  oppure  che  dispone  di  un potere
economico determinante sull'esercizio tecnico dell'impianto stesso;))
    s)  soggetti  competenti  in  materia  ambientale:  le  pubbliche
amministrazioni  e  gli  enti  pubblici  che,  per le loro specifiche
competenze  o  responsabilita'  in  campo  ambientale, possono essere
interessate  agli  impatti  sull'ambiente  dovuti  all'attuazione dei
piani, programmi o progetti;
    t)   consultazione:  l'insieme  delle  forme  di  informazione  e
partecipazione,  anche diretta, delle amministrazioni, del pubblico e
del  pubblico interessato nella raccolta dei dati e nella valutazione
dei piani, programmi e progetti;
    u)  pubblico: una o piu' persone fisiche o giuridiche nonche', ai
sensi  della legislazione vigente, le associazioni, le organizzazioni
o i gruppi di tali persone;
    v)  pubblico  interessato:  il pubblico che subisce o puo' subire
gli  effetti  delle procedure decisionali in materia ambientale o che
ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente definizione
le  organizzazioni  non  governative  che  promuovono  la  protezione
dell'ambiente  e  che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa
statale  vigente,  nonche'  le  organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative, sono considerate come aventi interesse.
                               Art. 6 
                      Oggetto della disciplina 
 
  1. La valutazione  ambientale  strategica  riguarda  i  piani  e  i
programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul
patrimonio culturale. 
  2. Fatto salvo quanto disposto al comma  3,  viene  effettuata  una
valutazione per tutti i piani e i programmi: 
    a) che  sono  elaborati  per  la  valutazione  e  gestione  della
qualita' dell'aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della
pesca, energetico, industriale, dei  trasporti,  della  gestione  dei
rifiuti e delle  acque,  delle  telecomunicazioni,  turistico,  della
pianificazione territoriale o della destinazione  dei  suoli,  e  che
definiscono   il   quadro   di   riferimento   per    l'approvazione,
l'autorizzazione,   l'area   di   localizzazione   o   comunque    la
realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e  IV  del
presente decreto; 
    b) per i quali, in considerazione  dei  possibili  impatti  sulle
finalita' di conservazione dei siti designati come zone di protezione
speciale per  la  conservazione  degli  uccelli  selvatici  e  quelli
classificati come siti di importanza comunitaria  per  la  protezione
degli habitat naturali e della flora  e  della  fauna  selvatica,  si
ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo
5 del decreto del Presidente della Repubblica 8  settembre  1997,  n.
357, e successive modificazioni. 
  3. Per i piani e i programmi di cui  al  comma  2  che  determinano
l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori  dei
piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale e'
necessaria  qualora  l'autorita'  competente  valuti  che   producano
impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni  di  cui
all'articolo 12 e tenuto conto del diverso  livello  di  sensibilita'
ambientale dell'area oggetto di intervento. 
  3-bis. L'autorita' competente valuta, secondo  le  disposizioni  di
cui all'articolo 12, se i piani e i programmi, diversi da  quelli  di
cui al  comma  2,  che  definiscono  il  quadro  di  riferimento  per
l'autorizzazione  dei  progetti,  producano   impatti   significativi
sull'ambiente. 
  3-ter.  Per  progetti  di  opere  e   interventi   da   realizzarsi
nell'ambito del Piano regolatore portuale,  gia'  sottoposti  ad  una
valutazione ambientale strategica, e che rientrano tra  le  categorie
per le quali  e'  prevista  la  Valutazione  di  impatto  ambientale,
costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi valutati in  sede  di
VAS o comunque desumibili dal Piano regolatore portuale.  Qualora  il
Piano regolatore  Portuale  ovvero  le  rispettive  varianti  abbiano
contenuti  tali  da  essere  sottoposti  a  valutazione  di   impatto
ambientale nella loro interezza secondo le  norme  comunitarie,  tale
valutazione e'  effettuata  secondo  le  modalita'  e  le  competenze
previste dalla Parte Seconda del presente  decreto  ed  e'  integrata
dalla valutazione ambientale strategica per gli  eventuali  contenuti
di pianificazione del Piano e si conclude con un unico provvedimento. 
  4. Sono comunque esclusi dal campo  di  applicazione  del  presente
decreto: 
    a) i piani e i programmi  destinati  esclusivamente  a  scopi  di
difesa nazionale caratterizzati da somma urgenza  o  ricadenti  nella
disciplina di cui all'articolo 17 del decreto legislativo  12  aprile
2006, n. 163, e successive modificazioni; 
    b) i piani e i programmi finanziari o di bilancio; 
    c)  i  piani  di  protezione  civile  in  caso  di  pericolo  per
l'incolumita' pubblica; 
    c-bis) i piani di gestione  forestale  o  strumenti  equivalenti,
riferiti ad un ambito aziendale o sovraziendale  di  livello  locale,
redatti secondo i criteri  della  gestione  forestale  sostenibile  e
approvati dalle regioni o dagli organismi dalle stesse individuati. 
  5. La valutazione d'impatto ambientale,  riguarda  i  progetti  che
possono avere impatti significativi e negativi  sull'ambiente  e  sul
patrimonio culturale. 
  6. Fatto  salvo  quanto  disposto  al  comma  7,  viene  effettuata
altresi' una valutazione per: 
    a) i progetti di cui agli allegati II e III al presente decreto; 
    b) i  progetti  di  cui  all'allegato  IV  al  presente  decreto,
relativi ad opere o interventi di nuova realizzazione, che  ricadono,
anche  parzialmente,  all'interno  di  aree  naturali  protette  come
definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394. 
  7. La valutazione e' inoltre  necessaria,  qualora,  in  base  alle
disposizioni di cui al successivo articolo 20, si ritenga che possano
produrre impatti significativi e negativi sull'ambiente, per: 
    a)   i   progetti   elencati   nell'allegato   II   che   servono
esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo  ed  il  collaudo  di
nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per piu' di due anni; 
    b) le modifiche o estensioni dei progetti elencati  nell'allegato
II che possono avere impatti significativi e negativi sull'ambiente; 
    c) i progetti elencati nell'allegato IV; 
  8. Per i  progetti  di  cui  agli  allegati  III  e  IV,  ricadenti
all'interno di aree naturali protette, le  soglie  dimensionali,  ove
previste, sono ridotte del cinquanta per cento. 
  9. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono
definire,   per   determinate   tipologie    progettuali    o    aree
predeterminate, sulla base degli elementi indicati  nell'allegato  V,
un incremento nella misura massima del trenta per cento o  decremento
delle soglie di cui all'allegato IV. Con riferimento ai  progetti  di
cui all'allegato IV, qualora non ricadenti  neppure  parzialmente  in
aree naturali protette, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano possono determinare, per specifiche categorie  progettuali
o in particolari situazioni ambientali  e  territoriali,  sulla  base
degli elementi  di  cui  all'allegato  V,  criteri  o  condizioni  di
esclusione dalla verifica di assoggettabilita'. 
  10. L'autorita' competente in sede statale valuta caso per  caso  i
progetti relativi ad opere ed interventi destinati  esclusivamente  a
scopo di difesa nazionale non aventi i requisiti di cui al  comma  4,
lettera a). La esclusione di tali progetti dal campo di  applicazione
del decreto, se  cio'  possa  pregiudicare  gli  scopi  della  difesa
nazionale, e' determinata con decreto interministeriale del  Ministro
della  difesa  e  del  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare. 
  11. Sono esclusi in tutto in parte dal campo  di  applicazione  del
presente decreto, quando non sia possibile in alcun modo svolgere  la
valutazione di impatto ambientale, singoli interventi disposti in via
d'urgenza, ai sensi dell'articolo 5, commi  2  e  5  della  legge  24
febbraio 1992, n. 225, al solo scopo di  salvaguardare  l'incolumita'
delle persone e di mettere in sicurezza gli immobili da  un  pericolo
imminente  o  a  seguito  di  calamita'.  In  tale  caso  l'autorita'
competente, sulla base della documentazione immediatamente  trasmessa
dalle autorita' che dispongono tali interventi: 
    a) esamina se sia opportuna un'altra forma di valutazione; 
    b) mette a disposizione del pubblico  coinvolto  le  informazioni
raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le
informazioni relative alla decisione di esenzione e  le  ragioni  per
cui e' stata concessa; 
    c)  informa  la  Commissione  europea,   tramite   il   Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare  nel  caso  di
interventi di competenza regionale, prima di consentire  il  rilascio
dell'autorizzazione, delle motivazioni dell'esclusione accludendo  le
informazioni messe a disposizione del pubblico. 
  12. Per le modifiche dei piani e dei  programmi  elaborati  per  la
pianificazione  territoriale   o   della   destinazione   dei   suoli
conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di  opere  singole  che
hanno per legge l'effetto di variante ai suddetti piani e  programmi,
ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA,  la
valutazione  ambientale  strategica  non   e'   necessaria   per   la
localizzazione delle singole opere. 
  13. L'autorizzazione integrata ambientale e' necessaria per: 
    a) i progetti di cui all'allegato VIII del presente decreto; 
    b) le modifiche sostanziali degli impianti di cui alla lettera a)
del presente comma; 
  14.  Per  gli  impianti  ove  e'  svolta  una  attivita'   di   cui
all'allegato VIII del presente decreto, nonche' per le loro modifiche
sostanziali l'autorizzazione integrata ambientale e'  rilasciata  nel
rispetto di quanto previsto dall'articolo  208,  commi  6  e  7,  del
presente decreto. 
  15. Per gli impianti di cui  alla  lettera  a)  del  comma  12  del
presente  articolo,  nonche'  per  le  loro  modifiche   sostanziali,
l'autorizzazione integrata  ambientale  e'  rilasciata  nel  rispetto
della disciplina di cui al presente decreto  e  dei  termini  di  cui
all'articolo 29-quater, comma 10. 
  16. L'autorita'  competente,  nel  determinare  le  condizioni  per
l'autorizzazione integrata ambientale,  fermo  restando  il  rispetto
delle norme di qualita' ambientale, tiene conto dei seguenti principi
generali: 
    a)  devono  essere  prese  le  opportune  misure  di  prevenzione
dell'inquinamento, applicando in  particolare  le  migliori  tecniche
disponibili; 
    b)  non   si   devono   verificare   fenomeni   di   inquinamento
significativi; 
    c) deve essere evitata la produzione di rifiuti,  a  norma  della
quarta parte del presente decreto; in caso contrario i  rifiuti  sono
recuperati  o,  ove   cio'   sia   tecnicamente   ed   economicamente
impossibile,  sono  eliminati  evitandone  e  riducendone   l'impatto
sull'ambiente, secondo le disposizioni della  medesima  quarta  parte
del presente decreto; 
    d)  l'energia  deve  essere  utilizzata  in  modo   efficace   ed
efficiente; 
    e) devono essere prese le misure  necessarie  per  prevenire  gli
incidenti e limitarne le conseguenze; 
    f) deve essere  evitato  qualsiasi  rischio  di  inquinamento  al
momento della cessazione definitiva delle attivita' e il sito  stesso
deve essere ripristinato ai sensi della normativa vigente in  materia
di bonifiche e ripristino ambientale. 
  ((17.  Ai  fini  di   tutela   dell'ambiente   e   dell'ecosistema,
all'interno del perimetro delle aree marine e  costiere  a  qualsiasi
titolo protette per scopi di tutela ambientale, in  virtu'  di  leggi
nazionali,  regionali  o  in  attuazione  di   atti   e   convenzioni
dell'Unione europea e internazionali sono  vietate  le  attivita'  di
ricerca,  di  prospezione  nonche'  di  coltivazione  di  idrocarburi
liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della  legge
9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto e' altresi' stabilito nelle zone  di
mare poste entro dodici miglia dalle linee di  costa  lungo  l'intero
perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno  delle  suddette
aree  marine  e  costiere  protette,  fatti  salvi   i   procedimenti
concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in
corso alla data di entrata  in  vigore  del  decreto  legislativo  29
giugno 2010 n. 128  ed  i  procedimenti  autorizzatori  e  concessori
conseguenti e connessi, nonche' l'efficacia  dei  titoli  abilitativi
gia' rilasciati alla medesima data, anche ai  fini  della  esecuzione
delle attivita' di ricerca, sviluppo e  coltivazione  da  autorizzare
nell'ambito dei titoli stessi, delle eventuali  relative  proroghe  e
dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti  e  connessi.
Le predette attivita' sono  autorizzate  previa  sottoposizione  alla
procedura di valutazione di impatto ambientale di cui  agli  articoli
21 e seguenti del presente decreto,  sentito  il  parere  degli  enti
locali posti in un raggio  di  dodici  miglia  dalle  aree  marine  e
costiere interessate dalle attivita' di cui al primo  periodo,  fatte
salve le attivita' di cui  all'articolo  1,  comma  82-sexies,  della
legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel rispetto  dei  vincoli
ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di  vigilanza
dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse,
che trasmettono copia  delle  relative  autorizzazioni  al  Ministero
dello sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente e della  tutela
del territorio e del mare. Dall'entrata in vigore delle  disposizioni
di cui al presente comma e' abrogato  il  comma  81  dell'articolo  1
della legge 23 agosto 2004, n. 239. A decorrere dalla data di entrata
in vigore della presente disposizione, i titolari  delle  concessioni
di coltivazione in  mare  sono  tenuti  a  corrispondere  annualmente
l'aliquota di prodotto di cui all'articolo 19, comma  1  del  decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 625, elevata dal 7% al  10%  per  il
gas e dal 4% al 7% per l'olio. Il titolare  unico  o  contitolare  di
ciascuna concessione e' tenuto a versare le somme  corrispondenti  al
valore   dell'incremento   dell'aliquota   ad    apposito    capitolo
dell'entrata  del  bilancio  dello  Stato,  per  essere   interamente
riassegnate, in parti uguali, ad appositi  capitoli  istituiti  nello
stato di previsione del Ministero dell'ambiente e  della  tutela  del
territorio e del mare e del Ministero dello sviluppo  economico,  per
assicurare il  pieno  svolgimento  rispettivamente  delle  azioni  di
monitoraggio e contrasto dell'inquinamento marino e  delle  attivita'
di vigilanza e  controllo  della  sicurezza  anche  ambientale  degli
impianti di ricerca e coltivazione in mare.)) 
                               ART. 7
                             Competenze

  1. Sono sottoposti a VAS in sede statale i piani e programmi di cui
all'articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete ad organi
dello Stato.
  2.  Sono  sottoposti  a  VAS  secondo  le  disposizioni delle leggi
regionali, i piani e programmi di cui all'articolo 6, commi da 1 a 4,
la  cui  approvazione compete alle regioni e province autonome o agli
enti locali.
  3.  Sono  sottoposti  a  VIA  in  sede  statale  i  progetti di cui
all'allegato II al presente decreto .
  4.  Sono  sottoposti  a  VIA  secondo  le  disposizioni delle leggi
regionali,  i  progetti  di  cui  agli  allegati III e IV al presente
decreto.
  ((4-bis. Sono sottoposti ad AIA in sede statale i progetti relativi
alle  attivita'  di  cui  all'allegato XII al presente decreto e loro
modifiche sostanziali.
  4-ter.  Sono  sottoposti ad AIA secondo le disposizioni delle leggi
regionali  e  provinciali i progetti di cui all'allegato VIII che non
risultano  ricompresi  anche  nell'allegato XII al presente decreto e
loro modifiche sostanziali.))
  5.   In   sede  statale,  l'autorita'  competente  e'  il  Ministro
dell'ambiente   e   della  tutela  del  territorio  e  del  mare.  Il
provvedimento di viae il parere motivato in sede di VAS sono espressi
di  concerto con il Ministro per i beni e le attivita' culturali, che
collabora  alla relativa attivita' istruttoria. ((Il provvedimento di
AIA  e'  rilasciato  dal  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del
territorio  e  del mare sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro
del  lavoro  e  delle politiche sociali, il Ministro della salute, il
Ministro  dello  sviluppo  economico  e  il  Ministro delle politiche
agricole, alimentari e forestali.))
  6.  In  sede  regionale,  l'autorita'  competente  e'  la  pubblica
amministrazione  con  compiti  di tutela, protezione e valorizzazione
ambientale  individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali
o delle province autonome.
  7.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento e di Bolzano
disciplinano  con proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e
quelle degli altri enti locali. Disciplinano inoltre:
    a) i criteri per la individuazione degli enti locali territoriali
interessati;
    b)   i   criteri  specifici  per  l'individuazione  dei  soggetti
competenti in materia ambientale;
    ((c)  fermo  il rispetto della legislazione comunitaria eventuali
ulteriori modalita', rispetto a quelle indicate nel presente decreto,
purche'  con  questo  compatibili,  per  l'individuazione dei piani e
programmi  o  progetti  da  sottoporre  a  VAS,  VIA  ed AIA e per lo
svolgimento della relative consultazione;))
    d)  le  modalita'  di  partecipazione  delle  regioni  e province
autonome  confinanti  al  processo  di  VAS,  in  coerenza con quanto
stabilito dalle disposizioni nazionali in materia.
    ((e)  le  regole procedurali per il rilascio dei provvedimenti di
VIA  ed  AIA  e  dei  pareri  motivati  in  sede  di  VAS  di propria
competenza,  fermo restando il rispetto dei limiti generali di cui al
presente  decreto  ed  all'articolo  29 della legge 7 agosto 1990, n.
241, e successive modificazioni.))
  8.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento e di Bolzano
informano,  ogni  dodici  mesi,  il  Ministero  dell'ambiente e della
tutela  del  territorio e del mare circa i provvedimenti adottati e i
procedimenti di valutazione in corso.
  ((9.  Le Regioni e le Province Autonome esercitano la competenza ad
esse  assegnata  dai  commi  2,  4  e  7  nel  rispetto  dei principi
fondamentali dettati dal presente Titolo.))
                               Art. 8
      ((Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale
                            - VIA e VAS))

  ((1.  La Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale di
cui  all'articolo  7  del  decreto  legge  23  maggio  2008,  n.  90,
convertito  nella  legge 14 luglio 2008, n. 123, assicura il supporto
tecnico-scientifico per l'attuazione delle norme di cui alla presente
Parte.))
  2.  Nel  caso  di  progetti  per  i quali la valutazione di impatto
ambientale   spetta   allo   Stato,  e  che  ricadano  nel  campo  di
applicazione  ((di  cui  all'allegato  VIII del presente decreto)) il
supporto tecnico-scientifico viene assicurato in coordinamento con la
Commissione  istruttoria  per  l'autorizzazione  ambientale integrata
((di cui all'articolo 8-bis)).
  3.  I  componenti della Commissione sono nominati, nel rispetto del
principio   dell'equilibrio  di  genere,  con  decreto  del  Ministro
dell'ambiente,  della  tutela  del  territorio  e  del  mare,  per un
triennio.
  4.  I componenti della Commissione tecnica di verifica dell'impatto
ambientale   provenienti   dalle  amministrazioni  pubbliche  di  cui
all'articolo  1,  comma  2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165,  sono posti in posizione di comando, distacco o fuori ruolo, nel
rispetto  dei  rispettivi  ordinamenti,  conservando  il  diritto  al
trattamento  economico in godimento. Le amministrazioni di rispettiva
provenienza  rendono indisponibile il posto liberato. In alternativa,
ai  componenti  della  Commissione  tecnica  di verifica dell'impatto
ambientale  provenienti  dalle  medesime amministrazioni pubbliche si
applica  quanto  previsto dall'articolo 53 del decreto legislativo 30
marzo  2001,  n.  165,  e,  per  il  personale  in  regime di diritto
pubblico,   quanto   stabilito   dai   rispettivi   ordinamenti.   Le
disposizioni   di  cui  al  presente  comma  si  applicano  anche  ai
componenti  della  Commissione  nominati ai sensi dell'articolo 7 del
decreto-legge  23  maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni,
dalla legge 14 luglio 2008, n. 123.
                           Articolo 8-bis
           ((Commissione istruttoria per l'autorizzazione
                     integrata ambientale - IPPC

  1.  La  Commissione istruttoria per l'IPPC, di cui all'articolo 28,
commi 7, 8 e 9, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito,
con  modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, svolge l'attivita'
di supporto scientifico per il Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare con specifico riguardo alle norme di cui al
titolo  III-bis del presente decreto. La Commissione svolge i compiti
di  cui  all'articolo  10,  comma 2, del decreto del Presidente della
Repubblica 14 maggio 2007, n. 90.
  2.  I  componenti  della  Commissione  sono  nominati  nel rispetto
dell'articolo  28,  commi 7, 8 e 9, del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112, convertito, con modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
Si applicano i commi 2 e 3 dell'articolo 8 del presente decreto.))
                               ART. 9
                     Norme procedurali generali

  ((1.  Alle  procedure di verifica e autorizzazione disciplinate dal
presente  decreto si applicano, in quanto compatibili, le norme della
legge  7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, concernente
norme  in  materia  di  procedimento  amministrativo  e di diritto di
accesso ai documenti amministrativi))
  2.  L'autorita'  competente,  ove ritenuto utile indice, cosi' come
disciplinato  dagli  articoli  che  seguono, una o piu' conferenze di
servizi  ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge n. 241 del
1990 al fine di acquisire elementi informativi e le valutazioni delle
altre autorita' pubbliche interessate.
  3.  Nel rispetto dei tempi minimi definiti per la consultazione del
pubblico,   nell'ambito  delle  procedure  di  seguito  disciplinate,
l'autorita'   competente   puo'   concludere   con  il  proponente  o
l'autorita'   procedente   e   le   altre  amministrazioni  pubbliche
interessate  accordi  per disciplinare lo svolgimento delle attivita'
di  interesse  comune  ai fini della semplificazione e della maggiore
efficacia dei procedimenti.
  4. Per ragioni di segreto industriale o commerciale e' facolta' del
proponente  presentare all'autorita' competente motivata richiesta di
non rendere pubblica parte della documentazione relativa al progetto,
allo   studio   preliminare  ambientale  o  allo  studio  di  impatto
ambientale.   L'autorita'   competente,  verificate  le  ragioni  del
proponente, accoglie o respinge motivatamente la richiesta soppesando
l'interesse  alla  riservatezza  con l'interesse pubblico all'accesso
alle  informazioni.  L'autorita'  competente  dispone  comunque della
documentazione riservata, con l'obbligo di rispettare le disposizioni
vigenti in materia.
                               ART. 10 
  Norme per il coordinamento e la semplificazione dei procedimenti 
 
  1. Il provvedimento di valutazione d'impatto  ambientale  fa  luogo
dell'autorizzazione integrata ambientale per i progetti per  i  quali
la relativa valutazione spetta allo Stato e che ricadono nel campo di
applicazione dell'allegato  XII  del  presente  decreto.  Qualora  si
tratti di progetti rientranti nella previsione  di  cui  al  comma  7
dell'articolo 6, l'autorizzazione integrata  ambientale  puo'  essere
((rilasciata))  solo  dopo  che,  ad  esito  della  verifica  di  cui
all'articolo 20, l'autorita' competente valuti di non assoggettare  i
progetti a VIA. 
  1-bis. Nei casi di cui al comma 1, lo studio di impatto  ambientale
e gli elaborati progettuali contengono anche le informazioni previste
ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 29-ter e il provvedimento  finale  le
condizioni  e  le  misure  supplementari  previste   dagli   articoli
29-sexies   e   29-septies   del   presente   decreto.   Qualora   la
documentazione prodotta risulti incompleta, si  applica  il  comma  4
dell'articolo 23. 
  1-ter. Nei casi di cui al comma 1, il monitoraggio  e  i  controlli
successivi al rilascio del provvedimento di  valutazione  di  impatto
ambientale avviene anche  con  le  modalita'  di  cui  agli  articoli
29-decies e 29-undecies. 
  2. Le regioni e le province autonome assicurano che, per i progetti
per  i  quali  la  valutazione  d'impatto  ambientale  sia  di   loro
attribuzione e che ricadano nel campo di  applicazione  dell'allegato
VIII  del  presente  decreto,  la  procedura  per  il   rilascio   di
autorizzazione integrata ambientale sia  coordinata  nell'ambito  del
procedimento di VIA.  E'  in  ogni  caso  disposta  l'unicita'  della
consultazione del pubblico  per  le  due  procedure.  Se  l'autorita'
competente in materia  di  VIA  coincide  con  quella  competente  al
rilascio dell'autorizzazione integrata  ambientale,  le  disposizioni
regionali  e  delle  province  autonome  possono  prevedere  che   il
provvedimento di valutazione d'impatto ambientale faccia luogo  anche
di quella autorizzazione. In questo caso, si applica il  comma  1-bis
del presente articolo. 
  3. La  VAS  e  la  VIA  comprendono  le  procedure  di  valutazione
d'incidenza di cui all'articolo 5 del decreto n. 357 del 1997; a  tal
fine, il rapporto ambientale, lo studio preliminare ambientale  o  lo
studio  di  impatto  ambientale  contengono  gli  elementi   di   cui
all'allegato G dello stesso decreto n. 357 del 1997 e la  valutazione
dell'autorita' competente si estende alle finalita' di  conservazione
proprie della valutazione d'incidenza oppure dovra' dare  atto  degli
esiti della valutazione di incidenza. Le  modalita'  di  informazione
del pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale. 
  4. La verifica di assoggettabilita' di  cui  all'articolo  20  puo'
essere  condotta,  nel  rispetto  delle  disposizioni  contenute  nel
presente decreto, nell'ambito della VAS. In tal caso le modalita'  di
informazione del pubblico danno specifica evidenza della integrazione
procedurale. 
  5. Nella redazione  dello  studio  di  impatto  ambientale  di  cui
all'articolo 22, relativo a progetti previsti da  piani  o  programmi
gia' sottoposti a valutazione ambientale, possono  essere  utilizzate
le informazioni e le analisi contenute nel rapporto  ambientale.  Nel
corso  della  redazione  dei  progetti  e  nella  fase   della   loro
valutazione, sono tenute in considerazione  la  documentazione  e  le
conclusioni della VAS. 

((TITOLO II
LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA))

                               ART. 11
                      Modalita' di svolgimento

  1.  La  valutazione ambientale strategica e' avviata dall'autorita'
procedente  contestualmente  al  processo  di  formazione del piano o
programma  e  comprende, secondo le disposizioni di cui agli articoli
da 12 a 18:
    a)   lo   svolgimento   di   una  verifica  di  assoggettabilita'
((limitatamente  ai piani e ai programmi di cui all'articolo 6, commi
3 e 3 bis));
    b) l'elaborazione del rapporto ambientale;
    c) lo svolgimento di consultazioni;
    d)  la  valutazione  del  rapporto  ambientale  e gli esiti delle
consultazioni;
    e) la decisione;
    f) l'informazione sulla decisione;
    g) il monitoraggio.
  2.  L'autorita'  competente,  al  fine di promuovere l'integrazione
degli   obiettivi   di   sostenibilita'  ambientale  nelle  politiche
settoriali  ed il rispetto degli obiettivi, dei piani e dei programmi
ambientali, nazionali ed europei:
    a)   esprime   il  proprio  parere  sull'assoggettabilita'  delle
proposte   di  piano  o  di  programma  alla  valutazione  ambientale
strategica nei casi previsti dal comma 3 dell'articolo 6;
    b)  collabora  con  l'autorita' proponente al fine di definire le
forme   ed   i   soggetti   della   consultazione  pubblica,  nonche'
l'impostazione  ed i contenuti del Rapporto ambientale e le modalita'
di monitoraggio di cui all'articolo 18;.
    c)  esprime,  tenendo  conto  della  consultazione  pubblica, dei
pareri  dei  soggetti  competenti  in  materia ambientale, un proprio
parere motivato sulla proposta di piano e di programma e sul rapporto
ambientale  nonche'  sull'adeguatezza del piano di monitoraggio e con
riferimento alla sussistenza delle risorse finanziarie.
  ((3.   La   fase   di   valutazione   e'  effettuata  anteriormente
all'approvazione  del  piano  o del programma, ovvero all'avvio della
relativa  procedura  legislativa,  e  comunque  durante  la  fase  di
predisposizione dello stesso. Essa e' preordinata a garantire che gli
impatti  significativi  sull'ambiente  derivanti  dall'attuazione  di
detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro
elaborazione e prima della loro approvazione.))
  4.  La  VAS  viene effettuata ai vari livelli istituzionali tenendo
conto  dell'esigenza  di  razionalizzare  i  procedimenti  ed evitare
duplicazioni nelle valutazioni.
  5. La VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le
disposizioni  del presente decreto, parte integrante del procedimento
di  adozione  ed  approvazione.  I  provvedimenti  amministrativi  di
approvazione   adottati   senza   la  previa  valutazione  ambientale
strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge.
                               ART. 12
                    Verifica di assoggettabilita

  1. Nel caso di piani e programmi di cui all'articolo 6, ((commi 3 e
3-bis)),  l'autorita'  procedente trasmette all'autorita' competente,
((su supporto informatico ovvero, nei casi di particolare difficolta'
di  ordine  tecnico,  anche  su  supporto  cartaceo,)),  un  rapporto
preliminare  comprendente  una descrizione del piano o programma e le
informazioni   e   i  dati  necessari  alla  verifica  degli  impatti
significativi  sull'ambiente  dell'attuazione  del piano o programma,
facendo riferimento ai criteri dell'allegato I del presente decreto.
  2.   L'autorita'   competente  in  collaborazione  con  l'autorita'
procedente,  individua i soggetti competenti in materia ambientale da
consultare  e  trasmette loro il documento preliminare per acquisirne
il  parere.  Il  parere  e' inviato entro trenta giorni all'autorita'
competente ed all'autorita' procedente.
  3.  Salvo  quanto diversamente concordato dall'autorita' competente
con  l'autorita' procedente, l'autorita' competente, sulla base degli
elementi  di  cui  all'allegato I del presente decreto e tenuto conto
delle  osservazioni pervenute, verifica se il piano o programma possa
avere impatti significativi sull'ambiente.
  4.  L'autorita'  competente, sentita l'autorita' procedente, tenuto
conto   dei   contributi   pervenuti,   entro  novanta  giorni  dalla
trasmissione  di  cui al comma 1, emette il provvedimento di verifica
assoggettando  o escludendo il piano o il programma dalla valutazione
di  cui  agli  articoli  da  13  a  18  e,  se del caso, definendo le
necessarie prescrizioni.
  5.  Il  risultato  della verifica di assoggettabilita', comprese le
motivazioni, deve essere reso pubblico.
  ((6.  La verifica di assoggettabilita' a VAS ovvero la VAS relative
a modifiche a piani e programmi ovvero a strumenti attuativi di piani
o   programmi   gia'   sottoposti   positivamente  alla  verifica  di
assoggettabilita'  di cui all'art. 12 o alla VAS di cui agli artt. da
12  a  17,  si limita ai soli effetti significativi sull'ambiente che
non   siano   stati   precedentemente   considerati  dagli  strumenti
normativamente sovraordinati)).
                               ART. 13
                  Redazione del rapporto ambientale

  1.  Sulla  base  di  un  rapporto preliminare sui possibili impatti
ambientali  significativi  dell'attuazione  del piano o programma, il
proponente  e/o  l'autorita' procedente entrano in consultazione, sin
dai  momenti  preliminari  dell'attivita'  di elaborazione di piani e
programmi, con l'autorita' competente e gli altri soggetti competenti
in  materia  ambientale, al fine di definire la portata ed il livello
di dettaglio delle informazioni da includere nel rapporto ambientale.
  2.  La  consultazione,  salvo  quanto  diversamente  concordato, si
conclude  entro  novanta giorni ((dall'invio del rapporto preliminare
di cui al comma 1 del presente articolo)).
  3.  La  redazione  del  rapporto  ambientale spetta al proponente o
all'autorita' procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica. Il rapporto ambientale costituisce parte integrante
del  piano  o  del  programma  e  ne  accompagna l'intero processo di
elaborazione ed approvazione.
  4.  Nel rapporto ambientale debbono essere individuati, descritti e
valutati  gli  impatti significativi che l'attuazione del piano o del
programma  proposto  potrebbe  avere  sull'ambiente  e sul patrimonio
culturale,  nonche'  le ragionevoli alternative che possono adottarsi
in  considerazione  degli  obiettivi  e  dell'ambito territoriale del
piano  o  del  programma  stesso.  L'allegato  VI al presente decreto
riporta  le  informazioni  da  fornire nel rapporto ambientale a tale
scopo,  nei  limiti  in cui possono essere ragionevolmente richieste,
tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione
correnti,  dei  contenuti  e del livello di dettaglio del piano o del
programma.  ((Il  Rapporto ambientale da' atto della consultazione di
cui al comma 1 ed evidenzia come sono stati presi in considerazione i
contributi  pervenuti.))  Per evitare duplicazioni della valutazione,
possono   essere  utilizzati,  se  pertinenti,  approfondimenti  gia'
effettuati  ed  informazioni  ottenute  nell'ambito  di altri livelli
decisionali   o   altrimenti   acquisite   in   attuazione  di  altre
disposizioni normative.
  5. La proposta di piano o di programma e' comunicata, anche secondo
modalita'  concordate,  all'autorita'  competente.  La  comunicazione
comprende  il  rapporto  ambientale  e  una sintesi non tecnica dello
stesso.  Dalla data pubblicazione dell'avviso di cui all'articolo 14,
comma   1,   decorrono   i   tempi  dell'esame  istruttorio  e  della
valutazione.  La  proposta  di  piano  o  programma  ed  il  rapporto
ambientale sono altresi' messi a disposizione dei soggetti competenti
in  materia  ambientale  e  del pubblico interessato affinche' questi
abbiano l'opportunita' di esprimersi.
  6. La documentazione e' depositata presso gli uffici dell'autorita'
competente  e presso gli uffici delle regioni e delle province il cui
territorio  risulti  anche  solo parzialmente interessato dal piano o
programma o dagli impatti della sua attuazione.
                               ART. 14
                            Consultazione

  1. Contestualmente alla comunicazione di cui all'articolo 13, comma
5,  l'autorita'  procedente  cura la pubblicazione di un avviso nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  italiana  o  nel  Bollettino
Ufficiale  della  regione  o provincia autonoma interessata. L'avviso
deve  contenere: il titolo della proposta di piano o di programma, il
proponente, l'autorita' procedente, l'indicazione delle sedi ove puo'
essere  presa visione del piano o programma e del rapporto ambientale
e delle sedi dove si puo' consultare la sintesi non tecnica.
  2.   L'autorita'   competente  e  l'autorita'  procedente  mettono,
altresi',  a  disposizione  del  pubblico  la  proposta  di  piano  o
programma  ed  il  rapporto  ambientale mediante il deposito presso i
propri uffici e la pubblicazione sul proprio sito web.
  3.   Entro  il  termine  di  sessanta  giorni  dalla  pubblicazione
dell'avviso  di  cui al comma 1, chiunque puo' prendere visione della
proposta  di  piano  o programma e del relativo rapporto ambientale e
presentare  proprie osservazioni ((in forma scritta)), anche fornendo
nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi.
  ((4.   In   attuazione   dei   principi   di   economicita'   e  di
semplificazione,    le   procedure   di   deposito,   pubblicita'   e
partecipazione,  eventualmente  previste  dalle  vigenti disposizioni
anche  regionali  per  specifici piani e programmi, si coordinano con
quelle  di  cui al presente articolo, in modo da evitare duplicazioni
ed  assicurare  il  rispetto  dei  termini  previsti  dal comma 3 del
presente  articolo  e  dal  comma  1  dell'articolo 15. Tali forme di
pubblicita'  tengono  luogo delle comunicazioni di cui all'articolo 7
ed ai commi 3 e 4 dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241.))
                               ART. 15
          Valutazione del rapporto ambientale e degli esiti
                   i risultati della Consultazione

  1.   L'autorita'  competente,  in  collaborazione  con  l'autorita'
procedente,  svolge  le  attivita'  tecnico-istruttorie, acquisisce e
valuta  tutta  la documentazione presentata, nonche' le osservazioni,
obiezioni  e  suggerimenti  inoltrati  ai  sensi dell'articolo 14 ((e
dell'articolo   32,   nonche'   i   risultati   delle   consultazioni
transfrontaliere  di  cui  al  medesimo  articolo  32)) ed esprime il
proprio  parere  motivato  entro  il  termine  di  novanta  giorni  a
decorrere  dalla  scadenza di tutti i termini di cui all'articolo 14.
((La  tutela avverso il silenzio dell'Amministrazione e' disciplinata
dalle disposizioni generali del processo amministrativo)).
  ((2.  L'autorita'  procedente,  in  collaborazione  con l'autorita'
competente, provvede, prima della presentazione del piano o programma
per  l'approvazione  e  tenendo  conto  delle  risultanze  del parere
motivato  di  cui  al  comma  1  e  dei risultati delle consultazioni
transfrontaliere, alle opportune revisioni del piano o programma)).
                               ART. 16
                              Decisione

  1.  Il  piano o programma ed il rapporto ambientale, insieme con il
parere  motivato  e  la  documentazione  acquisita  nell'ambito della
consultazione,  ((sono trasmessi)) all'organo competente all'adozione
o approvazione del piano o programma.
                               ART. 17
                  ((Informazione sulla decisione))
  ((1.  La  decisione finale e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale o
nel  Bollettino  Ufficiale della Regione con l'indicazione della sede
ove  si  possa  prendere  visione del piano o programma adottato e di
tutta  la  documentazione oggetto dell'istruttoria. Sono inoltre rese
pubbliche,  anche  attraverso  la  pubblicazione  sui  siti web della
autorita' interessate:
    a) il parere motivato espresso dall'autorita' competente;
    b) una dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le
considerazioni  ambientali sono state integrate nel piano o programma
e come si e' tenuto conto del rapporto ambientale e degli esiti delle
consultazioni,  nonche'  le  ragioni  per le quali e' stato scelto il
piano  o il programma adottato, alla luce delle alternative possibili
che erano state individuate;
    c)   le   misure  adottate  in  merito  al  monitoraggio  di  cui
all'articolo 18.))
                               ART. 18
                            Monitoraggio

  1.   Il   monitoraggio   assicura   il   controllo   sugli  impatti
significativi sull'ambiente derivanti dall'attuazione dei piani e dei
programmi  approvati e la verifica del raggiungimento degli obiettivi
di  sostenibilita'  prefissati,  cosi' da individuare tempestivamente
gli  impatti  negativi  imprevisti  e da adottare le opportune misure
correttive. ((Il monitoraggio e' effettuato dall'Autorita' procedente
in  collaborazione  con  l'Autorita' competente anche avvalendosi del
sistema  delle  Agenzie  ambientali  e dell'Istituto Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale.))
  2.   Il  piano  o  programma  individua  le  responsabilita'  e  la
sussistenza  delle  le  risorse  necessarie  per  la  realizzazione e
gestione del monitoraggio.
  3. Delle modalita' di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e
delle  eventuali  misure  correttive adottate ai sensi del comma 1 e'
data  adeguata  informazione  attraverso  i  siti  web dell'autorita'
competente e dell'autorita' procedente e delle Agenzie interessate.
  4.  Le informazioni raccolte attraverso il monitoraggio sono tenute
in  conto  nel  caso  di  eventuali  modifiche al piano o programma e
comunque sempre incluse nel quadro conoscitivo dei successivi atti di
pianificazione o programmazione.

TITOLO III

((LA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE))

                               ART. 19
                      Modalita' di svolgimento

  1.  La  valutazione  d'impatto  ambientale  comprende,  secondo  le
disposizioni di cui agli articoli da 20 a 28:
    a)   lo   svolgimento   di   una  verifica  di  assoggettabilita'
((limitatamente alle ipotesi di cui all'art. 6, comma 7));
    b)   la   definizione  dei  contenuti  dello  studio  di  impatto
ambientale;
    c) la presentazione e la pubblicazione del progetto;
    d) lo svolgimento di consultazioni;
    f)  la  valutazione  dello  studio ambientale e degli esiti delle
consultazioni;
    g) la decisione;
    h) l'informazione sulla decisione;
    i) il monitoraggio.
  2.  Per  i progetti inseriti in piani o programmi per i quali si e'
conclusa  positivamente  la  procedura  di  VAS,  il  giudizio di VIA
negativo  ovvero il contrasto di valutazione su elementi gia' oggetto
della VAS e' adeguatamente motivato.
                               ART. 20
                    Verifica di assoggettabilita

  1.  Il  proponente  trasmette  all'autorita' competente il progetto
preliminare,   lo   studio   preliminare   ambientale   ((in  formato
elettronico,  ovvero  nei  casi  di particolare difficolta' di ordine
tecnico, anche su supporto cartaceo,)) nel caso di progetti:
    a)   elencati  nell'allegato  II  che  servono  esclusivamente  o
essenzialmente  per  lo  sviluppo  ed  il  collaudo di nuovi metodi o
prodotti e non sono utilizzati per piu' di due anni;
    ((b)  inerenti  le  modifiche  o estensioni dei progetti elencati
nell'allegato   II   che   possano   produrre   effetti   negativi  e
significativi sull'ambiente;
    c)  elencati  nell'allegato  IV,  secondo  le modalita' stabilite
dalle  Regioni  e  dalle  Province  autonome, tenendo conto dei commi
successivi del presente articolo.))
  2.  Dell'avvenuta trasmissione e' dato sintetico avviso, a cura del
proponente,  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana per i
progetti  di  competenza  statale,  nel  Bollettino  Ufficiale  della
regione  per  i  progetti  di rispettiva competenza, nonche' all'albo
pretorio   dei  comuni  interessati.  Nell'avviso  sono  indicati  il
proponente,  l'oggetto  e la localizzazione prevista per il progetto,
il  luogo ove possono essere consultati gli atti nella loro interezza
ed  i  tempi  entro  i quali e' possibile presentare osservazioni. In
ogni  caso  copia  integrale degli atti e' depositata presso i comuni
ove  il  progetto e' localizzato. Nel caso dei progetti di competenza
statale  la  documentazione  e' depositata anche presso la sede delle
regioni e delle province ove il progetto e' localizzato. I principali
elaborati   del   progetto   preliminare   e  lo  studio  preliminare
ambientale, sono pubblicati sul sito web dell'autorita' competente.
  3.  Entro  quarantacinque giorni dalla pubblicazione dell'avviso di
cui al comma 2 chiunque abbia interesse puo' far pervenire le proprie
osservazioni.
  ((4.  L'autorita'  competente nei successivi quarantacinque giorni,
sulla  base degli elementi di cui all'allegato V del presente decreto
e  tenuto conto delle osservazioni pervenute, verifica se il progetto
abbia possibili effetti negativi e significativi sull'ambiente. Entro
la   scadenza   del  termine  l'autorita'  competente  deve  comunque
esprimersi.   L'autorita'   competente  puo',  per  una  sola  volta,
richiedere  integrazioni  documentali  o  chiarimenti  al proponente,
entro  il  termine  previsto  dal comma 3. In tal caso, il proponente
provvede  a  depositare la documentazione richiesta presso gli uffici
di  cui ai commi 1 e 2 entro trenta giorni dalla scadenza del termine
di  cui  al  comma  3.  L'Autorita'  competente  si  pronuncia  entro
quarantacinque  giorni  dalla  scadenza  del  termine previsto per il
deposito  della  documentazione  da  parte  del proponente. La tutela
avverso   il  silenzio  dell'Amministrazione  e'  disciplinata  dalle
disposizioni generali del processo amministrativo)).
  5.  Se  il  progetto  non  ha  impatti  ((negativi  e significativi
sull'ambiente))  ((...)),  l'autorita'  compente dispone l'esclusione
dalla  procedura di valutazione ambientale e, se del caso, impartisce
le necessarie prescrizioni.
  6.  Se  il progetto ha possibili ((impatti negativi e significativi
sull'ambiente))  ((...))  si applicano le disposizioni degli articoli
da 21 a 28.
  7.  Il provvedimento di assoggettabilita', comprese le motivazioni,
e' pubblico a cura dell'autorita' competente mediante:
    a)  un sintetico avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica  italiana  ovvero nel Bollettino Ufficiale della regione o
della provincia autonoma;
    b)  con  la  pubblicazione  integrale sul sito web dell'autorita'
competente.
                               ART. 21
    Definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale

  1.  Sulla  base  del progetto preliminare, dello studio preliminare
ambientale   e  di  una  relazione  che,  sulla  base  degli  impatti
ambientali attesi, illustra il piano di lavoro per la redazione dello
studio  di  impatto  ambientale,  il  proponente  ha  la  facolta' di
richiedere  una  fase di consultazione con l'autorita' competente e i
soggetti  competenti  in  materia  ambientale  al fine di definire la
portata  delle  informazioni  da  includere,  il  relativo livello di
dettaglio  e le metodologie da adottare. La documentazione presentata
dal   proponente   ((in  formato  elettronico,  ovvero  nei  casi  di
particolare   difficolta'   di  ordine  tecnico,  anche  su  supporto
cartaceo,))    include   l'elenco   delle   autorizzazioni,   intese,
concessioni,   licenze,   pareri,   nulla  osta  e  assensi  comunque
denominati necessari alla realizzazione ed esercizio del progetto.
  2.  L'autorita'  competente  ((all'esito  delle attivita' di cui al
comma 1)):
    a)  si pronuncia sulle condizioni per l'elaborazione del progetto
e dello studio di impatto ambientale;
    b)  esamina  le  principali  alternative,  compresa l'alternativa
zero;
    c)  sulla  base della documentazione disponibile, verifica, anche
con   riferimento   alla   localizzazione   prevista   dal  progetto,
l'esistenza di eventuali elementi di incompatibilita';
    d)  in  carenza  di  tali  elementi,  indica  le  condizioni  per
ottenere,  in  sede  di  presentazione  del  progetto  definitivo,  i
necessari atti di consenso, senza che cio' pregiudichi la definizione
del successivo procedimento.
  3.  Le  informazioni richieste tengono conto della possibilita' per
il  proponente  di  raccogliere i dati richiesti e delle conoscenze e
dei metodi di valutazioni disponibili
  4. La fase di consultazione ((di cui al comma 1)) si conclude entro
sessanta  giorni  e, allo scadere di tale termine, si passa alla fase
successiva.
                               ART. 22
                  ((Studio di impatto ambientale))
  ((1.  La  redazione  dello  studio di impatto ambientale, insieme a
tutti   gli   altri   documenti   elaborati   nelle  varie  fasi  del
procedimento,  ed  i  costi associati sono a carico del proponente il
progetto.
  2.  Lo  studio  di  impatto  ambientale, e' predisposto, secondo le
indicazioni  di  cui  all'allegato  VII  del  presente  decreto e nel
rispetto  degli  esiti  della  fase  di consultazione definizione dei
contenuti di cui all'articolo 21, qualora attivata.
  3.  Lo  studio  di  impatto  ambientale contiene almeno le seguenti
informazioni:
    a)  una  descrizione  del progetto con informazioni relative alle
sue caratteristiche, alla sua localizzazione ed alle sue dimensioni;
    b)  una  descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e
possibilmente compensare gli impatti negativi rilevanti;
    c)  i  dati  necessari  per  individuare  e valutare i principali
impatti sull'ambiente e sul patrimonio culturale che il progetto puo'
produrre, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio;
    d) una descrizione sommaria delle principali alternative prese in
esame  dal  proponente,  ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con
indicazione  delle  principali ragioni della scelta, sotto il profilo
dell'impatto ambientale;
    e) una descrizione delle misure previste per il monitoraggio.
  4. Ai fini della predisposizione dello studio di impatto ambientale
e  degli  altri  elaborati necessari per l'espletamento della fase di
valutazione,  il  proponente  ha facolta' di accedere ai dati ed alle
informazioni  disponibili presso la pubblica amministrazione, secondo
quanto disposto dalla normativa vigente in materia.
  5.  Allo  studio  di  impatto  ambientale  deve essere allegata una
sintesi  non  tecnica delle caratteristiche dimensionali e funzionali
del progetto e dei dati ed informazioni contenuti nello studio stesso
inclusi   elaborati   grafici.   La   documentazione   dovra'  essere
predisposta  al fine consentirne un'agevole comprensione da parte del
pubblico ed un'agevole riproduzione.))
                               ART. 23
                     Presentazione dell'istanza

  1.  L'istanza  e'  presentata dal proponente l'opera o l'intervento
all'autorita'   competente.   Ad   essa  sono  allegati  il  progetto
definitivo, lo studio di impatto ambientale, la sintesi non tecnica e
copia  dell'avviso  a mezzo stampa, di cui all'articolo 24, commi 1 e
2.   Dalla   data   della   presentazione  decorrono  i  termini  per
l'informazione e la partecipazione, la valutazione e la decisione.
  2. Alla domanda e' altresi' allegato l'elenco delle autorizzazioni,
intese,  concessioni,  licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque
denominati, gia' acquisiti o da acquisire ai fini della realizzazione
e dell'esercizio dell'opera o intervento, nonche' ((. . .)) una copia
in formato elettronico, su idoneo supporto, degli elaborati, conforme
agli originali presentati.
  3.  La  documentazione  e'  depositata  ((su  supporto  informatico
ovvero,  nei casi di particolare difficolta' di ordine tecnico, anche
su  supporto  cartaceo,))  ((.  . .)), a seconda dei casi, presso gli
uffici dell'autorita' competente, delle regioni, delle province e dei
comuni  il cui territorio sia anche solo parzialmente interessato dal
progetto o dagli impatti della sua attuazione.
  ((4.   Entro  trenta  giorni  l'autorita'  competente  verifica  la
completezza   della   documentazione   e   l'avvenuto  pagamento  del
contributo  dovuto  ai  sensi dell'art. 33. Qualora l'istanza risulti
incompleta,   l'autorita'   competente   richiede  al  proponente  la
documentazione   integrativa  da  presentare  entro  un  termine  non
superiore  a  trenta  giorni  e  comunque correlato alla complessita'
delle  integrazioni richieste. In tal caso i termini del procedimento
si  intendono interrotti fino alla presentazione della documentazione
integrativa.  Qualora  entro  il  termine stabilito il proponente non
depositi  la  documentazione  completa  degli  elementi  mancanti  e,
l'istanza  si  intende  ritirata.  E'  fatta salva la facolta' per il
proponente di richiedere una proroga del termine per la presentazione
della  documentazione integrativa in ragione della complessita' della
documentazione da presentare)).
                               ART. 24
                            Consultazione

  1. Contestualmente alla presentazione di cui all'articolo 23, comma
1, del progetto deve essere data notizia a mezzo stampa e su sito web
dell'autorita'  competente. ((Tali forme di pubblicita' tengono luogo
delle  comunicazioni  di  cui  all'articolo  7  ed  ai  commi  3  e 4
dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241.))
  2.  Le  pubblicazioni  a mezzo stampa vanno eseguite a cura e spese
del  proponente.  Nel  caso  di  progetti  di  competenza statale, la
pubblicazione  va  eseguita su un quotidiano a diffusione nazionale e
su   un  quotidiano  a  diffusione  regionale  per  ciascuna  regione
direttamente  interessata.  Nel  caso  di  progetti  per  i  quali la
competenza  allo svolgimento della valutazione ambientale spetta alle
regioni,  si  provvedera'  con  la  pubblicazione  su un quotidiano a
diffusione regionale o provinciale.
  3.  La  pubblicazione  di  cui al comma 1 deve contenere, oltre una
breve  descrizione  del  progetto  e  dei  suoi  possibili principali
impatti  ambientali,  l'indicazione  delle  sedi  ove  possono essere
consultati  gli  atti nella loro interezza ed i termini entro i quali
e' possibile presentare osservazioni.
  4.  Entro  il termine di sessanta giorni dalla presentazione di cui
all'articolo  23,  chiunque abbia interesse puo' prendere visione del
progetto   e  del  relativo  studio  ambientale,  presentare  proprie
osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e
valutativi.
  5.  Il  provvedimento  di  valutazione dell'impatto ambientale deve
tenere   in   conto   le   osservazioni   pervenute,   considerandole
contestualmente, singolarmente o per gruppi.
  6.  L'autorita'  competente  puo'  disporre  che  la  consultazione
avvenga  mediante lo svolgimento di-un'inchiesta pubblica per l'esame
dello   studio  di  impatto  ambientale,  dei  pareri  forniti  dalle
pubbliche  amministrazioni  e delle osservazioni dei cittadini. senza
che   cio'  comporti  interruzioni  o  sospensioni  dei  termini  per
l'istruttoria.
  7.  L'inchiesta di cui al comma 6 si conclude con una relazione sui
lavori svolti ed un giudizio sui risultati emersi, che sono acquisiti
e  valutati  ai  fini  del  provvedimento di valutazione dell'impatto
ambientale.
  8.  Il  proponente,  qualora  non abbia luogo l'inchiesta di cui al
comma  6,  puo',  anche  su propria richiesta, essere chiamato, prima
della   conclusione  della  fase  di  valutazione,  ad  un  sintetico
contraddittorio   con  i  soggetti  che  hanno  presentato  pareri  o
osservazioni.  Il verbale del contraddittorio e' acquisito e valutato
ai fini del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale.
  ((9.  Entro  trenta  giorni successivi alla scadenza del termine di
cui  al  comma  4,  il  proponente  puo'  chiedere  di modificare gli
elaborati,  anche  a  seguito di osservazioni o di rilievi emersi nel
corso  dell'inchiesta  pubblica o del contraddittorio di cui al comma
8.   Se   accoglie   l'istanza,   l'autorita'  competente  fissa  per
l'acquisizione   degli   elaborati   un   termine   non  superiore  a
quarantacinque  giorni,  prorogabili  su  istanza  del proponente per
giustificati  motivi,  ed  emette  il  provvedimento  di  valutazione
dell'impatto  ambientale  entro  novanta  giorni  dalla presentazione
degli elaborati modificati.
  9-bis.   L'autorita'  competente,  ove  ritenga  che  le  modifiche
apportate  siano sostanziali e rilevanti per il pubblico, dispone che
il proponente ne depositi copia ai sensi dell'articolo 23, comma 3 e,
contestualmente,   dia   avviso  dell'avvenuto  deposito  secondo  le
modalita'  di cui ai commi 2 e 3. Entro il termine di sessanta giorni
dalla  pubblicazione  del  progetto,  emendato  ai sensi del comma 9,
chiunque  abbia  interesse  puo'  prendere visione del progetto e del
relativo  studio  ambientale,  presentare proprie osservazioni, anche
fornendo  nuovi  o  ulteriori  elementi  conoscitivi  e valutativi in
relazione  alle  sole modifiche apportate agli elaborati ai sensi del
comma   9.   In   questo  caso,  l'autorita'  competente  esprime  il
provvedimento  di  valutazione  dell'impatto ambientale entro novanta
giorni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione delle
osservazioni.
  10.   Sul   suo   sito  web,  l'autorita'  competente  pubblica  la
documentazione presentata, ivi comprese le osservazioni, le eventuali
controdeduzioni  e  le modifiche eventualmente apportate al progetto,
disciplinate dai commi 4, 8, 9, e 9-bis)).
                               ART. 25
           Valutazione dello studio di impatto ambientale
                  e degli esiti della Consultazione

  1.  Le  attivita'  tecnico-istruttorie per la valutazione d'impatto
ambientale sono svolte dall'autorita' competente.
  2.   L'autorita'   competente   acquisisce   e   valuta   tutta  la
documentazione  presentata, le osservazioni, obiezioni e suggerimenti
inoltrati  ai  sensi dell'articolo 24, nonche', nel caso dei progetti
di  competenza  dello Stato, il parere delle regioni interessate, che
dovra'  essere  reso  entro ((novanta giorni)) dalla presentazione di
cui  all'articolo 23, comma 1. ((L'autorita' competente comunica alla
Regione   interessata   che  il  proponente  ha  apportato  modifiche
sostanziali  al  progetto  e  fissa  il  termine  di sessanta giorni,
decorrente  dalla  comunicazione,  entro  il  quale  la  Regione puo'
esprimere un ulteriore parere.))
  3.  Contestualmente  alla  pubblicazione di cui all'articolo 24, il
proponente,   affinche'   l'autorita'  competente  ne  acquisisca  le
determinazioni,  trasmette l'istanza, completa di allegati, a tutti i
soggetti  competenti  in  materia  ambientale interessati, qualora la
realizzazione    del   progetto   preveda   autorizzazioni,   intese,
concessioni,   licenze,   pareri,   nulla  osta  e  assensi  comunque
denominati  in  materia  ambientale.  Le  amministrazioni  rendono le
proprie  determinazioni  entro  sessanta  giorni  dalla presentazione
dell'istanza  di  cui  all'articolo  23,  comma 1, ovvero nell'ambito
della  ((Conferenza dei servizi istruttoria eventualmente indetta)) a
tal  fine  dall'autorita'  competente.  Entro  il medesimo termine il
Ministero  per  i  beni  e le attivita' culturali si esprime ai sensi
dell'articolo  26  del  decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e
negli  altri  casi  previsti  dal  medesimo  decreto.  ((A seguito di
modificazioni   ovvero   integrazioni  eventualmente  presentate  dal
proponente,   ovvero   richieste   dall'autorita'   competente,   ove
l'autorita'  competente  ritenga  che  le  modifiche  apportate siano
sostanziali,  sono  concessi  alle Amministrazioni di cui al presente
comma,  ulteriori quarantacinque giorni dal deposito delle stesse per
l'eventuale revisione dei pareri resi.
  3-bis.  Qualora  le  amministrazioni  di  cui  ai  commi  2 e 3 del
presente  articolo  non  si  siano  espresse nei termini ivi previsti
ovvero   abbiano   manifestato   il   proprio  dissenso,  l'autorita'
competente procede comunque a norma dell'articolo 26.))
  4.   L'autorita'   competente   puo'   concludere   con   le  altre
amministrazioni  pubbliche  interessate  accordi  per disciplinare lo
svolgimento  delle  attivita'  di  interesse  comune  ai  fini  della
semplificazione delle procedure.
                               ART. 26
                              Decisione

  1.   ((Salvo   quanto   previsto   dall'articolo  24))  L'autorita'
competente   conclude   con  provvedimento  espresso  e  motivato  il
procedimento    di    valutazione    dell'impatto    ambientale   nei
centocinquanta  giorni  successivi alla presentazione dell'istanza di
cui all'articolo 23, comma 1. Nei casi in cui e' necessario procedere
ad  accertamenti ed indagini di particolare complessita', l'autorita'
competente,   con   atto   motivato,  dispone  il  prolungamento  del
procedimento  di valutazione sino ad un massimo di ulteriori sessanta
giorni dandone comunicazione al proponente.
  2.  L'inutile  decorso ((dei termini previsti dal presente articolo
ovvero dall'articolo 24)), implica l'esercizio del potere sostitutivo
da  parte  del Consiglio dei Ministri, che provvede, su istanza delle
amministrazioni  o  delle  parti  interessate, entro sessanta giorni,
previa  diffida all'organo competente ad adempire entro il termine di
venti  giorni.  Per  i  progetti  sottoposti a valutazione di impatto
ambientale  in  sede non statale, si applicano le disposizioni di cui
al  periodo  precedente  fino all'entrata in vigore di apposite norme
regionali  e delle province autonome, da adottarsi nel rispetto della
disciplina comunitaria vigente in materia ((e dei principi richiamati
all'articolo 7, comma 7, lettera e) del presente decreto)).
  ((2-bis.  La  tutela  avverso  il  silenzio dell'Amministrazione e'
disciplinata     dalle    disposizioni    generali    del    processo
amministrativo)).
  ((3.  L'autorita'  competente  puo'  richiedere al proponente entro
trenta  giorni  dalla  scadenza  del  termine di cui all'articolo 24,
comma  4,  in  un'unica  soluzione,  integrazioni alla documentazione
presentata,  con  l'indicazione di un termine per la risposta che non
puo'  superare  i  quarantacinque giorni, prorogabili, su istanza del
proponente,  per  un  massimo  di  ulteriori  quarantacinque  giorni.
L'autorita'   competente  esprime  il  provvedimento  di  valutazione
dell'impatto  ambientale  entro  novanta  giorni  dalla presentazione
degli elaborati modificati.
  3-bis.   L'autorita'  competente,  ove  ritenga  che  le  modifiche
apportate  siano sostanziali e rilevanti per il pubblico, dispone che
il  proponente depositi copia delle stesse ai sensi dell'articolo 23,
comma  3,  e,  contestualmente,  dia  avviso  dell'avvenuto  deposito
secondo  le  modalita'  di cui all'articolo 24, commi 2 e 3. Entro il
termine  di sessanta giorni dalla pubblicazione del progetto emendato
ai  sensi  del  presente  articolo,  chiunque  abbia  interesse  puo'
prendere  visione  del  progetto  e  del  relativo  studio di impatto
ambientale,  presentare  proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o
ulteriori  elementi  conoscitivi  e valutativi in relazione alle sole
modifiche  apportate  agli  elaborati ai sensi del comma 3. In questo
caso,  l'autorita' competente esprime il provvedimento di valutazione
dell'impatto  ambientale  entro  novanta  giorni  dalla  scadenza del
termine previsto per la presentazione delle osservazioni.
  3-ter.  Nel  caso in cui il proponente non ottemperi alle richieste
di  integrazioni  da parte dell'autorita' competente, non presentando
gli  elaborati  modificati,  o  ritiri  la  domanda,  non  si procede
all'ulteriore corso della valutazione.
  4.   Il   provvedimento   di  valutazione  dell'impatto  ambientale
sostituisce  o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni,
licenze,  pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia
ambientale, necessari per la realizzazione e l'esercizio dell'opera o
dell'impianto.))
  5.  Il  provvedimento  contiene le condizioni per la realizzazione,
esercizio  e  dismissione  dei  progetti,  nonche' quelle relative ad
eventuali   malfunzionamenti.   In   nessun  caso  puo'  farsi  luogo
all'inizio  dei  lavori senza che sia intervenuto il provvedimento di
valutazione dell'impatto ambientale.
  6.  I  progetti  sottoposti  alla fase di valutazione devono essere
realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di
valutazione    dell'impatto    ambientale.    Tenuto    conto   delle
caratteristiche  del  progetto  il  provvedimento  puo'  stabilire un
periodo  piu' lungo. Trascorso detto periodo, salvo proroga concessa,
su   istanza   del  proponente,  dall'autorita'  che  ha  emanato  il
provvedimento,  la  procedura  di valutazione dell'impatto ambientale
deve  essere  reiterata.  I  termini  di  cui  al  presente  comma si
applicano  ai  procedimenti  avviati  successivamente  alla  data  di
entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4.
                               ART. 27
                  ((Informazione sulla decisione))
  ((1.  Il  provvedimento  di  valutazione dell'impatto ambientale e'
pubblicato  per  estratto, con indicazione dell'opera, dell'esito del
provvedimento  e  dei  luoghi  ove lo stesso potra' essere consultato
nella  sua  interezza, a cura del proponente nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana per i progetti di competenza statale ovvero
nel  Bollettino Ufficiale della regione, per i progetti di rispettiva
competenza.  Dalla  data  di  pubblicazione  nella Gazzetta Ufficiale
ovvero  dalla  data  di  pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della
regione  decorrono  i  termini  per  eventuali  impugnazioni  in sede
giurisdizionale da parte di soggetti interessati.
  2.  Il  provvedimento  di  valutazione dell'impatto ambientale deve
essere  pubblicato per intero e su sito web dell'autorita' competente
indicando  la  sede  ove  si  possa  prendere  visione  di  tutta  la
documentazione   oggetto   dell'istruttoria   e   delle   valutazioni
successive.))
                               ART. 28
                            Monitoraggio

  1. Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale contiene
ogni  opportuna  indicazione  per  la  progettazione e lo svolgimento
delle  attivita'  di  controllo  e  monitoraggio  degli  impatti.  Il
monitoraggio  assicura,  anche  avvalendosi del sistema delle Agenzie
ambientali,  il  controllo  sugli  impatti  ambientali  significativi
sull'ambiente   provocati   dalle   opere   approvate,   nonche'   la
corrispondenza   alle   prescrizioni  espresse  sulla  compatibilita'
ambientale  dell'opera, anche, al fine di individuare tempestivamente
gli   impatti  negativi  imprevisti  e  di  consentire  all'autorita'
competente  di  essere  in  grado  di  adottare  le  opportune misure
correttive. ((40))
  ((1-bis.  In particolare, qualora dalle attivita' di cui al comma 1
risultino  impatti  negativi  ulteriori  e diversi, ovvero di entita'
significativamente  superiore,  rispetto a quelli previsti e valutati
nel provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale, l'autorita'
competente,  acquisite  informazioni  e  valutati  i pareri resi puo'
modificare  il provvedimento ed apporvi condizioni ulteriori rispetto
a  quelle di cui al comma 5 dell'articolo 26. Qualora dall'esecuzione
dei  lavori  ovvero  dall'esercizio  dell'attivita'  possano derivare
gravi  ripercussioni  negative,  non  preventivamente valutate, sulla
salute pubblica e sull'ambiente, l'autorita' competente puo' ordinare
la  sospensione  dei lavori o delle attivita' autorizzate, nelle more
delle determinazioni correttive da adottare.))
  2. Delle modalita' di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e
delle  eventuali  misure  correttive adottate ai sensi del comma 1 e'
data  adeguata  informazione  attraverso  i  siti  web dell'autorita'
competente e dell'autorita' procedente e delle Agenzie interessate.
-------------
AGGIORNAMENTO (40)
  Il  D.Lgs.  29 giugno 2010, n. 128 ha disposto (con l'art. 2, comma
23,  lettera  a))  che  "al  comma  1,  primo  periodo, le parole "Il
monitoraggio  assicura,  anche  avvalendosi del sistema delle Agenzie
ambientali"  sono  sostituite dalle parole "Il monitoraggio assicura,
anche  avvalendosi  dell'Istituto  Superiore  per  la Protezione e la
Ricerca Ambientale e del sistema delle Agenzie ambientali,"".
                               ART. 29
                      ((Controlli e sanzioni))

  ((1.  La  valutazione  di  impatto  ambientale  costituisce,  per i
progetti  di  opere  ed interventi a cui si applicano le disposizioni
del presente decreto, presupposto o parte integrante del procedimento
di autorizzazione o approvazione. I provvedimenti di autorizzazione o
approvazione   adottati   senza  la  previa  valutazione  di  impatto
ambientale, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge.
  2.  Fermi  restando  i  compiti  di vigilanza e controllo stabiliti
dalle  norme  vigenti,  l'autorita'  competente esercita il controllo
sull'applicazione delle disposizioni di cui al Titolo III della parte
seconda   del   presente   decreto   nonche'   sull'osservanza  delle
prescrizioni  impartite in sede di verifica di assoggettabilita' e di
valutazione. Per l'effettuazione dei controlli l'autorita' competente
puo'  avvalersi,  nel quadro delle rispettive competenze, del sistema
agenziale.
  3.  Qualora  si accertino violazioni delle prescrizioni impartite o
modifiche progettuali tali da incidere sugli esiti e sulle risultanze
finali  delle fasi di verifica di assoggettabilita' e di valutazione,
l'autorita'  competente,  previa  eventuale  sospensione  dei lavori,
impone   al   proponente   l'adeguamento   dell'opera  o  intervento,
stabilendone  i  termini  e  le  modalita'. Qualora il proponente non
adempia a quanto imposto, l'autorita' competente provvede d'ufficio a
spese  dell'inadempiente. Il recupero di tali spese e' effettuato con
le modalita' e gli effetti previsti dal regio decreto 14 aprile 1910,
n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato.
  4.  Nel  caso  di  opere  ed  interventi realizzati senza la previa
sottoposizione  alle  fasi  di  verifica  di  assoggettabilita'  o di
valutazione  in  violazione  delle  disposizioni  di  cui al presente
Titolo  III,  nonche'  nel  caso di difformita' sostanziali da quanto
disposto  dai  provvedimenti finali, l'autorita' competente, valutata
l'entita'  del  pregiudizio  ambientale arrecato e quello conseguente
alla applicazione della sanzione, dispone la sospensione dei lavori e
puo'  disporre la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi
e  della  situazione  ambientale  a  cura  e  spese del responsabile,
definendone  i  termini  e  le  modalita'. In caso di inottemperanza,
l'autorita'  competente provvede d'ufficio a spese dell'inadempiente.
Il  recupero  di  tali  spese  e'  effettuato  con le modalita' e gli
effetti previsti dal testo unico delle disposizioni di legge relative
alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato approvato con
regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate
patrimoniali dello Stato.
  5.  In caso di annullamento in sede giurisdizionale o di autotutela
di  autorizzazioni  o  concessioni  rilasciate  previa valutazione di
impatto  ambientale  o di annullamento del giudizio di compatibilita'
ambientale,  i  poteri di cui al comma 4 sono esercitati previa nuova
valutazione di impatto ambientale.
  6.  Resta,  in ogni caso, salva l'applicazione di sanzioni previste
dalle norme vigenti.))

((TITOLO III-BIS

L'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE))

                           Articolo 29-bis
                     ((Individuazione e utilizzo
                 delle migliori tecniche disponibili

  1.   L'autorizzazione   integrata   ambientale   per  gli  impianti
rientranti  nelle  attivita'  di  cui all'allegato VIII e' rilasciata
tenendo   conto   di   quanto   indicato  nell'allegato  XI  e  delle
informazioni  diffuse  ai sensi dell'articolo 29-terdecies, comma 4 e
dei   documenti  BREF  (BAT  Reference  Documents)  pubblicati  dalla
Commissione   europea,   nel   rispetto   delle   linee   guida   per
l'individuazione  e  l'utilizzo  delle migliori tecniche disponibili,
emanate  con  uno  o  piu' decreti del Ministro dell'ambiente e della
tutela  del  territorio  e  del  mare,  del  Ministro  dello sviluppo
economico  e  del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali,  sentita  la  Conferenza  unificata  istituita  ai sensi del
decreto  legislativo  28 agosto 1997, n. 281. Con la stessa procedura
si  provvede  all'aggiornamento  ed  alla integrazione delle suddette
linee  guida,  anche  sulla base dello scambio di informazioni di cui
all'articolo 29-terdecies, commi 3 e 4.
  2.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del
territorio  e  del  mare,  di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico,  il  Ministro  del  lavoro  e  delle politiche sociali, il
Ministro  della  salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di  Bolzano,  possono  essere  determinati  i  requisiti  per  talune
categorie di impianti, che tengano luogo dei corrispondenti requisiti
fissati  per  ogni singola autorizzazione, purche' siano garantiti un
approccio   integrato   ed   una   elevata   protezione   equivalente
dell'ambiente nel suo complesso.
  3.  Per  le  discariche  di  rifiuti  da  autorizzare  ai sensi del
presente  titolo,  si  considerano soddisfatti i requisiti tecnici di
cui al presente titolo se sono soddisfatti i requisiti tecnici di cui
al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.))
                           Articolo 29-ter
                     ((Domanda di autorizzazione
                        integrata ambientale

  1.  Ai  fini  dell'esercizio  di  nuovi  impianti,  della  modifica
sostanziale  e  dell'adeguamento  del  funzionamento  degli  impianti
esistenti  alle  disposizioni  del  presente  decreto, si provvede al
rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale di cui all'articolo
29-sexies.  Fatto  salvo quanto disposto dal comma 4 e ferme restando
le  informazioni  richieste  dalla normativa concernente aria, acqua,
suolo e rumore, la domanda deve contenere le seguenti informazioni:
    a) l'impianto, il tipo e la portata delle sue attivita';
    b) le materie prime e ausiliarie, le sostanze e l'energia usate o
prodotte dall'impianto;
    c) le fonti di emissione dell'impianto;
    d) lo stato del sito di ubicazione dell'impianto;
    e)  il  tipo  e  l'entita'  delle emissioni dell'impianto in ogni
settore   ambientale,   nonche'   un'identificazione   degli  effetti
significativi delle emissioni sull'ambiente;
    f)  la  tecnologia  utilizzata  e  le  altre  tecniche in uso per
prevenire le emissioni dall'impianto oppure per ridurle;
    g)  le  misure  di prevenzione e di recupero dei rifiuti prodotti
dall'impianto;
    h)  le misure previste per controllare le emissioni nell'ambiente
nonche'  le attivita' di autocontrollo e di controllo programmato che
richiede  l'intervento dell'Istituto Superiore per la Protezione e la
Ricerca  Ambientale e Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i
servizi  tecnici  e  delle  Agenzie  regionali  e  provinciali per la
protezione dell'ambiente;((40))
    i)  le  eventuali  principali  alternative  prese  in  esame  dal
gestore, in forma sommaria;
    l)  le  altre  misure previste per ottemperare ai principi di cui
all'articolo 6, comma 15, del presente decreto.
  2. La domanda di autorizzazione integrata ambientale deve contenere
anche una sintesi non tecnica dei dati di cui alle lettere da a) a l)
del  comma  1  e  l'indicazione  delle informazioni che ad avviso del
gestore  non  devono  essere  diffuse  per  ragioni  di  riservatezza
industriale,  commerciale  o  personale,  di  tutela della proprieta'
intellettuale   e,   tenendo   conto   delle   indicazioni  contenute
nell'articolo  39  della  legge  3  agosto  2007, n. 124, di pubblica
sicurezza o di difesa nazionale. In tale caso il richiedente fornisce
all'autorita' competente anche una versione della domanda priva delle
informazioni riservate, ai fini dell'accessibilita' al pubblico.
  3.  Qualora  le  informazioni  e  le descrizioni fornite secondo un
rapporto  di  sicurezza,  elaborato conformemente alle norme previste
sui  rischi  di  incidente rilevante connessi a determinate attivita'
industriali,  o  secondo  la  norma  UNI  EN ISO 14001, ovvero i dati
prodotti  per  i  siti  registrati  ai  sensi del regolamento (CE) n.
761/2001  e  successive modifiche, nonche' altre informazioni fornite
secondo qualunque altra normativa, rispettino uno o piu' requisiti di
cui  al  comma  1  del  presente  articolo,  tali dati possono essere
utilizzati ai fini della presentazione della domanda e possono essere
inclusi nella domanda o essere ad essa allegati.
  4.   Entro   trenta   giorni  dalla  presentazione  della  domanda,
l'autorita'  competente  verifica la completezza della stessa e della
documentazione   allegata.   Qualora   queste  risultino  incomplete,
l'autorita'  competente  ovvero,  nel  caso di impianti di competenza
statale,  la  Commissione  di  cui  all'art.  8-bis  potra'  chiedere
apposite  integrazioni,  indicando  un termine non inferiore a trenta
giorni  per la presentazione della documentazione integrativa. In tal
caso  i  termini  del  procedimento si intendono interrotti fino alla
presentazione  della  documentazione  integrativa.  Qualora  entro il
termine   indicato  il  proponente  non  depositi  la  documentazione
completa  degli  elementi mancanti, l'istanza si intende ritirata. E'
fatta  salva  la facolta' per il proponente di richiedere una proroga
del  termine per la presentazione della documentazione integrativa in
ragione della complessita' della documentazione da presentare.))
------------
AGGIORNAMENTO (40)
  Il  D.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, ha disposto (con l'art. 4, comma
2)  che nel presente decreto, ovunque ricorrano, le parole "Ministero
dell'ambiente  e  della tutela del territorio", sono sostituite dalle
seguenti:  "Ministero  dell'ambiente  e della tutela del territorio e
del  mare",  le  parole:  "Ministro  dell'ambiente e della tutela del
territorio" sono sostituite dalle seguenti: "Ministro dell'ambiente e
della  tutela  del  territorio e del mare", le parole "Agenzia per la
protezione  dell'ambiente  e  per  i servizi tecnici" sono sostituite
dalle  seguenti:  "Istituto  superiore per la protezione e la ricerca
ambientale",  e  la  parola  "APAT"  e'  sostituita  dalla  seguente:
"ISPRA".
                         Articolo 29-quater
           ((Procedura per il rilascio dell'autorizzazione
                        integrata ambientale

  1.  Per gli impianti di competenza statale la domanda e' presentata
all'autorita'  competente  per mezzo di procedure telematiche, con il
formato  e  le modalita' stabiliti con il decreto di cui all'articolo
29-duodecies, comma 2.
  2.  L'autorita' competente individua gli uffici presso i quali sono
depositati  i  documenti e gli atti inerenti il procedimento, al fine
della consultazione del pubblico.
  3.  L'autorita'  competente,  entro  trenta  giorni dal ricevimento
della  domanda  ovvero,  in  caso  di  riesame ai sensi dell'articolo
29-octies,   comma   4,   contestualmente   all'avvio   del  relativo
procedimento,  comunica  al gestore la data di avvio del procedimento
ai  sensi  dell'art.  7  della legge 7 agosto 1990, n. 241, e la sede
degli  uffici  di cui al comma 2. Entro il termine di quindici giorni
dalla  data  di ricevimento della comunicazione il gestore provvede a
sua cura e sue spese alla pubblicazione su un quotidiano a diffusione
provinciale  o  regionale,  ovvero a diffusione nazionale nel caso di
progetti che ricadono nell'ambito della competenza dello Stato, di un
annuncio  contenente l'indicazione della localizzazione dell'impianto
e del proprio nominativo, nonche' gli uffici individuati ai sensi del
comma 2 ove e' possibile prendere visione degli atti e trasmettere le
osservazioni.   Tali   forme   di  pubblicita'  tengono  luogo  delle
comunicazioni di cui all'articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell'articolo 8
della  legge  7  agosto  1990, n. 241. Le informazioni pubblicate dal
gestore   ai  sensi  del  presente  comma  sono  altresi'  pubblicate
dall'autorita'  competente  nel  proprio  sito  web.  E' in ogni caso
garantita  l'unicita'  della pubblicazione per gli impianti di cui al
titolo III della parte seconda del presente decreto.
  4. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell'annuncio di
cui  al  comma  3, i soggetti interessati possono presentare in forma
scritta, all'autorita' competente, osservazioni sulla domanda.
  5.  La convocazione da parte dell'autorita' competente, ai fini del
rilascio   dell'autorizzazione   integrata  ambientale,  di  apposita
conferenza  di  servizi,  alla quale sono invitate le amministrazioni
competenti  in materia ambientale e comunque, nel caso di impianti di
competenza  statale,  i  Ministeri  dell'interno,  del lavoro e delle
politiche  sociali, della salute e dello sviluppo economico, oltre al
soggetto  richiedente  l'autorizzazione,  ha  luogo  ai  sensi  degli
articoli  14,  14-ter,  commi  da 1 a 3 e da 6 a 9, e 14-quater della
legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
  7.  Nell'ambito  della  Conferenza  dei  servizi di cui al comma 5,
vengono  acquisite  le  prescrizioni del sindaco di cui agli articoli
216  e  217  del  regio  decreto  27 luglio 1934, n. 1265, nonche' il
parere  dell'Istituto  Superiore  per  la  Protezione  e  la  Ricerca
Ambientale  per  gli  impianti  di competenza statale o delle Agenzie
regionali  e  provinciali  per la protezione dell'ambiente per quanto
riguarda  il  monitoraggio  ed  il  controllo  degli impianti e delle
emissioni  nell'ambiente.  In  presenza  di  circostanze  intervenute
successivamente  al  rilascio  dell'autorizzazione di cui al presente
titolo,  il  sindaco,  qualora  lo  ritenga necessario nell'interesse
della  salute  pubblica,  puo'  chiedere  all'autorita' competente di
verificare  la necessita' di riesaminare l'autorizzazione rilasciata,
ai sensi dell'articolo 29-octies.
  8. Nell'ambito della Conferenza dei servizi, l'autorita' competente
puo'  richiedere  integrazioni  alla documentazione, anche al fine di
valutare   la  applicabilita'  di  specifiche  misure  alternative  o
aggiuntive,  indicando  il  termine  massimo  non superiore a novanta
giorni  per la presentazione della documentazione integrativa. In tal
caso,  il  termine  di  cui  al  comma  9  resta  sospeso  fino  alla
presentazione della documentazione integrativa.
  9.  Salvo quanto diversamente concordato, la Conferenza dei servizi
di  cui  al comma 5 deve concludersi entro sessanta giorni dalla data
di  scadenza  del  termine  previsto dal comma 4 per la presentazione
delle osservazioni.
  10.  L'autorita' competente esprime le proprie determinazioni sulla
domanda   di   autorizzazione  integrata  ambientale  comunque  entro
centocinquanta  giorni dalla presentazione della domanda, ovvero, nel
caso  di cui al comma 8, entro centottanta giorni dalla presentazione
della  domanda. La tutela avverso il silenzio dell'Amministrazione e'
disciplinata dalle disposizioni generali del processo amministrativo.
  11. Le autorizzazioni integrate ambientali, rilasciate ai sensi del
presente  decreto,  sostituiscono  ad  ogni effetto le autorizzazioni
riportate  nell'elenco  dell'allegato  IX, secondo le modalita' e gli
effetti  previsti  dalle relative norme settoriali. In particolare le
autorizzazioni integrate ambientali sostituiscono la comunicazione di
cui  all'articolo  216,  ferma restando la possibilita' di utilizzare
successivamente le procedure semplificate previste dal capo V.
  12.  Ogni  autorizzazione  integrata  ambientale  deve includere le
modalita'   previste   dal   presente   decreto   per  la  protezione
dell'ambiente, nonche' l'indicazione delle autorizzazioni sostituite.
  13.  Copia  dell'autorizzazione integrata ambientale e di qualsiasi
suo  successivo  aggiornamento, e' messa a disposizione del pubblico,
presso  l'ufficio  di cui al comma 2. Presso il medesimo ufficio sono
inoltre  rese  disponibili  informazioni relative alla partecipazione
del pubblico al procedimento.
  14.   L'autorita'   competente   puo'   sottrarre   all'accesso  le
informazioni,  in  particolare quelle relative agli impianti militari
di  produzione  di  esplosivi di cui al punto 4.6 dell'allegato VIII,
qualora  cio'  si renda necessario per l'esigenza di salvaguardare ai
sensi  dell'articolo  24,  comma  6, lettera a), della legge 7 agosto
1990, n. 241, e relative norme di attuazione, la sicurezza pubblica o
la  difesa  nazionale.  L'autorita' competente puo' inoltre sottrarre
all'accesso  informazioni  non riguardanti le emissioni dell'impianto
nell'ambiente, per ragioni di tutela della proprieta' intellettuale o
di riservatezza industriale, commerciale o personale.
  15.   In   considerazione   del  particolare  e  rilevante  impatto
ambientale,  della  complessita' e del preminente interesse nazionale
dell'impianto,  nel rispetto delle disposizioni del presente decreto,
possono  essere  conclusi,  d'intesa  tra  lo  Stato,  le regioni, le
province   e  i  comuni  territorialmente  competenti  e  i  gestori,
specifici  accordi,  al  fine  di  garantire,  in conformita' con gli
interessi  fondamentali  della collettivita', l'armonizzazione tra lo
sviluppo   del   sistema   produttivo  nazionale,  le  politiche  del
territorio  e  le  strategie  aziendali.  In  tali  casi  l'autorita'
competente,  fatto  comunque  salvo  quanto  previsto  al  comma  12,
assicura  il necessario coordinamento tra l'attuazione dell'accordo e
la  procedura  di  rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale.
Nei casi disciplinati dal presente comma i termini di cui al comma 10
sono raddoppiati.))
                        Articolo 29-quinquies
                ((Indirizzi per garantire l'uniforme
                applicazione sul territorio nazionale

  1.  Con  uno  o  piu'  decreti  del Presidente della Repubblica, su
proposta  del  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del  mare,  di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e del
lavoro,  della  salute  e  delle  politiche sociali e d'intesa con la
Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province  autonome  di  Trento  e  di Bolzano, possono essere emanati
indirizzi  per  garantire  l'uniforme applicazione delle disposizioni
del presente titolo da parte delle autorita' competenti.))
                         Articolo 29-sexies
                ((Autorizzazione integrata ambientale

  1.  L'autorizzazione  integrata  ambientale rilasciata ai sensi del
presente  decreto  deve  includere  tutte  le  misure  necessarie per
soddisfare   i  requisiti  di  cui  agli  articoli  6,  comma  15,  e
29-septies,  al  fine  di conseguire un livello elevato di protezione
dell'ambiente   nel   suo   complesso.   L'autorizzazione   integrata
ambientale  di  attivita'  regolamentate  dal  decreto  legislativo 4
aprile  2006, n. 216, contiene valori limite per le emissioni dirette
di gas serra, di cui all'allegato B del medesimo decreto, solo quando
cio'  risulti  indispensabile  per  evitare un rilevante inquinamento
locale.
  2.  In  caso  di  nuovo  impianto  o  di  modifica  sostanziale, se
sottoposti   alla  normativa  in  materia  di  valutazione  d'impatto
ambientale,  si  applicano  le  disposizioni  di  cui all'art. 10 del
presente decreto.
  3.  L'autorizzazione  integrata  ambientale  deve  includere valori
limite   di   emissione   fissati  per  le  sostanze  inquinanti,  in
particolare  quelle  elencate  nell'allegato  X,  che  possono essere
emesse  dall'impianto  interessato  in  quantita'  significativa,  in
considerazione  della  loro  natura,  e  delle  loro potenzialita' di
trasferimento  dell'inquinamento da un elemento ambientale all'altro,
acqua,  aria  e suolo, nonche' i valori limite ai sensi della vigente
normativa  in  materia  di  inquinamento acustico. I valori limite di
emissione fissati nelle autorizzazioni integrate non possono comunque
essere  meno  rigorosi  di quelli fissati dalla normativa vigente nel
territorio   in   cui   e'   ubicato   l'impianto.   Se   necessario,
l'autorizzazione integrata ambientale contiene ulteriori disposizioni
che  garantiscono  la protezione del suolo e delle acque sotterranee,
le  opportune  disposizioni  per  la  gestione  dei  rifiuti prodotti
dall'impianto  e  per la riduzione dell'inquinamento acustico. Se del
caso,  i  valori  limite  di  emissione  possono  essere  integrati o
sostituiti  con  parametri  o  misure  tecniche  equivalenti. Per gli
impianti  di  cui al punto 6.6 dell'allegato VIII, i valori limite di
emissione  o  i  parametri  o  le misure tecniche equivalenti tengono
conto delle modalita' pratiche adatte a tali categorie di impianti.
  4. Fatto salvo l'articolo 29-septies, i valori limite di emissione,
i  parametri  e  le  misure  tecniche  equivalenti  di  cui  ai commi
precedenti fanno riferimento all'applicazione delle migliori tecniche
disponibili,   senza  l'obbligo  di  utilizzare  una  tecnica  o  una
tecnologia  specifica,  tenendo  conto delle caratteristiche tecniche
dell'impianto  in  questione, della sua ubicazione geografica e delle
condizioni  locali  dell'ambiente.  In tutti i casi, le condizioni di
autorizzazione   prevedono   disposizioni   per   ridurre  al  minimo
l'inquinamento   a  grande  distanza  o  attraverso  le  frontiere  e
garantiscono  un  elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo
complesso.
  5.   L'autorita'  competente  rilascia  l'autorizzazione  integrata
ambientale  osservando quanto specificato nell'articolo 29-bis, commi
1,  2  e 3. In mancanza delle linee guida di cui all'articolo 29-bis,
comma  1,  l'autorita'  competente rilascia comunque l'autorizzazione
integrata  ambientale  tenendo conto di quanto previsto nell'allegato
XI.
  6.  L'autorizzazione  integrata  ambientale  contiene gli opportuni
requisiti   di   controllo   delle  emissioni,  che  specificano,  in
conformita'  a  quanto  disposto  dalla  vigente normativa in materia
ambientale  e  nel  rispetto  delle  linee  guida di cui all'articolo
29-bis,  comma  1,  la  metodologia e la frequenza di misurazione, la
relativa  procedura  di  valutazione, nonche' l'obbligo di comunicare
all'autorita'   competente   i  dati  necessari  per  verificarne  la
conformita' alle condizioni di autorizzazione ambientale integrata ed
all'autorita'  competente  e ai comuni interessati i dati relativi ai
controlli  delle  emissioni  richiesti  dall'autorizzazione integrata
ambientale. Tra i requisiti di controllo, l'autorizzazione stabilisce
in  particolare,  nel  rispetto delle linee guida di cui all'articolo
29-bis,  comma  1,  e del decreto di cui all'articolo 33, comma 1, le
modalita'   e   la   frequenza   dei  controlli  programmati  di  cui
all'articolo 29-decies, comma 3. Per gli impianti di cui al punto 6.6
dell'allegato  VIII,  quanto  previsto dal presente comma puo' tenere
conto dei costi e benefici. Per gli impianti di competenza statale le
comunicazioni  di cui al presente comma sono trasmesse per il tramite
dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
  7.   L'autorizzazione   integrata  ambientale  contiene  le  misure
relative  alle  condizioni diverse da quelle di normale esercizio, in
particolare  per  le fasi di avvio e di arresto dell'impianto, per le
emissioni   fuggitive,   per  i  malfunzionamenti,  e  per  l'arresto
definitivo dell'impianto.
  8.  Per  gli  impianti  assoggettati  al decreto legislativo del 17
agosto  1999, n. 334, l'autorita' competente ai sensi di tale decreto
trasmette     all'autorita'     competente     per     il    rilascio
dell'autorizzazione integrata ambientale i provvedimenti adottati, le
cui  prescrizioni  ai  fini  della  sicurezza e della prevenzione dei
rischi di incidenti rilevanti sono riportate nella autorizzazione. In
caso  di  decorrenza  dei  termine stabilito dall'articolo 29-quater,
comma  10,  senza  che  le  suddette  prescrizioni  siano  pervenute,
l'autorita' competente rilascia l'autorizzazione integrata ambientale
e  provvede  ad  integrarne  il  contenuto,  una  volta  concluso  il
procedimento  ai sensi del decreto legislativo del 17 agosto 1999, n.
334.
  9.  L'autorizzazione  integrata  ambientale  puo'  contenere  altre
condizioni   specifiche  ai  fini  del  presente  decreto,  giudicate
opportune  dall'autorita'  competente.  Le  disposizioni  di  cui  al
successivo  art. 29-nonies non si applicano alle modifiche necessarie
per  adeguare  la  funzionalita'  degli  impianti  alle  prescrizioni
dell'autorizzazione integrata ambientale.))
                         Articolo 29-septies
                   ((Migliori tecniche disponibili
                   e norme di qualita' ambientale

  1.  Se, a seguito di una valutazione dell'autorita' competente, che
tenga  conto  di  tutte  le  emissioni  coinvolte, risulta necessario
applicare  ad  impianti,  localizzati in una determinata area, misure
piu'   rigorose   di  quelle  ottenibili  con  le  migliori  tecniche
disponibili,  al  fine  di  assicurare in tale area il rispetto delle
norme di qualita' ambientale, l'autorita' competente puo' prescrivere
nelle   autorizzazioni   integrate  ambientali  misure  supplementari
particolari  piu'  rigorose,  fatte salve le altre misure che possono
essere adottate per rispettare le norme di qualita' ambientale.))
                         Articolo 29-octies
                         ((Rinnovo e riesame

  1. L'autorita' competente rinnova ogni cinque anni l'autorizzazione
integrata   ambientale,   o   l'autorizzazione   avente   valore   di
autorizzazione  integrata  ambientale  che  non  prevede  un  rinnovo
periodico,  confermando  o  aggiornando  le  relative  condizioni,  a
partire  dalla data di rilascio dell'autorizzazione. A tale fine, sei
mesi  prima della scadenza, il gestore invia all'autorita' competente
una  domanda  di  rinnovo,  corredata  da una relazione contenente un
aggiornamento delle informazioni di cui all'articolo 29-ter, comma 1.
Alla  domanda  si applica quanto previsto dall'articolo 29-ter, comma
3.  L'autorita'  competente  si esprime nei successivi centocinquanta
giorni  con la procedura prevista dall'articolo 29-quater, commi da 5
a  9.  Fino  alla  pronuncia  dell'autorita'  competente,  il gestore
continua l'attivita' sulla base della precedente autorizzazione.
  2.   Nel   caso   di   un   impianto  che,  all'atto  del  rilascio
dell'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, risulti registrato
ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, il rinnovo di cui al comma
1  e'  effettuato  ogni  otto  anni. Se la registrazione ai sensi del
predetto   regolamento   e'   successiva  all'autorizzazione  di  cui
all'articolo   29-quater,  il  rinnovo  di  detta  autorizzazione  e'
effettuato ogni otto anni a partire dal primo successivo rinnovo.
  3.   Nel   caso   di   un   impianto  che,  all'atto  del  rilascio
dell'autorizzazione    di   cui   all'articolo   29-quater,   risulti
certificato  secondo  la norma UNI EN ISO 14001, il rinnovo di cui al
comma  1  e'  effettuato ogni sei anni. Se la certificazione ai sensi
della   predetta   norma  e'  successiva  all'autorizzazione  di  cui
all'articolo   29-quater,  il  rinnovo  di  detta  autorizzazione  e'
effettuato ogni sei anni a partire dal primo successivo rinnovo.
  4.  Il  riesame  e'  effettuato dall'autorita' competente, anche su
proposta  delle  amministrazioni  competenti  in  materia ambientale,
comunque quando:
    a)  l'inquinamento  provocato  dall'impianto  e'  tale da rendere
necessaria  la  revisione  dei  valori  limite  di  emissione fissati
nell'autorizzazione  o  l'inserimento in quest'ultima di nuovi valori
limite;
    b)  le  migliori  tecniche  disponibili  hanno  subito  modifiche
sostanziali,  che  consentono  una notevole riduzione delle emissioni
senza imporre costi eccessivi;
    c)  la  sicurezza  di  esercizio  del  processo  o dell'attivita'
richiede l'impiego di altre tecniche;
    d)  nuove  disposizioni  legislative  comunitarie  o nazionali lo
esigono.
  5. In caso di rinnovo o di riesame dell'autorizzazione, l'autorita'
competente  puo'  consentire  deroghe  temporanee  ai  requisiti  ivi
fissati  ai  sensi  dell'articolo  29-sexies, comma 4, se un piano di
ammodernamento  da  essa  approvato  assicura  il  rispetto  di detti
requisiti  entro  un  termine di sei mesi, e se il progetto determina
una riduzione dell'inquinamento.
  6.  Per  gli  impianti  di  cui al punto 6.6 dell'allegato VIII, il
rinnovo di cui al comma 1 e' effettuato ogni dieci anni.))
                         Articolo 29-nonies
                      ((Modifica degli impianti
                      o variazione del gestore

  1.  Il  gestore  comunica  all'autorita'  competente  le  modifiche
progettate  dell'impianto,  come  definite  dall'articolo 5, comma 1,
lettera  l).  L'autorita'  competente,  ove  lo  ritenga  necessario,
aggiorna   l'autorizzazione   integrata   ambientale  o  le  relative
condizioni,  ovvero,  se  rileva  che  le  modifiche  progettate sono
sostanziali ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera l-bis), ne da'
notizia  al  gestore  entro  sessanta  giorni  dal  ricevimento della
comunicazione  ai  fini  degli  adempimenti  di  cui  al  comma 2 del
presente  articolo.  Decorso  tale termine, il gestore puo' procedere
alla realizzazione delle modifiche comunicate.
  2. Nel caso in cui le modifiche progettate, ad avviso del gestore o
a   seguito   della  comunicazione  di  cui  al  comma  1,  risultino
sostanziali,  il  gestore  invia  all'autorita'  competente una nuova
domanda  di  autorizzazione  corredata da una relazione contenente un
aggiornamento  delle informazioni di cui all'articolo 29-ter, commi 1
e  2. Si applica quanto previsto dagli articoli 29-ter e 29-quater in
quanto compatibile.
  3.   Agli  aggiornamenti  delle  autorizzazioni  o  delle  relative
prescrizioni  di  cui  al comma 1 e alle autorizzazioni rilasciate ai
sensi  del  comma  2  si applica il disposto dell'articolo 29-octies,
comma 5, e dell'articolo 29-quater, comma 15.
  4.  Nel caso in cui intervengano variazioni nella titolarita' della
gestione  dell'impianto,  il  vecchio  gestore  e il nuovo gestore ne
danno  comunicazione  entro  trenta  giorni all'autorita' competente,
anche nelle forme dell'autocertificazione.))
                         Articolo 29-decies 
 Rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale 
 
  1.  Il  gestore,  prima  di  dare  attuazione  a  quanto   previsto
dall'autorizzazione  integrata  ambientale,  ne   da'   comunicazione
all'autorita' competente.((Per  gli  impianti  localizzati  in  mare,
l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale esegue
i controlli di cui al  comma  3,  coordinandosi  con  gli  uffici  di
vigilanza del Ministero dello sviluppo economico.)) 
  2. A far data dal ricevimento della comunicazione di cui  al  comma
1,  il  gestore  trasmette  all'autorita'  competente  e  ai   comuni
interessati i dati relativi ai controlli  delle  emissioni  richiesti
dall'autorizzazione  integrata  ambientale,   secondo   modalita'   e
frequenze   stabilite   nell'autorizzazione    stessa.    L'autorita'
competente provvede a mettere tali dati a disposizione  del  pubblico
tramite gli uffici  individuati  ai  sensi  dell'articolo  29-quater,
comma 3. 
  3. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca  Ambientale,
per  impianti  di  competenza  statale,  o  le  agenzie  regionali  e
provinciali  per  la  protezione  dell'ambiente,  negli  altri  casi,
accertano, secondo quanto previsto e programmato  nell'autorizzazione
ai sensi dell'articolo 29-sexies, comma 6 e con oneri  a  carico  del
gestore: 
    a) il rispetto  delle  condizioni  dell'autorizzazione  integrata
ambientale; 
    b) la  regolarita'  dei  controlli  a  carico  del  gestore,  con
particolare  riferimento  alla  regolarita'  delle   misure   e   dei
dispositivi di prevenzione dell'inquinamento nonche' al rispetto  dei
valori limite di emissione; 
    c) che  il  gestore  abbia  ottemperato  ai  propri  obblighi  di
comunicazione  e  in  particolare  che  abbia  informato  l'autorita'
competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o  incidenti  che
influiscano in modo significativo sull'ambiente, tempestivamente  dei
risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto. 
  4. Ferme restando le  misure  di  controllo  di  cui  al  comma  3,
l'autorita' competente, nell'ambito delle disponibilita'  finanziarie
del proprio bilancio destinate allo scopo,  puo'  disporre  ispezioni
straordinarie  sugli  impianti  autorizzati  ai  sensi  del  presente
decreto. 
  5. Al fine di consentire le attivita' di cui ai commi  3  e  4,  il
gestore deve fornire tutta l'assistenza necessaria per lo svolgimento
di qualsiasi verifica tecnica relativa  all'impianto,  per  prelevare
campioni e per raccogliere qualsiasi informazione necessaria ai  fini
del presente decreto. 
  6. Gli esiti  dei  controlli  e  delle  ispezioni  sono  comunicati
all'autorita' competente ed al gestore  indicando  le  situazioni  di
mancato rispetto delle prescrizioni di cui al comma 3, lettere a), b)
e c), e proponendo le misure da adottare. 
  7. Ogni  organo  che  svolge  attivita'  di  vigilanza,  controllo,
ispezione e monitoraggio su impianti che svolgono  attivita'  di  cui
agli allegati VIII e XII,  e  che  abbia  acquisito  informazioni  in
materia ambientale rilevanti ai fini dell'applicazione  del  presente
decreto,  comunica  tali  informazioni,  ivi  comprese  le  eventuali
notizie di reato, anche all'autorita' competente. 
  8. I risultati  del  controllo  delle  emissioni,  richiesti  dalle
condizioni dell'autorizzazione integrata  ambientale  e  in  possesso
dell'autorita' competente, devono essere  messi  a  disposizione  del
pubblico, tramite l'ufficio individuato all'articolo 29-quater, comma
3, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19  agosto
2005, n. 195. 
  9. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, o  di
esercizio  in  assenza  di  autorizzazione,  l'autorita'   competente
procede secondo la gravita' delle infrazioni: 
    a) alla diffida, assegnando un  termine  entro  il  quale  devono
essere eliminate le irregolarita'; 
    b)  alla  diffida  e   contestuale   sospensione   dell'attivita'
autorizzata per un tempo determinato, ove si' manifestino  situazioni
di pericolo per l'ambiente; 
    c) alla revoca dell'autorizzazione integrata  ambientale  e  alla
chiusura  dell'impianto,  in  caso  di   mancato   adeguamento   alle
prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni
che determinino situazioni di pericolo e di danno per l'ambiente. 
  10. In caso  di  inosservanza  delle  prescrizioni  autorizzatorie,
l'autorita' competente, ove si manifestino situazioni di  pericolo  o
di danno per la salute, ne  da'  comunicazione  al  sindaco  ai  fini
dell'assunzione delle eventuali misure ai sensi dell'articolo 217 del
regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. 
  11. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca  ambientale
esegue i controlli di cui al comma 3 anche avvalendosi delle  agenzie
regionali   e   provinciali   per   la    protezione    dell'ambiente
territorialmente  competenti,  nel  rispetto   di   quanto   disposto
all'articolo 03, comma 5, del decreto-legge 4 dicembre 1993, n.  496,
convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61. 
                        Articolo 29-undecies
               ((Inventario delle principali emissioni
                            e loro fonti

  1.  I  gestori  degli impianti di cui all'allegato VIII trasmettono
all'autorita'  competente e al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, per il tramite dell'Istituto Superiore per
la  Protezione  e  la  Ricerca Ambientale, entro il 30 aprile di ogni
anno,  i dati caratteristici relativi alle emissioni in aria, acqua e
suolo dell'anno precedente.
  2.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del
territorio  e  del  mare,  in  conformita'  a  quanto  previsto dalla
Commissione  europea,  sentita  la  Conferenza unificata istituita ai
sensi  del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono apportate
modifiche  ai dati e al formato della comunicazione di cui al decreto
dello  stesso  Ministro 23 novembre 2001, attuativo dell'articolo 10,
comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372.
  3.  L'Istituto  Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
elabora  i  dati  di  cui  al  comma  1  e li trasmette all'autorita'
competente e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare anche per l'invio alla Commissione europea.
  4.  Il  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare e l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
assicurano,  nel  rispetto del decreto legislativo 19 agosto 2005, n.
195,  l'accesso  del  pubblico  ai  dati  di  cui  al  comma 1 e alle
successive elaborazioni.))
                        Articolo 29-duodecies
                           ((Comunicazioni

  1.  Le autorita' competenti comunicano al Ministero dell'ambiente e
della  tutela  del territorio e del mare, con cadenza annuale, i dati
concernenti  le  domande  ricevute, le autorizzazioni rilasciate ed i
successivi   aggiornamenti,  d'intesa  con  la  Conferenza  unificata
istituita  ai  sensi  del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
nonche'  un  rapporto  sulle  situazioni  di  mancato  rispetto delle
prescrizioni della autorizzazione integrata ambientale.
  2.  Le  domande relative agli impianti di competenza statale di cui
all'articolo  29-quater,  comma  1,  i  dati  di  cui  al comma 1 del
presente  articolo  e  quelli  di  cui  ai  commi 6 e 7 dell'articolo
29-decies,  sono  trasmessi al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, per il tramite dell'Istituto Superiore per
la  Protezione  e  la  Ricerca  Ambientale,  secondo  il formato e le
modalita' di cui al decreto dello stesso Ministro 7 febbraio 2007.))
                        Articolo 29-terdecies
                      ((Scambio di informazioni

  1. Le autorita' competenti trasmettono al Ministero dell'ambiente e
della  tutela del territorio e del mare, per il tramite dell'Istituto
Superiore  per la Protezione e la Ricerca Ambientale , ogni tre anni,
entro  il  30 aprile, una comunicazione relativa all'applicazione del
presente  titolo,  ed  in  particolare  ai valori limite di emissione
applicati  agli  impianti  di  cui  all'allegato VIII e alle migliori
tecniche  disponibili  su  cui  detti  valori  si  basano, sulla base
dell'apposito   formulario   adottato   con   decreto   del  Ministro
dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare del 24 luglio
2009.
  2.  Il  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare  predispone  e  invia  alla  Commissione  europea  una relazione
sull'attuazione  della  direttiva  2008/1/CE  e  sulla  sua efficacia
rispetto  ad  altri strumenti comunitari di protezione dell'ambiente,
sulla  base del questionario, stabilito con decisione 2006/194/UE del
2  marzo  2006 della Commissione europea, e successive modificazioni,
redatto a norma degli articoli 5 e 6 della direttiva 91/692/CEE.
  3.  Il  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare,  di  intesa  con  il Ministero dello sviluppo economico, con il
Ministero  del  lavoro  e  delle  politiche sociali, con il Ministero
della  salute e con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede ad assicurare la
partecipazione  dell'Italia  allo scambio di informazioni organizzato
dalla   Commissione  europea  relativamente  alle  migliori  tecniche
disponibili e al loro sviluppo, nonche' alle relative prescrizioni in
materia  di  controllo,  e  a rendere accessibili i risultati di tale
scambio  di  informazioni.  Le  modalita'  di tale partecipazione, in
particolare,  dovranno  consentire  il coinvolgimento delle autorita'
competenti in tutte le fasi ascendenti dello scambio di informazioni.
Le  attivita'  di  cui al presente comma sono svolte di intesa con il
Ministero   delle   politiche   agricole,   alimentari   e  forestali
limitatamente alle attivita' di cui al punto 6.6 dell'allegato VIII.
  4.  Il  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare,  provvede  a garantire la sistematica informazione del pubblico
sullo  stato  di  avanzamento  dei  lavori  relativi  allo scambio di
informazioni  di  cui  al comma 3 e adotta d'intesa con la Conferenza
unificata  di  cui  all'articolo  8 del decreto legislativo 28 agosto
1997,  n.  281  modalita' di scambio di informazioni tra le autorita'
competenti,  al  fine  di  promuovere una piu' ampia conoscenza sulle
migliori tecniche disponibili e sul loro sviluppo.))
                     Articolo 29-quattuordecies
                             ((Sanzioni

  1.  Chiunque  esercita una delle attivita' di cui all'allegato VIII
senza  essere  in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale o
dopo che la stessa sia stata sospesa o revocata e' punito con la pena
dell'arresto  fino  ad un anno o con l'ammenda da 2.500 euro a 26.000
euro.
  2.  Salvo  che il fatto costituisca piu' grave reato, si applica la
sola  pena  dell'ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di
colui  che  pur  essendo  in  possesso  dell'autorizzazione integrata
ambientale   non   ne   osserva  le  prescrizioni  o  quelle  imposte
dall'autorita' competente.
  3.  Chiunque  esercita una delle attivita' di cui all'allegato VIII
dopo  l'ordine  di  chiusura  dell'impianto  e'  punito  con  la pena
dell'arresto  da  sei mesi a due anni o con l'ammenda da 5.000 euro a
52.000 euro.
  4.  E'  punito  con  la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000
euro a 52.000 euro il gestore che omette di trasmettere all'autorita'
competente  la  comunicazione prevista dall'articolo 29-decies, comma
1.
  5.  E'  punito  con  la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500
euro  a 11.000 euro il gestore che omette di comunicare all'autorita'
competente  e  ai comuni interessati i dati relativi alle misurazioni
delle  emissioni di cui all'articolo 29-decies, comma 2. 6. E' punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 26.000 euro
il  gestore  che,  senza giustificato e documentato motivo, omette di
presentare,  nel  termine  stabilito  dall'autorita'  competente,  la
documentazione integrativa prevista dall'articolo 29-quater, comma 8.
  7.  Alle  sanzioni  amministrative pecuniarie previste dal presente
articolo  non  si  applica  il  pagamento  in  misura  ridotta di cui
all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
  8.  Le  sanzioni  sono  irrogate  dal  prefetto per gli impianti di
competenza   statale   e  dall'autorita'  competente  per  gli  altri
impianti.
  9.  Le  somme  derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative
previste  dal  presente articolo sono versate all'entrata dei bilanci
delle autorita' competenti.
  10.  Per  gli  impianti  rientranti  nel  campo di applicazione del
presente titolo, dalla data di rilascio dell'autorizzazione integrata
ambientale,  non  si  applicano  le  sanzioni,  previste  da norme di
settore, relative a fattispecie oggetto del presente articolo.))

TITOLO IV

(( VALUTAZIONI AMBIENTALI INTERREGIONALI E TRANSFRONTALIERE))

                               ART. 30
                  Impatti ambientali interregionali

  ((1.  Nel  caso di piani e programmi soggetti a VAS, di progetti di
interventi  e  di  opere  sottoposti a procedura di VIA di competenza
regionale,  nonche'  di  impianti o parti di essi le cui modalita' di
esercizio  necessitano  del provvedimento di autorizzazione integrata
ambientale  con  esclusione  di  quelli previsti dall'allegato XII, i
quali   risultino   localizzati   anche  sul  territorio  di  regioni
confinanti,  le  procedure di valutazione e autorizzazione ambientale
sono effettuate d'intesa tra le autorita' competenti.
  2.  Nel  caso  di  piani e programmi soggetti a VAS, di progetti di
interventi  e  di  opere  sottoposti  a  VIA  di competenza regionale
nonche'  di  impianti  o  parti di essi le cui modalita' di esercizio
necessitano  del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale
con  esclusione di quelli previsti dall'allegato XII, i quali possano
avere impatti ambientali rilevanti ovvero effetti ambientali negativi
e  significativi  su  regioni  confinanti,  l'autorita' competente e'
tenuta  a  darne informazione e ad acquisire i pareri delle autorita'
competenti  di  tali  regioni, nonche' degli enti locali territoriali
interessati dagli impatti.
  2-bis.  Nei  casi  di  cui al comma 2, ai fini dell'espressione dei
rispettivi  pareri,  l'autorita' competente dispone che il proponente
invii   gli   elaborati   alle   Regioni  nonche'  agli  enti  locali
territoriali  interessati dagli impatti, che si esprimono nei termini
di cui all'art. 25, comma 2.))
                               ART. 31
                     ((Attribuzione competenze))
  ((1.  In  caso  di  piani,  programmi o progetti la cui valutazione
ambientale   e'  rimessa  alla  regione,  qualora  siano  interessati
territori  di  piu'  regioni  e  si  manifesti  un  conflitto  tra le
autorita'  competenti di tali regioni circa gli impatti ambientali di
un  piano,  programma  o  progetto  localizzato sul territorio di una
delle  regioni, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su conforme
parere  della  Conferenza  permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni  e le province autonome di Trento e di Bolzano, puo' disporre
che  si  applichino  le procedure previste dal presente decreto per i
piani, programmi e progetti di competenza statale.))
                               ART. 32
                   Consultazioni transfrontaliere

  1.  In  caso  di  piani,  programmi  ((,  progetti e impianti)) che
possono  avere  impatti  rilevanti sull'ambiente di un altro Stato, o
qualora  un  altro Stato cosi' richieda, il Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministero per
i  beni  e  le  attivita'  culturali  e con il Ministero degli affari
esteri   e   per  suo  tramite,  ai  sensi  della  Convenzione  sulla
valutazione  dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero,
fatta  a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata ai sensi della legge 3
novembre  1994,  n.  640,  ((nell'ambito  delle  fasi  previste dalle
procedure  di  cui  ai  titoli  II,  III  e  III-bis)), provvede alla
notifica  dei  progetti e ((di tutta la documentazione concernente il
piano,  programma,  progetto o impianto)). Nell'ambito della notifica
e'  fissato  il  termine,  non  superiore  ai  sessanta  giorni,  per
esprimere il proprio interesse alla partecipazione alla procedura.
  ((2. Qualora sia espresso l'interesse a partecipare alla procedura,
gli  Stati consultati trasmettono all'autorita' competente i pareri e
le  osservazioni  delle  autorita'  pubbliche  e  del  pubblico entro
novanta  giorni  dalla comunicazione della dichiarazione di interesse
alla  partecipazione  alla procedura ovvero secondo le modalita' ed i
termini  concordati  dagli  Stati  membri  interessati,  in  modo  da
consentire  comunque  che le autorita' pubbliche ed il pubblico degli
Stati   consultati  siano  informati  ed  abbiano  l'opportunita'  di
esprimere  il  loro  parere  entro  termini  ragionevoli. L'Autorita'
competente  ha  l'obbligo di trasmettere agli Stati membri consultati
le  decisioni  finali  e  tutte  le informazioni gia' stabilite dagli
articoli 17, 27 e 29-quater del presente decreto.))
  3.  Fatto  salvo  quanto  previsto dagli accordi internazionali, le
regioni  o  le  province  autonome  ((nel  caso  in  cui  i  piani, i
programmi,  i  progetti  od  anche  le  modalita'  di esercizio di un
impianto  o  di  parte  di  esso,  con  esclusione di quelli previsti
dall'allegato XII, possano avere effetti transfrontalieri)) informano
immediatamente   il   Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e  del  mare  ((.  . .)) e collaborano per lo svolgimento
delle fasi procedurali di applicazione della convenzione.
  4.  La  predisposizione  e  la  distribuzione  della documentazione
necessaria   sono   a   cura  del  proponente  ((o  del  gestore))  o
dell'autorita'  procedente,  senza  nuovi  o  maggiori oneri a carico
della   finanza  pubblica  ((,  che  deve  provvedervi  su  richiesta
dell'autorita'  competente  secondo  le modalita' previste dai titoli
II,   III   o   III-bis   del   presente  decreto  ovvero  concordate
dall'autorita' competente e gli Stati consultati.)).
  5.  Il  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, il Ministero per i beni e le attivita' culturali e il Ministero
degli  affari  esteri, d'intesa con le regioni interessate, stipulano
con  i  Paesi  aderenti  alla Convenzione accordi per disciplinare le
varie   fasi   al  fine  di  semplificare  e  rendere  piu'  efficace
l'attuazione della convenzione.
  ((5-bis.  Nel  caso in cui si provveda ai sensi dei commi 1 e 2, il
termine  per l'emissione del provvedimento finale di cui all'art. 26,
comma  1,  e' prorogato di 90 giorni o del diverso termine concordato
ai sensi del comma 2.
  5-ter.   Gli   Stati   membri   interessati  che  partecipano  alle
consultazioni   ai   sensi   del   presente   articolo   ne   fissano
preventivamente la durata in tempi ragionevoli.))
                           Articolo 32-bis
                     ((Effetti transfrontalieri

  1.  Nel  caso  in  cui  il funzionamento di un impianto possa avere
effetti  negativi  e  significativi  sull'ambiente  di un altro Stato
dell'Unione  europea,  il  Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, comunica a
tale  Stato  membro  i  dati  forniti ai sensi degli articoli 29-ter,
29-quater  e  29-octies,  nel  momento  stesso  in  cui  sono messi a
disposizione  del  pubblico. Comunque tali dati devono essere forniti
ad  uno  Stato  dell'Unione  europea che ne faccia richiesta, qualora
ritenga   di   poter   subire   effetti   negativi   e  significativi
sull'ambiente  nel proprio territorio. Nel caso in cui l'impianto non
ricada  nell'ambito delle competenze statali, l'autorita' competente,
qualora  constati  che  il  funzionamento  di un impianto possa avere
effetti  negativi  e  significativi  sull'ambiente  di un altro Stato
dell'Unione  europea,  informa  il  Ministero  dell'ambiente  e della
tutela del territorio che provvede ai predetti adempimenti.
  2.  Il  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio
provvede,  d'intesa  con il Ministero degli affari esteri, nel quadro
dei  rapporti  bilaterali  fra  Stati,  affinche', nei casi di cui al
comma  1, le domande siano accessibili anche ai cittadini dello Stato
eventualmente  interessato  per  un  periodo  di  tempo  adeguato che
consenta  una presa di posizione prima della decisione dell'autorita'
competente.)) ((40))
-------------
AGGIORNAMENTO (40)
  Il  D.Lgs.  29 giugno 2010, n. 128 ha disposto (con l'art. 4, comma
2)  che  "Nel  decreto  legislativo  3  aprile  2006, n. 152, ovunque
ricorrano,  le  parole  "Ministero  dell'ambiente  e della tutela del
territorio", sono sostituite dalle seguenti: "Ministero dell'ambiente
e  della  tutela  del  territorio  e  del mare", le parole: "Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela del territorio" sono sostituite dalle
seguenti: "Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare",  le  parole  "Agenzia  per la protezione dell'ambiente e per i
servizi  tecnici" sono sostituite dalle seguenti: "Istituto superiore
per  la  protezione  e  la ricerca ambientale", e la parola "APAT" e'
sostituita dalla seguente: "ISPRA"".

((TITOLO V

NORME TRANSITORIE E FINALI))

                               ART. 33
                          Oneri istruttori

  1.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del
territorio  e  del  mare,  di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico  e  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze, da
adottarsi  entro  sessanta  giorni  dalla  data  di pubblicazione del
presente  decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana,
sono  definite,  sulla  base  di  quanto previsto dall'articolo 9 del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica 14 maggio 2007, n. 90, le
tariffe  da  applicare  ai  proponenti  per  la  copertura  dei costi
sopportati   dall'autorita'  competente  per  l'organizzazione  e  lo
svolgimento  delle attivita' istruttorie, di monitoraggio e controllo
previste dal presente decreto.
  2.  Per  le  finalita'  di cui al comma 1, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano possono definire proprie modalita' di
quantificazione  e  corresponsione  degli  oneri  da porre in capo ai
proponenti.
  3.  Nelle  more  dei  provvedimenti  di  cui  ai  commi  1  e 2, si
continuano ad applicare le norme vigenti in materia.
  ((3-bis.   Le  spese  occorrenti  per  effettuare  i  rilievi,  gli
accertamenti  ed  i  sopralluoghi  necessari  per l'istruttoria delle
domande  di  autorizzazione  integrata  ambientale e per i successivi
controlli  previsti  dall'art.  29-decies, sono a carico del gestore.
Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
di  concerto  con  il  Ministro  dello  sviluppo  economico  e con il
Ministro  dell'economia  e  delle finanze, d'intesa con la Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata
in   vigore   della   presente  disposizione,  sono  disciplinate  le
modalita',  anche  contabili,  e le tariffe da applicare in relazione
alle  istruttorie  e  ai  controlli  previsti  dal Titolo III-bis del
presente  decreto,  nonche'  i  compensi  spettanti  ai  membri della
commissione  istruttoria  di  cui  all'articolo  8-bis. Gli oneri per
l'istruttoria  e  per i controlli sono quantificati in relazione alla
complessita', delle attivita' svolte dall'autorita' competente, sulla
base  del numero e della tipologia delle emissioni e delle componenti
ambientali  interessate,  nonche' della eventuale presenza di sistemi
di  gestione  registrati o certificati e delle spese di funzionamento
della  commissione  di cui all'articolo 8-bis. Gli introiti derivanti
dalle  tariffe  corrispondenti  a  tali  oneri,  posti  a  carico del
gestore, sono utilizzati esclusivamente per le predette spese. A tale
fine  gli  importi  delle  tariffe  vengono  versati  all'entrata del
bilancio  dello Stato per essere riassegnati allo stato di previsione
del  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio. Con
decreto  del  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e
del  mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con
il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le Regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, da adottare con gli stessi criteri e
modalita', le tariffe sono aggiornate almeno ogni due anni.)) ((40))
  ((3-ter.  Nelle more dei decreti di cui al comma 3-bis, resta fermo
quanto  stabilito  dal  DM  24 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale il 22 settembre 2008.))
  4.  Al  fine  di  garantire l'operativita' della Commissione di cui
((all'articolo  8-bis)),  nelle more dell'adozione del decreto di cui
((al  comma  3-bis)),  e  fino  all'entrata  in vigore del decreto di
determinazione delle tariffe di cui al comma 1 del presente articolo,
per  le  spese di funzionamento nonche' per il pagamento dei compensi
spettanti  ai componenti della predetta Commissione e' posto a carico
del richiedente il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di
una  somma forfetaria pari ad euro venticinquemila per ogni richiesta
di  autorizzazione  integrata  ambientale  per impianti di competenza
statale;  la predetta somma e' riassegnata entro sessanta giorni, con
decreto  del  Ministro  dell'economia  e delle finanze, e da apposito
capitolo  dello  stato  di  previsione  del Ministero dell'ambiente e
della  tutela  del territorio e del mare. Le somme di cui al presente
comma  si  intendono  versate  a  titolo  di  acconto, fermo restando
l'obbligo  del  richiedente  di corrispondere conguaglio in relazione
all'eventuale differenza risultante a quanto stabilito dal decreto di
determinazione  delle tariffe, fissate per la copertura integrale del
costo effettivo del servizio reso.
-------------
AGGIORNAMENTO (40)
  Il  D.Lgs.  29 giugno 2010, n. 128 ha disposto (con l'art. 4, comma
2)  che  "Nel  decreto  legislativo  3  aprile  2006, n. 152, ovunque
ricorrano,  le  parole  "Ministero  dell'ambiente  e della tutela del
territorio", sono sostituite dalle seguenti: "Ministero dell'ambiente
e  della  tutela  del  territorio  e  del mare", le parole: "Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela del territorio" sono sostituite dalle
seguenti: "Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare",  le  parole  "Agenzia  per la protezione dell'ambiente e per i
servizi  tecnici" sono sostituite dalle seguenti: "Istituto superiore
per  la  protezione  e  la ricerca ambientale", e la parola "APAT" e'
sostituita dalla seguente: "ISPRA"".
                               ART. 34
             Norme tecniche, organizzative e integrative

  1.  ((entro  un anno)) dalla data di entrata in vigore del presente
decreto,  con uno o piu' regolamenti da emanarsi, previo parere della
Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23
agosto   1988,   n.   400,  il  Governo,  su  proposta  del  Ministro
dell'ambiente  e  della tutela del territorio e del mare, di concerto
con  il  Ministro  per i beni e le attivita' culturali, provvede alla
modifica  ed  all'integrazione  delle  norme  tecniche  in materia di
valutazione  ambientale  nel rispetto delle finalita', dei principi e
delle   disposizioni   di   cui  al  presente  decreto.  Resta  ferma
l'applicazione  dell'articolo  13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11,
relativamente  al  recepimento  di direttive comunitarie modificative
delle  modalita'  esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di
direttive  gia'  recepite  nell'ordinamento  nazionale.  Resta  ferma
altresi',  nelle  more dell'emanazione delle norme tecniche di cui al
presente  comma,  l'applicazione  di  quanto previsto dal decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988.
  2.  Al fine della predisposizione dei provvedimenti di cui al comma
1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
acquisisce   il   parere  delle  associazioni  ambientali  munite  di
requisiti  sostanziali  omologhi  a  quelli previsti dall'articolo 13
della legge 8 luglio 1986, n. 349.
  3.  Entro  sei  mesi  dalla  data di entrata in vigore del presente
decreto    il   Governo,   con   apposita   delibera   del   Comitato
interministeriale  per  la  programmazione economica, su proposta del
Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio e del mare,
sentita  la  Conferenza  permanente  per  i  rapporti tra lo Stato le
regioni  e  le  province  autonome,  ed  acquisito  il  parere  delle
associazioni  ambientali  munite  di requisiti sostanziali omologhi a
quelli  previsti  dall'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349,
provvede  all'aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo
sostenibile  di  cui alla delibera del Comitato interministeriale per
la programmazione economica del 2 agosto 2002.
  4.   Entro  dodici  mesi  dalla  delibera  di  aggiornamento  della
strategia  nazionale  di  cui  al  comma  3,  le  regioni  si dotano,
attraverso adeguati processi informativi e partecipativi, senza oneri
aggiuntivi  a  carico  dei  bilanci  regionali,  di  una  complessiva
strategia  di  sviluppo  sostenibile  che sia coerente e definisca il
contributo   alla   realizzazione  degli  obiettivi  della  strategia
nazionale.  Le  strategie  regionali  indicano  insieme al contributo
della   regione  agli  obiettivi  nazionali,  la  strumentazione,  le
priorita',  le  azioni che si intendono intraprendere. In tale ambito
le regioni assicurano unitarieta' all'attivita' di pianificazione. Le
regioni  promuovono  l'attivita'  delle  amministrazioni  locali che,
anche  attraverso  i  processi  di  Agenda  21  locale,  si dotano di
strumenti  strategici coerenti e capaci di portare un contributo alla
realizzazione degli obiettivi della strategia regionale.
  5.  Le  strategie  di sviluppo sostenibile definiscono il quadro di
riferimento per le valutazioni ambientali di cui al presente decreto.
Dette   strategie,   definite   coerentemente   ai   diversi  livelli
territoriali, attraverso la partecipazione dei cittadini e delle loro
associazioni,  in rappresentanza delle diverse istanze, assicurano la
dissociazione   fra   la   crescita   economica  ed  il  suo  impatto
sull'ambiente,  il rispetto delle condizioni di stabilita' ecologica,
la   salvaguardia  della  biodiversita'  ed  il  soddisfacimento  dei
requisiti   sociali   connessi   allo  sviluppo  delle  potenzialita'
individuali   quali  presupposti  necessari  per  la  crescita  della
competitivita' e dell'occupazione.
  6.  Il  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare,  le  regioni  e  le  province autonome cooperano per assicurare
assetti  organizzativi,  anche  mediante  la costituzione di apposite
unita'  operative,  senza aggravio per la finanza pubblica, e risorse
atti  a  garantire  le  condizioni  per  lo  svolgimento  di funzioni
finalizzate a:
    a)   determinare,   nell'ottica   della   strategia  di  sviluppo
sostenibile,  i requisiti per una piena integrazione della dimensione
ambientale  nella  definizione  e  valutazione  di  politiche, piani,
programmi e progetti;
    b)   garantire   le   funzioni   di   orientamento,  valutazione,
sorveglianza  e  controllo  nei  processi  decisionali della pubblica
amministrazione;
    c)  assicurare  lo  scambio  e  la  condivisione  di esperienze e
contenuti tecnico-scientifici in materia di valutazione ambientale;
    d)  favorire  la  promozione  e  diffusione  della  cultura della
sostenibilita' dell'integrazione ambientale;
    e)  agevolare la partecipazione delle autorita' interessate e del
pubblico  ai  processi  decisionali ed assicurare un'ampia diffusione
delle informazioni ambientali.
  7.  Le norme tecniche assicurano la semplificazione delle procedure
di   valutazione.  In  particolare,  assicurano  che  la  valutazione
ambientale  strategica  e  la  valutazione  d'impatto  ambientale  si
riferiscano  al livello strategico pertinente analizzando la coerenza
ed  il  contributo  di piani, programmi e progetti alla realizzazione
degli  obiettivi  e delle azioni di livello superiore. Il processo di
valutazione  nella  sua  interezza  deve  anche assicurare che piani,
programmi  e  progetti  riducano  il flusso di materia ed energia che
attraversa il sistema economico e la connessa produzione di rifiuti.
  ((8. Il sistema di monitoraggio, effettuato anche avvalendosi delle
Agenzie  ambientali  e dell'Istituto superiore per la protezione e la
ricerca   ambientale   (ISPRA),   garantisce  la  raccolta  dei  dati
concernenti   gli   indicatori   strutturali   comunitari   o   altri
appositamente scelti dall'autorita' competente)).
  9.  ((Salvo  quanto disposto dai commi 9-bis e 9-ter)) Le modifiche
agli  allegati alla parte seconda del presente decreto sono apportate
con   regolamenti   da   emanarsi,  previo  parere  della  Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome,  ai  sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto
1988,  n.  400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare.
  ((9-bis.  L'elenco  riportato  nell'allegato IX, ove necessario, e'
modificato  con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e  del  mare,  di  concerto con i Ministri dello sviluppo
economico  e  del  lavoro,  della  salute  e delle politiche sociali,
d'intesa  con  la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto
legislativo  28 agosto 1997, n. 281. Con le stesse modalita', possono
essere introdotte modifiche all'allegato XII, anche per assicurare il
coordinamento   tra  le  procedure  di  rilascio  dell'autorizzazione
integrata  ambientale  e  quelle  in materia di valutazione d'impatto
ambientale.
  9-ter.  Con  decreto  del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e  del  mare,  previa  comunicazione  ai  Ministri  dello
sviluppo  economico,  del  lavoro  e  delle  politiche sociali, della
salute  e  delle  politiche  agricole,  alimentari  e  forestali,  si
provvede  al  recepimento  di  direttive  tecniche  di modifica degli
allegati VIII, X e XI e XII emanate dalla Commissione europea)).
                               ART. 35
                  Disposizioni transitorie e finali
  1.  Le  regioni  ((ove necessario)) adeguano il proprio ordinamento
alle   disposizioni   del   presente   decreto,   entro  dodici  mesi
dall'entrata  in  vigore.  In  mancanza  di  norme  vigenti regionali
trovano diretta applicazione le norme di cui al presente decreto.
  2.  Trascorso  il  termine  di  cui  al  comma  1,  trovano diretta
applicazione   le   disposizioni  del  presente  decreto,  ovvero  le
disposizioni regionali vigenti in quanto compatibili.
  2-bis.  Le  regioni  a  statuto  speciale e le province autonome di
Trento  e  Bolzano  provvedono alle finalita' del presente decreto ai
sensi dei relativi statuti.
  2-ter.  Le procedure di ((VAS, VIA ed AIA)) avviate precedentemente
all'entrata  in  vigore  del  presente decreto sono concluse ai sensi
delle norme vigenti al momento dell'avvio del procedimento.
  ((2-quater.   Fino  a  quando  il  gestore  si  sia  adeguato  alle
condizioni    fissate    nell'autorizzazione   integrata   ambientale
rilasciata  ai sensi dell'articolo 29-quater, trovano applicazione le
disposizioni  relative alle autorizzazioni in materia di inquinamento
atmosferico, idrico e del suolo previste dal presente decreto e dalle
altre  normative  vigenti  o  le  prescrizioni precedenti il rilascio
dell'autorizzazione integrata ambientale in corso di attuazione.
  2-quinquies.  La sanzione prevista dall'articolo 29-quattuordecies,
comma  1,  non  si  applica  ai  gestori  di  impianti esistenti o di
impianti  nuovi  gia'  dotati di altre autorizzazioni ambientali alla
data  di  entrata in vigore del decreto legislativo 18 febbraio 2005,
n. 59, i quali abbiano presentato domanda di autorizzazione integrata
ambientale   nei   termini   stabiliti   nel   decreto  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio del 19 aprile 2006 ovvero
nei  successivi  provvedimenti  di proroga, fino alla conclusione del
relativo procedimento autorizzatorio.)) ((40))
  ((2-sexies.  Le  amministrazioni  statali,  gli enti territoriali e
locali, gli enti pubblici, ivi compresi le universita' e gli istituti
di  ricerca,  le  societa'  per  azioni  a  prevalente partecipazione
pubblica,  comunicano alle autorita' competenti un elenco dei piani e
un  riepilogo  dei  dati  storici  e  conoscitivi  del  territorio  e
dell'ambiente  in  loro possesso, utili ai fini delle istruttorie per
il rilascio di autorizzazioni integrate ambientali, segnalando quelli
riservati  e  rendono  disponibili  tali  dati  alle stesse autorita'
competenti in forma riproducibile e senza altri oneri oltre quelli di
copia,   anche   attraverso  le  procedure  e  gli  standard  di  cui
all'articolo  6-quater  del  decreto-legge  12  ottobre 2000, n. 279,
convertito,  con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365.
I  dati relativi agli impianti di competenza statale sono comunicati,
per il tramite dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca
Ambientale,   nell'ambito   dei  compiti  istituzionali  allo  stesso
demandati.
  2-septies.  L'autorita'  competente  rende accessibili ai gestori i
dati  storici e conoscitivi del territorio e dell'ambiente in proprio
possesso,   di  interesse  ai  fini  dell'applicazione  del  presente
decreto,  ove non ritenuti riservati, ed in particolare quelli di cui
al  comma  2-sexies,  anche attraverso le procedure e gli standard di
cui  all'articolo 6-quater del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279,
convertito,  con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365.
A  tale  fine  l'autorita'  competente  puo'  avvalersi dell'Istituto
superiore  per la Protezione e la Ricerca ambientale, nell'ambito dei
compiti istituzionali allo stesso demandati.
  2-octies. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta  del  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del  mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con
il  Ministro  del  lavoro  e  delle politiche sociali, della salute e
d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni  e  le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  sono
disciplinate  le  modalita'  di  autorizzazione  nel caso in cui piu'
impianti o parti di essi siano localizzati sullo stesso sito, gestiti
dal   medesimo   gestore,  e  soggetti  ad  autorizzazione  integrata
ambientale da rilasciare da piu' di una autorita' competente.
  2-nonies.  Il  rilascio  dell'autorizzazione  di  cui  al  presente
decreto  non  esime i gestori dalla responsabilita' in relazione alle
eventuali  sanzioni  per il mancato raggiungimento degli obiettivi di
riduzione  delle  emissioni  di  cui  al decreto legislativo 4 luglio
2006, n. 216 e successive modifiche ed integrazioni.))
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AGGIORNAMENTO (40)
  Il  D.Lgs.  29 giugno 2010, n. 128 ha disposto (con l'art. 2, comma
31)  che  "Nel  decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole,
"del   decreto   legislativo   18  febbraio  2005,  n.  59",  ovunque
ricorrenti, sono sostituite dalle seguenti: "del Titolo III-bis della
parte seconda del presente decreto"".
  Ha  inoltre  disposto  (con  l'art.  4,  comma  2) che "Nel decreto
legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  ovunque ricorrano, le parole
"Ministero   dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio",  sono
sostituite  dalle  seguenti:  "Ministero dell'ambiente e della tutela
del  territorio  e  del  mare",  le parole: "Ministro dell'ambiente e
della   tutela   del  territorio"  sono  sostituite  dalle  seguenti:
"Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare", le
parole  "Agenzia  per  la  protezione  dell'ambiente  e per i servizi
tecnici"  sono  sostituite dalle seguenti: "Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale", e la parola "APAT" e' sostituita
dalla seguente: "ISPRA"".
                               ART. 36
                      (Abrogazioni e modifiche)

  1. Gli articoli da 4 a 52 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, sono abrogati.
  2.  Gli  allegati da I a V della Parte II del decreto legislativo 3
aprile  2006,  n.  152,  sono  sostituiti  dagli allegati al presente
decreto.
  3.  Fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 4, a decorrere
dalla  data  di  entrata  in  vigore della parte seconda del presente
decreto sono inoltre abrogati:
    a) l'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349;
    b) l'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67;
    c) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto
1988, n. 377;
    d) l'articolo 7 della legge 2 maggio 1990, n. 102;
    e)  il  comma 2, dell'articolo 4, ed il comma 2, dell'articolo 5,
della legge 4 agosto 1990, n. 240;
    f)  il comma 2, dell'articolo 1, della legge 29 novembre 1990, n.
366;
    g) l'articolo 3 della legge 29 novembre 1990, n. 380;
    h) l'articolo 2 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;
    i)  il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1991, n.
460;
    l) l'articolo 3 della legge 30 dicembre 1991, n. 412;
   m) articolo 6 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 100;
    n) articolo 1 della legge 28 febbraio 1992, n. 220;
    o) il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1992;
    p)  il  comma 6, dell'articolo 17, della legge 5 gennaio 1994, n.
36;
    q)  il decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n.
526;
    r)  il  comma 1, dell'articolo 2-bis, della legge 31 maggio 1995,
n. 206 (decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96);
    s)  il  decreto  del  Presidente  della Repubblica 12 aprile 1996
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996;
    t) il decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1998;
    u) il decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1998;
    v)  la  Direttiva  del  Presidente  del  Consiglio dei Ministri 4
agosto 1999;
    z)  il  decreto del Presidente della Repubblica 2 settembre 1999,
n. 348;
    aa)  il  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei Ministri 3
settembre  1999,  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre
1999, n. 302;
    bb)  il  decreto  del  Presidente  del  Consiglio dei Ministri 1°
settembre  2000,  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 238 dell'11
ottobre 2000;
    cc) l'articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93;
    dd)  l'articolo 77, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n.
289;
    ee)  gli  articoli  1  e 2 del decreto-legge 14 novembre 2003, n.
315,  convertito,  con modificazioni, dalla legge 16 gennaio 2004, n.
5;
    ff)  l'articolo  5,  comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio
2005, n. 59; ((40))
    gg) l'articolo 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62.
  4.  A  decorrere  dalla  data  di  entrata  in  vigore del presente
decreto:
    a)  nell'articolo  5, comma 1, lettera h) del decreto legislativo
18  febbraio 2005, n. 59, alla fine sono inserite le seguenti parole:
"nonche' le attivita' di autocontrollo e di controllo programmato che
richiede  l'intervento dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e
per  i servizi tecnici e delle Agenzie regionali e provinciali per la
protezione dell'ambiente";((40))
    b) nell'articolo 5, comma 10, del decreto legislativo 18 febbraio
2005,  n.  59,  le  parole  "convoca" sono sostituite dalle seguenti:
"puo' convocare";((40))
    c) nell'articolo 5, comma 11, del decreto legislativo 18 febbraio
2005,  n.  59,  le parole "Nell'ambito della conferenza di servizi di
cui  al  comma  10  sono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui
agli  articoli  216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265."
Sono  sostituite dalle seguenti: "L'autorita' competente, ai fini del
rilascio  dell'autorizzazione integrata ambientale, acquisisce, entro
sessanta  giorni  dalla data di pubblicazione dell'annuncio di cui al
comma   7,   trascorsi   i   quali  l'autorita'  competente  rilascia
l'autorizzazione   anche  in  assenza  di  tali  espressioni,  ovvero
nell'ambito  della  conferenza  di  servizi  di  cui  al comma 10, le
prescrizioni  del  sindaco  di  cui agli articoli 216 e 217 del regio
decreto  27  luglio 1934, n. 1265, nonche' il parere dell'Agenzia per
la  protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici per gli impianti
di  competenza statale o delle Agenzie regionali e provinciali per la
protezione  dell'ambiente  negli  altri  casi  per quanto riguarda il
monitoraggio  ed  il  controllo  degli  impianti  e  delle  emissioni
nell'ambiente."; ((40))
    d)  nell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio
2005,  n.  59,  le parole "L'autorita' ambientale rinnova ogni cinque
anni  le  condizioni  dell'autorizzazione  integrata ambientale, o le
condizioni   dell'autorizzazione   avente  valore  di  autorizzazione
integrata   ambientale   che   non   prevede  un  rinnovo  periodico,
confermandole   o   aggiornandole,   a  partire  dalla  data  di  cui
all'articolo  5,  comma  18, per gli impianti esistenti, e, a partire
dalla  data  di  rilascio dell'autorizzazione negli altri casi, salvo
per  gli  impianti  di  produzione  di  energia  elettrica di potenza
superiore   a  300  MW  termici  ai  quali  si  applica  il  disposto
dell'articolo   17,   comma   4,   per   i  quali  il  primo  rinnovo
dell'autorizzazione  ambientale  e'  effettuato dopo sette anni dalla
data   di   rilascio  dell'autorizzazione.",  sono  sostituite  dalle
seguenti:   "L'autorita'   ambientale   rinnova   ogni   cinque  anni
l'autorizzazione  integrata  ambientale,  o  l'autorizzazione  avente
valore  di  autorizzazione  integrata  ambientale  che non prevede un
rinnovo  periodico, confermando o aggiornando le relative condizioni,
a partire dalla data di rilascio dell'autorizzazione.";((40))
    e) nell'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 18 febbraio
2005,  n.  59,  sono  abrogate  le  seguenti  parole:  "Il  Ministero
dell'ambiente  e della tutela del territorio adotta le determinazioni
relative  all'autorizzazione  integrata  ambientale  per  l'esercizio
degli  impianti di competenza statale, in conformita' ai principi del
presente  decreto,  entro  il  termine  perentorio di sessanta giorni
decorrenti  dal rilascio della valutazione di impatto ambientale. Per
gli  impianti  gia'  muniti  di valutazione di impatto ambientale, il
predetto  termine di sessanta giorni decorre dalla data di entrata in
vigore del presente decreto. Nei casi di inutile scadenza del termine
previsto  dal  presente  comma,  o  di  determinazione  negativa  del
Ministero  dell'ambiente  e della tutela del territorio, la decisione
definitiva  in  ordine  all'autorizzazione  integrata  ambientale  e'
rimessa al Consiglio dei Ministri.";((40))
    f) nell'articolo 17, comma 5, del decreto legislativo 18 febbraio
2005,  n.  59,  sono  soppresse  le  seguenti parole "fino al termine
fissato    nel    calendario"   nonche'   le   parole   "entro   tale
termine"".((40))
  5.   Sono  fatte  salve  le  disposizioni  contenute  nel  presente
articolo,  nel caso in cui dalla loro abrogazione o modifica derivino
effetti diretti o indiretti a carico della finanza pubblica.
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AGGIORNAMENTO (40)
  Il  D.Lgs.  29 giugno 2010, n. 128 ha disposto (con l'art. 2, comma
31)  che  "Nel  decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole,
"del   decreto   legislativo   18  febbraio  2005,  n.  59",  ovunque
ricorrenti, sono sostituite dalle seguenti: "del Titolo III-bis della
parte seconda del presente decreto"".
                              Art. 37.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))
                              Art. 38.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))
                              Art. 39.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))
                              Art. 40.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))
                              Art. 41.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))
                              Art. 42.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))
                              Art. 43.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))
                              Art. 44.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))
                              Art. 45.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))
                              Art. 46.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))
                              Art. 47.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))
                              Art. 48.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))
                              Art. 49.
  ((IL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4 HA CONFERMATO L'ABROGAZIONE DEL
                         PRESENTE ARTICOLO))
                              Art. 50.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))
                              Art. 51.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))
                              Art. 52.
        ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4))

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA
DESERTIFICAZIONE, DI TUTELA DELLE ACQUE DALL'INQUINAMENTO E DI
GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE


SEZIONE I
NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE



TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE


CAPO I

PRINCIPI GENERALI


                               ART. 53
                             (finalita)

   1.  Le  disposizioni  di  cui  alla presente sezione sono volte ad
assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il
risanamento  idrogeologico  del territorio tramite la prevenzione dei
fenomeni  di  dissesto,  la  messa  in  sicurezza  delle situazioni a
rischio e la lotta alla desertificazione.
   2.  Per  il  conseguimento  delle  finalita' di cui al comma 1, la
pubblica  amministrazione  svolge  ogni opportuna azione di carattere
conoscitivo,  di  programmazione  e  pianificazione degli interventi,
nonche'   preordinata  alla  loro  esecuzione,  in  conformita'  alle
disposizioni che seguono.
   3.   Alla  realizzazione  delle  attivita'  previste  al  comma  1
concorrono,  secondo le rispettive competenze, lo Stato, le regioni a
statuto  speciale  ed  ordinario, le province autonome di Trento e di
Bolzano, le province, i comuni e le comunita' montane e i consorzi di
bonifica e di irrigazione.
                               ART. 54
                            (definizioni)

   1. Ai fini della presente sezione si intende per:
    a)  suolo:  il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e
le opere infrastrutturali;
    b)   acque:  le  acque  meteoriche  e  le  acque  superficiali  e
sotterranee come di seguito specificate;
    c)  acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole
acque  sotterranee,  le  acque  di  transizione  e le acque costiere,
tranne  per  quanto  riguarda lo stato chimico, in relazione al quale
sono incluse anche le acque territoriali;
    d)  acque  sotterranee:  tutte  le  acque che si trovano sotto la
superficie  del  suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto
con il suolo o il sottosuolo;
    e)   acque  interne:  tutte  le  acque  superficiali  correnti  o
stagnanti  e  tutte  le  acque sotterranee all'interno della linea di
base  che  serve  da  riferimento  per definire il limite delle acque
territoriali;
    f)  fiume:  un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in
superficie, ma che puo' essere parzialmente sotterraneo;
    g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
    h)   acque   di  transizione:  i  corpi  idrici  superficiali  in
prossimita'  della  foce di un fiume, che sono parzialmente di natura
salina   a  causa  della  loro  vicinanza  alle  acque  costiere,  ma
sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;
    i)  acque  costiere:  le  acque  superficiali situate all'interno
rispetto  a  una  retta  immaginaria  distante, in ogni suo punto, un
miglio  nautico sul lato esterno dal punto piu' vicino della linea di
base  che  serve  da  riferimento  per definire il limite delle acque
territoriali, e che si estendono eventualmente fino al limite esterno
delle acque di transizione;
    l)   corpo   idrico   superficiale:   un   elemento   distinto  e
significativo  di  acque  superficiali,  quale  un  lago,  un  bacino
artificiale,  un  torrente,  un fiume o canale, parte di un torrente,
fiume  o canale, nonche' di acque di transizione o un tratto di acque
costiere;
    m)  corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato
da un'attivita' umana;
    n)   corpo   idrico   fortemente   modificato:  un  corpo  idrico
superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a
un'attivita' umana, e' sostanzialmente modificata;
    o)   corpo  idrico  sotterraneo:  un  volume  distinto  di  acque
sotterranee contenute da una o piu' falde acquifere;
    p)  falda  acquifera:  uno  o piu' strati sotterranei di roccia o
altri  strati  geologici  di porosita' e permeabilita' sufficiente da
consentire   un   flusso   significativo   di   acque  sotterranee  o
l'estrazione di quantita' significative di acque sotterranee;
    q)   reticolo   idrografico:   l'insieme   degli   elementi   che
costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico;
    r)  bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le
acque  superficiali  attraverso  una  serie  di  torrenti,  fiumi  ed
eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario
o delta;
    s)  sottobacino  o  sub-bacino:  il territorio nel quale scorrono
tutte  le  acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi
ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso
d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
    t)  distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da
uno  o  piu'  bacini  idrografici  limitrofi e dalle rispettive acque
sotterranee  e  costiere  che costituisce la principale unita' per la
gestione dei bacini idrografici;
    u)  difesa  del  suolo:  il  complesso  delle azioni ed attivita'
riferibili  alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei
canali  e  collettori,  degli  specchi  lacuali,  delle lagune, della
fascia  costiera,  delle  acque sotterranee, nonche' del territorio a
questi connessi, aventi le finalita' di ridurre il rischio idraulico,
stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l'uso e la
gestione   del  patrimonio  idrico,  valorizzare  le  caratteristiche
ambientali e paesaggistiche collegate;
    v)  dissesto  idrogeologico:  la condizione che caratterizza aree
ove  processi  naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi
idrici,  del  suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio
sul territorio;
    z) opera idraulica: l'insieme degli elementi che costituiscono il
sistema drenante alveato del bacino idrografico.
                               ART. 55
                       (attivita' conoscitiva)

   1.  Nell'attivita'  conoscitiva,  svolta  per  le finalita' di cui
all'articolo  53  e  riferita  all'intero  territorio  nazionale,  si
intendono comprese le azioni di:
    a) raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;
    b) accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi
dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;
    c)   formazione   ed  aggiornamento  delle  carte  tematiche  del
territorio;
    d) valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione
dei  piani,  dei  programmi  e  dei  progetti di opere previsti dalla
presente sezione;
    e) attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta
necessaria  per  il conseguimento delle finalita' di cui all'articolo
53.
   2.  L'attivita' conoscitiva di cui al presente articolo e' svolta,
sulla  base  delle  deliberazioni  di  cui  all'articolo 57, comma 1,
secondo  criteri,  metodi  e  standard  di  raccolta,  elaborazione e
consultazione, nonche' modalita' di coordinamento e di collaborazione
tra   i   soggetti   pubblici  comunque  operanti  nel  settore,  che
garantiscano la possibilita' di omogenea elaborazione ed analisi e la
costituzione  e  gestione, ad opera del Servizio geologico d'Italia -
Dipartimento  difesa  del  suolo  dell'((Istituto  superiore  per  la
protezione  e la ricerca ambientale)) (((ISPRA))) di cui all'articolo
38  del  decreto  legislativo  30  luglio  1999,  n. 300, di un unico
sistema  informativo,  cui  vanno  raccordati  i  sistemi informativi
regionali e quelli delle province autonome.
   3.  E'  fatto  obbligo  alle Amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, nonche' alle istituzioni ed agli enti pubblici,
anche  economici,  che  comunque  raccolgano  dati  nel settore della
difesa  del  suolo,  di  trasmetterli  alla  regione territorialmente
interessata  ed  al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa
del  suolo  dell' ((Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale))  (((ISPRA))), secondo le modalita' definite ai sensi del
comma 2 del presente articolo.
   4.  L'Associazione  nazionale  Comuni italiani (ANCI) contribuisce
allo  svolgimento  dell'attivita'  conoscitiva  di  cui  al  presente
articolo,  in particolare ai fini dell'attuazione delle iniziative di
cui  al  comma  1,  lettera  e),  nonche'  ai  fini  della diffusione
dell'informazione  ambientale  di cui agli articoli 8 e 9 del decreto
legislativo  19  agosto  2005, n. 195, di recepimento della direttiva
2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003,
e  in  attuazione  di  quanto previsto dall'articolo 1 della legge 17
maggio 1999, n. 144, e altresi' con riguardo a:
    a) inquinamento dell'aria;
    b)  inquinamento  delle  acque, riqualificazione fluviale e ciclo
idrico integrato;
    c) inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso;
    d) tutela del territorio;
    e) sviluppo sostenibile;
    f) ciclo integrato dei rifiuti;
    g) energie da fonti energetiche rinnovabili;
    h) parchi e aree protette.
   5. L'ANCI provvede all'esercizio delle attivita' di cui al comma 4
attraverso  la  raccolta  e  l'elaborazione  dei  dati  necessari  al
monitoraggio  della  spesa  ambientale  sul  territorio  nazionale in
regime di convenzione con il ((Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare)). Con decreto del ((Ministro dell'ambiente
e  della tutela del territorio e del mare)) sono definiti i criteri e
le   modalita'   di   esercizio  delle  suddette  attivita'.  Per  lo
svolgimento  di  queste  ultime  viene  destinata,  nei  limiti delle
previsioni  di spesa di cui alla convenzione in essere, una somma non
inferiore  all'uno  e  cinquanta per cento dell'ammontare della massa
spendibile  annualmente  delle  spese  d'investimento previste per il
((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)).
Per  l'esercizio finanziario 2006, all'onere di cui sopra si provvede
a  valere  sul fondo da ripartire per la difesa del suolo e la tutela
ambientale.
                               ART. 56
  (attivita' di pianificazione, di programmazione e di attuazione)

   1.   Le  attivita'  di  programmazione,  di  pianificazione  e  di
attuazione  degli  interventi  destinati a realizzare le finalita' di
cui  all'articolo  53  riguardano,  ferme restando le competenze e le
attivita'  istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione
civile, in particolare:
    a) la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei
bacini   idrografici,   con   interventi   idrogeologici,  idraulici,
idraulico-forestali,     idraulico-agrari,     silvo-pastorali,    di
forestazione  e  di  bonifica,  anche attraverso processi di recupero
naturalistico, botanico e faunistico;
    b) la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua,
dei  rami  terminali  dei  fiumi  e delle loro foci nel mare, nonche'
delle zone umide;
    c) la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso,
vasche  di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori,
diversivi   o   altro,  per  la  difesa  dalle  inondazioni  e  dagli
allagamenti;
    d)  la  disciplina  delle attivita' estrattive nei corsi d'acqua,
nei  laghi, nelle lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto
del  territorio, inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle
coste;  e)  la  difesa  e il consolidamento dei versanti e delle aree
instabili,  nonche'  la  difesa  degli abitati e delle infrastrutture
contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto;
    f)  il  contenimento  dei  fenomeni  di subsidenza dei suoli e di
risalita  delle  acque  marine  lungo  i fiumi e nelle falde idriche,
anche   mediante  operazioni  di  ristabilimento  delle  preesistenti
condizioni di equilibrio e delle falde sotterranee;
    g)  la  protezione  delle  coste e degli abitati dall'invasione e
dall'erosione  delle  acque  marine ed il ripascimento degli arenili,
anche mediante opere di ricostituzione dei cordoni dunosi;
    h)  la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali
e  profonde,  con  una  efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica,
garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi
il  minimo  deflusso  vitale  negli  alvei sottesi nonche' la polizia
delle acque;
    i) lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di
navigazione interna, nonche' della gestione dei relativi impianti;
    l)  la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli
impianti nel settore e la conservazione dei beni;
    m) la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi
di  cui alle lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale,
anche  mediante la determinazione di criteri per la salvaguardia e la
conservazione  delle  aree  demaniali  e  la  costituzione  di parchi
fluviali e lacuali e di aree protette;
    n) il riordino del vincolo idrogeologico.
   2.  Le  attivita'  di  cui al comma 1 sono svolte secondo criteri,
metodi   e   standard,   nonche'  modalita'  di  coordinamento  e  di
collaborazione   tra   i   soggetti   pubblici  comunque  competenti,
preordinati, tra l'altro, a garantire omogeneita' di:
    a)  condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio,
ivi compresi gli abitati ed i beni;
    b)  modalita'  di  utilizzazione  delle  risorse e dei beni, e di
gestione dei servizi connessi.

CAPO II

COMPETENZE


                               ART. 57
    (Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri
       per gli interventi nel settore della difesa del suolo)

   1.  Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione
del Consiglio dei Ministri, approva con proprio decreto:
    a)  su  proposta  del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare)):
     1)  le  deliberazioni  concernenti  i metodi ed i criteri, anche
tecnici, per lo svolgimento delle attivita' di cui agli articoli 55 e
56, nonche' per la verifica ed il controllo dei piani di bacino e dei
programmi di intervento;
     2) i piani di bacino, sentita la Conferenza Stato-regioni;
     3)  gli  atti  volti  a  provvedere  in  via sostitutiva, previa
diffida,  in  caso  di  persistente inattivita' dei soggetti ai quali
sono demandate le funzioni previste dalla presente sezione;
     4)  ogni  altro  atto  di  indirizzo e coordinamento nel settore
disciplinato dalla presente sezione;
    b)  su  proposta  del Comitato dei Ministri di cui al comma 2, il
programma nazionale di intervento. (24)
   2.  Il  Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della
difesa  del  suolo  opera  presso  la  Presidenza  del  Consiglio dei
Ministri.  Il  Comitato  presieduto  dal Presidente del Consiglio dei
Ministri  o,  su  sua  delega,  dal  ((Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare)), e' composto da quest'ultimo e dai
Ministri  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  delle  attivita'
produttive,  delle  politiche  agricole  e  forestali, per gli affari
regionali e per i beni e le attivita' culturali, nonche' dal delegato
del  Presidente  del  Consiglio dei Ministri in materia di protezione
civile.
   3.  Il  Comitato  dei  Ministri  ha  funzioni di alta vigilanza ed
adotta  gli  atti  di  indirizzo  e di coordinamento delle attivita'.
Propone  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  lo  schema di
programma  nazionale  di  intervento,  che  coordina con quelli delle
regioni   e   degli   altri  enti  pubblici  a  carattere  nazionale,
verificandone l'attuazione.
   4.  Al  fine  di  assicurare  il  necessario  coordinamento tra le
diverse amministrazioni interessate, il Comitato dei Ministri propone
gli    indirizzi    delle   politiche   settoriali   direttamente   o
indirettamente  connesse  con  gli  obiettivi  e  i  contenuti  della
pianificazione  di  distretto e ne verifica la coerenza nella fase di
approvazione dei relativi atti.
   5.  Per  lo  svolgimento  delle funzioni di segreteria tecnica, il
Comitato dei Ministri si avvale delle strutture delle Amministrazioni
statali competenti.
   6.  I  principi  degli atti di indirizzo e coordinamento di cui al
presente  articolo sono definiti sentita la Conferenza permanente per
i  rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano.
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AGGIORNAMENTO (24)
  La  Corte  Costituzionale, con sentenza 15 - 23 luglio 2009, n. 232
(in  G.U.  1a  s.s. 29/07/2009, n. 30) ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale  del comma 1, lettera b), del presente articolo "nella
parte in cui non prevede che il programma nazionale di intervento sia
approvato con il previo parere della Conferenza unificata".
                               ART. 58
              (competenze del ((Ministro dell'ambiente
             e della tutela del territorio e del mare)))

   1. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare))  esercita  le  funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle
materie  disciplinate  dalla  presente  sezione,  ferme  restando  le
competenze istituzionali del Servizio nazionale di protezione civile.
   2.  In particolare, il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare)):
    a) formula proposte, sentita la Conferenza Stato-regioni, ai fini
dell'adozione,  ai  sensi  dell'articolo  57,  degli  indirizzi e dei
criteri  per  lo  svolgimento  del  servizio di polizia idraulica, di
navigazione  interna  e per la realizzazione, gestione e manutenzione
delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;
    b)  predispone la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni
dell'assetto  idrogeologico,  da  allegare alla relazione sullo stato
dell'ambiente  di  cui  all'articolo 1, comma 6, della legge 8 luglio
1986,  n.  349,  nonche'  la  relazione sullo stato di attuazione dei
programmi  triennali  di  intervento  per la difesa del suolo, di cui
all'articolo   69,   da   allegare   alla  relazione  previsionale  e
programmatica.  La  relazione  sull'uso  del suolo e sulle condizioni
dell'assetto  idrogeologico  e la relazione sullo stato dell'ambiente
sono   redatte   avvalendosi   del   Servizio  geologico  d'Italia  -
Dipartimento  difesa  del  suolo  dell'  ((Istituto  superiore per la
protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA)));
    c)  opera,  ai  sensi dell'articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8
luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello
di  pianificazione,  delle  funzioni  di  difesa  del  suolo  con gli
interventi  per  la  tutela  e  l'utilizzazione  delle acque e per la
tutela dell'ambiente.
   3. Ai fini di cui al comma 2, il ((Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare ))svolge le seguenti funzioni:
    a)  programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in
materia di difesa del suolo;(24)
    b) previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni
e  altri  fenomeni  di  dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo
termine  al  fine  di  garantire  condizioni ambientali permanenti ed
omogenee,   ferme  restando  le  competenze  del  Dipartimento  della
protezione civile in merito agli interventi di somma urgenza;
    c)  indirizzo  e  coordinamento dell'attivita' dei rappresentanti
del  Ministero  in  seno alle Autorita' di bacino distrettuale di cui
all'articolo 63;
    d)  identificazione  delle  linee  fondamentali  dell'assetto del
territorio  nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali
e  alla difesa del suolo, nonche' con riguardo all'impatto ambientale
dell'articolazione  territoriale  delle  reti infrastrutturali, delle
opere di competenza statale e delle trasformazioni territoriali;(24)
    e)  determinazione  di  criteri,  metodi  e standard di raccolta,
elaborazione, da parte del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento
difesa  del  suolo  dell' ((Istituto superiore per la protezione e la
ricerca  ambientale))  (((ISPRA))),  e  di  consultazione  dei  dati,
definizione  di  modalita' di coordinamento e di collaborazione tra i
soggetti  pubblici  operanti  nel  settore, nonche' definizione degli
indirizzi per l'accertamento e lo studio degli elementi dell'ambiente
fisico e delle condizioni generali di rischio;
    f)  valutazione  degli  effetti  conseguenti  all'esecuzione  dei
piani,  dei  programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel
settore della difesa del suolo;
    g) coordinamento dei sistemi cartografici.
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AGGIORNAMENTO (24)
  La  Corte  Costituzionale, con sentenza 15 - 23 luglio 2009, n. 232
(in  G.U.  1a  s.s. 29/07/2009, n. 30) ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale  del  presente  articolo,  comma 3, lettera a), "nella
parte  in  cui  non  prevede  che  le  funzioni  di  programmazione e
finanziamento  degli  interventi in materia di difesa del suolo siano
esercitate  previo  parere  della  Conferenza  unificata";  comma  3,
lettera  d),  "nella parte in cui non prevede che le funzioni in esso
indicate siano esercitate previo parere della Conferenza unificata".
                               ART. 59
             (competenze della Conferenza Stato-regioni)

   1.   La  Conferenza  Stato-regioni  formula  pareri,  proposte  ed
osservazioni,   anche   ai  fini  dell'esercizio  delle  funzioni  di
indirizzo  e  coordinamento  di  cui  all'articolo 57, in ordine alle
attivita'  ed  alle  finalita'  di cui alla presente sezione, ed ogni
qualvolta ne e' richiesta dal ((Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare)). In particolare:
    a)  formula proposte per l'adozione degli indirizzi, dei metodi e
dei criteri di cui al predetto articolo 57;
    b)  formula  proposte  per il costante adeguamento scientifico ed
organizzativo  del  Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa
del  suolo  dell' ((Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale))  (((ISPRA)))  e  per il suo coordinamento con i servizi,
gli  istituti,  gli uffici e gli enti pubblici e privati che svolgono
attivita'  di  rilevazione,  studio e ricerca in materie riguardanti,
direttamente o indirettamente, il settore della difesa del suolo;
    c)  formula  osservazioni sui piani di bacino, ai fini della loro
conformita' agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;
    d)   esprime   pareri   sulla   ripartizione  degli  stanziamenti
autorizzati  da  ciascun  programma triennale tra i soggetti preposti
all'attuazione  delle  opere e degli interventi individuati dai piani
di bacino;
    e)  esprime  pareri  sui  programmi  di  intervento di competenza
statale.
                               ART. 60
               (competenze dell' ((Istituto superiore
      per la protezione e la ricerca ambientale)) - ((ISPRA)))

   1.  Ferme  restando  le  competenze  e  le attivita' istituzionali
proprie  del  Servizio  nazionale di protezione civile, l' ((Istituto
superiore  per  la  protezione  e la ricerca ambientale)) (((ISPAR)))
esercita, mediante il Servizio geologico d'Italia Dipartimento difesa
del suolo, le seguenti funzioni:
    a)   svolgere   l'attivita'   conoscitiva,   qual   e'   definita
all'articolo 55;
    b)  realizzare  il  sistema informativo unico e la rete nazionale
integrati di rilevamento e sorveglianza;
    c)  fornire,  a  chiunque  ne  formuli  richiesta, dati, pareri e
consulenze,  secondo  un  tariffario fissato ogni biennio con decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del ((Ministro
dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare)) di concerto
con  il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze.  Le tariffe sono
stabilite  in  base  al principio della partecipazione al costo delle
prestazioni da parte di chi ne usufruisca.
                               ART. 61
                     (competenze delle regioni)

   1.  Le  regioni,  ferme  restando  le  attivita'  da queste svolte
nell'ambito  delle  competenze  del  Servizio nazionale di protezione
civile,  ove  occorra  d'intesa  tra loro, esercitano le funzioni e i
compiti    ad    esse   spettanti   nel   quadro   delle   competenze
costituzionalmente  determinate  e  nel  rispetto  delle attribuzioni
statali, ed in particolare:
    a)  collaborano  nel rilevamento e nell'elaborazione dei piani di
bacino  dei  distretti idrografici secondo le direttive assunte dalla
Conferenza  istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4,
ed adottano gli atti di competenza;
    b)  formulano  proposte  per la formazione dei programmi e per la
redazione di studi e di progetti relativi ai distretti idrografici;
    c)   provvedono  alla  elaborazione,  adozione,  approvazione  ed
attuazione dei piani di tutela di cui all'articolo 121;
    d)  per la parte di propria competenza, dispongono la redazione e
provvedono  all'approvazione  e  all'esecuzione  dei  progetti, degli
interventi  e  delle  opere  da realizzare nei distretti idrografici,
istituendo, ove occorra, gestioni comuni;
    e)    provvedono,   per   la   parte   di   propria   competenza,
all'organizzazione   e  al  funzionamento  del  servizio  di  polizia
idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e
degli impianti e la conservazione dei beni;
    f)   provvedono   all'organizzazione  e  al  funzionamento  della
navigazione  interna,  ferme restando le residue competenze spettanti
al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    g)  predispongono  annualmente  la relazione sull'uso del suolo e
sulle   condizioni   dell'assetto  idrogeologico  del  territorio  di
competenza  e  sullo  stato  di attuazione del programma triennale in
corso e la trasmettono al ((Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare)) entro il mese di dicembre;
    h)  assumono ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia
di  conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo
e  di  tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza
ed esercitano ogni altra funzione prevista dalla presente sezione.
   2.  Il  Registro  italiano  dighe (RID) provvede in via esclusiva,
anche  nelle  zone  sismiche, alla identificazione e al controllo dei
progetti  delle  opere  di  sbarramento,  delle  dighe  di ritenuta o
traverse che superano 15 metri di altezza o che determinano un volume
di  invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi. Restano di competenza
del   Ministero   delle   attivita'  produttive  tutte  le  opere  di
sbarramento  che determinano invasi adibiti esclusivamente a deposito
o decantazione o lavaggio di residui industriali.
   3.  Rientrano  nella  competenza  delle  regioni  e delle province
autonome di Trento e di Bolzano le attribuzioni di cui al decreto del
Presidente  della  Repubblica  1°  novembre  1959,  n.  1363, per gli
sbarramenti  che non superano i 15 metri di altezza e che determinano
un  invaso  non  superiore  a  1.000.000  di  metri  cubi.  Per  tali
sbarramenti,  ove posti al servizio di grandi derivazioni di acqua di
competenza statale, restano ferme le attribuzioni del Ministero delle
infrastrutture  e  dei  trasporti.  Il  Registro italiano dighe (RID)
fornisce alle regioni il supporto tecnico richiesto.
   4.  Resta di competenza statale la normativa tecnica relativa alla
progettazione  e  costruzione delle dighe di sbarramento di qualsiasi
altezza e capacita' di invaso.
   5.  Le  funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al regio
decreto-legge  30 dicembre 1923, n. 3267, sono interamente esercitate
dalle regioni.
   6.  Restano  ferme  tutte  le  altre  funzioni amministrative gia'
trasferite o delegate alle regioni.
                               ART. 62
         (competenze degli enti locali e di altri soggetti)

   1.  I  comuni,  le  province,  i  loro consorzi o associazioni, le
comunita'  montane,  i  consorzi  di  bonifica  e  di  irrigazione, i
consorzi  di  bacino imbrifero montano e gli altri enti pubblici e di
diritto  pubblico  con  sede  nel  distretto  idrografico partecipano
all'esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del suolo
nei  modi  e  nelle  forme  stabilite  dalle  regioni singolarmente o
d'intesa  tra  loro,  nell'ambito  delle competenze del sistema delle
autonomie locali.
   2.  Gli  enti  di  cui al comma 1 possono avvalersi, sulla base di
apposite  convenzioni, del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento
difesa  del  suolo  dell'((Istituto  superiore per la protezione e la
ricerca ambientale)) ( ((ISPRA)) ) e sono tenuti a collaborare con la
stessa.
                               ART. 63
                 (Autorita' di bacino distrettuale)

   1.  In  ciascun  distretto  idrografico  di cui all'articolo 64 e'
istituita l'Autorita' di bacino distrettuale, di seguito Autorita' di
bacino,  ente  pubblico  non  economico che opera in conformita' agli
obiettivi  della  presente sezione ed uniforma la propria attivita' a
criteri di efficienza, efficacia, economicita' e pubblicita'.
   2.   Sono   organi   dell'Autorita'   di   bacino:  la  Conferenza
istituzionale  permanente,  il  Segretario  generale,  la  Segreteria
tecnico-operativa  e  la Conferenza operativa di servizi. Con decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del ((Ministro
dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare)) di concerto
con  il  Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per
la  funzione  pubblica,  da emanarsi sentita la Conferenza permanente
Stato  -  regioni entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore
della  parte terza del presente decreto, sono definiti i criteri e le
modalita' per l'attribuzione o il trasferimento del personale e delle
risorse   patrimoniali   e   finanziarie,  salvaguardando  i  livelli
occupazionali,  definiti  alla  data  del  31 dicembre 2005, e previa
consultazione dei sindacati.
   3.  Le autorita' di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n.
183,  sono  soppresse  a  far  data  dal 30 aprile 2006 e le relative
funzioni  sono  esercitate  dalle Autorita' di bacino distrettuale di
cui alla parte terza del presente decreto. Il decreto di cui al comma
2  disciplina  il  trasferimento di funzioni e regolamenta il periodo
transitorio.
   4.  Gli  atti  di  indirizzo, coordinamento e pianificazione delle
Autorita'   di   bacino   vengono  adottati  in  sede  di  Conferenza
istituzionale  permanente  presieduta  e convocata, anche su proposta
delle  amministrazioni  partecipanti,  dal ((Ministro dell'ambiente e
della  tutela del territorio e del mare ))su richiesta del Segretario
generale,  che  vi  partecipa  senza diritto di voto. Alla Conferenza
istituzionale permanente partecipano i Ministri dell'ambiente e della
tutela  del  territorio,  delle infrastrutture e dei trasporti, delle
attivita'  produttive,  delle  politiche agricole e forestali, per la
funzione   pubblica,  per  i  beni  e  le  attivita'  culturali  o  i
Sottosegretari  dai  medesimi  delegati,  nonche'  i Presidenti delle
regioni  e  delle  province autonome il cui territorio e' interessato
dal  distretto  idrografico  o  gli  Assessori dai medesimi delegati,
oltre  al  delegato  del  Dipartimento  della protezione civile. Alle
conferenze  istituzionali  permanenti del distretto idrografico della
Sardegna  e  del  distretto  idrografico  della Sicilia partecipa no,
oltre   ai   Presidenti   delle   rispettive   regioni,   altri   due
rappresentanti  per  ciascuna  delle  predette  regioni, nominati dai
Presidenti regionali. La conferenza istituzionale permanente delibera
a maggioranza. Gli atti di pianificazione tengono conto delle risorse
finanziarie previste a legislazione vigente.
   5. La conferenza istituzionale permanente di cui al comma 4:
    a)  adotta  criteri  e  metodi  per  la elaborazione del Piano di
bacino   in   conformita'   agli  indirizzi  ed  ai  criteri  di  cui
all'articolo 57;
    b)  individua  tempi  e  modalita'  per  l'adozione  del Piano di
bacino,  che  potra'  eventualmente  articolarsi  in piani riferiti a
sub-bacini;
    c)  determina  quali componenti del piano costituiscono interesse
esclusivo  delle  singole  regioni  e  quali  costituiscono interessi
comuni a piu' regioni;
    d)  adotta  i  provvedimenti  necessari  per  garantire  comunque
l'elaborazione del Piano di bacino;
    e) adotta il Piano di bacino;
    f)   controlla   l'attuazione   degli   schemi   previsionali   e
programmatici  del  Piano  di  bacino e dei programmi triennali e, in
caso di grave ritardo nell'esecuzione di interventi non di competenza
statale   rispetto   ai   tempi   fissati   nel   programma,  diffida
l'amministrazione  inadempiente,  fissando  il  termine  massimo  per
l'inizio   dei   lavori.   Decorso   infruttuosamente  tale  termine,
all'adozione delle misure necessarie ad assicurare l'avvio dei lavori
provvede,  in  via  sostitutiva, il Presidente della Giunta regionale
interessata che, a tal fine, puo' avvalersi degli organi decentrati e
periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    g) nomina il Segretario generale.
   6.   La   Conferenza   operativa   di   servizi  e'  composta  dai
rappresentanti dei Ministeri di cui al comma 4, delle regioni e delle
province  autonome  interessate,  nonche'  da  un  rappresentante del
Dipartimento  della  protezione  civile;  e' convocata dal Segretario
Generale, che la presiede, e provvede all'attuazione ed esecuzione di
quanto  disposto  ai  sensi  del comma 5, nonche' al compimento degli
atti  gestionali.  La  conferenza  operativa  di  servizi  delibera a
maggioranza.
   7.  Le  Autorita' di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse
finanziarie previste a legislazione vigente:
    a)  all'elaborazione  del  Piano  di  bacino  distrettuale di cui
all'articolo 65;
    b) ad esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano
di  bacino  dei  piani e programmi comunitari, nazionali, regionali e
locali   relativi   alla   difesa   del   suolo,   alla   lotta  alla
desertificazione,  alla  tutela  delle  acque  e  alla gestione delle
risorse idriche;
    c)  all'elaborazione, secondo le specifiche tecniche che figurano
negli  allegati  alla parte terza del presente decreto, di un'analisi
delle  caratteristiche  del distretto, di un esame sull'impatto delle
attivita'  umane  sullo  stato delle acque superficiali e sulle acque
sotterranee, nonche' di un'analisi economica dell'utilizzo idrico.
   8.  Fatte  salve  le  discipline  adottate  dalle regioni ai sensi
dell'articolo  62, le Autorita' di bacino coordinano e sovraintendono
le  attivita'  e  le funzioni di titolarita' dei consorzi di bonifica
integrale  di  cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonche'
del  consorzio  del  Ticino  -  Ente  autonomo  per  la  costruzione,
manutenzione  ed  esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore,
del   consorzio  dell'Oglio  -  Ente  autonomo  per  la  costruzione,
manutenzione  ed  esercizio  dell'opera regolatrice del lago d'Iseo e
del   consorzio   dell'Adda  -  Ente  autonomo  per  la  costruzione,
manutenzione  ed  esercizio  dell'opera regolatrice del lago di Como,
con  particolare  riguardo  all'esecuzione, manutenzione ed esercizio
delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni di
salvaguardia  ambientale  e di risanamento delle acque, anche al fine
della  loro  utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi
d'acqua ed alla fitodepurazione.

TITOLO II

I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI


CAPO I

I DISTRETTI IDROGRAFICI


                               ART. 64
                       (distretti idrografici)

   1. L'intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, e'
ripartito nei seguenti distretti idrografici:
    a)  distretto idrografico delle Alpi orientali, con superficie di
circa 39.385 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
     1)  Adige,  gia' bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio
1989, n. 183;
     2) Alto Adriatico, gia' bacino nazionale ai sensi della legge n.
183 del 1989;
     3)    Lemene,   Fissaro   Tartaro   Canalbianco,   gia'   bacini
interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
     4)  bacini  del  Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, gia' bacini
regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
    b)   distretto   idrografico  Padano,  con  superficie  di  circa
74.115Kmq,  comprendente  il  bacino del Po, gia' bacino nazionale ai
sensi della legge n. 183 del 1989;
    c)   distretto  idrografico  dell'Appennino  settentrionale,  con
superficie  di  circa  39.000  Kmq,  comprendente  i  seguenti bacini
idrografici:
     1)  Arno,  gia' bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del
1989;
     2) Magra, gia' bacino interregionale ai sensi della legge n. 183
del 1989;
     3) Fiora, gia' bacino interregionale ai sensi della legge n. 183
del 1989;
     4)  Conca  Marecchia,  gia' bacino interregionale ai sensi della
legge n. 183 del 1989;
     5)  Reno, gia' bacino interregionale ai sensi della legge n. 183
del 1989;
     6)  bacini  della  Liguria, gia' bacini regionali ai sensi della
legge n. 183 del 1989;
     7)  bacini  della  Toscana, gia' bacini regionali ai sensi della
legge n. 183 del 1989;
     8)  fiumi  Uniti,  Montone,  Ronco,  Savio, Rubicone e Uso, gia'
bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
     9) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone e altri
bacini  minori, gia' bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del
1989;
     10)  Lamone,  gia'  bacino regionale ai sensi della legge n. 183
del 1989;
     11)  bacini  minori  afferenti alla costa Romagnola, gia' bacini
regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
    d)  distretto  idrografico  pilota del Serchio, con superficie di
circa 1.600 Kmq, comprendente il bacino idrografico del Serchio;
    e)  distretto idrografico dell'Appennino centrale, con superficie
di circa 35.800 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
     1) Tevere, gia' bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del
1989;
     2)  Tronto,  gia'  bacino interregionale ai sensi della legge n.
183 del 1989;
     3)  Sangro,  gia'  bacino interregionale ai sensi della legge n.
183 del 1989;
     4)  bacini  dell'Abruzzo,  gia'  bacini regionali ai sensi della
legge n. 183 del 1989;
     5)  bacini del Lazio, gia' bacini regionali ai sensi della legge
n. 183 del 1989;
     6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini
minori  delle  Marche,  gia' bacini regionali ai sensi della legge n.
183 del 1989;
    f)   distretto   idrografico   dell'Appennino   meridionale,  con
superficie  di  circa  68.200  Kmq,  comprendente  i  seguenti bacini
idrografici:
     1)  Liri-Garigliano,  gia' bacino nazionale ai sensi della legge
n. 183 del 1989;
     2)  Volturno,  gia' bacino nazionale ai sensi della legge n. 183
del 1989;
     3)  Sele, gia' bacino interregionale ai sensi della legge n. 183
del 1989;
     4) Sinni e Noce, gia' bacini interregionali ai sensi della legge
n. 183 del 1989;
     5)  Bradano,  gia' bacino interregionale ai sensi della legge n.
183 del 1989;
     6)  Saccione,  Fortore  e Biferno, gia' bacini interregionali ai
sensi della legge n. 183 del 1989;
     7)  Ofanto,  gia'  bacino interregionale ai sensi della legge n.
183 del 1989;
     8)  Lao,  gia' bacino interregionale ai sensi della legge n. 183
del 1989;
     9)  Trigno,  gia'  bacino interregionale ai sensi della legge n.
183 del 1989;
     10)  bacini della Campania, gia' bacini regionali ai sensi della
legge n. 183 del 1989;
     11)  bacini  della  Puglia, gia' bacini regionali ai sensi della
legge n. 183 del 1989;
     12)  bacini  della  Basilicata,  gia'  bacini regionali ai sensi
della legge n. 183 del 1989;
     13)  bacini della Calabria, gia' bacini regionali ai sensi della
legge n. 183 del 1989;
     14)  bacini  del  Molise,  gia'  bacini regionali ai sensi della
legge n. 183 del 1989;
    g)  distretto idrografico della Sardegna, con superficie di circa
24.000  Kmq,  comprendente  i  bacini  della  Sardegna,  gia'  bacini
regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
    h)  distretto  idrografico della Sicilia, con superficie di circa
26.000   Kmq,  comprendente  i  bacini  della  Sicilia,  gia'  bacini
regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989.

CAPO II

GLI STRUMENTI


                               ART. 65
  (valore, finalita' e contenuti del piano di bacino distrettuale)

   1. Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha
valore   di   piano  territoriale  di  settore  ed  e'  lo  strumento
conoscitivo,  normativo  e  tecnico-operativo  mediante il quale sono
pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla
conservazione,  alla  difesa  e alla valorizzazione del suolo ed alla
corretta  utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche
fisiche ed ambientali del territorio interessato.
   2.  Il Piano di bacino e' redatto dall'Autorita' di bacino in base
agli  indirizzi, metodi e criteri fissati ai sensi del comma 3. Studi
ed  interventi  sono  condotti  con particolare riferimento ai bacini
montani,   ai   torrenti  di  alta  valle  ed  ai  corsi  d'acqua  di
fondo-valle.
   3.  Il Piano di bacino, in conformita' agli indirizzi, ai metodi e
ai criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente di cui
all'articolo 63, comma 4, realizza le finalita' indicate all'articolo
56  e,  in  particolare,  contiene,  unitamente  agli elementi di cui
all'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto:
    a)  il  quadro  conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema
fisico,  delle  utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti
urbanistici  comunali ed intercomunali, nonche' dei vincoli, relativi
al distretto, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
    b)  la  individuazione  e la quantificazione delle situazioni, in
atto  e  potenziali,  di  degrado  del  sistema fisico, nonche' delle
relative cause;
    c)  le  direttive  alle  quali  devono  uniformarsi la difesa del
suolo,  la  sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione
delle acque e dei suoli;
    d) l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione:
     1)  dei  pericoli  di inondazione e della gravita' ed estensione
del dissesto;
     2) dei pericoli di siccita';
     3) dei pericoli di frane, smottamenti e simili;
     4)  del  perseguimento  degli  obiettivi  di sviluppo sociale ed
economico o di riequilibrio territoriale nonche' del tempo necessario
per assicurare l'efficacia degli interventi;
    e)  la  programmazione  e  l'utilizzazione delle risorse idriche,
agrarie, forestali ed estrattive;
    f)  la  individuazione  delle  prescrizioni,  dei vincoli e delle
opere    idrauliche,   idraulico-agrarie,   idraulico-forestali,   di
forestazione,   di   bonifica   idraulica,   di   stabilizzazione   e
consolidamento  dei  terreni  e  di ogni altra azione o norma d'uso o
vincolo  finalizzati  alla  conservazione  del  suolo  ed alla tutela
dell'ambiente;
    g) il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla
lettera  f),  qualora  siano  gia'  state intraprese con stanziamenti
disposti  da  leggi  speciali,  da  leggi ordinarie, oppure a seguito
dell'approvazione dei relativi atti di programmazione;
    h)  le  opere  di  protezione,  consolidamento e sistemazione dei
litorali marini che sottendono il distretto idrografico;
    i)  i  meccanismi  premiali  a  favore dei proprietari delle zone
agricole  e  boschive  che  attuano  interventi  idonei  a  prevenire
fenomeni di dissesto idrogeologico;
    l)  la  valutazione  preventiva,  anche  al fine di scegliere tra
ipotesi  di  governo  e  gestione  tra  loro  diverse,  del  rapporto
costi-benefici,  dell'impatto  ambientale e delle risorse finanziarie
per i principali interventi previsti;
    m)  la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione
dei  materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le
relative  fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione
del buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio geostatico
e geomorfologico dei terreni e dei litorali;
    n)  l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e
prescrizioni  in  rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche,
ai  fini  della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e
della  prevenzione  contro  presumibili effetti dannosi di interventi
antropici;
    o)  le  misure  per  contrastare  i  fenomeni  di subsidenza e di
desertificazione,  anche  mediante  programmi  ed  interventi utili a
garantire  maggiore  disponibilita'  della risorsa idrica ed il riuso
della stessa;
    p)   il   rilievo  conoscitivo  delle  derivazioni  in  atto  con
specificazione degli scopi energetici, idropotabili, irrigui od altri
e delle portate;
    q)  il  rilievo  delle  utilizzazioni  diverse  per  la pesca, la
navigazione od altre;
    r)  il  piano  delle  possibili  utilizzazioni  future sia per le
derivazioni  che  per altri scopi, distinte per tipologie d'impiego e
secondo le quantita';
    s) le priorita' degli interventi ed il loro organico sviluppo nel
tempo, in relazione alla gravita' del dissesto;
    t)   l'indicazione   delle   risorse   finanziarie   previste   a
legislazione vigente.
   4.  Le  disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere
immediatamente  vincolante  per  le amministrazioni ed enti pubblici,
nonche'   per  i  soggetti  privati,  ove  trattasi  di  prescrizioni
dichiarate  di  tale  efficacia  dallo  stesso  Piano  di  bacino. In
particolare,  i  piani  e  programmi di sviluppo socio-economico e di
assetto  ed  uso  del territorio devono essere coordinati, o comunque
non in contrasto, con il Piano di bacino approvato.
   5.  Ai fini di cui al comma 4, entro dodici mesi dall'approvazione
del  Piano di bacino le autorita' competenti provvedono ad adeguare i
rispettivi   piani  territoriali  e  programmi  regionali  quali,  in
particolare,  quelli relativi alle attivita' agricole, zootecniche ed
agroforestali,  alla tutela della qualita' delle acque, alla gestione
dei rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica.
   6. Fermo il disposto del comma 4, le regioni, entro novanta giorni
dalla  data  di  pubblicazione  del  Piano  di  bacino sui rispettivi
Bollettini   Ufficiali   regionali,   emanano   ove   necessario   le
disposizioni  concernenti  l'attuazione  del piano stesso nel settore
urbanistico.   Decorso   tale   termine,  gli  enti  territorialmente
interessati dal Piano di bacino sono comunque tenuti a rispettarne le
prescrizioni  nel  settore urbanistico. Qualora gli enti predetti non
provvedano  ad  adottare  i  necessari adempimenti relativi ai propri
strumenti  urbanistici  entro  sei  mesi  dalla data di comunicazione
delle  predette  disposizioni,  e  comunque  entro  nove  mesi  dalla
pubblicazione  dell'approvazione del Piano di bacino, all'adeguamento
provvedono d'ufficio le regioni.
   7.  In  attesa dell'approvazione del Piano di bacino, le Autorita'
di bacino adottano misure di salvaguardia con particolare riferimento
ai  bacini  montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di
fondo  valle ed ai contenuti di cui alle lettere b), e), f), m) ed n)
del comma 3. Le misure di salvaguardia sono immediatamente vincolanti
e  restano  in  vigore  sino  all'approvazione  del Piano di bacino e
comunque  per un periodo non superiore a tre anni. In caso di mancata
attuazione  o di inosservanza, da parte delle regioni, delle province
e  dei  comuni, delle misure di salvaguardia, e qualora da cio' possa
derivare  un grave danno al territorio, il ((Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare)), previa diffida ad adempiere
entro congruo termine da indicarsi nella diffida medesima, adotta con
ordinanza cautelare le necessarie misure provvisorie di salvaguardia,
anche  con  efficacia  inibitoria  di opere, di lavori o di attivita'
antropiche,  dandone  comunicazione  preventiva  alle amministrazioni
competenti.  Se  la  m  ancata  attuazione o l'inosservanza di cui al
presente  comma  riguarda  un  ufficio  periferico  dello  Stato,  il
((Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare))
informa  senza  indugio  il  Ministro  competente  da  cui  l'ufficio
dipende,   il  quale  assume  le  misure  necessarie  per  assicurare
l'adempimento.  Se  permane  la necessita' di un intervento cautelare
per  evitare un grave danno al territorio, il Ministro competente, di
concerto   con   il  ((Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e  del  mare)),  adotta  l'ordinanza  cautelare di cui al
presente comma.
   8. I piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche per
sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali, che, in ogni
caso,  devono  costituire  fasi sequenziali e interrelate rispetto ai
contenuti  di  cui  al  comma  3.  Deve  comunque essere garantita la
considerazione  sistemica del territorio e devono essere disposte, ai
sensi  del  comma  7,  le  opportune misure inibitorie e cautelari in
relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati.
   9. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi
o maggiori oneri per la finanza pubblica.
                               ART. 66
           (adozione ed approvazione dei piani di bacino)

   1.  I  piani  di  bacino,  prima  della  loro  approvazione,  sono
sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale,
secondo  la  procedura  prevista  dalla  parte  seconda  del presente
decreto.
   2.  Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale
ai fini di cui al comma 1, e' adottato a maggioranza dalla Conferenza
istituzionale  permanente  di  cui  all'articolo 63, comma 4 che, con
propria deliberazione, contestualmente stabilisce:
    a)   i   termini  per  l'adozione  da  parte  delle  regioni  dei
provvedimenti conseguenti;
    b)  quali  componenti del piano costituiscono interesse esclusivo
delle  singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a due o
piu' regioni.
   3.  Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale
di  cui  al  comma  2,  e'  inviato  ai  componenti  della Conferenza
istituzionale permanente almeno venti giorni prima della data fissata
per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di
adozione  deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto
alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
   4.  In  caso  di  inerzia in ordine agli adempimenti regionali, il
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri, su proposta del ((Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio e del mare)), previa
diffida  ad  adempiere  entro un congruo termine e sentita la regione
interessata, assume i provvedimenti necessari, ivi compresa la nomina
di  un  commissario  "ad acta", per garantire comunque lo svolgimento
delle  procedure  e l'adozione degli atti necessari per la formazione
del piano.
   5.  Dell'adozione del piano e' data notizia secondo le forme e con
le  modalita'  previste  dalla  parte seconda del presente decreto ai
fini  dell'esperimento  della  procedura  di  valutazione  ambientale
strategica (VAS) in sede statale.
   6.  Conclusa  la  procedura  di  valutazione ambientale strategica
(VAS),  sulla base del giudizio di compatibilita' ambientale espresso
dall'autorita'  competente,  i  piani  di  bacino  sono approvati con
decreto  del  Presidente del Consiglio dei Ministri, con le modalita'
di  cui  all'articolo  57, comma 1, lettera a), numero 2), e sono poi
pubblicati  nella Gazzetta Ufficiale e nei Bollettini Ufficiali delle
regioni territorialmente competenti.
   7.  Le  Autorita' di bacino promuovono la partecipazione attiva di
tutte   le   parti   interessate   all'elaborazione,   al  riesame  e
all'aggiornamento  dei  piani  di  bacino, provvedendo affinche', per
ciascun  distretto  idrografico,  siano pubblicati e resi disponibili
per   eventuali   osservazioni  del  pubblico,  inclusi  gli  utenti,
concedendo  un  periodo  minimo  di  sei mesi per la presentazione di
osservazioni scritte, i seguenti documenti:
    a)  il  calendario  e il programma di lavoro per la presentazione
del  piano,  inclusa  una  dichiarazione  delle misure consultive che
devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui
il piano si riferisce;
    b) una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di
gestione  delle acque, identificati nel bacino idrografico almeno due
anni prima dell'inizio del periodo cui si riferisce il piano;
    c)  copie  del progetto del piano di bacino, almeno un anno prima
dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.
                               ART. 67
      (i piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico
          e le misure di prevenzione per le aree a rischio)

   1.  Nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorita'
di  bacino  adottano,  ai  sensi  dell'articolo  65,  comma  8, piani
stralcio   di   distretto  per  l'assetto  idrogeologico  (PAI),  che
contengano  in  particolare  l'individuazione  delle  aree  a rischio
idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di
salvaguardia e la determinazione delle misure medesime.
   2.  Le  Autorita' di bacino, anche in deroga alle procedure di cui
all'articolo  66,  approvano  altresi'  piani  straordinari diretti a
rimuovere le situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico, redatti
anche  sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali. I
piani  straordinari  devono  ricomprendere prioritariamente le aree a
rischio  idrogeologico  per  le quali e' stato dichiarato lo stato di
emergenza,  ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n.
225.  I piani straordinari contengono in particolare l'individuazione
e  la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato
per   l'incolumita'   delle   persone   e   per  la  sicurezza  delle
infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. Per tali aree
sono  adottate  le  misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 65,
comma  7,  anche  con  riferimento  ai  contenuti  di cui al comma 3,
lettera  d),  del  medesimo  articolo 65. In caso di inerzia da parte
delle  Autorita' di bacino, il Presidente del Consiglio dei Ministri,
su  proposta del Comitato dei Ministri, di cui all'articolo 57, comma
2, adotta gli atti relativi all'individuazione, alla perimetrazione e
alla   salvaguardia   delle  predette  aree.  Qualora  le  misure  di
salvaguardia  siano  adottate in assenza dei piani stralcio di cui al
comma  1,  esse  rimangono  in  vigore sino all'approvazione di detti
piani.  I  piani  straordinari  approvati  possono essere integrati e
modificati  con  le  stesse  modalita'  di  cui al presente comma, in
particolare  con riferimento agli interventi realizzati ai fini della
messa in sicurezza delle aree interessate.
   3.  Il  Comitato  dei  Ministri  di  cui all'articolo 57, comma 2,
tenendo conto dei programmi gia' adottati da parte delle Autorita' di
bacino  e  dei  piani  straordinari  di  cui  al comma 2 del presente
articolo,   definisce,  d'intesa  con  la  Conferenza  Stato-regioni,
programmi   di   interventi   urgenti,  anche  attraverso  azioni  di
manutenzione  dei distretti idrografici, per la riduzione del rischio
idrogeologico  nelle  zone  in  cui  la  maggiore  vulnerabilita' del
territorio  e'  connessa con piu' elevati pericoli per le persone, le
cose  ed  il  patrimonio ambientale, con priorita' per le aree ove e'
stato  dichiarato  lo  stato  di  emergenza, ai sensi dell'articolo 5
della  legge  24  febbraio  1992,  n. 225. Per la realizzazione degli
interventi  possono  essere  adottate,  su  proposta  del  ((Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  del mare)) e del
Ministro  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti, e d'intesa con le
regioni  interessate,  le  ordinanze  di cui all'articolo 5, comma 2,
della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
   4. Per l'attivita' istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai
commi  1,  2  e  3, i Ministri competenti si avvalgono, senza nuovi o
maggiori  oneri  per  la  finanza  pubblica,  del  Dipartimento della
protezione  civile,  nonche' della collaborazione del Corpo forestale
dello  Stato,  delle  regioni,  delle Autorita' di bacino, del Gruppo
nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio
nazionale  delle ricerche e, per gli aspetti ambientali, del Servizio
geologico  d'Italia  - Dipartimento difesa del suolo dell' ((Istituto
superiore  per  la  protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA))),
per quanto di rispettiva competenza.
   5.  Entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui ai commi
1,   2,  3  e  4,  gli  organi  di  protezione  civile  provvedono  a
predisporre,  per  le  aree  a  rischio  idrogeologico, con priorita'
assegnata  a  quelle in cui la maggiore vulnerabilita' del territorio
e'  connessa  con  piu' elevati pericoli per le persone, le cose e il
patrimonio  ambientale,  piani  urgenti  di  emergenza  contenenti le
misure   per   la  salvaguardia  dell'incolumita'  delle  popolazioni
interessate,  compreso  il  preallertamento,  l'allarme e la messa in
salvo preventiva.
   6.  Nei  piani  stralcio  di  cui  al  comma 1 sono individuati le
infrastrutture   e   i   manufatti   che   determinano   il   rischio
idrogeologico.   Sulla   base  di  tali  individuazioni,  le  regioni
stabiliscono le misure di incentivazione a cui i soggetti proprietari
possono   accedere  al  fine  di  adeguare  le  infrastrutture  e  di
rilocalizzare  fuori dall'area a rischio le attivita' produttive e le
abitazioni private. A tale fine le regioni, acquisito il parere degli
enti  locali  interessati,  predispongono,  con  criteri di priorita'
connessi  al  livello  di  rischio,  un piano per l'adeguamento delle
infrastrutture,  determinandone altresi' un congruo termine, e per la
concessione  di  incentivi  finanziari  per la rilocalizzazione delle
attivita'   produttive  e  delle  abitazioni  private  realizzate  in
conformita'  alla  normativa  urbanistica  edilizia  o condonate. Gli
incentivi  sono  attivati nei limiti della quota dei fondi introitati
ai  sensi dell'articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo
1998,  n.  112,  e riguardano anche gli oneri per la demo lizione dei
manufatti;  il  terreno  di  risulta  viene  acquisito  al patrimonio
indisponibile  dei comuni. All'abbattimento dei manufatti si provvede
con  le  modalita'  previste  dalla normativa vigente. Ove i soggetti
interessati  non  si  avvalgano  della  facolta'  di  usufruire delle
predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefici connessi
ai   danni   derivanti   agli  insediamenti  di  loro  proprieta'  in
conseguenza del verificarsi di calamita' naturali.
   7.  Gli atti di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono
contenere  l'indicazione  dei mezzi per la loro realizzazione e della
relativa copertura finanziaria.
                               ART. 68
      (procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio)

   1.  I  progetti  di  piano  stralcio  per  la  tutela  dal rischio
idrogeologico, di cui al comma 1 del articolo 67, non sono sottoposti
a  valutazione  ambientale  strategica  (VAS)  e sono adottati con le
modalita' di cui all'articolo 66.
   2.  L'adozione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico deve
avvenire, sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non
oltre sei mesi dalla data di adozione del relativo progetto di piano.
   3.  Ai fini dell'adozione ed attuazione dei piani stralcio e della
necessaria  coerenza tra pianificazione di distretto e pianificazione
territoriale,  le  regioni  convocano  una  conferenza programmatica,
articolata  per  sezioni provinciali, o per altro ambito territoriale
deliberato  dalle  regioni stesse, alla quale partecipano le province
ed   i   comuni   interessati,   unitamente  alla  regione  e  ad  un
rappresentante dell'Autorita' di bacino.
   4.  La conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto
di  piano  con  particolare  riferimento  alla  integrazione su scala
provinciale  e  comunale  dei  contenuti  del  piano,  prevedendo  le
necessarie prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche.

CAPO III

GLI INTERVENTI

                               ART. 69
                      (programmi di intervento)

   1.  I  piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali
di  intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle
finalita' dei piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per
farvi fronte e della relativa copertura finanziaria.
   2. I programmi triennali debbono destinare una quota non inferiore
al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente a:
    a)  interventi  di  manutenzione  ordinaria  delle  opere,  degli
impianti  e  dei  beni,  compresi mezzi, attrezzature e materiali dei
cantieri-officina e dei magazzini idraulici;
    b)  svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione
interna, di piena e di pronto intervento idraulico;
    c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento
di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del
suolo,  redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilita',
dei  progetti  di  opere  e  degli  studi di valutazione dell'impatto
ambientale delle opere principali.
   3.  Le  regioni,  conseguito il parere favorevole della Conferenza
istituzionale  permanente  di  cui  all'articolo 63, comma 4, possono
provvedere  con  propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di
interventi  previsti  dai  piani  di bacino, sotto il controllo della
predetta conferenza.
   4.  Le  province,  i comuni, le comunita' montane e gli altri enti
pubblici,   previa   autorizzazione  della  Conferenza  istituzionale
permanente  di  cui  all'articolo 63, comma 4, possono concorrere con
propri stanziamenti alla realizzazione di opere e interventi previsti
dai piani di bacino.
                               ART. 70
                      (adozione dei programmi)

   1.  I  programmi  di  intervento  sono  adottati  dalla Conferenza
istituzionale  permanente  di  cui  all'articolo  63,  comma  4; tali
programmi  sono  inviati ai componenti della conferenza stessa almeno
venti  giorni  prima della data fissata per la conferenza; in caso di
decisione  a  maggioranza,  la  delibera di adozione deve fornire una
adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti
espresse in seno alla conferenza.
   2.  La  scadenza  di  ogni  programma triennale e' stabilita al 31
dicembre  dell'ultimo  anno  del  triennio e le somme autorizzate per
l'attuazione  del  programma  per  la  parte eventualmente non ancora
impegnata  alla predetta data sono destinate ad incrementare il fondo
del  programma triennale successivo per l'attuazione degli interventi
previsti dal programma triennale in corso o dalla sua revisione.
   3. Entro il 31 dicembre del penultimo anno del programma triennale
in  corso,  i  nuovi  programmi  di  intervento  relativi al triennio
successivo,  adottati  secondo  le  modalita' di cui al comma 1, sono
trasmessi al ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare)), affinche', entro il successivo 3 giugno, sulla base delle
previsioni   contenute   nei   programmi   e  sentita  la  Conferenza
Stato-regioni,  trasmetta  al  Ministro dell'economia e delle finanze
l'indicazione  del fabbisogno finanziario per il successivo triennio,
ai fini della predisposizione del disegno di legge finanziaria.
   4.  Gli  interventi previsti dai programmi triennali sono di norma
attuati  in  forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in
base  ad  accordi  di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
                               ART. 71
                    (attuazione degli interventi)

   1.    Le    funzioni    di    studio    e   di   progettazione   e
tecnico-organizzative  attribuite  alle  Autorita'  di bacino possono
essere   esercitate   anche  mediante  affidamento  di  incarichi  ad
istituzioni  universitarie,  liberi  professionisti  o organizzazioni
tecnico-professionali   specializzate,  in  conformita'  ad  apposite
direttive  impartite dalla Conferenza istituzionale permanente di cui
all'articolo 63, comma 4.
   2. L'esecuzione di opere di pronto intervento puo' avere carattere
definitivo quando l'urgenza del caso lo richiede.
   3. Tutti gli atti di concessione per l'attuazione di interventi ai
sensi  della  presente  sezione sono soggetti a registrazione a tassa
fissa.
                               ART. 72
                           (finanziamento)

   1.   Ferme   restando   le  entrate  connesse  alle  attivita'  di
manutenzione  ed  esercizio  delle opere idrauliche, di bonifica e di
miglioria  fondiaria,  gli interventi previsti dalla presente sezione
sono  a  totale  carico dello Stato e si attuano mediante i programmi
triennali di cui all'articolo 69.
   2.  Per  le  finalita'  di  cui  al  comma 1, si provvede ai sensi
dell'articolo  11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n.
468.  I predetti stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione
del  Ministero  dell'economia  e  delle finanze fino all'espletamento
della  procedura  di  ripartizione di cui ai commi 3 e 4 del presente
articolo  sulla  cui  base  il Ministro dell'economia e delle finanze
apporta, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.
   3.  Il  Comitato  dei  Ministri di cui all'articolo 57, sentita la
Conferenza Stato-regioni, predispone lo schema di programma nazionale
di  intervento  per  il triennio e la ripartizione degli stanziamenti
tra  le Amministrazioni dello Stato e le regioni, tenendo conto delle
priorita'   indicate   nei  singoli  programmi  ed  assicurando,  ove
necessario,   il  coordinamento  degli  interventi.  A  valere  sullo
stanziamento complessivo autorizzato, lo stesso Comitato dei Ministri
propone   l'ammontare  di  una  quota  di  riserva  da  destinare  al
finanziamento  dei  programmi  per  l'adeguamento ed il potenziamento
funzionale,  tecnico  e scientifico dell' ((Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA))).
   4.  Il  programma  nazionale di intervento e la ripartizione degli
stanziamenti,  ivi  inclusa  la  quota  di  riserva  a  favore  dell'
((Istituto  superiore  per  la  protezione  e la ricerca ambientale))
(((ISPRA))),   sono   approvati  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri, ai sensi dell'articolo 57.
   5. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare)), entro trenta giorni dall'approvazione del programma triennale
nazionale,  su proposta della Conferenza Stato-regioni, individua con
proprio  decreto  le  opere  di  competenza  regionale, che rivestono
grande  rilevanza  tecnico-idraulica  per  la  modifica  del reticolo
idrografico  principale  e  del demanio idrico, i cui progetti devono
essere  sottoposti  al  parere  del  Consiglio  superiore  dei lavori
pubblici, da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta.

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL'INQUINAMENTO


TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE


                               ART. 73
                             (finalita)

   1.  Le  disposizioni  di  cui alla presente sezione definiscono la
disciplina  generale per la tutela delle acque superficiali, marine e
sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:
    a)  prevenire  e  ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento
dei corpi idrici inquinati;
    b)  conseguire  il  miglioramento  dello  stato  delle  acque  ed
adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;
    c)  perseguire  usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche,
con priorita' per quelle potabili;
    d)  mantenere  la capacita' naturale di autodepurazione dei corpi
idrici,  nonche'  la  capacita'  di  sostenere  comunita'  animali  e
vegetali ampie e ben diversificate;
    e)  mitigare  gli  effetti  delle  inondazioni  e  della siccita'
contribuendo quindi a:
     1)  garantire  una fornitura sufficiente di acque superficiali e
sotterranee  di  buona  qualita'  per un utilizzo idrico sostenibile,
equilibrato ed equo;
     2)  ridurre  in  modo  significativo  l'inquinamento delle acque
sotterranee;
     3)  proteggere  le  acque territoriali e marine e realizzare gli
obiettivi  degliaccordi  internazionali  in  materia, compresi quelli
miranti  a impedire ed eliminare l'inquinamento dell'ambiente marino,
allo  scopo  di  arrestare  o eliminare gradualmente gli scarichi, le
emissioni  e  le  perdite  di sostanze pericolose prioritarie al fine
ultimo di pervenire a concentrazioni, nell'ambiente marino, vicine ai
valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine
allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
    f)  impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare
lo  stato  degli  ecosistemi  acquatici, degli ecosistemi terrestri e
delle  zone  umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici
sotto il profilo del fabbisogno idrico.
   2.  Il  raggiungimento  degli  obiettivi  indicati  al  comma 1 si
realizza attraverso i seguenti strumenti:
    a)  l'individuazione  di  obiettivi  di qualita' ambientale e per
specifica destinazione dei corpi idrici;
    b)  la  tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi
nell'ambito  di  ciascun distretto idrografico ed un adeguato sistema
di controlli e di sanzioni;
    c)  il  rispetto  dei  valori  limite agli scarichi fissati dallo
Stato,  nonche'  la  definizione  di  valori limite in relazione agli
obiettivi di qualita' del corpo recettore;
    d)  l'adeguamento  dei  sistemi  di  fognatura,  collettamento  e
depurazione  degli  scarichi  idrici, nell'ambito del servizio idrico
integrato;
    e)  l'individuazione  di misure per la prevenzione e la riduzione
dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
    f)   l'individuazione  di  misure  tese  alla  conservazione,  al
risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche;
    g) l'adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi,
delle  emissioni  e  di  ogni  altra  fonte  di  inquinamento diffuso
contenente  sostanze  pericolose o per la graduale eliminazione degli
stessi   allorche'   contenenti   sostanze   pericolose  prioritarie,
contribuendo a raggiungere nell'ambiente marino concentrazioni vicine
ai  valori  del  fondo  naturale per le sostanze presenti in natura e
vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
    h)  l'adozione  delle  misure volte al controllo degli scarichi e
delle   emissioni  nelle  acque  superficiali  secondo  un  approccio
combinato.
   3.  Il  perseguimento delle finalita' e l'utilizzo degli strumenti
di cui ai commi 1 e 2, nell'ambito delle risorse finanziarie previste
dalla  legislazione  vigente,  contribuiscono  a  proteggere le acque
territoriali  e  marine  e  a  realizzare gli obiettivi degli accordi
internazionali in materia.
                               Art. 74
                             Definizioni

  1. Ai fini della presente sezione si intende per:
    a) abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente
una  richiesta  biochimica  di  ossigeno  a 5 giorni (BOD5) pari a 60
grammi di ossigeno al giorno;
    b)  acque  ciprinicole:  le  acque in cui vivono o possono vivere
pesci appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci,
i pesci persici e le anguille;
    c)  acque  costiere:  le  acque  superficiali situate all'interno
rispetto  a  una  retta  immaginaria  distante, in ogni suo punto, un
miglio  nautico sul lato esterno dal punto piu' vicino della linea di
base  che  serve  da  riferimento  per definire il limite delle acque
territoriali  e che si estendono eventualmente fino al limite esterno
delle acque di transizione;
    d)  acque  salmonicole:  le  acque in cui vivono o possono vivere
pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;
    e)  estuario: l'area di transizione tra le acque dolci e le acque
costiere  alla  foce  di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare
sono  definiti  con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela
del  territorio  e  del  mare;  in  via  transitoria tali limiti sono
fissati a cinquecento metri dalla linea di costa;
    f)  acque  dolci:  le  acque  che si presentano in natura con una
concentrazione  di  sali  tale  da essere considerate appropriate per
l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;
    g)   acque   reflue   domestiche:  acque  reflue  provenienti  da
insediamenti   di   tipo   residenziale  e  da  servizi  e  derivanti
prevalentemente dal metabolismo umano e da attivita' domestiche;
    h)  "acque  reflue  industriali":  qualsiasi tipo di acque reflue
scaricate  da  edifici  od  impianti  in  cui  si  svolgono attivita'
commerciali  o  di  produzione  di  beni,  diverse dalle acque reflue
domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;
    i)  "acque reflue urbane": acque reflue domestiche o il miscuglio
di  acque  reflue  domestiche,  di  acque  reflue  industriali ovvero
meteoriche   di  dilavamento  convogliate  in  reti  fognarie,  anche
separate, e provenienti da agglomerato;
    l)  acque  sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto
della  superficie  del  suolo, nella zona di saturazione e in diretto
contatto con il suolo e il sottosuolo;
    m)  acque termali: le acque minerali naturali di cui all'articolo
2,  comma  1,  lettera  a),  della  legge  24  ottobre  2000, n. 323,
utilizzate per le finalita' consentite dalla stessa legge;
    n) agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le attivita'
produttive,  sono  concentrate in misura tale da rendere ammissibile,
sia  tecnicamente  che  economicamente  in rapporto anche ai benefici
ambientali  conseguibili, la raccolta e il convogliamento delle acque
reflue  urbane  verso  un  sistema di trattamento o verso un punto di
recapito finale;
    o)  applicazione  al  terreno:  l'apporto di materiale al terreno
mediante  spandimento  e/o  mescolamento con gli strati superficiali,
iniezione, interramento;
    p)   utilizzazione   agronomica:  la  gestione  di  effluenti  di
allevamento,  acque  di vegetazione residuate dalla lavorazione delle
olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende
agro-alimentari,  dalla  loro  produzione  fino  all'applicazione  al
terreno  ovvero  al  loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati
all'utilizzo  delle  sostanze  nutritive  e  ammendanti  nei medesimi
contenute;
    q)  autorita'  d'ambito:  la  forma  di cooperazione tra comuni e
province per l'organizzazione del servizio idrico integrato;
    r)  gestore  del  servizio  idrico  integrato:  il  soggetto  che
gestisce  il  servizio  idrico  integrato  in  un ambito territoriale
ottimale  ovvero  il gestore esistente del servizio pubblico soltanto
fino alla piena operativita' del servizio idrico integrato;
    s) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;
    t) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso
quello allo stato molecolare gassoso;
    u)  concimi  chimici:  qualsiasi  fertilizzante prodotto mediante
procedimento industriale;
    v)  effluente  di  allevamento:  le  deiezioni del bestiame o una
miscela  di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di
prodotto  trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attivita'
di piscicoltura;
    z)  eutrofizzazione:  arricchimento  delle acque di nutrienti, in
particolare  modo di composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca
una  abnorme  proliferazione  di alghe e/o di forme superiori di vita
vegetale, producendo la perturbazione dell'equilibrio degli organismi
presenti nell'acqua e della qualita' delle acque interessate;
    aa)  fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19
ottobre  1984,  n.  748,  le  sostanze contenenti uno o piu' composti
azotati,  compresi  gli  effluenti  di  allevamento,  i residui degli
allevamenti  ittici  e  i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la
crescita della vegetazione;
    bb)   fanghi:   i   fanghi  residui,  trattati  o  non  trattati,
provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
    cc)  inquinamento:  l'introduzione diretta o indiretta, a seguito
di  attivita'  umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o
nel  terreno  che  possono  nuocere alla salute umana o alla qualita'
degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono
direttamente  da  ecosistemi  acquatici,  perturbando,  deturpando  o
deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente;
    dd)  "rete fognaria": un sistema di condotte per la raccolta e il
convogliamento delle acque reflue urbane;
    ee)  fognatura  separata:  la  rete  fognaria  costituita  da due
canalizzazioni,  la  prima  delle  quali  adibita alla raccolta ed al
convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o
meno  di  dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di
prima   pioggia,   e   la   seconda   adibita  alla  raccolta  ed  al
convogliamento  delle  acque  reflue urbane unitamente alle eventuali
acque di prima pioggia;
    ff)   scarico:  qualsiasi  immissione  effettuata  esclusivamente
tramite  un  sistema  stabile  di  collettamento  che  collega  senza
soluzione  di  continuita'  il  ciclo di produzione del refluo con il
corpo  ricettore  acque  superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in
rete  fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche
sottoposte  a  preventivo  trattamento di depurazione. Sono esclusi i
rilasci di acque previsti all'articolo 114;
    gg)  acque  di  scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno
scarico;
    hh)  scarichi  esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che
alla  data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al regime
autorizzativo previgente e gli scarichi di impianti di trattamento di
acque  reflue  urbane  per  i quali alla stessa data erano gia' state
completate  tutte  le  procedure  relative  alle  gare  di  appalto e
all'affidamento  dei  lavori,  nonche'  gli  scarichi di acque reflue
domestiche  che  alla  data  del  13 giugno 1999 erano in esercizio e
conformi  al  previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque
reflue  industriali  che  alla  data  del  13  giugno  1999  erano in
esercizio e gia' autorizzati;
    ii)  trattamento  appropriato:  il trattamento delle acque reflue
urbane  mediante  un  processo  ovvero un sistema di smaltimento che,
dopo lo scarico, garantisca la conformita' dei corpi idrici recettori
ai   relativi   obiettivi   di  qualita'  ovvero  sia  conforme  alle
disposizioni della parte terza del presente decreto;
    ll)  trattamento  primario: il trattamento delle acque reflue che
comporti  la  sedimentazione  dei  solidi  sospesi  mediante processi
fisici  e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima dello
scarico  il BOD5 delle acque in trattamento sia ridotto almeno del 20
per cento ed i solidi sospesi totali almeno del 50 per cento;
    mm)  trattamento  secondario:  il  trattamento delle acque reflue
mediante  un processo che in genere comporta il trattamento biologico
con  sedimentazione  secondaria,  o  mediante  altro  processo in cui
vengano  comunque  rispettati  i  requisiti  di  cui  alla  tabella 1
dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
    nn)   stabilimento   industriale,   stabilimento:   tutta  l'area
sottoposta  al controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono
attivita'  commerciali o industriali che comportano la produzione, la
trasformazione e/o l'utilizzazione delle sostanze di cui all'Allegato
8  alla  parte  terza  del  presente  decreto, ovvero qualsiasi altro
processo  produttivo  che comporti la presenza di tali sostanze nello
scarico;
    oo)  valore  limite di emissione: limite di accettabilita' di una
sostanza   inquinante   contenuta   in   uno   scarico,  misurata  in
concentrazione,  oppure  in massa per unita' di prodotto o di materia
prima  lavorata,  o  in massa per unita' di tempo. I valori limite di
emissione  possono  essere  fissati  anche  per  determinati  gruppi,
famiglie  o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle
sostanze  si  applicano  di  norma  nel  punto  di  fuoriuscita delle
emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione;
l'effetto  di una stazione di depurazione di acque reflue puo' essere
preso  in  considerazione  nella  determinazione dei valori limite di
emissione   dell'impianto,  a  condizione  di  garantire  un  livello
equivalente  di  protezione  dell'ambiente  nel  suo insieme e di non
portare carichi inquinanti maggiori nell'ambiente;
    pp)   zone   vulnerabili:   zone   di  territorio  che  scaricano
direttamente  o indirettamente composti azotati di origine agricola o
zootecnica  in  acque  gia'  inquinate  o  che  potrebbero esserlo in
conseguenza di tali tipi di scarichi.
  2. Ai fini della presente sezione si intende inoltre per:
    a)  acque  superficiali:  le acque interne ad eccezione di quelle
sotterranee,  le acque di transizione e le acque costiere, tranne per
quanto  riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse
anche le acque territoriali;
    b)   acque  interne:  tutte  le  acque  superficiali  correnti  o
stagnanti,  e  tutte  le acque sotterranee all'interno della linea di
base  che  serve  da  riferimento  per definire il limite delle acque
territoriali;
    c)  fiume:  un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in
superficie ma che puo' essere parzialmente sotterraneo;
    d) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
    e)   acque   di  transizione:  i  corpi  idrici  superficiali  in
prossimita'  della  foce di un fiume, che sono parzialmente di natura
salina   a  causa  della  loro  vicinanza  alle  acque  costiere,  ma
sostanzialmente influenzate dai flussi di acqua dolce;
    f)  corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato
da un'attivita' umana;
    g)   corpo   idrico   fortemente   modificato:  un  corpo  idrico
superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a
un'attivita' umana, e' sostanzialmente modificata, come risulta dalla
designazione   fattane   dall'autorita'   competente   in  base  alle
disposizioni degli articoli 118 e 120;
    h)   corpo   idrico   superficiale:   un   elemento   distinto  e
significativo  di  acque  superficiali,  quale  un  lago,  un  bacino
artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume
o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;
    i)  falda  acquifera:  uno  o piu' strati sotterranei di roccia o
altri  strati  geologici  di porosita' e permeabilita' sufficiente da
consentire   un   flusso   significativo   di   acque  sotterranee  o
l'estrazione di quantita' significative di acque sotterranee; (22)
    l)   corpo  idrico  sotterraneo:  un  volume  distinto  di  acque
sotterranee contenute da una o piu' falde acquifere;
    m)  bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le
acque  superficiali  attraverso  una  serie  di  torrenti,  fiumi  ed
eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario
o delta;
    n)  sotto-bacino  idrografico:  il  territorio nel quale scorrono
tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi e
laghi  per  sfociare  in  un  punto specifico di un corso d'acqua, di
solito un lago o la confluenza di un fiume;
    o)  distretto  idrografico: l'area di terra e di mare, costituita
da  uno  o piu' bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque
sotterranee  e  costiere  che costituisce la principale unita' per la
gestione dei bacini idrografici;
    p)  stato  delle  acque  superficiali:  l'espressione complessiva
dello  stato  di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore
piu' basso del suo stato ecologico e chimico;
    q) buono stato delle acque superficiali: lo stato raggiunto da un
corpo  idrico  superficiale  qualora  il  suo  stato,  tanto sotto il
profilo  ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito
almeno "buono";
    r) stato delle acque sotterranee: l'espressione complessiva dello
stato  di  un  corpo  idrico sotterraneo, determinato dal valore piu'
basso del suo stato quantitativo e chimico;
    s)  buono stato delle acque sotterranee: lo stato raggiunto da un
corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo
quantitativo  quanto  sotto  quello  chimico,  possa  essere definito
almeno "buono";
    t)  stato ecologico: l'espressione della qualita' della struttura
e  del  funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque
superficiali,  classificato  a norma dell'Allegato 1 alla parte terza
del presente decreto;
    u)   buono   stato   ecologico:  lo  stato  di  un  corpo  idrico
superficiale classificato in base all'Allegato 1 alla parte terza del
presente decreto;
    v)  buon  potenziale  ecologico:  lo  stato  di  un  corpo idrico
artificiale  o fortemente modificato, cosi' classificato in base alle
disposizioni pertinenti dell'Allegato 1 alla parte terza del presente
decreto;
  ((z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo stato chimico
richiesto  per  conseguire,  entro il 22 dicembre 2015, gli obiettivi
ambientali  per  le acque superficiali fissati dalla presente sezione
ossia lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la
concentrazione  degli  inquinanti non superi gli standard di qualita'
ambientali  fissati  per  le sostanze dell'elenco di priorita' di cui
alla  tabella  1/A  della  lettera  A.2.6  dell'allegato 1 alla parte
terza;))
    aa) buono stato chimico delle acque sotterranee: lo stato chimico
di  un corpo idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di
cui  alla tabella B.3.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente
decreto; (22)
    bb)  stato  quantitativo: l'espressione del grado in cui un corpo
idrico sotterraneo e' modificato da estrazioni dirette e indirette;
    cc)  risorse  idriche sotterranee disponibili: il risultato della
velocita'  annua  media  di  ravvenamento globale a lungo termine del
corpo  idrico  sotterraneo  meno  la  velocita'  annua  media a lungo
termine  del  flusso  necessario  per  raggiungere  gli  obiettivi di
qualita'  ecologica  per  le  acque  superficiali  connesse,  di  cui
all'articolo  76,  al  fine di evitare un impoverimento significativo
dello  stato  ecologico  di  tali acque, nonche' danni rilevanti agli
ecosistemi terrestri connessi;
    dd)  buono stato quantitativo: stato definito nella tabella B.1.2
dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto; (22)
    ee)  sostanze  pericolose:  le  sostanze  o  gruppi  di  sostanze
tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di
sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;
    ff)  sostanze  prioritarie  e sostanze pericolose prioritarie: le
sostanze   individuate   con   disposizioni   comunitarie   ai  sensi
dell'articolo 16 della direttiva 2000/60/CE;
    gg)  inquinante:  qualsiasi  sostanza  che  possa  inquinare,  in
particolare  quelle  elencate  nell'Allegato  8  alla parte terza del
presente decreto;
    hh)  immissione  diretta nelle acque sotterranee: l'immissione di
inquinanti  nelle acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il
suolo o il sottosuolo;
    ii)  obiettivi  ambientali:  gli  obiettivi fissati dal titolo II
della parte terza del presente decreto;
    ll)  standard  di  qualita'  ambientale:  la concentrazione di un
particolare  inquinante  o  gruppo  di  inquinanti  nelle  acque, nei
sedimenti  e  nel  biota che non deve essere superata per tutelare la
salute umana e l'ambiente;
    mm)  approccio combinato: l'insieme dei controlli, da istituire o
realizzare,  salvo  diversa  indicazione  delle  normative di seguito
citate,  entro  il  22  dicembre 2012, riguardanti tutti gli scarichi
nelle  acque  superficiali,  comprendenti i controlli sulle emissioni
basati  sulle  migliori  tecniche  disponibili, quelli sui pertinenti
valori  limite  di  emissione e, in caso di impatti diffusi, e quelli
comprendenti,  eventualmente,  le  migliori  prassi  ambientali; tali
controlli sono quelli stabiliti:
     1)  nel  decreto  legislativo  18  febbraio  2005,  n. 59, sulla
prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;
     2)  nella  parte  terza del presente decreto in materia di acque
reflue  urbane,  nitrati  provenienti da fonti agricole, sostanze che
presentano rischi significativi per l'ambiente acquatico o attraverso
l'ambiente  acquatico,  inclusi  i rischi per le acque destinate alla
produzione  di acqua potabile e di scarichi di Hg, Cd, HCH, DDT, PCP,
aldrin,  dieldrin,  endrin,  HCB,  HCBD, cloroformio, tetracloruro di
carbonio, EDC, tricloroetilene, TCB e percloroetilene;
    nn)  acque  destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal
decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;
    oo) servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie,
agli enti pubblici o a qualsiasi attivita' economica:
     1)    estrazione,   arginamento,   stoccaggio,   trattamento   e
distribuzione, di acque superficiali o sotterranee,
     2)  strutture  per  la  raccolta  e  il  trattamento delle acque
reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali;
    pp)  utilizzo delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri
usi risultanti dall'attivita' conoscitiva di cui all'articolo 118 che
incidono  in modo significativo sullo stato delle acque. Tale nozione
si applica ai fini dell'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla
parte terza del presente decreto;
    qq) LETTERA ABROGATA DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N. 4;
    rr)  controlli  delle  emissioni:  i controlli che comportano una
limitazione  specifica  delle  emissioni, ad esempio un valore limite
delle   emissioni,   oppure   che  definiscono  altrimenti  limiti  o
condizioni   in   merito   agli  effetti,  alla  natura  o  ad  altre
caratteristiche   di   un'emissione   o   condizioni   operative  che
influiscono sulle emissioni;
    ss)  costi  ambientali:  i  costi  legati ai danni che l'utilizzo
stesso  delle risorse idriche causa all'ambiente, agli ecosistemi e a
coloro che usano l'ambiente;
    tt)  costi  della  risorsa:  i  costi  delle mancate opportunita'
imposte  ad  altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo
delle  risorse  al  di  la' del loro livello di ripristino e ricambio
naturale;
    uu)  impianto: l'unita' tecnica permanente in cui sono svolte una
o piu' attivita' di cui all'Allegato I del Titolo III-bis della parte
seconda del presente decreto, e qualsiasi altra attivita' accessoria,
che  siano  tecnicamente  connesse  con  le  attivita'  svolte in uno
stabilimento  e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento;
nel  caso  di  attivita' non rientranti nel campo di applicazione del
Titolo  III-bis  della parte seconda del presente decreto, l'impianto
si  identifica  nello  stabilimento.  Nel  caso  di  attivita' di cui
all'Allegato  I del predetto decreto, l'impianto si identifica con il
complesso  assoggettato alla disciplina della prevenzione e controllo
integrati dell'inquinamento.
  ((uu-bis) limite di rivelabilita': il segnale in uscita o il valore
di  concentrazione  al  di  sopra del quale si puo' affermare, con un
livello  di fiducia dichiarato, che un dato campione e' diverso da un
bianco che non contiene l'analita;
    uu-ter)  limite  di  quantificazione:  un multiplo dichiarato del
limite  di  rivelabilita'  a una concentrazione dell'analita che puo'
ragionevolmente  essere  determinata  con  accettabile  accuratezza e
precisione.  Il  limite  di  quantificazione  puo'  essere  calcolato
servendosi di un materiale di riferimento o di un campione adeguato e
puo'  essere ottenuto dal punto di taratura piu' basso sulla curva di
taratura, dopo la sottrazione del bianco;
    uu-quater)  incertezza  di  misura: un parametro non negativo che
caratterizza  la  dispersione dei valori quantitativi attribuiti a un
misurando sulla base delle informazioni utilizzate;
    uu-quinquies)     materiale     di     riferimento:     materiale
sufficientemente   omogeneo   e   stabile   rispetto   a   proprieta'
specificate,  che  si  e'  stabilito essere idonee per un determinato
utilizzo in una misurazione o nell'esame di proprieta' nominali.))

-------------
AGGIORNAMENTO (22)
  Il  D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30 ha disposto (con l'art. 9, comma 1,
lettera  a))  che "le lettere i), aa) e dd) del comma 2 dell'articolo
74  sono  rispettivamente  sostituite  dalle  lettere  m),  c)  e  d)
dell'articolo 2 del presente decreto".
                               ART. 75
                            (competenze)

   1  Nelle  materie  disciplinate  dalle disposizioni della presente
sezione:
    a)  lo  Stato  esercita  le  competenze  ad esso spettanti per la
tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema  attraverso  il  ((Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), fatte salve
le  competenze  in  materia  igienico-sanitaria spettanti al Ministro
della salute;
    b)  le  regioni  e  gli  enti  locali  esercitano le funzioni e i
compiti    ad    essi   spettanti   nel   quadro   delle   competenze
costituzionalmente  determinate  e  nel  rispetto  delle attribuzioni
statali.
   2.  Con  riferimento  alle  funzioni  e  ai compiti spettanti alle
regioni  e  agli  enti  locali,  in caso di accertata inattivita' che
comporti  inadempimento  agli  obblighi  derivanti  dall'appartenenza
all'Unione  europea,  pericolo  di  grave  pregiudizio  alla salute o
all'ambiente  oppure  inottemperanza  ad obblighi di informazione, il
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri, su proposta del ((Ministro
dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare))per materia,
assegna  all'ente  inadempiente  un  congruo  termine per provvedere,
decorso  inutilmente  il  quale il Consiglio dei Ministri, sentito il
soggetto  inadempiente,  nomina  un  commissario  che provvede in via
sostitutiva.   Gli   oneri   economici   connessi   all'attivita'  di
sostituzione  sono  a  carico dell'ente inadempiente. Restano fermi i
poteri  di  ordinanza  previsti  dall'ordinamento  in caso di urgente
necessita'  e  le  disposizioni  in  materia  di  poteri  sostitutivi
previste   dalla   legislazione   vigente,  nonche'  quanto  disposto
dall'articolo 132.
   3.  Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione della parte
terza  del  presente decreto sono stabilite negli Allegati al decreto
stesso  e  con uno o piu' regolamenti adottati ai sensi dell'articolo
17,  comma  3,  della  legge  23 agosto 1988, n. 400, su proposta del
((Ministro   dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  del
mare))previa  intesa  con  la  Conferenza Stato-regioni; attraverso i
medesimi  regolamenti possono altresi' essere modificati gli Allegati
alla  parte  terza  del presente decreto per adeguarli a sopravvenute
esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche.
   4.  Con  decreto  dei  Ministri competenti per materia si provvede
alla  modifica  degli  Allegati alla parte terza del presente decreto
per  dare  attuazione  alle direttive che saranno emanate dall'Unione
europea, per le parti in cui queste modifichino modalita' esecutive e
caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell'Unione europea
recepite  dalla  parte  terza  del  presente  decreto, secondo quanto
previsto dall'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
   5.   Le  regioni  assicurano  la  piu'  ampia  divulgazione  delle
informazioni  sullo  stato  di  qualita' delle acque e trasmettono al
Dipartimento  tutela  delle  acque  interne e marine dell' ((Istituto
superiore  per  la protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA))) i
dati  conoscitivi  e  le  informazioni  relative all'attuazione della
parte  terza  del  presente  decreto, nonche' quelli prescritti dalla
disciplina comunitaria, secondo le modalita' indicate con decreto del
((Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)),
di  concerto  con  i  Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome  di  Trento e di Bolzano. Il Dipartimento tutela delle acque
interne  e  marine  dell' ((Istituto superiore per la protezione e la
ricerca   ambientale))   (((ISPRA)))  elabora  a  livello  nazionale,
nell'ambito  del  Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA),
le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al
((Ministero  dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare))
anche  per  l'invio  alla  Commissione europea. Con lo stesso decreto
sono  individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute
a  trasmettere  al  ((Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e  del  mare))i  provvedimenti  adottati  ai  fini  delle
comunicazioni   all'Unione   europea  o  in  ragione  degli  obblighi
internazionali assunti.
   6.  Le  regioni  favoriscono  l'attiva  partecipazione di tutte le
parti  interessate  all'attuazione  della  parte  terza  del presente
decreto   in   particolare  in  sede  di  elaborazione,  revisione  e
aggiornamento dei piani di tutela di cui all'articolo 121.
   7.  Le  regioni  provvedono affinche' gli obiettivi di qualita' di
cui  agli  articoli  76  e 77 ed i relativi programmi di misure siano
perseguiti   nei   corpi  idrici  ricadenti  nei  bacini  idrografici
internazionali   in  attuazione  di  accordi  tra  gli  stati  membri
interessati, avvalendosi a tal fine di strutture esistenti risultanti
da accordi internazionali.
   8.  Qualora  il  distretto  idrografico  superi  i  confini  della
Comunita'  europea,  lo  Stato  e  le  regioni  esercitano le proprie
competenze  adoperandosi per instaurare un coordinamento adeguato con
gli  Stati  terzi  coinvolti, al fine realizzare gli obiettivi di cui
alla   parte  terza  del  presente  decreto  in  tutto  il  distretto
idrografico.
   9.  I  consorzi  di  bonifica  e  di irrigazione, anche attraverso
appositi accordi di programma con le competenti autorita', concorrono
alla   realizzazione  di  azioni  di  salvaguardia  ambientale  e  di
risanamento  delle  acque  anche  al  fine  della  loro utilizzazione
irrigua,   della   rinaturalizzazione   dei  corsi  d'acqua  e  della
filodepurazione.

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA'


CAPO I
OBIETTIVO DI QUALITA' AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITA' PER
SPECIFICA DESTINAZIONE


                               ART. 76
                       (disposizioni generali)

   1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali
e  sotterranee,  la  parte  terza  del presente decreto individua gli
obiettivi   minimi   di   qualita'  ambientale  per  i  corpi  idrici
significativi  e gli obiettivi di qualita' per specifica destinazione
per  i corpi idrici di cui all'articolo 78, da garantirsi su tutto il
territorio nazionale.
   2.  L'obiettivo  di  qualita'  ambientale  e' definito in funzione
della  capacita' dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di
autodepurazione  e di supportare comunita' animali e vegetali ampie e
ben diversificate.
   3. L'obiettivo di qualita' per specifica destinazione individua lo
stato  dei  corpi  idrici  idoneo ad una particolare utilizzazione da
parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.
   4.  In  attuazione  della  parte  terza  del presente decreto sono
adottate, mediante il Piano di tutela delle acque di cui all'articolo
121,  misure  atte  a  conseguire  gli obiettivi seguenti entro il 22
dicembre 2015;
    a)  sia  mantenuto  o  raggiunto per i corpi idrici significativi
superficiali   e   sotterranei  l'obiettivo  di  qualita'  ambientale
corrispondente allo stato di "buono";
    b)  sia  mantenuto,  ove  gia'  esistente,  lo  stato di qualita'
ambientale  "elevato"  come definito nell'Allegato 1 alla parte terza
del presente decreto;
    c)  siano  mantenuti  o  raggiunti  altresi' per i corpi idrici a
specifica  destinazione  di  cui  all'articolo  79  gli  obiettivi di
qualita'  per specifica destinazione di cui all'Allegato 2 alla parte
terza  del  presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti
dalla normativa previgente.
   5.  Qualora  per  un  corpo  idrico  siano  designati obiettivi di
qualita'  ambientale  e  per specifica destinazione che prevedono per
gli  stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati
quelli  piu'  cautelativi quando essi si riferiscono al conseguimento
dell'obiettivo  di qualita' ambientale; l'obbligo di rispetto di tali
valori limite decorre dal 22 dicembre 2015.
   6. Il Piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di
qualita' ambientale con i diversi obiettivi di qualita' per specifica
destinazione.
   7.  Le  regioni  possono definire obiettivi di qualita' ambientale
piu'  elevati,  nonche'  individuare ulteriori destinazioni dei corpi
idrici e relativi obiettivi di qualita'.
                               ART. 77
                   (individuazione e perseguimento
               dell'obiettivo di qualita' ambientale)

   1.  Entro  dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte
terza  del presente decreto, sulla base dei dati gia' acquisiti e dei
risultati  del  primo  rilevamento effettuato ai sensi degli articoli
118  e 120, le regioni che non vi abbiano provveduto identificano per
ciascun  corpo  idrico  significativo,  o parte di esso, la classe di
qualita'  corrispondente  ad  una  di quelle indicate nell'Allegato 1
alla parte terza del presente decreto.
   2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni
stabiliscono  e  adottano le misure necessarie al raggiungimento o al
mantenimento   degli   obiettivi   di   qualita'  ambientale  di  cui
all'articolo  76,  comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico
massimo  ammissibile,  ove fissato sulla base delle indicazioni delle
Autorita'  di  bacino,  e  assicurando in ogni caso per tutti i corpi
idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.
   3.   Al   fine   di  assicurare  entro  il  22  dicembre  2015  il
raggiungimento  dell'obiettivo  di qualita' ambientale corrispondente
allo  stato  di  "buono", entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico
superficiale  classificato  o tratto di esso deve conseguire almeno i
requisiti  dello  stato  di  "sufficiente" di cui all'Allegato 1 alla
parte terza del presente decreto.
   4.  Le  acque ricadenti nelle aree protette devono essere conformi
agli  obiettivi  e  agli standard di qualita' fissati nell'Allegato 1
alla  parte terza del presente decreto, secondo le scadenze temporali
ivi  stabilite, salvo diversa disposizione della normativa di settore
a norma della quale le singole aree sono state istituite.
   5.  La  designazione  di  un corpo idrico artificiale o fortemente
modificato  e  la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate
nei  piani  di  bacino  e  sono riesaminate ogni sei anni. Le regioni
possono  definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato
quando:
    a)  le  modifiche  delle caratteristiche idromorfologiche di tale
corpo,  necessarie  al  raggiungimento  di  un buono stato ecologico,
abbiano conseguenze negative rilevanti:
     1) sull'ambiente in senso ampio;
     2) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o sul
diporto;
     3)  sulle attivita' per le quali l'acqua e' accumulata, quali la
fornitura   di   acqua   potabile,   la   produzione   di  energia  o
l'irrigazione;
     4)   sulla   regolazione   delle   acque,  la  protezione  dalle
inondazioni o il drenaggio agricolo;
     5)  su  altre attivita' sostenibili di sviluppo umano ugualmente
importanti;
    b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali
o modificate del corpo idrico non possano, per motivi di fattibilita'
tecnica  o  a  causa  dei  costi sproporzionati, essere raggiunti con
altri  mezzi che rappresentino un'opzione significativamente migliore
sul piano ambientale.
   ((6.  Le regioni possono motivatamente prorogare il termine del 23
dicembre  2015  per  poter  conseguire gradualmente gli obiettivi dei
corpi  idrici  purche'  non  si verifichi un ulteriore deterioramento
dello   stato  dei  corpi  idrici  e  sussistano  tutte  le  seguenti
condizioni:
    a)  i  miglioramenti  necessari  per  il raggiungimento del buono
stato  di  qualita'  ambientale  non possono essere raggiunti entro i
termini stabiliti almeno per uno dei seguenti motivi:
     1)  i  miglioramenti dello stato dei corpi idrici possono essere
conseguiti  per motivi tecnici solo in fasi successive al 23 dicembre
2015;
     2)  il  completamento  dei miglioramenti entro i termini fissati
sarebbe sproporzionalmente costoso;
     3)  le  condizioni  naturali non consentono il miglioramento del
corpo idrico nei tempi richiesti;
    b)  la  proroga  dei  termini  e  le  relative  motivazioni  sono
espressamente indicate nei piani di cui agli articoli 117 e 121;
    c)  le  proroghe non possono superare il periodo corrispondente a
due  ulteriori  aggiornamenti dei piani di cui alla lettera b), fatta
eccezione  per i casi in cui le condizioni naturali non consentano di
conseguire gli obiettivi entro detto periodo;
    d)  l'elenco  delle  misure,  la  necessita'  delle stesse per il
miglioramento    progressivo    entro   il   termine   previsto,   la
giustificazione   di   ogni  eventuale  significativo  ritardo  nella
attuazione delle misure, nonche' il relativo calendario di attuazione
delle  misure  devono  essere riportati nei piani di cui alla lettera
b). Le informazioni devono essere aggiornate nel riesame dei piani.))
   ((7.  Le  regioni,  per  alcuni corpi idrici, possono stabilire di
conseguire  obiettivi  ambientali  meno rigorosi rispetto a quelli di
cui  al  comma  4,  qualora, a causa delle ripercussioni dell'impatto
antropico rilevato ai sensi dell'articolo 118 o delle loro condizioni
naturali,  non  sia  possibile  o  sia esageratamente oneroso il loro
raggiungimento.   Devono,   in   ogni  caso,  ricorrere  le  seguenti
condizioni:
    a)  la  situazione  ambientale  e  socioeconomica non consente di
prevedere   altre   opzioni  significativamente  migliori  sul  piano
ambientale ed economico;
    b) la garanzia che:
     1)  per le acque superficiali venga conseguito il migliore stato
ecologico  e  chimico  possibile,  tenuto conto degli impatti che non
potevano  ragionevolmente essere evitati per la natura dell'attivita'
umana o dell'inquinamento;
     2)  per le acque sotterranee siano apportate modifiche minime al
loro  stato  di qualita', tenuto conto degli impatti che non potevano
ragionevolmente  essere  evitati per la natura dell'attivita' umana o
dell'inquinamento;
     c)  per  lo  stato  del  corpo  idrico  non  si  verifichi alcun
ulteriore deterioramento;
     d)   gli  obiettivi  ambientali  meno  rigorosi  e  le  relative
motivazioni  figurano  espressamente nel piano di gestione del bacino
idrografico  e  del  piano di tutela di cui agli articoli 117 e 121 e
tali obiettivi sono rivisti ogni sei anni nell'ambito della revisione
di detti piani.))
   8.   Quando  ricorrono  le  condizioni  di  cui  al  comma  7,  la
definizione di obiettivi meno rigorosi e' consentita purche' essi non
comportino l'ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e,
fatto  salvo  il  caso  di  cui alla lettera b) del medesimo comma 7,
purche'  non  sia  pregiudicato  il  raggiungimento  degli  obiettivi
fissati  dalla parte terza del presente decreto in altri corpi idrici
compresi nello stesso bacino idrografico.
   9.  Nei  casi  previsti  dai commi 6 e 7, i Piani di tutela devono
comprendere  le  misure  volte  alla  tutela  del  corpo  idrico, ivi
compresi  i  provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina
degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi,
nonche' le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni
eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.
   10.  Il  deterioramento  temporaneo  dello  stato del corpo idrico
dovuto  a  circostanze  naturali  o  di  forza maggiore eccezionali e
ragionevolmente  imprevedibili,  come  alluvioni  violente e siccita'
prolungate,  o conseguente a incidenti ragionevolmente imprevedibili,
non da' luogo una violazione delle prescrizioni della parte terza del
presente decreto, purche' ricorrano tutte le seguenti condizioni:
    a)   che  siano  adottate  tutte  le  misure  volte  ad  impedire
l'ulteriore deterioramento dello stato di qualita' dei corpi idrici e
la   compromissione   del   raggiungimento  degli  obiettivi  di  cui
all'articolo  76  ed  al  presente articolo in altri corpi idrici non
interessati alla circostanza;
    b)  che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni in
cui   detti   eventi   possano   essere   dichiarati  ragionevolmente
imprevedibili   o   eccezionali,   anche   adottando  gli  indicatori
appropriati;
    c)   che   siano   previste  ed  adottate  misure  idonee  a  non
compromettere il ripristino della qualita' del corpo idrico una volta
conclusisi gli eventi in questione;
    d) che gli effetti degli eventi eccezionali o imprevedibili siano
sottoposti  a  un  riesame  annuale  e, con riserva dei motivi di cui
all'articolo  76, comma 4, lettera a), venga fatto tutto il possibile
per   ripristinare   nel   corpo   idrico,   non   appena   cio'  sia
ragionevolmente fattibile, lo stato precedente tali eventi;
    e)  che  una  sintesi  degli  effetti degli eventi e delle misure
adottate  o da adottare sia inserita nel successivo aggiornamento del
Piano di tutela.
   ((10-bis.  Le  regioni  non  violano  le disposizioni del presente
decreto nei casi in cui:
    a)   il   mancato  raggiungimento  del  buon  stato  delle  acque
sotterranee,  del  buono  stato ecologico delle acque superficiali o,
ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l'incapacita' di
impedire   il   deterioramento   del   corpo  idrico  superficiale  e
sotterraneo  sono  dovuti  a  nuove  modifiche  delle caratteristiche
fisiche   di   un   corpo   idrico   superficiale  o  ad  alterazioni
idrogeologiche dei corpi idrici sotterranei;
    b)  l'incapacita'  di  impedire  il  deterioramento  da uno stato
elevato  ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto
a nuove attivita' sostenibili di sviluppo umano purche' sussistano le
seguenti condizioni:
     1)   siano  state  avviate  le  misure  possibili  per  mitigare
l'impatto negativo sullo stato del corpo idrico;
     2)  siano  indicate  puntualmente ed illustrate nei piani di cui
agli  articoli  117  e  121  le  motivazioni  delle modifiche o delle
alterazioni e gli obiettivi siano rivisti ogni sei anni;
     3)  le  motivazioni  delle  modifiche o delle alterazioni di cui
alla lettera b) siano di prioritario interesse pubblico ed i vantaggi
per  l'ambiente  e  la  societa',  risultanti dal conseguimento degli
obiettivi  di  cui  al  comma 1, siano inferiori rispetto ai vantaggi
derivanti  dalle  modifiche  o dalle alterazioni per la salute umana,
per   il  mantenimento  della  sicurezza  umana  o  per  lo  sviluppo
sostenibile;
     4) per motivi di fattibilita' tecnica o di costi sproporzionati,
i  vantaggi  derivanti  dalle modifiche o dalle alterazioni del corpo
idrico non possano essere conseguiti con altri mezzi che garantiscono
soluzioni ambientali migliori.))
                               ART. 78
     ((Standard di qualita' ambientale per le acque superficiali

  1.  Ai  fini  della identificazione del buono stato chimico, di cui
all'articolo  74,  comma  2, lettera z), si applicano ai corpi idrici
superficiali   gli   standard  di  qualita'  ambientale,  di  seguito
denominati:  "SQA",  di  cui  alla lettera A.2.6 dell'allegato 1 alla
parte terza.
  2.  Per  le  finalita'  di cui al comma 1, le regioni e le province
autonome  di  Trento e di Bolzano adottano per la colonna d'acqua gli
SQA  di cui alla tabella 1/A della lettera A.2.6 dell'allegato 1 alla
parte  terza,  secondo  le modalita' riportate alla lettera A.2.8 del
medesimo allegato.
  3.  Le  regioni  e  le province autonome di Trento e di Bolzano, in
alternativa alle disposizioni di cui al comma 2, possono identificare
il  buono  stato chimico delle acque marino-costiere e delle acque di
transizione,  utilizzando  le matrici sedimenti e biota limitatamente
alle  sostanze per le quali sono definiti SQA nelle suddette matrici.
In tal caso le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano:
    a)  applicano  per  il  biota  gli SQA riportati alla tabella 3/A
della lettera A.2.6. dell'allegato 1 alla parte terza;
    b)  applicano  per i sedimenti gli SQA riportati alla tabella 2/A
della lettera A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza;
    c)  rispettano  le  disposizioni  di  cui  alla  lettera  A.2.6.1
dell'allegato   1   alla   parte   terza   concernenti  modalita'  di
monitoraggio e classificazione;
    d)  trasmettono  al  Ministero  dell'ambiente  e della tutela del
territorio  e  del  mare,  le  motivazioni  della  scelta, al fine di
fornire elementi di supporto per la notifica alla Commissione europea
e agli altri Stati membri, tramite il comitato di cui all'articolo 21
della direttiva 2000/60/CE, secondo la procedura prevista dalle norme
comunitarie.
  4.  Per  le  sostanze  per  le  quali  non sono definiti SQA per le
matrici  sedimenti  e biota nelle acque marino-costiere e nelle acque
di  transizione,  le  regioni  e  le province autonome di Trento e di
Bolzano effettuano il monitoraggio nella colonna d'acqua applicando i
relativi  SQA  di  cui  alla  tabella  1/A dell'allegato 1 alla parte
terza.
  5.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento e di Bolzano
effettuano   l'analisi   della   tendenza   a   lungo  termine  delle
concentrazioni  delle  sostanze  dell'elenco di priorita' di cui alla
tabella  1/A,  lettera  A.2.6  dell'allegato  1  alla parte terza che
tendono  ad accumularsi nei sedimenti e nel biota, ovvero in una sola
delle  due  matrici,  con  particolare  attenzione  per  le  sostanze
riportate nella citata tabella ai numeri 2, 4, 7, 13, 14, 17, 18, 19,
20, 21, 23, 28, 30 e 34, conformemente al punto A.3.2.4 dell'allegato
1 alla parte terza.
  6.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento e di Bolzano
adottano   misure  atte  a  garantire  che  tali  concentrazioni  non
aumentino  in  maniera significativamente rilevante nei sedimenti e/o
nel biota.
  7.   Le   disposizioni   del   presente   articolo   concorrono  al
raggiungimento  entro il 20 novembre 2021 dell'obiettivo di eliminare
le  sostanze pericolose prioritarie indicate come PP alla tabella 1/A
della lettera A.2.6. dell'allegato 1 alla parte terza negli scarichi,
nei   rilasci   da   fonte   diffusa  e  nelle  perdite,  nonche'  al
raggiungimento dell'obiettivo di ridurre gradualmente negli stessi le
sostanze  prioritarie  individuate come P nella medesima tabella. Per
le   sostanze   indicate   come   E   l'obiettivo   e'  di  eliminare
l'inquinamento  delle  acque  causato  da  scarichi, rilasci da fonte
diffusa e perdite.))
                            ART. 78-bis.
                       ((Zone di mescolamento

  1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono
designare zone di mescolamento adiacenti ai punti di scarico di acque
reflue  contenenti sostanze dell'elenco di priorita' nel rispetto dei
criteri  tecnici  stabiliti con decreto del Ministero dell'ambiente e
della  tutela del territorio e del mare, sulla base delle linee guida
definite  a  livello comunitario, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo
4,  della  direttiva  2008/105/CE.  Le  concentrazioni  di una o piu'
sostanze  di  detto elenco possono superare, nell'ambito di tali zone
di mescolamento, gli SQA applicabili, a condizione che il superamento
non  abbia conseguenze sulla conformita' agli SQA del resto del corpo
idrico superficiale.
  2.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento e di Bolzano
designano  le  zone  di  mescolamento assicurando che l'estensione di
ciascuna di tali zone:
    a) sia limitata alle vicinanze del punto di scarico;
    b)  sia  calibrata  sulla base delle concentrazioni di inquinanti
nel punto di scarico, dell'applicazione delle disposizioni in materia
di  disciplina  degli  scarichi  di  cui  alla  normativa  vigente  e
dell'adozione  delle  migliori  tecniche disponibili, in funzione del
raggiungimento o mantenimento degli obiettivi ambientali.
  3.  Le  regioni,  le  province autonome di Trento e di Bolzano e le
autorita'  di  distretto  riportano,  rispettivamente,  nei  piani di
tutela  e  nei  piani  di  gestione le zone di mescolamento designate
indicando:
    a) l'ubicazione e l'estensione;
    b)  gli  approcci  e  le  metodologie applicati per definire tali
zone;
    c)   le   misure  adottate  allo  scopo  di  limitare  in  futuro
l'estensione delle zone di mescolamento, quali quelle necessarie alla
riduzione   ed   all'eliminazione   dell'inquinamento   delle   acque
superficiali  causato  dalle  sostanze  dell'elenco di priorita' o le
misure  consistenti  nel  riesame  delle autorizzazioni rilasciate ai
sensi  del  decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e successive
modificazioni,  o delle autorizzazioni preventive rilasciate ai sensi
del presente decreto.
  4.  Le  disposizioni  di  cui al presente articolo non si applicano
nelle  aree  protette  elencate all'allegato 9, alle lettere i), ii),
iii), v).))
                            Art. 78-ter.
  ((Inventario dei rilasci da fonte diffusa, degli scarichi e delle
                               perdite

  1.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di Trento e di Bolzano,
ciascuna  per  la  parte  di  territorio  di  competenza ricadente in
ciascun  distretto  idrografico, mettono a disposizione attraverso il
sistema  SINTAI  le  informazioni  di  cui  alla  lettera A.2.8.-ter,
sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalita' per la
classificazione   dello   stato   di   qualita'   dei  corpi  idrici"
dell'allegato  1  alla  parte  terza,  secondo  le scadenze temporali
riportate  nel medesimo allegato. Le informazioni sono ricavate sulla
base  dell'attivita'  di  monitoraggio  e  dell'attivita' conoscitiva
delle pressioni e degli impatti di cui rispettivamente all'allegato 1
e all'allegato 3 - sezione C, alla parte terza.
  2.  L'Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, di
seguito:  ISPRA,  rende  disponibili  attraverso  il sistema SINTAI i
formati standard, aggiornandoli sulla base delle linee guida adottate
a  livello comunitario, nonche' i servizi per la messa a disposizione
delle  informazioni  da parte delle regioni e delle province autonome
di Trento e di Bolzano.
  3. L'ISPRA elabora l'inventario, su scala di distretto, dei rilasci
derivanti  da  fonte  diffusa,  degli  scarichi  e  delle perdite, di
seguito  "l'inventario",  distinto  in  due sezioni: sezione A per le
sostanze  appartenenti  all'elenco  di  priorita'  e sezione B per le
sostanze  non  appartenenti  a  detto  elenco  di  priorita'. L'ISPRA
effettua ulteriori elaborazioni sulla base di specifiche esigenze del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  4.  L'inventario  e'  redatto  sulla  base della elaborazione delle
informazioni  di  cui al comma 1, dei dati raccolti in attuazione del
regolamento  (CE)  n.  166/2006,  nonche'  sulla  base  di altri dati
ufficiali.  Nell'inventario sono altresi' riportate, ove disponibili,
le  carte  topografiche  e,  ove  rilevate, le concentrazioni di tali
sostanze ed inquinanti nei sedimenti e nel biota.
  5.  L'inventario  e'  finalizzato  a  verificare  il raggiungimento
dell'obiettivo  di  cui  ai  commi  1  e  7  dell'articolo  78, ed e'
sottoposto  a riesami sulla base degli aggiornamenti effettuati dalle
regioni  e  dalle  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  in
attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 118, comma 2.
  6. L' ISPRA, previa verifica e validazione da parte delle regioni e
delle  province autonome di Trento e di Bolzano, mette a disposizione
di  ciascuna  autorita'  di distretto, tramite il sistema SINTAI, gli
inventari  aggiornati  su scala distrettuale ai fini dell'inserimento
della  sezione A dell'inventario nei piani di gestione riesaminati da
pubblicare.))
                           Art. 78-quater.
                   ((Inquinamento transfrontaliero

  1.  Qualora  si  verifichi  un  superamento  di  un  SQA nei bacini
idrografici  transfrontalieri,  le  regioni e le province autonome di
Trento  e  di  Bolzano  interessate  non si ritengono inadempienti se
possono dimostrare che:
    a) il superamento dell'SQA e' dovuto ad una fonte di inquinamento
al di fuori della giurisdizione nazionale;
    b) a causa di tale inquinamento transfrontaliero si e' verificata
l'impossibilita'  di adottare misure efficaci per rispettare l'SQA in
questione;
    c)   sia   stato   applicato,  per  i  corpi  idrici  colpiti  da
inquinamento  transfrontaliero,  il  meccanismo  di  coordinamento ai
sensi  dei  commi  7  e  8 dell'articolo 75 e, se del caso, sia stato
fatto   ricorso  alle  disposizioni  di  cui  ai  commi  6,  7  e  10
dell'articolo 77.
  2.  Qualora  si  verifichino  le  circostanze di cui al comma 1, le
regioni,  le  province autonome di Trento e di Bolzano e le autorita'
di  distretto  competenti  forniscono  le  informazioni necessarie al
Ministero  dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per
il  successivo  inoltro  alla Commissione europea e predispongono una
relazione  sintetica  delle misure adottate riguardo all'inquinamento
transfrontaliero  da  inserire  rispettivamente nel piano di tutela e
nel piano di gestione.))
                         Art. 78-quinquies.
                  ((Metodi di analisi per le acque
                     superficiali e sotterranee

  1.  L'ISPRA  assicura che i metodi di analisi, compresi i metodi di
laboratorio,  sul campo e on line, utilizzati dalle agenzie regionali
per la protezione dell'ambiente , di seguito: "ARPA", e dalle agenzie
provinciali  per  la protezione dell'ambiente, di seguito: "APPA", ai
fini   del   programma   di  monitoraggio  chimico  svolto  ai  sensi
dell'allegato  1 alla parte terza, siano convalidati e documentati ai
sensi  della  norma  UNI-EN  ISO/CEI  -  17025:2005  o di altre norme
equivalenti internazionalmente accettate.
  2.  Ai  fini dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo
78,  commi  1 e 2, e 78-bis, il monitoraggio e' effettuato applicando
le  metodiche  di  campionamento  e di analisi riportati alle lettere
A.2.8, punti 16, 17 e 18, e A.3.10 dell'allegato 1 alla parte terza.
  3.  Le  disposizioni  di  cui  al  presente articolo, agli articoli
78-sexies,  78-septies  e  78-octies ed alla lettera A.2.8.-bis della
sezione  A  "Stato delle acque superficiali" della parte 2 "Modalita'
per   la   classificazione   dello   stato   di  qualita'  dei  corpi
idrici"dell'allegato  1  alla  parte terza si applicano per l'analisi
chimica e il monitoraggio dello stato dei corpi idrici superficiali e
sotterranei.))
                           Art. 78-sexies.
                  ((Requisiti minimi di prestazione
                       per i metodi di analisi

  1. L'ISPRA verifica che i requisiti minimi di prestazione per tutti
i metodi di analisi siano basati su una incertezza di misura definita
conformemente  ai  criteri tecnici riportati alla lettera A.2.8.-bis,
sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalita' per la
classificazione   dello   stato   di   qualita'   dei  corpi  idrici"
dell'allegato 1 alla parte terza.
  2.  In  mancanza  di  standard  di  qualita' ambientali per un dato
parametro  o  di un metodo di analisi che rispetti i requisiti minimi
di prestazione di cui al comma 1, le ARPA e le APPA assicurano che il
monitoraggio sia svolto applicando le migliori tecniche disponibili a
costi sostenibili.))
                          Art. 78-septies.
                      ((Calcolo dei valori medi

  1.  Ai  fini  del  calcolo  dei  valori medi si applicano i criteri
tecnici  riportati  alla  lettera  A.2.8.-bis, sezione A "Stato delle
acque  superficiali", parte 2 "Modalita' per la classificazione dello
stato  di  qualita'  dei  corpi  idrici"  dell'allegato  1 alla parte
terza.))
                           Art. 78-octies.
                 ((Garanzia e controllo di qualita'

  1.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento e di Bolzano
assicurano  che  i  laboratori delle Agenzie regionali per l'ambiente
(ARPA),  e  delle  agenzie provinciali per l'ambiente (APPA), o degli
enti appaltati da queste ultime applichino pratiche di gestione della
qualita'    conformi   a   quanto   previsto   dalla   norma   UNI-EN
ISO/CEI-17025:2005  e  successive  modificazioni  o  da  altre  norme
equivalenti internazionalmente riconosciute.
  2.  L'ISPRA  assicura la comparabilita' dei risultati analitici dei
laboratori  ARPA, APPA o degli enti appaltati da queste ultime, sulla
base:
    a)  della  promozione  di  programmi  di  prove  valutative delle
competenze  che  comprendono  i metodi di analisi di cui all'articolo
78-quinquies   per   i   misurandi   a   livelli   di  concentrazione
rappresentativi dei programmi di monitoraggio delle sostanze chimiche
svolti ai sensi del presente decreto;
    b)  dell'analisi  di  materiali di riferimento rappresentativi di
campioni  prelevati  nelle attivita' di monitoraggio e che contengono
livelli di concentrazioni adeguati rispetto agli standard di qualita'
ambientali di cui all'articolo 78-sexies, comma 1.
  3.  I  programmi di prove valutative di cui al comma 2, lettera a),
vengono  organizzati  dall'ISPRA  o  da altri organismi accreditati a
livello   nazionale   o  internazionale,  che  rispettano  i  criteri
stabiliti  dalla  norma  UNI  EN  ISO/CEI 17043:2010 o da altre norme
equivalenti   accettate   a  livello  internazionale.  L'esito  della
partecipazione a tali programmi viene valutato sulla base dei sistemi
di  punteggio  definiti  dalla norma UNI EN ISO/CEI 17043:2010, dalla
norma  ISO-13528:2006 o da altre norme equivalenti internazionalmente
accettate.))
                               ART. 79
         (obiettivo di qualita' per specifica destinazione)

   1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:
    a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua
potabile;
    b) le acque destinate alla balneazione;
    c)  le  acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per
essere idonee alla vita dei pesci;
    d) le acque destinate alla vita dei molluschi.
   2.  Fermo  restando quanto disposto dall'articolo 76, commi 4 e 5,
per  le  acque  indicate  al comma 1, e' perseguito, per ciascun uso,
l'obiettivo   di   qualita'   per  specifica  destinazione  stabilito
nell'Allegato   2  alla  parte  terza  del  presente  decreto,  fatta
eccezione per le acque di balneazione.
   3.  Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente
idrico,  stabiliscono  programmi,  che  vengono recepiti nel Piano di
tutela,  per  mantenere  o adeguare la qualita' delle acque di cui al
comma  1  all'obiettivo  di  qualita'  per specifica destinazione. Le
regioni predispongono apposito elenco aggiornato periodicamente delle
acque di cui al comma 1.

CAPO II

ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE


                               ART. 80
  (acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile)

   1.  Le acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate
alla  produzione  di  acqua potabile, sono classificate dalle regioni
nelle  categorie  Al,  A2  e  A3, secondo le caratteristiche fisiche,
chimiche  e  microbiologiche  di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2
alla parte terza del presente decreto.
   2.  A  seconda  della  categoria  di  appartenenza, le acque dolci
superficiali  di  cui  al  comma  1  sono  sottoposte  ai trattamenti
seguenti:
    a) Categoria Al: trattamento fisico semplice e disinfezione;
    b)   Categoria   A2:  trattamento  fisico  e  chimico  normale  e
disinfezione;
    c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento
e disinfezione.
   3.  Le  regioni  inviano  i  dati  relativi al monitoraggio e alla
classificazione  delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della
salute, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.
   4.  Le  acque  dolci  superficiali  che presentano caratteristiche
fisiche,  chimiche  e  microbiologiche  qualitativamente inferiori ai
valori   limite   imperativi   della   categoria  A3  possono  essere
utilizzate,  in  via  eccezionale,  solo  qualora  non  sia possibile
ricorrere  ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le
acque  siano  sottoposte  ad  opportuno  trattamento  che consenta di
rispettare  le  norme  di  qualita'  delle acque destinate al consumo
umano.
                               ART. 81
                              (deroghe)

   1.  Per  le  acque superficiali destinate alla produzione di acqua
potabile,  le regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui
alla  Tabella  1/A  dell'Allegato  2  alla  parte  terza del presente
decreto:
    a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;
    b)  limitatamente  ai  parametri  contraddistinti nell'Allegato 2
alla  parte  terza  del presente decreto Tabella 1/A dal simbolo (o),
qualora ricorrano circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni
geografiche particolari;
    c)  quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di
talune  sostanze  con superamento dei valori fissati per le categorie
Al, A2 e A3;
    d) nel caso di laghi che abbiano una profondita' non superiore ai
20  metri, che per rinnovare le loro acque impieghino piu' di un anno
e nel cui specchio non defluiscano acque di scarico, limitatamente ai
parametri  contraddistinti  nell'Allegato  2  alla  parte  terza  del
presente decreto, Tabella 1/A da un asterisco (*).
   2.  Le  deroghe  di  cui  al comma 1 non sono ammesse se ne derivi
concreto pericolo per la salute pubblica.
                               ART. 82
        (acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile)

   1.  Fatte  salve  le  disposizioni per le acque dolci superficiali
destinate  alla produzione di acqua potabile, le regioni, all'interno
del distretto idrografico di appartenenza, individuano:
    a) tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei che forniscono
in media oltre 10 m3 al giorno o servono piu' di 50 persone, e
    b) i corpi idrici destinati a tale uso futuro.
   2.  L'autorita'  competente  provvede  al  monitoraggio,  a  norma
dell'Allegato  1  alla  parte  terza  del presente decreto, dei corpi
idrici che forniscono in media oltre 100 m3 al giorno.
   3.  Per  i  corpi  idrici di cui al comma 1 deve essere conseguito
l'obiettivo ambientale di cui agli articoli 76 e seguenti.
                               ART. 83
                       (acque di balneazione)

   1.  Le  acque  destinate  alla  balneazione  devono  soddisfare  i
requisiti  di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno
1982, n. 470.
   2.  Per  le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione
ai  sensi  del  decreto  di  cui al comma 1, le regioni comunicano al
((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)),
entro  l'inizio  della  stagione  balneare  successiva  alla  data di
entrata   in  vigore  della  parte  terza  del  presente  decreto  e,
successivamente,  con  periodicita'  annuale  prima dell'inizio della
stagione  balneare,  tutte  le informazioni relative alle cause della
non  balneabilita'  ed alle misure che intendono adottare, secondo le
modalita' indicate dal decreto di cui all'articolo 75, comma 6.
                               ART. 84
              (acque dolci idonee alla vita dei pesci)

   1.  Le  regioni  effettuano  la designazione delle acque dolci che
richiedono  protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei
pesci. Ai fini di tale designazione sono privilegiati:
    a)  i  corsi  d'acqua  che  attraversano  il territorio di parchi
nazionali  e riserve naturali dello Stato nonche' di parchi e riserve
naturali regionali;
    b)  i  laghi  naturali  ed artificiali, gli stagni ed altri corpi
idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;
    c)   le  acque  dolci  superficiali  comprese  nelle  zone  umide
dichiarate  "di importanza internazionale" ai sensi della convenzione
di  Ramsar  del  2  febbraio  1971, resa esecutiva con il decreto del
Presidente  della  Repubblica 13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione
delle  zone  umide, nonche' quelle comprese nelle "oasi di protezione
della  fauna",  istituite  dalle regioni e province autonome ai sensi
della legge 11 febbraio 1992, n. 157;
    d)  le acque dolci superficiali che, ancorche' non comprese nelle
precedenti  categorie, presentino un rilevante interesse scientifico,
naturalistico,  ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat
di  specie  animali o vegetali rare o in via di estinzione, oppure in
quanto   sede   di   complessi  ecosistemi  acquatici  meritevoli  di
conservazione  o,  altresi',  sede di antiche e tradizionali forme di
produzione  ittica  che presentino un elevato grado di sostenibilita'
ecologica ed economica.
   2.   Le   regioni,   entro   quindici   mesi  dalla  designazione,
classificano  le  acque  dolci superficiali che presentino valori dei
parametri  di  qualita' conformi con quelli imperativi previsti dalla
Tabella  1/B  dell'Allegato  2  alla parte terza del presente decreto
come acque dolci "salmonicole" o "ciprinicole".
   3.  La  designazione  e  la  classificazione di cui ai commi 1 e 2
devono  essere  gradualmente  estese  sino  a  coprire l'intero corpo
idrico,  ferma  restando la possibilita' di designare e classificare,
nell'ambito  del  medesimo,  alcuni tratti come "acqua salmonicola" e
alcuni   tratti  come  "acqua  ciprinicola".  La  designazione  e  la
classificazione  sono sottoposte a revisione in relazione ad elementi
imprevisti o sopravvenuti.
   4.  Qualora  sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessita' di
tutela  della  qualita' delle acque dolci idonee alla vita dei pesci,
il  Presidente  della  Giunta  regionale o il Presidente della Giunta
provinciale,   nell'ambito   delle  rispettive  competenze,  adottano
provvedimenti  specifici  e motivati, integrativi o restrittivi degli
scarichi ovvero degli usi delle acque.
   5.  Sono  escluse  dall'applicazione del presente articolo e degli
articoli  85  e  86 le acque dolci superficiali dei bacini naturali o
artificiali  utilizzati  per  l'allevamento  intensivo  delle  specie
ittiche  nonche' i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo
o  irriguo, e quelli appositamente costruiti per l'allontanamento dei
liquami e di acque reflue industriali.
                               ART. 85
(accertamento della qualita' delle acque idonee alla vita dei pesci)

   1.  Le acque designate e classificate ai sensi dell'articolo 84 si
considerano  idonee  alla  vita  dei pesci se rispondono ai requisiti
riportati  nella  Tabella  1/B  dell'Allegato  2 alla parte terza del
presente decreto.
   2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o piu'
valori dei parametri riportati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla
parte   terza  del  presente  decreto,  le  autorita'  competenti  al
controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali,
a  causa  fortuita,  ad  apporti inquinanti o a eccessivi prelievi, e
propongono all'autorita' competente le misure appropriate.
   3.  Ai  fini di una piu' completa valutazione delle qualita' delle
acque,  le regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di
analisi biologica delle acque designate e classificate.
                               ART. 86
                              (deroghe)

   1.  Per  le  acque dolci superficiali designate o classificate per
essere  idonee  alla  vita  dei pesci, le regioni possono derogare al
rispetto  dei  parametri  indicati  nella Tabella 1/B dell'Allegato 2
alla  parte  terza del presente decreto con il simbolo (o) in caso di
circostanze   meteorologiche   eccezionali   o   speciali  condizioni
geografiche  e,  quanto  al  rispetto  dei  parametri riportati nella
medesima  Tabella, in caso di arricchimento naturale del corpo idrico
da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto dell'uomo.
                               ART. 87
              (acque destinate alla vita dei molluschi)

   1.  Le regioni, d'intesa con il Ministero della politiche agricole
e  forestali,  designano,  nell'ambito  delle acque marine costiere e
salmastre  che  sono  sede  di  banchi  e  di popolazioni naturali di
molluschi  bivalvi  e  gasteropodi,  quelle  richiedenti protezione e
miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per
contribuire  alla  buona qualita' dei prodotti della molluschicoltura
direttamente commestibili per l'uomo.
   2.  Le  regioni  possono  procedere  a designazioni complementari,
oppure alla revisione delle designazioni gia' effettuate, in funzione
dell'esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione.
   3.  Qualora  sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessita' di
tutela  della qualita' delle acque destinate alla vita dei molluschi,
il  Presidente  della  Giunta  regionale,  il Presidente della Giunta
provinciale  e  il  Sindaco, nell'ambito delle rispettive competenze,
adottano   provvedimenti   specifici   e   motivati,   integrativi  o
restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
                               ART. 88
  (accertamento della qualita' delle acque destinate alla vita dei
                             molluschi)

   1.  Le acque designate ai sensi dell'articolo 87 devono rispondere
ai requisiti di qualita' di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla
parte  terza  del  presente  decreto.  In  caso contrario, le regioni
stabiliscono programmi per ridurne l'inquinamento.
   2.  Se  da  un  campionamento  risulta  che  uno o piu' valori dei
parametri  di  cui  alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza
del  presente decreto non sono rispettati, le autorita' competenti al
controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali,
a  causa  fortuita  o  ad  altri fattori di inquinamento e le regioni
adottano misure appropriate.
                               ART. 89
                              (deroghe)

   1.  Per  le  acque  destinate  alla vita dei molluschi, le regioni
possono derogare ai requisiti di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2
alla   parte  terza  del  presente  decreto  in  caso  di  condizioni
meteorologiche o geomorfologiche eccezionali.
                               ART. 90
                          (norme sanitarie)

   1.  Le  attivita'  di  cui  agli  articoli  87,  88  e 89 lasciano
impregiudicata  l'attuazione  delle  norme  sanitarie  relative  alla
classificzione  delle  zone  di  produzione  e  di  stabulazione  dei
molluschi  bivalvi  vivi, effettuata ai sensi del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 530.

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI


CAPO I
AREE RICHIEDENTI SPECIFICHE MISURE DI PREVENZIONE
DALL'INQUINAMENTO E DI RISANAMENTO


                               ART. 91
                          (aree sensibili)

   1.   Le   aree   sensibili  sono  individuate  secondo  i  criteri
dell'Allegato  6 alla parte terza del presente decreto. Sono comunque
aree sensibili:
    a)  i  laghi  di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente
decreto, nonche' i corsi d'acqua a esse afferenti per un tratto di 10
chilometri dalla linea di costa;
    b)  le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le
Valli di Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;
    c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar
del  2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della
Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
    d)  le  aree  costiere dell'Adriatico-Nord Occidentale dalla foce
dell'Adige  al  confine  meridionale  del  comune di Pesaro e i corsi
d'acqua  ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea
di costa;
    e) il lago di Garda e il lago d'Idro;
    f)  i fiumi Sarca-Mincio, Oglio, Adda, Lambro-Olona meridionale e
Ticino;
    g) il fiume Amo a valle di Firenze e i relativi affluenti;
    h) il golfo di Castellammare in Sicilia;
    i) le acque costiere dell'Adriatico settentrionale.
   2. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare)), sentita la Conferenza Stato-regioni, entro centottanta giorni
dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  parte terza del presente
decreto  individua  con  proprio  decreto  ulteriori  aree  sensibili
identificate secondo i criteri di cui all'Allegato 6 alla parte terza
del presente decreto.
   3.   Resta   fermo  quanto  disposto  dalla  legislazione  vigente
relativamente alla tutela di Venezia.
   4.  Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita
l'Autorita'  di bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore
della  parte  terza  del presente decreto, e successivamente ogni due
anni,  possono  designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare
all'interno  delle  aree  indicate nel comma 2 i corpi idrici che non
costituiscono aree sensibili.
   5.  Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita
l'Autorita'  di  bacino,  delimitano  i  bacini  drenanti  nelle aree
sensibili che contribuiscono all'inquinamento di tali aree.
   6. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare))  provvede  con  proprio  decreto, da emanare ogni quattro anni
dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  parte terza del presente
decreto,  sentita la Conferenza Stato-regioni, alla reidentificazione
delle   aree   sensibili   e   dei  rispettivi  bacini  drenanti  che
contribuiscono all'inquinamento delle aree sensibili.
   7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 2, 4, e
6  devono  soddisfare  i requisiti dell'articolo 106 entro sette anni
dall'identificazione.
   8.  Gli  scarichi  recapitanti  nei bacini drenanti afferenti alle
aree  sensibili  di  cui  ai  commi  2  e  6  sono  assoggettate alle
disposizioni di cui all'articolo 106.
                               ART. 92
          (zone vulnerabili da nitrati di origine agricola)

   1.  Le  zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui
all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto.
   2.   Ai  fini  della  prima  individuazione  sono  designate  zone
vulnerabili  le  aree elencate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza
del presente decreto.
   3.  Per  tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti alla
data  di  entrata  in  vigore della parte terza del presente decreto,
dopo  quattro  anni  da tale data il ((Ministro dell'ambiente e della
tutela  del  territorio  e del mare)) con proprio decreto, sentita la
Conferenza  Stato-regioni,  puo' modificare i criteri di cui al comma
1.
   4.  Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della
parte  terza  del presente decreto, sulla base dei dati disponibili e
tenendo  conto  delle  indicazioni stabilite nell'Allegato 7/A-I alla
parte terza del presente decreto, le regioni, sentite le Autorita' di
bacino,   possono  individuare  ulteriori  zone  vulnerabili  oppure,
all'interno  delle  zone  indicate  nell'Allegato  7/A-III alla parte
terza  del  presente  decreto,  le  parti  che non costituiscono zone
vulnerabili.
   5.  Per  tener  conto  di cambiamenti e/o di fattori imprevisti al
momento  della  precedente  designazione, almeno ogni quattro anni le
regioni,   sentite   le  Autorita'  di  bacino,  possono  rivedere  o
completare  le  designazioni  delle  zone  vulnerabili. A tal fine le
regioni  predispongono  e attuano, ogni quattro anni, un programma di
controllo  per  verificare  le concentrazioni dei nitrati nelle acque
dolci  per  il  periodo  di  un  anno, secondo le prescrizioni di cui
all'Allegato  7/A-I  alla  parte  terza del presente decreto, nonche'
riesaminano  lo  stato  eutrofico  causato da azoto delle acque dolci
superficiali,  delle  acque  di  transizione  e  delle  acque  marine
costiere.
   6.  Nelle  zone  individuate  ai  sensi  dei commi 2, 4 e 5 devono
essere  attuati  i  programmi di azione di cui al comma 7, nonche' le
prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al
decreto  del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile
1999, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.
102 del 4 maggio 1999.
   7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza
del  presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 4,
ed  entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di
cui  al  comma  5,  le  regioni, sulla base delle indicazioni e delle
misure  di  cui  all'Allegato  7/A-IV  alla  parte terza del presente
decreto, definiscono, o rivedono se gia' posti in essere, i programmi
d'azione  obbligatori  per  la  tutela  e  il risanamento delle acque
dall'inquinamento   causato   da   nitrati  di  origine  agricola,  e
provvedono  alla  loro  attuazione  nell'anno  successivo per le zone
vulnerabili  di  cui ai commi 2 e 4 e nei successivi quattro anni per
le zone di cui al comma 5.
   8. Le regioni provvedono, inoltre, a:
    a)  integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il
codice  di  buona  pratica  agricola,  stabilendone  le  modalita' di
applicazione;
    b)   predisporre   ed  attuare  interventi  di  formazione  e  di
informazione  degli  agricoltori sul programma di azione e sul codice
di buona pratica agricola;
    c)  elaborare  ed applicare, entro quattro anni a decorrere dalla
definizione  o revisione dei programmi di cui al comma 7, i necessari
strumenti di controllo e verifica dell'efficacia dei programmi stessi
sulla  base  dei  risultati  ottenuti;  ove  necessario, modificare o
integrare  tali  programmi  individuando,  tra  le  ulteriori  misure
possibili,  quelle  maggiormente  efficaci, tenuto conto dei costi di
attuazione delle misure stesse.
   9.  Le  variazioni  apportate  alle  designazioni,  i programmi di
azione,  i risultati delle verifiche dell'efficacia degli stessi e le
revisioni  effettuate  sono comunicati al ((Ministero dell'ambiente e
della  tutela  del  territorio  e  del  mare)),  secondo le modalita'
indicate  nel  decreto  di cui all'articolo 75, comma 6. Al Ministero
per  le  politiche  agricole  e  forestali e' data tempestiva notizia
delle  integrazioni  apportate al codice di buona pratica agricola di
cui  al comma 8, lettera a), nonche' degli interventi di formazione e
informazione.
   10.  Al  fine di garantire un generale livello di protezione delle
acque  e'  raccomandata  l'applicazione  del  codice di buona pratica
agricola anche al di fuori delle zone vulnerabili.
                               ART. 93
             (zone vulnerabili da prodotti fitosanitari
              e zone vulnerabili alla desertificazione)

   1.  Con le modalita' previste dall'articolo 92, e sulla base delle
indicazioni contenute nell'Allegato 7/B alla parte terza del presente
decreto,  le  regioni  identificano  le  aree vulnerabili da prodotti
fitosanitari  secondo  i criteri di cui all'articolo 5, comma 21, del
decreto  legislativo  17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere
le  risorse  idriche  o  altri  comparti ambientali dall'inquinamento
derivante dall'uso di prodotti fitosanitari.
   2.  Le regioni e le Autorita' di bacino verificano la presenza nel
territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di
siccita',  degrado  del  suolo  e  processi  di desertificazione e le
designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.
   3. Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito della pianificazione
di  distretto e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure
di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d'azione nazionale di
cui  alla  delibera  CIPE  del  22  dicembre  1998,  pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.
                               ART. 94
   (disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali
              e sotterranee destinate al consumo umano)

   1. Su proposta delle Autorita' d'ambito, le regioni, per mantenere
e  migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali
e  sotterranee  destinate  al consumo umano, erogate a terzi mediante
impianto  di  acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse,
nonche'  per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree
di  salvaguardia  distinte  in  zone  di  tutela  assoluta  e zone di
rispetto,  nonche',  all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di
ricarica della falda, le zone di protezione.
   2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1,
le  Autorita' competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni
necessarie  per  la  conservazione e la tutela della risorsa e per il
controllo  delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al
consumo umano.
   3.   La   zona   di   tutela   assoluta  e'  costituita  dall'area
immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in caso
di  acque  sotterranee  e,  ove possibile, per le acque superficiali,
deve avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di
captazione,  deve  essere adeguatamente protetta e dev'essere adibita
esclusivamente  a  opere di captazione o presa e ad infrastrutture di
servizio.
   4.  La zona di rispetto e' costituita dalla porzione di territorio
circostante  la  zona  di  tutela  assoluta da sottoporre a vincoli e
destinazioni    d'uso    tali    da   tutelare   qualitativamente   e
quantitativamente  la  risorsa idrica captata e puo' essere suddivisa
in  zona  di  rispetto  ristretta  e  zona  di rispetto allargata, in
relazione  alla  tipologia  dell'opera  di  presa o captazione e alla
situazione  locale  di  vulnerabilita'  e  rischio  della risorsa. In
particolare,  nella  zona di rispetto sono vietati l'insediamento dei
seguenti   centri   di  pericolo  e  lo  svolgimento  delle  seguenti
attivita':
    a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;
    b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
    c)  spandimento  di  concimi  chimici, fertilizzanti o pesticidi,
salvo  che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle
indicazioni  di  uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto
della  natura  dei  suoli,  delle colture compatibili, delle tecniche
agronomiche impiegate e della vulnerabilita' delle risorse idriche;
    d)  dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da
piazzali e strade;
    e) aree cimiteriali;
    f)  apertura  di  cave  che  possono essere in connessione con la
falda;
    g)  apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque
destinate  al  consumo  umano e di quelli finalizzati alla variazione
dell'estrazione    ed    alla    protezione   delle   caratteristiche
quali-quantitative della risorsa idrica;
    h) gestione di rifiuti;
    i)  stoccaggio  di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e
sostanze radioattive;
    l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
    m) pozzi perdenti;
    n)   pascolo   e  stabulazione  di  bestiame  che  ecceda  i  170
chilogrammi  per  ettaro  di azoto presente negli effluenti, al netto
delle  perdite  di stoccaggio e distribuzione. E' comunque vietata la
stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.
   5.  Per  gli  insediamenti  o  le  attivita'  di  cui  al comma 4,
preesistenti,  ove  possibile,  e  comunque  ad  eccezione delle aree
cimiteriali,  sono  adottate le misure per il loro allontanamento; in
ogni  caso  deve  essere  garantita la loro messa in sicurezza. Entro
centottanta  giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza
del  presente decreto le regioni e le province autonome disciplinano,
all'interno   delle   zone  di  rispetto,  le  seguenti  strutture  o
attivita':
    a) fognature;
    b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
    c)  opere  viarie,  ferroviarie  e  in  genere  infrastrutture di
servizio;
    d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di
cui alla lettera c) del comma 4.
   6.  In  assenza dell'individuazione da parte delle regioni o delle
province  autonome  della  zona  di rispetto ai sensi del comma 1, la
medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di
captazione o di derivazione.
   7.  Le  zone  di  protezione  devono  essere delimitate secondo le
indicazioni delle regioni o delle province autonome per assicurare la
protezione  del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure
relative  alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e
prescrizioni  per  gli  insediamenti  civili,  produttivi, turistici,
agro-forestali  e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici
comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.
   8.  Ai  fini  della  protezione  delle acque sotterranee, anche di
quelle  non  ancora  utilizzate  per  l'uso  umano,  le  regioni e le
province  autonome individuano e disciplinano, all'interno delle zone
di protezione, le seguenti aree:
    a) aree di ricarica della falda;
    b) emergenze naturali ed artificiali della falda;
    c) zone di riserva.

CAPO II

TUTELA QUANTITATIVA DELLA RISORSA E RISPARMIO IDRICO


                               ART. 95
                (pianificazione del bilancio idrico)

   1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento
degli  obiettivi  di  qualita'  attraverso  una  pianificazione delle
utilizzazioni  delle  acque  volta  ad  evitare  ripercussioni  sulla
qualita' delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.
   2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare
l'equilibrio  del  bilancio  idrico  come definito dalle Autorita' di
bacino,  nel  rispetto  delle  priorita'  stabilite  dalla  normativa
vigente  e  tenendo  conto  dei fabbisogni, delle disponibilita', del
minimo deflusso vitale, della capacita' di ravvenamento della falda e
delle  destinazioni  d'uso  della risorsa compatibili con le relative
caratteristiche qualitative e quantitative.
   3.  Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della
parte  terza del presente decreto, le regioni definiscono, sulla base
delle  linee  guida  adottate  dal  ((Ministro  dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare)) con proprio decreto, previa intesa
con  la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonche' sulla base dei
criteri  gia'  adottati  dalle  Autorita'  di bacino, gli obblighi di
installazione  e  manutenzione  in regolare stato di funzionamento di
idonei  dispositivi  per  la  misurazione  delle portate e dei volumi
d'acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo e,
ove presente, di restituzione, nonche' gli obblighi e le modalita' di
trasmissione   dei   risultati   delle   misurazioni   dell'Autorita'
concedente  per  il  loro  successivo  inoltro  alla  regione ed alle
Autorita'  di  bacino competenti. Le Autorita' di bacino provvedono a
trasmettere i dati in proprio possesso al Servizio geologico d'Italia
-  Dipartimento  difesa  del  suolo dell' ((Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA))) secondo le modalita'
di cui all'articolo 75, comma 6.
   4. Salvo quanto previsto al comma 5, tutte le derivazioni di acqua
comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del
presente  decreto sono regolate dall'Autorita' concedente mediante la
previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei
corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal ((Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) con apposito
decreto,  previa  intesa  con  la Conferenza Stato-regioni, senza che
cio' possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della
pubblica  amministrazione,  fatta  salva  la  relativa  riduzione del
canone demaniale di concessione.
   5. Per le finalita' di cui ai commi 1 e 2, le Autorita' concedenti
effettuano  il  censimento  di  tutte  le  utilizzazioni  in atto nel
medesimo  corpo idrico sulla base dei criteri adottati dal ((Ministro
dell'ambiente  e  della tutela del territorio e del mare))con proprio
decreto,  previa  intesa  con la Conferenza permanente per i rapporti
tra  lo  Stato,  le  regioni  e  le  province autonome di Trento e di
Bolzano;   le  medesime  Autorita'  provvedono  successivamente,  ove
necessario,   alla   revisione   di   tale   censimento,   disponendo
prescrizioni  o  limitazioni temporali o quantitative, senza che cio'
possa  dar  luogo  alla  corresponsione  di indennizzi da parte della
pubblica  amministrazione,  fatta  salva  la  relativa  riduzione del
canone demaniale di concessione.
   6.  Nel  provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai
sensi  dell'articolo  4  del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,
sono  contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire
il  minimo  deflusso  vitale nei corpi idrici nonche' le prescrizioni
necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.
                               Art. 96
        Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775

  1.   Il  secondo  comma  dell'articolo  7  del  testo  unico  delle
disposizioni  sulle  acque  e impianti elettrici, approvato con regio
decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e' sostituito dal seguente:
"Le  domande  di cui al primo comma relative sia alle grandi sia alle
piccole  derivazioni sono altresi' trasmesse alle Autorita' di bacino
territorialmente  competenti  che,  entro  il  termine  perentorio di
quaranta  giorni  dalla  data  di  ricezione ove si tratti di domande
relative   a   piccole  derivazioni,  comunicano  il  proprio  parere
vincolante   al   competente   Ufficio   Istruttore  in  ordine  alla
compatibilita'  della  utilizzazione  con  le previsioni del Piano di
tutela,  ai  fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o
idrologico,  anche  in  attesa  di  approvazione del Piano anzidetto.
Qualora  le  domande  siano relative a grandi derivazioni, il termine
per  la comunicazione del suddetto parere e' elevato a novanta giorni
dalla  data  di  ricezione delle domande medesime. Decorsi i predetti
termini  senza  che  sia  intervenuta alcuna pronuncia, il ((Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio e del mare))nomina un
Commissario   "ad   acta"  che  provvede  entro  i  medesimi  termini
decorrenti dalla data della nomina.".
  2. I commi 1 e 1-bis. dell'articolo 9 del regio decreto 11 dicembre
1933,  n.  1775,  sono  sostituiti dai seguenti: "1. Tra piu' domande
concorrenti,  completata l'istruttoria di cui agli articoli 7 e 8, e'
preferita  quella  che  da  sola,  o  in connessione con altre utenze
concesse  o richieste, presenta la piu' razionale utilizzazione delle
risorse idriche in relazione ai seguenti criteri:
    a) l'attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali
dei  concorrenti  anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o
di   irrigazione   e   la   prioritaria  destinazione  delle  risorse
qualificate all'uso potabile;
    b)  le effettive possibilita' di migliore utilizzo delle fonti in
relazione all'uso;
    c) le caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico
oggetto di prelievo;
    d)  la  quantita'  e la qualita' dell'acqua restituita rispetto a
quella prelevata.
  1-bis.  E'  preferita  la  domanda  che, per lo stesso tipo di uso,
garantisce la maggior restituzione d'acqua in rapporto agli obiettivi
di qualita' dei corpi idrici. In caso di piu' domande concorrenti per
usi  produttivi  e'  altresi'  preferita  quella  del richiedente che
aderisce al sistema ISO 14001 ovvero al sistema di cui al regolamento
(CEE)  n.  761/2001  del  Parlamento  europeo e del Consiglio, del 19
marzo  2001,  sull'adesione  volontaria  delle  organizzazioni  a  un
sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).
  1-ter.  Per  lo  stesso  tipo  di  uso  e' preferita la domanda che
garantisce che i minori prelievi richiesti siano integrati dai volumi
idrici derivati da attivita' di recupero e di riciclo.".
  3.  L'articolo  12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,
e' sostituito dal seguente:
    "Articolo 12-bis.
    1. Il provvedimento di concessione e' rilasciato se:
      a)  non  pregiudica  il  mantenimento o il raggiungimento degli
obiettivi di qualita' definiti per il corso d'acqua interessato;
      b)  e'  garantito  il minimo deflusso vitale e l'equilibrio del
bilancio idrico;
      c)  non  sussistono  possibilita' di riutilizzo di acque reflue
depurate  o  provenienti  dalla raccolta di acque piovane ovvero, pur
sussistendo  tali possibilita', il riutilizzo non risulta sostenibile
sotto il profilo economico.
    2.  I  volumi  di  acqua  concessi sono altresi' commisurati alle
possibilita'  di  risparmio,  riutilizzo  o riciclo delle risorse. Il
disciplinare di concessione deve fissare, ove tecnicamente possibile,
la  quantita' e le caratteristiche qualitative dell'acqua restituita.
Analogamente,  nei  casi  di  prelievo da falda deve essere garantito
l'equilibrio   tra   il   prelievo   e   la   capacita'  di  ricarica
dell'acquifero,  anche  al  fine di evitare pericoli di intrusione di
acque  salate  o  inquinate,  e quant'altro sia utile in funzione del
controllo del miglior regime delle acque.
    3.  L'utilizzo  di  risorse  prelevate  da  sorgenti  o  falde, o
comunque  riservate  al  consumo umano, puo' essere assentito per usi
diversi da quello potabile se:
      a)  viene  garantita  la  condizione di equilibrio del bilancio
idrico per ogni singolo fabbisogno;
      b)  non  sussistono  possibilita' di riutilizzo di acque reflue
depurate  o provenienti dalla raccolta di acque piovane, oppure, dove
sussistano  tali  possibilita', il riutilizzo non risulta sostenibile
sotto il profilo economico;
      c) sussiste adeguata disponibilita' delle risorse predette e vi
e'   una  accertata  carenza  qualitativa  e  quantitativa  di  fonti
alternative di approvvigionamento.
    4.  Nei  casi  di  cui  al  comma  3, il canone di utenza per uso
diverso da quello potabile e' triplicato. Sono escluse le concessioni
ad  uso  idroelettrico  i  cui  impianti  sono posti in serie con gli
impianti di acquedotto.".
  4.  L'articolo  17  del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e'
sostituito dal seguente:
    "Articolo 17.
    1.  Salvo  quanto  previsto  dall'articolo  93  e dal comma 2, e'
vietato  derivare  o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento
autorizzativo o concessorio dell'autorita' competente.
    2.  La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio
di  fondi  agricoli  o  di  singoli  edifici e' libera e non richiede
licenza  o  concessione di derivazione di acqua; la realizzazione dei
relativi manufatti e' regolata dalle leggi in materia di edilizia, di
costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre
leggi speciali.
    3.  Nel  caso  di  violazione  delle  norme  di  cui  al comma 1,
l'Amministrazione   competente   dispone  la  cessazione  dell'utenza
abusiva  ed  il  contravventore, fatti salvi ogni altro adempimento o
comminatoria  previsti dalle leggi vigenti, e' tenuto al pagamento di
una  sanzione  amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro.
Nei   casi   di   particolare   tenuita'   si   applica  la  sanzione
amministrativa  pecuniaria  da  300  euro a 1.500 euro. Alla sanzione
prevista  dal presente articolo non si applica il pagamento in misura
ridotta  di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
E'  in  ogni  caso  dovuta  una somma pari ai canoni non corrisposti.
L'autorita'  competente,  con  espresso  provvedimento nel quale sono
stabilite  le  necessarie cautele, puo' eccezionalmente consentire la
continuazione  provvisoria  del  prelievo  in presenza di particolari
ragioni  di  interesse pubblico generale, purche' l'utilizzazione non
risulti  in  palese  contrasto  con  i diritti di terzi e con il buon
regime delle acque.".
  5.  Il secondo comma dell'articolo 54 del regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775, gia' abrogato dall'articolo 23 del decreto legislativo
11 maggio 1999, n. 152, resta abrogato.
  6.  Fatto  salvo  quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o
utilizzazioni  di  acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in
atto  e'  ammessa  la  presentazione  di  domanda  di  concessione in
sanatoria  entro il 30 giugno 2006 previo pagamento della sanzione di
cui  all'articolo  17  del  regio  decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,
aumentata di un quinto. Successivamente a tale data, alle derivazioni
o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in
atto si applica l'articolo 17, comma 3, del regio decreto 11 dicembre
1933  n. 1775. La concessione in sanatoria e' rilasciata nel rispetto
della  legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In
pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria,
l'utilizzazione   puo'   proseguire   fermo  restando  l'obbligo  del
pagamento  del canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorita'
concedente di sospendere in qualsiasi momento l'utilizzazione qualora
in  contrasto  con  i  diritti  di terzi o con il raggiungimento o il
mantenimento  deg  li  obiettivi  di  qualita'  e dell'equilibrio del
bilancio  idrico.  Restano  comunque  ferme  le  disposizioni  di cui
all'articolo 95, comma 5.
  7.  I  termini  entro  i  quali far valere, a pena di decadenza, ai
sensi  degli  articoli  3  e 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775,  il  diritto  al riconoscimento o alla concessione di acque che
hanno  assunto natura pubblica a norma dell'articolo 1, comma 1 della
legge  5  gennaio  1994,  n.  36,  nonche' per la presentazione delle
denunce dei pozzi a norma dell'articolo 10 del decreto legislativo 12
luglio  1993,  n.  275,  sono prorogati al 31 dicembre 2007 . In tali
casi   i   canoni   demaniali  decorrono  dal  10  agosto  1999.  Nel
provvedimento   di   concessione   preferenziale  sono  contenute  le
prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso
vitale   nei   corpi  idrici  e  quelle  prescrizioni  necessarie  ad
assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.
  8.  Il  primo  comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre
1933,  n.  1775, e' sostituito dal seguente: "Tutte le concessioni di
derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo
quanto  disposto  dal  secondo comma, non puo' eccedere i trenta anni
ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione
di  quelle  di  grande  derivazione idroelettrica, per le quali resta
ferma  la  disciplina  di  cui  all'articolo  12,  commi 6, 7 e 8 del
decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.".
  9.  Dopo  il  terzo  comma  dell'articolo  21  del regio decreto 11
dicembre  1933,  n.  1775 e' inserito il seguente: "Le concessioni di
derivazioni  per uso irriguo devono tener conto delle tipologie delle
colture  in funzione della disponibilita' della risorsa idrica, della
quantita'  minima  necessaria  alla  coltura  stessa,  prevedendo  se
necessario  specifiche  modalita'  di  irrigazione;  le  stesse  sono
assentite  o  rinnovate solo qualora non risulti possibile soddisfare
la  domanda  d'acqua attraverso le strutture consortili gia' operanti
sul territorio.".
  10.  Fatta salva l'efficacia delle norme piu' restrittive, tutto il
territorio  nazionale e' assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo
94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.
  11.  Le  regioni  disciplinano  i  procedimenti  di  rilascio delle
concessioni  di  derivazione  di  acque  pubbliche nel rispetto delle
direttive sulla gestione del demanio idrico nelle quali sono indicate
anche  le  possibilita'  di  libero  utilizzo  di  acque superficiali
scolanti  su  suoli  o  in  fossi di canali di proprieta' privata. Le
regioni,  sentite  le  Autorita'  di  bacino,  disciplinano  forme di
regolazione   dei  prelievi  delle  acque  sotterranee  per  gli  usi
domestici,  come  definiti  dall'articolo  93  del  regio  decreto 11
dicembre 1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire l'equilibrio
del bilancio idrico.
                               ART. 97
               (acque minerali naturali e di sorgenti)

   1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e
delle  acque  di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze
di  approvvigionamento  e  distribuzione delle acque potabili e delle
previsioni del Piano di tutela di cui all'articolo 121.
                               ART. 98
                         (risparmio idrico)

   1.  Coloro  che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano
le misure necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione
dei  consumi  e  ad  incrementare  il riciclo ed il riutilizzo, anche
mediante l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.
   2.   Le   regioni,  sentite  le  Autorita'  di  bacino,  approvano
specifiche  norme  sul  risparmio idrico in agricoltura, basato sulla
pianificazione   degli   usi,   sulla   corretta  individuazione  dei
fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.
                               ART. 99
                       (riutilizzo dell'acqua)

   1. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare))  con  proprio  decreto,  sentiti  i  Ministri  delle politiche
agricole  e  forestali,  della  salute  e delle attivita' produttive,
detta le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue.
   2.  Le  regioni,  nel  rispetto  dei  principi  della legislazione
statale,  e  sentita l'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e
sui  rifiuti,  adottano  norme  e  misure volte a favorire il riciclo
dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate.

CAPO III

TUTELA QUALITATIVA DELLA RISORSA: DISCIPLINA DEGLI SCARICHI


                              ART. 100
                           (reti fognarie)

   1. Gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore
a  2.000 devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue
urbane.
   2.  La  progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti
fognarie  si  effettuano adottando le migliori tecniche disponibili e
che  comportino  costi  economicamente ammissibili, tenendo conto, in
particolare:
    a)  della portata media, del volume annuo e delle caratteristiche
delle acque reflue urbane;
    b)  della  prevenzione  di  eventuali  fenomeni  di rigurgito che
comportino la fuoriuscita delle acque reflue dalle sezioni fognarie;
    c)  della limitazione dell'inquinamento dei ricettori, causato da
tracimazioni originate da particolari eventi meteorici.
   3. Per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono
acque reflue domestiche, le regioni individuano sistemi individuali o
altri  sistemi  pubblici o privati adeguati che raggiungano lo stesso
livello  di  protezione  ambientale, indicando i tempi di adeguamento
degli scarichi a detti sistemi.
                              ART. 101
         (criteri generali della disciplina degli scarichi)

   1.  Tutti  gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto
degli  obiettivi  di  qualita'  dei  corpi  idrici  e devono comunque
rispettare  i valori limite previsti nell'Allegato 5 alla parte terza
del  presente  decreto.  L'autorizzazione puo' in ogni caso stabilire
specifiche  deroghe  ai  suddetti  limiti e idonee prescrizioni per i
periodi  di  avviamento  e  di arresto e per l'eventualita' di guasti
nonche' per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno
alle condizioni di regime.
   2.  Ai  fini  di  cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della
loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle
migliori   tecniche   disponibili,  definiscono  i  valori-limite  di
emissione,  diversi  da quelli di cui all'Allegato 5 alla parte terza
del  presente  decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia
in  quantita'  massima per unita' di tempo in ordine ad ogni sostanza
inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non
possono  stabilire  valori  limite meno restrittivi di quelli fissati
nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto:
    a)  nella  Tabella  1, relativamente allo scarico di acque reflue
urbane in corpi idrici superficiali;
    b)  nella  Tabella  2, relativamente allo scarico di acque reflue
urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;
    c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;
    d)  nelle  Tabelle  3  e  4,  per  quelle sostanze indicate nella
Tabella 5 del medesimo Allegato.
   3.  Tutti  gli  scarichi,  ad  eccezione  di quelli domestici e di
quelli  ad  essi  assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono
essere  resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorita'
competente  per  il  controllo nel punto assunto a riferimento per il
campionamento, che, salvo quanto previsto dall'articolo 108, comma 4,
va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in
tutti  gli  impluvi  naturali,  le  acque superficiali e sotterranee,
interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
   4.  L'autorita'  competente  per  il  controllo  e' autorizzata ad
effettuare   tutte   le   ispezioni   che   ritenga   necessarie  per
l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli
scarichi.  Essa  puo'  richiedere che scarichi parziali contenenti le
sostanze  di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16,
17 e 18 della tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente
decreto   subiscano  un  trattamento  particolare  prima  della  loro
confluenza nello scarico generale.
   5.  I  valori limite di emissione non possono in alcun caso essere
conseguiti  mediante  diluizione  con  acque prelevate esclusivamente
allo   scopo.  Non  e'  comunque  consentito  diluire  con  acque  di
raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli
scarichi  parziali  di  cui  al  comma 4, prima del trattamento degli
stessi  per  adeguarli  ai  limiti  previsti  dalla  parte  terza dal
presente  decreto.  L'autorita' competente, in sede di autorizzazione
prescrive  che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio,
ovvero  impiegate  per  la  produzione di energia, sia separato dagli
scarichi terminali contenenti le sostanze di cui al comma 4.
   6.  Qualora  le  acque  prelevate  da un corpo idrico superficiale
presentino   parametri  con  valori  superiori  ai  valori-limite  di
emissione, la disciplina dello scarico e' fissata in base alla natura
delle  alterazioni  e  agli  obiettivi  di  qualita' del corpo idrico
ricettore.  In  ogni  caso  le  acque  devono  essere  restituite con
caratteristiche  qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza
maggiorazioni  di  portata  allo  stesso  corpo idrico dal quale sono
state prelevate.
   7.   Salvo  quanto  previsto  dall'articolo  112,  ai  fini  della
disciplina  degli  scarichi  e  delle autorizzazioni, sono assimilate
alle acque reflue domestiche le acque reflue:
    a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione
del terreno e/o alla silvicoltura;
    b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame;
    c)  provenienti  da  imprese  dedite  alle  attivita' di cui alle
lettere a) e b) che esercitano anche attivita' di trasformazione o di
valorizzazione  della  produzione agricola, inserita con carattere di
normalita'   e  complementarieta'  funzionale  nel  ciclo  produttivo
aziendale   e  con  materia  prima  lavorata  proveniente  in  misura
prevalente dall'attivita' di coltivazione dei terreni di cui si abbia
a qualunque titolo la disponibilita';
    d)  provenienti da impianti di acquacoltura e di piscicoltura che
diano  luogo  a  scarico  e che si caratterizzino per una densita' di
allevamento  pari  o  inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio
d'acqua  o  in  cui  venga  utilizzata  una  portata  d'acqua  pari o
inferiore a 50 litri al minuto secondo;
    e)   aventi  caratteristiche  qualitative  equivalenti  a  quelle
domestiche e indicate dalla normativa regionale;
    f)  provenienti  da  attivita' termali, fatte salve le discipline
regionali di settore.
   8.  Entro  sei  mesi  dalla  data di entrata in vigore della parte
terza  del  presente  decreto,  e  successivamente  ogni due anni, le
regioni  trasmettono  al ((Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio   e   del   mare)),   al  Servizio  geologico  d'Italia  -
Dipartimento  difesa  del  suolo  dell'  ((Istituto  superiore per la
protezione  e  la ricerca ambientale)) (((ISPRA))) e all'Autorita' di
vigilanza  sulle  risorse  idriche  e  sui  rifiuti  le  informazioni
relative  alla funzionalita' dei depuratori, nonche' allo smaltimento
dei  relativi  fanghi,  secondo  le modalita' di cui all'articolo 75,
comma 5.
   9.  Al  fine  di  assicurare  la  piu'  ampia  divulgazione  delle
informazioni sullo stato dell'ambiente le regioni pubblicano ogni due
anni,  sui propri Bollettini Ufficiali e siti internet istituzionali,
una  relazione  sulle  attivita'  di  smaltimento  delle acque reflue
urbane  nelle  aree di loro competenza, secondo le modalita' indicate
nel decreto di cui all'articolo 75, comma 5.
   10. Le Autorita' competenti possono promuovere e stipulare accordi
e  contratti di programma con soggetti economici interessati, al fine
di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico
e  il  recupero  come materia prima dei fanghi di depurazione, con la
possibilita'   di  ricorrere  a  strumenti  economici,  di  stabilire
agevolazioni  in  materia di adempimenti amministrativi e di fissare,
per  le  sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla
disciplina  generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e
delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualita'.
                              ART. 102
                     (scarichi di acque termali)

   1.  Per  le  acque  termali  che  presentano all'origine parametri
chimici con valori superiori a quelli limite di emissione, e' ammessa
la deroga ai valori stessi a condizione che le acque siano restituite
con  caratteristiche  qualitative  non  superiori  rispetto  a quelle
prelevate ovvero che le stesse, nell'ambito massimo del 10 per cento,
rispettino  i  parametri  batteriologici  e  non  siano  presenti  le
sostanze  pericolose di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla
parte terza del presente decreto.
   2.  Gli  scarichi  termali sono ammessi, fatta salva la disciplina
delle  autorizzazioni  adottata  dalle regioni ai sensi dell'articolo
124, comma 5:
    a)  in  corpi idrici superficiali, purche' la loro immissione nel
corpo  ricettore  non comprometta gli usi delle risorse idriche e non
causi danni alla salute ed all'ambiente;
    b)  sul  suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, previa
verifica delle situazioni geologiche;
    c)  in  reti  fognarie,  purche'  vengano osservati i regolamenti
emanati   dal   gestore  del  servizio  idrico  integrato  e  vengano
autorizzati dalle Autorita' di ambito;
    d)  in  reti  fognarie  di  tipo  separato  previste per le acque
meteoriche.
                              ART. 103
                        (scarichi sul suolo)

   1. E' vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del
sottosuolo, fatta eccezione:
    a) per i casi previsti dall'articolo 100, comma 3;
    b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;
    c)  per  gli  scarichi di acque reflue urbane e industriali per i
quali   sia   accertata   l'impossibilita'   tecnica   o  l'eccessiva
onerosita',   a   fronte  dei  benefici  ambientali  conseguibili,  a
recapitare  in  corpi  idrici  superficiali, purche' gli stessi siano
conformi  ai  criteri  ed ai valori-limite di emissione fissati a tal
fine  dalle  regioni  ai  sensi  dell'articolo  101,  comma  2.  Sino
all'emanazione  di nuove norme regionali si applicano i valori limite
di  emissione  della  Tabella  4 dell'Allegato 5 alla parte terza del
presente decreto;
    d)  per  gli  scarichi  di acque provenienti dalla lavorazione di
rocce  naturali  nonche'  dagli  impianti  di lavaggio delle sostanze
minerali,  purche'  i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente
da  acqua  e  inerti  naturali  e non comportino danneggiamento delle
falde acquifere o instabilita' dei suoli;
    e)  per  gli  scarichi  di  acque  meteoriche convogliate in reti
fognarie separate;
    f) per le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici, dalle
operazioni   di   manutenzione   delle   reti  idropotabili  e  dalla
manutenzione dei pozzi di acquedotto.
   2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul
suolo   esistenti   devono   essere   convogliati   in  corpi  idrici
superficiali,  in  reti  fognarie  ovvero  destinati al riutilizzo in
conformita'   alle   prescrizioni  fissate  con  il  decreto  di  cui
all'articolo  99,  comma  1.  In  caso  di  mancata ottemperanza agli
obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico si considera a tutti
gli effetti revocata.
   3.  Gli  scarichi di cui alla lettera c) del comma 1 devono essere
conformi  ai  limiti della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza
del  presente decreto. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul
suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell'Allegato 5 alla parte
terza del presente decreto.
                              Art. 104 
          Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee 
 
  1. E' vietato lo scarico diretto  nelle  acque  sotterranee  e  nel
sottosuolo. 
  2. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorita'  competente,
dopo indagine preventiva, puo' autorizzare gli scarichi nella  stessa
falda delle acque utilizzate per scopi  geotermici,  delle  acque  di
infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate  nel  corso  di
determinati lavori di ingegneria civile, ivi  comprese  quelle  degli
impianti di scambio termico. 
  3. In deroga a quanto previsto al comma 1, per i giacimenti a mare,
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,
d'intesa  con  il  Ministero  dello  sviluppo  economico  e,  per   i
giacimenti a terra, ferme restando le competenze del Ministero  dello
sviluppo  economico  in  materia  di  ricerca   e   coltivazione   di
idrocarburi liquidi e gassosi,  le  regioni  possono  autorizzare  lo
scarico di acque  risultanti  dall'estrazione  di  idrocarburi  nelle
unita' geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi  sono  stati
estratti ovvero in unita' dotate  delle  stesse  caratteristiche  che
contengano, o abbiano contenuto, idrocarburi, indicando le  modalita'
dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o
altre sostanze pericolose  diverse,  per  qualita'  e  quantita',  da
quelle derivanti dalla separazione  degli  idrocarburi.  Le  relative
autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle  precauzioni
tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico  non  possano
raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi. 
  4. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorita'  competente,
dopo indagine preventiva anche finalizzata alla verifica dell'assenza
di sostanze estranee, puo'  autorizzare  gli  scarichi  nella  stessa
falda delle acque utilizzate per il lavaggio e la  lavorazione  degli
inerti, purche' i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente  da
acqua  ed  inerti  naturali  ed  il   loro   scarico   non   comporti
danneggiamento alla falda acquifera. A tal fine, l'Agenzia  regionale
per la protezione dell'ambiente (ARPA) competente per  territorio,  a
spese  del  soggetto   richiedente   l'autorizzazione,   accerta   le
caratteristiche quantitative e qualitative dei fanghi e l'assenza  di
possibili danni per la  falda,  esprimendosi  con  parere  vincolante
sulla richiesta di autorizzazione allo scarico. 
  5. Per le attivita'  di  prospezione,  ricerca  e  coltivazione  di
idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo scarico delle acque diretto
in  mare  avviene  secondo  le  modalita'   previste   dal   Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare  con  proprio
decreto, purche' la concentrazione di olii minerali sia  inferiore  a
40 mg/l. Lo scarico diretto a  mare  e'  progressivamente  sostituito
dalla iniezione o reiniezione  in  unita'  geologiche  profonde,  non
appena disponibili pozzi non piu' produttivi ed idonei  all'iniezione
o reiniezione, e  deve  avvenire  comunque  nel  rispetto  di  quanto
previsto dai commi 2 e 3. 
((5-bis. In deroga  a  quanto  previsto  al  comma  1  e'  consentita
l'iniezione, a fini di stoccaggio, di flussi di biossido di  carbonio
in formazioni  geologiche  prive  di  scambio  di  fluidi  con  altre
formazioni che per motivi naturali sono definitivamente  inadatte  ad
altri scopi, a condizione che l'iniezione sia effettuata a norma  del
decreto legislativo di  recepimento  della  direttiva  2009/31/CE  in
materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio.)) 
  6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio  e  del
mare, in sede di autorizzazione allo  scarico  in  unita'  geologiche
profonde di cui al comma 3, autorizza  anche  lo  scarico  diretto  a
mare, secondo le modalita' previste dai commi 5 e 7, per  i  seguenti
casi: 
    a) per la frazione di acqua eccedente, qualora la  capacita'  del
pozzo iniettore o reiniettore non  sia  sufficiente  a  garantire  la
ricezione di tutta l'acqua risultante dall'estrazione di idrocarburi; 
    b) per il tempo necessario allo svolgimento  della  manutenzione,
ordinaria  e   straordinaria,   volta   a   garantire   la   corretta
funzionalita'  e  sicurezza  del  sistema  costituito  dal  pozzo   e
dall'impianto di iniezione o di reiniezione. 
  7. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6  e'
autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto  a
verificare l'assenza di pericoli per le acque e  per  gli  ecosistemi
acquatici. 
  8. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 5  e  7,  gli
scarichi nel  sottosuolo  e  nelle  acque  sotterranee,  esistenti  e
debitamente autorizzati, devono essere convogliati  in  corpi  idrici
superficiali  ovvero  destinati,  ove  possibile,  al   riciclo,   al
riutilizzo  o  all'utilizzazione  agronomica.  In  caso  di   mancata
ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico e'
revocata. 
                              ART. 105
                  (scarichi in acque superficiali)

   1.  Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali
devono  rispettare  i  valori-limite  di  emissione  fissati ai sensi
dell'articolo  101,  commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli
obiettivi di qualita'.
   2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti
fognarie,  provenienti  da  agglomerati  con  meno  di 2.000 abitanti
equivalenti  e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione,
e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti
equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad
un   trattamento  appropriato,  in  conformita'  con  le  indicazioni
dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
   3.  Le  acque  reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello
scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente
in  conformita'  con  le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza
del presente decreto.
   4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresi', i
valori-limite  di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi
1 e 2.
   5.  Le  regioni  dettano  specifica disciplina per gli scarichi di
reti   fognarie  provenienti  da  agglomerati  a  forte  fluttuazione
stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2
e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualita'.
   6.  Gli  scarichi  di acque reflue urbane in acque situate in zone
d'alta  montagna,  ossia  al  di sopra dei 1500 metri sul livello del
mare,  dove, a causa delle basse temperature, e' difficile effettuare
un  trattamento  biologico  efficace, possono essere sottoposti ad un
trattamento  meno  spinto  di  quello  previsto  al  comma 3, purche'
appositi  studi  comprovino  che  i  suddetti  scarichi  non  avranno
ripercussioni negative sull'ambiente.
                              ART. 106
                  (scarichi di acque reflue urbane
            in corpi idrici ricadenti in aree sensibili)

   1.  Ferme restando le disposizioni dell'articolo 101, commi 1 e 2,
le  acque  reflue  urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000
abitanti  equivalenti,  che scaricano in acque recipienti individuate
quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento piu'
spinto  di  quello  previsto  dall'articolo  105,  comma 3, secondo i
requisiti  specifici  indicati  nell'Allegato  5 alla parte terza del
presente decreto.
   2.  Le  disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree
sensibili  in cui puo' essere dimostrato che la percentuale minima di
riduzione  del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di
trattamento   delle   acque   reflue   urbane   e'   pari  almeno  al
settantacinque  per  cento per il fosforo totale oppure per almeno il
settantacinque per cento per l'azoto totale.
   3.  Le  regioni  individuano,  tra  gli scarichi provenienti dagli
impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno
dei  bacini  drenanti  afferenti  alle  aree  sensibili,  quelli che,
contribuendo  all'inquinamento  di tali aree, sono da assoggettare al
trattamento  di  cui  ai  commi  1 e 2 in funzione del raggiungimento
dell'obiettivo di qualita' dei corpi idrici ricettori.
                              Art. 107
                      Scarichi in reti fognarie

  1.  Ferma restando l'inderogabilita' dei valori-limite di emissione
di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente
decreto  e,  limitatamente  ai  parametri  di  cui  alla nota 2 della
Tabella  5  del  medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di
acque  reflue  industriali  che  recapitano  in  reti  fognarie  sono
sottoposti  alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai
valori-limite  adottati  dall'Autorita'  d'ambito  competente in base
alle  caratteristiche  dell'impianto, e in modo che sia assicurata la
tutela   del   corpo  idrico  ricettore  nonche'  il  rispetto  della
disciplina  degli  scarichi  di acque reflue urbane definita ai sensi
dell'articolo 101, commi 1 e 2.
  2.  Gli  scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti
fognarie  sono sempre ammessi purche' osservino i regolamenti emanati
dal  soggetto  gestore  del  servizio  idrico  integrato ed approvati
dall'Autorita' d'ambito competente.
  ((3. Non e' ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati,
in  fognatura,  ad  eccezione  di  quelli  organici provenienti dagli
scarti  dell'alimentazione  trattati  con  apparecchi  dissipatori di
rifiuti  alimentari  che  ne riducano la massa in particelle sottili,
previo  accertamento  dell'esistenza  di un sistema di depurazione da
parte  dell'ente  gestore del servizio idrico integrato, che assicura
adeguata  informazione  al  pubblico anche in merito alla planimetria
delle   zone   servite   da   tali   sistemi.  L'installazione  delle
apparecchiature e' comunicata da parte del rivenditore al gestore del
servizio idrico, che ne controlla la diffusione sul territorio.))
  4.  Le  regioni,  sentite  le  province,  possono  stabilire  norme
integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili
e   produttivi   allacciati   alle   pubbliche   fognature,   per  la
funzionalita'  degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei
limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.
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AGGIORNAMENTO (10)
  Il  D.Lgs.  16  gennaio 2008, n. 4 ha disposto (con l'art. 2, comma
19)  che,  per  effetto  dell'abrogazione dell'art. 182, commi 6 e 8,
l'art.  107,  comma  3,  e'  cosi'  sostituito  "3. Non e' ammesso lo
smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura.".
                              ART. 108
                  (scarichi di sostanze pericolose)

   1.  Le  disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose
si  applicano  agli  stabilimenti nei quali si svolgono attivita' che
comportano  la  produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle
sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza
del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la presenza di
tali  sostanze  in  quantita' o concentrazioni superiori ai limiti di
rilevabilita'  consentiti  dalle  metodiche  di rilevamento in essere
alla  data  di  entrata  in  vigore  della  parte  terza del presente
decreto,  o,  successivamente,  superiori  ai limiti di rilevabilita'
consentiti  dagli  aggiornamenti  a  tali  metodiche messi a punto ai
sensi  del  punto  4  dell'Allegato  5  alla parte terza del presente
decreto.
   2.  Tenendo  conto  della  tossicita',  della  persistenza e della
bioaccumulazione  della  sostanza considerata nell'ambiente in cui e'
effettuato  lo  scarico,  l'autorita'  competente in sede di rilascio
dell'autorizzazione  fissa,  nei  casi in cui risulti accertato che i
valori  limite  definiti  ai  sensi  dell'articolo  101, commi 1 e 2,
impediscano  o  pregiudichino  il  conseguimento  degli  obiettivi di
qualita'  previsti nel Piano di tutela di cui all'articolo 121, anche
per  la  compre  senza  di  altri  scarichi  di  sostanze pericolose,
valori-limite  di  emissione  piu'  restrittivi  di quelli fissati ai
sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.
   3.  Ai  fini  dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1
dell'articolo  107  e  del comma 2 del presente articolo, entro il 30
ottobre  2007  devono  essere attuate le prescrizioni concernenti gli
scarichi  delle  imprese  assoggettate alle disposizioni ((del Titolo
III-bis   della   parte   seconda   del   presente  decreto)).  Dette
prescrizioni,  concernenti  valori  limite  di emissione, parametri e
misure tecniche, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza
obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo
conto  delle  caratteristiche  tecniche  dell'impianto  in questione,
della   sua   ubicazione   geografica   e   delle  condizioni  locali
dell'ambiente.
   4.  Per  le  sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla
parte  terza  del  presente  decreto,  derivanti dai cicli produttivi
indicati  nella  medesima  tabella,  le  autorizzazioni  stabiliscono
altresi'  la  quantita'  massima della sostanza espressa in unita' di
peso  per unita' di elemento caratteristico dell'attivita' inquinante
e  cioe'  per  materia prima o per unita' di prodotto, in conformita'
con  quanto indicato nella stessa Tabella. Gli scarichi contenenti le
sostanze  pericolose  di  cui  al  comma  1  sono  assoggettati  alle
prescrizioni  di cui al punto 1.2.3. dell'Allegato 5 alla parte terza
del presente decreto.
   5.  Per  le  acque reflue industriali contenenti le sostanze della
Tabella  5  dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il
punto di misurazione dello scarico e' fissato secondo quanto previsto
dall'autorizzazione   integrata   ambientale   di   cui   al  decreto
legislativo  18  febbraio  2005,  n. 59, e, nel caso di attivita' non
rientranti  nel  campo  di  applicazione del suddetto decreto, subito
dopo  l'uscita  dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che
serve   lo   stabilimento   medesimo.   L'autorita'  competente  puo'
richiedere  che  gli  scarichi  parziali contenenti le sostanze della
tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico
generale   e  disciplinati  come  rifiuti.  Qualora,  come  nel  caso
dell'articolo   124,   comma   2,   secondo  periodo,  l'impianto  di
trattamento  di  acque  reflue  industriali  che  tratta  le sostanze
pericolose,  di  cui  alla tabella 5 del medesimo allegato 5, riceva,
tramite  condotta,  acque  reflue  provenienti  da altri stabilimenti
industriali  o  acque  reflue urbane, contenenti sostanze diverse non
utili ad un modifica o ad una riduzione delle sostanze pericolose, in
sede di autorizzazione l'autorita' competente ridurra' opportunamente
i  valori  limite di e missione indicati nella tabella 3 del medesimo
Allegato  5  per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate
in   Tabella   5,   tenendo  conto  della  diluizione  operata  dalla
miscelazione delle diverse acque reflue.
   6.  L'autorita'  competente al rilascio dell'autorizzazione per le
sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del
presente  decreto,  derivanti  dai  cicli  produttivi  indicati nella
tabella  medesima,  redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate,
degli  scarichi  esistenti  e  dei  controlli effettuati, ai fini del
successivo inoltro alla Commissione europea.

CAPO IV

ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA DEI CORPI IDRICI


                              ART. 109 
(immersione in mare di materiale derivante da attivita' di  escavo  e
            attivita' di posa in mare di cavi e condotte) 
 
   1. Al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformita' alle
disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia,  e'
consentita l'immersione deliberata in mare da navi ovvero  aeromobili
e da strutture ubicate nelle acque del  mare  o  in  ambiti  ad  esso
contigui, quali spiagge,  lagune  e  stagni  salmastri  e  terrapieni
costieri, dei materiali seguenti: 
    a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni
litoranei emersi; 
    b) inerti, materiali geologici inorganici  e  manufatti  al  solo
fine  di  utilizzo,  ove  ne  sia  dimostrata  la  compatibilita'   e
l'innocuita' ambientale; 
    c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra,
prodotto durante l'attivita' di pesca effettuata in mare o  laguna  o
stagni salmastri. 
   2. L'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di cui al
comma 1, lettera a), ((e' rilasciata dalla regione,  fatta  eccezione
per gli interventi ricadenti in aree protette nazionali di  cui  alle
leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, per i quali
e'  rilasciata  dal  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela   del
territorio e del mare,)) in conformita' alle modalita' stabilite  con
decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e
del mare, di concerto con  i  Ministri  delle  infrastrutture  e  dei
trasporti, delle politiche  agricole  e  forestali,  delle  attivita'
produttive previa intesa con la Conferenza permanente per i  rapporti
tra lo Stato, le regioni e  le  province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in
vigore della parte terza del presente decreto. 
   3. L'immersione in mare di materiale di cui al  comma  1,  lettera
b), e' soggetta ad autorizzazione ((regionale)), con  esclusione  dei
nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale.  Per
le opere di ripristino, che non  comportino  aumento  della  cubatura
delle  opere  preesistenti,   e'   dovuta   la   sola   comunicazione
all'autorita' competente. 
   4. L'immersione in mare dei materiali di cui al comma  1,  lettera
c), non e' soggetta ad autorizzazione. 
   5. La movimentazione dei fondali marini  derivante  dall'attivita'
di posa in mare di cavi e  condotte  e'  soggetta  ad  autorizzazione
regionale  rilasciata,  in  conformita'   alle   modalita'   tecniche
stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della  tutela  del
territorio e del mare, di concerto con  i  Ministri  delle  attivita'
produttive, delle infrastrutture e dei trasporti  e  delle  politiche
agricole e forestali, per quanto di  competenza,  da  emanarsi  entro
centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della  parte  terza
del presente decreto. Nel caso di condotte o cavi  facenti  parte  di
reti energetiche di interesse nazionale, o di  connessione  con  reti
energetiche  di  altri  stati,  l'autorizzazione  e'  rilasciata  dal
Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio  e  del  mare,
sentite le regioni interessate, nell'ambito del procedimento unico di
autorizzazione delle stesse reti. 
                              ART. 110
       (trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento
                     delle acque reflue urbane)

   1.  Salvo  quanto  previsto  ai commi 2 e 3, e' vietato l'utilizzo
degli   impianti  di  trattamento  di  acque  reflue  urbane  per  lo
smaltimento di rifiuti.
   2.  In  deroga  al  comma  1, l'autorita' competente, d'intesa con
l'Autorita'  d'ambito,  in  relazione  a  particolari  esigenze e nei
limiti  della  capacita' residua di trattamento, autorizza il gestore
del servizio idrico integrato a smaltire nell'impianto di trattamento
di  acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle tipologie
compatibili con il processo di depurazione.
   3.  Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione
all'autorita'  competente  ai  sensi  dell'articolo  124, e' comunque
autorizzato  ad accettare in impianti con caratteristiche e capacita'
depurative   adeguate,   che   rispettino  i  valori  limite  di  cui
all'articolo  101,  commi  1  e  2,  i  seguenti rifiuti e materiali,
purche'  provenienti  dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure
da   altro   Ambito  territoriale  ottimale  sprovvisto  di  impianti
adeguati:
    a)  rifiuti  costituiti  da  acque reflue che rispettino i valori
limite stabiliti per lo scarico in fognatura;
    b)   rifiuti   costituiti   dal   materiale   proveniente   dalla
manutenzione  ordinaria  di  sistemi  di  trattamento di acque reflue
domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3;
    c)  materiali  derivanti  dalla manutenzione ordinaria della rete
fognaria  nonche'  quelli  derivanti da altri impianti di trattamento
delle  acque  reflue  urbane,  nei  quali l'ulteriore trattamento dei
medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente.
   4.  L'attivita'  di  cui  ai  commi  2  e 3 puo' essere consentita
purche'  non  sia  compromesso  il  possibile  riutilizzo delle acque
reflue e dei fanghi.
   5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio
idrico  integrato  deve indicare la capacita' residua dell'impianto e
le  caratteristiche  e  quantita'  dei  rifiuti che intende trattare.
L'autorita'  competente  puo' indicare quantita' diverse o vietare il
trattamento   di   specifiche   categorie   di  rifiuti.  L'autorita'
competente  provvede  altresi' all'iscrizione in appositi elenchi dei
gestori   di   impianti   di  trattamento  che  hanno  effettuato  la
comunicazione di cui al comma 3.
   6.  Allo  smaltimento dei rifiuti di cui ai commi 2 e 3 si applica
l'apposita tariffa determinata dall'Autorita' d'ambito.
   7.  Il  produttore  ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al
rispetto  della  normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per
il  produttore  dei  rifiuti  di  cui  al comma 3, lettera b), che e'
tenuto  al rispetto dei soli obblighi previsti per i produttori dalla
vigente  normativa  in  materia  di  rifiuti. Il gestore del servizio
idrico  integrato  che,  ai  sensi dei commi 3 e 5, tratta rifiuti e'
soggetto  all'obbligo  di  tenuta  del  registro  di carico e scarico
secondo  quanto  previsto  dalla  vigente  normativa  in  materia  di
rifiuti.
                              ART. 111
              (impianti di acquacoltura e piscicoltura)

   1.  Con  decreto  del  ((Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e  del mare)), di concerto con i Ministri delle politiche
agricole  e  forestali,  delle infrastrutture e dei trasporti e delle
attivita' produttive, e previa intesa con Conferenza permanente per i
rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di  Bolzano,  sono  individuati  i  criteri  relativi al contenimento
dell'impatto  sull'ambiente derivante dalle attivita' di acquacoltura
e di piscicoltura.
                              ART. 112
                     (utilizzazione agronomica)

   1.  Fermo  restando  quanto  previsto dall'articolo 92 per le zone
vulnerabili  e  dal  decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per
gli   impianti   di   allevamento  intensivo  di  cui  al  punto  6.6
dell'Allegato 1 al predetto decreto, l'utilizzazione agronomica degli
effluenti  di  allevamento,  delle  acque  di vegetazione dei frantoi
oleari,  sulla  base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996,
n.  574,  nonche' dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui
all'articolo  101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende
agroalimentari,  cosi'  come  individuate  in  base  al  decreto  del
Ministro  delle  politiche agricole e forestali di cui al comma 2, e'
soggetta   a   comunicazione   all'autorita'   competente   ai  sensi
all'articolo 75 del presente decreto.
   2.   Le   regioni   disciplinano  le  attivita'  di  utilizzazione
agronomica  di  cui  al  comma 1 sulla base dei criteri e delle norme
tecniche  generali  adottati con decreto del Ministro delle politiche
agricole  e  forestali,  di  concerto  con i Ministri dell'ambiente e
della tutela del territorio, delle attivita' produttive, della salute
e  delle  infrastrutture  e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome  di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data
di  entrata  in  vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo
nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed
in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di
qualita' di cui alla parte terza del presente decreto.
   3.   Nell'ambito   della   normativa  di  cui  al  comma  2,  sono
disciplinati in particolare:
    a)  le  modalita'  di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della
legge 11 novembre 1996, n. 574;
    b)  i  tempi e le modalita' di effettuazione della comunicazione,
prevedendo  procedure  semplificate nonche' specifici casi di esonero
dall'obbligo  di  comunicazione  per  le  attivita'  di minor impatto
ambientale;
    c)  le  norme  tecniche  di  effettuazione  delle  operazioni  di
utilizzo agronomico;
    d)  i  criteri  e  le procedure di controllo, ivi comprese quelle
inerenti   l'imposizione  di  prescrizioni  da  parte  dell'autorita'
competente,  il  divieto  di  esercizio ovvero la sospensione a tempo
determinato  dell'attivita'  di  cui  al  comma 1 nel caso di mancata
comunicazione  o  mancato  rispetto  delle  norme  tecniche  e  delle
prescrizioni impartite;
    e)  le  sanzioni  amministrative pecuniarie fermo restando quanto
disposto dall'articolo 137, comma 15.
                              ART. 113
     (acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia)

   1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le
regioni,  previo  parere del ((Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare)), disciplinano e attuano:
    a)  le  forme  di controllo degli scarichi di acque meteoriche di
dilavamento provenienti da reti fognarie separate;
    b)  i  casi  in cui puo' essere richiesto che le immissioni delle
acque  meteoriche  di  dilavamento, effettuate tramite altre condotte
separate,  siano  sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa
l'eventuale autorizzazione.
   2.  Le  acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non
sono  soggette  a  vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza
del presente decreto.
   3.  Le  regioni  disciplinano  altresi'  i casi in cui puo' essere
richiesto  che  le  acque  di  prima pioggia e di lavaggio delle aree
esterne  siano  convogliate  e opportunamente trattate in impianti di
depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle
attivita'  svolte,  vi  sia  il  rischio  di dilavamento da superfici
impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano
pregiudizio  per  il  raggiungimento  degli obiettivi di qualita' dei
corpi idrici.
   4.  E' comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque
meteoriche nelle acque sotterranee.
                              ART. 114
                               (dighe)

   1. Le regioni, previo parere del ((Ministero dell'ambiente e della
tutela  del  territorio e del mare)), adottano apposita disciplina in
materia  di  restituzione  delle  acque  utilizzate per la produzione
idroelettrica,  per  scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione,
nonche'  delle  acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da
quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di
garantire  il  mantenimento  o  il  raggiungimento degli obiettivi di
qualita' di cui al titolo II della parte terza del presente decreto.
   2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacita' di invaso
e  la  salvaguardia  sia  della  qualita' dell'acqua invasata sia del
corpo  ricettore,  le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento
delle  dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di
ciascun invaso. Il progetto di gestione e' finalizzato a definire sia
il  quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attivita'
di   manutenzione   da  eseguire  sull'impianto,  sia  le  misure  di
prevenzione  e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico,
delle   attivita'  di  pesca  e  delle  risorse  idriche  invasate  e
rilasciate a valle dell'invaso durante le operazioni stesse.
   3.  Il progetto di gestione individua altresi' eventuali modalita'
di  manovra  degli  organi di scarico, anche al fine di assicurare la
tutela   del   corpo  ricettore.  Restano  valide  in  ogni  caso  le
disposizioni  fissate  dal decreto del Presidente della Repubblica 1°
novembre  1959,  n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e
cose.
   4.  Il  progetto di gestione e' predisposto dal gestore sulla base
dei  criteri  fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e
dei  trasporti  e  dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio di
concerto  con  il  Ministro  delle  attivita' produttive e con quello
delle politiche agricole e forestali, previa intesa con la Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome  di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni
dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  parte terza del presente
decreto.
   5.  Il  progetto  di  gestione  e'  approvato  dalle  regioni, con
eventuali  prescrizioni,  entro  sei  mesi  dalla  sua presentazione,
previo  parere  dell'amministrazione  competente alla vigilanza sulla
sicurezza dell'invaso e dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89
e  91  del  decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e sentiti, ove
necessario,   gli  enti  gestori  delle  aree  protette  direttamente
interessate;  per  le  dighe di cui al citato articolo 91 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il progetto approvato e' trasmesso
al  Registro  italiano  dighe (RID) per l'inserimento, anche in forma
sintetica,   come   parte   integrante   del  foglio  condizioni  per
l'esercizio  e  la manutenzione di cui all'articolo 6 del decreto del
Presidente  della  Repubblica  1°  novembre 1959, n. 1363, e relative
disposizioni  di  attuazione.  Il  progetto  di  gestione  si intende
approvato  e  diviene  operativo  trascorsi  sei  mesi  dalla data di
presentazione  senza  che  sia  intervenuta alcuna pronuncia da parte
della  regione  competente, fermo restando il pote re di tali Enti di
dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.
   6.  Con  l'approvazione  del progetto il gestore e' autorizzato ad
eseguire  le  operazioni  di  svaso,  sghiaiamento  e  sfangamento in
conformita'  ai  limiti  indicati nel progetto stesso e alle relative
prescrizioni.
   7.  Nella  definizione  dei  canoni  di  concessione  di inerti le
amministrazioni  determinano  specifiche  modalita'  ed  importi  per
favorire  lo  sghiaiamento  e  sfangamento  degli  invasi per asporto
meccanico.
   8.  I  gestori  degli  invasi  esistenti,  che  ancora non abbiano
ottemperato   agli  obblighi  previsti  dal  decreto  del  ((Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela del territorio e del mare)) 30 giugno
2004,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 269 del 16 novembre
2004,  sono  tenuti  a presentare il progetto di cui al comma 2 entro
sei  mesi  dall'emanazione  del  decreto  di  cui  al  comma  4. Fino
all'approvazione  o  alla  operativita'  del  progetto di gestione, e
comunque  non  oltre  dodici mesi dalla data di entrata in vigore del
predetto  decreto,  le operazioni periodiche di manovre prescritte ai
sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 1°
novembre  1959,  n.  1363, volte a controllare la funzionalita' degli
organi  di scarico, sono svolte in conformita' ai fogli di condizione
per l'esercizio e la manutenzione.
   9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi
non  devono  pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, ne' il
rispetto  degli obiettivi di qualita' ambientale e degli obiettivi di
qualita' per specifica destinazione.
                              ART. 115
         (tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici)

   1.  Al  fine  di  assicurare il mantenimento o il ripristino della
vegetazione  spontanea  nella fascia immediatamente adiacente i corpi
idrici,  con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti
di   origine   diffusa,   di   stabilizzazione   delle  sponde  e  di
conservazione della biodiversita' da contemperarsi con le esigenze di
funzionalita'  dell'alveo,  entro  un  anno  dalla data di entrata in
vigore della parte terza del presente decreto le regioni disciplinano
gli  interventi  di  trasformazione  e  di  gestione  del suolo e del
soprassuolo  previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di
fiumi,  laghi,  stagni  e  lagune, comunque vietando la copertura dei
corsi d'acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica
incolumita'  e  la  realizzazione  di  impianti  di  smaltimento  dei
rifiuti.
   2.  Gli  interventi  di  cui  al  comma  1  sono comunque soggetti
all'autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523,
salvo  quanto  previsto  per  gli  interventi  a  salvaguardia  della
pubblica incolumita'.
   3. Per garantire le finalita' di cui al comma 1, le aree demaniali
dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere
date  in  concessione  allo scopo di destinarle a riserve naturali, a
parchi  fluviali  o  lacuali  o comunque a interventi di ripristino e
recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano gia' comprese in
aree  naturali  protette  statali  o  regionali  inserite nell'elenco
ufficiale   previsto  dalla  vigente  normativa,  la  concessione  e'
gratuita.
   4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della
legge   5  gennaio  1994,  n.  37,  non  possono  essere  oggetto  di
sdemanializzazione.
                              ART. 116
                        (programmi di misure)

   1.  Le regioni, nell'ambito delle risorse disponibili, integrano i
Piani  di  tutela  di  cui all'articolo 121 con i programmi di misure
costituiti  dalle  misure  di  base di cui all'Allegato 11 alla parte
terza   del   presente   decreto  e,  ove  necessarie,  dalle  misure
supplementari  di  cui al medesimo Allegato; tali programmi di misure
sono  sottoposti  per l'approvazione all'Autorita' di bacino. Qualora
le  misure  non  risultino  sufficienti a garantire il raggiungimento
degli obiettivi previsti, l'Autorita' di bacino ne individua le cause
e  indica  alle  regioni  le  modalita' per il riesame dei programmi,
invitandole  ad  apportare le necessarie modifiche, fermo restando il
limite  costituito  dalle  risorse  disponibili.  Le misure di base e
supplementari  devono  essere  comunque  tali  da  evitare  qualsiasi
aumento  di inquinamento delle acque marine e di quelle superficiali.
I  programmi  sono  approvati  entro il 2009 ed attuati dalle regioni
entro  il  2012;  il successivo riesame deve avvenire entro il 2015 e
dev'essere aggiornato ogni sei anni .

TITOLO IV
STRUMENTI DI TUTELA


CAPO I

PIANI DI GESTIONE E PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE


                              ART. 117
         (piani di gestione e registro delle aree protette)

   1.  Per  ciascun  distretto  idrografico  e'  adottato un Piano di
gestione,  che  rappresenta articolazione interna del Piano di bacino
distrettuale di cui all'articolo 65. Il Piano di gestione costituisce
pertanto  piano  stralcio  del  Piano  di  bacino  e viene adottato e
approvato   secondo   le   procedure   stabilite   per   quest'ultimo
dall'articolo   66.   Le   Autorita'   di   bacino,   ai  fini  della
predisposizione   dei   Piani   di   gestione,  devono  garantire  la
partecipazione  di  tutti  i  soggetti istituzionali competenti nello
specifico settore.
   2.  Il Piano di gestione e' composto dagli elementi indicati nella
parte A dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.
   3.  L'Autorita'  di  bacino,  sentite  le  Autorita'  d'ambito del
servizio  idrico integrato, istituisce entro sei mesi dall'entrata in
vigore  della presente norma, sulla base delle informazioni trasmesse
dalle  regioni, un registro delle aree protette di cui all'Allegato 9
alla  parte  terza  del  presente  decreto, designate dalle autorita'
competenti ai sensi della normativa vigente.
                              ART. 118
(rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi
          dell'impatto esercitato dall'attivita' antropica)

  1.  Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione
del  Piano  di  tutela  di  cui  all'articolo 121, le regioni attuano
appositi  programmi  di  rilevamento  dei  dati utili a descrivere le
caratteristiche   del  bacino  idrografico  e  a  valutare  l'impatto
antropico  esercitato  sul  medesimo,  nonche' alla raccolta dei dati
necessari  all'analisi  economica  dell'utilizzo delle acque, secondo
quanto  previsto  dall'Allegato  10  alla  parte  terza  del presente
decreto. Le risultanze delle attivita' di cui sopra sono trasmesse al
Ministero  dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare ed
al  Dipartimento  tutela  delle acque interne e marine dell' Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
  2.  I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformita' alle
indicazioni  di  cui  all'Allegato  3  alla  parte terza del presente
decreto  e di cui alle disposizioni adottate con apposito decreto dal
Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio e del mare e
((sono  aggiornati  entro  il 22 dicembre 2013 e successivamente ogni
sei anni)).
  3.  Nell'espletamento dell'attivita' conoscitiva di cui al comma 1,
le  regioni  sono  tenute ad utilizzare i dati e le informazioni gia'
acquisite.
                              ART. 119
    (principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici)

   1.  Ai  fini del raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui
al  Capo  I  del titolo II della parte terza del presente decreto, le
Autorita'  competenti  tengono  conto  del principio del recupero dei
costi  dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla
risorsa,  prendendo  in considerazione l'analisi economica effettuata
in  base  all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in
particolare, secondo il principio "chi inquina paga".
   2.  Entro  il  2010  le Autorita' competenti provvedono ad attuare
politiche  dei  prezzi dell'acqua idonee ad incentivare adeguatamente
gli  utenti  a  usare  le  risorse  idriche  in  modo efficiente ed a
contribuire  al  raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di
qualita'  ambientali  di cui alla direttiva 2000/60/CE nonche' di cui
agli  articoli  76 e seguenti del presente decreto, anche mediante un
adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico
dei   vari   settori  di  impiego  dell'acqua,  suddivisi  almeno  in
industria,  famiglie  e  agricoltura.  Al  riguardo dovranno comunque
essere  tenute  in  conto  le  ripercussioni  sociali,  ambientali ed
economiche  del recupero dei suddetti costi, nonche' delle condizioni
geografiche  e climatiche della regione o delle regioni in questione.
In particolare:
    a)  i  canoni  di  concessione  per  le  derivazioni  delle acque
pubbliche  tengono  conto  dei  costi  ambientali  e  dei costi della
risorsa connessi all'utilizzo dell'acqua;
    b)  le  tariffe  dei  servizi idrici a carico dei vari settori di
impiego  dell'acqua,  quali  quelli  civile,  industriale e agricolo,
contribuiscono   adeguatamente  al  recupero  dei  costi  sulla  base
dell'analisi  economica  effettuata  secondo l'Allegato 10 alla parte
terza del presente decreto.
   3.  Nei  Piani di tutela di cui all'articolo 121 sono riportate le
fasi previste per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e
2  necessarie  al  raggiungimento  degli obiettivi di qualita' di cui
alla parte terza del presente decreto.
                              ART. 120
       (rilevamento dello stato di qualita' dei corpi idrici)

   1.  Le  regioni elaborano ed attuano programmi per la conoscenza e
la  verifica  dello  stato  qualitativo  e  quantitativo  delle acque
superficiali e sotterranee all'interno di ciascun bacino idrografico.
   2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformita' alle
indicazioni  di  cui  all'Allegato  1  alla  parte terza del presente
decreto.  Tali  programmi  devono  essere  integrati  con quelli gia'
esistenti  per  gli  obiettivi  a specifica destinazione stabiliti in
conformita'  all'Allegato  2  alla  parte terza del presente decreto,
nonche'  con  quelli  delle  acque  inserite  nel registro delle aree
protette.  Le  risultanze  delle  attivita'  di  cui  al comma 1 sono
trasmesse  al ((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e  del  mare)) ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine
dell'((Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale))
(((ISPRA))).
   3.  Al  fine  di  evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso
delle  informazioni  raccolte e la loro compatibilita' con il Sistema
informativo   nazionale  dell'ambiente  (SINA),  le  regioni  possono
promuovere,  nell'esercizio  delle  rispettive competenze, accordi di
programma  con l' ((Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale))  (((ISPRA))),  le  Agenzie  regionali  per la protezione
dell'ambiente  di  cui  al  decreto-legge  4  dicembre  1993, n. 496,
convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, le
province,  le  Autorita'  d'ambito,  i  consorzi  di  bonifica  e  di
irrigazione  e  gli  altri  enti  pubblici interessati. Nei programmi
devono essere definite altresi' le modalita' di standardizzazione dei
dati e di interscambio delle informazioni.
                              Art. 121
                     Piani di tutela delle acque

  1.  Il  Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano
di settore ed e' articolato secondo i contenuti elencati nel presente
articolo,  nonche'  secondo  le  specifiche  indicate  nella  parte B
dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.
  2.  Entro  il 31 dicembre 2006 le Autorita' di bacino, nel contesto
delle  attivita'  di  pianificazione  o  mediante  appositi  atti  di
indirizzo  e  coordinamento,  sentite  le  province  e  le  Autorita'
d'ambito,  definiscono gli obiettivi su scala di distretto cui devono
attenersi  i  piani di tutela delle acque, nonche' le priorita' degli
interventi.  Entro  il  31  dicembre  2007,  le  regioni,  sentite le
province  e  previa  adozione delle eventuali misure di salvaguardia,
adottano  il  Piano  di  tutela  delle  acque  e  lo  trasmettono  al
((Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  del
mare))nonche'  alle  competenti Autorita' di bacino, per le verifiche
di competenza.
  3.  Il  Piano  di  tutela  contiene,  oltre agli interventi volti a
garantire  il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui
alla  parte  terza  del  presente  decreto, le misure necessarie alla
tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.
  4.  Per  le finalita' di cui al comma 1 il Piano di tutela contiene
in particolare:
    a) i risultati dell'attivita' conoscitiva;
    b)  l'individuazione degli obiettivi di qualita' ambientale e per
specifica destinazione;
    c)  l'elenco  dei  corpi  idrici a specifica destinazione e delle
aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e
di risanamento;
    d)  le  misure  di  tutela  qualitative  e  quantitative tra loro
integrate e coordinate per bacino idrografico;
    e) l'indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle
relative priorita';
    f)  il  programma  di  verifica  dell'efficacia  degli interventi
previsti;
    g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;
    g-bis)  i  dati  in possesso delle autorita' e agenzie competenti
rispetto  al monitoraggio delle acque di falda delle aree interessate
e   delle   acque   potabili   dei  comuni  interessati,  rilevati  e
periodicamente  aggiornati  presso la rete di monitoraggio esistente,
da pubblicare in modo da renderli disponibili per i cittadini;
    h)  l'analisi  economica  di cui all'Allegato 10 alla parte terza
del  presente decreto e le misure previste al fine di dare attuazione
alle disposizioni di cui all'articolo 119 concernenti il recupero dei
costi dei servizi idrici;
    i) le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
  5.  Entro  centoventi giorni dalla trasmissione del Piano di tutela
le  Autorita' di bacino verificano la conformita' del piano agli atti
di  pianificazione o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al
comma  2,  esprimendo  parere  vincolante.  Il  Piano  di  tutela  e'
approvato  dalle  regioni  entro i successivi sei mesi e comunque non
oltre   il   31   dicembre   2008.  Le  successive  revisioni  e  gli
aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni.
                              ART. 122
               (informazione e consultazione pubblica)

   1.  Le  regioni  promuovono  la  partecipazione attiva di tutte le
parti  interessate  all'attuazione  della  parte  terza  del presente
decreto,    in    particolare    all'elaborazione,   al   riesame   e
all'aggiornamento  dei  Piani  di  tutela.  Su richiesta motivata, le
regioni  autorizzano  l'accesso  ai  documenti  di riferimento e alle
informazioni  in  base  ai  quali  e' stato elaborato il progetto del
Piano  di  tutela. Le regioni provvedono affinche', per il territorio
di  competenza  ricadente  nel distretto idrografico di appartenenza,
siano  pubblicati  e  resi  disponibili per eventuali osservazioni da
parte del pubblico:
    a)  il  calendario  e il programma di lavoro per la presentazione
del  Piano,  inclusa  una  dichiarazione  delle misure consultive che
devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui
il Piano si riferisce;
    b)  una  valutazione  globale provvisoria dei problemi prioritari
per  la  gestione  delle  acque nell'ambito del bacino idrografico di
appartenenza,  almeno  due  anni prima dell'inizio del periodo cui il
Piano si riferisce;
    c)  copia  del progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima
dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.
   2.  Per  garantire  l'attiva partecipazione e la consultazione, le
regioni  concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione
di osservazioni scritte sui documenti di cui al comma 1.
   3.  I  commi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei Piani
di tutela.
                              Art. 123
         (trasmissione delle informazioni e delle relazioni)

   1.  Contestualmente  alla  pubblicazione  dei  Piani  di tutela le
regioni trasmettono copia di detti piani e di tutti gli aggiornamenti
successivi al ((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare)) al fine del successivo inoltro alla Commissione europea.
   2.  Le regioni trasmettono al medesimo Ministero per il successivo
inoltro alla Commissione europea, anche sulla base delle informazioni
dettate,  in  materia di modalita' di trasmissione delle informazioni
sullo  stato  di  qualita'  dei  corpi idrici e sulla classificazione
delle   acque,  dal  ((Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e  del  mare)) con apposito decreto, relazioni sintetiche
concernenti:
    a)  l'attivita'  conoscitiva di cui all'articolo 118 entro dodici
mesi  dalla  data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto.  I  successivi  aggiornamenti sono trasmessi ogni sei anni a
partire dal febbraio 2010;
    b)   i   programmi   di   monitoraggio  secondo  quanto  previsto
all'articolo  120  entro  dodici mesi dalla data di entrata in vigore
della  parte terza del presente decreto e successivamente con cadenza
annuale.
   3. Entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun Piano di tutela o
dall'aggiornamento di cui all'articolo 121, le regioni trasmettono al
((Ministero  dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare))
una  relazione  sui progressi realizzati nell'attuazione delle misure
di base o supplementari di cui all'articolo 116.

CAPO II
AUTORIZZAZIONE AGLI SCARICHI


                              ART. 124
                         (criteri generali)

  1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.
   ((2.  L'autorizzazione e' rilasciata al titolare dell'attivita' da
cui  origina  lo  scarico.  Ove uno o piu' stabilimenti conferiscano,
tramite  condotta,  ad  un  terzo  soggetto,  titolare  dello scarico
finale,  le  acque  reflue  provenienti  dalle loro attivita', oppure
qualora  tra  piu'  stabilimenti  sia  costituito  un  consorzio  per
l'effettuazione   in   comune   dello   scarico  delle  acque  reflue
provenienti  dalle  attivita'  dei  consorziati,  l'autorizzazione e'
rilasciata  in  capo  al titolare dello scarico finale o al consorzio
medesimo,  ferme  restando  le  responsabilita'  dei singoli titolari
delle  attivita'  suddette  e  del  gestore  del relativo impianto di
depurazione  in  caso  di  violazione  delle disposizioni della parte
terza del presente decreto.))
   3.  Il  regime  autorizzatorio  degli  scarichi  di  acque  reflue
domestiche  e  di  reti  fognarie,  servite  o  meno  da  impianti di
depurazione  delle  acque  reflue  urbane,  e' definito dalle regioni
nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 101, commi 1 e 2.
   4.  In  deroga al comma 1, gli scarichi di acque reflue domestiche
in  reti fognarie sono sempre ammessi nell'osservanza dei regolamenti
fissati  dal  gestore  del  servizio  idrico  integrato  ed approvati
dall'Autorita' d'ambito.
   5. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue termali
e'  definito  dalle  regioni;  tali  scarichi  sono  ammessi  in reti
fognarie  nell'osservanza  dei  regolamenti  emanati  dal gestore del
servizio   idrico  integrato  ed  in  conformita'  all'autorizzazione
rilasciata dall'Autorita' di ambito.
   6.  Le  regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria
agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il
tempo necessario al loro avvio.
   ((7.   Salvo   diversa   disciplina   regionale,   la  domanda  di
autorizzazione  e'  presentata  alla  provincia  ovvero all'Autorita'
d'ambito   se  lo  scarico  e'  in  pubblica  fognatura.  L'autorita'
competente  provvede  entro  novanta  giorni  dalla  ricezione  della
domanda.))
   8. Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005,
n.  59,  l'autorizzazione  e' valida per quattro anni dal momento del
rilascio.  Un  anno  prima  della  scadenza ne deve essere chiesto il
rinnovo.   Lo  scarico  puo'  essere  provvisoriamente  mantenuto  in
funzione  nel  rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente
autorizzazione,  fino  all'adozione  di un nuovo provvedimento, se la
domanda  di  rinnovo  e'  stata  tempestivamente  presentata. Per gli
scarichi  contenenti  sostanze pericolose di cui all'articolo 108, il
rinnovo  deve  essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei
mesi  dalla  data di scadenza; trascorso inutilmente tale termine, lo
scarico dovra' cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui
al  comma  3  puo'  prevedere per specifiche tipologie di scarichi di
acque  reflue  domestiche,  ove  soggetti ad autorizzazione, forme di
rinnovo tacito della medesima.
   9.  Per  gli  scarichi in un corso d'acqua nel quale sia accertata
una  portata naturale nulla per oltre centoventi giorni annui, oppure
in  un  corpo  idrico non significativo, l'autorizzazione tiene conto
del  periodo  di  portata  nulla  e della capacita' di diluizione del
corpo  idrico negli altri periodi, e stabilisce prescrizioni e limiti
al  fine di garantire le capacita' autodepurative del corpo ricettore
e la difesa delle acque sotterranee.
   10. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla
sua   localizzazione   e   alle   condizioni   locali   dell'ambiente
interessato,  l'autorizzazione  contiene  le  ulteriori  prescrizioni
tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni
ad   esso   funzionalmente  connesse,  avvenga  in  conformita'  alle
disposizioni  della  parte  terza  del  presente  decreto e senza che
consegua  alcun  pregiudizio  per  il  corpo ricettore, per la salute
pubblica e l'ambiente.
   11.   Le   spese   occorrenti   per  l'effettuazione  di  rilievi,
accertamenti,  controlli  e  sopralluoghi necessari per l'istruttoria
delle  domande  di  autorizzazione  allo scarico previste dalla parte
terza del presente decreto sono a carico del richiedente. L'autorita'
competente   determina,  preliminarmente  all'istruttoria  e  in  via
provvisoria,  la  somma  che  il  richiedente  e' tenuto a versare, a
titolo di deposito, quale condizione di procedibilita' della domanda.
La   medesima  Autorita',  completata  l'istruttoria,  provvede  alla
liquidazione  definitiva  delle  spese  sostenute  sulla  base  di un
tariffario dalla stessa approntato.
   12.  Per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attivita' sia
trasferita  in  altro  luogo,  ovvero  per  quelli soggetti a diversa
destinazione d'uso, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi
uno    scarico    avente    caratteristiche    qualitativamente   e/o
quantitativamente  diverse da quelle dello scarico preesistente, deve
essere   richiesta   una   nuova  autorizzazione  allo  scarico,  ove
quest'ultimo ne risulti soggetto. Nelle ipotesi in cui lo scarico non
abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere
data  comunicazione all'autorita' competente, la quale, verificata la
compatibilita'  dello  scarico  con  il  corpo  recettore,  adotta  i
provvedimenti che si rendano eventualmente necessari.
                              ART. 125
(domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali)

   1.  La  domanda  di  autorizzazione  agli scarichi di acque reflue
industriali    deve    essere    corredata   dall'indicazione   delle
caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico e del volume
annuo  di  acqua  da  scaricare, dalla tipologia del ricettore, dalla
individuazione  del  punto  previsto  per  effettuare  i  prelievi di
controllo,  dalla  descrizione  del sistema complessivo dello scarico
ivi   comprese   le   operazioni  ad  esso  funzionalmente  connesse,
dall'eventuale  sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove
richiesto,  e  dalla  indicazione delle apparecchiature impiegate nel
processo  produttivo  e nei sistemi di scarico nonche' dei sistemi di
depurazione  utilizzati  per conseguire il rispetto dei valori limite
di emissione.
   2.  Nel  caso  di  scarichi  di  sostanze  di cui alla tabella 3/A
dell'Allegato  5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai
cicli  produttivi  indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di
cui al comma 1 deve altresi' indicare:
    a)   la   capacita'   di   produzione  del  singolo  stabilimento
industriale   che  comporta  la  produzione  o  la  trasformazione  o
l'utilizzazione  delle  sostanze di cui alla medesima tabella, oppure
la   presenza  di  tali  sostanze  nello  scarico.  La  capacita'  di
produzione dev'essere indicata con riferimento alla massima capacita'
oraria   moltiplicata   per  il  numero  massimo  di  ore  lavorative
giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;
    b)  il  fabbisogno  orario  di  acque per ogni specifico processo
produttivo.
                              ART. 126
              (approvazione dei progetti degli impianti
di trattamento delle acque reflue urbane)

   1.  Le  regioni  disciplinano  le  modalita'  di  approvazione dei
progetti  degli  impianti  di  trattamento delle acque reflue urbane.
Tale  disciplina  deve tenere conto dei criteri di cui all'Allegato 5
alla  parte  terza del presente decreto e della corrispondenza tra la
capacita'  di  trattamento  dell'impianto  e  le  esigenze delle aree
asservite, nonche' delle modalita' della gestione che deve assicurare
il rispetto dei valori limite degli scarichi. Le regioni disciplinano
altresi'   le  modalita'  di  autorizzazione  provvisoria  necessaria
all'avvio  dell'impianto  anche  in  caso  di realizzazione per lotti
funzionali.
                              ART. 127
        (fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue)

   1.  Ferma  restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27
gennaio  1992,  n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque
reflue  sono  sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile
((e  alla  fine  del  complessivo  processo di trattamento effettuato
nell'impianto  di  depurazione)). I fanghi devono essere riutilizzati
ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato.
   2.  E'  vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali
dolci e salmastre.

CAPO III

CONTROLLO DEGLI SCARICHI


                              ART. 128
                   (soggetti tenuti al controllo)

   1.  L'autorita'  competente  effettua  il controllo degli scarichi
sulla  base  di  un  programma  che  assicuri  un periodico, diffuso,
effettivo ed imparziale sistema di controlli.
   2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in
pubblica fognatura il gestore del servizio idrico integrato organizza
un adeguato servizio di controllo secondo le modalita' previste nella
convenzione di gestione.
                              ART. 129
                       (accessi ed ispezioni)

   1. L'autorita' competente al controllo e' autorizzata a effettuare
le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all'accertamento del
rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute
nei  provvedimenti  autorizzatori  o regolamentari e delle condizioni
che  danno  luogo  alla  formazione degli scarichi. Il titolare dello
scarico  e' tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire
l'accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.
                              ART. 130
 (inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico)

   1.  Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui
al  titolo  V  della  parte  terza  del  presente decreto, in caso di
inosservanza  delle  prescrizioni  dell'autorizzazione  allo  scarico
l'autorita' competente procede, secondo la gravita' dell'infrazione:
    a)  alla  diffida,  stabilendo  un  termine entro il quale devono
essere eliminate le inosservanze;
    b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per
un  tempo  determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per
la salute pubblica e per l'ambiente;
    c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento
alle  prescrizioni  imposte  con  la  diffida  e in caso di reiterate
violazioni  che  determinino  situazione  di  pericolo  per la salute
pubblica e per l'ambiente.
                              ART. 131
          (controllo degli scarichi di sostanze pericolose)

   1.  Per  gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla Tabella 5
dell'Allegato  5  alla  parte terza del presente decreto, l'autorita'
competente al rilascio dell'autorizzazione puo' prescrivere, a carico
del titolare dello scarico, l'installazione di strumenti di controllo
in  automatico,  nonche'  le  modalita' di gestione degli stessi e di
conservazione   dei   relativi   risultati,  che  devono  rimanere  a
disposizione  dell'autorita'  competente  al controllo per un periodo
non  inferiore  a  tre  anni  dalla data di effettuazione dei singoli
controlli.
                              ART. 132
                      (interventi sostitutivi)

   1.  Nel caso di mancata effettuazione dei controlli previsti dalla
parte terza del presente decreto, il ((Ministro dell'ambiente e della
tutela  del  territorio  e del mare)) diffida la regione a provvedere
entro  il termine massimo di centottanta giorni ovvero entro il minor
termine  imposto  dalle  esigenze  di  tutela  ambientale. In caso di
persistente  inadempienza provvede, in via sostitutiva, il ((Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio e del mare)), previa
delibera  del  Consiglio  dei  Ministri, con oneri a carico dell'Ente
inadempiente.
   2.  Nell'esercizio  dei  poteri  sostitutivi di cui al comma 1, il
((Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare))
nomina un commissario "ad acta" che pone in essere gli atti necessari
agli  adempimenti  previsti  dalla  normativa  vigente a carico delle
regioni al fine dell'organizzazione del sistema dei controlli.

TITOLO V

SANZIONI


CAPO I

SANZIONI AMMINISTRATIVE


                              ART. 133
                      (sanzioni amministrative)

   1.    Chiunque,    salvo   che   il   fatto   costituisca   reato,
nell'effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione
fissati  nelle  tabelle  di  cui  all'Allegato 5 alla parte terza del
presente  decreto,  oppure  i  diversi  valori limite stabiliti dalle
regioni  a  norma  dell'articolo  101,  comma  2,  o  quelli  fissati
dall'autorita'  competente  a  norma  dell'articolo  107,  comma 1, o
dell'articolo  108, comma 1, e' punito con la sanzione amministrativa
da  tremila  euro  a  trentamila  euro.  Se l'inosservanza dei valori
limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle
risorse  idriche  destinate  al consumo umano di cui all'articolo 94,
oppure  in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente
normativa,  si  applica  la  sanzione  amministrativa non inferiore a
ventimila euro.
   2.  Chiunque  apra  o  comunque  effettui scarichi di acque reflue
domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di
depurazione,  senza  l'autorizzazione di cui all'articolo 124, oppure
continui   ad   effettuare   o  mantenere  detti  scarichi  dopo  che
l'autorizzazione  sia  stata  sospesa  o  revocata,  e' punito con la
sanzione   amministrativa   da  seimila  euro  a  sessantamila  euro.
Nell'ipotesi  di  scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso
abitativo la sanzione e' da seicento euro a tremila euro.
   3.  Chiunque,  salvo  che  il fatto costituisca reato, al di fuori
delle  ipotesi  di  cui  al  comma 1, effettui o mantenga uno scarico
senza   osservare  le  prescrizioni  indicate  nel  provvedimento  di
autorizzazione  o  fissate  ai  sensi  dell'articolo 107, comma 1, e'
punito  con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento
euro a quindicimila euro.
   4.  Chiunque,  salvo  che  il  fatto  costituisca  reato, effettui
l'immersione  in  mare dei materiali indicati all'articolo 109, comma
1,  lettere a) e b), ovvero svolga l'attivita' di posa in mare cui al
comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, e' punito con la
sanzione   amministrativa   pecuniaria  da  millecinquecento  euro  a
quindicimila euro.
   5. Salvo che il fatto costituisca reato, fino all'emanazione della
disciplina  regionale  di cui all'articolo 112, comma 2, chiunque non
osservi  le  disposizioni di cui all'articolo 170, comma 7, e' punito
con  la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila
euro.
   6.  Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, non osservi il
divieto  di  smaltimento dei fanghi previsto dall'articolo 127, comma
2,  e'  punito  con  la sanzione amministrativa pecuniaria da seimila
euro a sessantamila euro.
   7. Salvo che il fatto costituisca reato, e' punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da tremila euro a trentamila euro chiunque:
    a)  nell'effettuazione  delle operazioni di svaso, sghiaiamento o
sfangamento  delle  dighe,  superi  i  limiti  o non osservi le altre
prescrizioni   contenute   nello   specifico   progetto  di  gestione
dell'impianto di cui all'articolo 114, comma 2;
    b)  effettui  le  medesime operazioni prima dell'approvazione del
progetto di gestione.
   8. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la
manutenzione  dei  dispositivi per la misurazione delle portate e dei
volumi,   oppure   l'obbligo  di  trasmissione  dei  risultati  delle
misurazioni  di  cui  all'articolo  95,  comma  3,  e'  punito con la
sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a seimila
euro.  Nei  casi di particolare tenuita' la sanzione e' ridotta ad un
quinto.
   9. Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai
sensi  dell'articolo  113,  comma  1,  lettera  b),  e' punito con la
sanzione   amministrativa   pecuniaria  da  millecinquecento  euro  a
quindicimila euro.
                              ART. 134
            (sanzioni in materia di aree di salvaguardia)

   1.  L'inosservanza  delle  disposizioni  relative alle attivita' e
destinazioni  vietate  nelle aree di salvaguardia di cui all'articolo
94  e'  punita  con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento
euro a seimila euro.
                              ART. 135
                    (competenza e giurisdizione)

   1.  In  materia  di  accertamento  degli  illeciti amministrativi,
all'irrogazione  delle  sanzioni  amministrative pecuniarie provvede,
con ordinanza-ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della
legge  24  novembre  1981, n. 689, la regione o la provincia autonoma
nel  cui  territorio  e'  stata  commessa la violazione, ad eccezione
delle  sanzioni  previste dall'articolo 133, comma 8, per le quali e'
competente  il  comune,  fatte  salve  le attribuzioni affidate dalla
legge ad altre pubbliche autorita'.
   2.  Fatto  salvo  quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo
1998,  n.  112,  ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli
illeciti  in  violazione delle norme in materia di tutela delle acque
dall'inquinamento  provvede  il  Comando  carabinieri tutela ambiente
(C.C.T.A.);  puo' altresi' intervenire il Corpo forestale dello Stato
e  possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Il
Corpo  delle  capitanerie  di  porto, Guardia costiera, provvede alla
sorveglianza  e  all'accertamento  delle violazioni di cui alla parte
terza del presente decreto quando dalle stesse possano derivare danni
o situazioni di pericolo per l'ambiente marino e costiero.
   3.  Per  i procedimenti penali pendenti alla entrata di entrata in
vigore   della   parte   terza   del  presente  decreto,  l'autorita'
giudiziaria,  se  non  deve  pronunziare  decreto  di archiviazione o
sentenza  di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli
enti  indicati  al  comma  1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni
amministrative.
   4.  Alle  sanzioni  amministrative pecuniarie previste dalla parte
terza  del  presente  decreto  non  si applica il pagamento in misura
ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
                              ART. 136
         (proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)

   1.  Le  somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative
previste   dalla  parte  terza  del  presente  decreto  sono  versate
all'entrata del bilancio regionale per essere riassegnate alle unita'
previsionali  di  base  destinate  alle  opere  di  risanamento  e di
riduzione  dell'inquinamento  dei corpi idrici. Le regioni provvedono
alla   ripartizione  delle  somme  riscosse  fra  gli  interventi  di
prevenzione e di risanamento.

CAPO II

SANZIONI PENALI


                              ART. 137
                          (sanzioni penali)

   1.  Chiunque  apra  o  comunque  effettui  nuovi scarichi di acque
reflue   industriali,   senza   autorizzazione,  oppure  continui  ad
effettuare  o  mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia
stata  sospesa  o revocata, e' punito con l'arresto da due mesi a due
anni o con l'ammenda da millecinquecento euro a diecimila euro.
   2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi
di   acque  reflue  industriali  contenenti  le  sostanze  pericolose
comprese  nelle  famiglie  e  nei  gruppi  di sostanze indicate nelle
tabelle  5  e  3/A  dell'Allegato  5  alla  parte  terza del presente
decreto, la pena e' dell'arresto da tre mesi a tre anni.
   3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettui
uno  scarico  di  acque  reflue  industriali  contenenti  le sostanze
pericolose  comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate
nelle  tabelle  5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente
decreto  senza  osservare  le  prescrizioni dell'autorizzazione, o le
altre  prescrizioni  dell'autorita' competente a norma degli articoli
107,  comma  1,  e  108,  comma 4, e' punito con l'arresto fino a due
anni.
   4. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la
gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei
risultati  degli stessi di cui all'articolo 131 e' punito con la pena
di cui al comma 3.
   5. ((Chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5
dell'Allegato    5   alla   parte   terza   del   presente   decreto,
nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi
i  valori  limite  fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul
suolo,  nella tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente
decreto,  oppure  i  limiti  piu' restrittivi fissati dalle regioni o
dalle   province   autonome   o  dall'Autorita'  competente  a  norma
dell'articolo 107, comma 1, e' punito con l'arresto fino a due anni e
con  l'ammenda  da tremila euro a trentamila euro)). Se sono superati
anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella
3/A  del  medesimo Allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi a tre
anni e l'ammenda da seimila euro a centoventimila euro.
   6.  Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresi' al gestore
di   impianti   di   trattamento   delle   acque  reflue  urbane  che
nell'effettuazione  dello  scarico  supera  i  valori-limite previsti
dallo stesso comma.
   7.  Al  gestore  del  servizio  idrico integrato che non ottempera
all'obbligo  di comunicazione di cui all'articolo 110, comma 3, o non
osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'articolo 110, comma 5,
si  applica  la  pena  dell'arresto  da  tre  mesi  ad  un anno o con
l'ammenda  da  tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti
non  pericolosi  e  con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e
con  l'ammenda  da  tremila  euro  a  trentamila euro se si tratta di
rifiuti pericolosi.
   8.  Il  titolare  di  uno  scarico che non consente l'accesso agli
insediamenti  da  parte del soggetto incaricato del controllo ai fini
di  cui  all'articolo  101,  commi  3  e  4,  salvo  che il fatto non
costituisca piu' grave reato, e' punito con la pena dell'arresto fino
a  due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti
incaricati  del controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge
n.  689  del  1981  e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura
penale.
   9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai
sensi  dell'articolo  113,  comma 3, e' punito con le sanzioni di cui
all'articolo 137, comma 1.
   10.    Chiunque    non   ottempera   al   provvedimento   adottato
dall'autorita'  competente ai sensi dell'articolo 84, comma 4, ovvero
dell'articolo   85,   comma   2,   e'   punito   con   l'ammenda   da
millecinquecento euro a quindicimila euro.
   11.  Chiunque  non  osservi  i  divieti  di scarico previsti dagli
articoli 103 e 104 e' punito con l'arresto sino a tre anni.
   12. Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a norma
dell'articolo   88,   commi   1   e   2,  dirette  ad  assicurare  il
raggiungimento  o  il  ripristino  degli  obiettivi di qualita' delle
acque  designate  ai  sensi dell'articolo 87, oppure non ottemperi ai
provvedimenti    adottati    dall'autorita'   competente   ai   sensi
dell'articolo  87, comma 3, e' punito con l'arresto sino a due anni o
con l'ammenda da quattromila euro a quarantamila euro.
   13.  Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni
se  lo  scarico  nelle  acque del mare da parte di navi od aeromobili
contiene  sostanze  o  materiali  per  i  quali e' imposto il divieto
assoluto  di  sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle
convenzioni   internazionali   vigenti   in   materia   e  ratificate
dall'Italia,  salvo  che  siano  in  quantita'  tali  da  essere resi
rapidamente  innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si
verificano  naturalmente  in mare e purche' in presenza di preventiva
autorizzazione da parte dell'autorita' competente.
   14.  Chiunque  effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di
allevamento,  di  acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonche' di
acque  reflue  provenienti  da  aziende  agricole  e  piccole aziende
agroalimentari  di cui all'articolo 112, al di fuori dei casi e delle
procedure  ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all'ordine
di sospensione dell'attivita' impartito a norma di detto articolo, e'
punito  con l'ammenda da euro millecinquecento a euro diecimila o con
l'arresto  fino  ad  un  anno.  La  stessa pena si applica a chiunque
effettui  l'utilizzazione  agronomica  al  di  fuori dei casi e delle
procedure di cui alla normativa vigente.
                              ART. 138
                (ulteriori provvedimenti sanzionatori
per l'attivita' di molluschicoltura)

   1.  Nei  casi previsti dal comma 12 dell'articolo 137, il Ministro
della   salute,  il  ((Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e del mare)) , nonche' la regione e la provincia autonoma
competente, ai quali e' inviata copia delle notizie di reato, possono
disporre, per quanto di competenza e indipendentemente dall'esito del
giudizio  penale,  la  sospensione in via cautelare dell'attivita' di
molluschicoltura;  a  seguito  di sentenza di condanna o di decisione
emessa  ai  sensi  dell'articolo  444  del codice di procedura penale
divenute  definitive,  possono inoltre disporre, valutata la gravita'
dei fatti, la chiusura degli impianti.
                              ART. 139
                      (obblighi del condannato)

   1.  Con  la  sentenza di condanna per i reati previsti nella parte
terza  del  presente  decreto,  o  con  la  decisione emessa ai sensi
dell'articolo  444 del codice di procedura penale, il beneficio della
sospensione  condizionale  della  pena  puo'  essere  subordinato  al
risarcimento  del danno e all'esecuzione degli interventi di messa in
sicurezza, bonifica e ripristino.
                              ART. 140
                      (circostanza attenuante)

   1.   Nei   confronti   di   chi,   prima  del  giudizio  penale  o
dell'ordinanza-ingiunzione,  ha  riparato  interamente  il  danno, le
sanzioni  penali  e  amministrative previste nel presente titolo sono
diminuite dalla meta' a due terzi.

SEZIONE III

GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE


TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE


                              ART. 141
                      (ambito di applicazione)

   1.  Oggetto delle disposizioni contenute nella presente sezione e'
la  disciplina  della  gestione  delle risorse idriche e del servizio
idrico integrato per i profili che concernono la tutela dell'ambiente
e  della concorrenza e la determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni  del  servizio idrico integrato e delle relative funzioni
fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane.
   2.  Il  servizio  idrico  integrato e' costituito dall'insieme dei
servizi  pubblici  +di captazione, adduzione e distribuzione di acqua
ad  usi  civili  di  fognatura e di depurazione delle acque reflue, e
deve  essere  gestito  secondo  principi  di efficienza, efficacia ed
economicita',  nel  rispetto  delle norme nazionali e comunitarie. Le
presenti  disposizioni  si applicano anche agli usi industriali delle
acque gestite nell'ambito del servizio idrico integrato.
                              ART. 142
                            (competenze)

   1.    Nel   quadro   delle   competenze   definite   dalle   norme
costituzionali,   e  fatte  salve  le  competenze  dell'Autorita'  di
vigilanza   sulle  risorse  idriche  e  sui  rifiuti,  il  ((Ministro
dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare ))esercita le
funzioni  e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate
dalla presente sezione.
   2. Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti
nel  quadro  delle  competenze  costituzionalmente  determinate e nel
rispetto  delle  attribuzioni  statali  di  cui  al  comma  1,  ed in
particolare  provvedono  a  disciplinare  il  governo  del rispettivo
territorio.
   3.  Gli  enti  locali,  attraverso  l'Autorita'  d'ambito  di  cui
all'articolo 148, comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del
servizio  idrico  integrato,  di  scelta  della forma di gestione, di
determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento
della  gestione  e  relativo controllo, secondo le disposizioni della
parte terza del presente decreto.
                              ART. 143
                  (proprieta' delle infrastrutture)

   1.  Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le
altre infrastrutture idriche di proprieta' pubblica, fino al punto di
consegna  e/o  misurazione,  fanno  parte  del demanio ai sensi degli
articoli  822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non
nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge.
   2.  Spetta  anche all'Autorita' d'ambito la tutela dei beni di cui
al  comma  1,  ai  sensi dell'articolo 823, secondo comma, del codice
civile.
                              ART. 144
                (tutela e uso delle risorse idriche)

   1.  Tutte  le  acque  superficiali  e  sotterranee,  ancorche' non
estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.
   2.   Le  acque  costituiscono  una  risorsa  che  va  tutelata  ed
utilizzata  secondo  criteri  di  solidarieta'; qualsiasi loro uso e'
effettuato   salvaguardando   le   aspettative  ed  i  diritti  delle
generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.
   3.  La  disciplina  degli usi delle acque e' finalizzata alla loro
razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il
rinnovo  delle  risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la
vivibilita' dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e
la  flora  acquatiche,  i  processi  geomorfologici  e  gli equilibri
idrologici. br;
   4.  Gli  usi  diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti
nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non
ne pregiudichino la qualita'.
   5.   Le   acque  termali,  minerali  e  per  uso  geotermico  sono
disciplinate  da  norme  specifiche,  nel  rispetto del riparto delle
competenze costituzionalmente determinato.
                              ART. 145
                  (equilibrio del bilancio idrico)

   1.   L'Autorita'   di  bacino  competente  definisce  ed  aggiorna
periodicamente  il bilancio idrico diretto ad assicurare l'equilibrio
fra le disponibilita' di risorse reperibili o attivabili nell'area di
riferimento  ed  i  fabbisogni  per  i  diversi usi, nel rispetto dei
criteri e degli obiettivi di cui all'articolo 144.
   2.   Per   assicurare   l'equilibrio  tra  risorse  e  fabbisogni,
l'Autorita' di bacino competente adotta, per quanto di competenza, le
misure  per  la pianificazione dell'economia idrica in funzione degli
usi cui sono destinate le risorse.
   3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o
da  trasferimenti,  sia  a  valle che oltre la linea di displuvio, le
derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso
necessario  alla  vita  negli alvei sottesi e tale da non danneggiare
gli equilibri degli ecosistemi interessati.
                              ART. 146
                         (risparmio idrico)

   1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza
del  presente  decreto,  le regioni, sentita l'Autorita' di vigilanza
sulle  risorse idriche e sui rifiuti, nel rispetto dei principi della
legislazione  statale, adottano norme e misure volte a razionalizzare
i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a:
    a)  migliorare  la  manutenzione  delle  reti  di  adduzione e di
distribuzione  di  acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre
le perdite;
    b)  prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti
di  trasporto  e  distribuzione  dell'acqua  sia interni che esterni,
l'obbligo  di  utilizzo  di sistemi anticorrosivi di protezione delle
condotte di materiale metallico;
    c)  realizzare,  in particolare nei nuovi insediamenti abitativi,
commerciali  e  produttivi  di  rilevanti  dimensioni,  reti duali di
adduzione  al  fine  dell'utilizzo  di  acque  meno  pregiate per usi
compatibili;
    d) promuovere l'informazione e la diffusione di metodi e tecniche
di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed
agricolo;
    e)   adottare   sistemi   di   irrigazione   ad  alta  efficienza
accompagnati  da una loro corretta gestione e dalla sostituzione, ove
opportuno, delle reti di canali a pelo libero con reti in pressione;
    f) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola
unita'  abitativa  nonche'  contatori  differenziati per le attivita'
produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;
    g)  realizzare  nei  nuovi  insediamenti, quando economicamente e
tecnicamente  conveniente  anche  in  relazione  ai  recapiti finali,
sistemi  di  collegamento differenziati per le acque piovane e per le
acque reflue e di prima pioggia;
    h) individuare aree di ricarica delle falde ed adottare misure di
protezione  e  gestione  atte  a  garantire  un  processo di ricarica
quantitativamente e qualitativamente idoneo.
   2.   Gli  strumenti  urbanistici,  compatibilmente  con  l'assetto
urbanistico  e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili,
devono  prevedere reti duali al fine di rendere possibili appropriate
utilizzazioni  di  acque anche non potabili. Il rilascio del permesso
di   costruire   e'   subordinato   alla  previsione,  nel  progetto,
dell'installazione  di  contatori  per ogni singola unita' abitativa,
nonche' del collegamento a reti duali, ove gia' disponibili.
   3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza
del  presente decreto, il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e  del  mare)),  sentita  l'Autorita'  di vigilanza sulle
risorse  idriche  e  sui rifiuti e il Dipartimento tutela delle acque
interne  e  marine  dell' ((Istituto superiore per la protezione e la
ricerca  ambientale))  (((ISPRA))),  adotta  un  regolamento  per  la
definizione  dei  criteri  e  dei metodi in base ai quali valutare le
perdite degli acquedotti e delle fognature. Entro il mese di febbraio
di  ciascun  anno,  i soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono
all'Autorita'  di  vigilanza  sulle  risorse idriche e sui rifiuti ed
all'Autorita'  d'ambito  competente  i  risultati  delle  rilevazioni
eseguite con i predetti metodi.

TITOLO II

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO


                              ART. 147
     (organizzazione territoriale del servizio idrico integrato)

   1.  I  servizi  idrici  sono  organizzati  sulla base degli ambiti
territoriali  ottimali  definiti  dalle  regioni  in attuazione della
legge 5 gennaio 1994, n. 36.
   2.  Le  regioni  possono  modificare le delimitazioni degli ambiti
territoriali  ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico
integrato,  assicurandone  comunque lo svolgimento secondo criteri di
efficienza,  efficacia ed economicita', nel rispetto, in particolare,
dei seguenti principi:
    a)  unita'  del  bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini
idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonche' della
localizzazione  delle  risorse  e  dei  loro vincoli di destinazione,
anche  derivanti  da  consuetudine,  in  favore  dei  centri  abitati
interessati;
    b)  ((unitarieta' della gestione)) e, comunque, superamento della
frammentazione verticale delle gestioni;
    c)  adeguatezza  delle dimensioni gestionali, definita sulla base
di parametri fisici, demografici, tecnici.
   3. Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative
per   il   controllo  degli  scarichi  degli  insediamenti  civili  e
produttivi  allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalita'
degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle
prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.
                              ART. 148 
             (autorita' d'ambito territoriale ottimale) 
 
   1. L'Autorita' d'ambito e' una struttura  dotata  di  personalita'
giuridica  costituita  in  ciascun   ambito   territoriale   ottimale
delimitato dalla competente  regione,  alla  quale  gli  enti  locali
partecipano obbligatoriamente ed alla quale e' trasferito l'esercizio
delle competenze ad essi  spettanti  in  materia  di  gestione  delle
risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle  infrastrutture
idriche di cui all'articolo 143, comma 1. 
   2. Le regioni e le province autonome possono disciplinare le forme
ed i modi della  cooperazione  tra  gli  enti  locali  ricadenti  nel
medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano  le
Autorita'  d'ambito  di  cui   al   comma   1,   cui   e'   demandata
l'organizzazione, l'affidamento e il  controllo  della  gestione  del
servizio idrico integrato. 
   3. I bilanci preventivi e  consuntivi  dell'Autorita'  d'ambito  e
loro variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo,
istituito presso la sede dell'ente, e sono trasmessi all'Autorita' di
vigilanza  sulle  risorse  idriche  e  sui  rifiuti  e  al  Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro quindici
giorni dall'adozione delle relative delibere. (25) 
   4.  I   costi   di   funzionamento   della   struttura   operativa
dell'Autorita' d'ambito, determinati annualmente, fanno  carico  agli
enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, in base alle
quote di partecipazione di ciascuno di essi all'Autorita' d'ambito. 
   5. Ferma restando  la  partecipazione  obbligatoria  all'Autorita'
d'ambito di tutti gli enti locali ai sensi del  comma  1,  l'adesione
alla gestione unica del servizio idrico integrato e' facoltativa  per
i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio
delle  comunita'  montane,  a  condizione  che  gestiscano   l'intero
servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorita' d'ambito
competente. 
                                                          (35) ((47)) 
 
------------- 
AGGIORNAMENTO (25) 
  La Corte Costituzionale, con sentenza 16 - 24 luglio 2009,  n.  246
(in G.U. 1a s.s. 29/07/2009, n. 30)  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale del comma 3,del presente articolo, nella parte in  cui
prevede  che  "I  bilanci  preventivi  e  consuntivi   dell'Autorita'
d'ambito e loro variazioni sono  pubblicati  mediante  affissione  ad
apposito albo, istituito presso la sede dell'ente". 
------------- 
AGGIORNAMENTO (35) 
  La L. 23 dicembre 2009, n. 191, come modificata dal D.L. 25 gennaio
2010, n. 2, convertito con modificazioni dalla L. 26 marzo  2010,  n.
42, ha disposto (con l'art. 2, comma 186-bis) che  "Decorso  un  anno
dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono  soppresse
le Autorita' d'ambito territoriale di cui agli articoli 148 e 201 del
decreto  legislativo  3   aprile   2006,   n.   152,   e   successive
modificazioni. Decorso lo stesso termine, ogni  atto  compiuto  dalle
Autorita' d'ambito territoriale e' da considerarsi  nullo.  Entro  un
anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni
attribuiscono con legge le funzioni gia' esercitate dalle  Autorita',
nel rispetto  dei  principi  di  sussidiarieta',  differenziazione  e
adeguatezza. Le disposizioni di cui  agli  articoli  148  e  201  del
citato decreto legislativo n.152 del 2006 sono efficaci  in  ciascuna
regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale  di
cui al periodo precedente. I medesimi articoli sono comunque abrogati
decorso un anno dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente
legge". 
------------- 
AGGIORNAMENTO (47) 
  Il D.L. 29 dicembre 2010,  n.  225,  convertito  con  modificazioni
dalla L. 26 febbraio 2011, n. 10, nel modificare la  L.  23  dicembre
2009, n. 191, come  modificata  dal  D.L.  25  gennaio  2010,  n.  2,
convertito con modificazioni dalla  L.  26  marzo  2010,  n.  42,  ha
disposto (con l'art. 1, comma 1), in relazione ai commi 186-bis e 250
del presente articolo, che "E' fissato al 31 marzo 2011 il termine di
scadenza dei termini e dei regimi giuridici indicati nella tabella  1
allegata con scadenza in data anteriore al 15 marzo 2011". 
                              ART. 149
                          (piano d'ambito)

   1.  Entro  dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte
terza  del  presente  decreto,  l'Autorita'  d'ambito  provvede  alla
predisposizione  e/o  aggiornamento  del  piano  d'ambito.  Il  piano
d'ambito e' costituito dai seguenti atti:
    a) ricognizione delle infrastrutture;
    b) programma degli interventi;
    c) modello gestionale ed organizzativo;
    d) piano economico finanziario.
   2.  La  ricognizione,  anche sulla base di informazioni asseverate
dagli   enti  locali  ricadenti  nell'ambito  territoriale  ottimale,
individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al
gestore  del  servizio  idrico  integrato,  precisandone  lo stato di
funzionamento.
   3.   Il   programma   degli   interventi  individua  le  opere  di
manutenzione  straordinaria  e le nuove opere da realizzare, compresi
gli  interventi  di  adeguamento  di  infrastrutture  gia' esistenti,
necessarie  al  raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio,
nonche'  al soddisfacimento della complessiva domanda dell'utenza. Il
programma   degli   interventi,   commisurato   all'intera  gestione,
specifica  gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a
tal fine programmate e i tempi di realizzazione.
   4.   Il   piano  economico  finanziario,  articolato  nello  stato
patrimoniale,  nel  conto  economico  e  nel  rendiconto finanziario,
prevede,  con cadenza annuale, l'andamento dei costi di gestione e di
investimento  al  netto  di  eventuali finanziamenti pubblici a fondo
perduto.  Esso  e' integrato dalla previsione annuale dei proventi da
tariffa,  estesa  a  tutto il periodo di affidamento. Il piano, cosi'
come  redatto,  dovra'  garantire  il  raggiungimento dell'equilibrio
economico  finanziario  e,  in ogni caso, il rispetto dei principi di
efficacia,  efficienza  ed  economicita'  della  gestione,  anche  in
relazione agli investimenti programmati.
   5.  Il  modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura
operativa   mediante   la  quale  il  gestore  assicura  il  servizio
all'utenza e la realizzazione del programma degli interventi.
   6.  Il  piano  d'ambito  e'  trasmesso  entro  dieci  giorni dalla
delibera  di  approvazione  alla regione competente, all'Autorita' di
vigilanza  sulle  risorse  idriche  e  sui  rifiuti  e al ((Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)). L'Autorita'
di  vigilanza  sulle  risorse  idriche  e sui rifiuti puo' notificare
all'Autorita'   d'ambito,   entro   novanta   giorni  decorrenti  dal
ricevimento  del  piano,  i propri rilievi od osservazioni, dettando,
ove   necessario,   prescrizioni   concernenti:  il  programma  degli
interventi,   con   particolare   riferimento  all'adeguatezza  degli
investimenti  programmati  in relazione ai livelli minimi di servizio
individuati quali obiettivi della gestione; il piano finanziario, con
particolare  riferimento alla capacita' dell'evoluzione tariffaria di
garantire l'equilibrio economico finanziario della gestione, anche in
relazione agli investimenti programmati.
                              ART. 150
     (scelta della forma di gestione e procedure di affidamento)

   1.  L'Autorita'  d'ambito,  nel  rispetto del piano d'ambito e del
principio  di unitarieta' della gestione per ciascun ambito, delibera
la forma di gestione fra quelle di cui all'articolo 113, comma 5, del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. ((41))
   2.  L'Autorita' d'ambito aggiudica la gestione del servizio idrico
integrato   mediante   gara   disciplinata   dai   principi  e  dalle
disposizioni   comunitarie,   in   conformita'   ai  criteri  di  cui
all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267,  secondo  modalita' e termini stabiliti con decreto del Ministro
dell'ambiente  e  della tutela del territorio e del mare nel rispetto
delle competenze regionali in materia.
   3.   La   gestione   puo'  essere  altresi'  affidata  a  societa'
partecipate  esclusivamente  e  direttamente  da  comuni o altri enti
locali  compresi nell'ambito territoriale ottimale, qualora ricorrano
obiettive  ragioni  tecniche od economiche, secondo la previsione del
comma  5,  lettera  c),  dell'articolo 113 del decreto legislativo 18
agosto  2000,  n.  267, o a societa' solo parzialmente partecipate da
tali   enti,   secondo   la  previsione  del  comma  5,  lettera  b),
dell'articolo  113  del  decreto  legislativo 18 agosto 2000, n. 267,
purche'  il  socio  privato sia stato scelto, prima dell'affidamento,
con gara da espletarsi con le modalita' di cui al comma 2.
   4.  I  soggetti di cui al presente articolo gestiscono il servizio
idrico  integrato  su tutto il territorio degli enti locali ricadenti
nell'ambito    territoriale    ottimale,    salvo   quanto   previsto
dall'articolo 148, comma 5.
-------------
AGGIORNAMENTO (41)
  Il  D.P.R.  7  settembre  2010,  n. 168 ha disposto (con l'art. 12,
comma  1,  lettera  b))  l'abrogazione dell'articolo 150, comma 1 "ad
eccezione  della  parte in cui individua la competenza dell'Autorita'
d'ambito per l'affidamento e l'aggiudicazione".
                              ART. 151
         (rapporti tra autorita' d'ambito e soggetti gestori
                   del servizio idrico integrato)

   1. I rapporti fra Autorita' d'ambito e gestori del servizio idrico
integrato  sono  regolati  da  convenzioni predisposte dall'Autorita'
d'ambito.
   2.  A  tal  fine,  le  regioni  e  le  province  autonome adottano
convenzioni  tipo, con relativi disciplinari, che devono prevedere in
particolare:
    a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
    b)  la  durata  dell'affidamento, non superiore comunque a trenta
anni;
    c)      l'obbligo      del     raggiungimento     dell'equilibrio
economico-finanziario della gestione;
    d)  il  livello  di efficienza e di affidabilita' del servizio da
assicurare  all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli
impianti;
    e)  i  criteri  e  le  modalita'  di  applicazione  delle tariffe
determinate dall'Autorita' d'ambito e del loro aggiornamento annuale,
anche con riferimento alle diverse categorie di utenze;
    f)  l'obbligo  di  adottare la carta di servizio sulla base degli
atti d'indirizzo vigenti;
    g) l'obbligo di provvedere alla realizzazione del Programma degli
interventi;
    h)  le modalita' di controllo del corretto esercizio del servizio
e  l'obbligo  di  predisporre un sistema tecnico adeguato a tal fine,
come previsto dall'articolo 165;
    i) il dovere di prestare ogni collaborazione per l'organizzazione
e  l'attivazione dei sistemi di controllo integrativi che l'Autorita'
d'ambito  ha  facolta'  di  disporre  durante  tutto  il  periodo  di
affidamento;
    l)  l'obbligo  di  dare  tempestiva  comunicazione  all'Autorita'
d'ambito  del  verificarsi  di  eventi  che comportino o che facciano
prevedere   irregolarita'   nell'erogazione   del  servizio,  nonche'
l'obbligo  di  assumere  ogni  iniziativa  per  l'eliminazione  delle
irregolarita',  in  conformita'  con  le  prescrizioni dell'Autorita'
medesima;
    m)  l'obbligo  di  restituzione,  alla scadenza dell'affidamento,
delle  opere,  degli  impianti  e  delle  canalizzazioni del servizio
idrico  integrato  in  condizioni  di efficienza ed in buono stato di
conservazione;
    n)   l'obbligo   di   prestare   idonee  garanzie  finanziarie  e
assicurative;
    o)  le  penali,  le  sanzioni  in  caso  di  inadempimento  e  le
condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile;
    p) le modalita' di rendicontazione delle attivita' del gestore.
   3.  Sulla  base  della  convenzione di cui al comma 2, l'Autorita'
d'ambito   predispone   uno   schema   di  convenzione  con  relativo
disciplinare,  da allegare ai capitolati di gara. Ove la regione o la
provincia   autonoma   non   abbiano  provveduto  all'adozione  delle
convenzioni  e  dei  disciplinari tipo di cui al comma 2, l'Autorita'
predispone   lo   schema  sulla  base  della  normativa  vigente.  Le
convenzioni  esistenti  devono  essere  integrate in conformita' alle
previsioni di cui al comma 2.
   4.  Nel  Disciplinare allegato alla Convenzione di gestione devono
essere  anche definiti, sulla base del programma degli interventi, le
opere e le manutenzioni straordinarie, nonche' il programma temporale
e finanziario di esecuzione.
   5.  L'affidamento  del servizio e' subordinato alla prestazione da
parte del gestore di idonea garanzia fideiussoria. Tale garanzia deve
coprire  gli  interventi  da  realizzare  nei  primi  cinque  anni di
gestione  e deve essere annualmente aggiornata in modo da coprire gli
interventi da realizzare nel successivo quinquennio.
   6. Il gestore cura l'aggiornamento dell'atto di Ricognizione entro
i termini stabiliti dalla convenzione.
   7.  L'affidatario  del  servizio idrico integrato, previo consenso
dell'Autorita' d'ambito, puo' gestire altri servizi pubblici, oltre a
quello  idrico,  ma  con  questo  compatibili,  anche  se  non estesi
all'intero ambito territoriale ottimale.
   8.  Le  societa'  concessionarie  del  servizio  idrico integrato,
nonche'  le  societa'  miste costituite a seguito dell'individuazione
del  socio  privato  mediante  gara  europea affidatarie del servizio
medesimo,  possono  emettere  prestiti obbligazionari sottoscrivibili
esclusivamente  dagli  utenti  con  facolta' di conversione in azioni
semplici  o  di  risparmio. Nel caso di aumento del capitale sociale,
una   quota   non   inferiore  al  dieci  per  cento  e'  offerta  in
sottoscrizione agli utenti del servizio.
                              ART. 152
                 (poteri di controllo e sostitutivi)

   1.  L'Autorita'  d'ambito  ha  facolta' di accesso e verifica alle
infrastrutture idriche, anche nelle fase di costruzione.
   2.  Nell'ipotesi  di  inadempienze  del  gestore agli obblighi che
derivano  dalla  legge  o  dalla  convenzione, e che compromettano la
risorsa  o l'ambiente ovvero che non consentano il raggiungimento dei
livelli   minimi   di   servizio,   l'Autorita'  d'ambito  interviene
tempestivamente  per  garantire  l'adempimento  da parte del gestore,
esercitando  tutti  i  poteri ad essa conferiti dalle disposizioni di
legge  e  dalla convenzione. Perdurando l'inadempienza del gestore, e
ferme  restando  le  conseguenti  penalita'  a suo carico, nonche' il
potere  di  risoluzione  e  di  revoca,  l'Autorita' d'ambito, previa
diffida,  puo' sostituirsi ad esso provvedendo a far eseguire a terzi
le  opere,  nel  rispetto  delle  vigenti  disposizioni in materia di
appalti pubblici.
   3. Qualora l'Autorita' d'ambito non intervenga, o comunque ritardi
il   proprio   intervento,  la  regione,  previa  diffida  e  sentita
l'Autorita'  di  vigilanza  sulle  risorse  idriche  e  sui  rifiuti,
esercita  i  necessari  poteri  sostitutivi,  mediante  nomina  di un
commissario   "ad   acta".  Qualora  la  regione  non  adempia  entro
quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati,
previa  diffida  ad  adempiere  nel  termine  di  venti  giorni,  dal
((Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)),
mediante nomina di un commissario "ad acta".
   4. L'Autorita' d'ambito con cadenza annuale comunica al ((Ministro
dell'ambiente   e  della  tutela  del  territorio  e  del  mare))  ed
all'Autorita'  di  vigilanza  sulle  risorse  idriche e sui rifiuti i
risultati dei controlli della gestione.
                              ART. 153
   (dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato)

   1.  Le  infrastrutture  idriche di proprieta' degli enti locali ai
sensi  dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita,
per  tutta  la  durata della gestione, al gestore del servizio idrico
integrato,  il  quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti
dalla convenzione e dal relativo disciplinare.
   2.  Le  immobilizzazioni, le attivita' e le passivita' relative al
servizio   idrico   integrato,   ivi   compresi  gli  oneri  connessi
all'ammortamento  dei  mutui  oppure  i  mutui stessi, al netto degli
eventuali  contributi  a fondo perduto in conto capitale e/o in conto
interessi,  sono  trasferite  al  soggetto  gestore, che subentra nei
relativi  obblighi.  Di  tale  trasferimento  si  tiene  conto  nella
determinazione della tariffa, al fine di garantire l'invarianza degli
oneri per la finanza pubblica.
                              ART. 154 
               (tariffa del servizio idrico integrato) 
 
   1. La tariffa costituisce il  corrispettivo  del  servizio  idrico
integrato ed  e'  determinata  tenendo  conto  della  qualita'  della
risorsa  idrica  e  del  servizio  fornito,  delle  opere   e   degli
adeguamenti necessari,  dell'entita'  dei  costi  di  gestione  delle
opere,  ((  .  .  .  ))  e  dei  costi  di  gestione  delle  aree  di
salvaguardia, nonche' di una quota parte dei costi  di  funzionamento
dell'Autorita' d'ambito, in modo  che  sia  assicurata  la  copertura
integrale dei  costi  di  investimento  e  di  esercizio  secondo  il
principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi  inquina
paga". Tutte le quote della tariffa  del  servizio  idrico  integrato
hanno natura di corrispettivo. ((51)) 
   2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio  e  del
mare, su proposta dell'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e
sui rifiuti, tenuto conto della  necessita'  di  recuperare  i  costi
ambientali anche secondo il principio "chi inquina  paga",  definisce
con decreto le  componenti  di  costo  per  la  determinazione  della
tariffa relativa ai servizi idrici per  i  vari  settori  di  impiego
dell'acqua. 
   3. Al fine di assicurare  un'omogenea  disciplina  sul  territorio
nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di
concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare, sono stabiliti i criteri generali per la  determinazione,
da parte delle regioni, dei canoni di  concessione  per  l'utenza  di
acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi  della
risorsa e prevedendo altresi' riduzioni del  canone  nell'ipotesi  in
cui il concessionario attui un  riuso  delle  acque  reimpiegando  le
acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello
stesso o, ancora, restituisca le acque di  scarico  con  le  medesime
caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento  dei
canoni ha cadenza triennale. 
   4. L'Autorita' d'ambito, al fine della predisposizione  del  Piano
finanziario di cui all'articolo 149, comma 1, lettera  c),  determina
la tariffa di base, nell'osservanza delle disposizioni contenute  nel
decreto di cui al comma 2, comunicandola all'Autorita'  di  vigilanza
sulle risorse idriche e sui rifiuti ed al  Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare. 
   5. La tariffa e' applicata  dai  soggetti  gestori,  nel  rispetto
della Convenzione e del relativo disciplinare. 
   6. Nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante
compensazioni per altri tipi  di  consumi,  agevolazioni  per  quelli
domestici essenziali, nonche' per i consumi di determinate categorie,
secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi  di
equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di  tariffa
per le residenze secondarie, per gli impianti  ricettivi  stagionali,
nonche' per le aziende artigianali, commerciali e industriali. 
   7. L'eventuale modulazione della tariffa tra i comuni tiene  conto
degli investimenti pro capite per  residente  effettuati  dai  comuni
medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio
idrico integrato. 
 
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AGGIORNAMENTO (51) 
  Il D.P.R. 18 luglio 2011, n. 116 ha disposto (con l'art.  1,  comma
1) che "In esito al  referendum  di  cui  in  premessa,  il  comma  1
dell'articolo 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del decreto
legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  recante  «Norme  in  materia
ambientale», limitatamente  alla  seguente  parte:  «dell'adeguatezza
della remunerazione del capitale investito», e' abrogato". 
                              ART. 155
          (tariffa del servizio di fognatura e depurazione)

   1. Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e
di  depurazione  sono  dovute  dagli  utenti  anche  nel  caso in cui
manchino  impianti  di  depurazione  o  questi  siano temporaneamente
inattivi.  Il  gestore  e'  tenuto  a  versare  i  relativi proventi,
risultanti   dalla   formulazione   tariffaria   definita   ai  sensi
dell'articolo  154,  a  un  fondo  vincolato  intestato all'Autorita'
d'ambito,  che  lo  mette a disposizione del gestore per l'attuazione
degli  interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di
depurazione  previsti dal piano d'ambito. La tariffa non e' dovuta se
l'utente  e'  dotato  di  sistemi  di  collettamento e di depurazione
propri,   sempre   che   tali   sistemi  abbiano  ricevuto  specifica
approvazione da parte dell'Autorita' d'ambito.((15))
   2.  In pendenza dell'affidamento della gestione dei servizi idrici
locali  al  gestore  del  servizio  idrico  integrato,  i comuni gia'
provvisti  di impianti di depurazione funzionanti, che non si trovino
in  condizione di dissesto, destinano i proventi derivanti dal canone
di  depurazione  e fognatura prioritariamente alla manutenzione degli
impianti medesimi.
   3.  Gli  utenti  tenuti  al  versamento  della tariffa riferita al
servizio  di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal
pagamento  di  qualsivoglia  altra  tariffa  eventualmente  dovuta al
medesimo titolo ad altri enti pubblici.
   4.  Al  fine della determinazione della quota tariffaria di cui al
presente  articolo,  il volume dell'acqua scaricata e' determinato in
misura pari al cento per cento del volume di acqua fornita.
   5.  Per  le  utenze  industriali  la  quota  tariffaria  di cui al
presente  articolo  e'  determinata sulla base della qualita' e della
quantita'  delle  acque  reflue  scaricate e sulla base del principio
"chi inquina paga". E' fatta salva la possibilita' di determinare una
quota  tariffaria  ridotta  per le utenze che provvedono direttamente
alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura, sempre che i
relativi   sistemi   di   depurazione   abbiano   ricevuto  specifica
approvazione da parte dell'Autorita' d'ambito.
   6.  Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o gia'
usata  nel  ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali e'
ridotta  in  funzione  dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua
reflua  o  gia'  usata.  La  riduzione  si  determina applicando alla
tariffa  un  correttivo,  che  tiene  conto  della quantita' di acqua
riutilizzata e della quantita' delle acque primarie impiegate.
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AGGIORNAMENTO (15)
  La  Corte costituzionale con sentenza 8-10 ottobre 2008, n. 335 (in
G.U.  1a  s.s.  15/10/2008,  n.  43)  ha  dichiarato l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 155, comma 1, primo periodo, nella parte in
cui  prevede  che  la  quota  di  tariffa  riferita  al  servizio  di
depurazione  e'  dovuta  dagli  utenti anche nel caso in cui manchino
impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi.
                              ART. 156
                     (riscossione della tariffa)

   1.  La  tariffa  e'  riscossa  dal  gestore  del  servizio  idrico
integrato.  Qualora il servizio idrico sia gestito separatamente, per
effetto di particolari convenzioni e concessioni, la relativa tariffa
e' riscossa dal gestore del servizio di acquedotto, il quale provvede
al  successivo riparto tra i diversi gestori interessati entro trenta
giorni dalla riscossione.
   2.   Con  apposita  convenzione,  sottoposta  al  controllo  della
regione,  sono  definiti  i  rapporti  tra  i  diversi gestori per il
riparto delle spese di riscossione.
   ((3.   La   riscossione   volontaria  della  tariffa  puo'  essere
effettuata   con  le  modalita'  di  cui  al  capo  III  del  decreto
legislativo  9  luglio 1997, n. 241, previa convenzione con l'Agenzia
delle  entrate.  La  riscossione,  sia volontaria sia coattiva, della
tariffa  puo'  altresi' essere affidata ai soggetti iscritti all'albo
previsto  dall'articolo  53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997,
n. 446, a seguito di procedimento ad evidenza pubblica.))
                              ART. 157
             (opere di adeguamento del servizio idrico)

   1.   Gli  enti  locali  hanno  facolta'  di  realizzare  le  opere
necessarie  per  provvedere  all'adeguamento  del  servizio idrico in
relazione  ai piani urbanistici ed a concessioni per nuovi edifici in
zone  gia'  urbanizzate, previo parere di compatibilita' con il piano
d'ambito  reso dall'Autorita' d'ambito e a seguito di convenzione con
il  soggetto  gestore  del  servizio medesimo, al quale le opere, una
volta realizzate, sono affidate in concessione.
                              ART. 158
         (opere e interventi per il trasferimento di acqua)

   1.  Ai  fini  di  pianificare  l'utilizzo  delle  risorse idriche,
laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di
acqua  tra  regioni  diverse  e  cio'  travalichi  i  comprensori  di
riferimento  dei  distretti  idrografici,  le  Autorita'  di  bacino,
sentite  le  regioni interessate, promuovono accordi di programma tra
le   regioni   medesime,   ai  sensi  dell'articolo  34  del  decreto
legislativo  18  agosto  2000, n. 267, salvaguardando in ogni caso le
finalita' di cui all'articolo 144 del presente decreto. A tal fine il
((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) e
il  Ministro  delle  infrastrutture  e dei trasporti, ciascuno per la
parte  di  propria  competenza,  assumono  di  concerto  le opportune
iniziative  anche  su  richiesta  di una Autorita' di bacino o di una
regione  interessata  od  anche  in presenza di istanza presentata da
altri  soggetti  pubblici o da soggetti privati interessati, fissando
un termine per definire gli accordi.
   2.  In  caso di inerzia, di mancato accordo in ordine all'utilizzo
delle  risorse  idriche, o di mancata attuazione dell'accordo stesso,
provvede  in  via  sostitutiva,  previa diffida ad adempiere entro un
congruo termine, il Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta
del  ((Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio e del
mare)).
   3.  Le  opere  e gli impianti necessari per le finalita' di cui al
presente  articolo  sono  dichiarati  di interesse nazionale. La loro
realizzazione  e  gestione, se di iniziativa pubblica, possono essere
poste  anche  a  totale  carico  dello Stato mediante quantificazione
dell'onere e relativa copertura finanziaria, previa deliberazione del
Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su
proposta  dei  Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e
delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  ciascuno  per  la parte di
rispettiva competenza. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e  del  mare))  esperisce le procedure per la concessione
d'uso  delle  acque  ai soggetti utilizzatori e definisce la relativa
convenzione  tipo;  al  Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
compete   la   determinazione  dei  criteri  e  delle  modalita'  per
l'esecuzione  e  la  gestione degli interventi, nonche' l'affidamento
per la realizzazione e la gestione degli impianti.

TITOLO III

VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE


                              Art. 159
   ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 8 NOVEMBRE 2006, N. 284)) ((2))
---------------
AGGIORNAMENTO (2)
  Il  D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284 ha disposto (con l'art. 1, comma
5) che "il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e
l'Osservatorio  nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano
le relative funzioni."
                              Art. 160
   ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 8 NOVEMBRE 2006, N. 284)) ((2))
---------------
AGGIORNAMENTO (2)
  Il  D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284 ha disposto (con l'art. 1, comma
5) che "il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e
l'Osservatorio  nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano
le relative funzioni".
                              Art. 161 
      Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche 
 
  1. Il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse  idriche  di
cui al decreto legislativo 7 novembre 2006, n. 284, articolo 1, comma
5, e' istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela  del
territorio e del mare, al fine di garantire l'osservanza dei principi
di cui all'articolo 141, comma 2 del  presente  decreto  legislativo,
con  particolare  riferimento  alla  regolare  determinazione  ed  al
regolare   adeguamento   delle   tariffe,   nonche'    alla    tutela
dell'interesse degli utenti. 
  2. La Commissione e' composta da cinque membri nominati con decreto
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,
che durano  in  carica  tre  anni,  due  dei  quali  designati  dalla
Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province  autonome  e
tre, di cui  uno  con  funzioni  di  presidente  individuato  con  il
medesimo  decreto,  scelti  tra  persone  di  elevata  qualificazione
giuridico-amministrativa o tecnico-scientifica, nel settore  pubblico
e privato, nel rispetto del principio dell'equilibrio di  genere.  Il
presidente  e'  scelto  nell'ambito   degli   esperti   con   elevata
qualificazione tecnico-scientifica. Entro trenta giorni dalla data di
entrata  in  vigore  della   presente   disposizione,   il   Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare  procede,  con
proprio decreto, alla nomina dei cinque componenti della Commissione,
in modo da adeguare la composizione dell'organo alle prescrizioni  di
cui al presente comma. Fino  alla  data  di  entrata  in  vigore  del
decreto  di  nomina  dei  nuovi  componenti,  lo  svolgimento   delle
attivita' e' garantito dai componenti in carica alla data di  entrata
in vigore della presente disposizione. 
  3. PERIODO SOPPRESSO DAL D.L. 28 APRILE 2009, N. 39, CONVERTITO CON
MODIFICAZIONI CON L. 24 GIUGNO 2009, N. 77. I componenti non  possono
essere  dipendenti  di  soggetti  di  diritto  privato  operanti  nel
settore,  ne'  possono  avere  interessi  diretti  e  indiretti   nei
medesimi; qualora siano  dipendenti  pubblici,  essi  sono  collocati
fuori  ruolo  o,  se  professori  universitari,  sono  collocati   in
aspettativa  per  l'intera  durata  del  mandato.  Con  decreto   del
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  di  concerto
con il Ministro dell'economia e  delle  finanze,  e'  determinato  il
trattamento economico spettante ai membri del Comitato. 
  4. Il Comitato, nell'ambito delle attivita'  previste  all'articolo
6, comma 2, del decreto del Presidente  della  Repubblica  14  maggio
2007, n. 90, in particolare: 
    a)  predispone  con  delibera  il  metodo   tariffario   per   la
determinazione della tariffa di cui all'articolo 154 e  le  modalita'
di revisione periodica, e lo trasmette al  Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare, che  lo  adotta  con  proprio
decreto sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; 
    b) verifica la corretta redazione del piano d'ambito,  esprimendo
osservazioni,  rilievi  e  prescrizioni  sugli  elementi  tecnici  ed
economici e sulla necessita' di modificare le clausole contrattuali e
gli atti che regolano il rapporto  tra  le  Autorita'  d'ambito  e  i
gestori in particolare quando cio' sia  richiesto  dalle  ragionevoli
esigenze degli utenti; 
    c) predispone con delibera una o piu'  convenzioni  tipo  di  cui
all'articolo 151, e la trasmette al Ministro per l'ambiente e per  la
tutela del territorio e del mare, che la adotta con  proprio  decreto
sentita la Conferenza permanente per i  rapporti  tra  lo  Stato,  le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; 
    d) emana direttive per la trasparenza  della  contabilita'  delle
gestioni e valuta i costi delle singole prestazioni; 
    e)  definisce  i  livelli  minimi  di  qualita'  dei  servizi  da
prestare, sentite  le  regioni,  i  gestori  e  le  associazioni  dei
consumatori; 
    f) controlla le modalita' di erogazione dei  servizi  richiedendo
informazioni e documentazioni ai gestori operanti nel settore idrico,
anche  al  fine  di  individuare  situazioni  di  criticita'   e   di
irregolarita' funzionali dei servizi idrici; 
    g) tutela e garantisce i  diritti  degli  utenti  emanando  linee
guida che indichino le misure idonee al fine di assicurare la parita'
di  trattamento  degli  utenti,  garantire   la   continuita'   della
prestazione dei servizi e verificare  periodicamente  la  qualita'  e
l'efficacia delle prestazioni; 
    h) predispone periodicamente  rapporti  relativi  allo  stato  di
organizzazione dei servizi al fine di consentire il  confronto  delle
prestazioni dei gestori; 
    i) esprime pareri in ordine a  problemi  specifici  attinenti  la
qualita' dei servizi e la tutela dei consumatori,  su  richiesta  del
Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio  e  del  mare,
delle regioni, degli enti locali,  delle  Autorita'  d'ambito,  delle
associazioni dei consumatori e di singoli utenti del servizio  idrico
integrato; per lo svolgimento delle funzioni di cui al presente comma
il Comitato promuove studi e ricerche di settore; 
    l) predispone annualmente una relazione al parlamento sullo stato
dei servizi idrici e sull'attivita' svolta. 
  5. Per l'espletamento dei propri compiti e per  lo  svolgimento  di
funzioni ispettive, il Comitato si avvale della segreteria tecnica di
cui al decreto del Presidente della Repubblica  17  giugno  2003,  n.
261, articolo 3,  comma  1,  lettera  o).  Esso  puo'  richiedere  di
avvalersi,  altresi',  dell'attivita'   ispettiva   e   di   verifica
dell'Osservatorio di cui al comma 6 e di altre amministrazioni. 
  6. PERIODO SOPPRESSO DAL D.L. 28 APRILE 2009, N. 39, CONVERTITO CON
MODIFICAZIONI CON L. 24 GIUGNO 2009, N.  77.  La  Commissione  svolge
funzioni di raccolta, elaborazione e restituzione di dati  statistici
e conoscitivi, in particolare, in materia di: 
    a) censimento dei soggetti gestori dei servizi idrici e  relativi
dati dimensionali, tecnici e finanziari di esercizio; 
    b) convenzioni e condizioni generali di contratto per l'esercizio
dei servizi idrici; 
    c) modelli adottati di organizzazione, di gestione, di  controllo
e di programmazione dei servizi e degli impianti; 
    d) livelli di qualita' dei servizi erogati; 
    e) tariffe applicate; 
    f) piani di investimento per l'ammodernamento degli impianti e lo
sviluppo dei servizi. 
  6-bis.  Le  attivita'  della   Segreteria   tecnica   sono   svolte
nell'ambito delle  risorse  umane,  strumentali  e  finanziarie  gia'
operanti  presso  il  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare. 
  7. I soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono  entro  il  31
dicembre di ogni anno all'Osservatorio, alle regioni e alle  province
autonome di Trento e di Bolzano i dati e le informazioni  di  cui  al
comma  6.  L'Osservatorio  ha,  altresi',   facolta'   di   acquisire
direttamente le notizie relative ai  servizi  idrici  ai  fini  della
proposizione innanzi agli organi giurisdizionali competenti, da parte
del Comitato,  dell'azione  avverso  gli  atti  posti  in  essere  in
violazione del presente decreto legislativo, nonche'  dell'azione  di
responsabilita' nei confronti degli amministratori e di  risarcimento
dei danni a tutela dei diritti dell'utente. 
  8. L'Osservatorio assicura l'accesso generalizzato, anche  per  via
informatica, ai dati raccolti e alle elaborazioni effettuate  per  la
tutela degli interessi degli utenti. 
                                                          (30) ((46)) 
 
    
-------------
AGGIORNAMENTO (30)
Il D.P.R. 3 agosto 2009, n. 140, ha disposto (con l'art.  9,  comma
4) che "Gli organismi di cui  all'articolo  7  del  decreto-legge  23
maggio 2008, n. 90, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  14
uglio 2008, n. 123, all'articolo 28 del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,  n.
133, e all'articolo 161 del decreto legislativo  3  aprile  2006,  n.
152, come modificato dall'articolo 9-bis del decreto-legge 28  aprile
2009, n. 39, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  24  giugno
2009, n. 77, durano in carica tre anni decorrenti dall'emanazione dei
rispettivi  decreti  di  nomina  dei  nuovi  componenti  adottati  in
attuazione delle norme di cui al presente periodo."
-------------

    
AGGIORNAMENTO (46) 
  Il D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito con  modificazioni  dalla
L. 12 luglio 2011, n. 106, ha disposto (con l'art. 10, comma 26)  che
"A decorrere dall'entrata in vigore della legge  di  conversione  del
presente decreto,  e'  soppressa  la  Commissione  nazionale  per  la
vigilanza sulle risorse idriche di cui all'articolo 161  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e  il  predetto  articolo  161  e'
abrogato nelle parti incompatibili con  le  disposizioni  di  cui  al
presente articolo". 
                              ART. 162
       (partecipazione, garanzia e informazione degli utenti)

   1.   Il   gestore   del   servizio   idrico   integrato   assicura
l'informazione  agli  utenti,  promuove  iniziative per la diffusione
della  cultura  dell'acqua  e garantisce l'accesso dei cittadini alle
informazioni  inerenti  ai  servizi  gestiti nell'ambito territoriale
ottimale   di  propria  competenza,  alle  tecnologie  impiegate,  al
funzionamento  degli  impianti, alla quantita' e qualita' delle acque
fornite e trattate.
   2. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare)),   le  regioni  e  le  province  autonome,  nell'ambito  delle
rispettive   competenze,   assicurano  la  pubblicita'  dei  progetti
concernenti  opere idrauliche che comportano o presuppongono grandi e
piccole  derivazioni,  opere  di  sbarramento  o  di  canalizzazione,
nonche'  la  perforazione  di  pozzi.  A tal fine, le amministrazioni
competenti  curano  la  pubblicazione  delle  domande di concessione,
contestualmente  all'avvio  del  procedimento,  oltre che nelle forme
previste  dall'articolo 7 del testo unico delle disposizioni di legge
sulle  acque  e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto
11  dicembre  1933,  n.  1775,  su  almeno un quotidiano a diffusione
nazionale  e  su  un  quotidiano  a  diffusione  locale per le grandi
derivazioni di acqua da fiumi transnazionali e di confine.
   3.  Chiunque  puo' prendere visione presso i competenti uffici del
((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)),
delle  regioni  e delle province autonome di tutti i documenti, atti,
studi e progetti inerenti alle domande di concessione di cui al comma
2  del  presente  articolo,  ai  sensi  delle vigenti disposizioni in
materia di pubblicita' degli atti delle amministrazioni pubbliche.
                              ART. 163
                (gestione delle aree di salvaguardia)

   1.  Per  assicurare  la  tutela  delle  aree di salvaguardia delle
risorse  idriche  destinate al consumo umano, il gestore del servizio
idrico integrato puo' stipulare convenzioni con lo Stato, le regioni,
gli enti locali, le associazioni e le universita' agrarie titolari di
demani  collettivi,  per  la  gestione  diretta dei demani pubblici o
collettivi  ricadenti nel perimetro delle predette aree, nel rispetto
della  protezione  della  natura  e  tenuto  conto dei diritti di uso
civico esercitati.
   2.  La  quota  di  tariffa riferita ai costi per la gestione delle
aree  di salvaguardia, in caso di trasferimenti di acqua da un ambito
territoriale  ottimale  all'altro, e' versata alla comunita' montana,
ove  costituita,  o  agli  enti locali nel cui territorio ricadono le
derivazioni; i relativi proventi sono utilizzati ai fini della tutela
e del recupero delle risorse ambientali.
                              ART. 164
            (disciplina delle acque nelle aree protette)

   1. Nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali,
l'ente  gestore  dell'area  protetta,  sentita l'Autorita' di bacino,
definisce  le  acque  sorgive,  fluenti e sotterranee necessarie alla
conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate.
   2.  Il  riconoscimento  e la concessione preferenziale delle acque
superficiali  o  sorgentizie  che  hanno  assunto natura pubblica per
effetto dell'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonche' le
concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell'ente gestore
dell'area  naturale  protetta.  Gli  enti  gestori  di  aree protette
verificano  le captazioni e le derivazioni gia' assentite all'interno
delle aree medesime e richiedono all'autorita' competente la modifica
delle  quantita'  di  rilascio  qualora riconoscano alterazioni degli
equilibri  biologici  dei  corsi d'acqua oggetto di captazione, senza
che  cio' possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte
della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del
canone demaniale di concessione.
                              ART. 165
                             (controlli)

   1. Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualita' e per il
controllo  degli  scarichi  nei  corpi  ricettori, ciascun gestore di
servizio  idrico  si  dota  di  un  adeguato  servizio  di  controllo
territoriale  e  di  un  laboratorio  di  analisi  per i controlli di
qualita'  delle  acque  alla  presa,  nelle  reti  di  adduzione e di
distribuzione,  nei  potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula
apposita  convenzione  con  altri soggetti gestori di servizi idrici.
Restano ferme le competenze amministrative e le funzioni di controllo
sulla  qualita'  delle  acque  e  sugli  scarichi  nei  corpi  idrici
stabilite  dalla  normativa  vigente e quelle degli organismi tecnici
preposti a tali funzioni.
   2.  Coloro  che si approvvigionano in tutto o in parte di acqua da
fonti  diverse  dal  pubblico  acquedotto  sono  tenuti  a denunciare
annualmente  al  soggetto gestore del servizio idrico il quantitativo
prelevato nei termini e secondo le modalita' previste dalla normativa
per la tutela delle acque dall'inquinamento.
   3. Le sanzioni previste dall'articolo 19 del decreto legislativo 2
febbraio  2001,  n.  31,  si applicano al responsabile della gestione
dell'acquedotto  soltanto  nel  caso  in  cui,  dopo la comunicazione
dell'esito  delle analisi, egli non abbia tempestivamente adottato le
misure  idonee  ad  adeguare  la qualita' dell'acqua o a prevenire il
consumo o l'erogazione di acqua non idonea.

TITOLO IV

USI PRODUTTIVI DELLE RISORSE IDRICHE


                              ART. 166
               (usi delle acque irrigue e di bonifica)

   1.  I  consorzi di bonifica ed irrigazione, nell'ambito delle loro
competenze,  hanno  facolta'  di  realizzare  e  gestire  le  reti  a
prevalente   scopo  irriguo,  gli  impianti  per  l'utilizzazione  in
agricoltura  di  acque  reflue,  gli  acquedotti  rurali  e gli altri
impianti  funzionali  ai  sistemi  irrigui  e  di  bonifica e, previa
domanda  alle competenti autorita' corredata dal progetto delle opere
da  realizzare,  hanno  facolta'  di  utilizzare le acque fluenti nei
canali  e  nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione
delle  acque e siano compatibili con le successive utilizzazioni, ivi
compresi     la     produzione    di    energia    idroelettrica    e
l'approvvigionamento  di  imprese  produttive.  L'Autorita' di bacino
esprime  entro centoventi giorni la propria determinazione. Trascorso
tale  termine,  la  domanda  si  intende  accettata.  Per  tali usi i
consorzi  sono  obbligati  al  pagamento  dei  relativi canoni per le
quantita' di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi
le  disposizioni  di cui al secondo comma dell'articolo 36 del te sto
unico  delle  disposizioni  di  legge  sulle  acque  e sugli impianti
elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.
   2.  I  rapporti  tra  i  consorzi  di bonifica ed irrigazione ed i
soggetti  che praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle
disposizioni  di  cui  al  capo  I  del titolo VI del regio decreto 8
maggio 1904, n. 368.
   3.  Fermo  restando  il  rispetto  della disciplina sulla qualita'
delle acque e degli scarichi stabilita dalla parte terza del presente
decreto,   chiunque,   non  associato  ai  consorzi  di  bonifica  ed
irrigazione, utilizza canali consortili o acque irrigue come recapito
di  scarichi,  anche  se  depurati  e  compatibili con l'uso irriguo,
provenienti  da  insediamenti  di  qualsiasi natura, deve contribuire
alle  spese  sostenute  dal  consorzio tenendo conto della portata di
acqua scaricata.
   4.  Il  contributo  di cui al comma 3 e' determinato dal consorzio
interessato  e  comunicato  al soggetto utilizzatore, unitamente alle
modalita' di versamento.
                              ART. 167
                     (usi agricoli delle acque)

   1.  Nei  periodi  di  siccita' e comunque nei casi di scarsita' di
risorse  idriche,  durante  i quali si procede alla regolazione delle
derivazioni  in  atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano,
la   priorita'   dell'uso   agricolo   ivi  compresa  l'attivita'  di
acquacoltura di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 102.
   2.  Nell'ipotesi  in  cui, ai sensi dell'articolo 145, comma 3, si
proceda   alla   regolazione   delle  derivazioni,  l'amministrazione
competente,   sentiti   i  soggetti  titolari  delle  concessioni  di
derivazione, assume i relativi provvedimenti.
   3.  La  raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio
di fondi agricoli o di singoli edifici e' libera.
   4.  La  raccolta  di  cui  al  comma  3  non  richiede  licenza  o
concessione  di  derivazione  di acque; la realizzazione dei relativi
manufatti  e'  regolata  dalle  leggi  in  materia  di  edilizia,  di
costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre
leggi speciali.
   5.  L'utilizzazione delle acque sotterranee per gli usi domestici,
come  definiti dall'articolo 93, secondo comma, del testo unico delle
disposizioni  di  legge  sulle  acque  e  sugli  impianti  elettrici,
approvato  con  regio  decreto  11  dicembre  1933,  n.  1775,  resta
disciplinata  dalla  medesima  disposizione,  purche' non comprometta
l'equilibrio del bilancio idrico di cui all'articolo 145 del presente
decreto.
                              ART. 168
     (utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico)

   1.  Tenuto conto dei principi di cui alla parte terza del presente
decreto e del piano energetico nazionale, nonche' degli indirizzi per
gli  usi plurimi delle risorse idriche, il ((Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare)), di concerto con il Ministro
delle  attivita'  produttive, sentite le Autorita' di bacino, nonche'
le  regioni  e le province autonome, disciplina, senza che cio' possa
dare  luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica
amministrazione,  fatta  salva la corrispondente riduzione del canone
di concessione:
    a)la  produzione  al  fine  della  cessione  di  acqua  dissalata
conseguita   nei   cicli  di  produzione  delle  centrali  elettriche
costiere;
    b)l'utilizzazione  dell'acqua  invasata a scopi idroelettrici per
fronteggiare situazioni di emergenza idrica;
    c)la  difesa  e la bonifica per la salvaguardia della quantita' e
della qualita' delle acque dei serbatoi ad uso idroelettrico.
                              ART. 169
                      (piani, studi e ricerche)

   1.   I   piani,   gli   studi   e  le  ricerche  realizzati  dalle
Amministrazioni  dello  Stato  e  da  enti pubblici aventi competenza
nelle  materie  disciplinate  dalla  parte terza del presente decreto
sono comunicati alle Autorita' di bacino competenti per territorio ai
fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.

SEZIONE IV

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI


                              Art. 170
                          Norme transitorie

  1.  Ai  fini dell'applicazione dell'articolo 65, limitatamente alle
procedure  di adozione ed approvazione dei piani di bacino, fino alla
data  di  entrata in vigore della parte seconda del presente decreto,
continuano ad applicarsi le procedure di adozione ed approvazione dei
piani di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.
  2.  Ai  fini dell'applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 12
ottobre  2000,  n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11
dicembre 2000, n. 365, i riferimenti in esso contenuti all'articolo 1
del   decreto-legge   11   giugno   1998,  n.  180,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge 3 agosto 1998, n. 267, devono intendersi
riferiti  all'articolo  66  del  presente decreto; i riferimenti alla
legge 18 maggio 1989, n. 183, devono intendersi riferiti alla sezione
prima della parte terza del presente decreto, ove compatibili.
  2-bis.  Nelle  more della costituzione dei distretti idrografici di
cui  al  Titolo  II  della  Parte  terza del presente decreto e della
eventuale   revisione   della  relativa  disciplina  legislativa,  le
Autorita'  di  bacino  di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono
prorogate,  senza  nuovi  o  maggiori  oneri  a  carico della finanza
pubblica,  fino  alla  data  di  entrata  in  vigore  del decreto del
Presidente   del   Consiglio   dei   Ministri  di  cui  al  comma  2,
dell'articolo 63 del presente decreto. (2)(20)
  3.  Ai  fini  dell'applicazione  della  parte  terza  del  presente
decreto:
    a)  fino all'emanazione dei decreti di cui all'articolo 95, commi
4 e 5, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 28 luglio 2004;
    b)  fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 99, comma
1,  continua ad applicarsi il decreto ministeriale 12 giugno 2003, n.
185;
    c) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 104, comma
4, si applica il decreto ministeriale 28 luglio 1994;
    d) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 112, comma
2, si applica il decreto ministeriale 6 luglio 2005;
    e) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 114, comma
4, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 30 giugno 2004;
    f) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 118, comma
2, continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 18 settembre 2002
e il decreto ministeriale 19 agosto 2003;
    g) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 123, comma
2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 19 agosto 2003;
    h) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 146, comma
3,  continua ad applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n.
99;
    i) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 150, comma
2,  all'affidamento della concessione di gestione del servizio idrico
integrato  nonche'  all'affidamento  a  societa'  miste continuano ad
applicarsi  il  decreto  ministeriale  22  novembre  2001, nonche' le
circolari  del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare)) del 6 dicembre 2004;
    l) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma
2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 1° agosto 1996.
  4.  La  parte  terza  del  presente  decreto  contiene  le norme di
recepimento delle seguenti direttive comunitarie:
    a)  direttiva  75/440/CEE  relativa  alla  qualita'  delle  acque
superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
    b)  direttiva  76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da
certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico;
    c)  direttiva 78/659/CEE relativa alla qualita' delle acque dolci
che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita
dei pesci;
    d)  direttiva  79/869/CEE  relativa  ai  metodi  di  misura, alla
frequenza  dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali
destinate alla produzione di acqua potabile;
    e)  direttiva  79/923/CEE relativa ai requisiti di qualita' delle
acque destinate alla molluschicoltura;
    f)  direttiva  80/68/CEE  relativa  alla  protezione  delle acque
sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;
    g) direttiva 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di
qualita'  per  gli  scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi
dei cloruri alcalini;
    h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di
qualita' per gli scarichi di cadmio;
    i)  direttiva  84/ 156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi
di  qualita'  per  gli  scarichi  di  mercurio provenienti da settori
diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;
    l)  direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di
qualita' per gli scarichi di esaclorocicloesano;
    m)  direttiva  88/347/CEE relativa alla modifica dell'Allegato 11
della   direttiva  86/280/CEE  concernente  i  valori  limite  e  gli
obiettivi  di qualita' per gli scarichi di talune sostanze pericolose
che figurano nell'elenco 1 dell'Allegato della direttiva 76/464/CEE;
    n)  direttiva  90/415/CEE  relativa alla modifica della direttiva
86/280/CEE  concernente  i  valori limite e gli obiettivi di qualita'
per   gli   scarichi  di  talune  sostanze  pericolose  che  figurano
nell'elenco 1 della direttiva 76/464/CEE;
    o)  direttiva  91/271/CEE  concernente il trattamento delle acque
reflue urbane;
    p)  direttiva  91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da
inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;
    q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE
per quanto riguarda alcuni requisiti dell'Allegato 1;
    r)  direttiva  2000/60/CE,  che istituisce un quadro per l'azione
comunitaria in materia di acque.
  5.  Le  regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i
tempi  di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate
ai  sensi  dell'articolo  101,  comma 2, contenute nella legislazione
regionale  attuativa  della  parte  terza  del presente decreto e nei
piani di tutela di cui all'articolo 121.
  6.  Resta  fermo  quanto  disposto  dall'articolo 36 della legge 24
aprile  1998,  n.  128, e dai decreti legislativi di attuazione della
direttiva 96/92/CE.
  7.   Fino   all'emanazione   della   disciplina  regionale  di  cui
all'articolo  112,  le  attivita'  di  utilizzazione  agronomica sono
effettuate  secondo  le  disposizioni  regionali vigenti alla data di
entrata in vigore della parte terza del presente decreto.
  8.  Dall'attuazione  della  parte  terza  del  presente decreto non
devono  derivare  nuovi  o  maggiori  oneri o minori entrate a carico
della finanza pubblica.
  9.  Una  quota  non inferiore al dieci per cento e non superiore al
quindici  per  cento  degli  stanziamenti  previsti  da  disposizioni
statali  di finanziamento e' riservata alle attivita' di monitoraggio
e  studio  destinati  all'attuazione  della  parte terza del presente
decreto.
  10. Restano ferme le disposizioni in materia di difesa del mare.
  11.   Fino   all'emanazione  di  corrispondenti  atti  adottati  in
attuazione  della parte terza del presente decreto, restano validi ed
efficaci  i  provvedimenti  e  gli  atti  emanati in attuazione delle
disposizioni di legge abrogate dall'articolo 175.
  12.  All'onere  derivante  dalla  costituzione  e dal funzionamento
della Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche si
provvede  mediante  utilizzo  delle  risorse  di cui all'articolo 22,
comma 6, della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
  13. COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N. 4
  14. In sede di prima applicazione, il termine di centottanta giorni
di  cui  all'articolo  112, comma 2, decorre dalla data di entrata in
vigore della parte terza del presente decreto.
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AGGIORNAMENTO (2)
  Il  D.Lgs.  8 novembre 2006, n. 284 ha disposto che "fino alla data
di  entrata  in  vigore  del decreto legislativo correttivo di cui al
comma 2-bis del presente articolo, sono fatti salvi gli atti posti in
essere dalle autorita' di bacino dal 30 aprile 2006".
---------------
AGGIORNAMENTO (20)
  Il D.L. 30 dicembre 2008, n.208, convertito con modificazioni dalla
L.  27  febbraio 2009, n. 13, ha disposto (con l'art. 1, comma 2) che
"Fino  alla  data di entrata in vigore del decreto del Presidente del
Consiglio  dei  Ministri  di  cui  all'articolo 170, comma 2-bis, del
decreto  legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come sostituito dal comma
1,  sono  fatti  salvi  gli  atti  posti in essere dalle Autorita' di
bacino di cui al presente articolo dal 30 aprile 2006".
                              ART. 171
              (canoni per le utenze di acqua pubblica)

   1.  Nelle  more del trasferimento alla regione Sicilia del demanio
idrico,  per  le  grandi  derivazioni  in  corso  di sanatoria di cui
all'articolo  96,  comma 6, ricadenti nel territorio di tale regione,
si  applicano  retroattivamente,  a  decorrere  dal 1 gennaio 2002, i
seguenti canoni annui:
    a)  per  ogni modulo di acqua assentito ad uso irrigazione, 40,00
euro,  ridotte  alla  meta' se le colature ed i residui di acqua sono
restituiti anche in falda;
    b)  per  ogni  ettaro  del  comprensorio  irriguo  assentito, con
derivazione  non  suscettibile  di essere fatta a bocca tassata, 0,40
euro;
    c)  per  ogni  modulo  di  acqua  assentito per il consumo umano,
1.750,00 euro, minimo 300,00 euro;
    d)  per  ogni  modulo  di  acqua  assentito  ad  uso industriale,
12.600,00  euro,  minimo  1.750,00  euro.  Il  canone  e' ridotto del
cinquanta  per  cento se il concessionario attua un riuso delle acque
reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di
una  parte dello stesso o, ancora, se restituisce le acque di scarico
con  le  medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Le
disposizioni  di cui al comma 5 dell'articolo 12 del decreto-legge 27
aprile  1990,  n.  90,  convertito, con modificazioni, dalla legge 26
giugno 1990, n. 1651, non si applicano per l'uso industriale;
    e)  per  ogni  modulo  di  acqua  assentito  per la piscicoltura,
l'irrigazione  di  attrezzature  sportive e di aree destinate a verde
pubblico, 300,00 euro, minimo 100,00 euro;
    f)  per  ogni  kilowatt  di  potenza  nominale  assentita, per le
concessioni  di  derivazione  ad uso idroelettrico 12,00 euro, minimo
100,00 euro;
    g)  per  ogni  modulo  di  acqua  assentita  ad  uso  igienico ed
assimilati,  concernente l'utilizzo dell'acqua per servizi igienici e
servizi   antincendio,  ivi  compreso  quello  relativo  ad  impianti
sportivi, industrie e strutture varie qualora la concessione riguardi
solo  tale utilizzo, per impianti di autolavaggio e lavaggio strade e
comunque  per  tutti  gli usi non previsti dalle lettere da a) ad f),
900,00 euro.
   2.  Gli  importi  dei  canoni di cui al comma 1 non possono essere
inferiori  a  250,00  euro  per  derivazioni per il consumo umano e a
1.500,00 euro per derivazioni per uso industriale.
                              ART. 172
                        (gestioni esistenti)

   1.  Le Autorita' d'ambito che alla data di entrata in vigore della
parte  terza  del  presente  decreto  abbiano  gia'  provveduto  alla
redazione  del piano d'ambito, senza aver scelto la forma di gestione
ed  avviato  la  procedura  di affidamento, sono tenute, nei sei mesi
decorrenti da tale data, a deliberare i predetti provvedimenti.
   2.  In  relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis
dell'articolo  113  del  decreto  legislativo 18 agosto 2000, n. 267,
l'Autorita'  d'ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto della
parte terza del presente decreto, entro i sessanta giorni antecedenti
tale scadenza.
   3.  Qualora  l'Autorita' d'ambito non provveda agli adempimenti di
cui  ai  commi  1  e  2  nei termini ivi stabiliti, la regione, entro
trenta   giorni,   esercita,   dandone  comunicazione  al  ((Ministro
dell'ambiente   e   della  tutela  del  territorio  e  del  mare))  e
all'Autorita'  di  vigilanza  sulle  risorse idriche e sui rifiuti, i
poteri  sostitutivi, nominando un commissario "ad acta", le cui spese
sono  a  carico dell'ente inadempiente, che avvia entro trenta giorni
le  procedure  di  affidamento,  determinando le scadenze dei singoli
adempimenti  procedimentali.  Qualora  il  commissario  regionale non
provveda  nei  termini  cosi'  stabiliti,  spettano al Presidente del
Consiglio  dei  Ministri,  su proposta del ((Ministro dell'ambiente e
della  tutela  del  territorio  e  del  mare)) , i poteri sostitutivi
preordinati al completamento della procedura di affidamento.
   4.  Qualora gli enti locali non aderiscano alle Autorita' d'ambito
ai  sensi  dell'articolo  148  entro  sessanta  giorni  dalla data di
entrata  in vigore della parte terza del presente decreto, la regione
esercita,  previa  diffida  all'ente  locale  ad  adempiere  entro il
termine  di  trenta  giorni  e dandone comunicazione all'Autorita' di
vigilanza  sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi,
nominando  un  commissario  "ad  acta",  le  cui  spese sono a carico
dell'ente inadempiente.
   5.  Alla  scadenza,  ovvero  alla  anticipata  risoluzione,  delle
gestioni  in essere ai sensi del comma 2, i beni e gli impianti delle
imprese  gia'  concessionarie  sono  trasferiti direttamente all'ente
locale  concedente  nei  limiti e secondo le modalita' previsti dalla
convenzione.
   6. Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai
consorzi  per  le  aree  ed  i  nuclei di sviluppo industriale di cui
all'articolo  50  del  testo  unico  delle leggi sugli interventi nel
Mezzogiorno,  approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6
marzo  1978,  n. 218, da altri consorzi o enti pubblici, nel rispetto
dell'unita' di gestione, entro il 31 dicembre 2006 sono trasferiti in
concessione   d'uso   al   gestore   del  servizio  idrico  integrato
dell'Ambito  territoriale  ottimale nel quale ricadono in tutto o per
la  maggior  parte i territori serviti, secondo un piano adottato con
decreto  del  Presidente  del Consiglio dei Ministri, su proposta del
((Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)),
sentite le regioni, le province e gli enti interessati.
                              ART. 173
                             (personale)

   1.  Fatta  salva  la  legislazione  regionale  adottata  ai  sensi
dell'articolo  12,  comma  3,  della  legge 5 gennaio 1994, n. 36, il
personale  che,  alla  data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi
prima  dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni
comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese
private,  anche  cooperative,  che  operano  nel  settore dei servizi
idrici  sara' soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di
lavoro,  al  passaggio  diretto  ed  immediato  al  nuovo gestore del
servizio  idrico  integrato,  con  la  salvaguardia  delle condizioni
contrattuali,   collettive  e  individuali,  in  atto.  Nel  caso  di
passaggio   di   dipendenti   di   enti  pubblici  e  di  ex  aziende
municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative,
al  gestore  del  servizio  idrico  integrato,  si  applica, ai sensi
dell'articolo  31  del  decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la
disciplina  del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo
2112 del codice civile.
                              ART. 174
            (disposizioni di attuazione e di esecuzione)

   1. Sino all'adozione da parte del ((Ministro dell'ambiente e della
tutela  del  territorio  e  del mare))di nuove disposizioni attuative
della  sezione  terza  della  parte  terza  del  presente decreto, si
applica  il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo
1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo 1994.
   2. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare)),  sentita l'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti  e  la  Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni  e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro un anno
dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  parte terza del presente
decreto, nell'ambito di apposite intese istituzionali, predispone uno
specifico  programma  per  il raggiungimento, senza ulteriori oneri a
carico del Ministero, dei livelli di depurazione, cosi' come definiti
dalla  direttiva  91/271/CEE,  attivando  i poteri sostitutivi di cui
all'articolo  152  negli ambiti territoriali ottimali in cui vi siano
agglomerati  a  carico  dei quali pendono procedure di infrazione per
violazione della citata direttiva.
                              ART. 175
                       (abrogazione di norme)

   1.  A  decorrere dalla data di entrata in vigore della parte terza
del  presente  decreto  sono  o restano abrogate le norme contrarie o
incompatibili con il medesimo, ed in particolare:
    a)  l'articolo  42,  comma  terzo,  del regio decreto 11 dicembre
1933,   n.   1775,   come  modificato  dall'articolo  8  del  decreto
legislativo 12 luglio 1993, n. 275;
    b) la legge 10 maggio 1976, n. 319;
    c)  la  legge  8  ottobre  1976,  n.  690,  di  conversione,  con
modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;
    d) la legge 24 dicembre 1979, n. 650;
    e)   la   legge   5  marzo  1982,  n.  62,  di  conversione,  con
modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;
    f)  il  decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n.
515;
    g)  la  legge  25  luglio  1984,  n.  381,  di  conversione,  con
modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;
    h)  gli  articoli  5, 6 e 7 della legge 24 gennaio 1986, n. 7, di
conversione,  con  modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 1985,
n. 667;
    i)  gli  articoli  4,  5,  6 e 7 del decreto del Presidente della
Repubblica 24 maggio 1988, n. 236;
    l) la legge 18 maggio 1989, n. 183;
    m)  gli  articoli  4  e  5  della  legge 5 aprile 1990, n. 71, di
conversione, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 1990, n.
16;
    n) l'articolo 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;
    o) il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 130;
    p) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131;
    q) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132;
    r) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133;
    s) l'articolo 12 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;
    t) l'articolo 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di
conversione,  con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n.
408;
    u)  la  legge  5 gennaio 1994, n. 36, ad esclusione dell'articolo
22, comma 6;
    v)  l'articolo  9-bis  della  legge  20 dicembre 1996, n. 642, di
conversione, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n.
552;
    z)  la  legge  17  maggio  1995,  n.  172,  di  conversione,  con
modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79;
    aa)  l'articolo  1  del  decreto-legge  11  giugno  1998, n. 180,
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;
    bb)  il  decreto  legislativo  11 maggio 1999, n. 152, cosi' come
modificato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258;
    cc)  l'articolo  1-bis del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 ottobre 2000, n. 365.
                              ART. 176
                           (norma finale)

   1.  Le  disposizioni  di cui alla parte terza del presente decreto
che  concernono  materie  di  legislazione  concorrente costituiscono
principi  fondamentali  ai  sensi  dell'articolo  117, comma 3, della
Costituzione.
   2.  Le  disposizioni  di cui alla parte terza del presente decreto
sono  applicabili  nelle  regioni a statuto speciale e nelle province
autonome  di  Trento  e  di  Bolzano compatibilmente con le norme dei
rispettivi statuti.
   3.  Per  le  acque  appartenenti  al demanio idrico delle province
autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  restano  ferme le competenze in
materia di utilizzazione delle acque pubbliche ed in materia di opere
idrauliche    previste   dallo   statuto   speciale   della   regione
Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione.

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI
E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI


TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI


CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI


                            Articolo 177
               (( (Campo di applicazione e finalita')

    1. La parte quarta del presente decreto  disciplina  la  gestione
dei rifiuti e la bonifica dei siti  inquinati,  anche  in  attuazione
delle  direttive  comunitarie,   in   particolare   della   direttiva
2008/98/CE, prevedendo misure volte  a  proteggere  l'ambiente  e  la
salute umana, prevenendo  o  riducendo  gli  impatti  negativi  della
produzione e  della  gestione  dei  rifiuti,  riducendo  gli  impatti
complessivi dell'uso delle risorse e migliorandone l'efficacia.
    2. La gestione dei  rifiuti  costituisce  attivita'  di  pubblico
interesse.
    3.  Sono  fatte  salve  disposizioni  specifiche,  particolari  o
complementari, conformi ai principi di  cui  alla  parte  quarta  del
presente decreto adottate in attuazione di direttive comunitarie  che
disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.
    4. I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute  dell'uomo
e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio
all'ambiente e, in particolare:
      a) senza  determinare  rischi per  l'acqua,  l'aria, il  suolo,
nonche' per la fauna e la flora;
      b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
      c) senza  danneggiare  il  paesaggio  e  i siti di  particolare
interesse, tutelati in base alla normativa vigente.
    5. Per conseguire le finalita' e gli obiettivi di cui ai commi da
1 a 4, lo Stato, le regioni, le province autonome e gli  enti  locali
esercitano i poteri e le funzioni di rispettiva competenza in materia
di gestione dei rifiuti in conformita' alle disposizioni di cui  alla
parte quarta del presente decreto, adottando ogni opportuna azione ed
avvalendosi, ove opportuno, mediante accordi, contratti di  programma
o protocolli d'intesa anche  sperimentali,  di  soggetti  pubblici  o
privati.
    6. I soggetti di cui  al  comma  5  costituiscono,  altresi',  un
sistema compiuto e sinergico che armonizza, in un contesto  unitario,
relativamente agli obiettivi da perseguire, la redazione delle  norme
tecniche, i sistemi di accreditamento e i sistemi  di  certificazione
attinenti direttamente o indirettamente le  materie  ambientali,  con
particolare riferimento alla gestione dei rifiuti, secondo i  criteri
e con le modalita' di cui all'articolo 195, comma 2,  lettera  a),  e
nel rispetto delle procedure di informazione nel settore delle  norme
e delle regolazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della
societa' dell'informazione, previste dalle  direttive  comunitarie  e
relative norme di attuazione, con particolare riferimento alla  legge
21 giugno 1986, n. 317.
    7. Le regioni  e  le  province  autonome  adeguano  i  rispettivi
ordinamenti   alle   disposizioni   di   tutela    dell'ambiente    e
dell'ecosistema contenute nella parte  quarta  del  presente  decreto
entro un  anno  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente
disposizione.
    8.  Ai  fini  dell'attuazione  dei  principi  e  degli  obiettivi
stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte  quarta  del  presente
decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e
del mare puo' avvalersi del supporto tecnico dell'Istituto  superiore
per la protezione e la ricerca  ambientale  (ISPRA),  senza  nuovi  o
maggiori oneri per la finanza pubblica.))
                            Articolo 178
                            (( (Principi)

    1.  La  gestione  dei  rifiuti  e'  effettuata  conformemente  ai
principi  di  precauzione,  di  prevenzione,  di  sostenibilita',  di
proporzionalita', di responsabilizzazione e di cooperazione di  tutti
i  soggetti  coinvolti   nella   produzione,   nella   distribuzione,
nell'utilizzo e nel consumo di  beni  da  cui  originano  i  rifiuti,
nonche' del principio chi inquina paga. A tale fine la  gestione  dei
rifiuti e'  effettuata  secondo  criteri  di  efficacia,  efficienza,
economicita', trasparenza, fattibilita' tecnica ed economica, nonche'
nel rispetto delle norme vigenti in materia di  partecipazione  e  di
accesso alle informazioni ambientali.))
                          Articolo 178-bis
             (( (Responsabilita' estesa del produttore)

    1. Al fine di rafforzare la prevenzione e  facilitare  l'utilizzo
efficiente delle risorse durante l'intero ciclo di vita, comprese  le
fasi di riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti,  evitando  di
compromettere la libera circolazione delle merci sul mercato, possono
essere adottati, previa consultazione delle  parti  interessate,  con
uno o piu' decreti del Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e  del  mare  aventi  natura  regolamentare,  sentita  la
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, le modalita' e i criteri di  introduzione  della
responsabilita' estesa  del  produttore  del  prodotto,  inteso  come
qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente  sviluppi,
fabbrichi,   trasformi,   tratti,   venda   o    importi    prodotti,
nell'organizzazione  del  sistema  di   gestione   dei   rifiuti,   e
nell'accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti  che  restano
dopo il loro utilizzo. Ai medesimi fini possono essere  adottati  con
uno o piu' decreti del Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare di concerto con  il  Ministero  dello  sviluppo
economico, le modalita' e i criteri:
     a) di gestione  dei  rifiuti  e  della  relativa responsabilita'
finanziaria dei produttori del prodotto.  I  decreti  della  presente
lettera sono adottati di concerto con il  Ministero  dell'Economia  e
delle Finanze;
     b) di  pubblicizzazione  delle informazioni relative alla misura
in cui il prodotto e' riutilizzabile e riciclabile;
     c) della progettazione dei  prodotti  volta  a  ridurre  i  loro
impatti ambientali;
     d) di progettazione dei prodotti volta a diminuire o eliminare i
rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei  prodotti,
assicurando che il recupero e lo smaltimento dei  prodotti  che  sono
diventati rifiuti avvengano in conformita' ai  criteri  di  cui  agli
articoli 177 e 179;
     e) volti a favorire e incoraggiare lo sviluppo, la produzione  e
la  commercializzazione  di   prodotti   adatti   all'uso   multiplo,
tecnicamente durevoli, e che, dopo  essere  diventati  rifiuti,  sono
adatti  ad  un  recupero  adeguato  e  sicuro  e  a  uno  smaltimento
compatibile con l'ambiente.
    2. La responsabilita'  estesa  del  produttore  del  prodotto  e'
applicabile fatta salva la responsabilita' della gestione dei rifiuti
di cui all'articolo 188, comma  1,  e  fatta  salva  la  legislazione
esistente concernente flussi di rifiuti e prodotti specifici.
    3. I decreti di cui al comma 1 possono prevedere altresi'  che  i
costi della gestione  dei  rifiuti  siano  sostenuti  parzialmente  o
interamente dal produttore del prodotto causa dei rifiuti.  Nel  caso
il produttore del prodotto partecipi  parzialmente,  il  distributore
del prodotto concorre per la differenza fino all'intera copertura  di
tali costi.
    4. Dall'attuazione del  presente  articolo  non  devono  derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.))
                            Articolo 179
        (( (Criteri di priorita' nella gestione dei rifiuti)

    1. La gestione dei rifiuti avviene nel  rispetto  della  seguente
gerarchia:
      a) prevenzione;
      b) preparazione per il riutilizzo;
      c) riciclaggio;
      d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;
      e) smaltimento.
    2. La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine  di  priorita'
di cio' che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel  rispetto
della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate  le  misure
volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto  degli
articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior  risultato  complessivo,
tenendo conto degli  impatti  sanitari,  sociali  ed  economici,  ivi
compresa la fattibilita' tecnica e la praticabilita' economica.
    3. Con riferimento a singoli  flussi  di  rifiuti  e'  consentito
discostarsi, in via eccezionale, dall'ordine di priorita' di  cui  al
comma 1 qualora cio' sia giustificato, nel rispetto del principio  di
precauzione e sostenibilita', in base ad una specifica analisi  degli
impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti
sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di  ciclo  di
vita, che sotto il profilo sociale  ed  economico,  ivi  compresi  la
fattibilita' tecnica e la protezione delle risorse.
    4. Con uno o piu' decreti  del  Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare, di concerto con il  Ministro  della
salute, possono essere individuate, con riferimento a singoli  flussi
di rifiuti specifici, le opzioni che garantiscono, in  conformita'  a
quanto stabilito dai commi da 1 a 3, il miglior risultato in  termini
di protezione della salute umana e dell'ambiente.
    5. Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell'esercizio  delle
rispettive competenze, iniziative  dirette  a  favorire  il  rispetto
della gerarchia del trattamento dei rifiuti di  cui  al  comma  1  in
particolare mediante:
      a) la promozione  dello  sviluppo  di  tecnologie  pulite,  che
permettano un uso piu' razionale e un maggiore risparmio  di  risorse
naturali;
      b) la promozione della messa a punto tecnica e  dell'immissione
sul mercato di prodotti concepiti in modo da  non  contribuire  o  da
contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso
o il loro smaltimento, ad incrementare la quantita'  o  la  nocivita'
dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
      c) la promozione dello sviluppo  di  tecniche  appropriate  per
l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti  al  fine
di favorirne il recupero;
      d) la determinazione  di condizioni di  appalto  che  prevedano
l'impiego dei materiali  recuperati  dai  rifiuti  e  di  sostanze  e
oggetti prodotti, anche solo in parte, con materiali  recuperati  dai
rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;
      e) l'impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il
successivo utilizzo e, piu' in generale, l'impiego dei  rifiuti  come
altro mezzo per produrre energia.
    6. Nel rispetto della gerarchia del trattamento  dei  rifiuti  le
misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la  preparazione  per
il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero  di
materia sono adottate con priorita' rispetto all'uso dei rifiuti come
fonte di energia.
    7. Le pubbliche amministrazioni promuovono l'analisi del ciclo di
vita dei prodotti sulla base di metodologie  uniformi  per  tutte  le
tipologie di prodotti  stabilite  mediante  linee  guida  dall'ISPRA,
eco-bilanci, la divulgazione  di  informazioni  anche  ai  sensi  del
decreto legislativo 19  agosto  2005,  n.  195,  l'uso  di  strumenti
economici, di criteri in materia di procedure di evidenza pubblica, e
di altre misure necessarie.
    8. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti  di
cui  al  presente  articolo  con  le  risorse  umane,  strumentali  e
finanziarie  disponibili  a  legislazione  vigente,  senza  nuovi   o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.))
                              ART. 180 
              (prevenzione della produzione di rifiuti) 
 
  1. Al fine di promuovere in via prioritaria  la  prevenzione  e  la
riduzione  della  produzione  e  della  nocivita'  dei  rifiuti,   le
iniziative di cui all'articolo 179 riguardano in particolare: 
    a) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi  di
certificazione   ambientale,   utilizzo   delle   migliori   tecniche
disponibili, analisi del  ciclo  di  vita  dei  prodotti,  azioni  di
informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, l'uso di sistemi
di qualita', nonche' lo sviluppo del sistema di marchio ecologico  ai
fini  della  corretta  valutazione  dell'impatto  di  uno   specifico
prodotto sull'ambiente durante l'intero ciclo di  vita  del  prodotto
medesimo; 
    b) la previsione di clausole di bandi di gara o lettere  d'invito
che valorizzino le capacita' e le competenze tecniche in  materia  di
prevenzione della produzione di rifiuti; 
    c) la promozione di accordi e contratti di programma o protocolli
d'intesa anche sperimentali  finalizzati  alla  prevenzione  ed  alla
riduzione della quantita' e della pericolosita' dei rifiuti; 
      d) LETTERA SOPPRESSA DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205. 
1-bis. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare ((adotta entro il 31 dicembre 2012,))  a  norma  degli  articoli
177, 178, 178-bis e 179, un programma nazionale  di  prevenzione  dei
rifiuti ed elabora indicazioni affinche' tale programma sia integrato
nei piani di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 199. In caso di
integrazione nel piano di gestione, sono chiaramente identificate  le
misure di prevenzione dei rifiuti.((Entro  il  31  dicembre  di  ogni
anno, a decorrere dal 2013, il Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare presenta alle Camere una relazione  recante
l'aggiornamento del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti  e
contenente  anche  l'indicazione  dei  risultati  raggiunti  e  delle
eventuali criticita' registrate nel perseguimento degli obiettivi  di
prevenzione dei rifiuti)). 
  1-ter. I programmi di cui al comma 1-bis fissano gli  obiettivi  di
prevenzione. Il Ministero descrive le misure di prevenzione esistenti
e valuta l'utilita' degli esempi di misure di cui all'allegato L o di
altre misure adeguate. 
  1-quater. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare individua gli appropriati specifici parametri  qualitativi
o quantitativi per le misure di prevenzione dei rifiuti, adottate per
monitorare e valutare i progressi  realizzati  nell'attuazione  delle
misure  di  prevenzione  e  puo'  stabilire  specifici  traguardi   e
indicatori qualitativi o quantitativi. 
  1-quinquies.  Il  Ministero  dell'ambiente  e  della   tutela   del
territorio e del mare  assicura  la  disponibilita'  di  informazioni
sulle migliori pratiche in materia di prevenzione dei rifiuti  e,  se
del  caso,  elabora  linee  guida  per  assistere  le  regioni  nella
preparazione dei programmi di cui all'articolo 199,  comma  3,  lett.
r). 
  1-sexies.   Le   amministrazioni   interessate   provvedono    agli
adempimenti di  cui  al  presente  articolo  con  le  risorse  umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione  vigente,  senza
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 
                          Articolo 180-bis
              (( (Riutilizzo di prodotti e preparazione
                   per il riutilizzo dei rifiuti)

    1. Le pubbliche amministrazioni promuovono, nell'esercizio  delle
rispettive competenze, iniziative dirette a  favorire  il  riutilizzo
dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo  dei  rifiuti.  Tali
iniziative possono consistere anche in:
      a) uso di strumenti economici;
      b) misure logistiche, come la costituzione ed  il  sostegno  di
centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo;
      c) adozione,  nell'ambito  delle  procedure di affidamento  dei
contratti pubblici, di idonei criteri,  ai  sensi  dell'articolo  83,
comma 1, lettera e), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.  163,
e previsione delle condizioni di  cui  agli  articoli  68,  comma  3,
lettera b), e 69 del  medesimo  decreto;  a  tale  fine  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare  adotta  entro
sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente  disposizione
i decreti attuativi di cui all'articolo 2 del Ministro  dell'ambiente
e della trutela del territorio e del mare in  data  11  aprile  2008,
pubblicato nella G.U. n. 107 dell'8 maggio 2008;
      d) definizione di obiettivi quantitativi;
      e) misure educative;
      f) promozione di accordi di programma.
    2. Con uno o piu' decreti del  Ministero  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero  dello
sviluppo  economico,  sentita  la   Conferenza   unificata   di   cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281,  sono
adottate le ulteriori misure necessarie per promuovere il  riutilizzo
dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il  riutilizzo,  anche
attraverso l'introduzione della responsabilita' estesa del produttore
del prodotto. Con uno o piu' decreti del  Ministero  dell'ambiente  e
della tutela  del  territorio  e  del  mare,  sentita  la  Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del  decreto  legislativo  28  agosto
1997, n. 281, adottarsi entro sei  mesi  dalla  data  di  entrata  in
vigore  della  presente  disposizione,  sono  definite  le  modalita'
operative per  la  costituzione  e  il  sostegno  di  centri  e  reti
accreditati di cui al comma 1, lett. b), ivi compresa la  definizione
di  procedure  autorizzative   semplificate.   e   di   un   catalogo
esemplificativo di prodotti e rifiuti di prodotti che possono  essere
sottoposti, rispettivamente, a riutilizzo o  a  preparazione  per  il
riutilizzo.
    3. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti  di
cui  al  presente  articolo  con  le  risorse  umane,  strumentali  e
finanziarie  disponibili  a  legislazione  vigente,  senza  nuovi   o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.))
                            Articolo 181
               (( (Riciclaggio e recupero dei rifiuti)

    1. Al fine di promuovere il riciclaggio di  alta  qualita'  e  di
soddisfare i necessari criteri qualitativi per i diversi settori  del
riciclaggio, sulla  base  delle  indicazioni  fornite  dal  Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,  le  regioni
stabiliscono i criteri con i quali i comuni provvedono  a  realizzare
la  raccolta  differenziata  in   conformita'   a   quanto   previsto
dall'articolo 205.  Le  autorita'  competenti  realizzano,  altresi',
entro il 2015 la raccolta differenziata almeno per la carta, metalli,
plastica e vetro, e ove possibile, per il legno, nonche' adottano  le
misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:
      a) entro  il  2020, la  preparazione  per  il riutilizzo  e  il
riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e
vetro provenienti dai nuclei  domestici,  e  possibilmente  di  altra
origine, nella misura in cui tali flussi di  rifiuti  sono  simili  a
quelli domestici, sara' aumentata complessivamente almeno al  50%  in
termini di peso;
      b) entro il  2020  la  preparazione  per  il   riutilizzo,   il
riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni
di colmatazione che utilizzano i rifiuti  in  sostituzione  di  altri
materiali, di rifiuti da costruzione e  demolizione  non  pericolosi,
escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05  04
dell'elenco dei rifiuti, sara' aumentata almeno al 70  per  cento  in
termini di peso.
    2. Fino alla definizione, da  parte  della  Commissione  europea,
delle modalita' di attuazione e calcolo degli  obiettivi  di  cui  al
comma 1, il Ministero dell'ambiente, della tutela  del  territorio  e
del mare puo' adottare decreti che determinino tali modalita'.
    3. Con uno o piu' decreti del  Ministero  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero  dello
sviluppo  economico,  sentita  la   Conferenza   unificata   di   cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281,  sono
adottate misure per promuovere il recupero dei rifiuti in conformita'
ai criteri di priorita' di cui all'articolo 179 e alle  modalita'  di
cui all'articolo 177, comma 4. nonche' misure intese a promuovere  il
riciclaggio   di   alta   qualita',   privilegiando    la    raccolta
differenziata, eventualmente anche monomateriale, dei rifiuti.
    4. Per facilitare  o  migliorare  il  recupero,  i  rifiuti  sono
raccolti separatamente, laddove cio' sia realizzabile  dal  punto  di
vista tecnico, economico e ambientale, e non sono miscelati con altri
rifiuti o altri materiali aventi proprieta' diverse.
    5.  Per  le  frazioni  di  rifiuti  urbani  oggetto  di  raccolta
differenziata destinati al  riciclaggio  ed  al  recupero  e'  sempre
ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite  enti
o imprese  iscritti  nelle  apposite  categorie  dell'Albo  nazionale
gestori ambientali ai sensi dell'articolo 212, comma 5,  al  fine  di
favorire  il  piu'  possibile  il  loro  recupero  privilegiando   il
principio di prossimita' agli impianti di recupero.
    6. Al fine di favorire l'educazione ambientale e contribuire alla
raccolta  differenziata  dei   rifiuti,   i   sistemi   di   raccolta
differenziata di carta e  plastica  negli  istituti  scolastici  sono
esentati dall'obbligo di autorizzazione in quanto  presentano  rischi
non elevati e non sono gestiti su base professionale.
    7. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti  di
cui  al  presente  articolo  con  le  risorse  umane,  strumentali  e
finanziarie  disponibili  a  legislazione  vigente,  senza  nuovi   o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.))

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AGGIORNAMENTO (18)
  Il  D.L. 6 novembre 2008, n.172, convertito con modificazioni dalla
L.  30  dicembre 2008, n. 210 ha disposto (con l'art. 9-bis, comma 1,
lettera  b))  che "b) fino alla data di entrata in vigore del decreto
di cui all'art. 195, comma 2, lettera s-bis), del decreto legislativo
3  aprile  2006,  n.  152,  gli accordi e i contratti di programma in
materia  di  rifiuti  stipulati  tra le amministrazioni pubbliche e i
soggetti   economici  interessati  o  le  associazioni  di  categoria
rappresentative  dei settori interessati prima della soppressione del
comma 4 dell'articolo 181 del medesimo decreto legislativo n. 152 del
2006,  operata  dal  decreto  legislativo  16  gennaio  2008,  n.  4,
continuano  ad  avere efficacia, con le semplificazioni ivi previste,
anche  in  deroga alle disposizioni della parte IV del citato decreto
legislativo  n. 152 del 2006, e successive modificazioni, purche' nel
rispetto delle norme comunitarie".
                            ART. 181-bis
      ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205))
                              ART. 182 
                      (smaltimento dei rifiuti) 
 
  1. Lo smaltimento  dei  rifiuti  e'  effettuato  in  condizioni  di
sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti,
previa  verifica,  da  parte  della   competente   autorita',   della
impossibilita' tecnica ed economica  di  esperire  le  operazioni  di
recupero di cui all'articolo 181. A tal fine,  la  predetta  verifica
concerne la disponibilita' di tecniche sviluppate su una scala che ne
consenta l'applicazione in condizioni economicamente  e  tecnicamente
valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo  in
considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto  che
siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purche' vi  si
possa accedere a condizioni ragionevoli. 
  2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale  devono  essere  il
piu' possibile ridotti sia in massa che  in  volume,  potenziando  la
prevenzione e  le  attivita'  di  riutilizzo,  di  riciclaggio  e  di
recupero ((e prevedendo, ove possibile, la priorita' per quei rifiuti
non recuperabili generati nell'ambito di attivita' di  riciclaggio  o
di recupero)). 
((3. E' vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi  in  regioni
diverse  da  quelle  dove  gli  stessi  sono  prodotti,  fatti  salvi
eventuali accordi regionali o  internazionali,  qualora  gli  aspetti
territoriali  e  l'opportunita'  tecnico  economica  di   raggiungere
livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.)) 
((4.  Nel  rispetto  delle   prescrizioni   contenute   nel   decreto
legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di
nuovi  impianti  possono  essere  autorizzate  solo  se  il  relativo
processo di combustione garantisca un  elevato  livello  di  recupero
energetico. 
  5. Le attivita'  di  smaltimento  in  discarica  dei  rifiuti  sono
disciplinate secondo  le  disposizioni  del  decreto  legislativo  13
gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE.)) 
  6.  Lo  smaltimento  dei  rifiuti  in  fognatura  e'   disciplinato
dall'articolo 107, comma 3. 
  7. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)). 
  8. IL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N. 4,  COME  MODIFICATO  DAL  D.L.  6
NOVEMBRE 2008, N. 172,  CONVERTITO  CON  MODIFICAZIONI  DALLA  L.  30
DICEMBRE 2008, N. 210 HA CONFERMATO L'ABROGAZIONE DEL PRESENTE COMMA. 
                          Articolo 182-bis
           (( (Principi di autosufficienza e prossimita')

    1. Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei  rifiuti  urbani
non differenziati sono attuati con il ricorso ad una  rete  integrata
ed adeguata  di  impianti,  tenendo  conto  delle  migliori  tecniche
disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici  complessivi,  al
fine di:
      a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento  dei  rifiuti
urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro  trattamento  in  ambiti
territoriali ottimali;
      b) permettere lo smaltimento dei rifiuti  ed  il  recupero  dei
rifiuti urbani indifferenziati in  uno  degli  impianti  idonei  piu'
vicini ai luoghi di produzione o  raccolta,  al  fine  di  ridurre  i
movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o
della necessita' di impianti specializzati per  determinati  tipi  di
rifiuti;
      c) utilizzare i metodi e le tecnologie piu' idonei a  garantire
un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.
    2. Sulla base di una motivata richiesta  delle  regioni  e  delle
province autonome di Trento e di Bolzano, con  decreto  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare  puo'  essere
limitato l'ingresso nel territorio nazionale di rifiuti destinati  ad
inceneritori classificati come  impianti  di  recupero,  qualora  sia
accertato che l'ingresso di tali rifiuti avrebbe come conseguenza  la
necessita' di smaltire i rifiuti nazionali o di trattare i rifiuti in
modo non coerente con i piani di gestione dei  rifiuti.  Puo'  essere
altresi' limitato, con le modalita' di  cui  al  periodo  precedente,
l'invio di rifiuti negli altri Stati membri  per  motivi  ambientali,
come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006.
    3. I provvedimenti  di  cui  al  comma  2  sono  notificati  alla
Commissione europea.))
                          Articolo 182-ter
                        (( (Rifiuti organici)

    1.  La  raccolta  separata  dei  rifiuti  organici  deve   essere
effettuata  con  contenitori  a  svuotamento  riutilizzabili  o   con
sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002.
    2. Ai fini di quanto previsto  dal  comma  1,  le  regioni  e  le
province autonome, i comuni  e  gli  ATO,  ciascuno  per  le  proprie
competenze e nell'ambito  delle  risorse  disponibili  allo  scopo  a
legislazione vigente, adottano entro centottanta giorni dalla data di
entrata in vigore della parte  quarta  del  presente  decreto  misure
volte a incoraggiare:
      a) la raccolta separata dei rifiuti organici;
      b) il trattamento dei rifiuti organici in modo da realizzare un
livello elevato di protezione ambientale;
      c) l'utilizzo di materiali sicuri  per  l'ambiente ottenuti dai
rifiuti organici, cio' al  fine  di  proteggere  la  salute  umana  e
l'ambiente.))
                            Articolo 183 
                            (Definizioni) 
 
  1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le
ulteriori  definizioni  contenute  nelle  disposizioni  speciali,  si
intende per: 
    a) "rifiuto": qualsiasi sostanza od oggetto di cui  il  detentore
si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi; 
    b)  "rifiuto  pericoloso":  rifiuto  che  presenta  una  o   piu'
caratteristiche di cui all'allegato I della parte quarta del presente
decreto; 
    c)  "oli  usati":  qualsiasi  olio  industriale  o  lubrificante,
minerale o sintetico, divenuto improprio all'uso cui era inizialmente
destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi
di  trasmissione,  nonche'  gli  oli  usati  per  turbine  e  comandi
idraulici; 
    d)  "rifiuto  organico"  rifiuti  biodegradabili  di  giardini  e
parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei  domestici,
ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita  al  dettaglio  e
rifiuti simili prodotti dall'industria alimentare  raccolti  in  modo
differenziato; 
    e) "autocompostaggio": compostaggio  degli  scarti  organici  dei
propri rifiuti urbani,  effettuato  da  utenze  domestiche,  ai  fini
dell'utilizzo in sito del materiale prodotto; 
    f) "produttore di rifiuti": il soggetto la cui attivita'  produce
rifiuti (produttore  iniziale)  o  chiunque  effettui  operazioni  di
pretrattamento,  di  miscelazione  o  altre  operazioni   che   hanno
modificato la natura o la composizione di detti rifiuti; 
    g):  "produttore  del  prodotto":  qualsiasi  persona  fisica   o
giuridica  che  professionalmente  sviluppi,  fabbrichi,   trasformi,
tratti, venda o importi prodotti; 
    h) "detentore": il produttore dei rifiuti o la persona  fisica  o
giuridica che ne e' in possesso; 
    i) "commerciante": qualsiasi impresa che agisce  in  qualita'  di
committente, al fine di acquistare e successivamente vendere rifiuti,
compresi i commercianti che non prendono materialmente  possesso  dei
rifiuti; 
    l) "intermediario" qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo
smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari
che non acquisiscono la materiale disponibilita' dei rifiuti; 
    m) "prevenzione": misure adottate  prima  che  una  sostanza,  un
materiale o un prodotto diventi rifiuto che riducono: 
      1) la quantita' dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei
prodotti o l'estensione del loro ciclo di vita; 
      2) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull'ambiente e la
salute umana; 
      3) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti; 
    n) "gestione": la  raccolta,  il  trasporto,  il  recupero  e  lo
smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali  operazioni  e
gli interventi successivi alla  chiusura  dei  siti  di  smaltimento,
nonche' le  operazioni  effettuate  in  qualita'  di  commerciante  o
intermediario; 
    o) "raccolta": il  prelievo  dei  rifiuti,  compresi  la  cernita
preliminare e il deposito, ivi compresa la  gestione  dei  centri  di
raccolta di cui alla lettera "mm", ai fini del loro trasporto  in  un
impianto di trattamento; 
    p) "raccolta differenziata": la raccolta  in  cui  un  flusso  di
rifiuti e' tenuto separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti
al fine di facilitarne il trattamento specifico; 
    q) "preparazione per il riutilizzo": le operazioni di  controllo,
pulizia,  smontaggio  e  riparazione  attraverso   cui   prodotti   o
componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati  in  modo  da
poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento; 
    r)  "riutilizzo":  qualsiasi  operazione  attraverso   la   quale
prodotti o componenti che non sono rifiuti sono  reimpiegati  per  la
stessa finalita' per la quale erano stati concepiti; 
    s) "trattamento": operazioni di recupero o  smaltimento,  inclusa
la preparazione prima del recupero o dello smaltimento; 
    t) "recupero": qualsiasi operazione il cui  principale  risultato
sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile,  sostituendo
altri  materiali  che  sarebbero  stati  altrimenti  utilizzati   per
assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere  tale
funzione, all'interno  dell'impianto  o  nell'economia  in  generale.
L'allegato C della parte IV del presente decreto  riporta  un  elenco
non esaustivo di operazioni di recupero.; 
    u) "riciclaggio": qualsiasi operazione di recupero attraverso cui
i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali  o  sostanze
da utilizzare per la loro  funzione  originaria  o  per  altri  fini.
Include il trattamento di materiale organico ma non  il  recupero  di
energia ne' il ritrattamento per  ottenere  materiali  da  utilizzare
quali combustibili o in operazioni di riempimento; 
    v)  "rigenerazione  degli  oli  usati"  qualsiasi  operazione  di
riciclaggio che  permetta  di  produrre  oli  di  base  mediante  una
raffinazione  degli  oli  usati,  che  comporti  in  particolare   la
separazione dei contaminanti, dei prodotti  di  ossidazione  e  degli
additivi contenuti in tali oli; 
    z) "smaltimento": qualsiasi operazione diversa dal recupero anche
quando l'operazione ha come conseguenza  secondaria  il  recupero  di
sostanze o di energia.  L'Allegato  B  alla  parte  IV  del  presente
decreto  riporta  un  elenco  non  esaustivo  delle   operazioni   di
smaltimento; 
    aa) "stoccaggio": le attivita' di smaltimento  consistenti  nelle
operazioni di deposito preliminare di rifiuti di  cui  al  punto  D15
dell'allegato B alla parte quarta del presente  decreto,  nonche'  le
attivita' di  recupero  consistenti  nelle  operazioni  di  messa  in
riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell'allegato C alla  medesima
parte quarta; 
    bb)  "deposito  temporaneo":  il   raggruppamento   dei   rifiuti
effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui  gli  stessi  sono
prodotti o, per gli imprenditori agricoli di  cui  all'articolo  2135
del codice civile,  presso  il  sito  che  sia  nella  disponibilita'
giuridica della cooperativa agricola  ((,  ivi  compresi  i  consorzi
agrari,)) di cui gli stessi sono soci, alle seguenti condizioni: 
      1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti  di
cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni,  devono
essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che  regolano  lo
stoccaggio e l'imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose
e gestiti conformemente al suddetto regolamento; 
      2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle  operazioni
di recupero o di smaltimento secondo  una  delle  seguenti  modalita'
alternative, a scelta del produttore dei rifiuti:con  cadenza  almeno
trimestrale, indipendentemente dalle quantita' in deposito; quando il
quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente  i  30
metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi.  In
ogni caso,  allorche'  il  quantitativo  di  rifiuti  non  superi  il
predetto limite all'anno,  il  deposito  temporaneo  non  puo'  avere
durata superiore ad un anno; 
      3)  il  "deposito  temporaneo"  deve  essere   effettuato   per
categorie omogenee di rifiuti e nel  rispetto  delle  relative  norme
tecniche, nonche', per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme
che disciplinano  il  deposito  delle  sostanze  pericolose  in  essi
contenute; 
      4)  devono  essere  rispettate  le   norme   che   disciplinano
l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose; 
      5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  di
concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate  le
modalita' di gestione del deposito temporaneo; 
    cc)  "combustibile  solido  secondario  (CSS)":  il  combustibile
solido  prodotto  da  rifiuti  che  rispetta  le  caratteristiche  di
classificazione e di specificazione individuate delle norme  tecniche
UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta  salva
l'applicazione  dell'articolo   184-ter,   il   combustibile   solido
secondario, e' classificato come rifiuto speciale; 
    dd) "rifiuto biostabilizzato": rifiuto ottenuto  dal  trattamento
biologico aerobico o  anaerobico  dei  rifiuti  indifferenziati,  nel
rispetto di apposite norme tecniche, da adottarsi a cura dello Stato,
finalizzate a definirne contenuti e usi  compatibili  con  la  tutela
ambientale e sanitaria e, in particolare,  a  definirne  i  gradi  di
qualita'; 
    ee) "compost di qualita'": prodotto, ottenuto dal compostaggio di
rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i  requisiti  e
le caratteristiche stabilite dall'allegato 2 del decreto  legislativo
29 aprile 2010, n. 75, e successive modificazioni; 
    ff) "digestato di qualita'": prodotto ottenuto  dalla  digestione
anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i
requisiti contenuti in norme tecniche da  emanarsi  con  decreto  del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  di
concerto con il  Ministero  delle  politiche  agricole  alimentari  e
forestali; 
    gg) "emissioni": le emissioni in atmosfera  di  cui  all'articolo
268, comma 1, lettera b); 
    hh) "scarichi idrici": le  immissioni  di  acque  reflue  di  cui
all'articolo 74, comma 1, lettera ff); 
    ii) "inquinamento atmosferico": ogni modifica atmosferica di  cui
all'articolo 268, comma 1, lettera a); 
    ll)  "gestione  integrata  dei  rifiuti":  il   complesso   delle
attivita', ivi compresa  quella  di  spazzamento  delle  strade  come
definita alla lettera oo),  volte  ad  ottimizzare  la  gestione  dei
rifiuti; 
    mm) "centro di raccolta": area  presidiata  ed  allestita,  senza
nuovi  o  maggiori  oneri  a  carico  della  finanza  pubblica,   per
l'attivita' di raccolta  mediante  raggruppamento  differenziato  dei
rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori  per  il
trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina  dei
centri di raccolta e' data con decreto del Ministro  dell'ambiente  e
della tutela  del  territorio  e  del  mare,  sentita  la  Conferenza
unificata , di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; 
    nn)  "migliori  tecniche  disponibili":  le   migliori   tecniche
disponibili quali definite all'articolo 5, comma 1, lett. l-ter)  del
presente decreto; 
    oo) spazzamento delle strade: modalita' di raccolta  dei  rifiuti
mediante operazione di pulizia delle strade, aree  pubbliche  e  aree
private ad uso pubblico escluse le operazioni di sgombero della  neve
dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate  al  solo  scopo  di
garantire la loro fruibilita' e la sicurezza del transito ; 
    pp) "circuito organizzato di raccolta": sistema  di  raccolta  di
specifiche tipologie di rifiuti organizzato dai Consorzi  di  cui  ai
titoli II e III della  parte  quarta  del  presente  decreto  e  alla
normativa settoriale, o organizzato  sulla  base  di  un  accordo  di
programma stipulato tra la pubblica amministrazione  ed  associazioni
imprenditoriali  rappresentative  sul   piano   nazionale,   o   loro
articolazioni   territoriali,    oppure    sulla    base    di    una
convenzione-quadro  stipulata  tra  le  medesime  associazioni  ed  i
responsabili della piattaforma di  conferimento,  o  dell'impresa  di
trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la destinazione definitiva
dei rifiuti. All'accordo di programma o alla convenzione-quadro  deve
seguire la stipula  di  un  contratto  di  servizio  tra  il  singolo
produttore  ed  il  gestore  della  piattaforma  di  conferimento,  o
dell'impresa di trasporto dei rifiuti,  in  attuazione  del  predetto
accordo o della predetta convenzione; 
    qq) "sottoprodotto": qualsiasi sostanza od oggetto  che  soddisfa
le condizioni di cui all'articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta  i
criteri stabiliti in base all'articolo 184-bis, comma 2. 
 
------------- 
AGGIORNAMENTO (32) 
  La Corte Costituzionale con sentenza 25 - 28 gennaio 2010 n. 28 (in
G.U.  1a  s.s.  3/2/2010  n.  5)  ha   dichiarato   "l'illegittimita'
costituzionale dell'art.  183,  comma  1,  lettera  n),  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale),  nel
testo antecedente alle modiche introdotte dall'art. 2, comma 20,  del
decreto legislativo 16 gennaio 2008,  n.  4  (Ulteriori  disposizioni
correttive ed integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n.  152,  recante
norme in materia ambientale), nella parte in cui prevede:  "rientrano
altresi' tra i sottoprodotti non soggetti alle  disposizioni  di  cui
alla parte quarta del presente decreto le ceneri di  pirite,  polveri
di ossido di ferro, provenienti  dal  processo  di  arrostimento  del
minerale noto come pirite o solfuro di ferro  per  la  produzione  di
acido solforico e ossido di ferro, depositate presso stabilimenti  di
produzione dismessi, aree industriali e non, anche  se  sottoposte  a
procedimento di bonifica o di ripristino ambientale"". 
                              ART. 184 
                          (classificazione) 
 
   1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto
i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti  urbani  e
rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di  pericolosita',  in
rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. 
   2. Sono rifiuti urbani: 
    a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da  locali
e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; 
    b) i rifiuti  non  pericolosi  provenienti  da  locali  e  luoghi
adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera  a),  assimilati
ai rifiuti urbani per qualita' e quantita',  ai  sensi  dell'articolo
198, comma 2, lettera g); 
    c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade; 
    d) i rifiuti di qualunque natura o  provenienza,  giacenti  sulle
strade ed aree pubbliche o sulle  strade  ed  aree  private  comunque
soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e  sulle
rive dei corsi d'acqua; 
    e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali  giardini,
parchi e aree cimiteriali; 
    f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni,  nonche'
gli altri rifiuti provenienti da  attivita'  cimiteriale  diversi  da
quelli di cui alle lettere b), c) ed e). 
   3. Sono rifiuti speciali: 
    a) i rifiuti da attivita' agricole e agro-industriali , ai  sensi
e per gli effetti dell'art. 2135 c.c.; 
  b) i rifiuti derivanti dalle attivita' di demolizione, costruzione,
nonche' i rifiuti  che  derivano  dalle  attivita'  di  scavo,  fermo
restando quanto disposto dall'articolo 184-bis; 
    c) i rifiuti da lavorazioni industriali,; 
    d) i rifiuti da lavorazioni artigianali; 
    e) i rifiuti da attivita' commerciali; 
    f) i rifiuti da attivita' di servizio; 
    g) i rifiuti derivanti dalla attivita' di recupero e  smaltimento
di rifiuti, i fanghi  prodotti  dalla  potabilizzazione  e  da  altri
trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue  e  da
abbattimento di fumi; 
    h) i rifiuti derivanti da attivita' sanitarie; 
    i) LETTERA SOPPRESSA DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205; 
    l) LETTERA SOPPRESSA DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205; 
    m) LETTERA SOPPRESSA DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205; 
    n) LETTERA SOPPRESSA DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N. 4. 
 4. Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le  caratteristiche  di
cui all'allegato I della parte quarta del presente decreto. 
 5. L'elenco dei rifiuti di cui all'allegato D alla parte quarta  del
presente  decreto  include  i  rifiuti  pericolosi  e   tiene   conto
dell'origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario,  dei
valori limite di concentrazione delle sostanze  pericolose.  Esso  e'
vincolante per quanto  concerne  la  determinazione  dei  rifiuti  da
considerare pericolosi. L'inclusione di una sostanza o di un  oggetto
nell'elenco non significa che esso sia un rifiuto in  tutti  i  casi,
ferma restando la definizione di cui all'articolo  183.  Con  decreto
del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in  vigore
dalla presente disposizione, possono essere emanate specifiche  linee
guida per agevolare l'applicazione della classificazione dei  rifiuti
introdotta agli allegati D e I. 
   5-bis. I sistemi d'arma, i mezzi, i materiali e le  infrastrutture
direttamente  destinati  alla  difesa  militare  ed  alla   sicurezza
nazionale individuati con decreto del Ministro della difesa,  nonche'
la gestione dei materiali e dei rifiuti e la bonifica  dei  siti  ove
vengono immagazzinati i citati  materiali,  sono  disciplinati  dalla
parte quarta del presente decreto con procedure speciali da definirsi
con decreto del Ministro della difesa, di concerto  con  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministro
della salute, da adottarsi entro il 31 dicembre 2008. I magazzini,  i
depositi e i  siti  di  stoccaggio  nei  quali  vengono  custoditi  i
medesimi materiali e rifiuti sono soggetti alle autorizzazioni ed  ai
nulla osta previsti dal medesimo decreto interministeriale  ((con  lo
stesso  decreto  interministeriale  sono  determinati  i  criteri  di
individuazione delle concentrazioni soglia di contaminazione  di  cui
all'Allegato 5 alla parte quarta del Presente decreto, applicabili ai
siti appartenenti al Demanio Militare e alle aree  ad  uso  esclusivo
alle  Forze  Armate,  tenuto  conto  delle  attivita'  effettivamente
condotte nei siti stessi o nelle diverse porzioni di essi)). 
 5-ter. La declassificazione da  rifiuto  pericoloso  a  rifiuto  non
pericoloso non puo' essere ottenuta attraverso una diluizione  o  una
miscelazione  del  rifiuto   che   comporti   una   riduzione   delle
concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto  le  soglie  che
definiscono il carattere pericoloso del rifiuto. 
   5-quater. L'obbligo di etichettatura dei rifiuti pericolosi di cui
all'articolo 193 e l'obbligo di tenuta dei registri di  cui  all'art.
190 non si applicano alle frazioni  separate  di  rifiuti  pericolosi
prodotti da nuclei domestici  fino  a  che  siano  accettate  per  la
raccolta, lo smaltimento o il recupero da un ente  o  un'impresa  che
abbiano ottenuto l'autorizzazione o siano registrate  in  conformita'
agli articoli 208, 212, 214 e 216. 
                          Articolo 184-bis
                         (( (Sottoprodotto)

    1. E' un sottoprodotto e non un rifiuto  ai  sensi  dell'articolo
183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che  soddisfa
tutte le seguenti condizioni:
      a) la sostanza o l'oggetto  e'  originato  da  un  processo  di
produzione, di cui costituisce  parte  integrante,  e  il  cui  scopo
primario non e' la produzione di tale sostanza od oggetto;
      b) e' certo che la sostanza o l'oggetto sara'  utilizzato,  nel
corso dello stesso o di un successivo processo  di  produzione  o  di
utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
      c) la sostanza o l'oggetto puo'  essere utilizzato direttamente
senza alcun  ulteriore  trattamento  diverso  dalla  normale  pratica
industriale;
      d) l'ulteriore   utilizzo  e'   legale,  ossia  la  sostanza  o
l'oggetto  soddisfa,  per l'utilizzo  specifico,  tutti  i  requisiti
pertinenti  riguardanti  i  prodotti  e  la protezione della salute e
dell'ambiente   e   non  portera'  a  impatti  complessivi   negativi
sull'ambiente o la salute umana.
    2. Sulla base delle  condizioni  previste  al  comma  1,  possono
essere  adottate  misure  per   stabilire   criteri   qualitativi   o
quantitativi da soddisfare affinche' specifiche tipologie di sostanze
o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All'adozione
di tali criteri si provvede con  uno  o  piu'  decreti  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio  e  del  mare,  ai  sensi
dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto  1988,  n.  400,  in
conformita' a quanto previsto dalla disciplina comunitaria.))
                          Articolo 184-ter
             (( (Cessazione della qualifica di rifiuto)

    1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando e' stato sottoposto  a
un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e  la  preparazione
per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici,  da  adottare  nel
rispetto delle seguenti condizioni:
      a) la sostanza o l'oggetto e' comunemente utilizzato per  scopi
specifici;
      b) esiste  un  mercato  o  una  domanda  per  tale  sostanza od
oggetto;
      c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli
scopi specifici e rispetta la  normativa  e  gli  standard  esistenti
applicabili ai prodotti;
      d) l'utilizzo  della  sostanza  o  dell'oggetto non portera'  a
impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.
    2. L'operazione di recupero  puo'  consistere  semplicemente  nel
controllare  i  rifiuti  per  verificare  se  soddisfano  i   criteri
elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al
comma 1  sono  adottati  in  conformita'  a  quanto  stabilito  dalla
disciplina comunitaria ovvero, in  mancanza  di  criteri  comunitari,
caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto  attraverso  uno  o
piu' decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto
1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori  limite  per
le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i  possibili  effetti
negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto.
    3. Nelle more dell'adozione di uno o piu' decreti di cui al comma
2, continuano ad applicarsi le disposizioni di  cui  ai  decreti  del
Ministro dell'ambiente e  della  tutela  del  territorio  in  data  5
febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n.  269  e
l'art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6  novembre  2008,  n.
172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008,  n.
210. La circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n
3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall'entrata  in  vigore  della
presente disposizione.
    4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti
del presente articolo e'  da  computarsi  ai  fini  del  calcolo  del
raggiungimento degli obiettivi di recupero  e  riciclaggio  stabiliti
dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n  209,
dal decreto legislativo  25  luglio  2005,  n.  151,  e  dal  decreto
legislativo  120  novembre  2008,  n.  188,  ovvero  dagli  atti   di
recepimento  di  ulteriori  normative  comunitarie,   qualora   e   a
condizione  che  siano  soddisfatti  i  requisiti   in   materia   di
riciclaggio o recupero in essi stabiliti.
    5. La disciplina in materia di gestione dei  rifiuti  si  applica
fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.))
                            Articolo 185 
              (Esclusioni dall'ambito di applicazione) 
 
  1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte  quarta  del
presente decreto: 
    a)  le  emissioni  costituite   da   effluenti   gassosi   emessi
nell'atmosfera e il biossido di carbonio catturato e  trasportato  ai
fini dello stoccaggio geologico e stoccato in  formazioni  geologiche
prive di scambio di fluidi con altre formazioni a norma  del  decreto
legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in  materia  di
stoccaggio geologico di biossido di carbonio; 
    b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato
e gli edifici collegati permanentemente al  terreno,  fermo  restando
quanto previsto dagli artt. 239 e ss. relativamente alla bonifica  di
siti contaminati; ((58)) 
    c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale
escavato nel corso di attivita' di costruzione,  ove  sia  certo  che
esso verra' riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale  e
nello stesso sito in cui e' stato escavato; ((58)) 
    d) i rifiuti radioattivi; 
    e) i materiali esplosivi in disuso; 
    f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b),
paglia,  sfalci  e  potature,  nonche'  altro  materiale  agricolo  o
forestale naturale non pericoloso utilizzati  in  agricoltura,  nella
selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante
processi o metodi che  non  danneggiano  l'ambiente  ne'  mettono  in
pericolo la salute umana. 
  2. Sono esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta  del
presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni  normative
comunitarie,  ivi  incluse   le   rispettive   norme   nazionali   di
recepimento: 
    a) le acque di scarico; 
    b) i  sottoprodotti  di  origine  animale,  compresi  i  prodotti
trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n.  1774/2002,  eccetto
quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in  discarica  o
all'utilizzo  in  un  impianto  di  produzione   di   biogas   o   di
compostaggio; 
    c)  le  carcasse  di  animali  morti  per  cause  diverse   dalla
macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie,
e smaltite in conformita' del regolamento (CE) n. 1774/2002; 
    d) i rifiuti risultanti dalla prospezione,  dall'estrazione,  dal
trattamento, dall'ammasso di risorse minerali  o  dallo  sfruttamento
delle cave, di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117; 
  3. Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle  normative  comunitarie
specifiche, sono esclusi  dall'ambito  di  applicazione  della  Parte
Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all'interno di acque
superficiali ai fini della gestione delle acque e dei corsi d'acqua o
della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli  effetti  di
inondazioni o siccita' o ripristino dei suoli se  e'  provato  che  i
sedimenti non sono pericolosi ai sensi  della  decisione  2000/532/CE
della Commissione del 3 maggio 2000, e successive modificazioni. 
  4. Il suolo escavato non contaminato e altro materiale  allo  stato
naturale, utilizzati in siti diversi da  quelli  in  cui  sono  stati
escavati,  devono  essere  valutati  ai  sensi,  nell'ordine,   degli
articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter. ((58)) 
 
------------- 
AGGIORNAMENTO (58) 
  Il D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla
L. 24 marzo 2012, n. 28 ha disposto  (con  l'art.  3,  comma  1)  che
"Ferma restando la  disciplina  in  materia  di  bonifica  dei  suoli
contaminati, i riferimenti al  "suolo"  contenuti  all'articolo  185,
commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152, si interpretano come riferiti anche alle matrici materiali di
riporto di cui all'allegato 2 alla  parte  IV  del  medesimo  decreto
legislativo". 
                              Art. 186 
                       Terre e rocce da scavo 
 
  1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185, le terre e  rocce
da scavo, anche di gallerie, ottenute  quali  sottoprodotti,  possono
essere  utilizzate  per  reinterri,  riempimenti,  rimodellazioni   e
rilevati purche': a)  siano  impiegate  direttamente  nell'ambito  di
opere o interventi preventivamente individuati  e  definiti;  b)  sin
dalla fase della produzione vi sia certezza dell'integrale  utilizzo;
c) l'utilizzo  integrale  della  parte  destinata  a  riutilizzo  sia
tecnicamente possibile senza necessita' di preventivo  trattamento  o
di trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici
e di qualita' ambientale idonei a garantire che il loro  impiego  non
dia luogo ad emissioni e, piu' in  generale,  ad  impatti  ambientali
qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente
consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate  ad  essere
utilizzate; d) sia garantito un elevato livello di tutela ambientale;
e) sia accertato che non provengono da siti contaminati o  sottoposti
ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V  della  parte  quarta
del  presente  decreto;  f)  le  loro  caratteristiche   chimiche   e
chimico-fisiche siano tali che il loro impiego nel sito prescelto non
determini rischi per la  salute  e  per  la  qualita'  delle  matrici
ambientali interessate ed avvenga nel rispetto delle norme di  tutela
delle acque superficiali e sotterranee,  della  flora,  della  fauna,
degli habitat e delle aree naturali  protette.  In  particolare  deve
essere dimostrato che il materiale da utilizzare non  e'  contaminato
con riferimento alla destinazione  d'uso  del  medesimo,  nonche'  la
compatibilita' di detto materiale con il sito di destinazione; g)  la
certezza del loro integrale utilizzo  sia  dimostrata.  L'impiego  di
terre da  scavo  nei  processi  industriali  come  sottoprodotti,  in
sostituzione dei materiali di cava, e' consentito nel rispetto  delle
condizioni fissate all'articolo 183, comma 1, lettera p). 
  2. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga  nell'ambito
della realizzazione di opere o attivita' sottoposte a valutazione  di
impatto ambientale  o  ad  autorizzazione  ambientale  integrata,  la
sussistenza dei  requisiti  di  cui  al  comma  1,  nonche'  i  tempi
dell'eventuale deposito  in  attesa  di  utilizzo,  che  non  possono
superare di norma un anno, devono risultare da un  apposito  progetto
che e' approvato dall'autorita' titolare del  relativo  procedimento.
Nel caso in cui progetti prevedano il riutilizzo delle terre e  rocce
da scavo nel  medesimo  progetto,  i  tempi  dell'eventuale  deposito
possono essere quelli della realizzazione  del  progetto  purche'  in
ogni caso non superino i tre anni. 
  3. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga  nell'ambito
della realizzazione di opere o attivita' diverse da quelle di cui  al
comma 2 e soggette a permesso di costruire o  a  denuncia  di  inizio
attivita', la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonche'  i
tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non  possono
superare un anno, devono essere dimostrati e  verificati  nell'ambito
della procedura per il permesso di costruire, se dovuto, o secondo le
modalita' della dichiarazione di inizio di attivita' (DIA). 
  4. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, ove la
produzione di terre e rocce da scavo  avvenga  nel  corso  di  lavori
pubblici non soggetti ne'  a  VIA  ne'  a  permesso  di  costruire  o
denuncia di inizio di attivita', la sussistenza dei requisiti di  cui
al comma 1, nonche' i tempi  dell'eventuale  deposito  in  attesa  di
utilizzo, che non possono  superare  un  anno,  devono  risultare  da
idoneo allegato al progetto dell'opera, sottoscritto dal progettista. 
  5. Le terre e rocce da scavo, qualora non utilizzate  nel  rispetto
delle condizioni di cui al presente articolo,  sono  sottoposte  alle
disposizioni in materia di rifiuti  di  cui  alla  parte  quarta  del
presente decreto. 
  6. La caratterizzazione dei siti contaminati e di quelli sottoposti
ad interventi di  bonifica  viene  effettuata  secondo  le  modalita'
previste  dal  Titolo  V,  Parte   quarta   del   presente   decreto.
L'accertamento che le terre e rocce  da  scavo  di  cui  al  presente
decreto non provengano da tali siti e' svolto  a  cura  e  spese  del
produttore e accertato dalle autorita' competenti  nell'ambito  delle
procedure previste dai commi 2, 3 e 4. 
  7. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, per  i
progetti di utilizzo gia' autorizzati e  in  corso  di  realizzazione
prima  dell'entrata  in  vigore  della  presente  disposizione,   gli
interessati possono procedere  al  loro  completamento,  comunicando,
entro novanta giorni, alle  autorita'  competenti,  il  rispetto  dei
requisiti prescritti, nonche' le necessarie informazioni sul sito  di
destinazione, sulle condizioni e sulle modalita' di utilizzo, nonche'
sugli eventuali tempi del deposito in  attesa  di  utilizzo  che  non
possono essere superiori ad  un  anno.  L'autorita'  competente  puo'
disporre indicazioni  o  prescrizioni  entro  i  successivi  sessanta
giorni senza che cio' comporti necessita' di  ripetere  procedure  di
VIA, o di AIA o di permesso di costruire o di DIA. 
  7-bis. Le terre e le rocce da scavo, qualora ne siano accertate  le
caratteristiche ambientali, possono essere utilizzate per  interventi
di miglioramento ambientale e  di  siti  anche  non  degradati.  Tali
interventi devono garantire, nella  loro  realizzazione  finale,  una
delle seguenti condizioni: 
    a) un miglioramento della  qualita'  della  copertura  arborea  o
della funzionalita' per attivita' agro-silvo-pastorali; 
    b) un miglioramento delle condizioni  idrologiche  rispetto  alla
tenuta dei versanti e alla  raccolta  e  regimentazione  delle  acque
piovane; 
    c) un miglioramento della percezione paesaggistica. 
  7-ter. Ai fini dell'applicazione del presente articolo,  i  residui
provenienti dall'estrazione di marmi e pietre  sono  equiparati  alla
disciplina dettata per le terre  e  rocce  da  scavo.  Sono  altresi'
equiparati i residui delle attivita' di lavorazione di pietre e marmi
che presentano le caratteristiche di cui all'articolo  184-bis.  Tali
residui,  quando  siano  sottoposti  a  un'operazione   di   recupero
ambientale, devono soddisfare  i  requisiti  tecnici  per  gli  scopi
specifici e  rispettare  i  valori  limite,  per  eventuali  sostanze
inquinanti presenti, previsti  nell'Allegato  5  alla  parte  IV  del
presente decreto, tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi
sull'ambiente derivanti dall'utilizzo della sostanza o dell'oggetto. 
                                                          (41) ((56)) 
 
------------- 
AGGIORNAMENTO (41) 
  Il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 ha disposto (con l'art. 39, comma
4) che "Dalla data di entrata in vigore del decreto  ministeriale  di
cui all'articolo 184-bis, comma 2, e' abrogato l'articolo 186". 
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AGGIORNAMENTO (56) 
  Il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205,  come  modificato  dal  D.L.  24
gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla  L.  24  marzo
2012, n. 27, ha disposto (con l'art. 39, comma 4) che "Dalla data  di
entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all'articolo 49 del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, e' abrogato l'articolo 186". 
                            Articolo 187
         (( (Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi)

    1. E' vietato  miscelare  rifiuti  pericolosi  aventi  differenti
caratteristiche  di  pericolosita'  ovvero  rifiuti  pericolosi   con
rifiuti non pericolosi. La miscelazione comprende  la  diluizione  di
sostanze pericolose.
    2. In deroga al comma 1, la miscelazione dei  rifiuti  pericolosi
che non presentino la stessa  caratteristica  di  pericolosita',  tra
loro  o  con  altri  rifiuti,  sostanze  o  materiali,  puo'   essere
autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 a condizione che:
      a) siano  rispettate  le  condizioni  di  cui all'articolo 177,
comma 4, e l'impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute
umana e sull'ambiente non risulti accresciuto;
      b) l'operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o  da
un'impresa che ha ottenuto un'autorizzazione ai sensi degli  articoli
208, 209 e 211;
      c)  l'operazione di miscelazione  sia  conforme  alle  migliori
tecniche disponibili di cui all'articoli 183, comma 1, lettera nn).
    3. Fatta salva l'applicazione delle  sanzioni  specifiche  ed  in
particolare di quelle di cui  all'articolo  256,  comma  5,  chiunque
viola il divieto di cui al comma 1 e' tenuto a  procedere  a  proprie
spese  alla  separazione   dei   rifiuti   miscelati,   qualora   sia
tecnicamente ed economicamente possibile e  nel  rispetto  di  quanto
previsto dall'articolo 177, comma 4.))
                            Articolo 188
           (( (Responsabilita' della gestione dei rifiuti)

    1. Il produttore iniziale o altro detentore di rifiuti provvedono
direttamente  al  loro  trattamento,  oppure  li  consegnano  ad   un
intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che  effettua
le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o
privato addetto  alla  raccolta  dei  rifiuti,  in  conformita'  agli
articoli 177 e 179. Fatto salvo quanto previsto ai  successivi  commi
del presente articolo,  il  produttore  iniziale  o  altro  detentore
conserva la  responsabilita'  per  l'intera  catena  di  trattamento,
restando inteso che qualora il produttore  iniziale  o  il  detentore
trasferisca i rifiuti  per  il  trattamento  preliminare  a  uno  dei
soggetti consegnatari di cui al presente comma, tale responsabilita',
di regola, comunque sussiste.
    2. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito
e di quanto previsto  dal  golamento  (CE)  n.1013/2006,  qualora  il
produttore iniziale, il produttore e il detentore siano  iscritti  ed
abbiano adempiuto  agli  obblighi  del  sistema  di  controllo  della
tracciabilita' dei rifiuti  (SISTRI)  di  cui  all'articolo  188-bis,
comma 2, lett. a), la responsabilita' di ciascuno di tali soggetti e'
limitata alla rispettiva sfera di competenza stabilita  dal  predetto
sistema.
    3. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito
e  di  quanto  previsto  dal   regolamento   (CE)   n.1013/2006,   la
responsabilita' dei soggetti non iscritti  al  sistema  di  controllo
della  tracciabilita'  dei  rifiuti  (SISTRI)  di  cui   all'articolo
188-bis, comma 2, lett. a), che, ai sensi  dell'art.  212,  comma  8,
raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi e' esclusa:
     a) a seguito del conferimento di rifiuti al servizio pubblico di
raccolta previa convenzione;
     b) a seguito del conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati
alle attivita' di recupero o di  smaltimento,  a  condizione  che  il
produttore sia in possesso del formulario  di  cui  all'articolo  193
controfirmato e datato in arrivo  dal  destinatario  entro  tre  mesi
dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero  alla
scadenza del predetto termine abbia provveduto a  dare  comunicazione
alla  provincia  della  mancata  ricezione  del  formulario.  Per  le
spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine e' elevato a  sei
mesi e la comunicazione e' effettuata alla regione.
    4. Gli enti o le  imprese  che  provvedono  alla  raccolta  o  al
trasporto dei rifiuti a titolo professionale, conferiscono i  rifiuti
raccolti e trasportati agli impianti autorizzati  alla  gestione  dei
rifiuti ai sensi degli articoli 208, 209, 211, 213, 214 e 216  e  nel
rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 177, comma 4.
    5.  I  costi  della  gestione  dei  rifiuti  sono  sostenuti  dal
produttore iniziale dei rifiuti, dai  detentori  del  momento  o  dai
detentori precedenti dei rifiuti.))
                                                               ((41))

-------------
AGGIORNAMENTO (41)
  Il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 ha disposto (con l'art. 16, comma
2)  che  "Le  disposizioni  del presente articolo entrano in vigore a
decorrere  dal  giorno  successivo  alla  scadenza del termine di cui
all'articolo  12,  comma  2  del decreto del Ministro dell'ambiente e
della  tutela  del  territorio  e  del mare in data 17 dicembre 2009,
pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010,
e successive modificazioni".
                          Articolo 188-bis 
           (( (Controllo della tracciabilita' dei rifiuti) 
 
    1. In attuazione di quanto stabilito all'articolo 177,  comma  4,
la tracciabilita'  dei  rifiuti  deve  essere  garantita  dalla  loro
produzione sino alla loro destinazione finale. 
    2. A tale fine, la gestione dei rifiuti deve avvenire: 
     a) nel rispetto degli obblighi istituiti attraverso  il  sistema
di  controllo  della  tracciabilita'  dei  rifiuti  (SISTRI)  di  cui
all'articolo  14-bis  del  decreto-legge  1°   luglio   2009,   n.78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n.  102,  e
al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e 
del mare in data 17 dicembre 2009; oppure 
     b) nel rispetto degli obblighi relativi alla tenuta dei registri
di carico e scarico nonche' del formulario di identificazione di  cui
agli articoli 190 e 193. 
    3. Il  soggetto  che  aderisce  al  sistema  di  controllo  della
tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a),  non
e' tenuto  ad  adempiere  agli  obblighi  relativi  alla  tenuta  dei
registri di carico e scarico di cui  all'articolo  190,  nonche'  dei
formulari di identificazione dei rifiuti  di  cui  all'articolo  193.
Durante il trasporto effettuato da enti  o  imprese  i  rifiuti  sono
accompagnati dalla copia cartacea della scheda di movimentazione  del
sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui
al comma 2,  lett.  a).  Il  registro  cronologico  e  le  schede  di
movimentazione del predetto sistema di controllo della tracciabilita'
dei rifiuti (SISTRI) sono resi disponibili all'autorita' di controllo
in qualsiasi momento ne faccia richiesta e sono conservate in formato
elettronico da parte del soggetto obbligato per almeno tre anni dalla
rispettiva data di registrazione o di movimentazione dei rifiuti,  ad
eccezione dei quelli relativi  alle  operazioni  di  smaltimento  dei
rifiuti  in  discarica,  che  devono  essere   conservati   a   tempo
indeterminato ed al termine dell'attivita' devono  essere  consegnati
all'autorita' che ha rilasciato l'autorizzazione. Per gli impianti di
discarica, fermo restando quanto disposto dal decreto legislativo  13
gennaio 2003, n. 36, il registro cronologico deve  essere  conservato
fino  al  termine  della  fase  di  gestione  post  operativa   della
discarica. 
    4. Il soggetto che non aderisce al  sistema  di  controllo  della
tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a), deve
adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e
scarico  di  cui  all'articolo  190,   nonche'   dei   formulari   di
identificazione dei  rifiuti  nella  misura  stabilita  dall'articolo
193.)) 
                               ((41)) 
 
    
-------------

    
AGGIORNAMENTO (41) 
  Il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 ha disposto (con l'art. 16, comma
2) che "Le disposizioni del presente articolo  entrano  in  vigore  a
decorrere dal giorno successivo alla  scadenza  del  termine  di  cui
all'articolo 12, comma 2 del decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare  in  data  17  dicembre  2009,
pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010,
e successive modificazioni". 
  Ha inoltre disposto (con l'art. 39, comma 1) che "Le  sanzioni  del
presente   decreto   relative   al   sistema   di   controllo   della
tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui all'art. 188-bis, comma 2,
lett. a), si applicano a partire dal giorno successivo alla  scadenza
del termine di cui all'articolo 12, comma 2, del decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare  in  data  17
dicembre 2009 e successive modificazioni". 
                          Articolo 188-ter 
(( (Sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) ) 
 
    1.  Sono  tenuti  ad  aderire  al  sistema  di  controllo   della
tracciabilita' dei rifiuti  (SISTRI)  di  cui  all´articolo  188-bis,
comma 2, lett. a): 
     a)  gli  enti  e  le  imprese  produttori  di  rifiuti  speciali
pericolosi - ivi compresi quelli di cui all'articolo 212, comma 8; 
     b) le imprese e gli enti  produttori  di  rifiuti  speciali  non
pericolosi, di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) con
piu'  di  dieci  dipendenti,  nonche'  le  imprese  e  gli  enti  che
effettuano operazioni di smaltimento o  recupero  di  rifiuti  e  che
producano per effetto  di  tale  attivita'  rifiuti  non  pericolosi,
indipendentemente dal numero di dipendenti; 
     c) i commercianti e gli intermediari di rifiuti; 
     d) i consorzi istituiti per il  recupero  o  il  riciclaggio  di
particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di  tali
rifiuti per conto dei consorziati; 
     e) le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero o
smaltimento di rifiuti; 
     f) gli enti e le imprese che raccolgono  o  trasportano  rifiuti
speciali a  titolo  professionale.  Nel  caso  di  trasporto  navale,
l'armatore o  il  noleggiatore  che  effettuano  il  trasporto  o  il
raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile  1977,  n.  135,
delegato per gli  adempimenti  relativi  al  SISTRI  dall'armatore  o
noleggiatore medesimi; 
     g) in caso di trasporto intermodale, i soggetti  ai  quali  sono
affidati i rifiuti speciali in attesa della  presa  in  carico  degli
stessi da parte dell'impresa navale o ferroviaria o dell'impresa  che
effettua il successivo trasporto. 
    2. Possono aderire al sistema di controllo  della  tracciabilita'
dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett.  a),
su base volontaria: 
     a) le imprese e gli enti  produttori  di  rifiuti  speciali  non
pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g)  che
non hanno piu' di dieci dipendenti; 
     b) gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano  i  propri
rifiuti speciali non pericolosi di cui all'articolo 212, comma 8; 
     c) gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice
civile che producono rifiuti speciali non pericolosi; 
     d) le imprese e gli enti  produttori  di  rifiuti  speciali  non
pericolosi  derivanti  da  attivita'  diverse  da   quelle   di   cui
all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g); 
     e) i comuni, i centri di raccolta e le  imprese  di  raccolta  e
trasporto dei rifiuti urbani nel territorio di regioni diverse  dalla
regione Campania. 
    3. Ai fini del presente articolo  il  numero  dei  dipendenti  e'
calcolato  con  riferimento  al   numero   delle   persone   occupate
nell'unita' locale dell'ente o  dell'impresa  con  una  posizione  di
lavoro indipendente o dipendente (a tempo pieno,  a  tempo  parziale,
con contratto di apprendistato o contratto di inserimento), anche  se
temporaneamente assenti (per servizio, ferie,  malattia,  sospensione
dal lavoro, cassa  integrazione  guadagni,  eccetera).  I  lavoratori
stagionali sono considerati come frazioni di unita' lavorative  annue
con riferimento alle giornate effettivamente retribuite. 
    4.  Sono  tenuti  ad  aderire  al  sistema  di  controllo   della
tracciabilita' dei rifiuti  (SISTRI)  di  cui  all´articolo  188-bis,
comma 2, lett. a), i comuni e le imprese  di  trasporto  dei  rifiuti
urbani del territorio della regione Campania. 
    5. Con uno o piu' decreti  del  Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare, di concerto con il  Ministro  delle
infrastrutture e dei  trasporti,  puo'  essere  esteso  l'obbligo  di
iscrizione al sistema di controllo della tracciabilita'  dei  rifiuti
(SISTRI) di  cui  all´articolo  188-bis,  comma  2,  lett.  a),  alle
categorie di soggetti di cui al comma  2  ai  produttori  di  rifiuti
speciali pericolosi che non sono inquadrati in  un'organizzazione  di
ente o di impresa, nonche' ai soggetti di  cui  al  decreto  previsto
dall'articolo 6, comma 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 2005,
n. 151, recante modalita' semplificate di  gestione  dei  rifiuti  di
apparecchiature  elettriche  ed  elettroniche  (RAEE)  da  parte  dei
distributori e degli installatori di  apparecchiature  elettriche  ed
elettroniche (AEE), nonche' dei  gestori  dei  centri  di  assistenza
tecnica di tali apparecchiature. 
    6. Con uno o piu' decreti  del  Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare, di concerto con il  Ministro  delle
infrastrutture e dei trasporti, entro tre mesi dalla data di  entrata
in vigore della presente disposizione, sono stabiliti,  nel  rispetto
delle norme comunitarie, i criteri e le condizioni per l'applicazione
del sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di
cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle procedure  relative
alle spedizioni di rifiuti di cui al regolamento 8CE) n. 1013/2006, e
successive modificazioni, ivi compresa l'adozione di  un  sistema  di
interscambio di dati previsto  dall'articolo  26,  parafrafo  4,  del
predetto regolamento. Nelle more dell'adozione dei predetti  decreti,
sono fatti salvi gli obblighi  stabiliti  dal  decreto  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare  in  data  17
dicembre  2009,  relativi  alla  tratta  del   territorio   nazionale
interessata dal trasporto transfrontaliero. 
    7. Con uno o piu' regolamenti, ai sensi dell'articolo  17,  comma
2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e'
effettuata la ricognizione delle disposizioni, ivi incluse quelle del
presente decreto, le quali, a decorrere  dalla  data  di  entrata  in
vigore dei predetti decreti ministeriali, sono abrogate. 
    8. In relazione alle esigenze  organizzative  e  operative  delle
Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco, connesse, rispettivamente, alla difesa  e  alla  sicurezza
militare dello Stato,  alla  tutela  dell'ordine  e  della  sicurezza
pubblica, al soccorso pubblico e alla difesa civile, le  procedure  e
le  modalita'  con  le  quali   il   sistema   di   controllo   della
tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) si  applica  alle  corrispondenti
Amministrazioni centrali sono individuate con  decreto  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro
dell'economia e delle finanze e, per quanto di rispettiva competenza,
del Ministro della difesa e del Ministro  dell'interno,  da  adottare
entro 120 giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  della  presente
disposizione. 
    9. Con decreto del Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e  del  mare  potranno   essere   individuate   modalita'
semplificate per l'iscrizione dei produttori di rifiuti pericolosi al
sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui
all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a). 
    10. Nel caso di produzione accidentale di rifiuti  pericolosi  il
produttore e' tenuto a procedere alla richiesta di adesione al SISTRI
entro tre giorni lavorativi dall'accertamento della pericolosita' dei
rifiuti.)) 
                               ((41)) 
 
    
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AGGIORNAMENTO (41) 
  Il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 ha disposto (con l'art. 16, comma
2) che "Le disposizioni del presente articolo  entrano  in  vigore  a
decorrere dal giorno successivo alla  scadenza  del  termine  di  cui
all'articolo 12, comma 2 del decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare  in  data  17  dicembre  2009,
pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010,
e successive modificazioni". 
                            Articolo 189
                      (( (Catasto dei rifiuti)

    1.  Il  catasto  dei  rifiuti,  istituito  dall'articolo  3   del
decreto-legge   9   settembre   1988,   n.   397,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e' articolato  in
una  Sezione  nazionale,  che  ha  sede  in  Roma  presso  l'Istituto
superiore per la protezione e la ricerca  ambientale  (ISPRA),  e  in
Sezioni regionali o delle province autonome di Trento  e  di  Bolzano
presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle province  autonome
per la protezione dell'ambiente.
    2.  Il  Catasto  assicura  un  quadro  conoscitivo   completo   e
costantemente aggiornato dei dati acquisiti  tramite  il  sistema  di
controllo  della  tracciabilita'  dei   rifiuti   (SISTRI)   di   cui
all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e delle informazioni di  cui
al comma 3, anche ai fini della  pianificazione  delle  attivita'  di
gestione dei rifiuti.
    3. I comuni o loro consorzi e  le  comunita'  montane  comunicano
annualmente  alle  Camere  di  commercio,  industria,  artigianato  e
agricoltura, secondo le modalita' previste  dalla  legge  25  gennaio
1994 n. 70, le seguenti informazioni relative all'anno precedente:
     a)  la  quantita'  dei  rifiuti  urbani  raccolti  nel   proprio
territorio;
     b)  la  quantita'  dei  rifiuti  speciali  raccolti nel  proprio
territorio a seguito di apposita convenzione con soggetti pubblici  o
privati;
     c) i soggetti che hanno provveduto  alla gestione  dei  rifiuti,
specificando le operazioni svolte, le tipologie e  la  quantita'  dei
rifiuti gestiti da ciascuno;
     d) i costi di gestione e di ammortamento  tecnico  e finanziario
degli investimenti per le attivita' di gestione dei rifiuti,  nonche'
i proventi della tariffa  di  cui  all'articolo  238  ed  i proventi
provenienti dai consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti;
     e) i dati relativi alla raccolta differenziata;
     f) le quantita' raccolte, suddivise per materiali, in attuazione
degli accordi con i consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti.
    4. Le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano  ai  comuni
della regione Campania, tenuti ad aderire  al  sistema  di  controllo
della  tracciabilita'  dei  rifiuti  (SISTRI)  di  cui   all'articolo
188-bis, comma 2, lett. a).  Le  informazioni  di  cui  al  comma  3,
lettera  d),  sono  trasmesse  all'ISPRA,  tramite   interconnessione
diretta tra il Catasto dei rifiuti e il sistema di tracciabilita' dei
rifiuti nella regione Campania di cui all'articolo  2,  comma  2-bis,
del  decreto-legge  6  novembre  2008,  n.   172,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 30  dicembre  2008,  n.  210  (SITRA).  Le
attivita' di cui al presente  comma  sono  svolte  nei  limiti  delle
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili  a  legislazione
vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
    5. Le disposizioni di cui al comma  3,  fatta  eccezione  per  le
informazioni di cui alla lettera d), non  si  applicano  altresi'  ai
comuni di cui all´articolo 188-ter, comma 2, lett. e) che  aderiscono
al sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI)  di
cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a).
    6. Le sezioni regionali  e  provinciali  del  Catasto  provvedono
all'elaborazione dei dati di cui al comma 188-ter, commi 1  e  2,  ed
alla successiva trasmissione, entro  trenta  giorni  dal  ricevimento
degli stessi, alla Sezione  nazionale  che  provvede,  a  sua  volta,
all'invio alle amministrazioni regionali e provinciali competenti  in
materia rifiuti. L'Istituto superiore per la protezione e la  ricerca
ambientale (ISPRA) elabora  annualmente  i  dati  e  ne  assicura  la
pubblicita'.   Le   Amministrazioni   interessate   provvedono   agli
adempimenti  di  cui  al  presente  comma  con  le   risorse   umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione  vigente,  senza
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
    7. Per le comunicazioni relative ai  rifiuti  di  imballaggio  si
applica quanto previsto dall'articolo 220, comma 2.))
                                                               ((41))

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AGGIORNAMENTO (41)
  Il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 ha disposto (con l'art. 16, comma
2)  che  "Le  disposizioni  del presente articolo entrano in vigore a
decorrere  dal  giorno  successivo  alla  scadenza del termine di cui
all'articolo  12,  comma  2  del decreto del Ministro dell'ambiente e
della  tutela  del  territorio  e  del mare in data 17 dicembre 2009,
pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010,
e successive modificazioni".
                            Articolo 190 
                   (Registri di carico e scarico) 
 
    1. ((Fatto salvo quanto stabilito al comma 1-bis,)) I soggetti di
cui all'articolo 188-ter, comma 2, lett.  a)  e  b),  che  non  hanno
aderito su base volontaria al sistema di tracciabilita'  dei  rifiuti
(SISTRI) di cui  all'articolo  188-bis,  comma  2,  lett.  a),  hanno
l'obbligo di tenere un registro di carico e  scarico  su  cui  devono
annotare  le  informazioni  sulle   caratteristiche   qualitative   e
quantitative dei rifiuti. Le  annotazioni  devono  essere  effettuate
almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del  rifiuto  e
dallo scarico del medesimo. 
  ((1-bis. Sono esclusi dall'obbligo di  tenuta  di  un  registro  di
carico e scarico gli imprenditori agricoli di cui  all'articolo  2135
del codice civile che  raccolgono  e  trasportano  i  propri  rifiuti
speciali non pericolosi di cui all'art.  212,  comma  8,  nonche'  le
imprese e gli enti che, ai sensi dell'art. 212, comma 8, raccolgono e
trasportano  i  propri  rifiuti  speciali  non  pericolosi   di   cui
all'articolo 184, comma 3, lettera b).)) 
    2. I registri  di  carico  e  scarico  sono  tenuti  presso  ogni
impianto di produzione o, nel caso in cui cio' risulti eccessivamente
oneroso, nel sito di produzione,  e  integrati  con  i  formulari  di
identificazione  di  cui  all'articolo  193,  comma  1,  relativi  al
trasporto dei rifiuti, o con la copia della  scheda  del  sistema  di
controllo  della  tracciabilita'  dei   rifiuti   (SISTRI)   di   cui
all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), trasmessa  dall'impianto  di
destinazione dei rifiuti stessi,  sono  conservati  per  cinque  anni
dalla data dell'ultima registrazione. 
    3. I soggetti di cui al comma  1,  la  cui  produzione  annua  di
rifiuti non eccede le dieci tonnellate  di  rifiuti  non  pericolosi,
possono adempiere all'obbligo della tenuta dei registri di  carico  e
scarico dei rifiuti anche  tramite  le  associazioni  imprenditoriali
interessate o societa' di servizi di diretta emanazione delle stesse,
che provvedono ad annotare  i  dati  previsti  con  cadenza  mensile,
mantenendo presso la sede dell'impresa copia dei dati trasmessi. 
    4. Le informazioni contenute nel registro  di  carico  e  scarico
sono rese disponibili in qualunque momento all'autorita' di controllo
qualora ne faccia richiesta. 
    5. I registri di carico  e  scarico  sono  numerati,  vidimati  e
gestiti con le procedure e le modalita' fissate dalla  normativa  sui
registri IVA. Gli obblighi  connessi  alla  tenuta  dei  registri  di
carico e scarico si intendono correttamente adempiuti  anche  qualora
sia utilizzata carta formato A4, regolarmente  numerata.  I  registri
sono numerati e vidimati dalle Camere di  commercio  territorialmente
competenti. 
    6. La disciplina di carattere nazionale relativa ai  registri  di
carico  e  scarico  e'  quella  di  cui  al  decreto   del   Ministro
dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 7. 
    7. Nell'Allegato C1, sezione III, lettera  c),  del  decreto  del
Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, dopo  le  parole:  "in
litri" la congiunzione: "e" e' sostituita dalla disgiunzione: "o". 
    8. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati  in
un'organizzazione di ente o impresa, sono soggetti all'obbligo  della
tenuta del registro di carico e scarico e vi adempiono attraverso  la
conservazione, in ordine cronologico, delle copie  delle  schede  del
sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui
all´articolo  188-bis,  comma  2,  lett.  a),  relative  ai   rifiuti
prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti stessi. 
    9. Le operazioni di  gestione  dei  centri  di  raccolta  di  cui
all'articolo 183, comma 1, lettera mm), sono escluse  dagli  obblighi
del presente articolo limitatamente ai rifiuti non pericolosi. Per  i
rifiuti pericolosi la registrazione del carico e dello  scarico  puo'
essere effettuata contestualmente al momento dell'uscita dei  rifiuti
stessi dal centro di raccolta e in  maniera  cumulativa  per  ciascun
codice dell'elenco dei rifiuti. 
                                                                 (41) 
 
------------- 
AGGIORNAMENTO (41) 
  Il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 ha disposto (con l'art. 16, comma
2) che "Le disposizioni del presente articolo  entrano  in  vigore  a
decorrere dal giorno successivo alla  scadenza  del  termine  di  cui
all'articolo 12, comma 2 del decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare  in  data  17  dicembre  2009,
pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010,
e successive modificazioni". 
                                Art. 191
          Ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi

  1.  Ferme  restando  le  disposizioni  vigenti in materia di tutela
ambientale,  sanitaria  e  di  pubblica  sicurezza,  con  particolare
riferimento   alle  disposizioni  sul  potere  di  ordinanza  di  cui
all'articolo  5  della legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del
servizio  nazionale  della  protezione civile, qualora si verifichino
situazioni  di  eccezionale  ed  urgente  necessita'  di tutela della
salute   pubblica   e   dell'ambiente,  e  non  si  possa  altrimenti
provvedere,  il  Presidente  della  Giunta  regionale o il Presidente
della provincia ovvero il Sindaco possono emettere, nell'ambito delle
rispettive   competenze,   ordinanze   contingibili  ed  urgenti  per
consentire  il  ricorso  temporaneo  a speciali forme di gestione dei
rifiuti,  anche  in  deroga  alle disposizioni vigenti, garantendo un
elevato  livello  di  tutela  della  salute  e  dell'ambiente.  Dette
ordinanze  sono  comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri,
al  ((Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio e del
mare)),  al  Ministro  della  salute,  al  Ministro  delle  attivita'
produttive,  al  Presidente della regione e all'autorita' d'ambito di
cui  all'articolo  201  entro  tre  giorni  dall'emissione  ed  hanno
efficacia per un periodo non superiore a sei mesi.
  2.  Entro centoventi giorni dall'adozione delle ordinanze di cui al
comma  1,  il Presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le
iniziative  necessarie  per  garantire  la raccolta differenziata, il
riutilizzo,  il  riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di
inutile decorso del termine e di accertata inattivita', il ((Ministro
dell'ambiente  e  della tutela del territorio e del mare ))diffida il
Presidente  della  Giunta  regionale  a  provvedere  entro un congruo
termine  e, in caso di protrazione dell'inerzia, puo' adottare in via
sostitutiva tutte le iniziative necessarie ai predetti fini.
  3.  Le  ordinanze  di  cui  al  comma  1 indicano le norme a cui si
intende  derogare  e  sono  adottate su parere degli organi tecnici o
tecnico-sanitari  locali,  che si esprimono con specifico riferimento
alle conseguenze ambientali.
  4.  Le  ordinanze di cui al comma 1 possono essere reiterate per un
periodo  non  superiore a 18 mesi per ogni speciale forma di gestione
dei  rifiuti.  Qualora ricorrano comprovate necessita', il Presidente
della regione d'intesa con il ((Ministro dell'ambiente e della tutela
del  territorio  e  del  mare))  puo'  adottare,  dettando specifiche
prescrizioni,  le  ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti
termini.
  5.  Le  ordinanze  di  cui  al  comma  1  che consentono il ricorso
temporaneo  a  speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi sono
comunicate dal ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare )) alla Commissione dell'Unione europea.
                              ART. 192
                       (divieto di abbandono)

   1.  L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e
nel suolo sono vietati.
   2.  a'  altresi'  vietata  l'immissione  di  rifiuti  di qualsiasi
genere,  allo  stato  solido  o  liquido,  nelle acque superficiali e
sotterranee.
   3.  Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli
255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 e' tenuto a
procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei
rifiuti  ed  al  ripristino  dello  stato dei luoghi in solido con il
proprietario  e  con  i  titolari  di  diritti  reali  o personali di
godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo
di   dolo   o   colpa,  in  base  agli  accertamenti  effettuati,  in
contraddittorio  con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al
controllo.  Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine
necessarie  ed  il  termine  entro  cui  provvedere, decorso il quale
procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero
delle somme anticipate.
   4. Qualora la responsabilita' del fatto illecito sia imputabile ad
amministratori  o  rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per
gli  effetti  del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica
ed  i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa,
secondo  le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231,
in   materia   di   responsabilita'   amministrativa   delle  persone
giuridiche, delle societa' e delle associazioni.
                            Articolo 193 
                       (Trasporto dei rifiuti) 
 
    1. Per gli enti e le  imprese  che  raccolgono  e  trasportano  i
propri rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 212, comma 8, e che
non aderiscono su base  volontaria  al  sistema  di  controllo  della
tracciabilita' dei rifiuti  (SISTRI)  di  cui  all´articolo  188-bis,
comma 2,  lett.  a)  i  rifiuti  devono  essere  accompagnati  da  un
formulario di identificazione dal quale  devono  risultare  almeno  i
seguenti dati: 
      a)  nome  ed  indirizzo  del  produttore  dei  rifiuti  e   del
detentore; 
      b) origine, tipologia e quantita' del rifiuto; 
      c) impianto di destinazione; 
      d) data e percorso dell'istradamento; 
      e) nome ed indirizzo del destinatario. 
    2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere
redatto  in  quattro  esemplari,  compilato,  datato  e  firmato  dal
produttore dei rifiuti e controfirmate dal trasportatore che  in  tal
modo da' atto di aver ricevuto i rifiuti. Una  copia  del  formulario
deve rimanere presso il produttore e le altre  tre,  controfirmate  e
datate  in  arrivo  dal  destinatario,   sono   acquisite   una   dal
destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una
al predetto produttore dei rifiuti. Le copie  del  formulario  devono
essere conservate per cinque anni. 
    3. Il trasportatore non e' responsabile per quanto indicato nella
Scheda  SISTRI  -   Area   movimentazione   o   nel   formulario   di
identificazione di cui al comma 1 dal produttore o dal detentore  dei
rifiuti e per le eventuali difformita' tra la descrizione dei rifiuti
e la loro effettiva natura e  consistenza,  fatta  eccezione  per  le
difformita' riscontrabili con la  diligenza  richiesta  dalla  natura
dell'incarico . 
    4. Durante la raccolta  ed  il  trasporto  i  rifiuti  pericolosi
devono essere imballati ed  etichettati  in  conformita'  alle  norme
vigenti in materia di  imballaggio  e  etichettatura  delle  sostanze
pericolose. 
    5. Fatto salvo quanto previsto per  i  comuni  e  le  imprese  di
trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della  regione  Campania,
tenuti ad aderire al sistema di controllo  della  tracciabilita'  dei
rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo  188-bis,  comma  2,  lett.  a),
nonche' per i comuni e le imprese di trasporto di rifiuti  urbani  in
regioni diverse dalla regione Campania di cui  all´articolo  188-ter,
comma 2, lett. e), che  aderiscono  al  sistema  di  controllo  della
tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI), le disposizioni di cui al  comma
1 non si applicano al trasporto  di  rifiuti  urbani  effettuato  dal
soggetto che gestisce il  servizio  pubblico,  ne'  ai  trasporti  di
rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti  stessi,
in modo occasionale e saltuario, che non  eccedano  la  quantita'  di
trenta chilogrammi o di trenta litri, ne'  al  trasporto  di  rifiuti
urbani effettuato dal produttore degli stessi ai centri  di  raccolta
di cui  all'articolo  183,  comma  1,  lett.  mm).  Sono  considerati
occasionali  e  saltuari   i   trasporti   di   rifiuti,   effettuati
complessivamente per non piu' di quattro volte l'anno non eccedenti i
trenta chilogrammi o trenta litri al  giorno  e,  comunque,  i  cento
chilogrammi o cento litri l'anno. 
    6. In ordine alla definizione del modello  e  dei  contenuti  del
formulario di identificazione, si applica  il  decreto  del  Ministro
dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145. 
    7. I  formulari  di  identificazione  devono  essere  numerati  e
vidimati dagli uffici dell'Agenzia delle entrate o  dalle  Camere  di
commercio,  industria,  artigianato  e  agricoltura  o  dagli  uffici
regionali e provinciali competenti in materia  di  rifiuti  e  devono
essere  annotati  sul  registro  Iva  acquisti.  La  vidimazione  dei
predetti formulari di identificazione e' gratuita e non  e'  soggetta
ad alcun diritto o imposizione tributaria. 
    8. Per le imprese che raccolgono e trasportano i  propri  rifiuti
non pericolosi che non aderiscono su base volontaria  al  sistema  di
controllo  della  tracciabilita'  dei   rifiuti   (SISTRI)   di   cui
all´articolo  188-bis,  comma  2,  lett.   a),   il   formulario   di
identificazione e' validamente sostituito, per i rifiuti  oggetto  di
spedizioni transfrontaliere, dai documenti previsti  dalla  normativa
comunitaria di cui all'articolo 194, anche con riguardo  alla  tratta
percorsa su territorio nazionale. 
    9. La scheda  di  accompagnamento  di  cui  all'articolo  13  del
decreto   legislativo   27   gennaio   1992,    n.    99,    relativa
all'utilizzazione  dei  fanghi  di  depurazione  in  agricoltura,  e'
sostituita dalla Scheda  SISTRI  -  Area  movimentazione  di  cui  al
decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e
del mare in  data  17  dicembre  2009  o,  per  le  imprese  che  non
aderiscono  su  base  volontaria  al  sistema  di   controllo   della
tracciabilita' dei rifiuti  (SISTRI)  di  cui  all´articolo  188-bis,
comma 2, lett. a), dal formulario di identificazione di cui al  comma
1. Le specifiche informazioni di cui all'allegato  IIIA  del  decreto
legislativo n. 99  del  1992  devono  essere  indicate  nello  spazio
relativo  alle  annotazioni  della  medesima  Scheda  SISTRI  -  Area
movimentazione o nel formulario di identificazione. La movimentazione
dei  rifiuti  esclusivamente  all'interno  di  aree  private  non  e'
considerata  trasporto  ai  fini  della  parte  quarta  del  presente
decreto. 
  9-bis. La movimentazione dei rifiuti tra  fondi  appartenenti  alla
medesima  azienda  agricola,  ancorche'  effettuata  percorrendo   la
pubblica via, non e'  considerata  trasporto  ai  fini  del  presente
decreto qualora risulti comprovato da elementi oggettivi  ed  univoci
che sia finalizzata unicamente al raggiungimento del luogo di messa a
dimora dei rifiuti in deposito temporaneo e la distanza fra  i  fondi
non sia superiore a dieci chilometri.  Non  e'  altresi'  considerata
trasporto la movimentazione dei rifiuti effettuata  dall'imprenditore
agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile dai propri  fondi
al sito che sia  nella  disponibilita'  giuridica  della  cooperativa
agricola ((, ivi compresi i  consorzi  agrari,))  di  cui  e'  socio,
qualora sia finalizzata al raggiungimento del deposito temporaneo. 
    10. La microraccolta dei rifiuti,  intesa  come  la  raccolta  di
rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso piu'
produttori o detentori svolta con lo stesso  automezzo,  deve  essere
effettuata nel piu' breve tempo tecnicamente possibile. Nelle  schede
del sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di
cui  all´articolo  188-bis,  comma  2,  lett.   a),   relative   alla
movimentazione dei rifiuti, e nei formulari  di  identificazione  dei
rifiuti devono essere indicate, nello spazio  relativo  al  percorso,
tutte le tappe intermedie previste.  Nel  caso  in  cui  il  percorso
dovesse  subire  delle  variazioni,  nello   spazio   relativo   alle
annotazioni deve essere indicato a cura del trasportatore il percorso
realmente effettuato. 
    11. Gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto,
nonche' le  soste  tecniche  per  le  operazioni  di  trasbordo,  ivi
compreso quelle effettuate con cassoni e dispositivi  scarrabili  non
rientrano nelle attivita' di  stoccaggio  di  cui  all'articolo  183,
comma 1, lettera v), purche' le stesse siano dettate da  esigenze  di
trasporto e non superino le quarantotto ore, escludendo dal computo i
giorni interdetti alla circolazione. 
    12. Nel caso di trasporto intermodale di rifiuti, le attivita' di
carico e scarico, di trasbordo, nonche' le soste tecniche all'interno
dei porti e degli scali ferroviari,  degli  interporti,  impianti  di
terminalizzazione e scali merci  non  rientrano  nelle  attivita'  di
stoccaggio di cui all'articolo 183,  comma  1,  lettera  aa)  purche'
siano effettuate nel  piu'  breve  tempo  possibile  e  non  superino
comunque,  salvo  impossibilita'  per  caso  fortuito  o  per   forza
maggiore, il termine massimo di sei giorni a decorrere dalla data  in
cui  hanno  avuto  inizio  predette  attivita'.  Ove   si   prospetti
l'impossibilita' del rispetto del predetto termine per caso  fortuito
o per forza maggiore, il detentore del rifiuto ha l'obbligo di  darne
indicazione nello spazio relativo  alle  annotazioni  della  medesima
Scheda SISTRI - Area movimentazione  e  informare,  senza  indugio  e
comunque prima della scadenza del predetto termine, il  comune  e  la
provincia territorialmente competente  indicando  tutti  gli  aspetti
pertinenti alla situazione. Ferme restando le competenze degli organi
di controllo, il detentore del rifiuto dovra' adottare, senza indugio
e a propri costi e spese, tutte le iniziative opportune per prevenire
eventuali pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana.
La decorrenza del termine massimo di sei giorni resta sospesa durante
il periodo in cui perduri l'impossibilita' per caso  fortuito  o  per
forza maggiore.  In  caso  di  persistente  impossibilita'  per  caso
fortuito o per forza maggiore per un periodo superiore a 30 giorni  a
decorrere dalla data in cui ha avuto inizio  l'attivita'  di  cui  al
primo periodo del presente comma,  il  detentore  del  rifiuto  sara'
obbligato a conferire, a propri  costi  e  spese,  i  rifiuti  ad  un
intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che  effettua
le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o
privato addetto  alla  raccolta  dei  rifiuti,  in  conformita'  agli
articoli 177 e 179. 
    13. La copia cartacea della scheda del sistema di controllo della
tracciabilita' dei rifiuti  (SISTRI)  di  cui  all´articolo  188-bis,
comma 2, lett. a), relativa alla  movimentazione  dei  rifiuti  e  il
formulario  di  identificazione  di  cui  al  comma   1   costituisce
documentazione  equipollente  alla  scheda  di   trasporto   di   cui
all'articolo 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 e
al decreto del Ministro  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  30
giugno 2009. 
                                                                 (41) 
 
------------- 
AGGIORNAMENTO (41) 
  Il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 ha disposto (con l'art. 16, comma
2) che "Le disposizioni del presente articolo  entrano  in  vigore  a
decorrere dal giorno successivo alla  scadenza  del  termine  di  cui
all'articolo 12, comma 2 del decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare  in  data  17  dicembre  2009,
pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010,
e successive modificazioni". 
                            Articolo 194 
                    (Spedizioni transfrontaliere) 
  
    1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti  sono  disciplinate
dai regolamenti comunitari che regolano  la  materia,  dagli  accordi
bilaterali di cui agli articoli 41  e  43  del  regolamento  (CE)  n.
1013/2006 e dal decreto di cui al comma 4. 
    2. Sono fatti  salvi,  ai  sensi  degli  articoli  41  e  43  del
regolamento (CE) n. 1013/2006 gli accordi  in  vigore  tra  lo  Stato
della  Citta'  del  Vaticano,  la  Repubblica  di  San  Marino  e  la
Repubblica italiana. Alle importazioni di rifiuti urbani e assimilati
provenienti dallo Stato della Citta' del Vaticano e dalla  Repubblica
di San Marino non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 42
del predetto regolamento. 
    3.  Fatte  salve  le  norme   che   disciplinano   il   trasporto
internazionale di merci,  le  imprese  che  effettuano  il  trasporto
transfrontaliero  nel  territorio  italiano  sono  iscritte  all'Albo
nazionale gestori ambientali di cui  all'articolo  212.  L'iscrizione
all'Albo, qualora effettuata per  il  solo  esercizio  dei  trasporti
transfrontalieri, non e' subordinata alla prestazione delle  garanzie
finanziarie di cui al comma 10 del medesimo articolo  212.  ((PERIODO
ABROGATO DAL D.L. 2 MARZO 2012, N. 16, CONVERTITO  CON  MODIFICAZIONI
DALLA L. 26 APRILE 2012, N. 44)). 
    4. Con decreto del Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare, di concerto  con  i  Ministri  dello  sviluppo
economico,  della  salute,  dell'economia  e  delle  finanze,   delle
infrastrutture  e  dei  trasporti,  nel  rispetto  delle  norme   del
regolamento (CE) n. 1013/2006 sono disciplinati: 
     a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle  garanzie
finanziarie da  prestare  per  le  spedizioni  dei  rifiuti,  di  cui
all'articolo 6 del predetto regolamento; tali garanzie  sono  ridotte
del cinquanta per cento  per  le  imprese  registrate  ai  sensi  del
regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 19 marzo 2001, e del quaranta per cento nel caso  di  imprese  in
possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni  En
Iso 14001; 
     b) le spese amministrative poste a carico  dei  notificatori  ai
sensi dell'articolo 29, del regolamento; 
     c) le specifiche modalita' per il trasporto  dei  rifiuti  negli
Stati di cui al comma 2. 
    5. Sino all'adozione del decreto di cui al comma 4, continuano ad
applicarsi  le  disposizioni  di  cui   al   decreto   del   Ministro
dell'ambiente 3 settembre 1998, n. 370. 
    6. Ai sensi e per gli effetti del regolamento (CE) n. 1013/2006: 
     a) le autorita' competenti di spedizione e di destinazione  sono
le regioni e le province autonome; 
     b) l'autorita' di transito e' il Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare; 
     c) corrispondente e' il Ministero dell'ambiente e  della  tutela
del territorio e del mare. 
    7. Le regioni e le province autonome comunicano  le  informazioni
di cui all'articolo 56 del regolamento (CE)  1013/2006  al  Ministero
dell'ambiente e della  tutela  del  territorio  e  del  mare  per  il
successivo inoltro alla  Commissione  dell'Unione  europea,  nonche',
entro il 30  settembre  di  ogni  anno,  i  dati,  riferiti  all'anno
precedente, previsti dall'articolo 13, comma 3, della Convenzione  di
Basilea, ratificata con legge 18 agosto 1993, n. 340. 

CAPO II

COMPETENZE


                              Art. 195 
                       Competenze dello Stato 
 
  1. Ferme restando  le  ulteriori  competenze  statali  previste  da
speciali  disposizioni,  anche  contenute  nella  parte  quarta   del
presente decreto, spettano allo Stato: 
    a)  le  funzioni  di   indirizzo   e   coordinamento   necessarie
all'attuazione della parte quarta del presente decreto, da esercitare
ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti
di quanto stabilito dall'articolo 8, comma 6, della  legge  5  giugno
2003, n. 131; 
    b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la
gestione integrata dei rifiuti,; 
  b-bis): la  definizione  di  linee  guida,  sentita  la  Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del  decreto  legislativo  28  agosto
1997, n. 281, sui contenuti minimi delle autorizzazioni rilasciate ai
sensi degli artt. 208, 215 e 216; 
    b-ter) la definizione  di  linee  guida,  sentita  la  Conferenza
Unificata di cui all'articolo 8 del  decreto  legislativo  28  agosto
1997, n. 281, per le attivita' di recupero energetico dei rifiuti; 
    c) l'individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire
e limitare, anche mediante il ricorso a forme di deposito  cauzionale
sui beni immessi al consumo, la produzione dei rifiuti,  nonche'  per
ridurne la pericolosita'; 
    d) l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti
con piu' elevato  impatto  ambientale,  che  presentano  le  maggiori
difficolta' di smaltimento o particolari possibilita' di recupero sia
per le sostanze impiegate nei prodotti  base  sia  per  la  quantita'
complessiva dei rifiuti medesimi; 
    e) l'adozione di criteri generali per la redazione  di  piani  di
settore  per  la   riduzione,   il   riciclaggio,   il   recupero   e
l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti; 
    f)   l'individuazione,   nel    rispetto    delle    attribuzioni
costituzionali  delle  regioni,  degli  impianti  di  recupero  e  di
smaltimento di preminente interesse nazionale da  realizzare  per  la
modernizzazione e lo sviluppo del paese; l'individuazione e' operata,
sentita la Conferenza unificata di cui  all'articolo  8  del  decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, adottato
con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e  del  mare,  e
inserito nel Documento di programmazione  economico-finanziaria,  con
indicazione degli stanziamenti necessari per la  loro  realizzazione.
Nell'individuare le infrastrutture e gli insediamenti  strategici  di
cui al  presente  comma  il  Governo  procede  secondo  finalita'  di
riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale. Il
Governo  indica  nel  disegno   di   legge   finanziaria   ai   sensi
dell'articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978,
n. 468, le risorse necessarie, anche ai  fini  del  l'erogazione  dei
contributi compensativi a favore degli enti locali, che  integrano  i
finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili; 
    g) la definizione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali
delle regioni, di un piano nazionale di comunicazione e di conoscenza
ambientale.  La  definizione  e'  operata,  sentita   la   Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del  decreto  legislativo  28  agosto
1997, n. 281, a mezzo di un  Programma,  formulato  con  decreto  del
Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  su  proposta  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, inserito  nel
Documento di programmazione  economico-finanziaria,  con  indicazione
degli stanziamenti necessari per la realizzazione; 
    h)  l'indicazione  delle   misure   atte   ad   incoraggiare   la
razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei
rifiuti; 
    i)  l'individuazione  delle  iniziative  e  delle  azioni,  anche
economiche, per favorire il riciclaggio e il recupero di dai rifiuti,
nonche' per  promuovere  il  mercato  dei  materiali  recuperati  dai
rifiuti ed il loro impiego da parte delle pubbliche amministrazioni e
dei soggetti economici, anche ai sensi dell'articolo  52,  comma  56,
lettera a), della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e del  decreto  del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 8  maggio  2003,
n. 203; 
    l) l'individuazione di  obiettivi  di  qualita'  dei  servizi  di
gestione dei rifiuti; 
    m) la determinazione di criteri  generali,  differenziati  per  i
rifiuti urbani e per i rifiuti speciali, ai fini  della  elaborazione
dei  piani  regionali  di  cui  all'articolo  199   con   particolare
riferimento alla determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata
di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
delle linee guida per la  individuazione  degli  Ambiti  territoriali
ottimali, da  costituirsi  ai  sensi  dell'articolo  200,  e  per  il
coordinamento dei piani stessi; 
    n)  la  determinazione,  relativamente   all'assegnazione   della
concessione del servizio  per  la  gestione  integrata  dei  rifiuti,
d'intesa con la  Conferenza  unificata  di  cui  all'articolo  8  del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per  la
definizione delle gare d'appalto, ed in particolare dei requisiti  di
ammissione delle  imprese,  e  dei  relativi  capitolati,  anche  con
riferimento agli elementi economici relativi agli impianti esistenti; 
    o) la determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,  delle
linee guida inerenti le forme ed i modi della  cooperazione  fra  gli
enti locali, anche con riferimento alla riscossione della tariffa sui
rifiuti urbani ricadenti nel medesimo ambito  territoriale  ottimale,
secondo   criteri   di   trasparenza,   efficienza,   efficacia    ed
economicita'; 
    p)   l'indicazione   dei   criteri   generali    relativi    alle
caratteristiche delle  aree  non  idonee  alla  localizzazione  degli
impianti di smaltimento dei rifiuti; 
    q) l'indicazione dei criteri generali , ivi inclusa  l'emanazione
di specifiche linee guida, per l'organizzazione e l'attuazione  della
raccolta differenziata dei rifiuti urbani; 
    r) la determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,  delle
linee guida, dei criteri generali e degli standard  di  bonifica  dei
siti inquinati, nonche' la determinazione dei criteri per individuare
gli interventi di bonifica che, in relazione al rilievo  dell'impatto
sull'ambiente connesso  all'estensione  dell'area  interessata,  alla
quantita'  e  pericolosita'  degli  inquinanti  presenti,   rivestono
interesse nazionale; 
    s)  la  determinazione  delle  metodologie  di   calcolo   e   la
definizione di materiale  riciclato  per  l'attuazione  dell'articolo
196, comma 1, lettera p); 
    t) l'adeguamento della parte quarta  del  presente  decreto  alle
direttive, alle decisioni ed ai regolamenti dell'Unione europea. 
  2. Sono inoltre di competenza dello Stato: 
    a) l'indicazione dei  criteri  e  delle  modalita'  di  adozione,
secondo principi di unitarieta', compiutezza e  coordinamento,  delle
norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi  e
di specifiche tipologie di rifiuti, con riferimento anche ai relativi
sistemi di accreditamento e di certificazione ai sensi  dell'articolo
178, comma 5; 
    b) l'adozione delle norme e delle condizioni  per  l'applicazione
delle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215 e 216, ivi
comprese le linee guida contenenti la specificazione della  relazione
da allegare alla comunicazione prevista da tali articoli; 
    c)  la  determinazione  dei  limiti  di  accettabilita'  e  delle
caratteristiche chimiche, fisiche e  biologiche  di  talune  sostanze
contenute nei rifiuti in relazione a specifiche  utilizzazioni  degli
stessi; 
    d) la determinazione e la disciplina delle attivita' di  recupero
dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto,
mediante decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con
il Ministro delle attivita' produttive; 
    e) la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi
per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento,  dei
rifiuti speciali e dei rifiuti urbani.((PERIODO ABROGATO DAL  D.L.  6
DICEMBRE 2011, N. 201,  CONVERTITO  CON  MODIFICAZIONI  DALLA  L.  22
DICEMBRE 2011, N. 214)). ((PERIODO ABROGATO DAL D.L. 6 DICEMBRE 2011,
N. 201, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 22  DICEMBRE  2011,  N.
214)).  ((PERIODO  ABROGATO  DAL  D.L.  6  DICEMBRE  2011,  N.   201,
CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 22  DICEMBRE  2011,  N.  214)).
((PERIODO ABROGATO DAL D.L. 6 DICEMBRE 2011, N. 201,  CONVERTITO  CON
MODIFICAZIONI DALLA L. 22 DICEMBRE 2011, N. 214)). ((PERIODO ABROGATO
DAL D.L. 6 DICEMBRE 2011, N. 201, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI  DALLA
L. 22 DICEMBRE 2011, N. 214)). Con decreto del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare, d'intesa  con  il  Ministro
dello sviluppo economico,  sono  definiti,  entro  nvanta  giorni,  i
criteri per l'assimilabilita' ai rifiuti urbani. ((55)) 
  f) la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard  per
il campionamento e l'analisi dei rifiuti; 
    g) la determinazione dei requisiti e delle capacita'  tecniche  e
finanziarie per l'esercizio delle attivita' di gestione dei  rifiuti,
ivi compresi i criteri generali per la determinazione delle  garanzie
finanziarie in favore delle regioni, con  particolare  riferimento  a
quelle  dei  soggetti  obbligati  all'iscrizione  all'Albo   di   cui
all'articolo 212, secondo la modalita' di cui al comma 9 dello stesso
articolo; 
    h) la definizione del modello e dei contenuti del  formulario  di
cui all'articolo 193 e la regolamentazione del trasporto dei rifiuti; 
    i) l'individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate
ragioni tecniche, ambientali ed economiche  possono  essere  smaltiti
direttamente in discarica; 
    l)  l'adozione  di  un  modello  uniforme  del  registro  di  cui
all'articolo 190 e la definizione delle  modalita'  di  tenuta  dello
stesso,   nonche'   l'individuazione   degli   eventuali    documenti
sostitutivi del registro stesso; 
    m) l'individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, di  cui
all'articolo 227, comma 1, lettera a); 
    n) l'aggiornamento degli Allegati alla parte quarta del  presente
decreto; 
    o) l'adozione delle  norme  tecniche,  delle  modalita'  e  delle
condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto  mediante  compostaggio,
con   particolare   riferimento    all'utilizzo    agronomico    come
fertilizzante, ai sensi del decreto legislativo 29  aprile  2010,  n.
75, e del prodotto di  qualita'  ottenuto  mediante  compostaggio  da
rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata; 
    p) l'autorizzazione  allo  smaltimento  di  rifiuti  nelle  acque
marine,  in  conformita'  alle  disposizioni  stabilite  dalle  norme
comunitarie e dalle convenzioni internazionali  vigenti  in  materia,
rilasciata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare, su proposta dell'autorita'  marittima  nella  cui  zona  di
competenza si trova il porto piu' vicino al luogo  dove  deve  essere
effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da  cui  parte  la
nave con il carico di rifiuti da smaltire; 
    q) l'individuazione della  misura  delle  sostanze  assorbenti  e
neutralizzanti,  previamente  testate  da  universita'   o   istituti
specializzati, di cui devono  dotarsi  gli  impianti  destinati  allo
stoccaggio,  ricarica,  manutenzione,  deposito  e  sostituzione   di
accumulatori, al fine di  prevenire  l'inquinamento  del  suolo,  del
sottosuolo e di evitare danni alla salute  e  all'ambiente  derivanti
dalla fuoriuscita di  acido,  tenuto  conto  della  dimensione  degli
impianti, del numero degli accumulatori e del rischio di  sversamento
connesso alla tipologia dell'attivita' esercitata; 
    r) l'individuazione e la disciplina,  nel  rispetto  delle  norme
comunitarie ed anche in deroga alle disposizioni della  parte  quarta
del presente decreto, di forme di semplificazione  degli  adempimenti
amministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipologie
di rifiuti destinati  al  recupero  e  conferiti  direttamente  dagli
utenti finali dei beni che originano  i  rifiuti  ai  produttori,  ai
distributori, a coloro  che  svolgono  attivita'  di  istallazione  e
manutenzione presso  le  utenze  domestiche  dei  beni  stessi  o  ad
impianti autorizzati alle operazioni di recupero di cui alle voci R2,
R3, R4, R5, R6 e R9 dell'Allegato C alla parte  quarta  del  presente
decreto, da adottarsi con decreto del Ministro dell'ambiente e  della
tutela del territorio e del mare entro tre mesi dalla data di entrata
in vigore della presente disciplina; 
    s) la riorganizzazione del Catasto dei rifiuti; 
    t) predisposizione di linee guida  per  l'individuazione  di  una
codifica omogenea per le operazioni  di  recupero  e  smaltimento  da
inserire nei provvedimenti autorizzativi  da  parte  delle  autorita'
competenti, anche in conformita' a  quanto  disciplinato  in  materia
dalla direttiva 2008/12/CE, e sue modificazioni; 
    u) individuazione dei contenuti tecnici minimi  da  inserire  nei
provvedimenti autorizzativi di cui agli articoli 208, 209, 211; 
    v) predisposizione di  linee  guida  per  l'individuazione  delle
procedure  analitiche,  dei  criteri  e  delle  metodologie  per   la
classificazione dei rifiuti pericolosi ai sensi dell'allegato D della
parta quarta del presente decreto. 
  3. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte  quarta  del
presente decreto, le funzioni di cui al comma 1  sono  esercitate  ai
sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, su  proposta  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  di  concerto
con  i  Ministri  delle  attivita'   produttive,   della   salute   e
dell'interno, sentite la Conferenza unificata di cui  all'articolo  8
del decreto legislativo 28 agosto 1997,  n.  281,  le  regioni  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano. 
  4. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte  quarta  del
presente decreto, le norme regolamentari e tecniche di cui al comma 2
sono adottate, ai sensi dell'articolo 17, comma  3,  della  legge  23
agosto 1988, n. 400, con decreti del Ministro dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare, di concerto con  i  Ministri  delle
attivita' produttive, della salute e dell'interno, nonche', quando le
predette norme riguardino i rifiuti  agricoli  ed  il  trasporto  dei
rifiuti, di concerto, rispettivamente, con i Ministri delle politiche
agricole e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti. 
  5. Fatto salvo quanto previsto dal  decreto  legislativo  31  marzo
1998, n. 112, ai fini della sorveglianza  e  dell'accertamento  degli
illeciti in violazione della normativa in materia di rifiuti  nonche'
della repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti  illegali
dei  rifiuti  provvedono  il  Comando  carabinieri  tutela   ambiente
(C.C.T.A.) e il Corpo  delle  Capitanerie  di  porto;  puo'  altresi'
intervenire il Corpo forestale dello Stato e  possono  concorrere  la
Guardia di finanza e la Polizia di Stato. 
--------------- 
AGGIORNAMENTO (55) 
Il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con  modificazioni  dalla
L. 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto (con l'art.  14,  comma  46)
che "A decorrere dal 1° gennaio 2013 sono soppressi tutti  i  vigenti
prelievi relativi alla gestione dei rifiuti  urbani,  sia  di  natura
patrimoniale sia di natura  tributaria,  compresa  l'addizionale  per
l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza." 
                                ART. 196
                       (competenze delle regioni)

  1.  Sono  di  competenza  delle  regioni, nel rispetto dei principi
previsti  dalla  normativa  vigente e dalla parte quarta del presente
decreto, ivi compresi quelli di cui all'articolo 195:
    a)  la  predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento, sentiti le
province,  i  comuni  e le Autorita' d'ambito, dei piani regionali di
gestione dei rifiuti, di cui all'articolo 199;
    b)  la  regolamentazione delle attivita' di gestione dei rifiuti,
ivi  compresa  la  raccolta  differenziata  dei rifiuti urbani, anche
pericolosi,  secondo  un criterio generale di separazione dei rifiuti
di  provenienza  alimentare  e  degli  scarti  di prodotti vegetali e
animali o comunque ad alto tasso di umidita' dai restanti rifiuti;
    c) l'elaborazione, l'approvazione e l'aggiornamento dei piani per
la bonifica di aree inquinate di propria competenza;
    d)  l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione
dei  rifiuti,  anche  pericolosi,  e  l'autorizzazione alle modifiche
degli  impianti  esistenti,  fatte salve le competenze statali di cui
all'articolo 195, comma 1, lettera f);
    e) l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento
e di recupero dei rifiuti, anche pericolosi;
    f)  le  attivita'  in  materia di spedizioni transfrontaliere dei
rifiuti  che  il  regolamento  (CEE)  n.  259/93 del 1° febbraio 1993
attribuisce   alle   autorita'   competenti   di   spedizione   e  di
destinazione;
    g)  la  delimitazione, nel rispetto delle linee guida generali di
cui  all'articolo 195, comma 1, lettera m), degli ambiti territoriali
ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati;
    h)   la   redazione   di   linee   guida  ed  i  criteri  per  la
predisposizione  e l'approvazione dei progetti di bonifica e di messa
in  sicurezza,  nonche'  l'individuazione delle tipologie di progetti
non  soggetti  ad  autorizzazione,  nel  rispetto  di quanto previsto
all'articolo 195, comma 1, lettera r);
    i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti;
    l)  l'incentivazione  alla riduzione della produzione dei rifiuti
ed al recupero degli stessi;
    m)  la  specificazione  dei contenuti della relazione da allegare
alla comunicazione di cui agli articoli 214, 215, e 216, nel rispetto
di linee guida elaborate ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera
b);
    n) la definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle
province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di
smaltimento  e  di  recupero  dei  rifiuti,  nel rispetto dei criteri
generali indicati nell'articolo 195, comma 1, lettera p);
    o)  la  definizione dei criteri per l'individuazione dei luoghi o
impianti  idonei  allo  smaltimento e la determinazione, nel rispetto
delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di
disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;
    p)  l'adozione, sulla base di metodologia di calcolo e di criteri
stabiliti  da  apposito  decreto del ((Ministro dell'ambiente e della
tutela  del territorio e del mare)), di concerto con i Ministri delle
attivita'  produttive  e  della  salute,  sentito il Ministro per gli
affari  regionali,  da  emanarsi  entro sessanta giorni dalla data di
entrata  in  vigore  della  parte  quarta del presente decreto, delle
disposizioni  occorrenti  affinche' gli enti pubblici e le societa' a
prevalente  capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, coprano
il  proprio  fabbisogno  annuale  di  manufatti  e beni, indicati nel
medesimo  decreto,  con  una  quota di prodotti ottenuti da materiale
riciclato  non  inferiore  al 30 per cento del fabbisogno medesimo. A
tal  fine  i  predetti  soggetti  inseriscono  nei bandi di gara o di
selezione  per  l'aggiudicazione  apposite  clausole di preferenza, a
parita'  degli  altri requisiti e condizioni. Sino all'emanazione del
predetto  decreto  continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al
decreto  del  Ministro dell'ambiente e della tu tela del territorio 8
maggio  2003,  n.  203, e successive circolari di attuazione. Restano
ferme, nel frattempo, le disposizioni regionali esistenti.
  2.  Per  l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le regioni si
avvalgono   anche   delle   Agenzie   regionali   per  la  protezione
dell'ambiente.
  3.   Le  regioni  privilegiano  la  realizzazione  di  impianti  di
smaltimento   e   recupero   dei   rifiuti   in   aree   industriali,
compatibilmente   con   le   caratteristiche   delle  aree  medesime,
incentivando  le iniziative di autosmaltimento. Tale disposizione non
si applica alle discariche.
                              ART. 197
                     (competenze delle province)

   1.  In  attuazione  dell'articolo  19  del  decreto legislativo 18
agosto  2000,  n.  267,  alle province competono in linea generale le
funzioni    amministrative    concernenti    la   programmazione   ed
organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello
provinciale,  da  esercitarsi  con  le  risorse  umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente, ed in particolare:
    a)  il controllo e la verifica degli interventi di bonifica ed il
monitoraggio ad essi conseguenti;
    b)  il  controllo periodico su tutte le attivita' di gestione, di
intermediazione   e   di   commercio   dei   rifiuti,   ivi  compreso
l'accertamento  delle violazioni delle disposizioni di cui alla parte
quarta del presente decreto;
    c)  la  verifica  ed  il  controllo  dei  requisiti  previsti per
l'applicazione  delle procedure semplificate, con le modalita' di cui
agli articoli 214, 215, e 216;
    d)  l'individuazione,  sulla  base  delle  previsioni  del  piano
territoriale  di  coordinamento  di cui all'articolo 20, comma 2, del
decreto  legislativo  18  agosto  2000,  n. 267, ove gia' adottato, e
delle  previsioni  di cui all'articolo 199, comma 3, lettere d) e h),
nonche'  sentiti  l'Autorita' d'ambito ed i comuni, delle zone idonee
alla  localizzazione  degli  impianti  di  smaltimento  dei  rifiuti,
nonche'  delle  zone  non  idonee  alla localizzazione di impianti di
recupero e di smaltimento dei rifiuti.
   2.  Ai  fini  dell'esercizio  delle  proprie  funzioni le province
possono   avvalersi,  mediante  apposite  convenzioni,  di  organismi
pubblici,   ivi  incluse  le  Agenzie  regionali  per  la  protezione
dell'ambiente (ARPA), con specifiche esperienze e competenze tecniche
in  materia, fermo restando quanto previsto dagli articoli 214, 215 e
216 in tema di procedure semplificate.
   3.  Gli  addetti  al  controllo  sono  autorizzati  ad  effettuare
ispezioni,   verifiche   e   prelievi   di  campioni  all'interno  di
stabilimenti,  impianti  o  imprese  che  producono  o  che  svolgono
attivita'  di  gestione  dei rifiuti. Il segreto industriale non puo'
essere  opposto  agli  addetti  al controllo, che sono, a loro volta,
tenuti  all'obbligo  della  riservatezza  ai  sensi  della  normativa
vigente.
   4.   Il  personale  appartenente  al  Comando  carabinieri  tutela
ambiente  (C.C.T.A.)  e'  autorizzato ad effettuare le ispezioni e le
verifiche  necessarie ai fini dell'espletamento delle funzioni di cui
all'articolo  8  della  legge  8  luglio 1986, n. 349, istitutiva del
Ministero dell'ambiente.
   5.  Nell'ambito  delle  competenze  di cui al comma 1, le province
sottopongono  ad adeguati controlli periodici ((gli enti e le imprese
che  producono  rifiuti  pericolosi,  le  imprese  che  raccolgono  e
trasportano  rifiuti  a titolo professionale,)) gli stabilimenti e le
imprese   che   smaltiscono   o   recuperano   rifiuti,  curando,  in
particolare,  che  vengano  effettuati  adeguati  controlli periodici
sulle  attivita'  sottoposte  alle procedure semplificate di cui agli
articoli 214, 215, e 216 e che i controlli concernenti la raccolta ed
il  trasporto  di  rifiuti  pericolosi  riguardino,  in  primo luogo,
l'origine e la destinazione dei rifiuti.
 ((5-bis.   Le  province,  nella  programmazione  delle  ispezioni  e
controlli  di  cui  al presente articolo, possono tenere conto, nella
determinazione  della  frequenza  degli  stessi,  delle registrazioni
ottenute  dai  destinatari  nell'ambito  del  sistema  comunitario di
ecogestione e audit (EMAS).))
   6.  Restano  ferme  le  altre  disposizioni  vigenti in materia di
vigilanza e controllo previste da disposizioni speciali.
                              ART. 198
                       (competenze dei comuni)

   1.  I  comuni  concorrono,  nell'ambito  delle  attivita' svolte a
livello  degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200 e
con  le  modalita'  ivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani ed
assimilati.    Sino   all'inizio   delle   attivita'   del   soggetto
aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall'Autorita'
d'ambito  ai sensi dell'articolo 202, i comuni continuano la gestione
dei  rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento
in regime di privativa nelle forme di cui al l'articolo 113, comma 5,
del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
   2.  I  comuni  concorrono  a  disciplinare la gestione dei rifiuti
urbani  con  appositi  regolamenti  che, nel rispetto dei principi di
trasparenza,  efficienza, efficacia ed economicita' e in coerenza con
i  piani  d'ambito  adottati  ai  sensi  dell'articolo  201, comma 3,
stabiliscono in particolare:
    a) le misure per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte
le fasi della gestione dei rifiuti urbani;
    b)  le modalita' del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti
urbani;
    c)  le modalita' del conferimento, della raccolta differenziata e
del  trasporto  dei rifiuti urbani ed assimilati al fine di garantire
una  distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere
il recupero degli stessi;
    d)  le  norme  atte a garantire una distinta ed adeguata gestione
dei  rifiuti  urbani  pericolosi  e  dei  rifiuti  da  esumazione  ed
estumulazione di cui all'articolo 184, comma 2, lettera f);
    e)  le misure necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento,
raccolta  e  trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia
con   altre  frazioni  merceologiche,  fissando  standard  minimi  da
rispettare;
    f)  le  modalita'  di  esecuzione della pesata dei rifiuti urbani
prima di inviarli al recupero e allo smaltimento;
    g)   l'assimilazione,  per  qualita'  e  quantita',  dei  rifiuti
speciali  non  pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui
all'articolo  195, comma 2, lettera e), ferme restando le definizioni
di cui all'articolo 184, comma 2, lettere c) e d).
   3.  I comuni sono tenuti a fornire alla regione, alla provincia ed
alle  Autorita'  d'ambito  tutte  le  informazioni sulla gestione dei
rifiuti urbani da esse richieste.
   4. I comuni sono altresi' tenuti ad esprimere il proprio parere in
ordine  all'approvazione  dei progetti di bonifica dei siti inquinati
rilasciata dalle regioni.

CAPO III

SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI


                            Articolo 199
                        (( (Piani regionali)

    1. Le regioni, sentite  le  province,  i  comuni  e,  per  quanto
riguarda i rifiuti urbani, le Autorita' d'ambito di cui  all'articolo
201, nel rispetto dei principi e delle finalita' di cui agli articoli
177, 178, 179, 180, 181, 182 e 182-bis ed in conformita'  ai  criteri
generali stabiliti dall'articolo 195,  comma  1,  lettera  m),  ed  a
quelli previsti dal presente articolo, predispongono e adottano piani
regionali di gestione  dei  rifiuti.  Per  l'approvazione  dei  piani
regionali si applica la procedura di cui alla Parte II  del  presente
decreto in materia di VAS. Presso i medesimi uffici sono inoltre rese
disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al
procedimento  e  alle  motivazioni  sulle  quali  si  e'  fondata  la
decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate.
    2. I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1  comprendono
l'analisi della gestione dei rifiuti esistente nell'ambito geografico
interessato,  le  misure  da  adottare  per  migliorare   l'efficacia
ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti,  nonche'
una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all'attuazione
degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del  presente
decreto.
    3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:
     a) tipo, quantita' e fonte dei rifiuti prodotti all'interno  del
territorio, suddivisi per ambito  territoriale  ottimale  per  quanto
riguarda  i  rifiuti  urbani,  rifiuti  che  saranno  prevedibilmente
spediti  da  o  verso   il   territorio   nazionale   e   valutazione
dell'evoluzione futura dei flussi di rifiuti, nonche'  la  fissazione
degli obiettivi di raccolta differenziata da  raggiungere  a  livello
regionale, fermo restando quanto disposto dall'articolo 205;
     b) i sistemi di raccolta dei rifiuti e impianti di smaltimento e
recupero esistenti, inclusi eventuali sistemi speciali per oli usati,
rifiuti pericolosi o flussi di rifiuti disciplinati da una  normativa
comunitaria specifica;
     c) una  valutazione  della  necessita'  di  nuovi   sistemi   di
raccolta,  della chiusura degli impianti esistenti per i rifiuti,  di
ulteriori   infrastrutture   per   gli  impianti  per  i  rifiuti  in
conformita' del principio di autosufficienza  e  prossimita'  di  cui
agli articoli  181, 182 e 182-bis e se necessario  degli investimenti
correlati;
     d) informazioni sui criteri di riferimento per  l'individuazione
dei siti e la capacita' dei futuri  impianti  di  smaltimento  o  dei
grandi impianti di recupero, se necessario;
     e) politiche   generali   di   gestione   dei  rifiuti,  incluse
tecnologie e metodi di gestione  pianificata  dei  rifiuti,  o  altre
politiche per i rifiuti che pongono problemi particolari di gestione;
     f) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale
sul territorio regionale, nel  rispetto  delle  linee  guida  di  cui
all'articolo 195, comma 1, lettera m);
     g) il complesso delle attivita' e dei fabbisogni  degli impianti
necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo  criteri
di trasparenza, efficacia, efficienza, economicita' e autosufficienza
della gestione dei  rifiuti  urbani  non  pericolosi  all'interno  di
ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo  200,
nonche' ad assicurare  lo  smaltimento  e  il  recupero  dei  rifiuti
speciali in luoghi  prossimi  a  quelli  di  produzione  al  fine  di
favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;
     h)  la  promozione  della  gestione  dei   rifiuti   per  ambiti
territoriali  ottimali,  attraverso  strumenti  quali  una   adeguata
disciplina delle  incentivazioni,  prevedendo  per  gli  ambiti  piu'
meritevoli, tenuto conto delle  risorse  disponibili  a  legislazione
vigente, una maggiorazione di  contributi;  a  tal  fine  le  regioni
possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo;
     i)  la  stima  dei  costi  delle  operazioni  di  recupero e  di
smaltimento dei rifiuti urbani;
     l) i criteri per  l'individuazione,  da  parte  delle  province,
delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di  recupero
e smaltimento dei rifiuti nonche' per  l'individuazione  dei luoghi o
impianti adatti  allo  smaltimento  dei  rifiuti,  nel  rispetto  dei
criteri generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera p);
     m) le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclaggio
ed il recupero dai rifiuti di materiale ed energia,  ivi  incluso  il
recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino;
     n)  le  misure  atte  a  promuovere  la  regionalizzazione della
raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani:
     o) la determinazione, nel rispetto delle norme  tecniche  di cui
all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni  speciali  per
specifiche tipologie di rifiuto;
     p) le prescrizioni in materia di  prevenzione  e  gestione degli
imballaggi e rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225, comma 6;
     q) il programma per la riduzione dei  rifiuti  biodegradabili da
collocare in discarica di cui all'articolo 5 del decreto  legislativo
13 gennaio 2003, n. 36;
     r) un programma di  prevenzione  della  produzione  dei rifiuti,
elaborato sulla base  del  programma  nazionale  di  prevenzione  dei
rifiuti di cui all'art. 180, che descriva le  misure  di  prevenzione
esistenti e fissi ulteriori misure adeguate. Il programma fissa anche
gli  obiettivi  di  prevenzione.  Le  misure  e  gli  obiettivi  sono
finalizzati  a  dissociare  la  crescita  economica   dagli   impatti
ambientali connessi alla produzione dei rifiuti.  Il  programma  deve
contenere specifici  parametri  qualitativi  e  quantitativi  per  le
misure di prevenzione al fine di monitorare e  valutare  i  progressi
realizzati, anche mediante la fissazione di indicatori.
    4. Il piano di gestione dei rifiuti puo' contenere, tenuto  conto
del  livello  e  della  copertura  geografica  dell'area  oggetto  di
pianificazione, i seguenti elementi:
     a) aspetti organizzativi connessi alla gestione dei rifiuti;
     b) valutazione  dell'utilita'  e  dell'idoneita'  del  ricorso a
strumenti economici e di altro tipo per la soluzione di problematiche
riguardanti i rifiuti, tenuto conto della necessita' di continuare ad
assicurare il buon funzionamento del mercato interno;
     c) campagne di sensibilizzazione  e  diffusione  di informazioni
destinate al  pubblico  in  generale  o  a  specifiche  categorie  di
consumatori.
    5. Il piano regionale di gestione dei rifiuti e'  coordinato  con
gli  altri  strumenti  di  pianificazione  di  competenza   regionale
previsti dalla normativa vigente.
    6. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per
la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:
     a) l'ordine di priorita' degli interventi, basato su un criterio
di valutazione del rischio elaborato dall'Istituto Superiore  per  la
protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);
     b)   l'individuazione   dei   siti   da   bonificare   e   delle
caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;
     c) le  modalita'  degli  interventi  di  bonifica  e risanamento
ambientale, che privilegino prioritariamente l'impiego  di  materiali
provenienti da attivita' di recupero di rifiuti urbani;
     d) la stima degli oneri finanziari;
     e) le modalita' di smaltimento dei materiali da asportare.
    7. L'approvazione del piano regionale o  il  suo  adeguamento  e'
requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali.
    8. La regione approva o adegua il  piano  entro  il  12  dicembre
2013. Fino a tale  momento,  restano  in  vigore  i  piani  regionali
vigenti.
    9. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 8 e  di
accertata  inattivita'  nell'approvare  o  adeguare  il   piano,   il
Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  su  proposta  del  Ministro
dell'ambiente  e  tutela  del  territorio  e  del  mare,   ai   sensi
dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo  1998,  n.
112, diffida gli organi regionali competenti a  provvedere  entro  un
congruo termine e, in caso  di  ulteriore  inerzia,  adotta,  in  via
sostitutiva,  i   provvedimenti   necessari   alla   elaborazione   e
approvazione o adeguamento del piano regionale.
    10. Le regioni, sentite le  province  interessate,  d'intesa  tra
loro o singolarmente, per le finalita' di cui alla parte  quarta  del
presente decreto provvedono alla valutazione della  necessita'  dell'
aggiornamento  del  piano  almeno  ogni  sei   anni,   nonche'   alla
programmazione degli interventi attuativi occorrenti  in  conformita'
alle procedure e nei limiti delle risorse  previste  dalla  normativa
vigente.
    11. Le regioni e le province autonome comunicano  tempestivamente
al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e  del  mare
l'adozione o la revisione dei piani di gestione e  dei  programmi  di
prevenzione dei rifiuti di cui al  presente  articolo,  al  fine  del
successivo invio degli stessi alla Commissione europea.
    12. Le regioni e le province autonome assicurano la pubblicazione
dei piani  e  dei  programmi  di  cui  al  presente  articolo,  anche
attraverso l'inserimento degli stessi sul sito WEB  della  regione  o
della provincia autonoma.
    13. Dall'attuazione del presente  articolo  non  devono  derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.))

-------------
AGGIORNAMENTO (26)
  La  Corte  Costituzionale, con sentenza 16 - 24 luglio 2009, n. 249
(in  G.U.  1a  s.s. 29/07/2009, n. 30) ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale  del  comma 9 del presente articolo nella parte in cui
attribuisce  al Ministro dell'ambiente il potere sostitutivo nel caso
in  cui  "le  autorita'  competenti  non  realizzino  gli  interventi
previsti  dal piano regionale" di gestione dei rifiuti "nei termini e
con le modalita' stabiliti e tali omissioni possano arrecare un grave
pregiudizio all'attuazione del piano medesimo".
                              ART. 200
              (organizzazione territoriale del servizio
di gestione integrata dei rifiuti urbani)

   1.  La  gestione  dei  rifiuti urbani e' organizzata sulla base di
ambiti  territoriali  ottimali,  di  seguito  anche  denominati  ATO,
delimitati  dal piano regionale di cui all'articolo 199, nel rispetto
delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed
o), e secondo i seguenti criteri:

    a)  superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un
servizio di gestione integrata dei rifiuti;
    b)  conseguimento  di  adeguate  dimensioni  gestionali, definite
sulla  base  di  parametri  fisici, demografici, tecnici e sulla base
delle ripartizioni politico-amministrative;
    c)  adeguata  valutazione  del  sistema stradale e ferroviario di
comunicazione   al   fine  di  ottimizzare  i  trasporti  all'interno
dell'ATO;
    d) valorizzazione di esigenze comuni e affinita' nella produzione
e gestione dei rifiuti;
    e)   ricognizione   di  impianti  di  gestione  di  rifiuti  gia'
realizzati e funzionanti;
    f)  considerazione  delle  precedenti  delimitazioni  affinche' i
nuovi  ATO  si  discostino dai precedenti solo sulla base di motivate
esigenze di efficacia, efficienza ed economicita'.
    2.  Le  regioni,  sentite  le  province  ed i comuni interessati,
nell'ambito  delle attivita' di programmazione e di pianificazione di
loro  competenza,  entro il termine di sei mesi dalla data di entrata
in  vigore  della  parte quarta del presente decreto, provvedono alla
delimitazione  degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle
linee  guida  di  cui  all'articolo  195,  comma  1,  lettera  m). Il
provvedimento e' comunicato alle province ed ai comuni interessati.
   3.  Le  regioni interessate, d'intesa tra loro, delimitano gli ATO
qualora essi siano ricompresi nel territorio di due o piu' regioni.
   4.   Le   regioni   disciplinano  il  controllo,  anche  in  forma
sostitutiva,   delle   operazioni  di  gestione  dei  rifiuti,  della
funzionalita' dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle
prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.
   5.  Le  citta' o gli agglomerati di comuni, di dimensioni maggiori
di  quelle  medie  di  un  singolo  ambito,  possono essere suddivisi
tenendo conto dei criteri di cui al comma 1.
   6. I singoli comuni entro trenta giorni dalla comunicazione di cui
al  comma  2  possono  presentare motivate e documentate richieste di
modifica  all'assegnazione  ad uno specifico ambito territoriale e di
spostamento  in un ambito territoriale diverso, limitrofo a quello di
assegnazione.
   7.  Le regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al
modello  degli  Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un
piano  regionale  dei  rifiuti  che  dimostri  la propria adeguatezza
rispetto  agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente,
con  particolare  riferimento  ai criteri generali e alle linee guida
riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell'articolo 195.
                              ART. 201 
 (disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani) 
 
  1. Al fine dell'organizzazione del servizio di  gestione  integrata
dei rifiuti urbani, le regioni e le province autonome di Trento e  di
Bolzano, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore
della parte quarta del presente decreto, disciplinano le  forme  e  i
modi della cooperazione tra gli enti locali  ricadenti  nel  medesimo
ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorita'
d'ambito di cui al comma 2, alle quali e' demandata, nel rispetto del
principio  di   coordinamento   con   le   competenze   delle   altre
amministrazioni  pubbliche,  l'organizzazione,  l'affidamento  e   il
controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti. 
  2. L'Autorita' d'ambito e' una  struttura  dotata  di  personalita'
giuridica  costituita  in  ciascun   ambito   territoriale   ottimale
delimitato dalla competente  regione,  alla  quale  gli  enti  locali
partecipano obbligatoriamente ed alla quale e' trasferito l'esercizio
delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti. 
  3. L'Autorita' d'ambito  organizza  il  servizio  e  determina  gli
obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di
efficienza, di efficacia, di economicita' e  di  trasparenza;  a  tal
fine adotta un  apposito  piano  d'ambito  in  conformita'  a  quanto
previsto dall'articolo 203, comma 3. 
  4. Per la gestione ed erogazione del servizio di gestione integrata
e per il perseguimento  degli  obiettivi  determinati  dall'Autorita'
d'ambito, sono affidate, ai sensi dell'articolo 202  e  nel  rispetto
della normativa comunitaria e nazionale  sull'evidenza  pubblica,  le
seguenti attivita': 
    a) la realizzazione, gestione ed erogazione dell'intero servizio,
comprensivo  delle  attivita'  di  gestione  e  realizzazione   degli
impianti; 
    b) la raccolta,  raccolta  differenziata,  commercializzazione  e
smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati  prodotti
all'interno dell'ATO. 
  5. In ogni ambito: 
    a) e' raggiunta, nell'arco di cinque anni dalla sua costituzione,
l'autosufficienza di smaltimento  anche,  ove  opportuno,  attraverso
forme di cooperazione e collegamento con altri  soggetti  pubblici  e
privati; 
    b) e' garantita la presenza di almeno un impianto di  trattamento
a tecnologia complessa, compresa una discarica di servizio. 
  6. La durata della gestione da parte dei soggetti  affidatari,  non
inferiore a quindici anni, e' disciplinata dalle regioni in  modo  da
consentire il raggiungimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed
economicita'. 
                                                          (35) ((47)) 
 
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AGGIORNAMENTO (35) 
  La L. 23 dicembre 2009, n. 191, come modificata dal D.L. 25 gennaio
2010, n. 2, convertito con modificazioni dalla L. 26 marzo  2010,  n.
42, ha disposto (con l'art. 2, comma 186-bis) che  "Decorso  un  anno
dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono  soppresse
le Autorita' d'ambito territoriale di cui agli articoli 148 e 201 del
decreto  legislativo  3   aprile   2006,   n.   152,   e   successive
modificazioni. Decorso lo stesso termine, ogni  atto  compiuto  dalle
Autorita' d'ambito territoriale e' da considerarsi  nullo.  Entro  un
anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni
attribuiscono con legge le funzioni gia' esercitate dalle  Autorita',
nel rispetto  dei  principi  di  sussidiarieta',  differenziazione  e
adeguatezza. Le disposizioni di cui  agli  articoli  148  e  201  del
citato decreto legislativo n.152 del 2006 sono efficaci  in  ciascuna
regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale  di
cui al periodo precedente. I medesimi articoli sono comunque abrogati
decorso un anno dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente
legge". 
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AGGIORNAMENTO (47) 
  Il D.L. 29 dicembre 2010,  n.  225,  convertito  con  modificazioni
dalla L. 26 febbraio 2011, n. 10, nel modificare la  L.  23  dicembre
2009, n. 191, come  modificata  dal  D.L.  25  gennaio  2010,  n.  2,
convertito con modificazioni dalla  L.  26  marzo  2010,  n.  42,  ha
disposto (con l'art. 1, comma 1), in relazione ai commi 186-bis e 250
del presente articolo, che "E' fissato al 31 marzo 2011 il termine di
scadenza dei termini e dei regimi giuridici indicati nella tabella  1
allegata con scadenza in data anteriore al 15 marzo 2011." 
                              ART. 202
                     (affidamento del servizio)

   1.   L'Autorita'   d'ambito  aggiudica  il  servizio  di  gestione
integrata  dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi
e  dalle  disposizioni  comunitarie, secondo la disciplina vigente in
tema  di  affidamento  dei  servizi pubblici locali in conformita' ai
criteri  di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18
agosto  2000,  n.  267,  nonche'  con  riferimento  all'ammontare del
corrispettivo  per la gestione svolta, tenuto conto delle garanzie di
carattere  tecnico  e  delle  precedenti  esperienze  specifiche  dei
concorrenti,  secondo  modalita'  e  termini definiti con decreto dal
Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare nel
rispetto delle competenze regionali in materia. ((41))
   2.  I  soggetti  partecipanti  alla  gara  devono  formulare,  con
apposita   relazione   tecnico-illustrativa   allegata   all'offerta,
proposte   di   miglioramento  della  gestione,  di  riduzione  delle
quantita'  di  rifiuti  da  smaltire  e  di miglioramento dei fattori
ambientali,   proponendo   un   proprio   piano   di   riduzione  dei
corrispettivi   per   la  gestione  al  raggiungimento  di  obiettivi
autonomamente definiti.
   3.   Nella   valutazione   delle  proposte  si  terra'  conto,  in
particolare,  del  peso  che  gravera'  sull'utente  sia  in  termini
economici, sia di complessita' delle operazioni a suo carico.
   4.  Gli  impianti  e le altre dotazioni patrimoniali di proprieta'
degli  enti  locali  gia'  esistenti al momento dell'assegnazione del
servizio  sono  conferiti  in  comodato  ai  soggetti  affidatari del
medesimo servizio.
   5.  I  nuovi  impianti vengono realizzati dal soggetto affidatario
del servizio o direttamente, ai sensi dell'articolo 113, comma 5-ter,
del  decreto  legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove sia in possesso
dei  requisiti  prescritti  dalla  normativa  vigente,  o mediante il
ricorso  alle  procedure  di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109,
ovvero  secondo  lo  schema  della  finanza  di  progetto di cui agli
articoli 37 bis e seguenti della predetta legge n. 109 del 1994.
   6.  Il  personale  che,  alla data del 31 dicembre 2005 o comunque
otto  mesi  prima  dell'affidamento  del  servizio,  appartenga  alle
amministrazioni   comunali,   alle   aziende   ex  municipalizzate  o
consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel
settore  dei  servizi  comunali  per  la  gestione  dei rifiuti sara'
soggetto,  ferma  restando  la risoluzione del rapporto di lavoro, al
passaggio   diretto  ed  immediato  al  nuovo  gestore  del  servizio
integrato   dei   rifiuti,   con  la  salvaguardia  delle  condizioni
contrattuali,   collettive  e  individuali,  in  atto.  Nel  caso  di
passaggio   di   dipendenti   di   enti  pubblici  e  di  ex  aziende
municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative,
al  gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani, si applica, ai
sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
la   disciplina   del  trasferimento  del  ramo  di  azienda  di  cui
all'articolo 2112 del codice civile.
-------------
AGGIORNAMENTO (41)
  Il  D.P.R.  7  settembre  2010,  n. 168 ha disposto (con l'art. 12,
comma  1,  lettera  c))  l'abrogazione dell'articolo 202, comma 1 "ad
eccezione  della  parte in cui individua la competenza dell'Autorita'
d'ambito per l'affidamento e l'aggiudicazione".
                              ART. 203
               (schema tipo di contratto di servizio)

   1.  I  rapporti  tra le Autorita' d'ambito e i soggetti affidatari
del  servizio  integrato  sono  regolati da contratti di servizio, da
allegare  ai capitolati di gara, conformi ad uno schema tipo adottato
dalle  regioni  in  conformita'  ai  criteri ed agli indirizzi di cui
all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o).
   2. Lo schema tipo prevede:
    a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
    b)      l'obbligo      del     raggiungimento     dell'equilibrio
economico-finanziario della gestione;
    c)  la durata dell'affidamento, comunque non inferiore a quindici
anni;
    d)  i  criteri per definire il piano economico-finanziario per la
gestione integrata del servizio;
    e) le modalita' di controllo del corretto esercizio del servizio;
    f)  i  principi  e  le regole generali relativi alle attivita' ed
alle  tipologie di controllo, in relazione ai livelli del servizio ed
al  corrispettivo,  le  modalita',  i  termini  e le procedure per lo
svolgimento  del  controllo  e  le  caratteristiche  delle  strutture
organizzative all'uopo preposte;
    g)   gli  obblighi  di  comunicazione  e  trasmissione  di  dati,
informazioni e documenti del gestore e le relative sanzioni;
    h)  le  penali,  le  sanzioni  in  caso  di  inadempimento  e  le
condizioni  di  risoluzione  secondo  i  principi  del codice civile,
diversificate a seconda della tipologia di controllo;
    i)  il  livello  di efficienza e di affidabilita' del servizio da
assicurare  all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli
impianti;
    l) la facolta' di riscatto secondo i principi di cui al titolo I,
capo  II,  del regolamento approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902;
    m)  l'obbligo  di  riconsegna delle opere, degli impianti e delle
altre  dotazioni patrimoniali strumentali all'erogazione del servizio
in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;
    n) idonee garanzie finanziarie e assicurative;
    o)  i  criteri  e  le  modalita'  di  applicazione  delle tariffe
determinate  dagli  enti  locali  e del loro aggiornamento, anche con
riferimento alle diverse categorie di utenze.
    ((p)  l'obbligo  di  applicazione al personale, non dipendente da
amministrazioni   pubbliche,   da  parte  del  gestore  del  servizio
integrato  dei  rifiuti, del contratto collettivo nazionale di lavoro
del  settore  dell'igiene  ambientale, stipulato dalle Organizzazioni
Sindacali comparativamente piu' rappresentative, anche in conformita'
a quanto previsto dalla normativa in materia attualmente vigente.))
   3.  Ai  fini  della definizione dei contenuti dello schema tipo di
cui  al  comma 2, le Autorita' d'ambito operano la ricognizione delle
opere  ed  impianti  esistenti,  trasmettendo alla regione i relativi
dati. Le Autorita' d'ambito inoltre, ai medesimi fini, definiscono le
procedure   e  le  modalita',  anche  su  base  pluriennale,  per  il
conseguimento   degli  obiettivi  previsti  dalla  parte  quarta  del
presente  decreto  ed  elaborano,  sulla  base  dei  criteri  e degli
indirizzi  fissati dalle regioni, un piano d'ambito comprensivo di un
programma  degli  interventi  necessari,  accompagnato  da  un  piano
finanziario  e  dal  connesso modello gestionale ed organizzativo. Il
piano  finanziario  indica,  in  particolare, le risorse disponibili,
quelle  da  reperire,  nonche' i proventi derivanti dall'applicazione
della tariffa sui rifiuti per il periodo considerato.
                              ART. 204
                        (gestioni esistenti)

   1.  I soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla
data  di  entrata  in vigore della parte quarta del presente decreto,
continuano  a  gestirlo  fino  alla  istituzione e organizzazione del
servizio  di  gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorita'
d'ambito.
   2.  In  relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis
dell'articolo  113  del  decreto  legislativo 18 agosto 2000, n. 267,
l'Autorita'  d'ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto delle
disposizioni  di  cui  alla  parte quarta del presente decreto, entro
nove mesi dall'entrata in vigore della medesima parte quarta.
   3.  Qualora  l'Autorita' d'ambito non provveda agli adempimenti di
cui  ai  commi  1  e 2 nei termini ivi stabiliti, il Presidente della
Giunta   regionale  esercita,  dandone  comunicazione  al  ((Ministro
dell'ambiente   e   della  tutela  del  territorio  e  del  mare))  e
all'Autorita'  di  vigilanza  sulle  risorse idriche e sui rifiuti, i
poteri  sostitutivi,  nominando  un  commissario  "ad acta" che avvia
entro quarantacinque giorni le procedure di affidamento, determinando
le  scadenze  dei  singoli  adempimenti  procedimentali.  Qualora  il
commissario  regionale  non  provveda  nei  termini  cosi' stabiliti,
spettano  al ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del  mare))  i  poteri sostitutivi preordinati al completamento della
procedura di affidamento.(26)
   4.  Alla  scadenza,  ovvero  alla  anticipata  risoluzione,  delle
gestioni  di cui al comma 1, i beni e gli impianti delle imprese gia'
concessionarie   sono   trasferiti   direttamente   all'ente   locale
concedente   nei   limiti  e  secondo  le  modalita'  previste  dalle
rispettive convenzioni di affidamento.
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AGGIORNAMENTO (26)
  La  Corte  Costituzionale, con sentenza 16 - 24 luglio 2009, n. 249
(in  G.U.  1a  s.s. 29/07/2009, n. 30) ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale  del comma 3 del presente articolo "nella parte in cui
disciplina  l'esercizio  del  potere sostitutivo del Presidente della
Giunta  regionale  in  tema  di  gestioni  esistenti  del servizio di
gestione dei rifiuti".
                              ART. 205
         (misure per incrementare la raccolta differenziata)

  1.  ((Fatto  salvo quanto previsto al comma 1-bis, in ogni ambito))
territoriale   ottimale   deve   essere   assicurata   una   raccolta
differenziata  dei  rifiuti  urbani  pari  alle  seguenti percentuali
minime di rifiuti prodotti:
    a) almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006;
    b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008;
    c) almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012.
((1-bis.  Nel  caso in cui, dal punto di vista tecnico, ambientale ed
economico,  non  sia realizzabile raggiungere gli obiettivi di cui al
comma  1, il comune puo' richiedere al Ministro dell'ambiente e della
tutela  del  territorio  e  del  mare  una  deroga  al rispetto degli
obblighi  di  cui  al medesimo comma 1. Verificata la sussistenza dei
requisiti  stabiliti  al  primo  periodo, il Ministro dell'ambiente e
della  tutela  del territorio e del mare puo' autorizzare la predetta
deroga,  previa  stipula  senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica  di  un  accordo di programma tra Ministero, regione ed enti
locali interessati, che stabilisca:
    a) le modalita' attraverso le quali il comune richiedente intende
conseguire  gli  obiettivi  di  cui  all'articolo  181,  comma  1. Le
predette  modalita'  possono  consistere  in  compensazioni  con  gli
obiettivi raggiunti in altri comuni;
    b)  la  destinazione a recupero di energia della quota di rifiuti
indifferenziati  che  residua  dalla  raccolta  differenziata  e  dei
rifiuti   derivanti   da   impianti   di   trattamento   dei  rifiuti
indifferenziati, qualora non destinati al recupero di materia;
    c)  la  percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani,
da  destinare  al  riciclo,  che  il comune richiedente si obbliga ad
effettuare.
  1-ter.  L'accordo  di  programma  di  cui  al comma precedente puo'
stabilire  obblighi,  in  linea  con  le disposizioni vigenti, per il
comune  richiedente  finalizzati  al perseguimento delle finalita' di
cui  alla  parte  quarta,  titolo  I,  del  presente  decreto nonche'
stabilire  modalita'  di accertamento dell'adempimento degli obblighi
assunti   nell'ambito  dell'accordo  di  programma  e  prevedere  una
disciplina  per  l'eventuale  inadempimento.  I  piani  regionali  si
conformano  a  quanto  previsto  dagli accordi di programma di cui al
presente articolo.))
  2. COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N. 4.
  3.  Nel  caso  in cui a livello di ambito territoriale ottimale non
siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo,
e'  applicata  un'addizionale  del  venti  per  cento  al  tributo di
conferimento   dei  rifiuti  in  discarica  a  carico  dell'Autorita'
d'ambito,  istituito  dall'articolo  3,  comma  24,  della  legge  28
dicembre  1995, n. 549, che ne ripartisce l'onere tra quei comuni del
proprio  territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste
dal  comma  1  sulla  base  delle  quote  di  raccolta  differenziata
raggiunte nei singoli comuni.
  4.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del
territorio  e  del  mare  di concerto con il Ministro delle attivita'
produttive d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8
del  decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, vengono stabilite la
metodologia  e i criteri di calcolo delle percentuali di cui ai commi
1 e 2, nonche' la nuova determinazione del coefficiente di correzione
di  cui  all'articolo  3,  comma 29, della legge 28 dicembre 1995, n.
549,  in relazione al conseguimento degli obiettivi di cui ai commi 1
e 2.
  5.  Sino  all'emanazione  del decreto di cui al comma 4 continua ad
applicarsi la disciplina attuativa di cui all'articolo 3, commi da 24
a 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.
  6.  Le  regioni  tramite  apposita  legge,  e  previa intesa con il
Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio e del mare,
possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e recupero. (26)

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AGGIORNAMENTO (26)
  La  Corte  Costituzionale, con sentenza 16 - 24 luglio 2009, n. 249
(in  G.U.  1a  s.s. 29/07/2009, n. 30) ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale  del comma 6 del presente articolo "nella parte in cui
assoggetta  ad  una  previa  intesa  con  il  Ministro  dell'ambiente
l'adozione  delle  leggi con cui le Regioni possono indicare maggiori
obiettivi di riciclo e di recupero dei rifiuti".
                              Art. 206
             Accordi, contratti di programma, incentivi

  1.  Nel  rispetto  dei  principi  e degli obiettivi stabiliti dalle
disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto al fine di
perseguire la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure,
con   particolare  riferimento  alle  piccole  imprese,  il  Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio e del mare e le altre
autorita'  competenti  possono stipulare appositi accordi e contratti
di  programma  con  enti  pubblici,  con imprese di settore, soggetti
pubblici  o  privati  ed  associazioni di categoria. Gli accordi ed i
contratti di programma hanno ad oggetto: a) l'attuazione di specifici
piani  di  settore di riduzione, recupero e ottimizzazione dei flussi
di  rifiuti;  b) la sperimentazione, la promozione, l'attuazione e lo
sviluppo di processi produttivi e distributivi e di tecnologie pulite
idonei  a  prevenire  o  ridurre  la produzione dei rifiuti e la loro
pericolosita'  e  ad  ottimizzare  il  recupero  dei  rifiuti;  c) lo
sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di
produzione  di  beni  con  impiego  di  materiali  meno  inquinanti e
comunque  riciclabili;  d)  le  modifiche  del  ciclo produttivo e la
riprogettazione  di componenti, macchine e strumenti di controllo; e)
la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati,
confezionati  e  messi in commercio in modo da ridurre la quantita' e
la  pericolosita'  dei  rifiuti  e  i  rischi  di inquinamento; f) la
sperimentazione,   la  promozione  e  l'attuazione  di  attivita'  di
riutilizzo,  riciclaggio  e  recupero  di  rifiuti;  g) l'adozione di
tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti nell'impianto
di produzione; h) lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di
controllo  per l'eliminazione dei rifiuti e delle sostanze pericolose
contenute nei rifiuti; i) l'impiego da parte dei soggetti economici e
dei   soggetti  pubblici  dei  materiali  recuperati  dalla  raccolta
differenziata   dei  rifiuti  urbani;  l)  l'impiego  di  sistemi  di
controllo del recupero e della riduzione di rifiuti.
  2.  Il  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare   puo'  altresi'  stipulare  appositi  accordi  e  contratti  di
programma  con  soggetti  pubblici e privati o con le associazioni di
categoria  per:  a)  promuovere  e favorire l'utilizzo dei sistemi di
certificazione ambientale di cui al regolamento (Cee) n. 761/2001 del
Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  del 19 marzo 2001; b) attuare
programmi  di ritiro dei beni di consumo al termine del loro ciclo di
utilita' ai fini del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero.
  ((3.  Gli  accordi  e  i  contratti di programma di cui al presente
articolo  non  possono stabilire deroghe alla normativa comunitaria e
possono prevedere semplificazioni amministrative.))
  4.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del
territorio  e  del  mare,  di  concerto con i Ministri dello sviluppo
economico  e  dell'economia  e  delle  finanze,  sono  individuate le
risorse   finanziarie   da   destinarsi,   sulla   base  di  apposite
disposizioni   legislative  di  finanziamento,  agli  accordi  ed  ai
contratti  di  programma  di  cui  ai  commi  1 e 2 e sono fissate le
modalita' di stipula dei medesimi.
  5.  Ai  sensi della comunicazione 2002/412 del 17 luglio 2002 della
Commissione  delle  Comunita' europee e' inoltre possibile concludere
accordi  ambientali  che  la  Commissione puo' utilizzare nell'ambito
della    autoregolamentazione,    intesa   come   incoraggiamento   o
riconoscimento dei medesimi accordi, oppure della coregolamentazione,
intesa  come  proposizione  al legislatore di utilizzare gli accordi,
quando opportuno.
                            ART. 206-bis
               ((Osservatorio nazionale sui rifiuti))
((1.  Al fine di garantire l'attuazione delle norme di cui alla parte
quarta   del   presente  decreto  con  particolare  riferimento  alla
prevenzione  della  produzione  della quantita' e della pericolosita'
dei  rifiuti  ed  all'efficacia,  all'efficienza  ed all'economicita'
della  gestione  dei  rifiuti,  degli  imballaggi  e  dei  rifiuti di
imballaggio,   nonche'   alla   tutela   della   salute   pubblica  e
dell'ambiente,  e'  istituito,  presso  il  Ministero dell'ambiente e
della  tutela del territorio e del mare, l'Osservatorio nazionale sui
rifiuti,  in appresso denominato Osservatorio. L'Osservatorio svolge,
in particolare, le seguenti funzioni:
    a)  vigila  sulla  gestione  dei  rifiuti, degli imballaggi e dei
rifiuti di imballaggio;
    b)  provvede  all'elaborazione ed all'aggiornamento permanente di
criteri  e  specifici obiettivi d'azione, nonche' alla definizione ed
all'aggiornamento  permanente  di  un  quadro  di  riferimento  sulla
prevenzione   e   sulla   gestione   dei  rifiuti,  anche  attraverso
l'elaborazione di linee guida sulle modalita' di gestione dei rifiuti
per  migliorarne  efficacia, efficienza e qualita', per promuovere la
diffusione delle buone pratiche e delle migliori tecniche disponibili
per  la  prevenzione,  le  raccolte  differenziate,  il  riciclo e lo
smaltimento dei rifiuti;
    c)  predispone  il  Programma  generale  di  prevenzione  di  cui
all'articolo  225  qualora  il  Consorzio  nazionale  imballaggi  non
provveda nei termini previsti;
    d)   verifica   l'attuazione   del   Programma  generale  di  cui
all'articolo  225  ed il raggiungimento degli obiettivi di recupero e
di riciclaggio;
    e)  verifica  i  costi  di  gestione  dei  rifiuti, delle diverse
componenti  dei  costi  medesimi  e  delle  modalita'  di gestione ed
effettua  analisi  comparative  tra  i  diversi  ambiti  di gestione,
evidenziando eventuali anomalie;
    f) verifica livelli di qualita' dei servizi erogati;
    g)  predispone,  un  rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti,
degli   imballaggi  e  dei  rifiuti  di  imballaggio  e  ne  cura  la
trasmissione  al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare.
  2. L'Osservatorio nazionale sui rifiuti e' composto da nove membri,
scelti  tra  persone,  esperte  in  materia  di  rifiuti,  di elevata
qualificazione  giuridico/amministrativa  e  tecnico/scientifica  nel
settore  pubblico  e  privato,  nominati,  nel rispetto del principio
dell'equilibrio  di  genere, con decreto del Ministro dell'ambiente e
della  tutela  del territorio e del mare, di concerto con il Ministro
dello sviluppo economico, di cui:
    a)  tre  designati  dal Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di cui uno con funzione di Presidente;
    b)  due  designati  dal Ministro dello sviluppo economico, di cui
uno con funzioni di vice-presidente;
    c) uno designato dal Ministro della salute;
    d) uno designato dal Ministro delle politiche agricole alimentari
e forestali;
    e) uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze;
    f) uno designato dalla Conferenza Stato-regioni.
  3.   La  durata  in  carica  dei  componenti  dell'Osservatorio  e'
disciplinata  dal  decreto  del Presidente della Repubblica 14 maggio
2007,    n.    90.    Il   trattamento   economico   dei   componenti
dell'Osservatorio   e'   determinato   con   decreto   del   Ministro
dell'economia   e   delle   finanze,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  4. Per l'espletamento dei propri compiti e funzioni, l'Osservatorio
si  avvale  di  una  segreteria  tecnica,  costituita con decreto del
Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio e del mare,
utilizzando  allo  scopo  le  risorse umane strumentali e finanziarie
disponibili a legislazione vigente.
  5.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del
territorio  e  del  mare  da  emanarsi  entro  sei mesi dalla data di
entrata  in  vigore  del presente decreto, sono definite le modalita'
organizzative  e di funzionamento dell'Osservatorio, nonche' gli enti
e le agenzie di cui esso puo' avvalersi.
  6.  All'onere  derivante  dalla  costituzione  e  dal funzionamento
dell'Osservatorio  nazionale  sui rifiuti e della Segreteria tecnica,
pari  a  due  milioni  di  euro,  aggiornato  annualmente al tasso di
inflazione,   provvedono,   tramite   contributi   di   pari  importo
complessivo,  il  Consorzio  Nazionale Imballaggi di cui all'articolo
224, i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e i
Consorzi  di  cui  agli  articoli  233,  234, 235, 236 nonche' quelli
istituiti   ai   sensi   degli   articoli  227  e  228.  Il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con decreto da
emanarsi  entro  novanta  giorni  dall'entrata in vigore del presente
provvedimento  e  successivamente  entro  il 31 gennaio di ogni anno,
determina l'entita' del predetto onere da porre in capo ai Consorzi e
soggetti  predetti.  Dette somme sono versate dal Consorzio Nazionale
Imballaggi e dagli altri soggetti e Consorzi all'entrata del bilancio
dello   Stato  per  essere  riassegnate,  con  decreto  del  Ministro
dell'economia  e  della  finanze, ad apposito capitolo dello stato di
previsione  del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare.))
                              Art. 207
   ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 8 NOVEMBRE 2006, N. 284)) ((2))
---------------
AGGIORNAMENTO (2)
  Il  D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284 ha disposto (con l'art. 1, comma
5) che "il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e
l'Osservatorio  nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano
le relative funzioni".

CAPO IV - AUTORIZZAZIONI E ISCRIZIONI


                              ART. 208
             (autorizzazione unica per i nuovi impianti
              di smaltimento e di recupero dei rifiuti)

   1. I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di
smaltimento  o  di  recupero  di  rifiuti,  anche  pericolosi, devono
presentare  apposita  domanda alla regione competente per territorio,
allegando  il  progetto  definitivo dell'impianto e la documentazione
tecnica  prevista  per  la  realizzazione  del  progetto stesso dalle
disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di
salute  di  sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove l'impianto
debba  essere  sottoposto  alla  procedura  di valutazione di impatto
ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda e' altresi'
allegata  la  comunicazione  del progetto all'autorita' competente ai
predetti  fini;  i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino
all'acquisizione  della  pronuncia sulla compatibilita' ambientale ai
sensi della parte seconda del presente decreto.
   2.   Resta  ferma  l'applicazione  della  normativa  nazionale  di
attuazione  della  direttiva  96/61/CE  relativa  alla  prevenzione e
riduzione  integrate  dell'inquinamento,  per gli impianti rientranti
nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento
al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.
   3.  Entro  trenta  giorni  dal ricevimento della domanda di cui al
comma  1,  la  regione  individua  il responsabile del procedimento e
convoca  apposita  conferenza di servizi. Alla conferenza dei servizi
partecipano,  con  un  preavviso  di almeno 20 giorni, i responsabili
degli  uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorita'
d'ambito  e  degli  enti  locali  sul  cui  territorio  e' realizzato
l'impianto,   nonche'   il  richiedente  l'autorizzazione  o  un  suo
rappresentante   al  fine  di  acquisire  documenti,  informazioni  e
chiarimenti.  Nel medesimo termine di 20 giorni, la documentazione di
cui  al comma 1 e' inviata ai componenti della conferenza di servizi.
La  decisione della conferenza dei servizi e' assunta a maggioranza e
le  relative  determinazioni  devono fornire una adeguata motivazione
rispetto   alle   opinioni  dissenzienti  espresse  nel  corso  della
conferenza.
   4.  Entro  novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di
servizi:
    a) procede alla valutazione dei progetti;
    b)   acquisisce   e  valuta  tutti  gli  elementi  relativi  alla
compatibilita'  del  progetto  con quanto previsto dall'articolo 177,
comma 4;
    c)   acquisisce,   ove   previsto  dalla  normativa  vigente,  la
valutazione di compatibilita' ambientale;
    d)  trasmette  le  proprie  conclusioni  con i relativi atti alla
regione.
   5.  Per  l'istruttoria  tecnica  della  domanda le regioni possono
avvalersi delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.
   6.  Entro  30  giorni  dal  ricevimento  delle  conclusioni  della
Conferenza  dei  servizi,  valutando  le  risultanze della stessa, la
regione,  in  caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la
realizzazione e la gestione dell'impianto. L'approvazione sostituisce
ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi
regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante
allo  strumento  urbanistico  e comporta la dichiarazione di pubblica
utilita', urgenza ed indifferibilita' dei lavori.
   7.  Nel  caso  in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi
del  decreto  legislativo  22  gennaio  2004,  n. 42, si applicano le
disposizioni   dell'articolo  146  di  tale  decreto  in  materia  di
autorizzazione.
   8.  L'istruttoria  si  conclude  entro centocinquanta giorni dalla
presentazione  della  domanda  di  cui  al  comma  1  con il rilascio
dell'autorizzazione unica o con il diniego motivato della stessa.
   9.  I  termini  di  cui  al  comma 8 sono interrotti, per una sola
volta,  da eventuali richieste istruttorie fatte dal responsabile del
procedimento  al  soggetto interessato e ricominciano a decorrere dal
ricevimento degli elementi forniti dall'interessato.
   10.  Ferma restando la valutazione delle eventuali responsabilita'
ai  sensi  della  normativa  vigente,  ove  l'autorita competente non
provveda a concludere il procedimento di rilascio dell'autorizzazione
unica  entro  i  termini  previsti  al  comma 8, si applica il potere
sostitutivo  di  cui  all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112.
   11.  L'autorizzazione  individua  le  condizioni e le prescrizioni
necessarie   per   garantire   l'attuazione   dei   principi  di  cui
all'articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi:
    a)  i  tipi  ed  i  quantitativi  di  rifiuti  che possono essere
trattati;
    b)  Per  ciascun  tipo  di  operazione  autorizzata,  i requisiti
tecnici  con  particolare  riferimento  alla compatibilita' del sito,
alle  attrezzature  utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di
rifiuti  e alla modalita' di verifica, monitoraggio e controllo della
conformita' dell'impianto al progetto approvato;
    c) le misure precauzionali e di sicurezza da adottare;
    d) la localizzazione dell'impianto autorizzato;
    e) il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione;
    f)  le  disposizioni  relative alla chiusura e agli interventi ad
essa successivi che si rivelino necessarie;
    g)  le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate
solo al momento dell'avvio effettivo dell'esercizio dell'impianto; le
garanzie  finanziarie  per  la gestione della discarica, anche per la
fase   successiva   alla   sua  chiusura,  dovranno  essere  prestate
conformemente   a   quanto   diposto  dall'articolo  14  del  decreto
legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;((45))
    h)  la  data  di scadenza dell'autorizzazione, in conformita' con
quanto previsto al comma 12;
    i)  i  limiti  di  emissione  in  atmosfera  per  i  processi  di
trattamento  termico  dei  rifiuti,  anche  accompagnati  da recupero
energetico.
   11-bis.   Le   autorizzazioni  concernenti  l'incenerimento  o  il
coincenerimento   con  recupero  di  energia  sono  subordinate  alla
condizione  che  il  recupero  avvenga  con  un  livello  elevato  di
efficienza   energetica,   tenendo   conto  delle  migliori  tecniche
disponibili.
   12.  L'autorizzazione di cui al comma 1 e' concessa per un periodo
di  dieci  anni  ed  e'  rinnovabile. A tale fine, almeno centottanta
giorni   prima   della   scadenza  dell'autorizzazione,  deve  essere
presentata  apposita  domanda  alla  regione  che  decide prima della
scadenza  dell'autorizzazione  stessa.  In ogni caso l'attivita' puo'
essere  proseguita  fino  alla  decisione espressa, previa estensione
delle     garanzie     finanziarie    prestate.    Le    prescrizioni
dell'autorizzazione  possono  essere modificate, prima del termine di
scadenza  e  dopo  almeno  cinque  anni  dal  rilascio,  nel  caso di
condizioni  di  criticita'  ambientale, tenendo conto dell'evoluzione
delle  migliori  tecnologie disponibili e nel rispetto delle garanzie
procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990.
   13. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui
al  titolo  VI  della  parte  quarta del presente decreto, in caso di
inosservanza   delle   prescrizioni  dell'autorizzazione  l'autorita'
competente procede, secondo la gravita' dell'infrazione:
    a)  alla  diffida,  stabilendo  un  termine entro il quale devono
essere eliminate le inosservanze;
    b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per
un  tempo  determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per
la salute pubblica e per l'ambiente;
    c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento
alle  prescrizioni  imposte  con  la  diffida  e in caso di reiterate
violazioni  che  determinino  situazione  di  pericolo  per la salute
pubblica e per l'ambiente.
   14.  Il  controllo  e l'autorizzazione delle operazioni di carico,
scarico,  trasbordo,  deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali
sono  disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28
gennaio  1994,  n. 84 e di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003,
n.  182 di attuazione della direttiva 2000/59/CE sui rifiuti prodotti
sulle  navi  e  dalle  altre  disposizioni  previste in materia dalla
normativa vigente. Nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti,
l'autorizzazione  delle  operazioni  di  imbarco e di sbarco non puo'
essere rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato
agli  adempimenti  di  cui  all'articolo  193,  comma 1, del presente
decreto.
   15.  Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli
impianti  mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati
da impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo
depurativo  presso  il  quale  operano,  ed  esclusi i casi in cui si
provveda alla sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni
estranee,  sono  autorizzati,  in  via  definitiva, dalla regione ove
l'interessato  ha la sede legale o la societa' straniera proprietaria
dell'impianto  ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle
singole    campagne    di   attivita'   sul   territorio   nazionale,
l'interessato,   almeno   sessanta  giorni  prima  dell'installazione
dell'impianto,  deve  comunicare  alla  regione nel cui territorio si
trova  il  sito  prescelto  le  specifiche  dettagliate relative alla
campagna di attivita', allegando l'autorizzazione di cui al comma 1 e
l'iscrizione   all'Albo   nazionale   gestori   ambientali,   nonche'
l'ulteriore   documentazione  richiesta.  La  regione  puo'  adottare
prescrizioni integrative oppure puo' vietare l'attivita' con provvedi
mento  motivato  qualora  lo svolgimento della stessa nello specifico
sito  non  sia compatibile con la tutela dell'ambiente o della salute
pubblica.
   16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche
ai  procedimenti  in corso alla data di entrata in vigore della parte
quarta   del  presente  decreto,  eccetto  quelli  per  i  quali  sia
completata la procedura di valutazione di impatto ambientale.
   17.  Fatti  salvi  l'obbligo  di  tenuta  dei registri di carico e
scarico  da  parte dei soggetti di cui all'articolo 190 ed il divieto
di miscelazione di cui all'articolo 187, le disposizioni del presente
articolo  non  si  applicano  al  deposito  temporaneo effettuato nel
rispetto  delle  condizioni  stabilite  dall'articolo  183,  comma 1,
lettera m).
   17-bis.  L'autorizzazione  di cui al presente articolo deve essere
comunicata,  a cura dell'amministrazione competente al rilascio della
stessa,  al Catasto dei rifiuti di cui all'articolo 189 attraverso il
Catasto  telematico  e  secondo gli standard concordati con ISPRA che
cura  l'inserimento  in un elenco nazionale, accessibile al pubblico,
dei  seguenti  elementi  identificativi, senza nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica:
    a) ragione sociale;
    b) sede legale dell'impresa autorizzata;
    c) sede dell'impianto autorizzato;
    d) attivita' di gestione autorizzata;
    e) i rifiuti oggetto dell'attivita' di gestione;
    f) quantita' autorizzate;
    g) scadenza dell'autorizzazione.
   17-ter.  La  comunicazione  dei  dati  di cui al comma 17-bis deve
avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica
tra   i   sistemi  informativi  regionali  esistenti,  e  il  Catasto
telematico secondo standard condivisi.
   18.  In  caso di eventi incidenti sull'autorizzazione, questi sono
comunicati,  previo avviso all'interessato, al Catasto dei rifiuti di
cui all'articolo 189.
   19.  Le  procedure  di cui al presente articolo si applicano anche
per  la  realizzazione  di varianti sostanziali in corso d'opera o di
esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti
non sono piu' conformi all'autorizzazione rilasciata.
   20. COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205.
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AGGIORNAMENTO (45)
  Il  D.L.  26  novembre  2010,  n. 196, convertito con modificazioni
dalla  L.  24  gennaio  2011,  n. 1, ha disposto (con l'art. 3, comma
2-bis)  che  "A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge
di conversione del presente decreto, e' ridotto del 50 per cento, per
le  imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 del
Parlamento  europeo  e  del Consiglio, del 25 novembre 2009 (Emas), e
del  40  per  cento,  per  quelle  in  possesso  della certificazione
ambientale  ai  sensi  della  norma UNI EN ISO 14001, l'importo delle
garanzie  finanziarie  di cui all'articolo 208, comma 11, lettera g),
del   decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  e  successive
modificazioni".
                              ART. 209
             (rinnovo delle autorizzazioni alle imprese
              in possesso di certificazione ambientale)

 ((1.   Nel   rispetto   delle  normative  comunitarie,  in  sede  di
espletamento   delle   procedure   previste   per  il  rinnovo  delle
autorizzazioni  all'esercizio  di  un  impianto ovvero per il rinnovo
dell'iscrizione  all'Albo  di  cui  all'articolo  212, le imprese che
risultino  registrate  ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 del
Parlamento   europeo   e   del   Consiglio,  del  25  novembre  2009,
sull'adesione   volontaria   delle   organizzazioni   a   un  sistema
comunitario  di  ecogestione e audit , che abroga il regolamento (CE)
n.   761/2001   e   le  decisioni  della  Commissione  2001/681/CE  e
2006/193/CE  o  certificati Uni En Iso 14001, possono sostituire tali
autorizzazioni con autocertificazione resa alle autorita' competenti,
ai   sensi   del   testo   unico  delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari  in materia di documentazione amministrativa, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.))
   2. L'autocertificazione di cui al comma 1 deve essere accompagnata
da  una  copia  conforme del certificato di registrazione ottenuto ai
sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al medesimo
comma  1,  nonche'  da  una denuncia di prosecuzione delle attivita',
attestante  la  conformita'  dell'impresa, dei mezzi e degli impianti
alle  prescrizioni  legislative  e  regolamentari,  con  allegata una
certificazione  dell'esperimento  di  prove  a  cio'  destinate,  ove
previste.
   3.  L'autocertificazione e i relativi documenti, di cui ai commi 1
e   2,  sostituiscono  a  tutti  gli  effetti  l'autorizzazione  alla
prosecuzione,  ovvero  all'esercizio  delle  attivita' previste dalle
norme  di  cui  al  comma  1  e  ad  essi  si  applicano,  in  quanto
compatibili,  le  disposizioni di cui al decreto del Presidente della
Repubblica  26  aprile  1992,  n.  300.  Si  applicano,  altresi', le
disposizioni  sanzionatorie  di  cui  all'articolo  21  della legge 7
agosto 1990, n. 241.
   4.   L'autocertificazione   e   i  relativi  documenti  mantengono
l'efficacia  sostitutiva di cui al comma 3 fino ad un periodo massimo
di   centottanta   giorni   successivi  alla  data  di  comunicazione
all'interessato  della  decadenza, a qualsiasi titolo avvenuta, della
registrazione  ottenuta  ai  sensi  dei  regolamenti e degli standard
parametrici di cui al comma 1.
   5.  Salva  l'applicazione delle sanzioni specifiche e salvo che il
fatto  costituisca  piu'  grave  reato, in caso di accertata falsita'
delle  attestazioni  contenute nell'autocertificazione e dei relativi
documenti,  si applica l'articolo 483 del codice penale nei confronti
di  chiunque abbia sottoscritto la documentazione di cui ai commi 1 e
2.
 ((6.  Resta  ferma  l'applicazione  del  titolo  II-bis  della parte
seconda  del  presente decreto, relativo alla prevenzione e riduzione
integrate dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di
applicazione del medesimo.))
   7.  I titoli abilitativi di cui al presente articolo devono essere
comunicati,    a   cura   dell'amministrazione   che   li   rilascia,
((all'ISPRA))   che   cura  l'inserimento  in  un  elenco  nazionale,
accessibile   al  pubblico,  degli  elementi  identificativi  di  cui
all'articolo  ((208,  comma 17,)) senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica.
 ((7-bis.  La  comunicazione dei dati di cui al comma 7 deve avvenire
senza  nuovi  e  maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i
sistemi  informativi  regionali  esistenti,  e  il Catasto telematico
secondo standard condivisi.))
                              ART. 210
      ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205))
                              ART. 211
    (autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione)

   1.  I  termini  di  cui  agli articoli 208 e 210 sono ridotti alla
meta'  per  l'autorizzazione  alla  realizzazione ed all'esercizio di
impianti  di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le
seguenti condizioni:
    a)  le  attivita' di gestione degli impianti non comportino utile
economico;
    b)  gli  impianti  abbiano  una  potenzialita'  non superiore a 5
tonnellate  al  giorno,  salvo  deroghe giustificate dall'esigenza di
effettuare  prove  di  impianti  caratterizzati  da  innovazioni, che
devono pero' essere limitate alla durata di tali prove.
   2. La durata dell'autorizzazione di cui al comma 1 e' di due anni,
salvo  proroga  che  puo' essere concessa previa verifica annuale dei
risultati raggiunti e non puo' comunque superare altri due anni.
   3.  Qualora il progetto o la realizzazione dell'impianto non siano
stati  approvati  e  autorizzati  entro il termine di cui al comma 1,
l'interessato  puo'  presentare  istanza  al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, che si esprime nei successivi
sessanta giorni di concerto con i Ministri delle attivita' produttive
e  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della  ricerca. La garanzia
finanziaria in tal caso e' prestata a favore dello Stato.
   4. In caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute
e pericolose dal punto di vista sanitario, l'autorizzazione di cui al
comma  1 e' rilasciata dal ((Ministero)) dell'ambiente e della tutela
del  territorio  e  del  mare, che si esprime nei successivi sessanta
giorni,  di concerto con i Ministri delle attivita' produttive, della
salute e dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca.
   5.  L'autorizzazione  di  cui  al  presente  articolo  deve essere
comunicata,    a   cura   dell'amministrazione   che   la   rilascia,
((all'ISPRA))   che   cura  l'inserimento  in  un  elenco  nazionale,
accessibile   al  pubblico,  degli  elementi  identificativi  di  cui
all'articolo  ((208,  comma  16)) senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica.
 ((5-bis.  La  comunicazione dei dati di cui al comma 5 deve avvenire
senza  nuovi  e  maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i
sistemi  informativi  regionali  esistenti,  e  il Catasto telematico
secondo standard condivisi.))
                              Art. 212
                  Albo nazionale gestori ambientali

  1.  E' costituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela
del  territorio  e  del mare, l'Albo nazionale gestori ambientali, di
seguito  denominato  Albo,  articolato  in un Comitato nazionale, con
sede  presso  il  medesimo  Ministero,  ed  in  Sezioni  regionali  e
provinciali,  istituite  presso  le  Camere  di commercio, industria,
artigianato  e agricoltura dei capoluoghi di regione e delle province
autonome  di Trento e di Bolzano. I componenti del Comitato nazionale
e delle Sezioni regionali e provinciali durano in carica cinque anni.
((2.  Con  decreto  del  Ministero  dell'ambiente  e della tutela del
territorio  e  del  mare sono istituite sezioni speciali del Comitato
nazionale per ogni singola attivita' soggetta ad iscrizione all'Albo,
senza  nuovi  o  maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e ne
vengono  fissati  composizione  e  competenze.  Il Comitato nazionale
dell'Albo  ha  potere deliberante ed e' composto da diciannove membri
effettivi  di comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o
giuridica  nelle materie ambientali nominati con decreto del Ministro
dell'ambiente   e   della   tutela   del   territorio   e   designati
rispettivamente:
    a) due dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare, di cui uno con funzioni di Presidente;
    b)  uno  dal  Ministro  dello sviluppo economico, con funzioni di
vice-Presidente;
    c) uno dal Ministro della salute;
    d) uno dal Ministro dell'economia e delle finanze
    e) uno dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
    f) uno dal Ministro dell'interno;
    g) tre dalle regioni;
    h)  uno dall'Unione italiana delle Camere di commercio industria,
artigianato e agricoltura;
    i)   otto   dalle   organizzazioni  imprenditoriali  maggiormente
rappresentative  delle  categorie  economiche interessate, di cui due
dalle    organizzazioni   rappresentative   della   categoria   degli
autotrasportatori  e  due  dalle  organizzazioni  che rappresentano i
gestori  dei rifiuti e uno delle organizzazioni rappresentative delle
imprese  che  effettuano attivita' di bonifica dei siti e di bonifica
di  beni contenenti amianto. Per ogni membro effettivo e' nominato un
supplente.))
  3.  Le Sezioni regionali e provinciali dell'Albo sono istituite con
decreto  del  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare e sono composte:
    a)   dal   Presidente   della  Camera  di  commercio,  industria,
artigianato  e  agricoltura  o  da  un  membro del Consiglio camerale
all'uopo designato dallo stesso, con funzioni di Presidente;
    b)  da  un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella
materia   ambientale   designato  dalla  regione  o  dalla  provincia
autonoma, con funzioni di vice-Presidente;
    c)  da  un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella
materia  ambientale, designato dall'Unione regionale delle province o
dalla provincia autonoma;
    d)   da   un  esperto  di  comprovata  esperienza  nella  materia
ambientale,  designato  dal Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare;
    e) LETTERA SOPPRESSA DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N. 4;
    f) LETTERA SOPPRESSA DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N. 4.
  4. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)).
((5.  L'iscrizione  all'Albo  e'  requisito  per lo svolgimento delle
attivita'  di  raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti,
di   bonifica   dei   beni   contenenti   amianto,  di  commercio  ed
intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi. Sono
esonerati  dall'obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di
cui  agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233,
234, 235 e 236, al decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, e al
decreto   legislativo   25   luglio   2005,   n.  151,  limitatamente
all'attivita'  di  intermediazione  e  commercio  senza detenzione di
rifiuti   oggetto  previste  nei  citati  articoli.  Per  le  aziende
speciali,i  consorzi  di comuni e le societa' di gestione dei servizi
pubblici  ci  cui  al  decreto  legislativo  18  agosto  2000, n.267,
l'iscrizione  all'Albo  e'  effettuata con apposita comunicazione del
comune   o   del   consorzio   di   comuni   alla  sezione  regionale
territorialmente  competente  ed  e' valida per i servizi di gestione
dei rifiuti urbani prodotti nei medesimi comuni. Le iscrizioni di cui
al  presente  comma,  gia'  effettuate alla data di entrata in vigore
della  presente  disposizione,  rimangono  efficaci  fino  alla  loro
naturale scadenza.
  6.   L'iscrizione   deve   essere  rinnovata  ogni  cinque  anni  e
costituisce  titolo  per  l'esercizio delle attivita' di raccolta, di
trasporto,  di  commercio  e  di  intermediazione dei rifiuti; per le
altre attivita' l'iscrizione abilita allo svolgimento delle attivita'
medesime.
  7.  Gli  enti  e  le  imprese iscritte all'Albo per le attivita' di
raccolta   e   trasporto   dei   rifiuti  pericolosi  sono  esonerate
dall'obbligo  di  iscrizione per le attivita' di raccolta e trasporto
dei rifiuti non pericolosi a condizione che tale ultima attivita' non
comporti  variazione  della  classe  per  la  quale  le  imprese sono
iscritte.
  8.  I  produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano
operazioni  di  raccolta  e  trasporto  dei propri rifiuti, nonche' i
produttori  iniziali  di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni
di  raccolta  e  trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantita'
non  eccedenti  trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, non sono
soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a condizione che
tali   operazioni   costituiscano   parte  integrante  ed  accessoria
dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti.
Detti  soggetti  non  sono  tenuti  alla  prestazione  delle garanzie
finanziarie  e sono iscritti in un'apposita sezione dell'Albo in base
alla  presentazione  di  una  comunicazione  alla sezione regionale o
provinciale  dell'Albo  territorialmente  competente  che rilascia il
relativo  provvedimento  entro  i  successivi  trenta  giorni. Con la
comunicazione  l'interessato attesta sotto la sua responsabilita', ai
sensi  dell'articolo  21  della  legge  n.  241  del 1990: a) la sede
dell'impresa,  l'attivita'  o  le attivita' dai quali sono prodotti i
rifiuti; b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;c) gli
estremi identificativi e l'idoneita' tecnica dei mezzi utilizzati per
il  trasporto  dei  rifiuti,  tenuto  anche  conto delle modalita' di
effettuazione  del  trasporto  medesimo; d) l'avvenuto versamento del
diritto  annuale di registrazione di 50 euro rideterminabile ai sensi
dell'articolo  21  del  decreto  del Ministro dell'ambiente 28 aprile
1998,  n.  406.  L'iscrizione  deve  essere  rinnovata ogni 10 anni e
l'impresa   e'   tenuta  a  comunicare  ogni  variazione  intervenuta
successivamente  all'iscrizione.  Le  iscrizioni  di  cui al presente
comma,  effettuate entro il 14 aprile 2008 ai sensi e per gli effetti
della  normativa  vigente  a  quella data, dovranno essere aggiornate
entro  un  anno  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della presente
disposizione.
  9.  Le  imprese  di cui ai commi 5 e 8 tenute ad aderire sistema di
controllo   della   tracciabilita'   dei   rifiuti  (SISTRI)  di  cui
all´articolo  188-bis,  comma  2, lett. a), procedono, in relazione a
ciascun  autoveicolo  utilizzato  per  la raccolta e il trasporto dei
rifiuti,  all'adempimento  degli  obblighi stabiliti dall'articolo 3,
comma  6,  lettera c), del decreto del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare in data in data 17 dicembre 2009. La
Sezione  regionale  dell'Albo  procede, in sede di prima applicazione
entro  due  mesi  dalla  data  di  entrata  in  vigore della presente
disposizione,  alla sospensione d'ufficio dall'Albo degli autoveicoli
per  i  quali  non  e' stato adempiuto l'obbligo di cui al precedente
periodo.  Trascorsi tre mesi dalla sospensione senza che l'obbligo di
cui  sopra  sia  stato  adempiuto,  l'autoveicolo e' di diritto e con
effetto immediato cancellato dall'Albo.
  10.  L'iscrizione all'Albo per le attivita' di raccolta e trasporto
dei  rifiuti  pericolosi,  per  l'attivita'  di  intermediazione e di
commercio  dei  rifiuti senza detenzione dei medesimi, e' subordinata
alla  prestazione di idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato
i  cui  importi e modalita' sono stabiliti con uno o piu' decreti del
Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare, di
concerto  con  il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze.  Tali
garanzie  sono  ridotte  del  cinquanta  per  cento  per  le  imprese
registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009, e del quaranta
per  cento  nel  caso  di  imprese  in  possesso della certificazione
ambientale  ai  sensi della norma Uni En Iso 14001. Fino alla data di
entrata  in  vigore  dei predetti decreti si applicano la modalita' e
gli importi previsti dal decreto del Ministro dell'ambiente in data 8
ottobre  1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio
1997,  come modificato dal decreto del Ministro dell'ambiente in data
23  aprile  1999,  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 26
giugno 1999.
  11.  Le  imprese che effettuano le attivita' di bonifica dei siti e
di  bonifica  dei  beni  contenenti  amianto  devono  prestare idonee
garanzie   finanziarie   a   favore  della  regione  territorialmente
competente  per  ogni intervento di bonifica nel rispetto dei criteri
generali  di cui all'articolo 195, comma 2, lettera g). Tali garanzie
sono  ridotte  del  cinquanta  per cento per le imprese registrate ai
sensi  del regolamento (CE) n. 761/2001, e del quaranta per cento nel
caso  di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi
della norma Uni En Iso 14001.
  12.  Sono  iscritti  all'Albo  le imprese e gli operatori logistici
presso  le  stazioni  ferroviarie,  gli  interporti,  gli impianti di
terminalizzazione,  gli  scali  merci e i porti ai quali, nell'ambito
del  trasporto  intermodale,  sono  affidati  rifiuti in attesa della
presa  in  carico  degli  stessi  da parte dell'impresa ferroviaria o
navale  o dell'impresa che effettua il successivo trasporto, nel caso
di trasporto navale, il raccomandatario marittimo di cui alla legge 4
aprile  1977,  n.  135, e' delegato dall'armatore o noleggiatore, che
effettuano  il  trasporto, per gli adempimenti relativi al sistema di
controllo   della   tracciabilita'   dei   rifiuti  (SISTRI)  di  cui
all´articolo  188-bis,  comma  2,  lett. a). L'iscrizione deve essere
rinnovata  ogni  cinque  anni  e  non e' subordinata alla prestazione
delle garanzie finanziarie.
  13.  L'iscrizione  all'Albo  ed  i provvedimenti di sospensione, di
revoca,  di  decadenza  e  di  annullamento  dell'iscrizione, nonche'
l'accettazione,  la  revoca  e lo svincolo delle garanzie finanziarie
che devono essere prestate a favore dello Stato sono deliberati dalla
Sezione   regionale  dell'Albo  della  regione  ove  ha  sede  legale
l'impresa  interessata,  in  base  alla  normativa  vigente  ed  alle
direttive emesse dal Comitato nazionale.
  14.  Avverso  i provvedimenti delle Sezioni regionali dell'Albo gli
interessati  possono  proporre,  nel  termine  di decadenza di trenta
giorni  dalla  notifica dei provvedimenti stessi, ricorso al Comitato
nazionale dell'Albo
  15.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del
territorio  e  del  mare,  di  concerto con i Ministri dello sviluppo
economico  e  delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il parere
del  Comitato  nazionale, da adottare entro novanta giorni dalla data
di  entrata  in  vigore della parte quarta del presente decreto, sono
definite  le  attribuzioni  e le modalita' organizzative dell'Albo, i
requisiti  tecnici  e  finanziari  delle  imprese,  i  requisiti  dei
responsabili  tecnici  delle  medesime,  i  termini e le modalita' di
iscrizione,  i  diritti  annuali  d'iscrizione. Fino all'adozione dei
predetto  decreto,  continuano ad applicarsi, per quanto compatibili,
le  disposizioni  del  decreto  del  Ministro dell'ambiente 28 aprile
1998, n. 406, e delle deliberazioni del Comitato nazionale dell'Albo.
Il decreto di cui al presente comma si informa ai seguenti principi:
    a) individuazione di requisiti per l'iscrizione, validi per tutte
le sezioni, al fine di uniformare le procedure;
    b) coordinamento con la vigente normativa sull'autotrasporto, sul
trasporto  ferroviario,  sul  trasporto via mare e per via navigabile
interna, in coerenza con la finalita' di cui alla lettera a);
    c)  effettiva  copertura  delle  spese  attraverso  i  diritti di
segreteria e i diritti annuali di iscrizione;
    d)  ridefinizione  dei diritti annuali d'iscrizione relativi alle
imprese  di trasporto dei rifiuti iscritte all'Albo nazionale gestori
ambientali;
    e)   interconnessione   e   interoperabilita'  con  le  pubbliche
amministrazioni competenti alla tenuta di pubblici registri;
    f)    riformulazione   del   sistema   disciplinare-sanzionatorio
dell'Albo e delle cause di cancellazione dell'iscrizione;
    g)  definizione  delle  competenze  e  delle  responsabilita' del
responsabile tecnico.
  16.  Nelle  more  dell'emanazione  dei  decreti  di cui al presente
articolo,  continuano  ad  applicarsi  le  disposizioni disciplinanti
l'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti
vigenti  alla  data  di  entrata  in  vigore  della  parte quarta del
presente  decreto,  la  cui abrogazione e' differita al momento della
pubblicazione dei suddetti decreti.
  17.  Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle
Sezioni  regionali e provinciali si provvede con le entrate derivanti
dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d'iscrizione, secondo
le  previsioni,  anche  relative  alle  modalita'  di versamento e di
utilizzo,   che   saranno   determinate   con  decreto  del  Ministro
dell'ambiente  e  della tutela del territorio e del mare, di concerto
con  il Ministro dell'economia e delle finanze. Fino all'adozione del
citato  decreto,  si  applicano le disposizioni di cui al decreto del
Ministro  dell'ambiente  in  data  29  dicembre  1993,  e  successive
modificazioni,  e  le  disposizioni  di  cui  al decreto del Ministro
dell'ambiente  in  data  13  dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale  n.  51  del  1° marzo 1995. Le somme di cui all'articolo 7
comma  7,  del decreto del Ministro dell'ambiente 29 in data dicembre
1993  sono  versate  al  Capo  XXXII,  capitolo  2592,  articolo  04,
dell'entrata  del  Bilancio  dello Stato, per essere riassegnate, con
decreto  del Ministro dell'economia e delle finanze, al Capitolo 7082
dello  stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare.
  18.   I  compensi  da  corrispondere  ai  componenti  del  Comitato
nazionale   dell'Albo   e  delle  Sezioni  regionali  dell'Albo  sono
determinati  ai  sensi  dell'articolo  7,  comma  5,  del decreto del
Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, 406.
  19.  La  disciplina  regolamentare  dei casi in cui, ai sensi degli
articoli  19  e  20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'esercizio di
un'attivita' privata puo' essere intrapreso sulla base della denuncia
di  inizio dell'attivita' non si applica alle domande di iscrizione e
agli atti di competenza dell'Albo.))
  20. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)).
  21. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)).
  22. ((IL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205 HA CONFERMATO L'ABROGAZIONE
DEL PRESENTE COMMA)).
  23. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)).
  24. ((IL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205 HA CONFERMATO L'ABROGAZIONE
DEL PRESENTE COMMA)).
  25. ((IL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205 HA CONFERMATO L'ABROGAZIONE
DEL PRESENTE COMMA)).
  26. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)).
  27. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)).
  28. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)).
                              ART. 213
                (autorizzazioni integrate ambientali)

   1.  Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del
decreto  legislativo  18  febbraio 2005, n. 59, sostituiscono ad ogni
effetto, secondo le modalita' ivi previste:
    a) le autorizzazioni di cui al presente capo;
    b)  la  comunicazione di cui all'articolo 216, limitatamente alle
attivita' non ricadenti nella categoria 5 dell'Allegato I del decreto
legislativo  18  febbraio  2005,  n.  59, che, se svolte in procedura
semplificata,  sono escluse dall'autorizzazione ambientale integrata,
ferma  restando  la  possibilita'  di  utilizzare  successivamente le
procedure semplificate previste dal capo V.
   2. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)).

CAPO V

PROCEDURE SEMPLIFICATE


                            Articolo 214
     (( (Determinazione delle attivita' e delle caratteristiche
      dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate)

    1. Le procedure semplificate  di  cui  al  presente  capo  devono
garantire in ogni caso un elevato livello di protezione ambientale  e
controlli efficaci  ai  sensi  e  nel  rispetto  di  quanto  disposto
dall'articolo 177, comma 4.
    2. Con decreti del Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare, di concerto  con  i  Ministri  dello  sviluppo
economico, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attivita'  che
generano i fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole  e
forestali, sono adottate per ciascun tipo di attivita' le norme,  che
fissano i tipi e le quantita' di rifiuti e le condizioni in base alle
quali  le  attivita'  di  smaltimento  di  rifiuti   non   pericolosi
effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e  le
attivita' di recupero di cui all'Allegato C  alla  parte  quarta  del
presente decreto sono sottoposte alle procedure semplificate  di  cui
agli articoli 215 e  216.  Con  la  medesima  procedura  si  provvede
all'aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni.
    3. Le norme e le condizioni di cui al  comma  2  e  le  procedure
semplificate devono garantire che i tipi o le quantita' di rifiuti ed
i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero  siano  tali  da
non costituire un pericolo per la salute dell'uomo e  da  non  recare
pregiudizio  all'ambiente.  In   particolare,   ferma   restando   la
disciplina del decreto legislativo 11  maggio  2005,  n.  133  ,  per
accedere alle procedure semplificate,  le  attivita'  di  trattamento
termico e di  recupero  energetico  devono,  inoltre,  rispettare  le
seguenti condizioni:
      a) siano  utilizzati  combustibili  da  rifiuti  urbani  oppure
rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee;
      b) i limiti di emissione non siano superiori a quelli stabiliti
per gli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti dalla
normativa vigente, con particolare riferimento al decreto legislativo
11 maggio 2005, n. 133;
      c)  sia  garantita  la  produzione  di  una   quota minima   di
trasformazione del potere calorifico dei  rifiuti  in  energia  utile
calcolata su base annuale;
      d) siano  rispettate le  condizioni,  le  norme tecniche  e  le
prescrizioni specifiche di cui agli articoli 215, commi 1 e 2, e 216,
commi 1, 2 e 3.
    4. Sino all'adozione dei decreti di cui al comma 2  relativamente
alle attivita' di recupero continuano ad applicarsi  le  disposizioni
di cui  ai  decreti  del  Ministro  dell'ambiente  5  febbraio  1998,
pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile  1998
e 12 giugno 2002, n. 161.
    5. L'adozione delle norme e delle condizioni di cui  al  comma  2
deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde
di cui all'Allegato III del regolamento (CE), n. 1013/2006.
    6. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma  3,
e 216, comma  3,  e  per  l'effettuazione  dei  controlli  periodici,
l'interessato e' tenuto a  versare  alla  provincia  territorialmente
competente un diritto di iscrizione annuale determinato  con  decreto
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,
di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e
delle finanze. Nelle more dell'emanazione del  predetto  decreto,  si
applicano  le  disposizioni  di   cui   al   decreto   del   Ministro
dell'ambiente 21  luglio  1998,  n.  350.All'attuazione  dei  compiti
indicati dal presente comma le Province  provvedono  con  le  risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione  vigente,
senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
    7. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto
delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai
commi 2 e 3 e' disciplinata dalla normativa nazionale  e  comunitaria
in materia di qualita' dell'aria e  di  inquinamento  atmosferico  da
impianti industriali e  dalle  altre  disposizioni  che  regolano  la
costruzione di impianti industriali.
    L'autorizzazione   all'esercizio   nei   predetti   impianti   di
operazioni di recupero  di  rifiuti  non  individuati  ai  sensi  del
presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di  cui
agli articoli 208, 209 e 211.
    8. Alle denunce, alle comunicazioni e alle  domande  disciplinate
dal  presente  capo  si  applicano,   in   quanto   compatibili,   le
disposizioni  relative  alle  attivita'   private   sottoposte   alla
disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n.  241.
Si applicano, altresi', le disposizioni di cui all'articolo 21  della
legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione  che  siano  rispettate  le
condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni  specifiche  adottate
ai sensi dei commi 1, 2 e  3  dell'articolo  216,  l'esercizio  delle
operazioni di recupero dei rifiuti  puo'  essere  intrapresa  decorsi
novanta giorni  dalla  comunicazione  di  inizio  di  attivita'  alla
provincia.
    9.  Le  province  comunicano  al  catasto  dei  rifiuti  di   cui
all'articolo 189, attraverso il  Catasto  telematico  e  secondo  gli
standard concordati con ISPRA, che cura l'inserimento  in  un  elenco
nazionale,   accessibile   al   pubblico,   dei   seguenti   elementi
identificativi delle  imprese  iscritte  nei  registri  di  cui  agli
articoli 215, comma 3, e 216, comma 3:
      a) ragione sociale;
      b) sede legale dell'impresa;
      c) sede dell'impianto;
      d) tipologia di rifiuti oggetto dell'attivita' di gestione;
      e) relative quantita';
      f) attivita' di gestione;
      g) data di iscrizione nei registri  di cui  agli  articoli 215,
comma 3, e 216, comma 3.
    10. La comunicazione dei dati di cui al  comma  9  deve  avvenire
senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza  pubblica  tra  i
sistemi informativi regionali  esistenti,  e  il  Catasto  telematico
secondo standard condivisi.
    11. Con uno o piu' decreti, emanati ai  sensi  dell'articolo  17,
comma  2,  della  legge  23  agosto  1988,  n.  400,   e   successive
modificazioni, su proposta del Ministro dell'ambiente e della  tutela
del territorio  e  del  mare,  sentito  il  Ministro  dello  sviluppo
economico, sono individuate le condizioni alle quali l'utilizzo di un
combustibile alternativo, in parziale sostituzione  dei  combustibili
fossili tradizionali, in impianti soggetti al regime di cui al Titolo
III-bis  della  Parte  II,  dotati  di  certificazione  di   qualita'
ambientale, sia da qualificarsi, ad ogni effetto, come  modifica  non
sostanziale. I  predetti  decreti  possono  stabilire,  nel  rispetto
dell'articolo 177, comma 4, le opportune modalita' di integrazione ed
unificazione delle procedure, anche presupposte, per  l'aggiornamento
dell'autorizzazione integrata ambientale, con effetto di assorbimento
e sostituzione  di  ogni  altro  prescritto  atto  di  assenso.  Alle
strutture  eventualmente  necessarie,  ivi  incluse  quelle  per   lo
stoccaggio e l'alimentazione del combustibile alternativo, realizzate
nell'ambito del sito dello stabilimento qualora non gia'  autorizzate
ai sensi del precedente periodo, si applica il  regime  di  cui  agli
articoli 22 e 23 del testo unico  delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto  del  Presidente
della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni.))
                          Articolo 214-bis
                      (( (Sgombero della neve)

    1. Le attivita' di sgombero della neve effettuate dalle pubbliche
amministrazioni  o  da  loro  delegati,  dai  concessionari  di  reti
infrastrutturali  o infrastrutture non costituisce detenzione ai fini
della lettera a) comma 1 dell'articolo 183.))
                              ART. 215
                          (autosmaltimento)

   1.  A  condizione  che  siano  rispettate  le  norme tecniche e le
prescrizioni  specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, ((e
siano tenute in considerazione le migliori tecniche disponibili,)) le
attivita'  di  smaltimento  di  rifiuti non pericolosi effettuate nel
luogo  di  produzione  dei  rifiuti  stessi possono essere intraprese
decorsi  novanta  giorni  dalla  comunicazione di inizio di attivita'
alla provincia territorialmente competente, (( . . . )).
   2. Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare:
    a)  il  tipo,  la  quantita'  e le caratteristiche dei rifiuti da
smaltire;
    b) il ciclo di provenienza dei rifiuti;
    c)  le  condizioni  per  la  realizzazione  e  l'esercizio  degli
impianti;
    d) le caratteristiche dell'impianto di smaltimento;
    e)   la   qualita'   delle  emissioni  e  degli  scarichi  idrici
nell'ambiente.
   3.  La  provincia  iscrive  in un apposito registro le imprese che
effettuano  la  comunicazione  di  inizio  di  attivita'  ed entro il
termine  di  cui  al  comma  1  verifica d'ufficio la sussistenza dei
presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione
di   inizio   di   attivita',   a  firma  del  legale  rappresentante
dell'impresa, e' allegata una relazione dalla quale deve risultare:
    a) il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche
di cui al comma 1;
    b)  il  rispetto  delle  norme  tecniche  di  sicurezza  e  delle
procedure autorizzative previste dalla normativa vigente.
   4. Qualora la provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle
norme  tecniche  e  delle  condizioni  di cui al comma 1, dispone con
provvedimento  motivato  il  divieto di inizio ovvero di prosecuzione
dell'attivita',  salvo  che  l'interessato  non provveda a conformare
alla  normativa  vigente  detta  attivita' ed i suoi effetti entro il
termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.
   5.  La  comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni
cinque  anni  e,  comunque,  in  caso  di  modifica sostanziale delle
operazioni di autosmaltimento.
   6.  Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 208,
209,  210 e 211 le attivita' di autosmaltimento di rifiuti pericolosi
e la discarica di rifiuti.
                              ART. 216
                      (operazioni di recupero)

   1.  A  condizione  che  siano  rispettate  le  norme tecniche e le
prescrizioni  specifiche  di  cui  all'articolo  214, commi 1, 2 e 3,
l'esercizio  delle  operazioni  di  recupero  dei rifiuti puo' essere
intrapreso  decorsi  novanta  giorni dalla comunicazione di inizio di
attivita'  alla  provincia  territorialmente  competente (( . . . )).
Nelle ipotesi di rifiuti elettrici ed elettronici di cui all'articolo
227,  comma  1,  lettera a), di veicoli fuori uso di cui all'articolo
227,  comma  1, lettera c), e di impianti di coincenerimento, l'avvio
delle  attivita'  e'  subordinato  all'effettuazione  di  una  visita
preventiva,  da  parte  della provincia competente per territorio, da
effettuarsi  entro sessanta giorni dalla presentazione della predetta
comunicazione.
   2.  Le  condizioni  e  le  norme  tecniche  di  cui al comma 1, in
relazione a ciascun tipo di attivita', prevedono in particolare:
    a) per i rifiuti non pericolosi:
     1) le quantita' massime impiegabili;
     2)  la  provenienza,  i  tipi  e  le caratteristiche dei rifiuti
utilizzabili nonche' le condizioni specifiche alle quali le attivita'
medesime  sono  sottoposte  alla  disciplina  prevista  dal  presente
articolo;
     3)  le  prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione
ai  tipi  o  alle  quantita'  dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i
rifiuti   stessi  siano  recuperati  senza  pericolo  per  la  salute
dell'uomo  e  senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare
pregiudizio all'ambiente;
    b) per i rifiuti pericolosi:
     1) le quantita' massime impiegabili;
     2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti;
     3)  le  condizioni  specifiche  riferite  ai  valori  limite  di
sostanze  pericolose  contenute  nei  rifiuti,  ai  valori  limite di
emissione  per  ogni  tipo  di  rifiuto  ed al tipo di attivita' e di
impianto utilizzato, anche in relazione alle altre emissioni presenti
in sito;
     4) gli altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di
recupero;
     5)  le  prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione
al  tipo  ed  alle  quantita'  di  sostanze  pericolose contenute nei
rifiuti  ed  ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati
senza  pericolo  per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti e
metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente.
   3.  La  provincia  iscrive  in un apposito registro le imprese che
effettuano  la  comunicazione  di  inizio  di  attivita'  e, entro il
termine  di  cui  al  comma  1, verifica d'ufficio la sussistenza dei
presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione
di   inizio   di   attivita',   a  firma  del  legale  rappresentante
dell'impresa, e' allegata una relazione dalla quale risulti:
    a) il rispetto delle nonne tecniche e delle condizioni specifiche
di cui al comma 1;
    b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione
dei rifiuti;
    c) le attivita' di recupero che si intendono svolgere;
    d)  lo  stabilimento,  la  capacita'  di  recupero  e il ciclo di
trattamento  o  di  combustione  nel  quale  i  rifiuti  stessi  sono
destinati  ad  essere  recuperati,  nonche'  l'utilizzo  di eventuali
impianti mobili;
    e)  le  caratteristiche  merceologiche dei prodotti derivanti dai
cicli di recupero.
   4.  Qualora  la  competente Sezione regionale dell'Albo accerti il
mancato  rispetto  delle  norme tecniche e delle condizioni di cui al
comma  1, la medesima sezione propone alla provincia di disporre, con
provvedimento  motivato,  il divieto di inizio ovvero di prosecuzione
dell'attivita',  salvo  che  l'interessato  non provveda a conformare
alla  normativa  vigente  detta  attivita' ed i suoi effetti entro il
termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.(10)
   5.  La  comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni
cinque  anni  e  comunque  in  caso  di  modifica  sostanziale  delle
operazioni di recupero.
   6.   La   procedura  semplificata  di  cui  al  presente  articolo
sostituisce, limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative
delle  emissioni  determinate  dai  rifiuti  individuati  dalle norme
tecniche  di cui al comma 1 che gia' fissano i limiti di emissione in
relazione  alle  attivita' di recupero degli stessi, l'autorizzazione
di   cui   all'articolo   269   in   caso   di  modifica  sostanziale
dell'impianto.
 ((7.  Alle  attivita'  di  cui  al  presente  articolo  si applicano
integralmente  le  norme  ordinarie  per il recupero e lo smaltimento
qualora  i  rifiuti  non  vengano  destinati  in  modo  effettivo  al
recupero.))
   8. Fermo restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera
di  cui  all'articolo  214,  comma  4, lettera b), e dei limiti delle
altre  emissioni inquinanti stabilite da disposizioni vigenti e fatta
salva  l'osservanza degli altri vincoli a tutela dei profili sanitari
e  ambientali,  entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
della  parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e
della  tutela  del territorio e del mare, di concerto con il Ministro
delle  attivita' produttive, determina modalita', condizioni e misure
relative   alla  concessione  di  incentivi  finanziari  previsti  da
disposizioni  legislative  vigenti  a  favore  dell'utilizzazione dei
rifiuti in via prioritaria in operazioni di riciclaggio e di recupero
per  ottenere  materie,  sostanze, oggetti, nonche' come combustibile
per  produrre  energia  elettrica,  tenuto anche conto del prevalente
interesse  pubblico  al recupero energetico nelle centrali elettriche
di  rifiuti  urbani sottoposti a preventive operazioni di trattamento
finalizzate  alla produzione di combustibile da rifiuti ((e di quanto
previsto  dal  decreto  legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387,  e
successive  modificazioni, nonche' dalla direttiva 2009/28/CE e dalle
relative disposizioni di recepimento)).
 ((8-bis.  Le  operazioni  di messa in riserva dei rifiuti pericolosi
individuati  ai  sensi  del  presente  articolo  sono sottoposte alle
procedure  semplificate  di comunicazione di inizio di attivita' solo
se  effettuate  presso  l'impianto  dove  avvengono  le operazioni di
riciclaggio  e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell'Allegato
C alla parte quarta del presente decreto.
   8-ter.  Fatto salvo quanto previsto dal comma 8, le norme tecniche
di   cui   ai   commi  1,  2  e  3  stabiliscono  le  caratteristiche
impiantistiche  dei  centri  di  messa  in  riserva  di  rifiuti  non
pericolosi  non  localizzati presso gli impianti dove sono effettuate
le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1
a  R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonche'
le  modalita'  di  stoccaggio  e  i  termini  massimi entro i quali i
rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni.))
   9. COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4.
   10. COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4.
   11. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)).
   12. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)).
   13. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)).
   14. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)).
   15. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)).

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AGGIORNAMENTO (10)
  Il  D.Lgs.  16  gennaio 2008, n. 4 ha disposto (con l'art. 2, comma
38)  che  "All'articolo  216,  comma  4,  le  parole  da: "La sezione
regionale   dell'Albo"   fino  a  "disporre"  sono  sostituite  dalle
seguenti:  "  La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle
norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone"".
                          Articolo 216-bis 
                             (Oli usati) 
 
    1. Fatti salvi gli obblighi riguardanti la gestione  dei  rifiuti
pericolosi, gli oli usati sono gestiti in base  alla  classificazione
attribuita ad essi ai sensi e per gli effetti dell´articolo 184,  nel
rispetto delle disposizioni della parte IV del presente decreto e, in
particolare, secondo l´ordine di priorita' di cui  all'articolo  179,
comma 1. 
    2.  Fermo  quanto  previsto  dall'articolo   187,   il   deposito
temporaneo,  la  raccolta  e  il  trasporto  degli  oli  usati   sono
realizzati in modo  da  tenere  costantemente  separate,  per  quanto
tecnicamente possibile, tipologie di oli usati da destinare,  secondo
l´ordine di priorita' di cui all'articolo 179, comma 1, a processi di
trattamento diversi fra loro. E' fatto comunque divieto di miscellare
gli oli minerali usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze. 
    3. Gli oli usati devono essere gestiti: 
      a)  in  via  prioritaria,  tramite  rigenerazione   tesa   alla
produzione di basi lubrificanti; 
      b) in via sussidiaria e, comunque, nel rispetto dell´ordine  di
priorita' di cui all'articolo 179, comma 1, qualora la  rigenerazione
sia  tecnicamente  non  fattibile  ed  economicamente  impraticabile,
tramite combustione, nel rispetto delle disposizioni di cui al titolo
III-bis della parte II del presente decreto e al decreto  legislativo
11 maggio 2005, n. 133; 
      c) in via residuale, qualora le modalita' di trattamento di cui
alle precedenti lettere a) e b) non siano tecnicamente praticabili  a
causa della composizione  degli  oli  usati,  tramite  operazioni  di
smaltimento di cui all'Allegato B della parte IV 
del presente decreto. 
    4. Al fine di dare priorita' alla rigenerazione degli oli  usati,
le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal  territorio  italiano
verso impianti di incenerimento e  coincenerimento  collocati  al  di
fuori del territorio nazionale, sono  escluse  nella  misura  in  cui
ricorrano le condizioni di cui agli articoli 11 e 12 del  regolamento
(CE) n. 1013/2006. Si applicano i principi di cui agli articoli 177 e
178, nonche' il principio di prossimita'. 
    5. Le spedizioni transfrontaliere di  oli  usati  dal  territorio
italiano verso impianti di rigenerazione collocati al  di  fuori  del
territorio nazionale sono valutate ai sensi del regolamento  (CE)  n.
1013/2006  e,  in  particolare,   dell'articolo   12   del   predetto
regolamento. 
    6. Ai fini di cui al comma 5, il Ministro dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare puo'  individuare  con  uno  o  piu'
decreti gli elementi da valutare secondo le  facolta'  concesse  alle
autorita' di spedizione o di transito nell'esercizio delle competenze
di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006. 
    7. Con uno o piu' regolamenti del Ministro dell'ambiente e  della
tutela del territorio e del mare da adottarsi, ai sensi dell'articolo
17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto  con  il
Ministro dello sviluppo economico,  entro  centottanta  giorni  dalla
data di entrata in vigore della presente disposizione, sono  definite
le norme tecniche per la gestione  di  oli  usati  in  conformita'  a
quanto disposto dal presente  articolo.((Nelle  more  dell'emanazione
del decreto di cui al primo periodo, le autorita' competenti  possono
autorizzare, nel rispetto della  normativa  dell'Unione  europea,  le
operazioni  di  rigenerazione  degli  oli  usati  anche   in   deroga
all'allegato A, tabella 3, del decreto ministeriale 16  maggio  1996,
n. 392, fermi restando i limiti stabiliti dalla predetta  tabella  in
relazione al parametro PCB/PCT.)) 
    8. I composti usati fluidi o liquidi solo parzialmente formati di
olio minerale o sintetico, compresi i residui oleosi di  cisterna,  i
miscugli di acqua e olio, le emulsioni ed altre miscele  oleose  sono
soggette alla disciplina sugli oli usati. 
                          Articolo 216-ter
             (( (Comunicazioni alla Commissione europea)

    1. I piani di gestione ed  i  programmi  di  prevenzione  di  cui
all'articolo 199, commi 1  e  3,  lettera  r)  e  le  loro  eventuali
revisioni sostanziali, sono comunicati al Ministero  dell'ambiente  e
della tutela del  territorio  e  del  mare,  utilizzando  il  formato
adottato in sede comunitaria, per  la  successiva  trasmissione  alla
Commissione europea.
    2. Con cadenza triennale,  il  Ministero  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea le
informazioni sull'applicazione della direttiva  2008/98/CE,  inviando
una relazione settoriale in formato  elettronico  sulla  base  di  un
questionario o di uno schema inviato dalla Commissione europea stessa
sei  mesi  prima  del  periodo  contemplato  dalla  citata  relazione
settoriale.
    3. La relazione di cui al comma 2, trasmessa la prima volta  alla
Commissione europea entro nove  mesi  dalla  fine  del  triennio  che
decorre dal 12 dicembre 2010, prevede, tra l'altro,  le  informazioni
sulla   gestione   degli   oli   usati,   sui   progressi    compiuti
nell'attuazione dei programmi di  prevenzione  dei  rifiuti,  di  cui
all'articolo 199, comma  3,  lettera  r),  e  sulla  misure  previste
dall'eventuale attuazione del principio della responsabilita'  estesa
del produttore, di cui all'articolo 178-bis, comma 1, lettera a).
    4.  Gli  obiettivi  di  cui  all'articolo   181   relativi   alla
preparazione per il riutilizzo e  al  riciclaggio  di  rifiuti,  sono
comunicati alla Commissione  europea  con  i  tempi  e  le  modalita'
descritte nei commi 2 e 3.
    5. La parte quarta del presente decreto nonche'  i  provvedimenti
inerenti la gestione dei rifiuti, sono  comunicati  alla  Commissione
europea.))

TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI


                              ART. 217
                      (ambito di applicazione)

   1.  Il  presente  titolo disciplina la gestione degli imballaggi e
dei  rifiuti  di  imballaggio  sia per prevenirne e ridurne l'impatto
sull'ambiente   ed   assicurare   un   elevato   livello   di  tutela
dell'ambiente,  sia  per  garantire  il  funzionamento  del  mercato,
nonche'  per  evitare  discriminazioni  nei  confronti  dei  prodotti
importati,   prevenire   l'insorgere   di   ostacoli  agli  scambi  e
distorsioni  della  concorrenza  e  garantire  il  massimo rendimento
possibile   degli   imballaggi  e  dei  rifiuti  di  imballaggio,  in
conformita'  alla  direttiva  94/62/CE  del  Parlamento europeo e del
Consiglio  del  20  dicembre  1994, come integrata e modificata dalla
direttiva  2004/12/CE  del Parlamento europeo e del Consiglio, di cui
la   parte   quarta  del  presente  decreto  costituisce  recepimento
nell'ordinamento  interno. I sistemi di gestione devono essere aperti
alla partecipazione degli operatori economici interessati.
   2.  La  disciplina di cui al comma 1 riguarda la gestione di tutti
gli  imballaggi immessi sul mercato nazionale e di tutti i rifiuti di
imballaggio  derivanti  dal  loro  impiego,  utilizzati o prodotti da
industrie,  esercizi  commerciali,  uffici,  negozi,  servizi, nuclei
domestici,  a  qualsiasi  titolo,  qualunque siano i materiali che li
compongono.  Gli  operatori delle rispettive filiere degli imballaggi
nel   loro   complesso   garantiscono,   secondo   i  principi  della
"responsabilita'   condivisa",   che   l'impatto   ambientale   degli
imballaggi  e  dei  rifiuti  di  imballaggio  sia  ridotto  al minimo
possibile per tutto il ciclo di vita.
   3.  Restano fermi i vigenti requisiti in materia di qualita' degli
imballaggi,  come  quelli  relativi  alla  sicurezza, alla protezione
della  salute e all'igiene dei prodotti imballati, nonche' le vigenti
disposizioni in materia di trasporto e sui rifiuti pericolosi.
                              ART. 218
                            (definizioni)

  1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo si intende per:
    a)  imballaggio:  il prodotto, composto di materiali di qualsiasi
natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai
prodotti  finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e
la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, ad
assicurare  la  loro  presentazione,  nonche'  gli articoli a perdere
usati allo stesso scopo;
    b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio
concepito  in  modo da costituire, nel punto di vendita, un'unita' di
vendita per l'utente finale o per il consumatore;
    c)  imballaggio  multiplo  o  imballaggio secondario: imballaggio
concepito   in   modo   da  costituire,  nel  punto  di  vendita,  il
raggruppamento   di   un   certo   numero   di   unita'  di  vendita,
indipendentemente  dal  fatto  che  sia  venduto come tale all'utente
finale  o  al  consumatore,  o  che  serva  soltanto  a facilitare il
rifornimento  degli  scaffali  nel punto di vendita. Esso puo' essere
rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;
    d)   imballaggio   per  il  trasporto  o  imballaggio  terziario:
imballaggio  concepito  in  modo da facilitare la manipolazione ed il
trasporto  di  merci,  dalle  materie prime ai prodotti finiti, di un
certo  numero  di unita' di vendita oppure di imballaggi multipli per
evitare  la  loro  manipolazione  ed  i  danni connessi al trasporto,
esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed
aerei;
    e)   imballaggio  riutilizzabile:  imballaggio  o  componente  di
imballaggio  che  e'  stato concepito e progettato per sopportare nel
corso  del  suo  ciclo di vita un numero minimo di viaggi o rotazioni
all'interno di un circuito di riutilizzo;
    f)  rifiuto  di  imballaggio:  ogni  imballaggio  o  materiale di
imballaggio,   rientrante   nella   definizione  di  rifiuto  di  cui
all'articolo  183,  comma  1,  lettera  a),  esclusi  i residui della
produzione;
    g)  gestione dei rifiuti di imballaggio: le attivita' di gestione
di cui all'articolo 183, comma 1, lettera d);
    h)  prevenzione: riduzione, in particolare attraverso lo sviluppo
di  prodotti  e di tecnologie non inquinanti, della quantita' e della
nocivita'   per   l'ambiente  sia  delle  materie  e  delle  sostanze
utilizzate  negli  imballaggi e nei rifiuti di imballaggio, sia degli
imballaggi  e  rifiuti  di  imballaggio  nella  fase  del processo di
produzione,   nonche'  in  quella  della  commercializzazione,  della
distribuzione, dell'utilizzazione e della gestione post-consumo;
    i)  riutilizzo:  qualsiasi  operazione  nella quale l'imballaggio
concepito  e  progettato  per poter compiere, durante il suo ciclo di
vita,  un  numero  minimo  di  spostamenti o rotazioni e' riempito di
nuovo  o  reimpiegato  per  un  uso identico a quello per il quale e'
stato  concepito,  con  o  senza  il  supporto  di prodotti ausiliari
presenti  sul  mercato che consentano il riempimento dell'imballaggio
stesso;  tale imballaggio riutilizzato diventa rifiuto di imballaggio
quando cessa di essere reimpiegato;
    l)  riciclaggio:  ritrattamento  in un processo di produzione dei
rifiuti  di  imballaggio  per la loro funzione originaria o per altri
fini, incluso il riciclaggio organico e ad esclusione del recupero di
energia;
    m) recupero dei rifiuti generati da imballaggi: le operazioni che
utilizzano   rifiuti   di  imballaggio  per  generare  materie  prime
secondarie,   prodotti   o   combustibili,   attraverso   trattamenti
meccanici,  termici,  chimici  o biologici, inclusa la cernita, e, in
particolare, le operazioni previste nell'Allegato C alla parte quarta
del presente decreto;
    n) recupero di energia: l'utilizzazione di rifiuti di imballaggio
combustibili    quale    mezzo    per   produrre   energia   mediante
termovalorizzazione  con  o  senza  altri  rifiuti ma con recupero di
calore;
    o) riciclaggio organico: il trattamento aerobico (compostaggio) o
anaerobico   (biometanazione),   ad   opera  di  microrganismi  e  in
condizioni  controllate,  delle  parti  biodegradabili dei rifiuti di
imballaggio,  con  produzione  di residui organici stabilizzanti o di
biogas  con  recupero  energetico, ad esclusione dell'interramento in
discarica,  che  non puo' essere considerato una forma di riciclaggio
organico;
    p)   smaltimento:   ogni   operazione   finalizzata  a  sottrarre
definitivamente  un  imballaggio  o  un  rifiuto  di  imballaggio dal
circuito  economico  e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni
previste nell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto;
    q)   operatori  economici:  i  produttori,  gli  utilizzatori,  i
recuperatori,   i   riciclatori,  gli  utenti  finali,  le  pubbliche
amministrazioni e i gestori;
    r)  produttori:  i  fornitori  di  materiali  di  imballaggio,  i
fabbricanti,  i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e
di materiali di imballaggio;
    s)  utilizzatori:  i commercianti, i distributori, gli addetti al
riempimento, gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi
pieni;
    t) pubbliche amministrazioni e gestori: i soggetti e gli enti che
provvedono  alla organizzazione, controllo e gestione del servizio di
raccolta,  trasporto,  recupero e smaltimento di rifiuti urbani nelle
forme   di  cui  alla  parte  quarta  del  presente  decreto  o  loro
concessionari;
    u)  utente  finale:  il  soggetto  che  nell'esercizio  della sua
attivita'  professionale  acquista, come beni strumentali, articoli o
merci imballate;
    v)  consumatore:  il  soggetto  che  fuori  dall'esercizio di una
attivita'   professionale   acquista   o   importa  per  proprio  uso
imballaggi, articoli o merci imballate;
    z)  accordo  volontario:  accordo  formalmente  concluso  tra  le
pubbliche   amministrazioni   competenti   e   i   settori  economici
interessati,  aperto a tutti i soggetti interessati, che disciplina i
mezzi, gli strumenti e le azioni per raggiungere gli obiettivi di cui
all'articolo 220;
    aa)  filiera: organizzazione economica e produttiva che svolge la
propria  attivita',  dall'inizio del ciclo di lavorazione al prodotto
finito di imballaggio, nonche' svolge attivita' di recupero e riciclo
a fine vita dell'imballaggio stesso;
    bb)  ritiro:  l'operazione  di ripresa dei rifiuti di imballaggio
primari  o  comunque  conferiti  al  servizio  pubblico,  nonche' dei
rifiuti  speciali  assimilati, gestita dagli operatori dei servizi di
igiene urbana o simili;
    cc)  ripresa: l'operazione di restituzione degli imballaggi usati
secondari  e  terziari  dall'utilizzatore o utente finale, escluso il
consumatore,  al  fornitore  della merce o distributore e, a ritroso,
lungo  la  catena  logistica  di  fornitura  fino al produttore dell'
imballaggio stesso;
    dd)  imballaggio  usato:  imballaggio secondario o terziario gia'
utilizzato e destinato ad essere ritirato o ripreso.
  2.  La  definizione  di imballaggio di cui alle lettere da a) ad e)
del  comma  1  e'  inoltre basata sui criteri interpretativi indicati
nell'articolo  3  della  direttiva  94/62/CEE,  cosi' come modificata
dalla  direttiva  2004/12/CE  e  sugli  esempi illustrativi riportati
nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.
                              ART. 219
           (criteri informatori dell'attivita' di gestione
                     dei rifiuti di imballaggio)

   1.  L'attivita'  di  gestione  degli  imballaggi  e dei rifiuti di
imballaggio si informa ai seguenti principi generali:
    a) incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della
quantita'  e della pericolosita' nella fabbricazione degli imballaggi
e  dei  rifiuti  di  imballaggio,  soprattutto attraverso iniziative,
anche  di  natura  economica  in  conformita' ai principi del diritto
comunitario, volte a promuovere lo sviluppo di tecnologie pulite ed a
ridurre  a  monte  la  produzione e l'utilizzazione degli imballaggi,
nonche'  a  favorire la produzione di imballaggi riutilizzabili ed il
loro concreto riutilizzo;
    b)  incentivazione  del  riciclaggio  e  del  recupero di materia
prima,   sviluppo   della   raccolta   differenziata  di  rifiuti  di
imballaggio  e promozione di opportunita' di mercato per incoraggiare
l'utilizzazione  dei  materiali  ottenuti  da  imballaggi riciclati e
recuperati;
    c) riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggio destinati allo
smaltimento finale attraverso le altre forme di recupero;
    d) applicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi
nazionali  o  azioni analoghe da adottarsi previa consultazione degli
operatori economici interessati.
   2.  Al  fine di assicurare la responsabilizzazione degli operatori
economici  conformemente  al  principio "chi inquina paga" nonche' la
cooperazione  degli  stessi secondo i principi della "responsabilita'
condivisa",  l'attivita'  di  gestione  dei rifiuti di imballaggio si
ispira, inoltre, ai seguenti principi:
    a)  individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico,
garantendo   che   il   costo  della  raccolta  differenziata,  della
valorizzazione  e  dell'eliminazione  dei  rifiuti di imballaggio sia
sostenuto  dai  produttori  e  dagli utilizzatori in proporzione alle
quantita'  di  imballaggi  immessi  sul  mercato  nazionale  e che la
pubblica amministrazione organizzi la raccolta differenziata;
    b)  promozione di forme di cooperazione tra i soggetti pubblici e
privati;
    c) informazione agli utenti degli imballaggi ed in particolare ai
consumatori secondo le disposizioni del decreto legislativo 19 agosto
2005,  n.  195,  di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso
del pubblico all'informazione ambientale;
    d) incentivazione della restituzione degli imballaggi usati e del
conferimento  dei rifiuti di imballaggio in raccolta differenziata da
parte del consumatore.
   3.  Le  informazioni di cui alla lettera c) del comma 2 riguardano
in particolare:
    a)   i  sistemi  di  restituzione,  di  raccolta  e  di  recupero
disponibili;
    b)  il  ruolo  degli  utenti  di imballaggi e dei consumatori nel
processo  di  riutilizzazione,  di  recupero  e  di riciclaggio degli
imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
    c)  il  significato  dei marchi apposti sugli imballaggi quali si
presentano sul mercato;
    d)  gli  elementi significativi dei programmi di gestione per gli
imballaggi  ed  i  rifiuti  di  imballaggio, di cui all'articolo 225,
comma  1,  e  gli  elementi significativi delle specifiche previsioni
contenute nei piani regionali ai sensi dell'articolo 225, comma 6.
    4.  In  conformita' alle determinazioni assunte dalla Commissione
dell'Unione europea, con decreto del ((Ministro dell'ambiente e della
tutela  del territorio e del mare)) di concerto con il Ministro delle
attivita' produttive, sono adottate le misure tecniche necessarie per
l'applicazione   delle   disposizioni   del   presente   titolo,  con
particolare  riferimento agli imballaggi pericolosi, anche domestici,
nonche' agli imballaggi primari di apparecchiature mediche e prodotti
farmaceutici,  ai  piccoli  imballaggi  ed  agli imballaggi di lusso.
Qualora  siano  coinvolti  aspetti  sanitari,  il predetto decreto e'
adottato di concerto con il Ministro della salute.
   5.  Tutti  gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati
secondo   le   modalita'   stabilite   con   decreto  del  ((Ministro
dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare)) di concerto
con  il  Ministro  delle  attivita'  produttive  in  conformita' alle
determinazioni  adottate  dalla  Commissione dell'Unione europea, per
facilitare  la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio
degli  imballaggi,  nonche'  per  dare  una  corretta informazione ai
consumatori  sulle  destinazioni finali degli imballaggi. Il predetto
decreto  dovra'  altresi'  prescrivere l'obbligo di indicare, ai fini
della  identificazione  e  classificazione  dell'imballaggio da parte
dell'industria  interessata,  la  natura dei materiali di imballaggio
utilizzati, sulla base della decisione 97/129/CE della Commissione.
                              Art. 220
               Obiettivi di recupero e di riciclaggio

  1.   Per  conformarsi  ai  principi  di  cui  all'articolo  219,  i
produttori  e gli utilizzatori devono conseguire gli obiettivi finali
di   riciclaggio   e  di  recupero  dei  rifiuti  di  imballaggio  in
conformita' alla disciplina comunitaria indicati nell'Allegato E alla
parte quarta del presente decreto.
  2. Per garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di
riciclaggio e di recupero, il Consorzio nazionale degli imballaggi di
cui  all'articolo  224 acquisisce da tutti i soggetti che operano nel
settore  degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi i dati relativi
al riciclaggio e al recupero degli stessi e comunica annualmente alla
Sezione  nazionale  del  Catasto  dei rifiuti, utilizzando il modello
unico  di  dichiarazione di cui all'articolo 1 della legge 25 gennaio
1994, n. 70, i dati, riferiti all'anno solare precedente, relativi al
quantitativo  degli  imballaggi  per  ciascun materiale e per tipo di
imballaggio  immesso  sul mercato, nonche', per ciascun materiale, la
quantita'  degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio
riciclati e recuperati provenienti dal mercato nazionale. Le predette
comunicazioni   possono   essere   presentate  dai  soggetti  di  cui
all'articolo  221, comma 3, lettere a) e c), per coloro i quali hanno
aderito ai sistemi gestionali ivi previsti ed inviate contestualmente
al Consorzio nazionale imballaggi. I rifiuti di imballaggio esportati
dalla    Comunita'    sono   presi   in   considerazione,   ai   fini
dell'adempimento  degli  obblighi e del conseguimento degli obiettivi
di cui al comma 1, solo se sussiste idonea documentazione comprovante
che  l'operazione  di recupero e/o di riciclaggio e' stata effettuata
con  modalita'  equivalenti  a  quelle  previste  al  riguardo  dalla
legislazione  comunitaria. L'Autorita' di cui all'articolo 207, entro
centoventi  giorni  dalla sua istituzione, redige un elenco dei Paesi
extracomunitari  in  cui le operazioni di recupero e/o di riciclaggio
sono  considerate  equivalenti  a  quelle  previste al riguardo dalla
legislazione  comunitaria, tenendo conto anche di eventuali decisioni
e orientamenti dell'Unione europea in materia.
  3. COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N. 4
  4.  Le  pubbliche  amministrazioni  e  i  gestori incoraggiano, ove
opportuno,  l'uso  di  materiali  ottenuti  da rifiuti di imballaggio
riciclati  per  la  fabbricazione  di  imballaggi  e  altri  prodotti
mediante:
    a)   il  miglioramento  delle  condizioni  di  mercato  per  tali
materiali;
    b)  la  revisione  delle norme esistenti che impediscono l'uso di
tali materiali.
  5.  Fermo  restando  quanto  stabilito  dall'articolo 224, comma 3,
lettera  e),  qualora  gli  obiettivi complessivi di riciclaggio e di
recupero dei rifiuti di imballaggio come fissati al comma 1 non siano
raggiunti  alla  scadenza  prevista,  con  decreto del Presidente del
Consiglio  dei  Ministri,  previa  deliberazione  del  Consiglio  dei
Ministri, su proposta del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e  del  mare)) e del Ministro delle attivita' produttive,
alle  diverse  tipologie  di  materiali  di imballaggi sono applicate
misure    di    carattere   economico,   proporzionate   al   mancato
raggiungimento  di  singoli  obiettivi,  il  cui  introito e' versato
all'entrata  del  bilancio  dello  Stato  per  essere riassegnato con
decreto  del  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze  ad apposito
capitolo  del ((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e  del  mare)).  Dette  somme  saranno  utilizzate  per promuovere la
prevenzione,  la raccolta differenziata, il riciclaggio e il recupero
dei rifiuti di imballaggio.
  6.  Gli  obiettivi  di  cui  al comma 1 sono riferiti ai rifiuti di
imballaggio  generati  sul  territorio  nazionale,  nonche' a tutti i
sistemi  di  riciclaggio  e  di recupero al netto degli scarti e sono
adottati  ed aggiornati in conformita' alla normativa comunitaria con
decreto  del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare)) di concerto con il Ministro delle attivita' produttive.
  7.  Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare))  e  il  Ministro  delle  attivita'  produttive notificano alla
Commissione  dell'Unione  europea, ai sensi e secondo le modalita' di
cui agli articoli 12, 16 e 17 della direttiva 94/62/CE del Parlamento
europeo   e   del  Consiglio  del  20  dicembre  1994,  la  relazione
sull'attuazione  delle  disposizioni del presente titolo accompagnata
dai dati acquisiti ai sensi del comma 2 e i progetti delle misure che
si intendono adottare nell'ambito del titolo medesimo.
  8.  Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare))   e   il   Ministro   delle  attivita'  produttive  forniscono
periodicamente  all'Unione  europea  e agli altri Paesi membri i dati
sugli  imballaggi  e  sui rifiuti di imballaggio secondo le tabelle e
gli  schemi  adottati  dalla  Commissione  dell'Unione europea con la
decisione 2005/270/CE del 22 marzo 2005.
                              Art. 221 
            Obblighi dei produttori e degli utilizzatori 
 
  1. I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta
ed efficace gestione ambientale degli imballaggi  e  dei  rifiuti  di
imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti. 
  2. Nell'ambito degli obiettivi di cui agli articoli 205 e 220 e del
Programma di cui all'articolo 225, i produttori e  gli  utilizzatori,
su richiesta del gestore  del  servizio  e  secondo  quanto  previsto
dall'accordo di programma di cui all'articolo 224, comma 5, adempiono
all'obbligo del ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o  comunque
conferiti al servizio pubblico della stessa natura e raccolti in modo
differenziato. A tal fine, per garantire il necessario  raccordo  con
l'attivita' di raccolta  differenziata  organizzata  dalle  pubbliche
amministrazioni e per le altre finalita' indicate nell'articolo  224,
i produttori e gli utilizzatori partecipano  al  Consorzio  nazionale
imballaggi, salvo il caso in cui venga adottato uno  dei  sistemi  di
cui al comma 3, lettere a) e c) del presente articolo. 
  3. Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonche'
agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati e  della  raccolta
dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private,
e  con  riferimento  all'obbligo  del  ritiro,  su  indicazione   del
Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224,  dei  rifiuti
di imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori  possono
alternativamente: 
  ((a) organizzare  autonomamente,  anche  in  forma  collettiva,  la
gestione dei propri rifiuti  di  imballaggio  sull'intero  territorio
nazionale)); 
    b) aderire ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223; 
    c) attestare sotto la propria responsabilita' che e' stato  messo
in atto un sistema di restituzione dei  propri  imballaggi,  mediante
idonea documentazione che dimostri l'autosufficienza del sistema, nel
rispetto dei criteri e delle modalita' di cui ai commi 5 e 6. 
  4. Ai fini di cui  al  comma  3  gli  utilizzatori  sono  tenuti  a
consegnare gli imballaggi usati secondari e terziari e i  rifiuti  di
imballaggio secondari e terziari in un luogo di raccolta  organizzato
dai produttori e con gli stessi concordato. Gli utilizzatori  possono
tuttavia conferire al  servizio  pubblico  i  suddetti  imballaggi  e
rifiuti di imballaggio nei limiti derivanti dai  criteri  determinati
ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera  e).  Periodo  soppresso
dal D. Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. 
  5. I produttori che non intendono aderire  al  Consorzio  Nazionale
Imballaggi  e  a  un  Consorzio  di  cui  all'articolo  223,   devono
presentare all'Osservatorio nazionale sui  rifiuti  il  progetto  del
sistema di  cui  al  comma  3,  lettere  a)  o  c)  richiedendone  il
riconoscimento sulla base di idonea documentazione.  Il  progetto  va
presentato entro novanta giorni dall'assunzione  della  qualifica  di
produttore ai sensi dell'articolo 218, comma 1, lettera  r)  o  prima
del recesso da uno dei suddetti Consorzi.  Il  recesso  e',  in  ogni
caso,  efficace   solo   dal   momento   in   cui,   intervenuto   il
riconoscimento, l'Osservatorio accerti il funzionamento del sistema e
ne dia comunicazione al Consorzio, permanendo  fino  a  tale  momento
l'obbligo  di  corrispondere  il   contributo   ambientale   di   cui
all'articolo 224, comma 3, lettera h). Per ottenere il riconoscimento
i produttori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo
criteri di efficienza, efficacia  ed  economicita',  che  il  sistema
sara' effettivamente ed autonomamente  funzionante  e  che  sara'  in
grado  di  conseguire,  nell'ambito  delle  attivita'   svolte,   gli
obiettivi di recupero e di riciclaggio di  cui  all'articolo  220.  I
produttori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti
finali degli imballaggi siano informati sulle modalita'  del  sistema
adottato.  L'Osservatorio,  ((acquisiti  i))  necessari  elementi  di
valutazione forniti dal Consorzio nazionale  imballaggi,  si  esprime
entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel
termine   sopra   indicato,   l'interessato   chiede   al    Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei
relativi  provvedimenti  sostitutivi  da  emanarsi   nei   successivi
sessanta  giorni.  L'Osservatorio  sara'  tenuto  a  presentare   una
relazione  annuale  di  sintesi  relativa  a  tutte  le   istruttorie
esperite. Sono fatti salvi i riconoscimenti  gia'  operati  ai  sensi
della previgente normativa. ((Alle domande disciplinate dal  presente
comma si applicano, in quanto compatibili, le  disposizioni  relative
alle attivita' private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e
20 della legge  7  agosto  1990,  n.  241.  A  condizione  che  siano
rispettate  le  condizioni,  le  norme  tecniche  e  le  prescrizioni
specifiche adottate ai sensi del presente articolo, le  attivita'  di
cui al comma 3 lettere a) e  c)  possono  essere  intraprese  decorsi
novanta giorni dallo scadere del termine per l'esercizio  dei  poteri
sostitutivi da parte del Ministro dell'ambiente e  della  tutela  del
territorio e del mare come indicato nella presente norma.)) 
  6. I produttori di cui  al  comma  5  elaborano  e  trasmettono  al
Consorzio nazionale imballaggi di cui  all'articolo  224  un  proprio
Programma specifico  di  prevenzione  che  costituisce  la  base  per
l'elaborazione del programma generale di cui all'articolo 225. 
  7. Entro il 30 settembre di ogni anno i produttori di cui al  comma
5 presentano all'Autorita' prevista dall'articolo 207 e al  Consorzio
nazionale imballaggi un piano specifico  di  prevenzione  e  gestione
relativo all'anno solare successivo, che sara' inserito nel programma
generale di prevenzione e gestione di cui all'articolo 225. 
  8. Entro il 31 maggio di ogni anno, i produttori di cui al comma  5
sono inoltre tenuti a presentare all'Autorita' prevista dall'articolo
207 ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione
relativa all'anno  solare  precedente,  comprensiva  dell'indicazione
nominativa degli utilizzatori che, fino al  consumo,  partecipano  al
sistema di cui al comma 3, lettere a) o c), del programma specifico e
dei risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo  dei  rifiuti  di
imballaggio; nella stessa  relazione  possono  essere  evidenziati  i
problemi inerenti il raggiungimento degli scopi  istituzionali  e  le
eventuali proposte di adeguamento della normativa. 
  9. Il mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 5, o la
revoca  disposta  dall'Autorita',  previo   avviso   all'interessato,
qualora i risultati ottenuti siano insufficienti per  conseguire  gli
obiettivi di cui all'articolo 220  ovvero  siano  stati  violati  gli
obblighi previsti dai commi  6  e  7,  comportano  per  i  produttori
l'obbligo di partecipare ad uno dei consorzi di cui all'articolo  223
e, assieme ai propri utilizzatori di ogni livello fino al consumo, al
consorzio previsto dall'articolo 224. I provvedimenti  dell'Autorita'
sono comunicati ai produttori interessati e  al  Consorzio  nazionale
imballaggi.  L'adesione  obbligatoria   ai   consorzi   disposta   in
applicazione del presente comma ha effetto retroattivo ai  soli  fini
della corresponsione del contributo ambientale previsto dall'articolo
224, comma 3, lettera h),  e  dei  relativi  interessi  di  mora.  Ai
produttori  e  agli  utilizzatori  che,  entro  novanta  giorni   dal
ricevimento della comunicazione  dell'Autorita',  non  provvedano  ad
aderire ai consorzi e a versare le somme a essi dovute  si  applicano
inoltre le sanzioni previste dall'articolo 261. 
  10. Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori: 
    a) i costi per il ritiro degli imballaggi usati e la raccolta dei
rifiuti di imballaggio secondari e terziari; 
    b) il corrispettivo per i maggiori oneri relativi  alla  raccolta
differenziata  dei  rifiuti  di  imballaggio  conferiti  al  servizio
pubblico per i  quali  l'Autorita'  d'ambito  richiede  al  Consorzio
nazionale imballaggi o per esso ai soggetti di  cui  al  comma  3  di
procedere al ritiro; 
    c) i costi per il riutilizzo degli imballaggi usati; 
    d) i costi per il  riciclaggio  e  il  recupero  dei  rifiuti  di
imballaggio; 
    e)  i  costi  per  lo  smaltimento  dei  rifiuti  di  imballaggio
secondari e terziari. 
  11.  La  restituzione  di  imballaggi  usati  o   di   rifiuti   di
imballaggio, ivi compreso il  conferimento  di  rifiuti  in  raccolta
differenziata,  non  deve   comportare   oneri   economici   per   il
consumatore. 
 
                              ART. 222
 (raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione)

   1.  La  pubblica amministrazione deve organizzare sistemi adeguati
di  raccolta  differenziata  in  modo da permettere al consumatore di
conferire al servizio pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai
rifiuti  domestici  e  da  altri  tipi  di rifiuti di imballaggio. In
particolare:
    a)  deve essere garantita la copertura omogenea del territorio in
ciascun  ambito  territoriale  ottimale,  tenuto  conto  del contesto
geografico;
    b)   la   gestione   della  raccolta  differenziata  deve  essere
effettuata  secondo criteri che privilegino l'efficacia, l'efficienza
e  l'economicita'  del  servizio,  nonche'  il  coordinamento  con la
gestione di altri rifiuti.
   2. Nel caso in cui l'Autorita' di cui all'articolo 207 accerti che
le pubbliche amministrazioni non abbiano attivato sistemi adeguati di
raccolta  differenziata  dei  rifiuti  di  imballaggio,  anche per il
raggiungimento  degli  obiettivi  di  cui  all'articolo  205,  ed  in
particolare  di  quelli di recupero e riciclaggio di cui all'articolo
220, puo' richiedere al Consorzio nazionale imballaggi di sostituirsi
ai  gestori  dei servizi di raccolta differenziata, anche avvalendosi
di  soggetti  pubblici  o privati individuati dal Consorzio nazionale
imballaggi  medesimo  mediante  procedure trasparenti e selettive, in
via  temporanea  e d'urgenza, comunque per un periodo non superiore a
ventiquattro  mesi,  sempre  che  cio'  avvenga all'interno di ambiti
ottimali   opportunamente   identificati,  per  l'organizzazione  e/o
integrazione   del   servizio   ritenuto  insufficiente.  Qualora  il
Consorzio  nazionale  imballaggi,  per  raggiungere  gli obiettivi di
recupero  e riciclaggio previsti dall'articolo 220, decida di aderire
alla  richiesta,  verra'  al  medesimo  corrisposto  il  valore della
tariffa  applicata per la raccolta dei rifiuti urbani corrispondente,
al  netto  dei  ricavi  conseguiti  dalla vendita dei materiali e del
corrispettivo  dovuto  sul  ritiro dei rifiuti di imballaggio e delle
frazioni   merceologiche   omogenee.   Ove   il  Consorzio  nazionale
imballaggi  non  dichiari  di  accettare  entro quindici giorni dalla
richiesta,  l'Autorita',  nei  successivi quindici giorni, individua,
mediante procedure trasparenti e selettive, un soggetto di comprovata
e  documentata  affidabilita'  e capacita' a cui affidare la raccolta
differenziata  e conferire i rifiuti di imballaggio in via temporanea
e  d'urgenza,  fino  all'espletamento  delle  procedure  ordinarie di
aggiudicazione del servizio e comunque per un periodo non superiore a
dodici  mesi,  prorogabili  di  ulteriori  dodici  mesi  in  caso  di
impossibilita' oggettiva e documentata di aggiudicazione.(10)
   3.  Le  pubbliche  amministrazioni  incoraggiano,  ove  opportuno,
l'utilizzazione  di  materiali  provenienti da rifiuti di imballaggio
riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti.
   4. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare))   e   il   Ministro   delle  attivita'  produttive  curano  la
pubblicazione  delle  misure e degli obiettivi oggetto delle campagne
di informazione di cui all'articolo 224, comma 3, lettera g).
   5. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare)) di concerto con il Ministro delle attivita' produttive cura la
pubblicazione   delle   norme  nazionali  che  recepiscono  le  norme
armonizzate  di cui all'articolo 226, comma 3, e ne da' comunicazione
alla Commissione dell'Unione europea.
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AGGIORNAMENTO (10)
  Il  D.Lgs.  16  gennaio  2008, n.4 ha disposto (con l'art. 2, comma
30-terbis)  che  "Al comma 2, dell'articolo 222, sostituire le parole
"all'autorita' di cui all'articolo 207" con le seguenti "osservatorio
nazionale sui rifiuti"".
                              ART. 223
                             (consorzi)

   1.  I  produttori  che  non provvedono ai sensi dell'articolo 221,
comma  3,  lettere  a)  e  c), costituiscono un Consorzio per ciascun
materiale di imballaggio di cui all'allegato E della parte quarta del
presente  decreto,  operante  su  tutto  il  territorio nazionale. Ai
Consorzi possono partecipare i recuperatori, ed i riciclatori che non
corrispondono  alla  categoria dei produttori, previo accordo con gli
altri consorziati ed unitamente agli stessi.
   2.  I  consorzi  di cui al comma 1 hanno personalita' giuridica di
diritto  privato  senza  fine  di  lucro  e sono retti da uno statuto
adottato  in  conformita'  ad uno schema tipo, redatto dal ((Ministro
dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare)) di concerto
con  il  Ministro  delle  attivita'  produttive,  da pubblicare nella
Gazzetta  Ufficiale entro centottatta giorni dalla data di entrata in
vigore  della  parte  quarta  del  presente decreto, conformemente ai
principi  del  presente  decreto  e,  in  particolare,  a  quelli  di
efficienza,  efficacia, economicita' e trasparenza, nonche' di libera
concorrenza  nelle  attivita'  di  settore.  Lo  statuto  adottato da
ciascun  consorzio  e'  trasmesso entro quindici giorni al ((Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e del mare)) che lo
approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento adottato
di  concerto  con  il  Ministro  delle  attivita'  produttive. Ove il
Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di
legittimita' o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con
le  r elative osservazioni. Entro il 31 dicembre 2008 i Consorzi gia'
riconosciuti  dalla  previgente normativa adeguano il proprio statuto
in  conformita'  al  nuovo  schema  tipo  e ai principi contenuti nel
presente   decreto   ed  in  particolare  a  quelli  di  trasparenza,
efficacia,  efficienza ed economicita', nonche' di libera Concorrenza
nelle  attivita' di settore, ai sensi dell'articolo 221, comma 2. Nei
consigli di amministrazione dei consorzi il numero dei consiglieri di
amministrazione  in rappresentanza dei riciclatori e dei recuperatori
deve  essere  uguale  a  quello dei consiglieri di amministrazione in
rappresentanza  dei  produttori  di  materie prime di imballaggio. Lo
statuto  adottato  da  ciascun  Consorzio e' trasmesso entro quindici
giorni  al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare,  che  lo  approva  di  concerto  con il Ministro dello sviluppo
economico  e  con  il  Ministro  dell'economia e delle finanze, salvo
motivate  osservazioni  cui  i  Consorzi sono tenuti ad adeguarsi nei
successivi  sessanta  giorni.  Qualora i Consorzi non ottemperino nei
termini  prescritti,  le  modifiche  allo  statuto sono apportate con
decreto  del  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e
del  mare,  di  concerto con il Ministro dello sviluppo economico. Il
decreto  ministeriale  di  approvazione dello statuto dei consorzi e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.(10)
   3.  I  consorzi  di  cui  al  comma  1 e 2 sono tenuti a garantire
l'equilibrio  della  propria gestione finanziaria. A tal fine i mezzi
finanziari  per  il  funzionamento dei predetti consorzi derivano dai
contributi  dei consorziati e dai versamenti effettuati dal Consorzio
nazionale imballaggi ai sensi dell'articolo 224, comma 3, lettera h),
secondo  le  modalita'  indicate  dall'articolo  224,  comma  8,  dai
proventi  della cessione, nel rispetto dei principi della concorrenza
e  della corretta gestione ambientale, degli imballaggi e dei rifiuti
di  imballaggio  ripresi,  raccolti  o  ritirati,  nonche'  da  altri
eventuali proventi e contributi di consorziati o di terzi.
   4.  Ciascun  Consorzio  mette  a  punto  e  trasmette  al  CONAI e
all'Osservatorio   nazionale   sui   rifiuti   un  proprio  programma
pluriennale  di prevenzione della produzione di rifiuti d'imballaggio
entro il 30 settembre di ogni anno.
   5.  Entro  il  30  settembre  di  ogni  anno  i consorzi di cui al
presente articolo presentano all'Autorita' prevista dall'articolo 207
e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione
e  gestione  relativo  all'anno solare successivo, che sara' inserito
nel programma generale di prevenzione e gestione.(10)
   6.  Entro il 31 maggio di ogni anno, i consorzi di cui al presente
articolo  sono inoltre tenuti a presentare all'Osservatorio nazionale
sui  rifiuti ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla
gestione  relativa  all'anno precedente, con l'indicazione nominativa
dei consorziati, il programma specifico ed i risultati conseguiti nel
recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio.
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AGGIORNAMENTO (10)
  Il  D.Lgs.  16  gennaio 2008, n. 4 ha disposto (con l'art. 2, comma
30-quater,  lettera  b))  che al comma 2 sono sostituite le parole da
"180  giorni" fino a "presente decreto" con le seguenti: "31 dicembre
2008";  (con  l'art.  2,  comma 30-quater, lettera f)) che al comma 5
sono sostituite le parole "all'Autorita' di cui all'articolo 207" con
le seguenti: "all'Osservatorio nazionale sui rifiuti".
                              Art. 224
                   Consorzio nazionale imballaggi

  1.  Per  il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e di
riciclaggio    e    per   garantire   il   necessario   coordinamento
dell'attivita'   di   raccolta  differenziata,  i  produttori  e  gli
utilizzatori,  nel  rispetto  di  quanto  previsto dall'articolo 221,
comma  2,  partecipano  in  forma  paritaria  al  Consorzio nazionale
imballaggi,   in   seguito  denominato  CONAI,  che  ha  personalita'
giuridica  di  diritto privato senza fine di lucro ed e' retto da uno
statuto  approvato  con  decreto del ((Ministro dell'ambiente e della
tutela  del territorio e del mare)) di concerto con il Ministro delle
attivita' produttive.
  2.  Entro  il 30 giugno 2008, il CONAI adegua il proprio statuto ai
principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di
trasparenza, efficacia, efficienza ed economicita', nonche' di libera
concorrenza  nelle  attivita' di settore, ai sensi dell'articolo 221,
comma  2.  Lo  statuto adottato e' trasmesso entro quindici giorni al
((Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare))
che   lo   approva  di  concerto  con  il  Ministro  delle  attivita'
produttive,  salvo  motivate  osservazioni  cui il CONAI e' tenuto ad
adeguarsi  nei  successivi  sessanta  giorni.  Qualora  il  CONAI non
ottemperi  nei  termini  prescritti,  le  modifiche allo statuto sono
apportate con decreto del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e del mare)), di concerto con il Ministro delle attivita'
produttive.
  3. Il CONAI svolge le seguenti funzioni:
    a)  definisce,  in  accordo  con  le  regioni  e con le pubbliche
amministrazioni  interessate,  gli ambiti territoriali in cui rendere
operante un sistema integrato che comprenda la raccolta, la selezione
e  il  trasporto  dei materiali selezionati a centri di raccolta o di
smistamento;
    b)  definisce,  con  le pubbliche amministrazioni appartenenti ai
singoli  sistemi  integrati  di  cui  alla  lettera a), le condizioni
generali  di  ritiro  da parte dei produttori dei rifiuti selezionati
provenienti dalla raccolta differenziata;
    c)  elabora  ed  aggiorna,  valutati  i  programmi  specifici  di
prevenzione  di  cui  agli  articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il
Programma  generale per la prevenzione e la gestione degli imballaggi
e dei rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225;
    d)  promuove accordi di programma con gli operatori economici per
favorire il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio e ne
garantisce l'attuazione;
    e)  assicura  la  necessaria  cooperazione  tra i consorzi di cui
all'articolo  223,  i  soggetti  di  cui  all'articolo  221, comma 3,
lettere  a) e c) e gli altri operatori economici, anche eventualmente
destinando  una  quota  del  contributo ambientale CONAI, di cui alla
lettera  h),  ai consorzi che realizzano percentuali di recupero o di
riciclo superiori a quelle minime indicate nel Programma generale, al
fine  del conseguimento degli obiettivi globali di cui all'Allegato E
alla   parte  quarta  del  presente  decreto.  Ai  consorzi  che  non
raggiungono  i  singoli obiettivi di recupero e' in ogni caso ridotta
la quota del contributo ambientale ad essi riconosciuto dal Conai;
    f)   indirizza   e  garantisce  il  necessario  raccordo  tra  le
amministrazioni   pubbliche,   i   consorzi  e  gli  altri  operatori
economici;
    g)  organizza,  in  accordo  con le pubbliche amministrazioni, le
campagne  di  informazione ritenute utili ai fini dell'attuazione del
Programma generale;
    h)   ripartisce   tra   i   produttori   e  gli  utilizzatori  il
corrispettivo  per  i  maggiori oneri della raccolta differenziata di
cui  all'articolo 221, comma 10, lettera b), nonche' gli oneri per il
riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggio conferiti al
servizio  di  raccolta  differenziata,  in proporzione alla quantita'
totale,  al  peso  ed  alla  tipologia  del  materiale di imballaggio
immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantita' di imballaggi
usati  riutilizzati  nell'anno  precedente  per ciascuna tipologia di
materiale.  A tal fine determina e pone a carico dei consorziati, con
le   modalita'   individuate   dallo  statuto,  anche  in  base  alle
utilizzazioni  e  ai  criteri  di  cui  al  comma  8,  il  contributo
denominato contributo ambientale CONAI;
    i)  promuove  il  coordinamento  con la gestione di altri rifiuti
previsto  dall'articolo  222,  comma 1, lettera b), anche definendone
gli ambiti di applicazione;
    l)  promuove la conclusione, su base volontaria, di accordi tra i
consorzi  di  cui  all'articolo  223 e i soggetti di cui all'articolo
221,  comma 3, lettere a) e c), con soggetti pubblici e privati. Tali
accordi   sono  relativi  alla  gestione  ambientale  della  medesima
tipologia  di  materiale  oggetto  dell'intervento  dei  consorzi con
riguardo  agli  imballaggi,  esclusa in ogni caso l'utilizzazione del
contributo ambientale CONAI;
    m)  fornisce i dati e le informazioni richieste dall'Autorita' di
cui  all'articolo  207  e  assicura  l'osservanza  degli indirizzi da
questa tracciati.
    n)  acquisisce  da enti pubblici o privati, nazionali o esteri, i
dati  relativi  ai flussi degli imballaggi in entrata e in uscita dal
territorio nazionale e i dati degli operatori economici coinvolti. Il
conferimento  di  tali  dati al CONAI e la raccolta, l'elaborazione e
l'utilizzo degli stessi da parte di questo si considerano, ai fini di
quanto  previsto  dall'articolo  178, comma 1, di rilevante interesse
pubblico  ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196.
  4.  Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e
riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal CONAI e
dai  consorzi  di  cui  all'articolo 223 nelle riserve costituenti il
loro  patrimonio  netto non concorrono alla formazione del reddito, a
condizione  che  sia  rispettato  il  divieto di distribuzione, sotto
qualsiasi  forma,  ai  consorziati  ed agli aderenti di tali avanzi e
riserve,   anche   in  caso  di  scioglimento  dei  predetti  sistemi
gestionali, dei consorzi e del CONAI.
  5.  Il  CONAI puo' stipulare un accordo di programma quadro su base
nazionale  con  l'Associazione  nazionale Comuni italiani (ANCI), con
l'Unione delle province italiane (UPI) o con le Autorita' d'ambito al
fine  di  garantire  l'attuazione del principio di corresponsabilita'
gestionale  tra produttori, utilizzatori e pubbliche amministrazioni.
In particolare, tale accordo stabilisce:
    a) l'entita' dei maggiori oneri per la raccolta differenziata dei
rifiuti  di  imballaggio,  di cui all'articolo 221, comma 10, lettera
b), da versare alle competenti pubbliche amministrazioni, determinati
secondo  criteri di efficienza, efficacia, economicita' e trasparenza
di  gestione  del servizio medesimo, nonche' sulla base della tariffa
di  cui  all'articolo  238,  dalla  data  di  entrata in vigore della
stessa;
    b)  gli  obblighi  e  le  sanzioni  posti  a  carico  delle parti
contraenti;
    c)  le  modalita'  di  raccolta  dei  rifiuti  da  imballaggio in
relazione alle esigenze delle attivita' di riciclaggio e di recupero.
  6.   L'accordo  di  programma  di  cui  al  comma  5  e'  trasmesso
all'Autorita'  di cui all'articolo 207, che puo' richiedere eventuali
modifiche ed integrazioni entro i successivi sessanta giorni.
  7.  Ai fini della ripartizione dei costi di cui al comma 3, lettera
h),  sono  esclusi  dal calcolo gli imballaggi riutilizzabili immessi
sul mercato previa cauzione.
  8.  Il  contributo  ambientale  del  Conai  e'  utilizzato  in  via
prioritaria  per  il  ritiro  degli  imballaggi  primari  o  comunque
conferiti   al   servizio   pubblico   e,   in  via  accessoria,  per
l'organizzazione  dei sistemi di raccolta, recupero e riciclaggio dei
rifiuti  di  imballaggio  secondari  e  terziari.  A  tali fini, tale
contributo   e'   attribuito   dal  Conai,  sulla  base  di  apposite
convenzioni, ai soggetti di cui all'articolo 223, in proporzione alla
quantita'  totale,  al  peso  ed  alla  tipologia  del  materiale  di
imballaggio  immessi  sul mercato nazionale, al netto delle quantita'
di  imballaggi  usati  riutilizzati nell'anno precedente per ciascuna
tipologia  di  materiale.  Il  CONAI  provvede  ai  mezzi  finanziari
necessari  per  lo  svolgimento delle proprie funzioni con i proventi
dell'attivita',  con i contributi dei consorziati e con una quota del
contributo  ambientale  CONAI,  determinata nella misura necessaria a
far  fronte  alle spese derivanti dall'espletamento, nel rispetto dei
criteri  di  contenimento  dei  costi e di efficienza della gestione,
delle  funzioni  conferitegli  dal presente titolo. nonche' con altri
contributi  e proventi di consorziati e di terzi, compresi quelli dei
soggetti  di  cui all'articolo 221, lettere a) e c), per le attivita'
svolte in loro favore in adempimento alle prescrizioni di legge.
  9.   L'applicazione   del   contributo   ambientale  CONAI  esclude
l'assoggettamento  del  medesimo  bene  e  delle materie prime che lo
costituiscono  ad  altri contributi con finalita' ambientali previsti
dalla  parte  quarta  del  presente  decreto  o comunque istituiti in
applicazione del presente decreto.
  10. Al Consiglio di amministrazione del CONAI partecipa con diritto
di  voto  un  rappresentante  dei consumatori indicato dal ((Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  del mare)) e dal
Ministro delle attivita' produttive.
  11. COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4.
  12.  In  caso  di  mancata  stipula dell'accordo di cui al comma 5,
entro  novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, il
Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio e del mare
invita  le parti a trovare un'intesa entro sessanta giorni, decorsi i
quali  senza  esito  positivo,  provvede  direttamente,  d'intesa con
Ministro dello sviluppo economico, a definire il corrispettivo di cui
alla  lettera  a)  del  comma  5.  L'accordo  di  cui  al  comma 5 e'
sottoscritto,  per  le  specifiche  condizioni tecniche ed economiche
relative  al  ritiro  dei rifiuti di ciascun materiale d'imballaggio,
anche  dal  competente Consorzio di cui all'articolo 223. Nel caso in
cui  uno  di  questi Consorzi non lo sottoscriva e/o non raggiunga le
intese  necessarie  con  gli  enti  locali  per il ritiro dei rifiuti
d'imballaggio,  il Conai subentra nella conclusione delle convenzioni
locali  al  fine  di  assicurare il raggiungimento degli obiettivi di
recupero e di riciclaggio previsti dall'articolo 220.
  13.  Nel  caso  siano  superati, a livello nazionale, gli obiettivi
finali  di  riciclaggio  e  di  recupero  dei  rifiuti di imballaggio
indicati  nel  programma  generale  di  prevenzione  e gestione degli
imballaggi  di  cui  all'articolo  225,  il CONAI adotta, nell'ambito
delle   proprie  disponibilita'  finanziarie,  forme  particolari  di
incentivo  per  il  ritiro  dei  rifiuti  di  imballaggi  nelle  aree
geografiche  che  non  abbiano  ancora  raggiunto  gli  obiettivi  di
raccolta  differenziata  di  cui  all'articolo  205, comma 1, entro i
limiti  massimi  di  riciclaggio  previsti dall'Allegato E alla parte
quarta del presente decreto.
                              ART. 225
          (programma generale di prevenzione e di gestione
   degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio)

   1.  Sulla  base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli
articoli  221,  comma 6, e 223, comma 4, il CONAI elabora annualmente
un Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e
dei  rifiuti  di  imballaggio  che  individua,  con  riferimento alle
singole   tipologie  di  materiale  di  imballaggio,  le  misure  per
conseguire i seguenti obiettivi:
    a) prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio;
    b)  accrescimento della proporzione della quantita' di rifiuti di
imballaggio  riciclabili  rispetto  alla  quantita' di imballaggi non
riciclabili;
    c)  accrescimento della proporzione della quantita' di rifiuti di
imballaggio  riutilizzabili rispetto alla quantita' di imballaggi non
riutilizzabili;
    d)  miglioramento  delle  caratteristiche  dell'imballaggio  allo
scopo  di  permettere ad esso di sopportare piu' tragitti o rotazioni
nelle condizioni di utilizzo normalmente prevedibili;
    e) realizzazione degli obiettivi di recupero e riciclaggio.
   2. Il Programma generale di prevenzione determina, inoltre:
    a)  la  percentuale  in  peso di ciascuna tipologia di rifiuti di
imballaggio  da  recuperare ogni cinque anni e, nell'ambito di questo
obiettivo  globale,  sulla base della stessa scadenza, la percentuale
in  peso  da  riciclare  delle  singole  tipologie  di  materiali  di
imballaggio, con un minimo percentuale in peso per ciascun materiale;
    b)  gli  obiettivi  intermedi  di recupero e riciclaggio rispetto
agli obiettivi di cui alla lettera a).
   3.   Entro  il  30  novembre  di  ogni  anno  il  CONAI  trasmette
all'Osservatorio   nazionale   sui  rifiuti  un  piano  specifico  di
prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sara'
inserito nel programma generale di prevenzione e gestione.
   4.  La  relazione  generale  consuntiva  relativa  all'anno solare
precedente   e'   trasmessa   per  il  parere  all'Autorita'  di  cui
all'articolo  207,  entro  il 30 giugno di ogni anno. Con decreto del
((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) e
del  Ministro  delle attivita' produttive, d'intesa con la Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome   di   Trento  e  di  Bolzano  e  l'ANCI  si  provvede  alla
approvazione  ed  alle  eventuali  modificazioni  e  integrazioni del
Programma  generale  di  prevenzione e di gestione degli imballaggi e
dei rifiuti di imballaggio.
   5.  Nel  caso in cui il Programma generale non sia predisposto, lo
stesso   e'  elaborato  in  via  sostitutiva  dall'Autorita'  di  cui
all'articolo 207. In tal caso gli obiettivi di recupero e riciclaggio
sono  quelli  massimi  previsti dall'allegato E alla parte quarta del
presente decreto.(10)
   6.  I  piani  regionali di cui all'articolo 199 sono integrati con
specifiche  previsioni per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti
di imballaggio sulla base del programma di cui al presente articolo.
---------------
AGGIORNAMENTO (10)
  Il  D.Lgs.  16  gennaio  2008, n.4 ha disposto (con l'art. 2, comma
30-quinquiesbis)  che "Ai commi 3 e 5 dell'articolo 225 sostituire le
parole  "all'Autorita'  di  cui  all'articolo  207"  con le seguenti:
"all'Osservatorio nazionale sui rifiuti"".
                              ART. 226
                              (divieti)

   1.  E'  vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei
contenitori  recuperati,  ad  eccezione  degli scarti derivanti dalle
operazioni   di   selezione,   riciclo  e  recupero  dei  rifiuti  di
imballaggio.
   2.  Fermo  restando quanto previsto dall'articolo 221, comma 4, e'
vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani
imballaggi   terziari   di  qualsiasi  natura.  Eventuali  imballaggi
secondari   non   restituiti  all'utilizzatore  dal  commerciante  al
dettaglio  possono  essere  conferiti  al  servizio  pubblico solo in
raccolta  differenziata,  ove la stessa sia stata attivata nei limiti
previsti dall'articolo 221, comma 4.
   3.  Possono  essere  commercializzati  solo imballaggi rispondenti
agli standard europei fissati dal Comitato europeo normalizzazione in
conformita'  ai  requisiti essenziali stabiliti dall'articolo 9 della
direttiva  94/62/CE  del  Parlamento  europeo  e del Consiglio del 20
dicembre  1994.  Con  decreto  del  ((Ministro  dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare)), di concerto con il Ministro delle
attivita'  produttive  sono  aggiornati  i  predetti standard, tenuto
conto  della  comunicazione  della  Commissione europea 2005/C44/ 13.
Sino all'emanazione del predetto decreto si applica l'Allegato F alla
parte quarta del presente decreto.
   4.  E'  vietato  immettere  sul mercato imballaggi o componenti di
imballaggio,  ad eccezione degli imballaggi interamente costituiti di
cristallo,  con livelli totali di concentrazione di piombo, mercurio,
cadmio  e cromo esavalente superiore a 100 parti per milione (ppm) in
peso. Per gli imballaggi in vetro si applica la decisione 2001/171/CE
del  19  febbraio 2001 e per gli imballaggi in plastica si applica la
decisione 1999/177/CE del 8 febbraio 1999.
   5.  Con  decreto  del  ((Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e del mare)), di concerto con il Ministro delle attivita'
produttive   sono   determinate,   in   conformita'   alle  decisioni
dell'Unione europea:
    a) le condizioni alle quali i livelli di concentrazione di cui al
comma  4  non  si  applicano  ai materiali riciclati e ai circuiti di
produzione localizzati in una catena chiusa e controllata;
    b)  le tipologie di imballaggio esonerate dal requisito di cui al
comma 4.

TITOLO III

GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI


                              ART. 227
        (rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti sanitari,
          veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto)

   1. Restano ferme le disposizioni speciali, nazionali e comunitarie
relative  alle  altre  tipologie di rifiuti, ed in particolare quelle
riguardanti:
    a)   rifiuti  elettrici  ed  elettronici:  direttiva  2000/53/CE,
direttiva  2002/95/CE  e  direttiva  2003/108/CE  e  relativo decreto
legislativo  di attuazione 25 luglio 2005, n. 151. Relativamente alla
data  di  entrata  in  vigore  delle  singole disposizioni del citato
provvedimento,   nelle   more   dell'entrata   in   vigore   di  tali
disposizioni,   continua   ad   applicarsi   la   disciplina  di  cui
all'articolo 44 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
    b)  rifiuti  sanitari: decreto del Presidente della Repubblica 15
luglio 2003, n. 254;
    c)  veicoli fuori uso: direttiva 2000/53/CE e decreto legislativo
24 giugno 2003, n. 209, ferma restando la ripartizione degli oneri, a
carico  degli  operatori  economici,  per il ritiro e trattamento dei
veicoli  fuori  uso in conformita' a quanto previsto dall'articolo 5,
comma 4, della citata direttiva 2000/53/CE;
    d)  recupero  dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti amianto:
decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248.
                              ART. 228 
                       (pneumatici fuori uso) 
 
   1. Fermo restando il disposto di cui  al  decreto  legislativo  24
giugno 2003, n. 209, nonche' il disposto di cui agli articoli  179  e
180 del presente decreto, al fine di garantire  il  perseguimento  di
finalita'  di  tutela  ambientale  secondo   le   migliori   tecniche
disponibili,  ottimizzando,  anche  tramite  attivita'  di   ricerca,
sviluppo e formazione, il recupero dei pneumatici  fuori  uso  e  per
ridurne la formazione anche  attraverso  la  ricostruzione  e'  fatto
obbligo ai produttori e  importatori  di  pneumatici  di  provvedere,
singolarmente o in forma associata e con periodicita' almeno annuale,
alla gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso pari  a  quelli
dai medesimi  immessi  sul  mercato  e  destinati  alla  vendita  sul
territorio nazionale , provvedendo anche  ad  attivita'  di  ricerca,
sviluppo e formazione finalizzata  ad  ottimizzare  la  gestione  dei
pneumatici fuori uso nel rispetto dell'articolo 177, comma 1. 
   2. Con decreto del  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano, da emanarsi nel termine di giorni centoventi  dalla  data
di entrata in vigore della parte quarta del  presente  decreto,  sono
disciplinati i tempi e le modalita' attuative dell'obbligo di cui  al
comma 1. In tutte le fasi della commercializzazione dei pneumatici e'
indicato in fattura  il  contributo  a  carico  degli  utenti  finali
necessario, anche in relazione alle diverse tipologie di  pneumatici,
per far fronte agli oneri derivanti dall'obbligo di cui al comma 1. 
   3. Il trasferimento all'eventuale struttura  operativa  associata,
da parte dei produttori e importatori  di  pneumatici  che  ne  fanno
parte, delle somme corrispondenti  al  contributo  per  la  gestione,
calcolato  sul  quantitativo  di  pneumatici  immessi   sul   mercato
nell'anno precedente costituisce adempimento dell'obbligo di  cui  al
comma 1 con esenzione del produttore o importatore da  ogni  relativa
responsabilita'. 
   ((3-bis . I produttori e gli importatori di pneumatici o  le  loro
eventuali forme associate  determinano  annualmente  l'ammontare  del
rispettivo contributo necessario per l'adempimento, nell'anno  solare
successivo, degli obblighi di cui al comma 1 e lo  comunicano,  entro
il 31 ottobre di ogni anno, al Ministero dell'ambiente e della tutela
del  territorio  e  del  mare  anche  specificando  gli  oneri  e  le
componenti di costo che giustificano l'ammontare del  contributo.  Il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  se
necessario, richiede integrazioni e chiarimenti al fine  di  disporre
della completezza delle informazioni da divulgare anche a  mezzo  del
proprio portale informatico entro il 31 dicembre del rispettivo anno.
E' fatta salva la facolta' di procedere  nell'anno  solare  in  corso
alla rideterminazione, da parte dei produttori e degli importatori di
pneumatici o le rispettive forme associate, del contributo  richiesto
per l'anno solare in corso.)) 
   4. I produttori e gli importatori di pneumatici inadempienti  agli
obblighi di  cui  al  comma  1  sono  assoggettati  ad  una  sanzione
amministrativa     pecuniaria     proporzionata     alla     gravita'
dell'inadempimento, comunque non superiore al doppio  del  contributo
incassato per il periodo considerato. 
                              Art. 229
      ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205))
                              ART. 230
(rifiuti derivanti da attivita' di manutenzione delle infrastrutture)

   1.  Il  luogo  di produzione dei rifiuti derivanti da attivita' di
manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore
dell'infrastruttura  a  rete  e  degli  impianti  per l'erogazione di
forniture  e  servizi  di  interesse  pubblico  o tramite terzi, puo'
coincidere   con  la  sede  del  cantiere  che  gestisce  l'attivita'
manutentiva  o  con  la  sede locale del gestore della infrastruttura
nelle  cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata
dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove
il  materiale  tolto  d'opera  viene  trasportato  per  la successiva
valutazione  tecnica,  finalizzata  all'individuazione  del materiale
effettivamente,  direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza
essere sottoposto ad alcun trattamento.
   1-bis.  I  rifiuti derivanti dalla attivita' di raccolta e pulizia
delle  infrastrutture autostradali, con esclusione di quelli prodotti
dagli  impianti  per l'erogazione di forniture e servizi di interesse
pubblico  o da altre attivita' economiche, sono raccolti direttamente
dal  gestore della infrastruttura a rete che provvede alla consegna a
gestori del servizio dei rifiuti solidi urbani.
   2.  La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui
al  comma  1  e'  eseguita  non  oltre  sessanta giorni dalla data di
ultimazione  dei  lavori. La documentazione relativa alla valutazione
tecnica  e'  conservata,  unitamente ai registri di carico e scarico,
per cinque anni.
   3.  Le  disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti
derivanti   da  attivita'  manutentiva,  effettuata  direttamente  da
gestori  erogatori  di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e
degli impianti fruitori delle infrastrutture di cui al comma 1.
   4.  Fermo  restando  quanto previsto nell'articolo 190, comma 3, i
registri  di  carico  e  scarico  relativi  ai  rifiuti  prodotti dai
soggetti e dalle attivita' di cui al presente articolo possono essere
tenuti  nel  luogo  di produzione dei rifiuti cosi' come definito nel
comma 1.
 ((5.  I  rifiuti  provenienti dalle attivita' di pulizia manutentiva
delle  reti  fognarie  di  qualsiasi  tipologia,  sia  pubbliche  che
asservite  ad  edifici  privati, si considerano prodotti dal soggetto
che  svolge l'attivita' di pulizia manutentiva. Tali rifiuti potranno
essere  conferiti  direttamente ad impianti di smaltimento o recupero
o,  in  alternativa,  raggruppati  temporaneamente  presso  la sede o
unita'   locale  del  soggetto  che  svolge  l'attivita'  di  pulizia
manutentiva. I soggetti che svolgono attivita' di pulizia manutentiva
delle   reti   fognarie   aderiscono   al  sistema  SISTRI  ai  sensi
dell'articolo dell'art. 188-ter, comma 1, lettera f). Il soggetto che
svolge   l'attivita'   di  pulizia  manutentiva  e'  comunque  tenuto
all'iscrizione    all'Albo    dei    gestori   ambientali,   prevista
dall'articolo  212,  comma  5,  per lo svolgimento delle attivita' di
raccolta e trasporto di rifiuti.))
                              ART. 231
               (veicoli fuori uso non disciplinati dal
             decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209)

   1.  Il  proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio, con
esclusione  di  quelli disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno
2002,  n.  209,  che  intenda procedere alla demolizione dello stesso
deve  consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza,
la   demolizione,  il  recupero  dei  materiali  e  la  rottamazione,
autorizzato  ai  sensi  degli articoli 208, 209 e 210. Tali centri di
raccolta  possono  ricevere  anche  rifiuti  costituiti  da  parti di
veicoli a motore.
   2. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio di cui
al  comma  1  destinato alla demolizione puo' altresi' consegnarlo ai
concessionari  o  alle  succursali  delle  case  costruttrici  per la
consegna  successiva  ai  centri  di  cui al comma 1, qualora intenda
cedere il predetto veicolo o rimorchio per acquistarne un altro.
   3.  I veicoli a motore o i rimorchi di cui al comma 1 rinvenuti da
organi  pubblici  o  non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti
per  occupazione  ai  sensi  degli  articoli  927, 928, 929 e 923 del
codice  civile sono conferiti ai centri di raccolta di cui al comma 1
nei  casi  e  con  le  procedure determinate con decreto del Ministro
dell'interno,  di  concerto  con  i  Ministri  dell'economia  e delle
finanze,   dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  delle
infrastrutture  e  dei  trasporti. Fino all'adozione di tale decreto,
trova applicazione il decreto 22 ottobre 1999, n. 460.
   4.  I  centri  di  raccolta ovvero i concessionari o le succursali
delle  case costruttrici rilasciano al proprietario del veicolo o del
rimorchio consegnato per la demolizione un certificato dal quale deve
risultare la data della consegna, gli estremi dell'autorizzazione del
centro,   le   generalita'   del   proprietario   e  gli  estremi  di
identificazione  del  veicolo,  nonche'  l'assunzione,  da  parte del
gestore  del  centro  stesso ovvero del concessionario o del titolare
della   succursale,   dell'impegno  a  provvedere  direttamente  alle
pratiche  di  cancellazione  dal  Pubblico  registro  automobilistico
(PRA).
   5.  La  cancellazione dal PRA dei veicoli e dei rimorchi avviati a
demolizione  avviene esclusivamente a cura del titolare del centro di
raccolta  o  del concessionario o del titolare della succursale senza
oneri  di  agenzia  a  carico  del  proprietario  del  veicolo  o del
rimorchio.  A  tal  fine,  entro  novanta  giorni  dalla consegna del
veicolo  o  del  rimorchio  da parte del proprietario, il gestore del
centro  di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale
deve  comunicare l'avvenuta consegna per la demolizione del veicolo e
consegnare  il  certificato di proprieta', la carta di circolazione e
le  targhe  al competente Ufficio del PRA che provvede ai sensi e per
gli  effetti  dell'articolo  103, comma 1, del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285.
   6.  Il  possesso  del  certificato  di  cui  al  comma 4 libera il
proprietario  del  veicolo  dalla  responsabilita'  civile,  penale e
amministrativa connessa con la proprieta' dello stesso.
   7.  I gestori dei centri di raccolta, i concessionari e i titolari
delle  succursali  delle  case costruttrici di cui ai commi 1 e 2 non
possono  alienare,  smontare  o  distruggere  i  veicoli a motore e i
rimorchi  da  avviare allo smontaggio ed alla successiva riduzione in
rottami senza aver prima adempiuto ai compiti di cui al comma 5.
   8.  Gli  estremi  della ricevuta dell'avvenuta denuncia e consegna
delle  targhe  e  dei  documenti agli uffici competenti devono essere
annotati sull'apposito registro di entrata e di uscita dei veicoli da
tenersi   secondo   le  norme  del  regolamento  di  cui  al  decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
   9.  Agli  stessi  obblighi  di  cui ai commi 7 e 8 sono soggetti i
responsabili  dei  centri  di  raccolta o altri luoghi di custodia di
veicoli rimossi ai sensi dell'articolo 159 del decreto legislativo 30
aprile  1992,  n.  285,  nel caso di demolizione del veicolo ai sensi
dell'articolo 215, comma 4 del predetto decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285.
   10.  E' consentito il commercio delle parti di ricambio recuperate
dalla  demolizione  dei veicoli a motore o dei rimorchi ad esclusione
di  quelle  che  abbiano  attinenza  con  la  sicurezza  dei veicoli.
L'origine delle parti di ricambio immesse alla vendita deve risultare
dalle fatture e dalle ricevute rilasciate al cliente.
   11. Le parti di ricambio attinenti alla sicurezza dei veicoli sono
cedute solo agli esercenti l'attivita' di autoriparazione di cui alla
legge  5  febbraio  1992,  n.  122,  e,  per poter essere utilizzate,
ciascuna   impresa   di  autoriparazione  e'  tenuta  a  certificarne
l'idoneita' e la funzionalita'.
   12.  L'utilizzazione  delle parti di ricambio di cui ai commi 10 e
11 da parte delle imprese esercenti attivita' di autoriparazione deve
risultare dalle fatture rilasciate al cliente.
   13.  Entro  sei  mesi  dalla data di entrata in vigore della parte
quarta  del  presente  decreto,  il  ((Ministro dell'ambiente e della
tutela  del territorio e del mare)), di concerto con i Ministri delle
attivita' produttive e delle infrastrutture e dei trasporti, emana le
norme  tecniche  relative  alle  caratteristiche  degli  impianti  di
demolizione,    alle    operazioni    di   messa   in   sicurezza   e
all'individuazione  delle parti di ricambio attinenti la sicurezza di
cui  al  comma  11. Fino all'adozione di tale decreto, si applicano i
requisiti   relativi   ai  centri  di  raccolta  e  le  modalita'  di
trattamento dei veicoli di cui all'Allegato I del decreto legislativo
24 giugno 2003, n. 209.
                              ART. 232
          (rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico)

   1.  La  disciplina  di  carattere  nazionale  relativa  ai rifiuti
prodotti  dalle navi ed ai residui di carico e' contenuta nel decreto
legislativo 24 giugno 2003 n. 182.
   2. Gli impianti che ricevono acque di sentina gia' sottoposte a un
trattamento  preliminare  in  impianti  autorizzati  ai  sensi  della
legislazione  vigente possono accedere alle procedure semplificate di
cui  al  decreto  17  novembre  2005,  n.  269, fermo restando che le
materie   prime   e   i   prodotti   ottenuti   devono  possedere  le
caratteristiche  indicate al punto 6.6.4 dell'Allegato 3 del predetto
decreto, come modificato dal comma 3 del presente articolo.
   3.  Ai  punti  2.4  dell'allegato  1  e  6.6.4 dell'Allegato 3 del
decreto  17  novembre  2005, n. 269 la congiunzione: "e" e' sosituita
dalla disgiunzione: "o".
                              ART. 233
           (Consorzio nazionale di raccolta e trattamento
         degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti)

   1.  Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione degli oli
e  dei  grassi  vegetali e animali esausti, tutti gli operatori della
filiera  costituiscono  un  Consorzio. I sistemi di gestione adottati
devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 237.
   2.  il  Consorzio  di  cui  al  comma  1,  gia' riconosciuto dalla
previgente  normativa,  ha  personalita' giuridica di diritto privato
senza  scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformita' allo
schema  tipo  approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e  del  mare,  di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico,  entro  centoventi  giorni dalla pubblicazione in Gazzetta
Ufficiale,  e  ai  principi  contenuti  nel  presente  decreto  ed in
particolare   a  quelli  di  trasparenza,  efficacia,  efficienza  ed
economicita',  nonche'  di  libera  concorrenza  nelle  attivita'  di
settore. Nel consiglio di amministrazione del Consorzio il numero dei
consiglieri  di  amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e
dei   riciclatori  dei  rifiuti  deve  essere  uguale  a  quello  dei
consiglieri  di  amministrazione  in rappresentanza dei produttori di
materie  prime.  Lo statuto adottato dal consorzio e' trasmesso entro
quindici   giorni  al  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e  del  mare,  che lo approva di concerto con il Ministro
dello   sviluppo   economico,  salvo  motivate  osservazioni  cui  il
Consorzio  e'  tenuto  ad  adeguarsi  nei successivi sessanta giorni.
Qualora  il  Consorzio  non  ottemperi  nei  termini  prescritti,  le
modifiche  allo  statuto  sono  apportate  con  decreto  del Ministro
dell'ambiente  e  della tutela del territorio e del mare, di concerto
con  il Ministro dello sviluppo economico; il decreto ministeriale di
approvazione dello statuto del Consorzio e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale.
   3.  I  Consorzio  svolgono  per  tutto  il  territorio nazionale i
seguenti compiti:
    a)  assicurano  la raccolta presso i soggetti di cui al comma 12,
il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento e il recupero degli oli e
dei grassi vegetali e animali esausti;
    b) assicurano, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia
di  inquinamento,  lo  smaltimento di oli e grassi vegetali e animali
esausti  raccolti  dei  quali  non  sia  possibile  o  conveniente la
rigenerazione;
    c) promuovono lo svolgimento di indagini di mercato e di studi di
settore  al  fine  di  migliorare,  economicamente e tecnicamente, il
ciclo  di  raccolta,  trasporto,  stoccaggio,  trattamento e recupero
degli oli e grassi vegetali e animali esausti.
   4.  Le  deliberazioni  degli  organi  dei  Consorzio,  adottate in
relazione alle finalita' della parte quarta del presente decreto ed a
norma   dello   statuto,   sono   vincolanti  per  tutte  le  imprese
partecipanti.
   5. Partecipano ai Consorzio:
    a)  le  imprese che producono, importano o detengono oli e grassi
vegetali ed animali esausti;
    b)  le imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e
animali esausti;
    c)  le  imprese  che  effettuano  la  raccolta, il trasporto e lo
stoccaggio di oli e grassi vegetali e animali esausti;
    d)  eventualmente,  le  imprese che abbiano versato contributi di
riciclaggio ai sensi del comma 10, lettera d).
   6.  Le  quote  di  partecipazione ai Consorzio sono determinate in
base al rapporto tra la capacita' produttiva di ciascun consorziato e
la  capacita'  produttiva  complessivamente  sviluppata  da  tutti  i
consorziati appartenenti alla medesima categoria.
   7.  La  determinazione  e  l'assegnazione  delle  quote compete al
consiglio   di   amministrazione   dei   Consorzio  che  vi  provvede
annualmente secondo quanto stabilito dallo statuto.
   8.  Nel  caso di incapacita' o di impossibilita' di adempiere, per
mezzo  delle  stesse  imprese consorziate, agli obblighi di raccolta,
trasporto,  stoccaggio,  trattamento  e  riutilizzo  degli  oli e dei
grassi  vegetali  e  animali esausti stabiliti dalla parte quarta del
presente   decreto,   il  consorzio  puo',  nei  limiti  e  nei  modi
determinati  dallo  statuto,  stipulare  con  le  imprese pubbliche e
private contratti per l'assolvimento degli obblighi medesimi.
   9.  Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono,
entro  centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
dello  Statuto  tipo ai sensi del comma 2, organizzare autonomamente,
la gestione degli oli e grassi vegetali e animali esausti su tutto il
territorio  nazionale.  In  tale  ipotesi gli operatori stessi devono
richiedere all'Autorita' di cui all'articolo 207, previa trasmissione
di  idonea  documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A
tal  fine  i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato
il  sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicita',
che  il  sistema e' effettivamente ed autonomamente funzionante e che
e'  in  grado  di conseguire, nell'ambito delle attivita' svolte, gli
obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre
garantire  che  gli  utilizzatori e gli utenti finali siano informati
sulle   modalita'   del  sistema  adottato.  L'Autorita',  dopo  aver
acquisito  i  necessari  elementi  di  valutazione,  si esprime entro
novanta  giorni  dalla  richiesta.  In  caso  di mancata risposta nel
termine   sopra   indicato,   l'interessato   chiede   al  ((Ministro
dell'ambiente  e  della tutela del territorio e del mare)) l'adozione
dei  relativi  provvedimenti  sostitutivi  da emanarsi nei successivi
sessanta  giorni.  L'Autorita'  e'  tenuta a presentare una relazione
annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite.
   10. I Consorzio sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria
gestione  finanziaria.  Le  risorse  finanziarie  dei  Consorzio sono
costituite:
    a) dai proventi delle attivita' svolte dai Consorzio;
    b) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
    c) dalle quote consortili;
    d)  dal  contributo  ambientale  a  carico dei produttori e degli
importatori  di  oli  e  grassi vegetali e animali per uso alimentare
destinati  al  mercato interno e ricadenti nelle finalita' consortili
di cui al comma 1, determinati annualmente con decreto del ((Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), di concerto
con  il  Ministro  delle  attivita'  produttive, al fine di garantire
l'equilibrio di gestione dei Consorzio.
   11.  I Consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 9
trasmettono  annualmente  al  ((Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare)) ed al Ministro delle attivita' produttive
i  bilanci  preventivo  e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro
approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti
presentano  agli stessi Ministri una relazione tecnica sull'attivita'
complessiva  sviluppata  dagli  stessi  e  dai  loro singoli aderenti
nell'anno solare precedente.
   12.  Decorsi  novanta  giorni  dalla  data  di pubblicazione nella
Gazzetta  Ufficiale  del decreto di approvazione dello Statuto di cui
al   comma   2,   chiunque,   in   ragione  della  propria  attivita'
professionale,  detiene  oli  e  grassi vegetali e animali esausti e'
obbligato  a conferirli ai Consorzio direttamente o mediante consegna
a  soggetti  incaricati dai Consorzio, fermo restando quanto previsto
al  comma 9. L'obbligo di conferimento non esclude la facolta' per il
detentore  di  cedere  oli  e  grassi  vegetali  e animali esausti ad
imprese di altro Stato membro della Comunita' europea.
   13.  Chiunque, in ragione della propria attivita' professionale ed
in attesa del conferimento ai Consorzio, detenga oli e grassi animali
e  vegetali  esausti  e'  obbligato a stoccare gli stessi in apposito
contenitore   conforme   alle  disposizioni  vigenti  in  materia  di
smaltimento.
   14.  Restano ferme le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti
in materia di prodotti, sottoprodotti e rifiuti di origine animale.
   15.  I  soggetti  giuridici  appartenenti alle categorie di cui al
comma 5 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attivita'
proprie  delle  categorie  medesime  successivamente  all'entrata  in
vigore  della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei
Consorzio  di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 9,
entro  sessanta  giorni  dalla data di costituzione o di inizio della
propria attivita'. PERIODO SOPPRESSO DAL D.Lgs. 16 GENNAIO 2008, N.4.
                              ART. 234
    (Consorzio Nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in
                            Polietilene)

  1. Al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e
   il  trattamento  dei rifiuti di beni in polietilene destinati allo
smaltimento, e' istituito il Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti
di  beni  in  polietilene, esclusi gli imballaggi di cui all'articolo
218, comma 1, lettere a), b), c), d), e) e dd), i beni, ed i relativi
rifiuti,  di  cui  agli articoli 227, comma 1, lettere a), b) e c), e
231,.  I  sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi
di cui all'articolo 237.
   2.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  delle  tutela  del
territorio  e  del  mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo
economico,   sono   definiti,   entro   novanta  giorni,  i  beni  in
polietilene,   che   per   caratteristiche  ed  usi,  possono  essere
considerati  beni  di lunga durata per i quali deve essere versato un
contributo  per  il  riciclo  in  misura ridotta in ragione del lungo
periodo  di  impiego  o  per  i  quali  non  deve essere versato tale
contributo   in   ragione   di   una   situazione  di  fatto  di  non
riciclabilita'  a  fine  vita. In attesa di tale decreto tali beni di
lunga durata restano esclusi dal versamento di tale contributo.
   3.  Il  consorzio  di  cui  al  comma  1,  gia' riconosciuto dalla
previgente  normativa,  ha  personalita' giuridica di diritto privato
senza  scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformita' allo
schema  tipo  approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e  del  mare,  di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico,  entro  centoventi  giorni dalla pubblicazione in Gazzetta
Ufficiale,  e  ai  principi  contenuti  nel  presente  decreto  ed in
particolare   a  quelli  di  trasparenza,  efficacia,  efficienza  ed
economicita',  nonche'  di  libera  concorrenza  nelle  attivita'  di
settore.  Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei
consiglieri  di' amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e
dei   riciclatori  dei  rifiuti  deve  essere  uguale  a  quello  dei
consiglieri  di  amministrazione in rappresentanza dei produttori con
materie  prime.  Lo statuto adottato dal consorzio e' trasmesso entro
quindici   giorni  al  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e  del  mare,  che lo approva di concerto con il Ministro
dello   sviluppo   economico,  salvo  motivate  osservazioni  cui  il
consorzio  e'  tenuto  ad  adeguarsi  nei successivi sessanta giorni.
Qualora  il  consorzio  non  ottemperi  nei  termini  prescritti,  le
modifiche  allo  statuto  sono  apportate  con  decreto  del Ministro
dell'ambiente  e  della tutela del territorio e del mare, di concerto
con  il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto ministeriale di
approvazione dello statuto del consorzio e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale.
   4. Ai Consorzio partecipano:
    a) i produttori e gli importatori di beni in polietilene;
    b) gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene;
    c)  i  riciclatori  e  i  recuperatori  di  rifiuti  di  beni  in
polietilene.
   5. Ai Consorzio possono partecipare in qualita' di soci aggiunti i
produttori  ed  importatori  di  materie  prime in polietilene per la
produzione  di  beni  in  polietilene  e le imprese che effettuano la
raccolta,  il  trasporto  e lo stoccaggio dei beni in polietilene. Le
modalita'   di  partecipazione  vengono  definite  nell'ambito  dello
statuto di cui al comma 3.
   6.  I  soggetti  giuridici  appartenenti  alle categorie di cui al
comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attivita'
proprie  delle  categorie  medesime  successivamente  all'entrata  in
vigore  della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei
Consorzio  di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 7,
entro  sessanta  giorni  dalla data di costituzione o di inizio della
propria attivita'. PERIODO SOPPRESSO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4
   7.  Gli  operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono
entro  centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
dello Statuto tipo ai sensi del comma 2:
    a)  organizzare autonomamente, la gestione dei rifiuti di beni in
polietilene su tutto il territorio nazionale;
    b) mettere in atto un sistema di raccolta e restituzione dei beni
in  polietilene  al termine del loro utilizzo, con avvio al riciclo o
al  recupero, previo accordi con aziende che svolgono tali attivita',
con quantita' definite e documentate;
   Nelle  predette  ipotesi  gli  operatori  stessi devono richiedere
all'osservatorio nazionale sui Rifiuti, previa trasmissione di idonea
documentazione,  il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i
predetti  operatori  devono dimostrare di aver organizzato il sistema
secondo  criteri  di  efficienza,  efficacia  ed economicita', che il
sistema  e'  effettivamente  ed autonomamente funzionante e che e' in
grado   di   conseguire,  nell'ambito  delle  attivita'  svolte,  gli
obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre
garantire  che  gli  utilizzatori e gli utenti finali siano informati
sulle   modalita'   del  sistema  adottato.  L'Autorita',  dopo  aver
acquisito  i  necessari  elementi  di  valutazione,  si esprime entro
novanta  giorni  dalla  richiesta.  In  caso  di mancata risposta nel
termine   sopra   indicato,   l'interessato   chiede   al  ((Ministro
dell'ambiente  e  della tutela del territorio e del mare)) l'adozione
dei  relativi  provvedimenti  sostitutivi  da emanarsi nei successivi
sessanta  giorni.  L'Autorita' presenta una relazione annuale di sint
esi relativa a tutte le istruttorie esperite.
   8.  I  Consorzio  di  cui  al comma 1 si propongono come obiettivo
primario  di  favorire  il  ritiro  dei beni a base di polietilene al
termine   del   ciclo  di  utilita'  per  avviarli  ad  attivita'  di
riciclaggio  e di recupero. A tal fine i Consorzio svolgono per tutto
il territorio nazionale i seguenti compiti:
    a)  promuovono  la  gestione  del  flusso  dei  beni  a  base  di
polietilene;
    b)  assicurano  la  raccolta,  il riciclaggio e le altre forme di
recupero dei rifiuti di beni in polietilene;
    c) promuovono la valorizzazione delle frazioni di polietilene non
riutilizzabili;
    d)  promuovono  l'informazione  degli utenti, intesa a ridurre il
consumo  dei  materiali ed a favorire forme corrette di raccolta e di
smaltimento;
    e)  assicurano  l'eliminazione dei rifiuti di beni in polietilene
nel  caso  in  cui  non sia possibile o economicamente conveniente il
riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento.
   9.  Nella  distribuzione dei prodotti dei consorziati, i Consorzio
possono ricorrere a forme di deposito cauzionale.
   10. I Consorzio sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria
gestione  finanziaria.  I  mezzi  finanziari per il funzionamento del
Consorzio sono costituiti:
    a) dai proventi delle attivita' svolte dai Consorzio;
    b) dai contributi dei soggetti partecipanti;
    c) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
    d) dall'eventuale contributo percentuale di riciclaggio di cui al
comma 13.
   11.  Le  deliberazioni  degli  organi  dei  Consorzio, adottate in
relazione alle finalita' della parte quarta del presente decreto ed a
norma   dello   statuto,   sono   vincolanti  per  tutti  i  soggetti
partecipanti.
   12.  I Consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7
trasmettono  annualmente  al  ((Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare)) ed al Ministro delle attivita' produttive
il  bilancio preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro
approvazione.  I  Consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al
comma  7,  entro  il 31 maggio di ogni anno, presentano una relazione
tecnica sull'attivita' complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro
singoli aderenti nell'anno solare precedente.
   13.  Il  ((Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e
del  mare))  di  concerto  con il Ministro delle attivita' produttive
determina  ogni  due anni con proprio decreto gli obiettivi minimi di
riciclaggio  e,  in  caso  di  mancato  raggiungimento  dei  predetti
obiettivi, puo' stabilire un contributo percentuale di riciclaggio da
applicarsi  sull'importo  netto  delle  fatture  emesse dalle imprese
produttrici  ed  importatrici  di  beni di polietilene per il mercato
interno.  Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del  mare))  di  concerto  con il Ministro delle attivita' produttive
determina  gli obiettivi di riciclaggio a valere per il primo biennio
entro  novanta  giorni  dalla  data  di entrata in vigore della parte
quarta del presente decreto.
   14.  Decorsi  novanta  giorni  dalla  pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale  del  decreto di approvazione dello statuto di cui al comma
3,  chiunque,  in ragione della propria attivita', detiene rifiuti di
beni  in  polietilene  e'  obbligato a conferirli a uno dei Consorzio
riconosciuti o direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati
dai  Consorzio stessi, fatto comunque salvo quanto previsto dal comma
7. L'obbligo di conferimento non esclude la facolta' per il detentore
di  cedere i rifiuti di bene in polietilene ad imprese di altro Stato
membro della Comunita' europea.
                              Art. 235
      ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 20 NOVEMBRE 2008, N. 188))
                              Art. 236
                Consorzio nazionale per la gestione,
           raccolta e trattamento degli oli minerali usati

  1.  Al  fine  di razionalizzare e organizzare la gestione degli oli
minerali  usati, da avviare obbligatoriamente alla rigenerazione tesa
alla  produzione  di  oli  base,  le  imprese di cui al comma 4, sono
tenute  a  partecipare all'assolvimento dei compiti previsti al comma
12  tramite  adesione al consorzio di cui all'articolo 11 del decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, . I consorzio adottano sistemi di
gestione conformi ai principi di cui all'articolo 237.
  2.  Il  consorzio  di  cui  al  comma  1,  gia'  riconosciuto dalla
previgente  normativa,  ha  personalita' giuridica di diritto privato
senza  scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformita' allo
schema  tipo  approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e  del  mare,  di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico,  entro  centoventi  giorni dalla pubblicazione in Gazzetta
Ufficiale  e  ai  principi  contenuti  nel  presente  decreto  ed  in
particolare   a  quelli  di  trasparenza,  efficacia,  efficienza  ed
economicita',  nonche'  di  libera  concorrenza  nelle  attivita'  di
settore.  Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei
consiglieri  di  amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e
dei   riciclatori  dei  rifiuti  deve  essere  uguale  a  quello  dei
consiglieri  di  amministrazione in rappresentanza dei produttori. Lo
statuto  adottato dal consorzio e' trasmesso entro quindici giorni al
Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che
lo  approva  di  concerto  con  il Ministro dello sviluppo economico,
salvo  motivate  osservazioni cui il consorzio e' tenuto ad adeguarsi
nei  successivi  sessanta  giorni. Qualora il consorzio non ottemperi
nei  termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con
decreto  del  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e
del  mare,  di  concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il
decreto  ministeriale  di approvazione dello statuto del consorzio e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
  3.  PERIODO  SOPPRESSO  DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4. Le imprese
che  eliminano  gli  oli  minerali  usati  tramite  co-combustione  e
all'uopo  debitamente  autorizzate  e  gli  altri consorzio di cui al
presente   articolo  sono  tenute  a  fornire  al  Consorzio  di  cui
all'articolo  11  del  decreto  legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, i
dati tecnici di cui al comma 12, lettera h), affinche' tale consorzio
comunichi  annualmente  tutti  i  dati  raccolti su base nazionale ai
Ministeri  che  esercitano  il  controllo, corredati da una relazione
illustrativa.  Alla  violazione dell'obbligo si applicano le sanzioni
di   cui  all'articolo  258  per  la  mancata  comunicazione  di  cui
all'articolo 189, comma 3.
  4.  Ai  consorzio  partecipano in forma Paritetica tutte le imprese
che:
    a) le imprese che producono, importano o mettono in commercio oli
base vergini;
    b)  le  imprese  che  producono  oli base mediante un processo di
rigenerazione;
    c)  le imprese che effettuano il recupero e la raccolta degli oli
usati;
    d)  le  imprese che effettuano la sostituzione e la vendita degli
oli lubrificanti.
  5.  Le  quote  di partecipazione ai consorzio sono ripartite fra le
categorie  di  imprese di cui al comma 4 e nell'ambito di ciascuna di
esse  sono  attribuite in proporzione delle quantita' di lubrificanti
prodotti, commercializzati rigenerati o recuperati.
  6.  Le  deliberazioni  degli  organi  del  consorzio,  adottate  in
relazione alle finalita' della parte quarta del presente decreto ed a
norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i consorziati. PERIODO
SOPPRESSO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4.
  7.  I  consorzio  determinano annualmente, con riferimento ai costi
sopportati  nell'anno  al  netto  dei ricavi per l'assolvimento degli
obblighi  di  cui al presente articolo, il contributo per chilogrammo
dell'olio   lubrificante   che   sara'   messo  a  consumo  nell'anno
successivo.  Ai  fini  della  parte  quarta  del  presente decreto si
considerano  immessi al consumo gli oli lubrificanti di base e finiti
all'atto del pagamento dell'imposta di consumo.
  8.  Le  imprese  partecipanti  sono tenute a versare al consorzio i
contributi  dovuti  da  ciascuna  di  esse  secondo le modalita' ed i
termini fissati ai sensi del comma 9.
  9.  Le  modalita'  e  i  termini  di  accertamento,  riscossione  e
versamento  dei  contributi  di  cui  al  comma 8, sono stabiliti con
decreto  del Ministro della economia e delle finanze, di concerto con
i  Ministri  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio e delle
attivita'  produttive,  da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale entro
un mese dall'approvazione dello statuto del consorzio.
  10.  Il  consorzio  di  cui  al  comma 1 trasmettono annualmente al
((Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare))
ed  al  Ministro  delle  attivita'  produttive i bilanci preventivo e
consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. I consorzio
di  cui  al  comma  1, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano al
((Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare))
ed  al  Ministro  delle  attivita'  produttive  una relazione tecnica
sull'attivita' complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli
aderenti nell'anno solare precedente.
  11.  Lo  statuto  di  cui  al comma 2, prevede, in particolare, gli
organi dei consorzio e le relative modalita' di nomina.
  12.  I  consorzio  svolgono  per  tutto  il  territorio nazionale i
seguenti compiti:
    a)  promuovere  la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle
tematiche della raccolta;
    b)   assicurare  ed  incentivare  la  raccolta  degli  oli  usati
ritirandoli dai detentori e dalle imprese autorizzate;
    c)  espletare  direttamente  la  attivita'  di raccolta degli oli
usati  dai  detentori  che ne facciano richiesta nelle aree in cui la
raccolta risulti difficoltosa o economicamente svantaggiosa;
    d)  selezionare gli oli usati raccolti ai fmi della loro corretta
eliminazione tramite rigenerazione, combustione o smaltimento;
    e) cedere gli oli usati raccolti:
      1)  in via prioritaria, alla rigenerazione tesa alla produzione
di oli base;
      2)  in  caso  ostino  effettivi  vincoli  di  carattere tecnico
economico e organizzativo, alla combustione o coincenerimento;
      3)  in  difetto  dei  requisiti  per l'avvio agli usi di cui ai
numeri  precedenti, allo smaltimento tramite incenerimento o deposito
permanente;
    f)  perseguire  ed incentivare lo studio, la sperimentazione e la
realizzazione   di   nuovi  processi  di  trattamento  e  di  impiego
alternativi;
    g)  operare  nel  rispetto dei principi di concorrenza, di libera
circolazione  dei beni, di economicita' della gestione, nonche' della
tutela  della  salute e dell'ambiente da ogni inquinamento dell'aria,
delle acque e del suolo;
    h)  annotare  ed  elaborare  tutti  i  dati tecnici relativi alla
raccolta ed eliminazione degli oli usati e comunicarli annualmente al
Consorzio  di  cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio
1992,  n.  95, affinche' tale Consorzio li trasmetta ai Ministeri che
esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa;
    i)   concordare   con   le  imprese  che  svolgono  attivita'  di
rigenerazione  i  parametri  tecnici per la selezione degli oli usati
idonei per l'avvio alla rigenerazione;
    l) incentivare la raccolta di oli usati rigenerabili;
    l-bis) cedere gli oli usati rigenerabili raccolti alle imprese di
rigenerazione  che  ne facciano richiesta in ragione del rapporto fra
quantita'  raccolte  e  richieste,  delle  capacita' produttive degli
impianti  previste  dalle relative autorizzazioni e, per gli impianti
gia'  in  funzione,  della  pregressa produzione di basi lubrificanti
rigenerate di qualita' idonea per il consumo;
    l-ter)   corrispondere   alle   imprese   di   rigenerazione   un
corrispettivo  a fronte del trattamento determinato in funzione della
situazione  corrente  del mercato delle basi lubrificanti rigenerate,
dei  costi  di  raffinazione e del prezzo ricavabile dall'avvio degli
oli usati al riutilizzo tramite combustione; tale corrispettivo sara'
erogato  con riferimento alla quantita' di base lubrificante ottenuta
per  tonnellata  di  olio usato, di qualita' idonea per il consumo ed
effettivamente ricavata dal processo di rigenerazione degli oli usati
ceduti dal consorzio all'impresa stessa;
    l-quater) assicurare l'avvio alla combustione dell'olio usato non
rigenerabile  ma  riutilizzabile  ovvero  dell'olio  rigenerabile non
ritirato  dalle  imprese  di rigenerazione e lo smaltimento dell'olio
usato  non  riutilizzabile  nel  rispetto  delle  disposizioni contro
l'inquinamento.
  13.   I   consorzio   possono  svolgere  le  proprie  funzioni  sia
direttamente che tramite mandati conferiti ad imprese per determinati
e  limitati  settori  di  attivita'  o determinate aree territoriali.
L'attivita'   dei  mandatari  e'  svolta  sotto  la  direzione  e  la
responsabilita' dei consorzio stessi.
  14.  I  soggetti  giuridici  appartenenti  alle categorie di cui al
comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attivita'
proprie  delle  categorie  medesime  successivamente  all'entrata  in
vigore  della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei
consorzio  di  cui  al  comma  1, entro sessanta giorni dalla data di
costituzione  o  di inizio della propria attivita'. PERIODO SOPPRESSO
DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N.4
  15.  Decorsi  novanta  giorni  dalla  data  di  pubblicazione nella
Gazzetta  Ufficiale  del decreto di approvazione dello statuto di cui
al  comma  2,  chiunque  detiene oli minerali esausti e' obbligato al
loro  conferimento  ai  consorzio  di  cui al comma 1, direttamente o
mediante  consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati,
in base alla normativa vigente, a esercitare le attivita' di gestione
di  tali  rifiuti.  L'obbligo di conferimento non esclude la facolta'
per  il  detentore  di  cedere gli oli minerali esausti ad imprese di
altro Stato membro della Comunita' europea.
  16. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e
riciclaggio,   gli  eventuali  avanzi  di  gestione  accantonati  dai
consorzio  di  cui al comma 1 nelle riserve costituenti il patrimonio
netto  non  concorrono  alla formazione del reddito, a condizione che
sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai
consorziati  di  tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento
dei consorzi medesimi.
                              ART. 237
             (criteri direttivi dei sistemi di gestione)

   1.  I  sistemi  di  gestione adottati devono, in ogni caso, essere
aperti alla partecipazione di tutti gli operatori e concepiti in modo
da assicurare il principio di trasparenza, di non discriminazione, di
non  distorsione della concorrenza, di libera circolazione nonche' il
massimo rendimento possibile.

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI


                              Art. 238
             Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani

  1.  Chiunque  possegga  o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree
scoperte  ad  uso  privato  o  pubblico  non costituenti accessorio o
pertinenza  dei  locali  medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti
nelle  zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, e'
tenuto  al  pagamento  di  una  tariffa.  La  tariffa  costituisce il
corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e
smaltimento  dei  rifiuti  solidi  urbani e ricomprende anche i costi
indicati dall'articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n.
36.  La  tariffa  di  cui  all'articolo  49 del decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22, e' soppressa a decorrere dall'entrata in vigore
del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.
  2.  La  tariffa  per  la  gestione  dei rifiuti e' commisurata alle
quantita'  e  qualita' medie ordinarie di rifiuti prodotti per unita'
di  superficie,  in  relazione agli usi e alla tipologia di attivita'
svolte,  sulla  base  di parametri, determinati con il regolamento di
cui  al  comma  6,  che  tengano  anche  conto  di  indici reddituali
articolati per fasce di utenza e territoriali.
  3.  La tariffa e' determinata, entro tre mesi dalla data di entrata
in  vigore del decreto di cui al comma 6, dalle Autorita' d'ambito ed
e'  applicata  e  riscossa  dai  soggetti  affidatari del servizio di
gestione  integrata sulla base dei criteri fissati dal regolamento di
cui  al  comma  6.  Nella determinazione della tariffa e' prevista la
copertura anche di costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti
urbani  quali,  ad  esempio,  le  spese  di spazzamento delle strade.
Qualora  detti  costi vengano coperti con la tariffa cio' deve essere
evidenziato   nei   piani  finanziari  e  nei  bilanci  dei  soggetti
affidatari del servizio.
  4.  La  tariffa  e'  composta da una quota determinata in relazione
alle  componenti  essenziali  del  costo  del  servizio,  riferite in
particolare   agli   investimenti   per   le  opere  ed  ai  relativi
ammortamenti,  nonche'  da  una  quota  rapportata  alle quantita' di
rifiuti  conferiti,  al  servizio  fornito e all'entita' dei costi di
gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi
di investimento e di esercizio.
  5.  Le  Autorita'  d'ambito approvano e presentano all'Autorita' di
cui  all'articolo  207  il  piano finanziario e la relativa relazione
redatta  dal soggetto affidatario del servizio di gestione integrata.
Entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del regolamento di
cui  al  comma  6,  dovra' essere gradualmente assicurata l'integrale
copertura dei costi.
  6.  Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare)),  di  concerto  con  il  Ministro  delle attivita' produttive,
sentiti  la Conferenza Stato regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano, le rappresentanze qualificate degli interessi economici
e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche
ambientali (CESPA) e i soggetti interessati, disciplina, con apposito
regolamento  da  emanarsi  entro  sei  mesi  dalla data di entrata in
vigore  della  parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle
disposizioni  di  cui  al presente articolo, i criteri generali sulla
base  dei  quali  vengono  definite  le  componenti dei costi e viene
determinata  la  tariffa,  anche con riferimento alle agevolazioni di
cui  al  comma  7,  garantendo  comunque  l'assenza  di  oneri per le
autorita' interessate.
  7.  Nella  determinazione  della  tariffa  possono  essere previste
agevolazioni  per  le  utenze  domestiche e per quelle adibite ad uso
stagionale  o non continuativo, debitamente documentato ed accertato,
che  tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di
utenza  e  territoriali. In questo caso, nel piano finanziario devono
essere  indicate  le  risorse  necessarie  per  garantire l'integrale
copertura dei minori introiti derivanti dalle agevolazioni, secondo i
criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6.
  8.  Il  regolamento  di  cui  al  comma  6  tiene conto anche degli
obiettivi  di  miglioramento della produttivita' e della qualita' del
servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.
  9.   L'eventuale   modulazione  della  tariffa  tiene  conto  degli
investimenti  effettuati dai comuni o dai gestori che risultino utili
ai fini dell'organizzazione del servizio.
  10.   Alla  tariffa  e'  applicato  un  coefficiente  di  riduzione
proporzionale  alle quantita' di rifiuti assimilati che il produttore
dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata
dal soggetto che effettua l'attivita' di recupero dei rifiuti stessi.
  11.  Sino  alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino
al  compimento  degli  adempimenti  per  l'applicazione della tariffa
continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti.
  12.  La riscossione volontaria e coattiva della tariffa puo' essere
effettuata  secondo  le disposizioni del decreto del Presidente della
Repubblica  29  settembre  1973,  n.  602,  mediante  convenzione con
l'Agenzia delle entrate. (6) (36)
-------------
AGGIORNAMENTO (6)
  Il  D.L.  11 maggio 2007, n. 61, convertito con modificazioni dalla
L.  5 luglio 2007, n. 87, ha disposto (con l'art. 7, comma 1) che "in
deroga  al  presente  articolo  238,  i comuni della regione Campania
adottano  immediatamente  le iniziative urgenti per assicurare che, a
decorrere  dal  1°  gennaio  2008 e per un periodo di cinque anni, ai
fini  della  determinazione  della  tassa  di smaltimento dei rifiuti
solidi urbani e della tariffa igiene ambientale (TIA) siano applicate
misure  tariffarie per garantire la copertura integrale dei costi del
servizio   di   gestione  dei  rifiuti  indicati  in  appositi  piani
economico-finanziari  redatti  tenendo  conto anche delle indicazioni
contenute  nei  piani  di  cui  all'articolo  4.  Ai  comuni  che non
provvedono  nei  termini  previsti  si  applicano  le sanzioni di cui
all'articolo   141,   comma   1,   del   testo   unico   delle  leggi
sull'ordinamento  degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267, previa diffida ad adempiere e successiva nomina,
in  caso  di  inottemperanza, di un apposito commissario da parte del
prefetto per l'approvazione delle delibere necessarie".
-------------
AGGIORNAMENTO (36)
  Il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla
L.  30  luglio 2010, n. 122 ha disposto (con l'art. 14, comma 33) che
"Le  disposizioni  di  cui all'articolo 238 del decreto legislativo 3
aprile  2006,  n.  152, si interpretano nel senso che la natura della
tariffa ivi prevista non e' tributaria. Le controversie relative alla
predetta  tariffa,  sorte  successivamente  alla  data  di entrata in
vigore   del   presente   decreto,   rientrano   nella  giurisdizione
dell'autorita' giudiziaria ordinaria".

TITOLO V

BONIFICA DI SITI CONTAMINATI


                              ART. 239
                 (principi e campo di applicazione)

   1.  Il  presente  titolo  disciplina  gli interventi di bonifica e
ripristino  ambientale dei siti contaminati e definisce le procedure,
i  criteri  e  le  modalita'  per  lo  svolgimento  delle  operazioni
necessarie  per  l'eliminazione  delle  sorgenti  dell'inquinamento e
comunque   per   la   riduzione   delle  concentrazioni  di  sostanze
inquinanti,  in  armonia  con  i  principi e le norme comunitari, con
particolare riferimento al principio "chi inquina paga".
   2.  Ferma  restando la disciplina dettata dal titolo I della parte
quarta  del presente decreto, le disposizioni del presente titolo non
si applicano:
    a)  all'abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del
presente  decreto.  In  tal  caso qualora, a seguito della rimozione,
avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in
modo   incontrollato,   si  accerti  il  superamento  dei  valori  di
attenzione,  si  dovra' procedere alla caratterizzazione dell'area ai
fini  degli  eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale
da effettuare ai sensi del presente titolo;
    b) agli interventi di bonifica disciplinati da leggi speciali, se
non nei limiti di quanto espressamente richiamato dalle medesime o di
quanto dalle stesse non disciplinato.
   3.  Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree
caratterizzate   da  inquinamento  diffuso  sono  disciplinati  dalle
regioni  con appositi piani, fatte salve le competenze e le procedure
previste  per  i  siti  oggetto  di bonifica di interesse nazionale e
comunque nel rispetto dei criteri generali di cui al presente titolo.
                              ART. 240 
                            (definizioni) 
 
   1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo, si definiscono: 
    a)  sito:  l'area  o  porzione  di  territorio,   geograficamente
definita e  determinata,  intesa  nelle  diverse  matrici  ambientali
(suolo ((, materiali di riporto)), sottosuolo ed acque sotterranee) e
comprensiva  delle  eventuali  strutture  edilizie  e  impiantistiche
presenti; 
    b) concentrazioni soglia di contaminazione (CSC):  i  livelli  di
contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono  valori  al
di sopra dei quali e' necessaria  la  caratterizzazione  del  sito  e
l'analisi di rischio sito specifica, come individuati nell'Allegato 5
alla parte quarta del presente decreto.  Nel  caso  in  cui  il  sito
potenzialmente contaminato sia  ubicato  in  un'area  interessata  da
fenomeni antropici o naturali che abbiano determinato il  superamento
di una o piu' concentrazioni soglia di contaminazione, queste  ultime
si assumono pari al valore di fondo esistente per tutti  i  parametri
superati; 
    c)  concentrazioni  soglia  di  rischio  (CSR):  i   livelli   di
contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso
con  l'applicazione  della  procedura  di  analisi  di  rischio  sito
specifica secondo i principi illustrati nell'Allegato  1  alla  parte
quarta del presente decreto e sulla base dei risultati del  piano  di
caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in  sicurezza
e  la  bonifica.  I  livelli   di   concentrazione   cosi'   definiti
costituiscono i livelli di accettabilita' per il sito; 
    d) sito potenzialmente contaminato: un sito nel quale uno o  piu'
valori di concentrazione delle  sostanze  inquinanti  rilevati  nelle
matrici ambientali risultino superiori ai  valori  di  concentrazione
soglia di contaminazione (CSC), in attesa di espletare le  operazioni
di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario  e  ambientale
sito specifica, che ne permettano di determinare lo stato o  meno  di
contaminazione sulla base  delle  concentrazioni  soglia  di  rischio
(CSR); 
    e)  sito  contaminato:  un  sito  nel  quale   i   valori   delle
concentrazioni   soglia   di   rischio   (CSR),    determinati    con
l'applicazione  della  procedura  di  analisi  di  rischio   di   cui
all'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base  dei
risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati; 
    f) sito non contaminato: un  sito  nel  quale  la  contaminazione
rilevata nelle matrice ambientali  risulti  inferiore  ai  valori  di
concentrazione soglia di contaminazione (CSC) oppure,  se  superiore,
risulti comunque inferiore ai  valori  di  concentrazione  soglia  di
rischio (CSR) determinate a seguito dell'analisi di rischio sanitario
e ambientale sito specifica; 
    g) sito con attivita' in esercizio: un sito nel  quale  risultano
in esercizio attivita' produttive  sia  industriali  che  commerciali
nonche'  le  aree  pertinenziali  e  quelle  adibite   ad   attivita'
accessorie economiche, ivi comprese le attivita'  di  mantenimento  e
tutela  del  patrimonio  ai  fini  della  successiva  ripresa   delle
attivita'; 
    h) sito dismesso: un  sito  in  cui  sono  cessate  le  attivita'
produttive; 
    i) misure  di  prevenzione:  le  iniziative  per  contrastare  un
evento, un atto o un'omissione che ha creato una  minaccia  imminente
per la salute o per l'ambiente, intesa come rischio  sufficientemente
probabile che si verifichi un danno  sotto  il  profilo  sanitario  o
ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire  o  minimizzare
il realizzarsi di tale minaccia; 
    l) misure di riparazione:  qualsiasi  azione  o  combinazione  di
azioni, tra cui  misure  di  attenuazione  o  provvisorie  dirette  a
riparare, risanare o sostituire risorse naturali e/o servizi naturali
danneggiati, oppure  a  fornire  un'alternativa  equivalente  a  tali
risorse o servizi; 
    m) messa in sicurezza d'emergenza: ogni intervento immediato o  a
breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di  emergenza  di
cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini  di
qualsiasi natura, atto  a  contenere  la  diffusione  delle  sorgenti
primarie di contaminazione, impedirne il contatto con  altre  matrici
presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa  di  eventuali  ulteriori
interventi  di  bonifica  o  di  messa  in  sicurezza   operativa   o
permanente; 
    n) messa  in  sicurezza  operativa:  l'insieme  degli  interventi
eseguiti in un sito con attivita' in esercizio atti  a  garantire  un
adeguato livello di sicurezza per le persone  e  per  l'ambiente,  in
attesa di ulteriori interventi di messa  in  sicurezza  permanente  o
bonifica  da  realizzarsi  alla   cessazione   dell'attivita'.   Essi
comprendono   altresi'   gli   interventi   di   contenimento   della
contaminazione  da  mettere  in  atto   in   via   transitoria   fino
all'esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza  permanente,
al fine di evitare la  diffusione  della  contaminazione  all'interno
della stessa matrice o tra matrici differenti. In  tali  casi  devono
essere predisposti idonei  piani  di  monitoraggio  e  controllo  che
consentano di verificare l'efficacia delle soluzioni adottate; 
    o) messa in sicurezza permanente: l'insieme degli interventi atti
a isolare in  modo  definitivo  le  fonti  inquinanti  rispetto  alle
matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e  definitivo
livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente.  In  tali  casi
devono  essere  previsti  piani  di  monitoraggio   e   controllo   e
limitazioni  d'uso   rispetto   alle   previsioni   degli   strumenti
urbanistici; 
    p) bonifica: l'insieme degli  interventi  atti  ad  eliminare  le
fonti di inquinamento  e  le  sostanze  inquinanti  o  a  ridurre  le
concentrazioni delle stesse presenti  nel  suolo,  nel  sottosuolo  e
nelle acque sotterranee ad un livello uguale o  inferiore  ai  valori
delle concentrazioni soglia di rischio (CSR); 
    q)  ripristino  e  ripristino  ambientale:  gli   interventi   di
riqualificazione  ambientale  e  paesaggistica,   anche   costituenti
complemento  degli  interventi  di  bonifica  o  messa  in  sicurezza
permanente, che consentono di recuperare il  sito  alla  effettiva  e
definitiva  fruibilita'  per  la  destinazione  d'uso  conforme  agli
strumenti urbanistici; 
    r) inquinamento  diffuso:  la  contaminazione  o  le  alterazioni
chimiche, fisiche o biologiche delle matrici  ambientali  determinate
da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine; 
    s) analisi di rischio  sanitario  e  ambientale  sito  specifica:
analisi sito specifica degli effetti  sulla  salute  umana  derivanti
dall'esposizione prolungata all'azione delle sostanze presenti  nelle
matrici ambientali  contaminate,  condotta  con  i  criteri  indicati
nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto; 
    t) condizioni di emergenza: gli eventi al verificarsi  dei  quali
e' necessaria l'esecuzione  di  interventi  di  emergenza,  quali  ad
esempio: 
     1) concentrazioni attuali  o  potenziali  dei  vapori  in  spazi
confinati prossime ai livelli di  esplosivita'  o  idonee  a  causare
effetti nocivi acuti alla salute; 
     2) presenza di  quantita'  significative  di  prodotto  in  fase
separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda; 
     3) contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per  scopi
agricoli; 
     4) pericolo di incendi ed esplosioni. 
                              ART. 241
                     (regolamento aree agricole)

   1. Il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino
ambientale   e  di  messa  in  sicurezza,  d'emergenza,  operativa  e
permanente,   delle   aree   destinate  alla  produzione  agricola  e
all'allevamento  e' adottato con decreto del ((Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare)) di concerto con i Ministri
delle attivita' produttive, della salute e delle politiche agricole e
forestali. (25a)
-------------
AGGIORNAMENTO (25a)
  La  Corte Costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (in
G.U.  1a  s.s.  29/07/2009  n.  30)  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale  del  presente articolo nella parte in cui non prevede
che,  prima  dell'adozione  del regolamento da esso disciplinato, sia
sentita  la  Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281
del 1997.
                              ART. 242 
               (procedure operative ed amministrative) 
 
   1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado  di
contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera
entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e  ne  da'
immediata  comunicazione  ai  sensi  e  con  le  modalita'   di   cui
all'articolo 304, comma 2. La medesima procedura si applica  all'atto
di individuazione  di  contaminazioni  storiche  che  possano  ancora
comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione. 
   2. Il responsabile dell'inquinamento, attuate le necessarie misure
di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla  contaminazione,
un'indagine preliminare sui parametri  oggetto  dell'inquinamento  e,
ove  accerti  che  il  livello   delle   concentrazioni   soglia   di
contaminazione (CSC) non sia stato superato, provvede  al  ripristino
della   zona   contaminata,    dandone    notizia,    con    apposita
autocertificazione,  al  comune  ed  alla  provincia  competenti  per
territorio    entro    quarantotto    ore    dalla     comunicazione.
L'autocertificazione conclude il procedimento di notifica di  cui  al
presente articolo, ferme restando  le  attivita'  di  verifica  e  di
controllo da  parte  dell'autorita'  competente  da  effettuarsi  nei
successivi quindici giorni. Nel caso in cui  l'inquinamento  non  sia
riconducibile ad un singolo evento, i parametri  da  valutare  devono
essere individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e
delle attivita' ivi svolte nel tempo. 
   3. Qualora l'indagine  preliminare  di  cui  al  comma  2  accerti
l'avvenuto superamento delle CSC anche  per  un  solo  parametro,  il
responsabile dell'inquinamento ne da' immediata notizia al comune  ed
alle province competenti per  territorio  con  la  descrizione  delle
misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza  adottate.
Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni,
nonche'  alla  regione  territorialmente  competente  il   piano   di
caratterizzazione con i requisiti di cui all'Allegato  2  alla  parte
quarta del presente decreto. Entro  i  trenta  giorni  successivi  la
regione, convocata la conferenza di servizi, autorizza  il  piano  di
caratterizzazione    con    eventuali    prescrizioni    integrative.
L'autorizzazione regionale costituisce assenso  per  tutte  le  opere
connesse  alla  caratterizzazione,  sostituendosi   ad   ogni   altra
autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla  osta  da  parte
della pubblica amministrazione. 
   4. Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito e'
applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica  per  la
determinazione  delle  concentrazioni  soglia  di  rischio  (CSR).  I
criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono
stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della  tutela  del
territorio e del mare, di concerto  con  i  Ministri  dello  sviluppo
economico e  della  salute  entro  il  30  giugno  2008.  Nelle  more
dell'emanazione del predetto decreto, i  criteri  per  l'applicazione
della procedura di analisi di rischio sono riportati nell'Allegato  1
alla  parte   quarta   del   presente   decreto.   Entro   sei   mesi
dall'approvazione  del  piano  di  caratterizzazione,   il   soggetto
responsabile  presenta  alla  regione  i  risultati  dell'analisi  di
rischio. La conferenza di servizi convocata dalla regione, a  seguito
dell'istruttoria  svolta   in   contraddittorio   con   il   soggetto
responsabile, cui e'  dato  un  preavviso  di  almeno  venti  giorni,
approva il documento di analisi di rischio entro  i  sessanta  giorni
dalla ricezione dello stesso. Tale documento e' inviato ai componenti
della conferenza di servizi almeno  venti  giorni  prima  della  data
fissata per la conferenza e, in caso di decisione a  maggioranza,  la
delibera di adozione fornisce una adeguata ed  analitica  motivazione
rispetto  alle  opinioni  d  issenzienti  espresse  nel  corso  della
conferenza. 
   5 Qualora  gli  esiti  della  procedura  dell'analisi  di  rischio
dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti  nel  sito
e' inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei
servizi, con l'approvazione del documento dell'analisi  del  rischio,
dichiara concluso positivamente  il  procedimento.  In  tal  caso  la
conferenza di servizi puo' prescrivere lo svolgimento di un programma
di monitoraggio sul sito circa la  stabilizzazione  della  situazione
riscontrata  in  relazione  agli  esiti  dell'analisi  di  rischio  e
all'attuale destinazione d'uso del sito.  A  tal  fine,  il  soggetto
responsabile, entro sessanta giorni dall'approvazione di  cui  sopra,
invia alla provincia ed alla regione  competenti  per  territorio  un
piano di monitoraggio nel quale sono individuati: 
    a) i parametri da sottoporre a controllo; 
    b) la frequenza e la durata del monitoraggio. 
   6  La  regione,  sentita  la  provincia,  approva  il   piano   di
monitoraggio  entro  trenta  giorni  dal  ricevimento  dello  stesso.
L'anzidetto termine puo'  essere  sospeso  una  sola  volta,  qualora
l'autorita' competente ravvisi la necessita' di richiedere,  mediante
atto   adeguatamente    motivato,    integrazioni    documentali    o
approfondimenti del  progetto,  assegnando  un  congruo  termine  per
l'adempimento. In questo caso il termine per  l'approvazione  decorre
dalla ricezione del progetto integrato. Alla scadenza del periodo  di
monitoraggio il  soggetto  responsabile  ne  da'  comunicazione  alla
regione ed alla provincia, inviando una relazione tecnica riassuntiva
degli esiti del monitoraggio svolto. Nel caso in cui le attivita'  di
monitoraggio  rilevino  il  superamento   di   uno   o   piu'   delle
concentrazioni soglia di rischio,  il  soggetto  responsabile  dovra'
avviare la procedura di bonifica di cui al comma 7. 
   7. Qualora gli  esiti  della  procedura  dell'analisi  di  rischio
dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti  nel  sito
e' superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR),  il
soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi
dall'approvazione del documento di analisi di  rischio,  il  progetto
operativo degli interventi di  bonifica  o  di  messa  in  sicurezza,
operativa o permanente, e, ove necessario,  le  ulteriori  misure  di
riparazione e di ripristino ambientale,  al  fine  di  minimizzare  e
ricondurre ad accettabilita' il  rischio  derivante  dallo  stato  di
contaminazione presente nel sito. Nel caso di interventi di  bonifica
o di messa in sicurezza di cui al periodo precedente, che  presentino
particolari complessita' a causa della natura  della  contaminazione,
degli  interventi,  delle  dotazioni  impiantistiche   necessarie   o
dell'estensione dell'area interessata dagli interventi  medesimi,  il
progetto puo' essere articolato per fasi progettuali distinte al fine
di rendere possibile la realizzazione degli  interventi  per  singole
aree o per fasi temporali successive.((Nell'ambito dell'articolazione
temporale potra' essere valutata l'adozione di tecnologie innovative,
di dimostrata efficienza ed efficacia, a costi  sopportabili,  resesi
disponibili  a  seguito  dello   sviluppo   tecnico-scientifico   del
settore))  La  regione,  acquisito  il  parere  del  comune  e  della
provincia interessati  mediante  apposita  conferenza  di  servizi  e
sentito il soggetto responsabile, approva il progetto, con  eventuali
prescrizioni  ed  integrazioni  entro   sessanta   giorni   dal   suo
ricevimento. Tale termine puo' essere sospeso una sola volta, qualora
la  regione  ravvisi  la  necessita'  di  richiedere,  mediante  atto
adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti al
progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento. In  questa
ipotesi il termine per  l'approvazione  del  progetto  decorre  dalla
presentazione  del   progetto   integrato.   Ai   soli   fini   della
realizzazione e dell'esercizio degli impianti  e  delle  attrezzature
necessarie all'attuazione del  progetto  operativo  e  per  il  tempo
strettamente  necessario  all'attuazione  medesima,  l'autorizzazione
regionale di cui al presente comma sostituisce a tutti gli effetti le
autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla  osta,
i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente  compresi,
in  particolare,  quelli  relativi  alla   valutazione   di   impatto
ambientale, ove necessaria, alla gestione  delle  terre  e  rocce  da
scavo all'interno dell'area oggetto dell'intervento ed  allo  scarico
delle  acque  emunte  dalle  falde.   L'autorizzazione   costituisce,
altresi', variante urbanistica e comporta dichiarazione  di  pubblica
utilita', di urgenza  ed  indifferibilita'  dei  lavori.  Con  il  pr
ovvedimento di approvazione del progetto sono stabiliti anche i tempi
di  esecuzione,  indicando   altresi'   le   eventuali   prescrizioni
necessarie per l'esecuzione dei lavori ed e' fissata l'entita'  delle
garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per  cento
del costo stimato dell'intervento,  che  devono  essere  prestate  in
favore della regione per la corretta esecuzione ed  il  completamento
degli interventi medesimi. 
   8. I criteri per la selezione e l'esecuzione degli  interventi  di
bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza  operativa  o
permanente, nonche' per l'individuazione delle migliori  tecniche  di
intervento a  costi  sostenibili  (B.A.T.N.E.E.C.  -  Best  Available
Technology Not Entailing Excessive Costs) ai  sensi  delle  normative
comunitarie sono riportati nell'Allegato  3  alla  parte  quarta  del
presente decreto. 
   9. La messa in sicurezza operativa, riguardante i siti contaminati
, garantisce  una  adeguata  sicurezza  sanitaria  ed  ambientale  ed
impedisce un'ulteriore propagazione dei contaminanti. I  progetti  di
messa in sicurezza operativa sono accompagnati da accurati  piani  di
monitoraggio dell'efficacia delle  misure  adottate  ed  indicano  se
all'atto della cessazione dell'attivita' si  rendera'  necessario  un
intervento  di  bonifica  o  un  intervento  di  messa  in  sicurezza
permanente.Possono  essere   altresi'   autorizzati   interventi   di
manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza  degli
impianti e delle reti  tecnologiche,  purche'  non  compromettano  la
possibilita' di effettuare o completare gli  interventi  di  bonifica
che siano condotti adottando appropriate misure  di  prevenzione  dei
rischi. 
   10. Nel caso di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza  e
ripristino ambientale di siti con attivita' in esercizio, la regione,
fatto salvo l'obbligo di garantire la tutela della salute pubblica  e
dell'ambiente, in sede di approvazione del progetto  assicura  che  i
suddetti interventi  siano  articolati  in  modo  tale  da  risultare
compatibili con la prosecuzione della attivita'. 
   11. Nel caso  di  eventi  avvenuti  anteriormente  all'entrata  in
vigore della parte quarta del presente  decreto  che  si  manifestino
successivamente a tale data  in  assenza  di  rischio  immediato  per
l'ambiente e per la salute pubblica, il soggetto interessato comunica
alla regione, alla provincia e al comune  competenti  l'esistenza  di
una   potenziale    contaminazione    unitamente    al    piano    di
caratterizzazione del sito,  al  fine  di  determinarne  l'entita'  e
l'estensione con riferimento  ai  parametri  indicati  nelle  CSC  ed
applica le procedure di cui ai commi 4 e seguenti. 
   12.  Le  indagini  ed  attivita'  istruttorie  sono  svolte  dalla
provincia,  che  si  avvale  della  competenza  tecnica  dell'Agenzia
regionale per la protezione dell'ambiente e si coordina con le  altre
amministrazioni. 
   13. La procedura di approvazione  della  caratterizzazione  e  del
progetto di bonifica si svolge in  Conferenza  di  servizi  convocata
dalla  regione  e  costituita  dalle  amministrazioni  ordinariamente
competenti a rilasciare i permessi, autorizzazioni e concessioni  per
la realizzazione degli interventi compresi nel piano e nel  progetto.
La relativa documentazione e' inviata ai componenti della  conferenza
di servizi almeno venti  giorni  prima  della  data  fissata  per  la
discussione e, in caso di decisione a  maggioranza,  la  delibera  di
adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione  rispetto
alle opinioni  dissenzienti  espresse  nel  corso  della  conferenza.
Compete alla  provincia  rilasciare  la  certificazione  di  avvenuta
bonifica.  Qualora  la  provincia  non  provveda  a  rilasciare  tale
certificazione entro trenta giorni dal ricevimento della delibera  di
adozione, al rilascio provvede la regione. 
                              Art. 243
                           Acque di falda

  1.  Le  acque  di falda emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito
degli  interventi  di  bonifica  ((o messa in sicurezza)) di un sito,
possono essere scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate
in  cicli  produttivi  in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei
limiti di emissione di acque reflue industriali in acque superficiali
di cui al presente decreto.
  2.  In  deroga  a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104, ai
soli  fini della bonifica dell'acquifero, e' ammessa la reimmissione,
previo  trattamento,  delle  acque  sotterranee  nella  stessa unita'
geologica  da  cui  le  stesse  sono  state  estratte,  indicando  la
tipologia di trattamento, le caratteristiche quali-quantitative delle
acque reimmesse, le modalita' di reimmissione e le misure di messa in
sicurezza  della  porzione  di  acquifero  interessato dal sistema di
estrazione/reimmissione.  Le  acque  reimmesse  devono  essere  state
sottoposte ad un trattamento finalizzato alla bonifica dell'acquifero
e  non  devono  contenere  altre  acque  di  scarico o altre sostanze
pericolose  diverse,  per  qualita'  e  quantita', da quelle presenti
nelle acque prelevate.
                              ART. 244
                             (ordinanze)

   1.  Le  pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie
funzioni  individuano  siti  nei  quali  accertino  che  i livelli di
contaminazione  sono  superiori ai valori di concentrazione soglia di
contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e
al comune competenti.
   2. La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo
aver   svolto   le   opportune  indagini  volte  ad  identificare  il
responsabile  dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida
con    ordinanza    motivata   il   responsabile   della   potenziale
contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.
   3.  L'ordinanza  di cui al comma 2 e' comunque notificata anche al
proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell'articolo 253.
   4.  Se  il responsabile non sia individuabile o non provveda e non
provveda il proprietario del sito ne' altro soggetto interessato, gli
interventi  che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di
cui  al presente titolo sono adottati dall'amministrazione competente
in conformita' a quanto disposto dall'articolo 250.
                              ART. 245
     (obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti
          non responsabili della potenziale contaminazione)

   1.  Le  procedure  per  gli  interventi  di messa in sicurezza, di
bonifica  e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo
possono  essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non
responsabili.
   2.  Fatti  salvi  gli  obblighi  del responsabile della potenziale
contaminazione  di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore
dell'area  che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale
del  superamento  delle concentrazione soglia di contaminazione (CSC)
deve  darne  comunicazione  alla regione, alla provincia ed al comune
territorialmente  competenti  e  attuare  le  misure  di  prevenzione
secondo la procedura di cui all'articolo 242. La provincia, una volta
ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune,
per  l'identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso
agli interventi di bonifica. E' comunque riconosciuta al proprietario
o  ad  altro  soggetto  interessato  la  facolta'  di  intervenire in
qualunque   momento   volontariamente   per  la  realizzazione  degli
interventi di bonifica necessari nell'ambito del sito in proprieta' o
disponibilita'.
   3. Qualora i soggetti interessati procedano ai sensi dei commi 1 e
2  entro  sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta
del  presente decreto, ovvero abbiano gia' provveduto in tal senso in
precedenza, la decorrenza dell'obbligo di bonifica di siti per eventi
anteriori  all'entrata  in  vigore  della  parte  quarta del presente
decreto  verra' definita dalla regione territorialmente competente in
base  alla  pericolosita' del sito, determinata in generale dal piano
regionale  delle bonifiche o da suoi eventuali stralci, salva in ogni
caso la facolta' degli interessati di procedere agli interventi prima
del suddetto termine.
                              ART. 246
                       (accordi di programma)

  1.  I  soggetti obbligati agli interventi di cui al presente titolo
ed  i  soggetti  altrimenti  interessati  hanno  diritto  di definire
modalita'  e  tempi  di esecuzione degli interventi mediante appositi
accordi  di programma stipulati, entro sei mesi dall'approvazione del
documento  di  analisi  di  rischio  di  cui all'articolo 242, con le
amministrazioni  competenti  ai  sensi  delle  disposizioni di cui al
presente titolo.
  2. Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a
provvedere  alla  contestuale  bonifica di una pluralita' di siti che
interessano  il territorio di piu' regioni, i tempi e le modalita' di
intervento  possono essere definiti con appositi accordi di programma
stipulati,  entro  dodici  mesi  dall'approvazione  del  documento di
analisi   di   rischio  di  cui  all'articolo  242,  con  le  regioni
interessate.
  3. Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a
provvedere  alla  contestuale  bonifica  di  una  pluralita'  di siti
dislocati  su  tutto il territorio nazionale o vi siano piu' soggetti
interessati alla bonifica di un medesimo sito di interesse nazionale,
i  tempi  e  le  modalita'  di intervento possono essere definiti con
accordo   di   programma   da   stipularsi,   entro   diciotto   mesi
dall'approvazione   del  documento  di  analisi  di  rischio  di  cui
all'articolo  242, con il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e  del  mare))  di concerto con i Ministri della salute e
delle attivita' produttive, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.
                              ART. 247
                     (siti soggetti a sequestro)

   1.  Nel  caso  in  cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro,
l'autorita' giudiziaria che lo ha disposto puo' autorizzare l'accesso
al  sito  per  l'esecuzione  degli  interventi di messa in sicurezza,
bonifica  e  ripristino  ambientale  delle  aree,  anche  al  fine di
impedire  l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente
peggioramento della situazione ambientale.
                              ART. 248
                             (controlli)

   1. La documentazione relativa al piano della caratterizzazione del
sito   e   al   progetto   operativo,  comprensiva  delle  misure  di
riparazione, dei monitoraggi da effettuare, delle limitazioni d'uso e
delle  prescrizioni eventualmente dettate ai sensi dell'articolo 242,
comma  4,  e' trasmessa alla provincia e all'Agenzia regionale per la
protezione  dell'ambiente  competenti  ai fini dell'effettuazione dei
controlli sulla conformita' degli interventi ai progetti approvati.
   2.  Il  completamento  degli  interventi  di bonifica, di messa in
sicurezza  permanente  e  di messa in sicurezza operativa, nonche' la
conformita'  degli  stessi al progetto approvato sono accertati dalla
provincia   mediante   apposita  certificazione  sulla  base  di  una
relazione   tecnica   predisposta   dall'Agenzia   regionale  per  la
protezione dell'ambiente territorialmente competente.
   3.  La  certificazione di cui al comma 2 costituisce titolo per lo
svincolo delle garanzie finanziarie di cui all'articolo 242, comma 7.
                              ART. 249
              (aree contaminate di ridotte dimensioni)

   1.  Per  le aree contaminate di ridotte dimensioni si applicano le
procedure  semplificate  di intervento riportate nell'Allegato 4 alla
parte quarta del presente decreto.
                              ART. 250
              (bonifica da parte dell'amministrazione)

   1.  Qualora  i  soggetti  responsabili  della  contaminazione  non
provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo
ovvero  non  siano individuabili e non provvedano ne' il proprietario
del   sito  ne'  altri  soggetti  interessati,  le  procedure  e  gli
interventi  di  cui  all'articolo  242  sono realizzati d'ufficio dal
comune  territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla
regione,  secondo  l'ordine  di priorita' fissati dal piano regionale
per  la  bonifica  delle  aree  inquinate, avvalendosi anche di altri
soggetti  pubblici  o  privati,  individuati  ad  esito  di  apposite
procedure  ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i
predetti  interventi  le  regioni  possono  istituire  appositi fondi
nell'ambito delle proprie disponibilita' di bilancio.
                              ART. 251
           (censimento ed anagrafe dei siti da bonificare)

   1.  Le  regioni,  sulla  base dei criteri definiti dall'((Istituto
superiore  per la protezione e la ricerca ambientale)) ( ((ISPRA)) ),
predispongono   l'anagrafe   dei  siti  oggetto  di  procedimento  di
bonifica, la quale deve contenere:
    a)  l'elenco  dei  siti  sottoposti  ad  intervento di bonifica e
ripristino  ambientale  nonche'  degli interventi realizzati nei siti
medesimi;
    b) l'individuazione dei soggetti cui compete la bonifica;
    c) gli enti pubblici di cui la regione intende avvalersi, in caso
di  inadempienza  dei  soggetti  obbligati,  ai  fini dell'esecuzione
d'ufficio,   fermo  restando  l'affidamento  delle  opere  necessarie
mediante gara pubblica ovvero il ricorso alle procedure dell'articolo
242.
   2. Qualora, all'esito dell'analisi di rischio sito specifica venga
accertato  il  superamento  delle  concentrazioni  di  rischio,  tale
situazione   viene   riportata   dal   certificato   di  destinazione
urbanistica,  nonche'  dalla  cartografia  e  dalle norme tecniche di
attuazione  dello  strumento  urbanistico generale del comune e viene
comunicata all'Ufficio tecnico erariale competente.
   3.  Per  garantire  l'efficacia della raccolta e del trasferimento
dei   dati  e  delle  informazioni,  l'((Istituto  superiore  per  la
protezione  e  la  ricerca  ambientale))  ( ((ISPRA)) ) definisce, in
collaborazione   con  le  regioni  e  le  agenzie  regionali  per  la
protezione  dell'ambiente,  i  contenuti  e  la  struttura  dei  dati
essenziali   dell'anagrafe,   nonche'   le   modalita'   della   loro
trasposizione  in sistemi informativi collegati alla rete del Sistema
informativo nazionale dell'ambiente (SINA).
                              ART. 252 
                    (siti di interesse nazionale) 
 
  1. I siti di interesse nazionale,  ai  fini  della  bonifica,  sono
individuabili  in  relazione  alle  caratteristiche  del  sito,  alle
quantita' e  pericolosita'  degli  inquinanti  presenti,  al  rilievo
dell'impatto  sull'ambiente  circostante  in   termini   di   rischio
sanitario ed ecologico, nonche' di pregiudizio per i  beni  culturali
ed ambientali. 
  2. All'individuazione dei siti di interesse nazionale  si  provvede
con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare, d'intesa con le regioni interessate, secondo  i  seguenti
principi e criteri direttivi: 
    a) gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori,
compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale; 
    b) la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati ai sensi
del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; 
    c) il rischio sanitario ed ambientale  che  deriva  dal  rilevato
superamento delle concentrazioni soglia  di  rischio  deve  risultare
particolarmente elevato in ragione della densita' della popolazione o
dell'estensione dell'area interessata; 
    d) l'impatto socio economico causato dall'inquinamento  dell'area
deve essere rilevante; 
    e) la contaminazione deve costituire un rischio  per  i  beni  di
interesse storico e culturale di rilevanza nazionale; 
    f) gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi  nel
territorio di piu' regioni. 
    ((f-bis) l'insistenza, attualmente o in passato, di attivita'  di
raffinerie, di impianti chimici integrati o di acciaierie)). 
  ((2-bis. Sono in ogni caso  individuati  quali  siti  di  interesse
nazionale, ai fini della bonifica, i siti  interessati  da  attivita'
produttive ed estrattive di amianto)). 
  3. Ai fini della perimetrazione del sito sono sentiti i comuni,  le
province,  le  regioni  e  gli  altri  enti  locali,  assicurando  la
partecipazione dei responsabili nonche' dei proprietari delle aree da
bonificare, se diversi dai soggetti responsabili. 
  4. La procedura di bonifica di cui all'articolo  242  dei  siti  di
interesse nazionale  e'  attribuita  alla  competenza  del  Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,  sentito  il
Ministero delle attivita' produttive. Il  Ministero  dell'ambiente  e
della  tutela  del  territorio  e  del  mare  puo'  avvalersi   anche
dell'Istituto superiore per la protezione  e  la  ricerca  ambientale
(ISPRA), delle Agenzie  regionali  per  la  protezione  dell'ambiente
delle  regioni  interessate  e  dell'Istituto  superiore  di  sanita'
nonche'  di  altri  soggetti  qualificati  pubblici  o  privati  ((il
Ministero dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare
adotta procedure semplificate per le operazioni di bonifica  relative
alla rete di distribuzione carburanti.)) 
  5. Nel  caso  in  cui  il  responsabile  non  provveda  o  non  sia
individuabile  oppure  non  provveda   il   proprietario   del   sito
contaminato ne'  altro  soggetto  interessato,  gli  interventi  sono
predisposti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, avvalendosi dell'Istituto superiore per la  protezione  e
la ricerca ambientale (ISPRA), dell'Istituto superiore di  sanita'  e
dell'E.N.E.A.  nonche'  di  altri  soggetti  qualificati  pubblici  o
privati. 
  6.  L'autorizzazione  del  progetto  e  dei   relativi   interventi
sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni,  i
concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e  gli  assensi  previsti
dalla  legislazione  vigente,  ivi  compresi,  tra  l'altro,   quelli
relativi alla realizzazione e all'esercizio degli  impianti  e  delle
attrezzature  necessarie  alla  loro   attuazione.   L'autorizzazione
costituisce, altresi', variante urbanistica e comporta  dichiarazione
di pubblica utilita', urgenza ed indifferibilita' dei lavori. 
  7. Se il progetto prevede la realizzazione di  opere  sottoposte  a
procedura di valutazione di impatto  ambientale,  l'approvazione  del
progetto di bonifica comprende anche tale valutazione. 
  8.   In   attesa   del   perfezionamento   del   provvedimento   di
autorizzazione di cui ai commi precedenti,  completata  l'istruttoria
tecnica, il Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e
del  mare  puo'  autorizzare  in  via   provvisoria,   su   richiesta
dell'interessato,  ove  ricorrano  motivi  d'urgenza  e  fatta  salva
l'acquisizione   della   pronuncia   positiva   del    giudizio    di
compatibilita' ambientale, ove prevista, l'avvio dei  lavori  per  la
realizzazione  dei  relativi  interventi  di  bonifica,  secondo   il
progetto valutato positivamente, con  eventuali  prescrizioni,  dalla
conferenza di servizi convocata dal Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela  del  territorio  e  del  mare.  L'autorizzazione  provvisoria
produce gli effetti di cui all'articolo 242, comma 7. 
  9. E' qualificato  sito  di  interesse  nazionale  ai  sensi  della
normativa  vigente  l'area  interessata  dalla  bonifica   della   ex
discarica delle Strillaie  (Grosseto).  Con  successivo  decreto  del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e  del  mare  si
provvedera' alla perimetrazione della predetta area. 
                            ART. 252-bis
    ((Siti di preminente interesse pubblico per la riconversione
                             Industriale

  1.  Con  uno o piu' decreti del Ministro per lo sviluppo economico,
di  concerto  con  il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e  del  mare e previa intesa con la Conferenza permanente
per  i  rapporti  tra  lo Stato, le Regioni e le province autonome di
Trento  e  Bolzano,  sono individuati i siti di interesse pubblico ai
fini  dell'attuazione  di  programmi  ed  interventi di riconversione
industriale e di sviluppo economico produttivo, contaminati da eventi
antecedenti  al  30  aprile  2006,  anche  non compresi nel Programma
Nazionale  di  bonifica  di  cui al decreto ministeriale 18 settembre
2001,  n.  468  e  successive  modifiche  ed integrazioni, nonche' il
termine,  compreso  fra  novanta  e  trecentosessanta  giorni, per la
conclusione  delle  conferenze  di servizi di cui al comma 5. In tali
siti  sono  attuati progetti di riparazione dei terreni e delle acque
contaminate  assieme  ad  interventi  mirati  allo sviluppo economico
produttivo.  Nei siti con aree demaniali e acque di falda contaminate
tali   progetti  sono  elaborati  ed  approvati,  entro  dodici  mesi
dall'adozione  del  decreto  di  cui  al presente comma, con appositi
accordi di programma stipulati tra i soggetti interessati, i Ministri
per   lo   sviluppo  economico,  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e  del  mare e della salute e il Presidente della Regione
territorialmente  competente, sentiti il Presidente della Provincia e
il  Sindaco del Comune territorialmente competenti. Gli interventi di
riparazione  sono  approvati  in deroga alle procedure di bonifica di
cui alla parte IV del titolo V del presente decreto.
  2.  Gli  oneri  connessi  alla  messa  in sicurezza e alla bonifica
nonche'   quelli  conseguenti  all'accertamento  di  ulteriori  danni
ambientali   sono   a   carico   del   soggetto   responsabile  della
contaminazione,  qualora  sia  individuato, esistente e solvibile. Il
proprietario  del  sito  contaminato  e' obbligato in via sussidiaria
previa escussione del soggetto responsabile dell'inquinamento.
  3.  Gli  accordi  di  programma  assicurano  il coordinamento delle
azioni  per  determinarne  i tempi, le modalita', il finanziamento ed
ogni  altro  connesso  e funzio-nale adempimento per l'attuazione dei
programmi di cui al comma 1 e disciplinano in particolare:
    a) gli obiettivi di reindustrializzazione e di sviluppo economico
produttivo  e  il  piano  economico finanziario degli investimenti da
parte  di  ciascuno  dei  proprietari  delle  aree  comprese nel sito
contaminato al fine di conseguire detti obiettivi;
    b)  il  coordinamento  delle  risultanze  delle caratterizzazioni
eseguite e di quelle che si intendono svolgere;
    c)  gli  obiettivi  degli interventi di bonifica e riparazione, i
relativi   obblighi  dei  responsabili  della  contaminazione  e  del
proprietario  del sito, l'eventuale costituzione di consorzi pubblici
o a partecipazione mista per l'attuazione di tali obblighi nonche' le
iniziative  e le azioni che le pubbliche amministrazioni si impegnano
ad assumere ed a finanziare;
    d)  la  quantificazione  degli  effetti  temporanei in termini di
perdita di risorse e servizi causati dall'inquinamento delle acque;
    e) le azioni idonee a compensare le perdite temporanee di risorse
e  servizi, sulla base dell'Allegato II della direttiva 2004/35/CE; a
tal   fine   sono   preferite   le   misure  di  miglioramento  della
sostenibilita'  ambientale degli impianti esistenti, sotto il profilo
del   miglioramento  tecnologico  produttivo  e  dell'implementazione
dell'efficacia  dei  sistemi  di  depurazione  e  abbattimento  delle
emissioni.
    f)  la  prestazione  di  idonee garanzie finanziarie da parte dei
privati per assicurare l'adempimento degli impegni assunti;
    g)  l'eventuale  finanziamento  di  attivita'  di  ricerca  e  di
sperimentazione  di tecniche e metodologie finalizzate al trattamento
delle   matrici   ambientali  contaminate  e  all'abbattimento  delle
concentrazioni di contaminazione, nonche' ai sistemi di misurazione e
analisi  delle sostanze contaminanti e di monitoraggio della qualita'
ecologica del sito;
    h) le modalita' di monitoraggio per il controllo dell'adempimento
degli impegni assunti e della realizzazione dei progetti.
  4.  La stipula dell'accordo di programma costituisce riconoscimento
dell'interesse  pubblico  generale alla realizzazione degli impianti,
delle  opere  e  di  ogni altro intervento connesso e funzionale agli
obiettivi di risanamento e di sviluppo economico e produttivo.
  5.  I provvedimenti relativi agli interventi di cui al comma 3 sono
approvati  ai  sensi del comma 6 previo svolgimento di due conferenze
di   servizi,  aventi  ad  oggetto  rispettivamente  l'intervento  di
bonifica  e  l'intervento  di reindustrializzazione. La conferenza di
servizi  relativa all'intervento di bonifica e' indetta dal Ministero
dell'ambiente   e  della  tutela  del  territorio  e  del  mare,  che
costituisce  l'amministrazione  procedente.  La conferenza di servizi
relativa  all'intervento  di  reindustrializzazione  e'  indetta  dal
Ministero dello sviluppo economico, che costituisce l'amministrazione
procedente.  Le  due  conferenze  di  servizi  sono  indette ai sensi
dell'articolo  14  e  seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e ad
esse  partecipano  i  soggetti  pubblici  coinvolti  nell'accordo  di
programma  di cui al comma 1 e i soggetti privati proponenti le opere
e  gli  interventi  nei  siti  di  cui al medesimo comma 1. L'assenso
espresso  dai  rappresentanti  degli  enti  locali,  sulla base delle
determinazioni a provvedere degli organi competenti, sostituisce ogni
atto  di  pertinenza degli enti medesimi. Alle conferenze dei servizi
sono  ammessi gli enti, le associazioni e le organizzazioni sindacali
interessati alla realizzazione del programma.
  6. Fatta salva l'applicazione delle norme in materia di valutazione
di  impatto  ambientale  e  di  autorizzazione  ambientale integrata,
all'esito  delle  due conferenze di servizi, con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro
dello  sviluppo  economico,  d'intesa  con la regione interessata, si
autorizzano  la bonifica e la eventuale messa in sicurezza nonche' la
costruzione e l'esercizio degli impianti e delle opere annesse.
  7.  In  considerazione  delle  finalita'  di  tutela  e  ripristino
ambientale  perseguite  dal  presente articolo, l'attuazione da parte
dei   privati  degli  impegni  assunti  con  l'accordo  di  programma
costituisce  anche  attuazione  degli  obblighi di cui alla direttiva
2004/35/CE  e  delle  relative disposizioni di attuazione di cui alla
parte VI del presente decreto.
  8. Gli obiettivi di bonifica dei suoli e delle acque sono stabiliti
dalla  Tabella  I  dell'Allegato  5 al titolo V del presente decreto.
Qualora  il progetto preliminare dimostri che tali limiti non possono
essere  raggiunti nonostante l'applicazione, secondo i principi della
normativa  comunitaria, delle migliori tecnologie disponibili a costi
sopportabili,   la   Conferenza  di  Servizi  indetta  dal  Ministero
dell'Ambiente   e  della  Tutela  del  Territorio  e  del  Mare  puo'
autorizzare interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure
di  sicurezza  che  garantiscano,  comunque,  la  tutela ambientale e
sanitaria  anche  se  i valori di concentrazione residui previsti nel
sito   risultano   superiori  a  quelli  stabiliti  dalla  Tabella  I
dell'Allegato  5  al  titolo  V  del presente decreto. Tali valori di
concentrazione residui sono determinati in base ad una metodologia di
analisi di rischio riconosciuta a livello internazionale.
  9.  In  caso  di mancata partecipazione all'accordo di programma di
cui  al  comma 1 di uno o piu' responsabili della contaminazione, gli
interventi    sono   progettati   ed   effettuati   d'ufficio   dalle
amministrazioni  che  hanno  diritto  di  rivalsa  nei  confronti dei
soggetti  che hanno determinato l'inquinamento, ciascuno per la parte
di  competenza.  La presente disposizione si applica anche qualora il
responsabile della contaminazione non adempia a tutte le obbligazioni
assunte in base all'accordo di programma.
  10.  Restano ferme la titolarita' del procedimento di bonifica e le
altre  competenze  attribuite alle Regioni per i siti contaminati che
non  rientrano  fra quelli di interesse nazionale di cui all'articolo
252.))
                              ART. 253
                 (oneri reali e privilegi speciali)

   1.  Gli  interventi  di cui al presente titolo costituiscono onere
reale    sui    siti   contaminati   qualora   effettuati   d'ufficio
dall'autorita'  competente  ai sensi dell'articolo 250. L'onere reale
viene  iscritto a seguito della approvazione del progetto di bonifica
e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica.
   2.  Le  spese  sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono
assistite  da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai
sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice
civile.  Detto privilegio si puo' esercitare anche in pregiudizio dei
diritti acquistati dai terzi sull'immobile.
   3.  Il  privilegio  e  la  ripetizione  delle spese possono essere
esercitati,  nei  confronti  del  proprietario  del  sito incolpevole
dell'inquinamento  o  del pericolo di inquinamento, solo a seguito di
provvedimento motivato dell'autorita' competente che giustifichi, tra
l'altro,  l'impossibilita'  di  accertare  l'identita'  del  soggetto
responsabile  ovvero  che  giustifichi l'impossibilita' di esercitare
azioni  di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro
infruttuosita'.
   4.    In    ogni    caso,   il   proprietario   non   responsabile
dell'inquinamento  puo'  essere  tenuto  a  rimborsare, sulla base di
provvedimento  motivato  e con l'osservanza delle disposizioni di cui
alla  legge 7 agosto 1990, n. 241, le spese degli interventi adottati
dall'autorita'  competente  soltanto nei limiti del valore di mercato
del  sito  determinato  a  seguito  dell'esecuzione  degli interventi
medesimi.   Nel   caso   in  cui  il  proprietario  non  responsabile
dell'inquinamento  abbia  spontaneamente provveduto alla bonifica del
sito   inquinato,   ha   diritto   di  rivalersi  nei  confronti  del
responsabile   dell'inquinamento   per   le  spese  sostenute  e  per
l'eventuale maggior danno subito.
   5.  Gli  interventi  di bonifica dei siti inquinati possono essere
assistiti,   sulla  base  di  apposita  disposizione  legislativa  di
finanziamento,  da  contributi  pubblici  entro il limite massimo del
cinquanta   per   cento   delle  relative  spese  qualora  sussistano
preminenti   interessi   pubblici  connessi  ad  esigenze  di  tutela
igienico-sanitaria   e   ambientale   o  occupazionali.  Ai  predetti
contributi  pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi
1 e 2.

TITOLO VI

SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI


CAPO I

SANZIONI


                              ART. 254
                          (norme speciali)

   1. Restano ferme le sanzioni previste da norme speciali vigenti in
materia.
                              ART. 255
                       (abbandono di rifiuti)

   1.  Fatto  salvo  quanto  disposto  dall'articolo  256,  comma  2,
chiunque,  in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192,
commi  1  e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita
rifiuti  ovvero  li immette nelle acque superficiali o sotterranee e'
punito con la sanzione amministrativa pecuniaria ((da trecento euro a
tremila  euro)).  ((Se  l'abbandono  riguarda  rifiuti pericolosi, la
sanzione amministrativa e' aumentata fino al doppio.))
   2.  Il  titolare  del  centro  di raccolta, il concessionario o il
titolare  della  succursale  della  casa  costruttrice  che  viola le
disposizioni  di  cui  all'articolo  231,  comma  5, e' punito con la
sanzione  amministrativa  pecuniaria  da euro duecentosessanta a euro
millecinquecentocinquanta.
   3.  Chiunque  non  ottempera  all'ordinanza  del  Sindaco,  di cui
all'articolo   192,  comma  3,  o  non  adempie  all'obbligo  di  cui
all'articolo 187, comma 3, e' punito con la pena dell'arresto fino ad
un  anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi
dell'articolo  444 del codice di procedura penale, il beneficio della
sospensione  condizionale  della  pena  puo'  essere subordinato alla
esecuzione  di  quanto  disposto  nella ordinanza di cui all'articolo
192, comma 3, ovvero all'adempimento dell'obbligo di cui all'articolo
187, comma 3.
                              ART. 256
         (attivita' di gestione di rifiuti non autorizzata)

   1.   Chiunque  effettua  una  attivita'  di  raccolta,  trasporto,
recupero,  smaltimento,  commercio  ed  intermediazione di rifiuti in
mancanza  della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione
di  cui  agli  articoli  208,  209,  210, 211, 212, 214, 215 e 216 e'
punito:
    a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda
da  duemilaseicento  euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti
non pericolosi;
    b)  con  la  pena  dell'arresto  da  sei  mesi  a  due anni e con
l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di
rifiuti pericolosi.
   2.  Le  pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese
ed  ai  responsabili  di  enti  che  abbandonano o depositano in modo
incontrollato  i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali
o  sotterranee  in  violazione  del  divieto di cui all'articolo 192,
commi 1 e 2.
   3.  Chiunque  realizza o gestisce una discarica non autorizzata e'
punito  con  la  pena  dell'arresto  da  sei  mesi  a  due anni e con
l'ammenda  da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la
pena   dell'arresto  da  uno  a  tre  anni  e  dell'ammenda  da  euro
cinquemiladuecento   a  euro  cinquantaduemila  se  la  discarica  e'
destinata,  anche  in  parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi.
Alla   sentenza   di   condanna  o  alla  sentenza  emessa  ai  sensi
dell'articolo  444  del  codice  di  procedura  penale,  consegue  la
confisca  dell'area sulla quale e' realizzata la discarica abusiva se
di  proprieta'  dell'autore  o del compartecipe al reato, fatti salvi
gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.
   4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della meta' nelle
ipotesi  di  inosservanza  delle  prescrizioni contenute o richiamate
nelle  autorizzazioni, nonche' nelle ipotesi di carenza dei requisiti
e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.
   5.  Chiunque,  in  violazione del divieto di cui all'articolo 187,
effettua  attivita'  non  consentite  di  miscelazione di rifiuti, e'
punito con la pena di cui al comma 1, lettera b).
   6.  Chiunque  effettua  il  deposito temporaneo presso il luogo di
produzione  di  rifiuti  sanitari  pericolosi,  con  violazione delle
disposizioni  di cui all'articolo 227, comma 1, lettera b), e' punito
con  la  pena  dell'arresto  da  tre  mesi  ad  un anno o con la pena
dell'ammenda  da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica
la  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da  duemilaseicento  euro a
quindicimilacinquecento  euro  per  i  quantitativi  non  superiori a
duecento litri o quantita' equivalenti.
   7.  Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7,
8 e 9, 233, commi 12 e 13, e 234, comma 14, e' punito con la sanzione
amministrativa     pecuniaria     da    duecentosessanta    euro    a
millecinquecentocinquanta euro.
   8.  I  soggetti  di  cui agli articoli 233, 234, 235 e 236 che non
adempiono  agli  obblighi  di partecipazione ivi previsti sono puniti
con  una  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da  ottomila  euro  a
quarantacinquemila   euro,   fatto   comunque   salvo   l'obbligo  di
corrispondere  i  contributi pregressi. Sino all'adozione del decreto
di  cui  all'articolo  234,  comma  2, le sanzioni di cui al presente
comma  non  sono  applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo
234.
   9  Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della meta' nel caso
di  adesione  effettuata  entro il sessantesimo giorno dalla scadenza
del  termine  per  adempiere agli obblighi di partecipazione previsti
dagli articoli 233, 234, 235 e 236.
                              ART. 257
                         (bonifica dei siti)

   1.  Chiunque  cagiona  l'inquinamento  del  suolo, del sottosuolo,
delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento
delle  concentrazioni  soglia  di  rischio  e'  punito  con  la  pena
dell'arresto da sei mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento
euro   a   ventiseimila  euro,  se  non  provvede  alla  bonifica  in
conformita'   al   progetto   approvato   dall'autorita'   competente
nell'ambito  del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In
caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all'articolo
242, il trasgressore e' punito con la pena dell'arresto da tre mesi a
un anno o con l'ammenda da mille euro a ventiseimila euro.
   2. Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena
dell'ammenda  da  cinquemiladuecento  euro a cinquantaduemila euro se
l'inquinamento e' provocato da sostanze pericolose.
   3.  Nella  sentenza  di  condanna per la contravvenzione di cui ai
commi  1  e 2, o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del
codice   di   procedura   penale,   il  beneficio  della  sospensione
condizionale della pena puo' essere subordinato alla esecuzione degli
interventi di emergenza, bonifica e ripristino ambientale.
   4. L'osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242
e  seguenti  costituisce  condizione  di  non punibilita' per i reati
ambientali contemplati da altre leggi per il medesimo evento e per la
stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1.
                              ART. 258
            (violazione degli obblighi di comunicazione,
         di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari)

 ((1.  I  soggetti  di cui all'articolo 190, comma 1, che non abbiano
aderito  al  sistema  di  controllo  della tracciabilita' dei rifiuti
(SISTRI)  di  cui  all´articolo  188-bis,  comma  2,  lett. a), e che
omettano  di  tenere ovvero tengano in modo incompleto il registro di
carico  e  scarico  di  cui  al medesimo articolo, sono puniti con la
sanzione   amministrativa   pecuniaria   da  duemilaseicento  euro  a
quindicimilacinquecento euro.
   2.  I  produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in
un'organizzazione  di ente o di impresa che non adempiano all'obbligo
della tenuta del registro di carico e scarico con le modalita' di cui
all'articolo  1,  comma  1,  della  legge  25  gennaio 2006, n. 29, e
all'articolo  6,  comma  1  del  decreto del Ministro dell'ambiente e
della  tutela  del  territorio  e  del mare in data 17 dicembre 2009,
pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010,
sono   puniti   con   la   sanzione   amministrativa   pecuniaria  da
quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.))
   3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unita' lavorative
inferiore  a  15  dipendenti,  le  misure  minime e massime di cui al
((comma  1))  sono  ridotte  rispettivamente  da millequaranta euro a
seimiladuecento  euro  (( . . . )). Il numero di unita' lavorative e'
calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente
a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e
quelli  stagionali rappresentano frazioni di unita' lavorative annue;
ai  predetti  fini  l'anno  da  prendere  in considerazione e' quello
dell'ultimo  esercizio  contabile approvato, precedente il momento di
accertamento dell'infrazione.
 ((4.  Le  imprese  che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non
pericolosi  di  cui all'articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su
base  volontaria,  al  sistema  di controllo della tracciabilita' dei
rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lettera a), ed
effettuano  il  trasporto  di  rifiuti  senza  il  formulario  di cui
all'articolo   193   ovvero   indicano  nel  formulario  stesso  dati
incompleti  o  inesatti  sono  puniti  con la sanzione amministrativa
pecuniaria  da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica
la  pena  di  cui  all'articolo  483  del  codice penale a chi, nella
predisposizione  di  un  certificato  di analisi di rifiuti, fornisce
false   indicazioni   sulla   natura,   sulla  composizione  e  sulle
caratteristiche  chimico-fisiche  dei  rifiuti  e  a chi fa uso di un
certificato falso durante il trasporto.))
   5.  Se  le  indicazioni  di  cui  ai  commi 1 e 2 sono formalmente
incomplete  o  inesatte  ma  i  dati riportati nella comunicazione al
catasto,   nei  registri  di  carico  e  scarico,  nei  formulari  di
identificazione  dei  rifiuti  trasportati  e  nelle  altre scritture
contabili  tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni
dovute,   si   applica   la  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da
duecentosessanta  euro  a  millecinquecentocinquanta  euro. La stessa
pena  si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente
incomplete   o   inesatte   ma  contengono  tutti  gli  elementi  per
ricostruire  le  informazioni  dovute  per legge, nonche' nei casi di
mancato  invio  alle  autorita' competenti e di mancata conservazione
dei  registri  di  cui all'articolo 190, comma 1, o del formulario di
cui all'articolo 193 ((da parte dei soggetti obbligati)).
 ((5-bis.  I  soggetti  di  cui  all'articolo  220,  comma 2, che non
effettuino  la  comunicazione  ivi prescritta ovvero la effettuino in
modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa
pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se
la  comunicazione  e'  effettuata  entro il sessantesimo giorno dalla
scadenza  del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994,
n.  70,  si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei
euro a centosessanta euro.
   5-ter.  Il sindaco del comune che non effettui la comunicazione di
cui  all'articolo 189, comma 3, ovvero la effettui in modo incompleto
o  inesatto,  e'  punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
duemilaseicento   euro   a   quindicimilacinquecento   euro;   se  la
comunicazione  e'  effettuata  entro  il  sessantesimo  giorno  dalla
scadenza  del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994,
n.  70,  si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei
euro a centosessanta euro.))
                              ART. 259
                   (traffico illecito di rifiuti)

   1.   Chiunque  effettua  una  spedizione  di  rifiuti  costituente
traffico  illecito ai sensi dell'articolo 26 del regolamento (CEE) 1°
febbraio  1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati
nell'Allegato  II  del citato regolamento in violazione dell'articolo
1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso e' punito
con   la   pena  dell'ammenda  da  millecinquecentocinquanta  euro  a
ventiseimila  euro  e  con  l'arresto  fino  a  due  anni. La pena e'
aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi.
   2.  Alla  sentenza  di  condanna,  o  a  quella  emessa  ai  sensi
dell'articolo  444  del  codice  di  procedura  penale,  per  i reati
relativi  al  traffico  illecito  di  cui  al  comma 1 o al trasporto
illecito   di  cui  agli  articoli  256  e  258,  comma  4,  consegue
obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.
                              ART. 260
     (attivita' organizzate per il traffico illecito di rifiuti)

   1.  Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con piu'
operazioni   e   attraverso   l'allestimento  di  mezzi  e  attivita'
continuative  organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa,
o  comunque  gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti e'
punito con la reclusione da uno a sei anni.
   2.  Se  si  tratta di rifiuti ad alta radioattivita' si applica la
pena della reclusione da tre a otto anni.
   3.  Alla  condanna  conseguono  le  pene  accessorie  di  cui agli
articoli   28,  30,  32-bis  e  32-ter  del  codice  penale,  con  la
limitazione di cui all'articolo 33 del medesimo codice.
   4.  Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai
sensi  dell'articolo  444  del  codice di procedura penale, ordina il
ripristino   dello   stato   dell'ambiente   e  puo'  subordinare  la
concessione     della    sospensione    condizionale    della    pena
all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente.
                          Articolo 260-bis 
 (Sistema informatico di controllo della tracciabilita' dei rifiuti) 
 
    1. I soggetti obbligati che omettono l'iscrizione al  sistema  di
controllo  della  tracciabilita'  dei   rifiuti   (SISTRI)   di   cui
all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nei termini  previsti,  sono
puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da  duemilaseicento
euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di  rifiuti  pericolosi,
si   applica    una    sanzione    amministrativa    pecuniaria    da
quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro. 
    2. I soggetti obbligati che omettono, nei  termini  previsti,  il
pagamento del contributo per l'iscrizione  al  sistema  di  controllo
della  tracciabilita'  dei  rifiuti  (SISTRI)  di  cui   all'articolo
188-bis,  comma  2,  lett.  a),  sono   puniti   con   una   sanzione
amministrativa    pecuniaria    da     duemilaseicento     euro     a
quindicimilacinquecento euro.  In  caso  di  rifiuti  pericolosi,  si
applica     una     sanzione     amministrativa     pecuniaria     da
quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.  All'accertamento
dell'omissione   del   pagamento   consegue   obbligatoriamente,   la
sospensione immediata dal servizio fornito dal  predetto  sistema  di
controllo della tracciabilita' nei  confronti  del  trasgressore.  In
sede di rideterminazione del  contributo  annuale  di  iscrizione  al
predetto sistema di tracciabilita' occorre tenere conto dei  casi  di
mancato pagamento disciplinati dal presente comma. 
    3. Chiunque omette di compilare  il  registro  cronologico  o  la
scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE, secondo i tempi, le procedure  e
le modalita' stabilite dal sistema informatico di controllo di cui al
comma 1, ovvero fornisce al suddetto sistema informazioni incomplete,
o inesatte, altera fraudolentemente  uno  qualunque  dei  dispositivi
tecnologici accessori al predetto sistema informatico di controllo, o
comunque ne impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento, e'
punito con la sanzione amministrativa pecuniaria  da  duemilaseicento
euro a quindicimilacinquecento euro. Nel caso di imprese che occupino
un numero di unita' lavorative  inferiore  a  quindici  dipendenti,si
applica la sanzione amministrativa pecuniaria da millequaranta euro a
seimiladuecento. Il numero di  unita'  lavorative  e'  calcolato  con
riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno
durante un anno, mentre  i  lavoratori  a  tempo  parziale  e  quelli
stagionali rappresentano frazioni  di  unita'  lavorative  annue;  ai
predetti  fini  l'anno  da  prendere  in  considerazione  e'   quello
dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il  momento  di
accertamento  dell'infrazione.  Se  le  indicazioni   riportate   pur
incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilita' dei rifiuti,
si  applica   la   sanzione   amministrativa   pecuniaria   da   euro
duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta. 
    4. Qualora le condotte di cui  al  comma  3  siano  riferibili  a
rifiuti pericolosi si applica la sanzione  amministrativa  pecuniaria
da euro quindicimilacinquecento ad euro  novantatremila,  nonche'  la
sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a  un
anno  dalla  carica  rivestita  dal  soggetto  cui  l'infrazione   e'
imputabile   ivi   compresa   la   sospensione   dalla   carica    di
amministratore. Nel caso di imprese che occupino un numero di  unita'
lavorative inferiore  a  quindici  dipendenti,  le  misure  minime  e
massime di cui al periodo precedente sono ridotte rispettivamente  da
duemilasettanta euro a  dodicimilaquattrocento  euro  per  i  rifiuti
pericolosi. Le modalita' di calcolo dei numeri di dipendenti  avviene
nelle modalita' di cui al comma 3. Se le  indicazioni  riportate  pur
incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilita' dei rifiuti,
si  applica   la   sanzione   amministrativa   pecuniaria   da   euro
cinquecentoventi ad euro tremilacento. 
    5. Al di fuori di quanto previsto nei commi da 1 a 4, i  soggetti
che si rendono  inadempienti  agli  ulteriori  obblighi  su  di  loro
incombenti  ai  sensi  del  predetto  sistema  di   controllo   della
tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) sono puniti, per  ciascuna  delle
suddette violazioni, con la  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da
euro duemilaseicento ad  euro  quindicimilacinquecento.  In  caso  di
rifiuti pericolosi si applica la sanzione  amministrativa  pecuniaria
da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila. 
    6. Si applica la pena di cui all'articolo 483 c.p. a  colui  che,
nella predisposizione  di  un  certificato  di  analisi  di  rifiuti,
utilizzato nell'ambito del sistema di controllo della  tracciabilita'
dei  rifiuti  fornisce  false   indicazioni   sulla   natura,   sulla
composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e  a
chi inserisce un certificato falso nei dati da fornire ai fini  della
tracciabilita' dei rifiuti. 
    7. Il trasportatore che omette di accompagnare il  trasporto  dei
rifiuti  con  la  copia  cartacea  della   scheda   SISTRI   -   AREA
MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della normativa  vigente,
con  la  copia  del   certificato   analitico   che   identifica   le
caratteristiche dei rifiuti e' punito con la sanzione  amministrativa
pecuniaria da 1.600 euro a 9.300 euro. Si  applica  la  pena  di  cui
all'art. 483 del codice  penale  in  caso  di  trasporto  di  rifiuti
pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a colui che, durante il
trasporto fa uso di un certificato di analisi di  rifiuti  contenente
false  indicazioni  sulla  natura,   sulla   composizione   e   sulle
caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati. 
    8. Il trasportatore che accompagna il trasporto  di  rifiuti  con
una  copia  cartacea  della  scheda  SISTRI  -  AREA   Movimentazione
fraudolentemente  alterata  e'  punito  con  la  pena  prevista   dal
combinato disposto degli articoli 477 e 482  del  codice  penale.  La
pena e' aumentata fino ad un terzo nel caso di rifiuti pericolosi. 
    9. Se  le  condotte  di  cui  al  comma  7  non  pregiudicano  la
tracciabilita' dei rifiuti, si  applica  la  sanzione  amministrativa
pecuniaria      da      euro      duecentosessanta      ad       euro
millecinquecentocinquanta. 
    ((9-bis.  Chi  con   un'azione   od   omissione   viola   diverse
disposizioni  di  cui  al  presente  articolo  ovvero  commette  piu'
violazioni  della  stessa   disposizione   soggiace   alla   sanzione
amministrativa prevista per la violazione piu' grave, aumentata  sino
al doppio. La stessa sanzione si applica a chi  con  piu'  azioni  od
omissioni, esecutive di un medesimo disegno, commette anche in  tempi
diversi piu' violazioni della stessa o di diverse disposizioni di cui
al presente articolo. 
    9-ter. Non risponde delle violazioni  amministrative  di  cui  al
presente articolo chi, entro  trenta  giorni  dalla  commissione  del
fatto, adempie agli obblighi previsti  dalla  normativa  relativa  al
sistema informatico di controllo di cui al comma 1.  Nel  termine  di
sessanta giorni dalla contestazione immediata o  dalla  notificazione
della violazione, il  trasgressore  puo'  definire  la  controversia,
previo adempimento degli obblighi di cui sopra, con il  pagamento  di
un quarto della sanzione prevista. La definizione agevolata impedisce
l'irrogazione delle sanzioni accessorie.)) 
                          Articolo 260-ter 
           (Sanzioni amministrative accessorie. Confisca) 
 
    1. All'accertamento delle violazioni di cui ai commi  ((7  e  8))
dell'articolo  260-bis,  consegue   obbligatoriamente   la   sanzione
accessoria  del  fermo  amministrativo  del  veicolo  utilizzato  per
l'attivita' di trasporto dei rifiuti di mesi 12, nel caso in  cui  il
responsabile si trovi nelle situazioni di  cui  all'art.  99  c.p.  o
all'articolo 8-bis della legge 24 novembre  1981,  n.  689,  o  abbia
commesso in precedenza illeciti amministrativi con  violazioni  della
stessa indole o comunque abbia violato norme in materia di rifiuti. 
    2. Si applicano, in quanto compatibili, le  disposizioni  di  cui
agli articoli 213, 214, 214 bis e 224-ter del decreto legislativo  30
aprile 1992, n. 285, e relative norme di attuazione. 
    3.  All'accertamento  delle  violazioni  di  cui   al   comma   1
dell'articolo 260-bis, consegue  la  sanzione  accessoria  del  fermo
amministrativo di mesi 12 del veicolo utilizzato  dal  trasportatore.
In  ogni  caso  restituzione  del   veicolo   sottoposto   al   fermo
amministrativo non puo' essere disposta in mancanza dell'  iscrizione
e del correlativo versamento del contributo. 
    4. In caso di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, e'
sempre disposta la confisca del veicolo e di  qualunque  altro  mezzo
utilizzato per il trasporto del rifiuto, ai sensi dell'articolo  240,
secondo  comma,  del  codice  penale,  salvo  che  gli   stessi   che
appartengano, non fittiziamente a persona estranea al reato. 
    5. Il fermo di cui al comma 1 e la confisca di  cui  al  comma  4
conseguono obbligatoriamente anche all'accertamento delle  violazioni
di cui al comma 1 dell'articolo 256. 
                              ART. 261 
                            (imballaggi) 
 
   1. I produttori e gli utilizzatori che non  adempiano  all'obbligo
di raccolta di cui all'articolo 221, comma  2,  o  non  adottino,  in
alternativa, sistemi gestionali ai sensi del medesimo  articolo  221,
comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione  amministrativa
pecuniaria  ((da  10.000  a  60.000  euro)),  fatto  comunque   salvo
l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi. 
   2. I produttori di imballaggi che non provvedono ad organizzare un
sistema per l'adempimento degli obblighi  di  cui  all'articolo  221,
comma 3, e non aderiscono ai consorzi di cui  all'articolo  223,  ne'
adottano un sistema di restituzione dei propri  imballaggi  ai  sensi
dell'articolo 221, comma 3, lettere a)  e  c),  sono  puniti  con  la
sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro  a
quarantaseimilacinquecento euro.  La  stessa  pena  si  applica  agli
utilizzatori che non adempiono all'obbligo di cui  ali'  all'articolo
221, comma 4. 
   3. La violazione dei divieti di cui all'articolo 226, commi 1 e 4,
e'   punita   con   la   sanzione   amministrativa   pecuniaria    da
cinquemiladuecento euro  a  quarantamila  euro.  La  stessa  pena  si
applica a chiunque immette nel mercato interno imballaggi  privi  dei
requisiti di cui all'articolo 219, comma 5. 
   4. La violazione del disposto di cui all'articolo 226, comma 3, e'
punita con la sanzione amministrativa pecuniaria  da  duemilaseicento
euro a quindicimilacinquecento euro. 
                              ART. 262 
                    (competenza e giurisdizione) 
 
   1. Fatte salve le altre disposizioni della legge 24 novembre 1981,
n. 689 in materia  di  accertamento  degli  illeciti  amministrativi,
all'irrogazione delle  sanzioni  amministrative  pecuniarie  previste
dalla parte quarta del presente decreto provvede la provincia nel cui
territorio e'  stata  commessa  la  violazione,  ad  eccezione  delle
sanzioni previste dall'articolo 261, comma 3, in relazione al divieto
di cui all'articolo 226, comma 1,  per  le  quali  e'  competente  il
comune. 
   2.  Avverso  le  ordinanze-ingiunzione  relative   alle   sanzioni
amministrative di cui  al  comma  1  e'  esperibile  il  giudizio  di
opposizione ((previsto dall'articolo 22 della legge 24 novembre 1981,
n. 689)). ((53)) 
   3. Per i procedimenti penali pendenti  alla  data  di  entrata  in
vigore  della  parte  quarta   del   presente   decreto   l'autorita'
giudiziaria, se non  deve  pronunziare  decreto  di  archiviazione  o
sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti  agli
Enti indicati al comma 1 ai  fini  dell'applicazione  delle  sanzioni
amministrative. 
---------------- 
AGGIORNAMENTO (53) 
  Il D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150  ha  disposto  (con  l'art.  36,
commi 1 e 2) che "1. Le norme del presente decreto  si  applicano  ai
procedimenti instaurati  successivamente  alla  data  di  entrata  in
vigore dello stesso. 
  2. Le norme abrogate o modificate dal presente  decreto  continuano
ad applicarsi alle controversie pendenti  alla  data  di  entrata  in
vigore dello stesso." 
                              ART. 263
         (proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)

   1.  I  proventi  delle  sanzioni  amministrative pecuniarie per le
violazioni  di  cui alle disposizioni della parte quarta del presente
decreto  sono  devoluti  alle province e sono destinati all'esercizio
delle  funzioni  di  controllo  in  materia ambientale, fatti salvi i
proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo
261,  comma 3, in relazione al divieto di cui all'articolo 226, comma
1, che sono devoluti ai comuni.

CAPO II

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI


                              ART. 264 
                       (abrogazione di norme) 
 
  1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della  parte  quarta
del presente decreto restano o sono abrogati, escluse le disposizioni
di cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza: 
    a) la legge 20 marzo 1941, n. 366; 
    b) il decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre  1982,
n. 915; 
    c) il decreto-legge 9 settembre 1988,  n.  397,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 9 novembre  1988,  n.  475,  ad  eccezione
dell'articolo 9 e  dell'articolo  9-quinquies  come  riformulato  dal
presente decreto. Al  fine  di  assicurare  che  non  vi  sia  alcuna
soluzione di continuita' nel passaggio dalla preesistente normativa a
quella  prevista  dalla  parte  quarta  del   presente   decreto,   i
provvedimenti attuativi dell'articolo 9-quinquies, del  decreto-legge
9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla  legge
9 novembre 1988, n, 475, continuano ad applicarsi sino alla  data  di
entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti
dalla parte quarta del presente decreto; 
    d) il decreto-legge 31  agosto  1987,  n.  361,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 29 ottobre  1987,  n.  441,  ad  eccezione
degli articoli 1, 1-bis, I-ter, 1-quater e 1-quinquies; 
    e) il decreto-legge 14 dicembre 1988,  n.  527,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 10 febbraio 1988, n. 45; 
    f) l'articolo 29-bis del decreto-legge 30 agosto  1993,  n.  331,
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427; 
    g) i commi 3, 4 e  5,  secondo  periodo,  dell'articolo  103  del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285; 
    h) l'articolo 5,  comma  1,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 8 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n.  251
del 26 ottobre 1994; 
    i) il decreto legislativo 5 febbraio 1997,  n.  22.  Al  fine  di
assicurare che  non  vi  sia  alcuna  soluzione  di  continuita'  nel
passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla  parte
quarta del presente decreto, i  provvedimenti  attuativi  del  citato
decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad  applicarsi
sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti  provvedimenti
attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto; 
    l) l'articolo  14  del  decreto-legge  8  luglio  2002,  n.  138,
convertito, con modificazioni, dall'articolo 14 della legge 8  agosto
2002, n. 178; 
    m) l'articolo 9, comma 2-bis, della legge 21  novembre  2000,  n.
342, ultimo periodo, dalle parole: "i soggetti di cui all'artico  38,
comma 3, lettera a)" sino alla parola: "CONAI"; 
    n) LETTERA SOPPRESSA DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N. 4 (10) 
    o) gli articoli 4, 5, 8, 12, 14 e 15 del decreto  legislativo  27
gennaio 1992, n. 95. Restano valide ai fini della gestione degli  oli
usati, fino al conseguimento o diniego di quelle richieste  ai  sensi
del presente decreto e per un periodo comunque non  superiore  ad  un
triennio  dalla  data  della  sua  entrata  in   vigore,   tutte   le
autorizzazioni concesse, alla data di entrata in vigore  della  parte
quarta del presente decreto, ai sensi della  normativa  vigente,  ivi
compresi il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.  22,  il  decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, e il decreto 16 maggio  1996,  n.
392, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25  luglio  1996.
Al fine di assicurare che non vi sia  soluzione  di  continuita'  nel
passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla  parte
quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi  dell'articolo
11 del decreto legislativo 27 gennaio  1992,  n.  95,  continuano  ad
applicarsi sino alla data di entrata  in  vigore  dei  corrispondenti
provvedimenti attuativi p revisti dalla  parte  quarta  del  presente
decreto; 
    p) l'articolo 19 della legge 23 marzo 2001, n. 93. 
  2. Il Governo, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della  legge  23
agosto 1988, n. 400, adotta, entro  sessanta  giorni  dalla  data  di
entrata in  vigore  della  parte  quarta  del  presente  decreto,  su
proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio  e
del mare di concerto con  il  Ministro  delle  attivita'  produttive,
previo parere  delle  competenti  Commissioni  parlamentari,  che  si
esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione del relativo  schema
alle Camere, apposito regolamento con il quale sono  individuati  gli
ulteriori atti normativi incompatibili con  le  disposizioni  di  cui
alla parte quarta del presente decreto, che sono abrogati con effetto
dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo. 
  ((2-bis. Le integrazioni e le modifiche degli allegati  alle  norme
in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei  siti  inquinati
del  presente  decreto  sono  adottate  con  decreto   del   Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  di  concerto
con il Ministro  della  salute  e  con  il  Ministro  dello  sviluppo
economico, previo parere dell'ISPRA, sentita la Conferenza  unificata
di cui all'articolo 8 del decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n.
281)). 
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AGGIORNAMENTO (10) 
  Il D.Lgs. 16 gennaio 2008, n.4 ha disposto che  "All'articolo  264,
comma 1, la lettera n) e' soppressa. E' fatta salva,  dalla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, l'applicazione del tributo di
cui all'articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 
504." 
                          Articolo 264-bis
           (( (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del
                decreto del Presidente del Consiglio
                dei Ministri in data 27 aprile 2010)

    1.   All'Allegato   "Articolazione   del  MUD"  del  decreto  del
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  in  data  27  aprile 2010,
pubblicato  nel  Supplemento  Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 98
del 28 aprile 2010, sono apportate le seguenti modificazioni:
      a)  al  capitolo  1  -  Rifiuti, al punto "4. Istruzione per la
compilazione   delle   singole  sezioni"  la  "Sezione  comunicazione
semplificata"  e'  abrogata  e  sono  abrogati  il  punto 6 " Sezione
rifiuti" e il punto 8 " Sezione intermediari e commercio";
      b)   i   capitoli  2  e  3  sono  abrogati  a  decorrere  dalla
dichiarazione relativa al 2011.))
                          Articolo 264-ter
           (( (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del
             decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209)

    1.  All'articolo  11  del  decreto legislativo 24 giugno 2003, n.
209,  il  comma  3  e'  sostituito  dal seguente: "3. A decorrere dal
giorno  successivo  alla scadenza del termine di cui all'articolo 12,
comma  2  del  decreto  del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e  del  mare  in  data  17  dicembre  2009,  e successive
modificazioni,  i dati relativi ai veicoli fuori uso ed ai pertinenti
materiali  e  componenti  sottoposti  a  trattamento,  nonche' i dati
relativi  ai  materiali,  ai  prodotti  ed  ai componenti ottenuti ed
avviati  al  reimpiego,  al  riciclaggio  e al recupero, sono forniti
attraverso  il  sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti
(SISTRI)   di   cui  all´articolo  188-bis,  comma  2,  lett.  a),  e
all'articolo   14-bis  del  decreto-legge  1°  luglio  2009,  n.  78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.".))
                         Articolo 264-quater
           (( (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del
             decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151)

    1. All'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151,
il  comma  4 e' sostituito dal seguente: "4. Al fine di verificare il
raggiungimento  degli  obiettivi  di  cui al comma 2, a decorrere dal
giorno  successivo  alla scadenza del termine di cui all'articolo 12,
comma  2  del  decreto  del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e  del  mare  in  data  17  dicembre  2009,  e successive
modificazioni,  i  dati  relativi  ai  RAEE esportati, trattati ed ai
materiali  derivanti  da  essi ed avviati al recupero ed al reimpiego
sono  forniti attraverso il sistema di controllo della tracciabilita'
dei  rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a e
all'articolo  14-bis del decreto-legge n.78 del 2009, convertito, con
modificazioni,   dalla   legge  n.  102  del  2009.  Le  informazioni
specificano  la  categoria  di appartenenza secondo l'allegato 1A, il
peso o, se non rilevabile, il numero di pezzi degli stessi RAEE.".))
                              ART. 265 
                     (disposizioni transitorie) 
 
  1. Le vigenti norme regolamentari e tecniche  che  disciplinano  la
raccolta, il trasporto il  recupero  e  lo  smaltimento  dei  rifiuti
restano in vigore sino all'adozione delle  corrispondenti  specifiche
norme adottate in attuazione della parte quarta del presente decreto.
Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di  continuita'
nel passaggio dalla preesistente normativa a  quella  prevista  dalla
parte quarta del  presente  decreto,  le  pubbliche  amministrazioni,
nell'esercizio delle rispettive competenze,  adeguano  la  previgente
normativa di attuazione alla disciplina contenuta nella parte  quarta
del presente decreto, nel rispetto di quanto stabilito  dall'articolo
264, comma 1, lettera i).  Ogni  riferimento  ai  rifiuti  tossici  e
nocivi continua ad intendersi riferito ai rifiuti pericolosi. 
  2. In attesa delle specifiche norme  regolamentari  e  tecniche  in
materia di trasporto dei rifiuti, di cui all'articolo 195,  comma  2,
lettera 1), e fermo restando quanto previsto dall'articolo 188-ter  e
dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 in materia di  rifiuti
prodotti dalle navi e residui di carico, i  rifiuti  sono  assimilati
alle merci per quanto concerne il  regime  normativo  in  materia  di
trasporti via mare  e  la  disciplina  delle  operazioni  di  carico,
scarico,  trasbordo,  deposito  e  maneggio  in  aree  portuali.   In
particolare  i  rifiuti  pericolosi  sono   assimilati   alle   merci
pericolose. 
  3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio  e  del
mare, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e
della ricerca e con il Ministro delle attivita' produttive, individua
con apposito decreto le forme di promozione e di  incentivazione  per
la ricerca e per lo sviluppo di nuove tecnologie di  bonifica  presso
le universita', nonche' presso le imprese e i loro consorzi. (25a) 
  4. Fatti salvi gli interventi realizzati alla data  di  entrata  in
vigore della parte quarta del  presente  decreto,  entro  centottanta
giorni da tale data, puo' essere presentata all'autorita'  competente
adeguata relazione tecnica al fine di  rimodulare  gli  obiettivi  di
bonifica gia' autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte
quarta  del  presente  decreto.  L'autorita'  competente  esamina  la
documentazione e dispone le varianti al progetto necessarie. 
  5. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.L. 24 GENNAIO 2012,  N.  1,  CONVERTITO,
CON MODIFICAZIONI, DALLA L. 24 MARZO 2012, N. 27)). 
  6. Le aziende siderurgiche e metallurgiche operanti  alla  data  di
entrata  in  vigore  della  parte  quarta  del  presente  decreto   e
sottoposte alla disciplina di cui al decreto legislativo 18  febbraio
2005,  n.  59,  sono   autorizzate   in   via   transitoria,   previa
presentazione della  relativa  domanda,  e  fino  al  rilascio  o  al
definitivo  diniego  dell'autorizzazione  medesima,  ad   utilizzare,
impiegandoli  nel  proprio  ciclo  produttivo,  i   rottami   ferrosi
individuati dal codice GA  430  dell'Allegato  II  (lista  verde  dei
rifiuti) del regolamento (CE) 1° febbraio 1993, n. 259  e  i  rottami
non ferrosi individuati da codici equivalenti del medesimo Allegato. 
  6-bis. I soggetti che alla data di entrata in vigore  del  presente
decreto svolgono attivita' di  recupero  di  rottami  ferrosi  e  non
ferrosi che erano da considerarsi escluse dal campo  di  applicazione
della parte quarta del medesimo  decreto  n.  152  del  2006  possono
proseguire le attivita' di gestione in essere alle condizioni di  cui
alle disposizioni previgenti fino al  rilascio  o  al  diniego  delle
autorizzazioni necessarie allo svolgimento  di  dette  attivita'  nel
nuovo regime. Le relative istanze di autorizzazione o iscrizione sono
presentate entro novanta giorni dalla data di entrata in  vigore  del
presente decreto. 
 
------------- 
AGGIORNAMENTO (25a) 
  La Corte Costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247  (in
G.U.  1a  s.s.  29/07/2009  n.  30)  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale del presente articolo comma 3, nella parte in cui  non
prevede che, prima dell'adozione del  decreto  ministeriale  da  esso
disciplinato, sia sentita la Conferenza unificata di cui  all'art.  8
del d.lgs. n. 281 del 1997. 
                              ART. 266
                        (disposizioni finali)

  1.  Nelle  attrezzature  sanitarie  di cui all'articolo 4, comma 2,
lettera g), della legge 29 settembre 1964, n. 847, sono ricomprese le
opere,  le  costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al
riciclaggio   o   alla  distruzione  dei  rifiuti  urbani,  speciali,
pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate.
  2.  Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla parte quarta del
presente  decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori
entrate a carico dello Stato.
  3.  Le  spese  per  l'indennita' e per il trattamento economico del
personale  di  cui all'articolo 9 del decreto-legge 9 settembre 1988,
n.  397,  convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988,
n. 475, restano a carico del ((Ministero dell'ambiente e della tutela
del  territorio  e  del  mare)),  salvo  quanto  previsto dal periodo
seguente.  Il  trattamento economico resta a carico delle istituzioni
di  appartenenza,  previa  intesa con le medesime, nel caso in cui il
personale svolga attivita' di comune interesse.
  4.  I rifiuti provenienti da attivita' di manutenzione o assistenza
sanitaria  si  considerano prodotti presso la sede o il domicilio del
soggetto che svolge tali attivita'.
  5.  Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si
applicano   alle   attivita'  di  raccolta  e  trasporto  di  rifiuti
effettuate  dai  soggetti  abilitati allo svolgimento delle attivita'
medesime  in  forma  ambulante,  limitatamente ai rifiuti che formano
oggetto del loro commercio.
  6.  Fatti salvi gli effetti dei provvedimenti sanzionatori adottati
con atti definitivi, dalla data di pubblicazione del presente decreto
non  trovano applicazione le disposizioni recanti gli obblighi di cui
agli articoli 48, comma 2, e 51, comma 6-ter, del decreto legislativo
5  febbraio  1997,  n.  22,  nonche'  le  disposizioni  sanzionatorie
previste  dal medesimo articolo 51, commi 6-bis, 6-ter e 6-quinquies,
anche  con  riferimento  a  fattispecie verificatesi dopo il 31 marzo
2004.
  7.  Con successivo decreto, adottato dal ((Ministro dell'ambiente e
della  tutela  del territorio e del mare)) di concerto con i Ministri
delle  infrastrutture  e  dei trasporti, delle attivita' produttive e
della  salute,  e'  dettata  la  disciplina  per  la  semplificazione
amministrativa  delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le
terre  e  le  rocce  da  scavo,  provenienti  da  cantieri di piccole
dimensioni  la  cui  produzione  non  superi  i seimila metri cubi di
materiale nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia.

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL'ARIA
E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA


TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI
IN ATMOSFERA DI IMPIANTI E ATTIVITA'


                              ART. 267
                       (campo di applicazione)

  1.   Il   presente  titolo,  ai  fini  della  prevenzione  e  della
limitazione  dell'inquinamento atmosferico, si applica agli impianti,
inclusi  gli  impianti termici civili non disciplinati dal titolo II,
ed alle attivita' che producono emissioni in atmosfera e stabilisce i
valori  di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di
analisi  delle  emissioni  ed  i  criteri  per  la  valutazione della
conformita' dei valori misurati ai valori limite.
  ((2.  Per  gli  impianti  di  incenerimento e coincenerimento e gli
altri  impianti di trattamento termico dei rifiuti i valori limite di
emissione  e altre prescrizioni sono stabiliti nell'autorizzazione di
cui  all'articolo  208.  I  valori  limite  e  le  prescrizioni  sono
stabiliti, per gli impianti di incenerimento e coincenerimento, sulla
base  del  decreto  legislativo  11  maggio 2005, n. 133, e dei piani
regionali  di  qualita'  dell'aria  e,  per  gli  altri  impianti  di
trattamento  termico dei rifiuti, sulla base degli articoli 270 e 271
del  presente  titolo. Resta ferma l'applicazione del presente titolo
per  gli  altri  impianti  e le altre attivita' presenti nello stesso
stabilimento,  nonche'  nei casi previsti dall'articolo 214, comma 8.
3.  Resta  fermo,  per  gli  impianti  sottoposti  ad  autorizzazione
integrata  ambientale, quanto previsto dal Titolo III-bis della parte
seconda  del  presente  decreto;  per  tali impianti l'autorizzazione
integrata  ambientale  sostituisce  l'autorizzazione  alle  emissioni
prevista  dal  presente  titolo  ai  fini  sia  della costruzione che
dell'esercizio.))
  4.   Al  fine  di  consentire  il  raggiungimento  degli  obiettivi
derivanti dal Protocollo di Kyoto e di favorire comunque la riduzione
delle  emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti, la normativa di
cui  alla  parte  quinta  del  presente  decreto  intende determinare
l'attuazione  di  tutte  le  piu' opportune azioni volte a promuovere
l'impiego  dell'energia  elettrica prodotta da impianti di produzione
alimentati  da fonti rinnovabili ai sensi della normativa comunitaria
e  nazionale  vigente e, in particolare, della direttiva 2001/77/CE e
del  decreto  legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, determinandone il
dispacciamento prioritario. In particolare:
    a)  potranno essere promosse dal ((Ministro dell'ambiente e della
tutela  del  territorio e del mare)) di concerto con i Ministri delle
attivita'  produttive  e  per  lo sviluppo e la coesione territoriale
misure  atte  a  favorire  la produzione di energia elettrica tramite
fonti  rinnovabili  ed  al  contempo sviluppare la base produttiva di
tecnologie pulite, con particolare riferimento al Mezzogiorno;
    b)  con  decreto  del  Ministro  delle  attivita'  produttive  di
concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e
dell'economia  e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla
data  di  entrata  in vigore della parte quinta del presente decreto,
sono  determinati  i compensi dei componenti dell'Osservatorio di cui
all'articolo  16 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, da
applicarsi a decorrere dalla data di nomina, nel limite delle risorse
di  cui  all'articolo 16, comma 6, del medesimo decreto legislativo e
senza  che  ne derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica;
    c)  i  certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai
sensi  dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239,
possono   essere   utilizzati   per   assolvere  all'obbligo  di  cui
all'articolo  11  del  decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, solo
dopo che siano stati annullati tutti i certificati verdi maturati dai
produttori  di  energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili cosi'
come  definite  dall'articolo  2,  comma  1,  lettera a), del decreto
legislativo n. 387 del 2003;
    d)  al fine di prolungare il periodo di validita' dei certificati
verdi,  all'articolo 20, comma 5, del decreto legislativo 29 dicembre
2003,  n.  387,  le  parole  "otto anni" sono sostituite dalle parole
"dodici anni".
                              ART. 268 
                            (definizioni) 
 
  1.  Ai  fini  del  presente  titolo  si   applicano   le   seguenti
definizioni: 
    a)  inquinamento  atmosferico:   ogni   modificazione   dell'aria
atmosferica, dovuta all'introduzione nella stessa di una  o  di  piu'
sostanze in quantita' e con  caratteristiche  tali  da  ledere  o  da
costituire un  pericolo  per  la  salute  umana  o  per  la  qualita'
dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o  compromettere
gli usi legittimi dell'ambiente; 
    b)  emissione:  qualsiasi  sostanza  solida,  liquida  o  gassosa
introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento  atmosferico
e, per le attivita' di cui all'articolo 275, qualsiasi scarico di COV
nell'ambiente; 
    c) emissione  convogliata:  emissione  di  un  effluente  gassoso
effettuata attraverso uno o piu' appositi punti; 
    d) emissione diffusa: emissione diversa da quella ricadente nella
lettera c); per le lavorazioni di cui all'articolo 275  le  emissioni
diffuse includono anche i COV contenuti negli  scarichi  idrici,  nei
rifiuti e nei prodotti, fatte salve le diverse indicazioni  contenute
nella parte III dell'Allegato III  alla  parte  quinta  del  presente
decreto; 
    e) emissione tecnicamente convogliabile:  emissione  diffusa  che
deve  essere  convogliata  sulla   base   delle   migliori   tecniche
disponibili o in presenza di situazioni o di zone che richiedono  una
particolare tutela; 
    f) emissioni totali: la somma delle  emissioni  diffuse  e  delle
emissioni convogliate; 
    g) effluente gassoso: lo scarico  gassoso,  contenente  emissioni
solide,  liquide  o  gassose;  la  relativa  portata  volumetrica  e'
espressa in  metri  cubi  all'ora  riportate  in  condizioni  normali
(Nm3/ora), previa detrazione del tenore  di  vapore  acqueo,  se  non
diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto; 
    h)  stabilimento:  il  complesso  unitario  e  stabile,  che   si
configura come un complessivo ciclo produttivo, sottoposto al  potere
decisionale di un unico gestore, in cui  sono  presenti  uno  o  piu'
impianti o  sono  effettuate  una  o  piu'  attivita'  che  producono
emissioni attraverso, per  esempio,  dispositivi  mobili,  operazioni
manuali, deposizioni  e  movimentazioni.  Si  considera  stabilimento
anche il luogo adibito in modo stabile all'esercizio di  una  o  piu'
attivita'; 
    i) stabilimento anteriore al 1988:  uno  stabilimento  che,  alla
data del 1° luglio 1988, era in esercizio o costruito in tutte le sue
parti o autorizzato ai sensi della normativa  previgente,  e  che  e'
stato autorizzato ai sensi degli articoli 12 e  13  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203; 
    i-bis) stabilimento anteriore al 2006: uno  stabilimento  che  e'
stato autorizzato ai sensi  dell'articolo  6  o  dell'articolo  11  o
dell'articolo 15, comma 1, lettera b),  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, purche' in funzione o  messo
in funzione entro il 29 aprile 2008; 
    i-ter) stabilimento nuovo: uno stabilimento che non ricade  nelle
definizioni di cui alle lettere i) e i-bis); 
    l)  impianto:  il  dispositivo  o  il  sistema  o  l'insieme   di
dispositivi o sistemi fisso e destinato a svolgere in  modo  autonomo
una specifica attivita', anche nell'ambito di un ciclo piu' ampio; 
    m) modifica dello stabilimento: installazione di  un  impianto  o
avvio di una attivita' presso  uno  stabilimento  o  modifica  di  un
impianto o  di  una  attivita'  presso  uno  stabilimento,  la  quale
comporti una variazione di  quanto  indicato  nel  progetto  o  nella
relazione   tecnica   di   cui   all'articolo   269,   comma   2,   o
nell'autorizzazione di cui all'articolo 269, comma 3, o nella domanda
di adesione all'autorizzazione generale di cui  all'articolo  272,  o
nell'autorizzazione rilasciata ai sensi del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203,  o  nei  documenti  previsti
dall'articolo 12 di tale decreto; ricadono nella definizione anche le
modifiche relative alle modalita'  di  esercizio  o  ai  combustibili
utilizzati; 
    m-bis) modifica sostanziale: modifica che comporta un  aumento  o
una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni
di convogliabilita' tecnica delle stesse; per  le  attivita'  di  cui
all'articolo 275 valgono le definizioni di cui ai commi 21 e  22  del
medesimo; 
    n)  gestore:  la  persona  fisica  o  giuridica  che  ha   potere
decisionale circa l'installazione o l'esercizio dello stabilimento  e
che e' responsabile dell'applicazione dei limiti e delle prescrizioni
disciplinate nel presente decreto; 
    o) autorita' competente: la regione o la provincia autonoma o  la
diversa autorita' indicata  dalla  legge  regionale  quale  autorita'
competente  al  rilascio   dell'autorizzazione   alle   emissioni   e
all'adozione degli altri provvedimenti previsti dal presente  titolo;
per le piattaforme off-shore, l'autorita' competente e' il  Ministero
dell'ambiente e della tutela del  territorio  e  del  mare;  per  gli
stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e  per
gli adempimenti a questa connessi, l'autorita' competente  e'  quella
che rilascia tale autorizzazione; 
    p) autorita' competente per il controllo: l'autorita'  a  cui  la
legge regionale attribuisce il compito di eseguire in via ordinaria i
controlli circa il rispetto dell'autorizzazione e delle  disposizioni
del presente titolo, ferme restando le  competenze  degli  organi  di
polizia  giudiziaria;   in   caso   di   stabilimenti   soggetti   ad
autorizzazione alle emissioni tale autorita' coincide, salvo  diversa
indicazione della legge regionale, con quella di cui alla lettera o);
per stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale  e
per i controlli a questa  connessi,  l'autorita'  competente  per  il
controllo e' quella prevista  dalla  normativa  che  disciplina  tale
autorizzazione; 
    q) valore limite  di  emissione:  il  fattore  di  emissione,  la
concentrazione, la percentuale o  il  flusso  di  massa  di  sostanze
inquinanti nelle emissioni che non devono essere superati.  I  valori
di limite di emissione espressi come  concentrazione  sono  stabiliti
con riferimento al funzionamento dell'impianto  nelle  condizioni  di
esercizio piu' gravose e, salvo diversamente  disposto  dal  presente
titolo o  dall'autorizzazione,  si  intendono  stabiliti  come  media
oraria. 
    r)  fattore  di  emissione:  rapporto  tra  massa   di   sostanza
inquinante emessa e unita' di  misura  specifica  di  prodotto  o  di
servizio; 
    s) concentrazione: rapporto  tra  massa  di  sostanza  inquinante
emessa  e  volume  dell'effluente  gassoso;  per  gli   impianti   di
combustione  i  valori  di  emissione  espressi  come  concentrazione
(mg/Nm3) sono calcolati considerando, se non  diversamente  stabilito
dalla parte quinta del presente decreto,  un  tenore  volumetrico  di
ossigeno di riferimento del 3  per  cento  in  volume  dell'effluente
gassoso per i combustibili liquidi e gassosi,  del  6  per  cento  in
volume per i combustibili solidi e del 15 per cento in volume per  le
turbine a gas; 
    t) percentuale: rapporto tra massa di sostanza inquinante  emessa
e massa della stessa sostanza  utilizzata  nel  processo  produttivo,
moltiplicato per cento; 
    u) flusso di massa:  massa  di  sostanza  inquinante  emessa  per
unita' di tempo; 
    v) soglia di  rilevanza  dell'emissione:  flusso  di  massa,  per
singolo inquinante o per singola classe di  inquinanti,  calcolato  a
monte di eventuali sistemi di abbattimento,  e  nelle  condizioni  di
esercizio piu' gravose dell'impianto, al di sotto del  quale  non  si
applicano i valori limite di emissione; 
    z) condizioni  normali:  una  temperatura  di  273,15  K  ed  una
pressione di 101,3 kPa; 
    aa) migliori tecniche disponibili: la piu' efficiente ed avanzata
fase  di  sviluppo  di  attivita'  e  relativi  metodi  di  esercizio
indicanti l'idoneita' pratica  di  determinate  tecniche  ad  evitare
ovvero, se cio' risulti impossibile, a ridurre le  emissioni;  a  tal
fine, si intende per: 
      1) tecniche: sia le tecniche impiegate,  sia  le  modalita'  di
progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura  degli
impianti e delle attivita'; 
      2) disponibili: le tecniche sviluppate  su  una  scala  che  ne
consenta l'applicazione in condizioni economicamente  e  tecnicamente
valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo  in
considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto  che
siano o meno applicate o prodotte in  ambito  nazionale,  purche'  il
gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli; 
      3) migliori: le tecniche piu' efficaci per ottenere un  elevato
livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso; 
    bb)   periodo   di   avviamento:   salva   diversa   disposizione
autorizzativa, il tempo in cui l'impianto, a seguito  dell'erogazione
di energia, combustibili o materiali, e' portato  da  una  condizione
nella quale non  esercita  l'attivita'  a  cui  e'  destinato,  o  la
esercita in situazione di carico  di  processo  inferiore  al  minimo
tecnico, ad una condizione nella quale tale attivita'  e'  esercitata
in situazione di carico  di  processo  pari  o  superiore  al  minimo
tecnico; 
    cc) periodo di arresto: salva diversa disposizione autorizzativa,
il   tempo   in   cui   l'impianto,   a   seguito   dell'interruzione
dell'erogazione di energia, combustibili o materiali, non  dovuta  ad
un  guasto,  e'  portato  da  una  condizione  nella  quale  esercita
l'attivita' a cui e' destinato in situazione di  carico  di  processo
pari o superiore al minimo tecnico ad una condizione nella quale tale
funzione e' esercitata in situazione di carico di processo  inferiore
al minimo tecnico o non e' esercitata; 
    dd) carico di processo:  il  livello  percentuale  di  produzione
rispetto alla potenzialita' nominale dell'impianto; 
    ee) minimo tecnico: il carico minimo di processo compatibile  con
l'esercizio dell'attivita' cui l'impianto e' destinato; 
    ff) impianto di combustione: qualsiasi dispositivo tecnico in cui
sono ossidati combustibili al fine  di  utilizzare  il  calore  cosi'
prodotto; 
    gg) grande impianto di combustione: impianto  di  combustione  di
potenza  termica  nominale  non  inferiore  a  50MW;  L'impianto   di
combustione si considera anteriore al 1988, anteriore al 2006 o nuovo
sulla base dei criteri previsti dalle lettere i), i-bis) e i-ter); 
    hh)  potenza  termica  nominale  dell'impianto  di   combustione:
prodotto del potere calorifico inferiore del combustibile  utilizzato
e della portata massima di combustibile bruciato al singolo  impianto
di combustione, cosi' come dichiarata dal  costruttore,  espressa  in
Watt termici o suoi multipli; 
    ii)  composto  organico:  qualsiasi  composto  contenente  almeno
l'elemento carbonio e uno o piu' degli elementi  seguenti:  idrogeno,
alogeni, ossigeno, zolfo, fosforo,  silicio  o  azoto,  ad  eccezione
degli ossidi di carbonio e dei carbonati e bicarbonati inorganici; 
    ll) composto organico volatile (COV): qualsiasi composto organico
che abbia a 293,15 K una pressione di vapore di 0,01 kPa o superiore,
oppure  che  abbia  una  volatilita'  corrispondente  in   condizioni
particolari di uso. Ai fini della parte quinta del presente  decreto,
e' considerata come COV la frazione di creosoto che alla  temperatura
di 293,15 K ha una pressione di vapore superiore a 0,01 kPa; 
    mm)  solvente  organico:  qualsiasi  COV  usato  da  solo  o   in
combinazione con altri agenti al fine di  dissolvere  materie  prime,
prodotti o rifiuti, senza subire  trasformazioni  chimiche,  o  usato
come agente  di  pulizia  per  dissolvere  contaminanti  oppure  come
dissolvente,  mezzo  di  dispersione,   correttore   di   viscosita',
correttore di tensione superficiale, plastificante o conservante; 
    nn) capacita' nominale: la massa giornaliera massima di  solventi
organici utilizzati per le attivita' di cui all'articolo 275,  svolte
in  condizioni  di  normale  funzionamento  ed  in   funzione   della
potenzialita' di prodotto per cui le attivita' sono progettate; 
    oo) consumo di  solventi:  il  quantitativo  totale  di  solventi
organici utilizzato in uno  stabilimento  per  le  attivita'  di  cui
all'articolo 275 per anno civile ovvero per qualsiasi  altro  periodo
di dodici mesi, detratto qualsiasi COV recuperato per riutilizzo; 
    pp) consumo massimo teorico di solventi: il consumo  di  solventi
calcolato sulla  base  della  capacita'  nominale  riferita,  se  non
diversamente stabilito dall'autorizzazione, a  trecentotrenta  giorni
all'anno in caso  di  attivita'  effettuate  su  tutto  l'arco  della
settimana ed a duecentoventi giorni all'anno per le altre attivita'; 
    qq) riutilizzo  di  solventi  organici:  l'utilizzo  di  solventi
organici prodotti da una attivita' e  successivamente  recuperati  al
fine di essere alla stessa destinati per qualsiasi finalita'  tecnica
o commerciale, ivi compreso l'uso come combustibile; 
    rr) soglia  di  consumo:  il  consumo  di  solvente  espresso  in
tonnellate/anno stabilito dalla parte II dell'Allegato III alla parte
quinta del presente decreto, per le attivita' ivi previste; 
    ss) LETTERA SOPPRESSA DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128; 
    ((tt) impianti di distribuzione: impianti in  cui  il  carburante
viene erogato ai  serbatoi  dei  veicoli  a  motore  da  impianti  di
deposito; ai fini dell'applicazione dell'articolo 277 si  considerano
esistenti gli impianti di distribuzione di benzina gia'  costruiti  o
la cui costruzione ed il cui  esercizio  sono  autorizzati  ai  sensi
della vigente normativa prima del 1° gennaio 2012  e  si  considerano
nuovi gli impianti di distribuzione di benzina la cui costruzione  ed
il cui esercizio sono autorizzati ai sensi  della  vigente  normativa
dal 1° gennaio 2012; sono equiparati agli impianti nuovi gli impianti
distribuzione che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, sono  oggetto  di
una ristrutturazione  completa,  intesa  come  il  totale  rinnovo  o
riposizionamento dei serbatoi e delle relative tubazioni;)) 
    ((tt-bis)    distributore:    ogni    apparecchio     finalizzato
all'erogazione  di  benzina;  il  distributore  degli   impianti   di
distribuzione di benzina  deve  essere  dotato  di  idonea  pompa  di
erogazione in grado di prelevare  il  carburante  dagli  impianti  di
deposito  o,  in  alternativa,  essere  collegato  a  un  sistema  di
pompaggio centralizzato; 
    tt-ter) sistema di recupero dei vapori di benzina: 
      1) ai fini dell'articolo 276, l'attrezzatura per il recupero di
benzina dai vapori durante le  operazioni  di  caricamento  presso  i
terminali; 
      2) ai fini dell'articolo 277, l'attrezzatura  per  il  recupero
dei vapori di benzina  spostati  dal  serbatoio  del  carburante  del
veicolo durante il rifornimento presso un impianto di distribuzione; 
    tt-quater) sistema di recupero di fase II:  sistema  di  recupero
dei vapori di benzina che prevede  il  trasferimento  dei  vapori  di
benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione
o  il  riconvogliamento  degli  stessi   al   distributore   per   la
reimmissione in commercio; 
    tt-quinquies) flusso: quantita' totale annua di benzina scaricata
da  cisterne  mobili  di  qualsiasi  capacita'  in  un  impianto   di
distribuzione;)) 
    uu) benzina: ogni derivato del petrolio, con  o  senza  additivi,
corrispondente ai seguenti codici doganali: NC 2710 1131 - 2710  1141
- 2710 1145 - 2710 1149 - 2710 1151 -  2710  1159  o  che  abbia  una
tensione di vapore Reid pari o superiore a  27,6  kilopascal,  pronto
all'impiego quale carburante per veicoli a motore, ad  eccezione  del
gas di petrolio liquefatto (GPL); 
    ((uu-bis) vapori di benzina: composti gassosi che evaporano dalla
benzina;)) 
    vv) terminale: ogni  struttura  adibita  al  caricamento  e  allo
scaricamento di  benzina  in/da  veicolo-cisterna,  carro-cisterna  o
nave-cisterna, ivi compresi gli impianti  di  deposito  presenti  nel
sito della struttura; 
    ((zz) impianto di deposito: ogni  serbatoio  fisso  adibito  allo
stoccaggio di combustibile; ai fini  dell'applicazione  dell'articolo
277 si fa riferimento ai serbatoi fissi adibiti  allo  stoccaggio  di
benzina presso gli impianti di distribuzione;)) 
    aaa) impianto di caricamento: ogni impianto di un  terminale  ove
la benzina puo' essere caricata in cisterne mobili. Gli  impianti  di
caricamento per i veicoli-cisterna comprendono una o  piu'  torri  di
caricamento; 
    bbb)  torre  di  caricamento:  ogni  struttura  di  un  terminale
mediante la quale  la  benzina  puo'  essere,  in  un  dato  momento,
caricata in un singolo veicolo-cisterna; 
    ccc) deposito temporaneo di vapori:  il  deposito  temporaneo  di
vapori in un impianto di deposito a tetto fisso presso  un  terminale
prima del  trasferimento  e  del  successivo  recupero  in  un  altro
terminale. Il trasferimento dei vapori da un impianto di deposito  ad
un  altro  nello  stesso  terminale  non  e'   considerato   deposito
temporaneo di  vapori  ai  sensi  della  parte  quinta  del  presente
decreto; 
    ddd) cisterna mobile: una cisterna di capacita'  superiore  ad  1
m3, trasportata su strada,  per  ferrovia  o  per  via  navigabile  e
adibita al trasferimento di benzina da un terminale ad un altro o  da
un terminale ad un impianto di distribuzione di carburanti; 
    eee) veicolo-cisterna: un veicolo adibito al trasporto su  strada
della benzina che comprenda una o piu' cisterne montate stabilmente o
facenti  parte  integrante  del  telaio  o  una   o   piu'   cisterne
rimuovibili. 
                              ART. 269
                        ((Autorizzazione alle
            emissioni in atmosfera per gli stabilimenti))

   ((1.  Fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 267, commi 2 e 3,
dal  comma 10 del presente articolo e dall'articolo 272, commi 1 e 5,
per  tutti  gli  stabilimenti  che  producono  emissioni  deve essere
richiesta una autorizzazione ai sensi della parte quinta del presente
decreto.   L'autorizzazione   e'   rilasciata  con  riferimento  allo
stabilimento.  I  singoli  impianti  e  le singole attivita' presenti
nello stabilimento non sono oggetto di distinte autorizzazioni.))
   2.  Il gestore che intende installare ((uno stabilimento)) nuovo o
trasferire  ((uno  stabilimento))  da  un  luogo ad un altro presenta
all'autorita' competente una domanda di autorizzazione, accompagnata:
    ((a)  dal  progetto  dello stabilimento in cui sono descritti gli
impianti  e  le  attivita',  le  tecniche  adottate  per  limitare le
emissioni  e  la  quantita'  e  la  qualita'  di  tali  emissioni, le
modalita'  di  esercizio, la quota dei punti di emissione individuata
in  modo  da  garantire  l'adeguata  dispersione  degli inquinanti, i
parametri che caratterizzano l'esercizio e la quantita', il tipo e le
caratteristiche  merceologiche  dei  combustibili  di  cui si prevede
l'utilizzo,  nonche', per gli impianti soggetti a tale condizione, il
minimo  tecnico  definito  tramite  i  parametri  di  impianto che lo
caratterizzano;
    b)  da  una  relazione  tecnica che descrive il complessivo ciclo
produttivo  in  cui  si  inseriscono  gli  impianti e le attivita' ed
indica  il periodo previsto intercorrente tra la messa in esercizio e
la messa a regime degli impianti.))
   3.  ((Per  il  rilascio  dell'autorizzazione  all'installazione di
stabilimenti  nuovi)),  l'autorita'  competente  indice, entro trenta
giorni  dalla ricezione della richiesta, una conferenza di servizi ai
sensi  ((dell'articolo  14,  comma 3,)) della legge 7 agosto 1990, n.
241,  nel  corso della quale si procede anche, in via istruttoria, ad
un  contestuale esame degli interessi coinvolti in altri procedimenti
amministrativi  e, in particolare, nei procedimenti svolti dal comune
ai  sensi  del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380, e del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. ((Per il rinnovo
e  per  l'aggiornamento  dell'autorizzazione  l'autorita' competente,
previa  informazione al comune interessato il quale puo' esprimere un
parere  nei  trenta giorni successivi, avvia un autonomo procedimento
entro  trenta  giorni  dalla  ricezione  della  richiesta. In sede di
conferenza   di   servizi   o  di  autonomo  procedimento,  eventuali
integrazioni  della  domanda  devono  essere  trasmesse all'autorita'
competente   entro  trenta  giorni  dalla  relativa  richiesta));  se
l'autorita'  competente  non  si  pronuncia  in  un  termine  pari  a
centoventi  giorni  o,  in  caso  di  integrazione  della  domanda di
autorizzazione,  pari  a  centocinquanta giorni dalla ricezione della
domanda  stessa, il gestore puo', entro i successivi sessanta giorni,
richiedere  al ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e   del  mare))  di  provvedere,  notificando  tale  richiesta  anche
all'autorita'  competente. Il Ministro si esprime sulla richiesta, di
concerto  con  i  Ministri della salute e delle attivita' produttive,
sentito  il  comune  interessato,  entro  novanta  giorni o, nei casi
previsti  dall'articolo  281,  comma  1,  entro centocinquanta giorni
dalla  ricezione della stessa; ((in caso di richiesta di integrazioni
tali  termini  sono  sospesi  fino  alla  ricezione  delle  stesse e,
comunque,  per  un periodo non superiore a trenta giorni;)) ((decorsi
tali  termini)),  si applica l'articolo 2, ((comma 8)), della legge 7
agosto 1990, n. 241.
   4. L'autorizzazione stabilisce, ai sensi degli articoli 270 e 271:
    a)  per le emissioni che risultano tecnicamente convogliabili, le
modalita' di captazione e di convogliamento;
    b)  per  le  emissioni  convogliate o di cui e' stato disposto il
convogliamento,  i  valori  limite  di  emissione, le prescrizioni, i
metodi  di  campionamento  e di analisi, i criteri per la valutazione
della   conformita'  dei  valori  misurati  ai  valori  limite  e  la
periodicita' dei controlli di competenza del gestore ((, la quota dei
punti di emissione individuata tenuto conto delle relative condizioni
tecnico-economiche,  il  minimo  tecnico  per gli impianti soggetti a
tale  condizione  e  le portate di progetto tali da consentire che le
emissioni  siano  diluite  solo nella misura inevitabile dal punto di
vista  tecnologico  e  dell'esercizio;  devono  essere specificamente
indicate le sostanze a cui si applicano i valori limite di emissione,
le prescrizioni ed i relativi controlli.))
    c) per le emissioni diffuse, apposite prescrizioni finalizzate ad
assicurarne il contenimento.
   ((5.  In  aggiunta a quanto previsto dal comma 4, l'autorizzazione
puo'  stabilire,  per  ciascun inquinante, valori limite di emissione
espressi  come  flussi  di  massa annuali riferiti al complesso delle
emissioni,  eventualmente  incluse  quelle  diffuse, degli impianti e
delle  attivita'  di  uno  stabilimento.  Per  gli  impianti  di  cui
all'allegato  XII alla parte seconda del presente decreto, in tutti i
casi  in  cui sia tecnicamente possibile individuare valori limite di
emissione  espressi  come  concentrazione, l'autorizzazione integrata
ambientale,  fatto  salvo quanto disposto dall'articolo 275, comma 2,
non  puo'  stabilire  esclusivamente  valori  espressi come flusso di
massa fattore di emissione o percentuale.))
   ((6.  L'autorizzazione stabilisce il periodo che deve intercorrere
tra la messa in esercizio e la messa a regime dell'impianto. La messa
in  esercizio  deve essere comunicata all'autorita' competente con un
anticipo  di  almeno  quindici giorni. L'autorizzazione stabilisce la
data  entro  cui  devono essere comunicati all'autorita' competente i
dati relativi alle emissioni effettuate in un periodo continuativo di
marcia  controllata  decorrente  dalla messa a regime, e la durata di
tale periodo, nonche' il numero dei campionamenti da realizzare; tale
periodo  deve  avere una durata non inferiore a dieci giorni, salvi i
casi  in  cui  il  progetto di cui al comma 2, lettera a) preveda che
l'impianto  funzioni  esclusivamente per periodi di durata inferiore.
L'autorita'   competente   per   il   controllo   effettua  il  primo
accertamento  circa  il  rispetto  dell'autorizzazione entro sei mesi
dalla  data  di messa a regime di uno o piu' impianti o dall'avvio di
una o piu' attivita' dello stabilimento autorizzato.))
   7.  L'autorizzazione  rilasciata ai sensi del presente articolo ha
una  durata  di  quindici  anni.  La  domanda  di rinnovo deve essere
presentata   almeno   un   anno  prima  della  scadenza.  Nelle  more
dell'adozione    del   provvedimento   sulla   domanda   di   rinnovo
dell'autorizzazione   rilasciata  ai  sensi  del  presente  articolo,
l'esercizio  dell'impianto  puo'  continuare  anche  dopo la scadenza
dell'autorizzazione  in  caso  di  mancata  pronuncia  in termini del
((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) a
cui  sia  stato  richiesto  di  provvedere  ai  sensi  del  comma  3.
((L'autorita'  competente puo' imporre il rinnovo dell'autorizzazione
prima  della  scadenza  ed  il rinnovo delle autorizzazioni di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, prima
dei  termini  previsti  dall'articolo  281,  comma 1, se una modifica
delle  prescrizioni  autorizzative risulti necessaria al rispetto dei
valori limite di qualita' dell'aria previsti dalla vigente normativa.
Il  rinnovo  dell'autorizzazione comporta il decorso di un periodo di
quindici anni.))
   8.   ((Il  gestore  che  intende  effettuare  una  modifica  dello
stabilimento  ne  da' comunicazione all'autorita' competente o, se la
modifica  e'  sostanziale,  presenta, ai sensi del presente articolo,
una  domanda  di autorizzazione. Se la modifica per cui e' stata data
comunicazione   e'  sostanziale,  l'autorita'  competente  ordina  al
gestore  di  presentare  una  domanda  di autorizzazione ai sensi del
presente   articolo.   Se  la  modifica  e'  sostanziale  l'autorita'
competente   aggiorna   l'autorizzazione   dello   stabilimento   con
un'istruttoria  limitata  agli  impianti e alle attivita' interessati
dalla  modifica  o,  a  seguito di eventuale apposita istruttoria che
dimostri  tale  esigenza in relazione all'evoluzione della situazione
ambientale  o  delle  migliori  tecniche  disponibili, la rinnova con
un'istruttoria   estesa   all'intero   stabilimento.))((...))  Se  la
modifica  non  e'  sostanziale,  l'autorita' competente provvede, ove
necessario,  ad  aggiornare  l'autorizzazione in atto. Se l'autorita'
competente  non  si  esprime  entro sessanta giorni, il gestor e puo'
procedere  all'esecuzione  della modifica non sostanziale comunicata,
fatto  salvo  il  potere  dell'autorita'  competente  ((di provvedere
successivamente.))  Per  modifica  sostanziale  si intende quella che
comporta  un  aumento  o una variazione qualitativa delle emissioni o
che  altera  le  condizioni di convogliabilita' tecnica delle stesse.
((E'  fatto  salvo  quanto  previsto  dall'articolo 275, comma 11. Il
rinnovo      dell'autorizzazione      comporta,      a     differenza
dell'aggiornamento,  il decorso di un nuovo periodo di quindici anni.
Con apposito decreto da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 5,
si  provvede ad integrare l'allegato I alla parte quinta del presente
decreto con indicazione degli ulteriori criteri per la qualificazione
delle modifiche sostanziali di cui all'articolo 268, comma 1, lettera
m  bis), e con l'indicazione modifiche di cui all'articolo 268, comma
1,  lettera  m)  per  le  quali  non vi e' l'obbligo di effettuare la
comunicazione.))
   9.  L'autorita'  competente  per  il  controllo  e' autorizzata ad
effettuare  presso  gli  impianti  tutte  le  ispezioni  che  ritenga
necessarie per accertare il rispetto dell'autorizzazione.
   ((10.  Non  sono  sottoposti  ad  autorizzazione  gli  impianti di
deposito  di  oli minerali, compresi i gas liquefatti. I gestori sono
comunque   tenuti  ad  adottare  apposite  misure  per  contenere  le
emissioni   diffuse   ed   a  rispettare  le  ulteriori  prescrizioni
eventualmente  disposte,  per  le  medesime  finalita',  con apposito
provvedimento dall'autorita' competente.
   11.  Il  trasferimento di uno stabilimento da un luogo ad un altro
equivale all'installazione di uno stabilimento nuovo.))
   12. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)).
   13. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)).
   14. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)).
   15. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)).
   16. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)).
                              ART. 270
                       ((Individuazione degli
             impianti e convogliamento delle emissioni))

  1. In sede di autorizzazione, l'autorita' competente verifica se le
emissioni  diffuse  di  ((ciascun  impianto e di ciascuna attivita'))
sono  tecnicamente  convogliabili  sulla base delle migliori tecniche
disponibili  e sulla base delle pertinenti prescrizioni dell'Allegato
I  alla  parte quinta del presente decreto e, in tal caso, ne dispone
la captazione ed il convogliamento.
  2.  In presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di
zone  che  richiedono  una particolare tutela ambientale, l'autorita'
competente dispone la captazione ed il convogliamento delle emissioni
diffuse  ai  sensi  del  comma  1 anche se la tecnica individuata non
soddisfa  il  requisito della disponibilita' di cui all'articolo 268,
comma 1, lettera aa), numero 2).
  3.  Con  decreto  del  ((Ministro  dell'ambiente e della tutela del
territorio  e  del mare)), di concerto con i Ministri delle attivita'
produttive e della salute, sono stabiliti i criteri da utilizzare per
la verifica di cui ai commi 1 e 2.
  4.  Se  piu'  impianti  con  caratteristiche tecniche e costruttive
simili, aventi emissioni con caratteristiche chimico-fisiche omogenee
e   localizzati   nello  stesso  ((stabilimento))  sono  destinati  a
specifiche  attivita'  tra  loro  identiche,  l'autorita' competente,
tenendo   conto   delle   condizioni  tecniche  ed  economiche,  puo'
considerare  gli  stessi  come  un  unico  impianto  ((disponendo  il
convogliamento  ad un solo punto di emissione. L'autorita' competente
deve,  in  qualsiasi  caso,  considerare  tali impianti come un unico
impianto ai fini della determinazione dei valori limite di emissione.
Resta fermo quanto previsto dall'articolo 282, comma 2)).
  5.  In  caso di emissioni convogliate o di cui e' stato disposto il
convogliamento,  ciascun  impianto ((. . .)) deve avere un solo punto
di  emissione,  fatto  salvo  quanto  previsto nei commi 6 e 7. Salvo
quanto  diversamente  previsto  da  altre  disposizioni  del presente
titolo,  i valori limite di emissione si applicano a ciascun punto di
emissione.
  ((6.  Ove  non  sia  tecnicamente  possibile,  anche per ragioni di
sicurezza, assicurare il rispetto del comma 5, l'autorita' competente
puo'  consentire  un  impianto avente piu' punti di emissione. In tal
caso,  i  valori  limite  di emissione espressi come flusso di massa,
fattore  di  emissione e percentuale sono riferiti al complesso delle
emissioni  dell'impianto  e  quelli espressi come concentrazione sono
riferiti  alle  emissioni  dei  singoli  punti. L'autorizzazione puo'
prevedere  che i valori limite di emissione si riferiscano alla media
ponderata   delle   emissioni   di   sostanze   inquinanti  uguali  o
appartenenti  alla  stessa  classe ed aventi caratteristiche chimiche
omogenee,  provenienti  dai diversi punti di emissione dell'impianto;
in  tal  caso,  il flusso di massa complessivo dell'impianto non puo'
essere  superiore  a  quello  che  si  avrebbe  se i valori limite di
emissione si applicassero ai singoli punti di emissione.
  7.  Ove  opportuno,  l'autorita'  competente,  tenuto  conto  delle
condizioni  tecniche ed economiche, puo' consentire il convogliamento
delle  emissioni  di  piu'  impianti in uno o piu' punti di emissione
comuni,  purche'  le  emissioni  di  tutti  gli  impianti  presentino
caratteristiche chimico-fisiche omogenee. In tal caso a ciascun punto
di  emissione comune si applica il piu' restrittivo dei valori limite
di  emissione  espressi  come  concentrazione  previsti per i singoli
impianti  e,  se  del  caso,  si  prevede  un  tenore  di ossigeno di
riferimento   coerente   con   i   flussi   inviati   a  tale  punto.
L'autorizzazione stabilisce apposite prescrizioni volte a limitare la
diluizione  delle  emissioni  ai  sensi  dell'articolo  269, comma 4,
lettera b).))
  8.  ((L'adeguamento  alle  disposizioni del comma 5 o, ove cio' non
sia  tecnicamente  possibile,  alle  disposizioni  dei commi 6 e 7 e'
realizzato   entro   i   tre  anni  successivi  al  primo  rinnovo  o
all'ottenimento dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 281, commi
1,  2,  3  o  4,  o dell'articolo 272, comma 3, ovvero nel piu' breve
termine  stabilito  dall'autorizzazione.))  Ai fini dell'applicazione
dei  commi 4, 5, 6 e 7 l'autorita' competente tiene anche conto della
documentazione  elaborata  dalla commissione di cui all'articolo 281,
comma 9.
                              ART. 271
                         ((Valori limite di
     emissione e prescrizioni per gli impianti e le attivita'))

   ((1.  Il  presente  articolo disciplina i valori di emissione e le
prescrizioni  da  applicare  agli  impianti  ed  alle attivita' degli
stabilimenti.
   2.  Con  decreto  da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 5,
sono  individuati,  sulla base delle migliori tecniche disponibili, i
valori  di  emissione  e  le prescrizioni da applicare alle emissioni
convogliate  e diffuse degli impianti ed alle emissioni diffuse delle
attivita'  presso  gli  stabilimenti  anteriori al 1988, anteriori al
2006  e nuovi, attraverso la modifica e l'integrazione degli allegati
I e V alla parte quinta del presente decreto.
   3. La normativa delle regioni e delle province autonome in materia
di  valori  limite  e  di  prescrizioni per le emissioni in atmosfera
degli  impianti  e  delle attivita' deve tenere conto, ove esistenti,
dei  piani  e  programmi di qualita' dell'aria previsti dalla vigente
normativa.  Restano  comunque  in  vigore le normative adottate dalle
regioni  o  dalle  province  autonome  in  conformita' al decreto del
Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ed al decreto del
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  21  luglio 1989, in cui si
stabiliscono  appositi valori limite di emissione e prescrizioni. Per
tutti  gli  impianti e le attivita' previsti dall'articolo 272, comma
1,  la  regione  o  la  provincia autonoma, puo' stabilire, anche con
legge  o  provvedimento  generale, sulla base delle migliori tecniche
disponibili,  appositi  valori  limite  di  emissione e prescrizioni,
anche  inerenti  le  condizioni  di  costruzione  o  di esercizio e i
combustibili  utilizzati.  Con  legge  o  provvedimento  generale  la
regione o la provincia autonoma puo' inoltre stabilire, ai fini della
valutazione  dell'entita'  della  diluizione delle emissioni, portate
caratteristiche di specifiche tipologie di impianti.
   4.  I  piani  e  i  programmi di qualita' dell'aria previsti dalla
normativa   vigente  possono  stabilire  appositi  valori  limite  di
emissione  e  prescrizioni piu' restrittivi di quelli contenuti negli
Allegati  I,  II  e  III  e V alla parte quinta del presente decreto,
anche  inerenti  le condizioni di costruzione o di esercizio, purche'
cio'  sia  necessario  al  perseguimento  ed al rispetto dei valori e
degli obiettivi di qualita' dell'aria.
   5. Per gli impianti e le attivita' degli stabilimenti anteriori al
1988,  anteriori al 2006 o nuovi l'autorizzazione stabilisce i valori
limite  di  emissione e le prescrizioni, anche inerenti le condizioni
di costruzione o di esercizio ed i combustibili utilizzati, a seguito
di  un'istruttoria  che si basa sulle migliori tecniche disponibili e
sui  valori  e  sulle  prescrizioni fissati nelle normative di cui al
comma 3 e nei piani e programmi di cui al comma 4. Si devono altresi'
valutare  il  complesso  di tutte le emissioni degli impianti e delle
attivita'  presenti,  le  emissioni  provenienti  da altre fonti e lo
stato  di  qualita' dell'aria nella zona interessata. I valori limite
di emissione e le prescrizioni fissati sulla base di tale istruttoria
devono  essere non meno restrittivi di quelli previsti dagli Allegati
I,  II,  III  e  V alla parte quinta del presente decreto e di quelli
applicati per effetto delle autorizzazioni soggette al rinnovo.
   6.  Per  le sostanze per cui non sono fissati valori di emissione,
l'autorizzazione  stabilisce appositi valori limite con riferimento a
quelli previsti per sostanze simili sotto il profilo chimico e aventi
effetti analoghi sulla salute e sull'ambiente.
   7.  Anche  a  seguito dell'adozione del decreto di cui al comma 2,
l'autorizzazione  degli  stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al
2006  e  nuovi  puo'  sempre  stabilire, per effetto dell'istruttoria
prevista  dal  comma  5,  valori limite e prescrizioni piu' severi di
quelli  contenuti negli allegati I, II, III e V alla parte quinta del
presente  decreto,  nelle  normative  di cui al comma 3 e nei piani e
programmi di cui al comma 4.))
   8. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N.128)).
   9. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N.128)).
   10. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N.128)).
   11.   I  valori  limite  di  emissione  e  il  tenore  volumetrico
dell'ossigeno  di  riferimento  si riferiscono al volume di effluente
gassoso  rapportato alle condizioni normali, previa detrazione, salvo
quanto  diversamente  indicato  nell'Allegato I alla parte quinta del
presente decreto, del tenore volumetrico di vapore acqueo.
   12.  Salvo quanto diversamente indicato nell'Allegato I alla parte
quinta  del  presente decreto, il tenore volumetrico dell'ossigeno di
riferimento  e'  quello  derivante dal processo. Se nell'emissione il
tenore  volumetrico  di ossigeno e' diverso da quello di riferimento,
le   concentrazioni  misurate  devono  essere  corrette  mediante  la
seguente formula:

   ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----

  13. I valori limite di emissione si riferiscono alla quantita' di
   emissione  diluita  nella misura che risulta inevitabile dal punto
di   vista   tecnologico  e  dell'esercizio.  In  caso  di  ulteriore
diluizione  dell'emissione  le  concentrazioni misurate devono essere
corrette mediante la seguente formula:

   ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----

   14. Salvo quanto diversamente stabilito dalla parte quinta del
   presente  decreto,  i  valori  limite di emissione si applicano ai
periodi di normale funzionamento dell'impianto, intesi come i periodi
in  cui  l'impianto  e'  in  funzione  con  esclusione dei periodi di
avviamento e di arresto e dei periodi ((in cui si verificano anomalie
o  guasti))  tali  da  non  permettere il rispetto dei valori stessi.
L'autorizzazione  puo'  stabilire  specifiche  prescrizioni  per tali
periodi  di  avviamento  e  di arresto e per ((l'eventualita' di tali
anomalie  o  guasti)) ed individuare gli ulteriori periodi transitori
nei quali non si applicano i valori limite di emissione. ((In caso di
emissione  di  sostanze di cui all'articolo 272, comma 4, lettera a),
l'autorizzazione,   ove   tecnicamente   possibile,   deve  stabilire
prescrizioni  volte  a  consentire  la  stima delle quantita' di tali
sostanze  emesse  durante  i  periodi in cui si verificano anomalie o
guasti  o  durante  gli  altri  periodi transitori e fissare appositi
valori  limite  di  emissione, riferiti a tali periodi, espressi come
flussi di massa annuali.)) ((Se si verifica un'anomalia o un guasto))
tale  da  non  permettere  il rispetto di valori limite di emissione,
l'autorita'  competente  deve  essere  informata  entro  le  otto ore
successive  e  puo'  disporre  la  riduzione  o  la  cessazione delle
attivita'  o altre prescrizioni, fermo restando l'obbligo del gestore
di  procedere  al  ripristino funzionale dell'impianto nel piu' breve
tempo  possibile  ((e  di  sospendere  l'esercizio  dell'impianto  se
l'anomalia  o  il  guasto  puo' determinare un pericolo per la salute
umana)).   Il  gestore  e'  comunque  tenuto  ad  adottare  tutte  le
precauzioni  opportune  per ridurre al minimo le emissioni durante le
fasi  di  avviamento  e  di  arresto.  Sono  fatte  salve  le diverse
disposizioni  contenute  nella  parte quinta del presente decreto per
specifiche  tipologie  di  impianti.  Non  costituiscono in ogni caso
periodi  di  avviamento o di arresto i periodi di oscillazione che si
verificano    regolarmente    nello    svolgimento   della   funzione
dell'impianto.
   ((15.  Il presente articolo si applica anche ai grandi impianti di
combustione di cui all'articolo 273 ed agli impianti e alle attivita'
di cui all'articolo 275.))
   16.  Per  gli  impianti  sottoposti  ad  autorizzazione  integrata
ambientale  i  valori  limite  e  le  prescrizioni di cui al presente
articolo  si  applicano  ai fini del rilascio di tale autorizzazione,
fermo  restando  il  potere  dell'autorita'  competente  di stabilire
valori limite e prescrizioni piu' severi.
   ((17.  L'Allegato  VI  alla  parte  quinta  del  presente  decreto
stabilisce  i criteri per la valutazione della conformita' dei valori
misurati ai valori limite di emissione. Con apposito decreto ai sensi
dell'articolo  281,  comma  5, si provvede ad integrare tale Allegato
VI,   prevedendo  i  metodi  di  campionamento  e  di  analisi  delle
emissioni,  con l'indicazione di quelli di riferimento, i principi di
misura  e  le  modalita'  atte a garantire la qualita' dei sistemi di
monitoraggio  delle  emissioni.  Fino all'adozione di tale decreto si
applicano  i  metodi  precedentemente  in  uso e, per il rilascio, il
rinnovo  ed  il  riesame  delle autorizzazioni integrate ambientali e
delle  autorizzazioni  di  cui  all'articolo  269, i metodi stabiliti
dall'autorita'  competente sulla base delle pertinenti norme tecniche
CEN  o, ove queste non siano disponibili, sulla base delle pertinenti
norme  tecniche  nazionali, oppure, ove anche queste ultime non siano
disponibili,  sulla  base  delle  pertinenti  norme tecniche ISO o di
altre  norme  internazionali  o delle norme nazionali previgenti. Nel
periodo di vigenza delle autorizzazioni rilasciate prima dell'entrata
in  vigore  di  tale  decreto, i controlli, da parte dell'autorita' o
degli   organi  di  cui  all'articolo  268,  comma  1,  lett.  p),  e
l'accertamento  del  superamento  dei valori limite di emissione sono
effettuati    sulla   base   dei   metodi   specificamente   indicati
nell'autorizzazione  o, se l'autorizzazione non indica specificamente
i metodi, sulla base di uno tra i metodi sopra elencati. I successivi
commi  18,  19  e  20,  fatta  salva  l'immediata  applicazione degli
obblighi  di  comunicazione  relativi  ai controlli di competenza del
gestore,  si  applicano  a decorrere dal rilascio o dal primo rinnovo
dell'autorizzazione  effettuati successivamente all'entrata in vigore
di tale decreto.))
   ((18.   Le  autorizzazioni  alle  emissioni  e  le  autorizzazioni
integrate  ambientali,  rilasciate,  anche  in  sede di rinnovo, dopo
l'entrata  in vigore del decreto di cui al comma 17, indicano, per le
emissioni  in  atmosfera,  i  metodi  di  campionamento e di analisi,
individuandoli tra quelli elencati nell'Allegato VI alla parte quinta
del   presente  decreto,  e  i  sistemi  per  il  monitoraggio  delle
emissioni.  In caso di modifica delle prescrizioni relative ai metodi
ed   ai  sistemi  di  monitoraggio  nell'ambito  dell'autorizzazione,
l'autorita'  competente provvede a modificare anche, ove opportuno, i
valori  limite  di  emissione  autorizzati.  I  controlli,  da  parte
dell'autorita' o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett.
p),  possono  essere  effettuati  solo sulla base dei metodi elencati
nell'Allegato  VI  alla  parte  quinta del presente decreto, anche se
diversi    da    quelli    di   competenza   del   gestore   indicati
dall'autorizzazione.  Nel caso in cui, in sede di autorizzazione o di
controllo,   si   ricorra   a   metodi  diversi  da  quelli  elencati
nell'Allegato  VI  alla parte quinta del presente decreto o a sistemi
di  monitoraggio  non  conformi alle prescrizioni di tale allegato, i
risultati  della  relativa  applicazione  non sono validi ai sensi ed
agli  effetti del presente titolo. Il gestore effettua i controlli di
propria   competenza   sulla   base  dei  metodi  e  dei  sistemi  di
monitoraggio  indicati  nell'autorizzazione  e  mette  i  risultati a
disposizione  dell'autorita'  competente  per  il  controllo nei modi
previsti  dall'Allegato  VI  alla parte quinta del presente decreto e
dall'autorizzazione;  in  caso  di  ricorso  a  metodi o a sistemi di
monitoraggio    diversi    o    non    conformi   alle   prescrizioni
dell'autorizzazione, i risultati della relativa applicazione non sono
validi  ai  sensi ed agli effetti del presente titolo e si applica la
pena prevista dall'articolo 279, comma 2.
   19.  Se  i  controlli  di  competenza  del  gestore  e i controlli
dell'autorita' o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett.
p),   simultaneamente   effettuati,   forniscono  risultati  diversi,
l'accertamento   deve  essere  ripetuto  sulla  base  del  metodo  di
riferimento.  In  caso  di  divergenza tra i risultati ottenuti sulla
base  del  metodo  di  riferimento  e  quelli ottenuti sulla base dei
metodi   e  sistemi  di  monitoraggio  indicati  dall'autorizzazione,
l'autorita'   competente   provvede   ad  aggiornare  tempestivamente
l'autorizzazione  nelle  parti  relative  ai  metodi ed ai sistemi di
monitoraggio  ed,  ove ne consegua la necessita', ai valori limite di
emissione.
   20.  Si verifica un superamento dei valori limite di emissione, ai
fini  del  reato  di  cui  all'articolo  279,  comma 2, soltanto se i
controlli   effettuati   dall'autorita'   o   dagli   organi  di  cui
all'articolo  268, comma 1, lett. p), accertano una difformita' tra i
valori misurati e i valori limite prescritti, sulla base di metodi di
campionamento e di analisi elencati nell'Allegato V alla parte quinta
del  presente  decreto  e  di  sistemi  di monitoraggio conformi alle
prescrizioni di tale allegato. Le difformita' accertate nei controlli
di  competenza  del  gestore  devono  essere da costui specificamente
comunicate  all'autorita'  competente  per  il controllo entro 24 ore
dall'accertamento.  Se  i  risultati  dei controlli di competenza del
gestore  e i risultati dei controlli dell'autorita' o degli organi di
cui  all'articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati,
divergono  in  merito  alla conformita' dei valori misurati ai valori
limite  prescritti,  si  procede  nei  modi  previsti dal comma 19; i
risultati  di  tali  controlli,  inclusi  quelli  ottenuti in sede di
ripetizione  dell'accertamento, non possono essere utilizzati ai fini
della  contestazione  del  reato previsto dall'articolo 279, comma 2,
per  il  superamento  dei valori limite di emissione. Resta ferma, in
tutti  i  casi,  l'applicazione  dell'articolo  279,  comma  2, se si
verificano  le  circostanze  previste  dall'ultimo  periodo del comma
18.))
                              ART. 272
                  (impianti e attivita' in deroga)

   ((1.  Non  sono  sottoposti  ad  autorizzazione di cui al presente
titolo  gli stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente impianti
e attivita' elencati nella parte I dell'Allegato IV alla parte quinta
del presente decreto. L'elenco si riferisce a impianti e ad attivita'
le   cui   emissioni   sono   scarsamente   rilevanti   agli  effetti
dell'inquinamento  atmosferico.  Si applicano esclusivamente i valori
limite  di  emissione  e le prescrizioni specificamente previsti, per
tali impianti e attivita', dai piani e programmi o dalle normative di
cui  all'articolo 271, commi 3 e 4. Al fine di stabilire le soglie di
produzione e di consumo e le potenze termiche nominali indicate nella
parte  I  dell'Allegato  IV alla parte quinta del presente decreto si
deve  considerare  l'insieme  degli  impianti  e delle attivita' che,
nello   stabilimento,   ricadono   in   ciascuna  categoria  presente
nell'elenco. Gli impianti che utilizzano i combustibili soggetti alle
condizioni  previste  dalla  parte II, sezioni 4 e 6, dell'Allegato X
alla   parte  quinta  del  presente  decreto,  devono  in  ogni  caso
rispettare almeno i valori limite appositamente previsti per l'uso di
tali  combustibili  nella  parte  III  II, dell'Allegato I alla parte
quinta del presente decreto. Se in uno stabilimento sono presenti sia
impianti  o attivita' inclusi nell'elenco della parte I dell'allegato
IV  alla  parte quinta del presente decreto, sia impianti o attivita'
non  inclusi  nell'elenco, l'autorizzazione di cui al presente titolo
considera  solo quelli esclusi. Il presente comma si applica anche ai
dispositivi  mobili  utilizzati all'interno di uno stabilimento da un
gestore  diverso  da  quello  dello  stabilimento  o  non  utilizzati
all'interno  di  uno  stabilimento. Il gestore di uno stabilimento in
cui  i  dispositivi  mobili  di  un  altro  gestore sono collocati ed
utilizzati  in  modo non occasionale deve comunque ricomprendere tali
dispositivi  nella  domanda di autorizzazione dell'articolo 269 salva
la  possibilita'  di aderire alle autorizzazioni generali del comma 2
nei   casi   ivi   previsti.  L'autorita'  competente  puo'  altresi'
prevedere,   con   proprio  provvedimento  generale,  che  i  gestori
comunichino  alla  stessa o ad altra autorita' da questa delegata, in
via  preventiva,  la  data  di  messa in esercizio dell'impianto o di
avvio  dell'attivita'  ovvero, in caso di dispositivi mobili, la data
di  inizio  di  ciascuna  campagna di utilizzo. Gli elenchi contenuti
nell'allegato  IV  alla  parte  quinta  del  presente decreto possono
essere  aggiornati ed integrati, con le modalita' di cui all'articolo
281,  comma  5,  anche  su  indicazione delle regioni, delle province
autonome   e   delle   associazioni   rappresentative   di  categorie
produttive.))
   2.  Per  specifiche  ((categorie di stabilimenti)), individuate in
relazione  al  tipo  e  alle  modalita'  di  produzione,  l'autorita'
competente   puo'   adottare  apposite  autorizzazioni  di  carattere
generale, relative a ciascuna ((singola categoria)), nelle quali sono
stabiliti  i  valori  limite  di  emissione,  le prescrizioni,((anche
inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili
utilizzati,))  i tempi di adeguamento, i metodi di campionamento e di
analisi e la periodicita' dei controlli. I valori limite di emissione
e  le  prescrizioni sono stabiliti in conformita' ((all'articolo 271,
commi  da  5  a  7.  L'autorizzazione generale stabilisce i requisiti
della   domanda   di  adesione  e  puo'  prevedere  appositi  modelli
semplificati  di  domanda, nei quali le quantita' e le qualita' delle
emissioni  sono  deducibili  dalle  quantita'  di  materie  prime  ed
ausiliarie   utilizzate.)).   All'adozione   di  tali  autorizzazioni
generali  ((l'autorita'  competente deve in ogni caso procedere entro
cinque  anni)) dalla data di entrata in vigore della parte quinta del
presente  decreto,  ((per  gli  stabilimenti  in  cui  sono  presenti
esclusivamente  gli  impianti  e  le  attivita'  di cui alla parte II
dell'Allegato  IV  alla parte quinta del presente decreto. Al fine di
stabilire  le soglie di produzione e di consumo e le potenze termiche
nominali  indicate  nella parte II dell'Allegato IV alla parte quinta
del  presente  decreto si deve considerare l'insieme degli impianti e
delle   attivita'  che,  nello  stabilimento,  ricadono  in  ciascuna
categoria  presente  nell'elenco.)).  In  caso  di  mancata  adozione
dell'autorizzazione  generale,  nel  termine prescritto, la stessa e'
rilasciata  con apposito decreto del ((Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare)) e i ((gestori degli stabilimenti))
interessati  comunicano  la propria adesione all'autorita' competente
((o ad altra autorita' da questa delegata)); e' fatto salvo il potere
di tale autorita' di adottare successivamente nuove autorizzazioni di
carattere  generale, l'adesione ((obbligatoria)) alle quali comporta,
per  il  soggetto  interessato,  la  decadenza di quella adottata dal
((Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)).
((Per  gli  stabilimenti  in  cui  sono  presenti  anche  impianti  o
attivita'  a  cui  l'autorizzazione  generale  non  si  riferisce, il
gestore   deve   presentare   domanda   di  autorizzazione  ai  sensi
dell'articolo  269.))  I  ((gestori  degli  stabilimenti)) per cui e'
stata   adottata   una   autorizzazione   generale  possono  comunque
presentare domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269.
   ((3.  Almeno  quarantacinque  giorni  prima  dell'installazione il
gestore  degli stabilimenti di cui al comma 2, presenta all'autorita'
competente  o  ad  altra  autorita' da questa delegata una domanda di
adesione  all'autorizzazione  generale  corredata  dai  documenti ivi
prescritti.  L'autorita'  che  riceve  la  domanda  puo', con proprio
provvedimento, negare l'adesione nel caso in cui non siano rispettati
i  requisiti  previsti  dall'autorizzazione  generale  o  i requisiti
previsti  dai  piani  e  dai  programmi  o  dalle  normative  di  cui
all'articolo  271,  commi  3  e  4,  o  in  presenza  di  particolari
situazioni  di  rischio  sanitario  o  di  zone  che  richiedono  una
particolare  tutela  ambientale.  Tale procedura si applica anche nel
caso  in  cui  il  gestore  intenda  effettuare  una  modifica  dello
stabilimento.  Resta  fermo  l'obbligo  di sottoporre lo stabilimento
all'autorizzazione  di  cui all'articolo 269 in caso di modifiche per
effetto  delle  quali  lo  stabilimento  non  sia  piu' conforme alle
previsioni dell'autorizzazione generale. L'autorizzazione generale si
applica  a  chi  vi  ha  aderito,  anche  se sostituita da successive
autorizzazioni generali, per un periodo pari ai dieci anni successivi
all'adesione.  Non  hanno  effetto  su  tale  termine  le  domande di
adesione   relative   alle   modifiche   dello  stabilimento.  Almeno
quarantacinque giorni prima della scadenza di tale periodo il gestore
presenta una domanda di adesione all'autorizzazione generale vigente,
corredata   dai  documenti  ivi  prescritti.  L'autorita'  competente
procede,  almeno  ogni  dieci  anni,  al rinnovo delle autorizzazioni
generali   adottate   ai   sensi   del   presente  articolo.  Per  le
autorizzazioni   generali   rilasciate   ai  sensi  del  decreto  del
Presidente  del  Consiglio  dei Ministri 21 luglio 1989 e del decreto
del  Presidente  della Repubblica 25 luglio 1991, il primo rinnovo e'
effettuato  entro  cinque  anni dalla data di entrata in vigore della
parte quinta del presente decreto e i soggetti autorizzati presentano
una  domanda di adesione, corredata dai documenti ivi prescritti, nei
sei  mesi  che  seguono  al  rinnovo  o nei diversi termini stabiliti
dall'autorizzazione  stessa,  durante i quali l'esercizio puo' essere
continuato.  In  caso  di  mancata  presentazione  della  domanda  di
adesione  nei  termini previsti dal presente comma lo stabilimento si
considera in esercizio senza autorizzazione alle emissioni.))
   4. Le disposizioni dei ((commi 1, 2 e 3)) non si applicano:
    a)  in caso di emissione di sostanze cancerogene, tossiche per la
riproduzione  o  mutagene o di sostanze di tossicita' e cumulabilita'
particolarmente    elevate,   come   individuate   dalla   parte   II
dell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, o
    b)   nel   caso   in   cui   siano  utilizzate,  nell'impianto  o
nell'attivita',  le  sostanze  o i preparati classificati dal decreto
legislativo  3  febbraio  1997,  n.  52, come cancerogeni, mutageni o
tossici  per  la  riproduzione,  a causa del loro tenore di COV, e ai
quali  sono  state  assegnate  etichette con le frasi di rischio R45,
R46, R49, R60, R61.
   ((4-bis.  Con apposito decreto, da adottare ai sensi dell'articolo
281,  comma 5, si provvede ad integrare l'allegato IV, parte II, alla
parte  quinta del presente decreto con l'indicazione dei casi in cui,
in   deroga   al   comma   precedente,  l'autorita'  competente  puo'
permettere,  nell'autorizzazione  generale,  l'utilizzo  di  sostanze
inquinanti classificate con frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R61,
R68,  in  considerazione  degli scarsi quantitativi d'impiego o delle
ridotte   percentuali   di  presenza  nelle  materie  prime  o  nelle
emissioni.))
   5. ((Il presente titolo non si applica agli stabilimenti destinati
alla  difesa  nazionale  ed))alle  emissioni  provenienti da sfiati e
ricambi   d'aria   esclusivamente  adibiti  alla  protezione  e  alla
sicurezza  degli  ambienti  di lavoro. Agli impianti di distribuzione
dei carburanti si applicano esclusivamente le pertinenti disposizioni
degli articoli 276 e 277.
                              ART. 273 
                  (grandi impianti di combustione) 
 
  1. L'Allegato Il alla parte quinta del presente decreto stabilisce,
in relazione ai grandi impianti di combustione, i  valori  limite  di
emissione,  inclusi  quelli  degli  impianti  multicombustibili,   le
modalita' di monitoraggio e di controllo delle emissioni,  i  criteri
per la verifica della conformita' ai valori limite e  le  ipotesi  di
anomalo funzionamento o di guasto degli impianti. 
  2. Ai grandi impianti di combustione nuovi si  applicano  i  valori
limite di emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a  5,  lettera
B, e sezione 6  dell'Allegato  II  alla  parte  quinta  del  presente
decreto. 
  3. Ai grandi impianti di combustione anteriori  al  2006  i  valori
limite di emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a  5,  lettera
A, e sezione 6  dell'Allegato  II  alla  parte  quinta  del  presente
decreto si applicano a partire dal 1° gennaio 2008. Fino a tale  data
si applicano gli articoli 3, comma 1, 6, comma  2,  e  14,  comma  3,
nonche'  gli  Allegati  4,  5,  6  e  9  del  decreto  del   Ministro
dell'ambiente 8 maggio 1989.  Sono  fatti  salvi  i  diversi  termini
previsti nel suddetto Allegato II. 
  4. Ai grandi impianti di combustione anteriori  al  1988  i  valori
limite di emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a  5,  lettera
A, e sezioni 6 e 7 dell'Allegato II alla parte  quinta  del  presente
decreto si applicano a partire dal 1° gennaio 2008. Fino a tale  data
si applicano i valori limite di emissione per il biossido  di  zolfo,
gli ossidi di azoto, le polveri e  per  i  metalli  e  loro  composti
previsti dal decreto del Ministro dell'ambiente  12  luglio  1990,  o
contenuti nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi  del  decreto  del
Presidente della Repubblica  24  maggio  1988,  n.  203,  nonche'  le
prescrizioni relative alle anomalie degli  impianti  di  abbattimento
stabilite all'Allegato II, parte A, lettera E, dello  stesso  decreto
ministeriale. Fino a tale data si applicano altresi'  i  massimali  e
gli obiettivi di riduzione delle emissioni,  fissati  nella  parte  V
dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto.  Sono  fatti
salvi i diversi termini previsti in tale Allegato II. 
  5. I gestori dei grandi impianti di combustione di cui al  comma  4
possono essere esentati dall'obbligo di osservare i valori limite  di
emissione previsti dalla parte II, sezioni da 1 a  5,  lettera  A,  e
sezione 6 dell'Allegato II alla parte quinta  del  presente  decreto,
sulla base della procedura disciplinata dalla parte  I  dello  stesso
Allegato II. 
  6. Ai fini dell'adeguamento degli impianti di cui ai commi 3 e 4 ai
valori limite di emissione  ivi  previsti,  il  gestore,  nell'ambito
della richiesta  di  autorizzazione  integrata  ambientale,  presenta
all'autorita'  competente  una  relazione   tecnica   contenente   la
descrizione dell'impianto, delle tecnologie  adottate  per  prevenire
l'inquinamento e della qualita' e quantita'  delle  emissioni,  dalla
quale risulti il rispetto  delle  prescrizioni  di  cui  al  presente
titolo, oppure un progetto di  adeguamento  finalizzato  al  rispetto
delle medesime. 
  7. Per gli impianti di potenza termica nominale pari a  50  MW,  la
relazione tecnica o il progetto di adeguamento  di  cui  al  comma  6
devono essere presentati  entro  il  1°agosto  2007  e,  in  caso  di
approvazione, l'autorita' competente provvede, ai sensi dell'articolo
269, a rinnovare le autorizzazioni in atto. 
  8. In aggiunta a quanto previsto dall'articolo  271,  comma  14,  i
valori limite di emissione non si applicano  ai  grandi  impianti  di
combustione nei casi di anomalo funzionamento previsti dalla parte  I
dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto, nel rispetto
delle condizioni ivi previste. 
  9. Se piu'  impianti  di  combustione,  anche  di  potenza  termica
nominale  inferiore  a  50  MW,   sono   localizzati   nello   stesso
stabilimento  l'autorita'  competente  deve,   in   qualsiasi   caso,
considerare tali impianti  come  un  unico  impianto  ai  fini  della
determinazione della potenza termica  nominale  in  base  alla  quale
stabilire i  valori  limite  di  emissione.  L'autorita'  competente,
tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, puo'  altresi'
disporre il convogliamento delle emissioni di  tali  impianti  ad  un
solo punto di emissione ed applicare i valori limite che, in caso  di
mancato convogliamento, si applicherebbero all'impianto piu' recente. 
  10. L'adeguamento alle disposizioni del comma 9 e'  effettuato  nei
tempi a tal fine stabiliti dall'autorizzazione. 
  11.  Nel  caso  in  cui  un  grande  impianto  di  combustione  sia
sottoposto  alle  modifiche  qualificate   come   sostanziali   dalla
normativa vigente in materia di autorizzazione integrata  ambientale,
si applicano i valori limite di emissione stabiliti nella  parte  II,
sezioni da 1 a 5, lettera B, e sezione 6 dell'Allegato II alla  parte
quinta del presente decreto. 
  12. Fermo restando  quanto  previsto  dalla  normativa  vigente  in
materia di autorizzazione  integrata  ambientale,  per  gli  impianti
nuovi o in caso di modifiche ai sensi del comma  11,  la  domanda  di
autorizzazione  deve  essere  corredata   da   un   apposito   studio
concernente la fattibilita' tecnica ed  economica  della  generazione
combinata  di  calore  e  di  elettricita'.  Nel  caso  in  cui  tale
fattibilita' sia accertata, anche alla luce di  elementi  diversi  da
quelli contenuti nello studio, l'autorita' competente,  tenuto  conto
della situazione del mercato e  della  distribuzione,  condiziona  il
rilascio del provvedimento autorizzativo alla realizzazione immediata
o differita di tale soluzione. 
  13. Dopo il 1°  gennaio  2008,  agli  impianti  di  combustione  di
potenza termica nominale inferiore a  50MW  ed  agli  altri  impianti
esclusi dal campo di applicazione della  parte  quinta  del  presente
decreto, facenti parte di una raffineria, continuano  ad  applicarsi,
fatto salvo quanto previsto dalla normativa  vigente  in  materia  di
autorizzazione integrata ambientale, i  valori  limite  di  emissione
calcolati, su  un  intervallo  mensile  o  inferiore,  come  rapporto
ponderato tra la somma delle masse inquinanti emesse e la  somma  dei
volumi delle  emissioni  di  tutti  gli  impianti  della  raffineria,
inclusi quelli ricadenti  nel  campo  di  applicazione  del  presente
articolo. 
  14. In caso di realizzazione di grandi impianti di combustione  che
potrebbero arrecare un significativo pregiudizio all'ambiente  di  un
altro Stato della Comunita' europea, l'autorita'  competente  informa
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e  del  mare
per l'adempimento  degli  obblighi  di  cui  alla  convenzione  sulla
valutazione dell'impatto ambientale in un contesto  transfrontaliero,
stipulata a Espoo il 25 febbraio 1991,  ratificata  con  la  legge  3
novembre 1994, n. 640. 
  15.  Le  disposizioni  del  presente  articolo  si  applicano  agli
impianti di combustione destinati  alla  produzione  di  energia,  ad
esclusione di  quelli  che  utilizzano  direttamente  i  prodotti  di
combustione  in  procedimenti  di  fabbricazione.  Sono  esclusi   in
particolare: 
    a)  gli  impianti  in  cui  i  prodotti  della  combustione  sono
utilizzati per il riscaldamento diretto, l'essiccazione  o  qualsiasi
altro trattamento degli oggetti o dei  materiali,  come  i  forni  di
riscaldo o i forni di trattamento termico; 
    b) gli impianti di postcombustione, cioe'  qualsiasi  dispositivo
tecnico  per   la   depurazione   dell'effluente   gassoso   mediante
combustione, che  non  sia  gestito  come  impianto  indipendente  di
combustione; 
    c) i dispositivi di rigenerazione dei  catalizzatori  di  craking
catalitico; 
    d) i dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo; 
    e) i reattori utilizzati nell'industria chimica; 
    f) le batterie di forni per il coke; 
    g) i cowpers degli altiforni; 
    h) qualsiasi dispositivo tecnico usato per la propulsione  di  un
veicolo, una nave, o un aeromobile; 
    i) le turbine a  gas  usate  su  piattaforme  off-shore  e  sugli
impianti di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore; 
    l) LETTERA SOPPRESSA DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128; 
    m) gli impianti azionati da motori diesel, a benzina o a gas. 
  16. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle turbine
a gas autorizzate successivamente all'entrata in vigore  della  parte
quinta  del  presente  decreto.  Alle  turbine  a   gas   autorizzate
precedentemente si  applicano  esclusivamente  le  disposizioni  alle
stesse riferite dall'Allegato  II  alla  parte  quinta  del  presente
decreto in materia  di  monitoraggio  e  controllo  delle  emissioni,
nonche' di anomalie e guasti degli impianti di abbattimento. 
((16-bis. A partire dalla data  di  entrata  in  vigore  del  decreto
legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in  materia  di
stoccaggio geologico di biossido di carbonio, ai  fini  del  rilascio
dell'autorizzazione di cui all'articolo  269,  per  gli  impianti  di
combustione con una potenza termica nominale pari o superiore  a  300
megawatt,  il  gestore  presenta  una  relazione  che   comprova   la
sussistenza delle seguenti condizioni: 
    a) disponibilita'  di  appropriati  siti  di  stoccaggio  di  cui
all'articolo 3, comma 1,  lettera  c),  del  decreto  legislativo  di
recepimento della  direttiva  2009/31/CE  in  materia  di  stoccaggio
geologico di biossido di carbonio; 
    b) fattibilita' tecnica ed economica di strutture di trasporto di
cui all'articolo 3, comma 1, lettera aa), del decreto legislativo  di
recepimento della  direttiva  2009/31/CE  in  materia  di  stoccaggio
geologico di biossido di carbonio; 
    c) possibilita' tecnica ed economica di installare  a  posteriori
le strutture per la cattura di CO2 . 
  16-ter. L'autorita' competente, sulla base della documentazione  di
cui al comma 16-bis, stabilisce se le condizioni di cui  allo  stesso
comma sono soddisfatte. In tal caso il gestore provvede  a  riservare
un'area sufficiente all'interno del sito per installare le  strutture
necessarie alla cattura e alla compressione di CO2 .)) 
                              ART. 274
                  (raccolta e trasmissione dei dati
         sulle emissioni dei grandi impianti di combustione)

   1.  Il  ((Ministero  dell'ambiente e della tutela del territorio e
del  mare))  trasmette  alla  Commissione europea, ogni tre anni, una
relazione inerente le emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto
e polveri di tutti i grandi impianti di combustione di cui alla parte
quinta del presente decreto, nella quale siano separatamente indicate
le  emissioni  delle  raffinerie.  Tale relazione e' trasmessa per la
prima  volta entro il 31 dicembre 2007 in relazione al periodo di tre
anni  che decorre dal 1°gennaio 2004 e, in seguito, entro dodici mesi
dalla  fine di ciascun successivo periodo di tre anni preso in esame.
Il  ((Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio e del
mare))  trasmette  inoltre  alla Commissione europea, su richiesta, i
dati  annuali relativi alle emissioni di biossido di zolfo, ossidi di
azoto e polveri dei singoli impianti di combustione.
   2.  A  partire dal 1° gennaio 2008, il ((Ministero dell'ambiente e
della  tutela  del  territorio  e  del mare)) presenta ogni anno alla
Commissione  europea una relazione concernente gli impianti anteriori
al   1988   per  i  quali  e'  stata  concessa  l'esenzione  prevista
dall'articolo  273, comma 5, con l'indicazione dei tempi utilizzati e
non  utilizzati che sono stati autorizzati per il restante periodo di
funzionamento  degli  impianti. A tal fine l'autorita' competente, se
diversa dal ((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del   mare)),   comunica  a  tale  Ministero  le  predette  esenzioni
contestualmente alla concessione delle stesse.
   3.  Il  ((Ministero  dell'ambiente e della tutela del territorio e
del  mare)) presenta ogni anno alla Commissione europea una relazione
circa  i  casi in cui sono applicate le deroghe di cui alla parte II,
sezioni  1  e  4, lettera A, paragrafo 2, dell'Allegato II alla parte
quinta  del  presente  decreto  e  le  deroghe di cui alle note delle
lettere  A  e  B del medesimo Allegato II, parte II, sezione 1. A tal
fine l'autorita' competente, se diversa dal ((Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare)), comunica a tale Ministero
le predette deroghe contestualmente all'applicazione delle stesse.
   4.  Entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2006, i gestori
dei   grandi   impianti   di  combustione  comunicano  all'((Istituto
superiore  per  la  protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA))),
con le modalita' previste dalla parte III dell'Allegato II alla parte
quinta  del  presente decreto, le emissioni totali, relative all'anno
precedente,  di  biossido  di  zolfo,  ossidi  di  azoto  e  polveri,
determinate   conformemente   alle   prescrizioni   della   parte  IV
dell'Allegato  II  alla parte quinta del presente decreto, nonche' la
quantita'  annua  totale  di  energia  prodotta rispettivamente dalle
biomasse,  dagli altri combustibili solidi, dai combustibili liquidi,
dal  gas  naturale  e  dagli altri gas, riferita al potere calorifico
netto,  e  la  caratterizzazione  dei  sistemi  di abbattimento delle
emissioni.  In  caso  di  mancata  comunicazione  dei  dati  e  delle
informazioni di cui al presente comma, il ((Ministero dell'ambiente e
della  tutela  del  territorio  e del mare)), anche ai fini di quanto
previsto  dall'articolo  650 del codice penale, ordina al gestore ina
dempiente di provvedere.
   5.  L'  ((Istituto  superiore  per  la  protezione  e  la  ricerca
ambientale))  (((ISPRA))),  sulla  base  delle informazioni di cui al
comma  4, elabora una relazione in cui sono riportate le emissioni di
biossido  di  zolfo,  ossidi  di  azoto  e  polveri di tutti i grandi
impianti  di  combustione  di  cui  alla  parte  quinta  del presente
decreto.  Tale  relazione  deve indicare le emissioni totali annue di
biossido  di  zolfo,  ossidi  di azoto e polveri e la quantita' annua
totale  di  energia  prodotta  rispettivamente  dalle biomasse, dagli
altri combustibili solidi, dai combustibili liquidi, dal gas naturale
e  dagli  altri  gas, riferita al potere calorifico netto. Almeno due
mesi  prima  della  scadenza prevista dal comma 1 per la trasmissione
dei  dati  alla  Commissione  europea, l' ((Istituto superiore per la
protezione   e  la  ricerca  ambientale))  (((ISPRA)))  trasmette  al
((Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  del
mare))la  suddetta  relazione, nonche' i dati disaggregati relativi a
ciascun impianto.
   6.  I  dati  di  cui al comma 4 sono raccolti e inviati in formato
elettronico. A tal fine debbono essere osservate, ove disponibili, le
procedure  indicate sul sito internet del ((Ministero dell'ambiente e
della  tutela  del  territorio  e  del mare)). La relazione di cui al
comma  5,  nonche'  i  dati  disaggregati  raccolti  dall' ((Istituto
superiore  per  la  protezione  e la ricerca ambientale)) (((ISPRA)))
sono resi disponibili alle autorita' competenti sul sito internet del
((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)).
   ((7.  Il  presente  articolo  si  applica anche alle turbine a gas
autorizzate  prima  dell'entrata  in  vigore  della  parte quinta del
presente decreto.))
                              ART. 275
                         (emissioni di cov)

   1.   L'Allegato   III  alla  parte  quinta  del  presente  decreto
stabilisce,   relativamente   alle  emissioni  di  composti  organici
volatili,  i valori limite di emissione, le modalita' di monitoraggio
e  di  controllo  delle emissioni, i criteri per la valutazione della
conformita'  dei  valori  misurati ai valori limite e le modalita' di
redazione del piano di gestione dei solventi.
   2.  ((Se nello stesso stabilimento)) sono esercitate, mediante uno
o  piu'  impianti  o  macchinari  e  sistemi  non  fissi o operazioni
manuali,   una   o   piu'   attivita'   individuate  nella  parte  II
dell'Allegato  III  alla  parte  quinta del presente decreto le quali
superano   singolarmente   le  soglie  di  consumo  di  solvente  ivi
stabilite,  a  ciascuna  di  tali attivita' si applicano ((secondo le
modalita'  di  cui  al  comma  7,))  i valori limite per le emissioni
convogliate  e  per  le emissioni diffuse di cui al medesimo Allegato
III,  parte  III, oppure i valori limite di emissione totale di cui a
tale  Allegato  III,  parti  III  e  IV,  nonche' le prescrizioni ivi
previste.  Tale  disposizione  si  applica  anche alle attivita' che,
((nello   stesso   stabilimento)),   sono  direttamente  collegate  e
tecnicamente   connesse   alle  attivita'  individuate  nel  suddetto
Allegato  III,  parte  II,  e che possono influire sulle emissioni di
COV.  Il  superamento delle soglie di consumo di solvente e' valutato
con  riferimento al consumo massimo teorico di solvente ((. . .)). Le
attivita'  di  cui  alla parte II dell'Allegato III alla parte quinta
del  presente  decreto comprendono la pulizia delle apparecchiature e
non  comprendono  la  pulizia  dei  prodotti,  fatte salve le diverse
disposizioni ivi previste.
   3.  Ai fini di quanto previsto dal comma 2, i valori limite per le
emissioni  convogliate  si  applicano  a ciascun impianto che produce
tali  emissioni  ed  i  valori  limite  per  le  emissioni diffuse si
applicano  alla  somma  delle  emissioni non convogliate di tutti gli
impianti,  di  tutti  i  macchinari e sistemi non fissi e di tutte le
operazioni.
   4.  Il gestore che intende effettuare le attivita' di cui al comma
2  presenta  all'autorita'  competente  una domanda di autorizzazione
((dello  stabilimento  in  conformita'  all'articolo  269  e a quanto
previsto  nel  presente  articolo  e  nell'Allegato  III)) alla parte
quinta del presente decreto ((oppure, ricorrendone i presupposti, una
domanda  di  adesione all'autorizzazione generale di cui all'articolo
272,  comma 3.)).((. . .)) In aggiunta ai casi previsti dall'articolo
269,  comma  8,  la  domanda di autorizzazione deve essere presentata
anche  dal  ((gestore dello stabilimento in cui sono esercitate delle
attivita'))  che,  a  seguito  di  una  modifica  del consumo massimo
teorico di solvente, rientrano tra quelle di cui al comma 2.
   ((5.  L'autorizzazione  stabilisce,  sulla base dei commi 2 e 7, i
valori  limite  di  emissione  e  le  prescrizioni  che devono essere
rispettati.   Per  la  captazione  e  il  convogliamento  si  applica
l'articolo 270.))
   6.  L'autorizzazione indica il consumo massimo teorico di solvente
e  l'emissione  totale  annua conseguente all'applicazione dei valori
limite  di  cui  al comma 2, individuata sulla base di detto consumo,
nonche'  la  periodicita' dell'aggiornamento del piano di gestione di
cui  alla  parte  V  dell'Allegato III alla parte quinta del presente
decreto.
   7. Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal comma 2
e'   assicurato   mediante  l'applicazione  delle  migliori  tecniche
disponibili  e, in particolare, utilizzando materie prime a ridotto o
nullo  tenore  di  solventi  organici,  ottimizzando l'esercizio e la
gestione  delle  attivita'  e,  ove  necessario,  installando  idonei
dispositivi  di  abbattimento, in modo da minimizzare le emissioni di
composti organici volatili.
   8.((Se  le  attivita' di cui al comma 2 sono esercitate presso uno
stabilimento  autorizzato  ai  sensi del decreto del Presidente della
Repubblica  24  maggio  1988,  n.  203, prima del 13 marzo 2004,)) le
emissioni   devono   essere  adeguate  alle  pertinenti  prescrizioni
dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto e alle altre
prescrizioni  del presente articolo entro il 31 ottobre 2007, ovvero,
in  caso  di adeguamento a quanto previsto dal medesimo Allegato III,
parte  IV,  entro  le  date  ivi  stabilite.  Fermo  restando  quanto
stabilito  dalla  normativa  vigente  in  materia  di  autorizzazione
integrata  ambientale,  l'adeguamento  e'  effettuato  sulla base dei
progetti  presentati  all'autorita'  competente  ai sensi del decreto
ministeriale   14   gennaio  2004,  n.  44.  ((Tali  stabilimenti  si
considerano  anteriori  al  2006  o  anteriori al 1988 sulla base dei
criteri  di  cui all'articolo 268, comma 1, lettere i) e i-bis).)) In
caso   di   mancata   presentazione   del   progetto   o  di  diniego
all'approvazione  del progetto da parte dell'autorita' competente, le
attivita'  si  considerano  in esercizio senza autorizzazione. I term
ini  di adeguamento previsti dal presente comma si applicano altresi'
agli  ((stabilimenti  di  cui al comma 20)), in esercizio al 12 marzo
2004,  i  cui  gestori  aderiscano  all'autorizzazione  generale  ivi
prevista entro sei mesi dall'entrata in vigore della parte quinta del
presente    decreto    o   abbiano   precedentemente   aderito   alle
autorizzazioni generali adottate ai sensi dell'articolo 9 del decreto
del  ((Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio e del
mare)) 16 gennaio 2004, n. 44.
   9.   Se   le   attivita'   di  cui  al  comma  2  sono  effettuate
esclusivamente  da  macchinari  e  sistemi  non fissi o da operazioni
manuali, in esercizio prima dell'entrata in vigore della parte quinta
del  presente  decreto,  le  emissioni  devono  essere  adeguate alle
pertinenti  prescrizioni  dell'Allegato  III  alla  parte  quinta del
presente  decreto  e  alle  altre  prescrizioni del presente articolo
entro il 31 ottobre 2007. A tal fine l'autorizzazione di cui al comma
4  deve  essere  richiesta  entro  sei  mesi dalla data di entrata in
vigore  della  parte  quinta del presente decreto. In caso di mancata
presentazione  della  richiesta  entro  tale  termine le attivita' si
considerano in esercizio senza autorizzazione.
   10.  Sono  fatte  salve  le autorizzazioni rilasciate prima del 13
marzo 2004 che conseguono un maggiore contenimento delle emissioni di
composti   organici   volatili   rispetto  a  quello  ottenibile  con
l'applicazione  delle  indicazioni  di  cui  alle  parti III e ((IV))
dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. In tal caso
rimangono   validi   i   metodi   di   campionamento   e  di  analisi
precedentemente  in  uso.  E'  fatta salva la facolta' del gestore di
chiedere  all'autorita'  competente  di rivedere dette autorizzazioni
sulla  base  delle  disposizioni  della  parte  quinta  del  presente
decreto.
   11.  La  domanda  di  autorizzazione di cui al comma 4 deve essere
presentata  anche  dal  ((gestore  degli  stabilimenti nei quali sono
esercitate  le attivita')) di cui al comma 2, effettuate ai sensi dei
commi  8 e 9, ove le stesse siano sottoposte a modifiche sostanziali.
L'autorizzazione  prescrive  che  le  emissioni  ((provenienti  dagli
stabilimenti  in cui si effettuano le attivita')) oggetto di modifica
sostanziale:
    a)  siano  immediatamente adeguate alle prescrizioni del presente
articolo o
    b)  siano  adeguate alle prescrizioni del presente articolo entro
il  31  ottobre  2007  se  le  emissioni totali di tutte le attivita'
svolte  dal  gestore  nello  stesso  luogo non superano quelle che si
producono in caso di applicazione della lettera a).
   12.  Se  il  gestore  comprova  all'autorita'  competente che, pur
utilizzando   la  migliore  tecnica  disponibile,  non  e'  possibile
rispettare  il valore limite per le emissioni diffuse, tale autorita'
puo'  autorizzare  deroghe  a  detto  valore limite, purche' cio' non
comporti rischi per la salute umana o per l'ambiente.
   13. Nei casi previsti nella parte III dell'Allegato III alla parte
quinta  del presente decreto, l'autorita' competente puo' esentare il
gestore  dall'applicazione  delle  prescrizioni  ivi  stabilite se le
emissioni  non possono essere convogliate ai sensi dell'articolo 270,
commi  1  e  2. In tal caso si applica quanto previsto dalla parte IV
dell'Allegato  III  alla  parte quinta del presente decreto, salvo il
gestore  comprovi  all'autorita'  competente che il rispetto di detto
Allegato  non  e', nel caso di specie, tecnicamente ed economicamente
fattibile e che l'impianto utilizza la migliore tecnica disponibile.
   14. L'autorita' competente comunica al ((Ministero dell'ambiente e
della  tutela  del territorio e del mare)), nella relazione di cui al
comma 18, le deroghe autorizzate ai sensi dei commi 12 e 13.
   15. Se due o piu' attivita' effettuate nello stesso luogo superano
singolarmente  le  soglie  di  cui al comma 2, l'autorita' competente
puo':
    a)  applicare  i  valori limite previsti da tale comma a ciascuna
singola attivita' o
    b)  applicare  un valore di emissione totale, riferito alla somma
delle  emissioni  di  tali  attivita',  non superiore a quello che si
avrebbe  applicando  quanto  previsto  dalla  lettera a); la presente
opzione  non  si  estende  alle emissioni delle sostanze indicate nel
comma 17.
   16.  Il  gestore  che,  nei casi previsti dal comma 8, utilizza un
dispositivo  di  abbattimento  che  consente il rispetto di un valore
limite di emissione pari a 50 mgC/Nm3, in caso di combustione, e pari
a  150  mgC/Nm3,  in  tutti  gli altri casi, deve rispettare i valori
limite   per   le   emissioni  convogliate  di  cui  alla  parte  III
dell'Allegato  III alla parte quinta del presente decreto entro il 1°
aprile  2013,  ((purche',  sin dalle date di adeguamento previste dal
comma  8,  le  emissioni totali))non superino quelle che si sarebbero
prodotte  in  caso di applicazione delle prescrizioni della parte III
dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto.
   17.  La  parte  I dell'Allegato III alla parte quinta del presente
decreto  stabilisce  appositi  valori  limite  di  emissione  per  le
sostanze  caratterizzate  da  particolari  rischi  per  la  salute  e
l'ambiente.
   18.   Le   autorita'   competenti   trasmettono   al   ((Ministero
dell'ambiente  e  della  tutela del territorio e del mare)), ogni tre
anni  ed  entro  il  30  aprile,  a  partire  dal 2005, una relazione
relativa  all'applicazione  del  presente  articolo, in conformita' a
quanto  previsto  dalla  ((decisione 2007/531/CE del 26 luglio 2007))
della  Commissione  europea.  Copia  della relazione e' inviata dalle
autorita'  competenti  alla  regione  o  alla  provincia autonoma. Il
((Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  del
mare))invia tali informazioni alla Commissione europea.
   19. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS 29 GIUGNO 2010, N. 128)).
   20.  ((I  gestori  degli  stabilimenti  costituiti  da  uno o piu'
impianti  a ciclo chiuso))di pulizia a secco di tessuti e di pellami,
escluse  le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso, per
i  quali  l'autorita' competente non abbia adottato autorizzazioni di
carattere   generale,   comunicano   a   tali  autorita'  di  aderire
all'autorizzazione di cui alla parte VII dell'Allegato III alla parte
quinta  del presente decreto. E' fatto salvo il potere delle medesime
autorita'   di   adottare  successivamente  nuove  autorizzazioni  di
carattere  generale,  ((ai  sensi  dell'articolo  272, l'obbligatoria
adesione  alle  quali))  comporta,  per  il  soggetto interessato, la
decadenza  di  quella prevista dalla parte VII dell'Allegato III alla
parte  quinta  del presente decreto relativamente al territorio a cui
tali  nuove  autorizzazioni  si  riferiscono. A tali attivita' non si
applicano le prescrizioni della parte I, paragrafo 3, punti 3.2, 3.3.
e 3.4 dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto.
   21.  Costituisce  modifica  sostanziale,  ai  sensi  del  presente
articolo:
    a)  per  le  attivita'  di  ridotte  dimensioni, una modifica del
consumo  massimo  teorico  di  solventi che comporta un aumento delle
emissioni  di composti organici volatili superiore al venticinque per
cento;
    b) per tutte le altre attivita', una modifica del consumo massimo
teorico  di  solventi  che  comporta  un  aumento  delle emissioni di
composti organici volatili superiore al dieci per cento;
    c)  qualsiasi modifica che, a giudizio dell'autorita' competente,
potrebbe  avere  effetti  negativi significativi sulla salute umana o
sull'ambiente;
    d) qualsiasi modifica del consumo massimo teorico di solventi che
comporti la variazione dei valori limite applicabili;
   22. Per attivita' di ridotte dimensioni, ai sensi del comma 21, si
intendono  le  attivita'  di cui alla parte III, punti 1, 3, 4, 5, 8,
10,  13,  16  o  17  dell'Allegato III alla parte quinta del presente
decreto  aventi  un  consumo  massimo teorico di solventi inferiore o
uguale alla piu' bassa tra le soglie di consumo ivi indicate in terza
colonna  e  le  altre  attivita'  di  cui alla parte III del medesimo
Allegato  III aventi un consumo massimo teorico di solventi inferiore
a 10 tonnellate l'anno.
                              ART. 276 
(controllo delle  emissioni  di  cov  derivanti  dal  deposito  della
benzina e dalla sua distribuzione  dai  terminali  agli  impianti  di
                           distribuzione) 
 
   1.  L'Allegato  VII  alla  parte  quinta  del   presente   decreto
stabilisce le prescrizioni che devono essere rispettate ai  fini  del
controllo delle emissioni di COV relativamente: 
    a) agli impianti di deposito presso i terminali; 
    b) agli impianti di caricamento di benzina presso i terminali; 
    c) agli impianti adibiti al deposito temporaneo di vapori  presso
i terminali; 
    d) alle cisterne mobili e ai veicoli cisterna; 
    e) agli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione
dei carburanti; 
    f) alle attrezzature per le  operazioni  di  trasferimento  della
benzina presso gli impianti di distribuzione e  presso  terminali  in
cui e' consentito il deposito temporaneo di vapori. 
   2. Per impianti di deposito ai  sensi  del  presente  articolo  si
intendono i serbatoi fissi adibiti allo stoccaggio  di  benzina.  Per
tali impianti di deposito situati presso i  terminali  le  pertinenti
prescrizioni dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto
costituiscono le misure  che  i  gestori  devono  adottare  ai  sensi
dell'articolo 269, comma 10. Con apposito  provvedimento  l'autorita'
competente puo' disporre deroghe a tali  prescrizioni,  relativamente
agli obblighi di rivestimento, ove necessario ai fini della tutela di
aree di particolare pregio sotto il profilo paesaggistico. 
   3. Per impianti di distribuzione, ai sensi del presente  articolo,
si intendono gli impianti in cui la benzina viene erogata ai serbatoi
di tutti i veicoli a motore da impianti di deposito. 
   4.  Nei  terminali  all'interno  dei  quali  e'  movimentata   una
quantita' di benzina inferiore a  10.000  tonnellate/anno  e  la  cui
costruzione e' stata autorizzata prima del 3 dicembre 1997, ai  sensi
della normativa vigente al momento dell'autorizzazione, gli  impianti
di  caricamento  si  adeguano  alle  disposizioni  della  parte   II,
paragrafo 2, dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto
entro il 17 maggio 2010. Fino alla data di  adeguamento  deve  essere
garantita l'agibilita' delle operazioni di caricamento  anche  per  i
veicoli-cisterna con caricamento dall'alto. Per quantita' movimentata
si intende la quantita' totale annua massima di benzina  caricata  in
cisterne mobili dagli impianti di deposito del terminale nei tre anni
precedenti il 17 maggio 2000. 
   5. Le prescrizioni di cui alla parte II, punto 3.2,  dell'Allegato
VII alla parte quinta del presente decreto si  applicano  ai  veicoli
cisterna collaudati dopo il 17 novembre  2000  e  si  estendono  agli
altri  veicoli  cisterna  a  partire  dal  17   maggio   2010.   Tali
prescrizioni non si applicano ai veicoli cisterna a scomparti tarati,
collaudati dopo il 1° gennaio 1990 e attrezzati  con  un  dispositivo
che garantisca la completa  tenuta  di  vapori  durante  la  fase  di
caricamento. A tali veicoli cisterna a scomparti tarati  deve  essere
consentita l'agibilita' delle operazioni di  caricamento  presso  gli
impianti di deposito dei terminali. 
   6. Gli stabilimenti in cui sono presenti gli impianti  di  cui  al
comma 1, lettera  b),  sono  soggetti,  ove  producano  emissioni  in
atmosfera  ((e  non  risultino  adeguati  alle  prescrizioni  di  cui
all'allegato  VII  alla  parte   quinta   del   presente   decreto)),
all'autorizzazione di cui all'articolo 269. 
                              Art. 277. 
((Recupero di cov prodotti  durante  le  operazioni  di  rifornimento
          presso gli impianti di distribuzione di benzina)) 
 
  ((1. I distributori degli  impianti  di  distribuzione  di  benzina
devono essere attrezzati  con  sistemi  di  recupero  dei  vapori  di
benzina prodotti durante le operazioni di rifornimento. 
  2. I nuovi impianti di distribuzione di benzina e quelli  esistenti
soggetti a ristrutturazione completa devono essere  equipaggiati  con
sistemi di recupero dei  vapori  di  benzina  conformi  ai  requisiti
previsti, per i sistemi di recupero di  fase  II,  all'allegato  VIII
alla parte quinta del presente decreto, nonche' essere sottoposti  ai
controlli previsti all'allegato VIII medesimo, se: 
    a) il flusso e' superiore a 500 m³/ anno; 
    b) il flusso e' superiore a  100  m³/  anno  e  sono  situati  in
edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza  o  di
lavoro. 
  3. Negli impianti esistenti di distribuzione di benzina, aventi  un
flusso superiore a 3.000 mc all'anno, i sistemi  di  recupero  devono
rispettare, entro il 31 dicembre 2018, i requisiti  di  efficienza  e
gli obblighi di controllo previsti per i sistemi di recupero di  fase
II dall'allegato VIII alla parte quinta del presente decreto. 
  4. Negli impianti di distribuzione di benzina esistenti, di cui  ai
commi 2 e 3, i sistemi  di  recupero  devono  rispettare,  fino  alla
ristrutturazione completa o fino all'adeguamento previsto al comma 3,
i requisiti di  efficienza  e  gli  obblighi  di  controllo  previsti
all'allegato VIII alla  parte  quinta  del  presente  decreto  per  i
sistemi di recupero diversi da quelli di fase II. E'  fatta  comunque
salva,  presso  tali  impianti,  la  possibilita'  di  rispettare   i
requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo  previsti  per  i
sistemi di recupero di fase II. 
  5. I commi 2 e 3 non si applicano agli impianti di distribuzione di
benzina utilizzati esclusivamente in relazione alla produzione e alla
consegna di nuovi veicoli a motore ai fini del primo rifornimento  di
tali veicoli. 
  6. Negli impianti di distribuzione diversi  da  quelli  di  cui  ai
commi 2 e 3 i sistemi di recupero devono rispettare  i  requisiti  di
efficienza e gli obblighi di controllo  previsti  dall'allegato  VIII
alla parte quinta del presente decreto  per  i  sistemi  di  recupero
diversi da quelli di fase II. 
  7. Il flusso previsto dai commi 2 e 3 si  calcola  considerando  la
media degli anni civili in cui l'impianto e' stato in  esercizio  nei
tre anni antecedenti il 2012 oppure, se durante tale periodo  non  vi
e' stato almeno un anno civile di esercizio, non c'e' nella direttiva
una stima effettuata dal gestore e documentata con atti da  tenere  a
disposizione presso  l'impianto;  se  la  media  della  quantita'  di
benzina scaricata nei tre anni civili successivi a quello della messa
in esercizio  dell'impianto  supera,  diversamente  dalla  stima,  il
flusso di cui al comma 3, il  titolare  dell'autorizzazione  o  della
concessione  dell'impianto  e'  tenuto  all'obbligo  di   adeguamento
previsto da tale disposizione. 
  8. I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori devono
essere omologati dal Ministero dell'interno,  a  cui  il  costruttore
presenta apposita istanza corredata della  documentazione  necessaria
ad  identificare  i  dispositivi  e  dalla  certificazione   di   cui
all'allegato VIII alla parte quinta del presente decreto. Ai fini del
rilascio dell'omologazione, il  Ministero  dell'interno  verifica  la
rispondenza dei dispositivi ai requisiti di efficienza  previsti  dal
presente articolo ed ai requisiti di sicurezza  antincendio  previsti
dalla vigente normativa. In caso di mancata pronuncia  l'omologazione
si intende negata. 
  9. I dispositivi componenti i sistemi di recupero  dei  vapori  che
sono stati  omologati  dalle  competenti  autorita'  di  altri  Paesi
appartenenti  all'Unione  europea  possono  essere   utilizzati   per
attrezzare i distributori degli  impianti  di  distribuzione,  previo
riconoscimento  da  parte  del  Ministero  dell'interno,  a  cui   il
costruttore presenta apposita istanza, corredata dalla documentazione
necessaria ad identificare i  dispositivi,  dalle  certificazioni  di
prova  rilasciate  dalle  competenti  autorita'  estere  e   da   una
traduzione  giurata  in  lingua  italiana   di   tali   documenti   e
certificazioni. Ai fini del riconoscimento, il Ministero dell'interno
verifica i documenti e  le  certificazioni  trasmessi,  da  cui  deve
risultare il  rispetto  dei  requisiti  di  efficienza  previsti  dal
presente articolo, e  verifica  la  rispondenza  dei  dispositivi  ai
requisiti di sicurezza antincendio previsti dalla vigente  normativa.
In caso di mancata pronuncia il riconoscimento si intende negato. 10.
Durante le operazioni di rifornimento i  gestori  degli  impianti  di
distribuzione devono mantenere in funzione i sistemi di recupero  dei
vapori di cui al presente articolo. 
  11. Presso gli impianti di distribuzione attrezzati con sistemi  di
recupero dei vapori di benzina di fase II, deve essere  esposto,  sui
distributori o vicino agli stessi, un cartello, una  etichetta  o  un
altro tipo di supporto che informi i consumatori circa l'esistenza di
tale sistema. Presso gli impianti di distribuzione esistenti previsti
dal comma 4 che, alla data del 1° gennaio 2012, sono gia'  attrezzati
con sistemi di recupero dei  vapori  di  benzina  di  fase  II,  tale
obbligo di informazione si applica entro i due mesi  successivi  alla
data di entrata in vigore del presente decreto. 
  12. I gestori degli impianti di  distribuzione  di  benzina  devono
rispettare gli obblighi di documentazione previsti dall'allegato VIII
alla parte quinta del presente decreto.)) 
                              ART. 278
                        (poteri di ordinanza)

   1.   In   caso   di   inosservanza  delle  prescrizioni  contenute
nell'autorizzazione,  ferma restando l'applicazione delle sanzioni di
cui all'articolo 279 e delle misure cautelari disposte dall'autorita'
giudiziaria,  l'autorita'  competente  procede,  secondo  la gravita'
dell'infrazione:
    a)  alla diffida, con l'assegnazione di un termine entro il quale
le irregolarita' devono essere eliminate;
    ((b)  alla  diffida  ed  alla  contestuale temporanea sospensione
dell'autorizzazione  con  riferimento  agli impianti e alle attivita'
per  i quali vi e' stata violazione delle prescrizioni autorizzative,
ove  si  manifestino  situazioni  di  pericolo  per  la  salute o per
l'ambiente;
    c)  alla revoca dell'autorizzazione con riferimento agli impianti
e   alle   attivita'  per  i  quali  vi  e'  stata  violazione  delle
prescrizioni  autorizzative,  in  caso  di  mancato  adeguamento alle
prescrizioni   imposte   con   la  diffida  o  qualora  la  reiterata
inosservanza   delle   prescrizioni   contenute   nell'autorizzazione
determini  situazioni  di  pericolo  o  di  danno per la salute o per
l'ambiente.)).
                              ART. 279
                             (sanzioni)

   ((1.  Chi  inizia  a  installare  o  esercisce uno stabilimento in
assenza  della  prescritta autorizzazione ovvero continua l'esercizio
con  l'autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa o revocata e' punito
con la pena dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da 258
euro  a  1.032  euro.  Con la stessa pena e' punito chi sottopone uno
stabilimento  ad  una  modifica  sostanziale  senza  l'autorizzazione
prevista  dall'articolo  269, comma 8. Chi sottopone uno stabilimento
ad  una  modifica  non  sostanziale senza effettuare la comunicazione
prevista  dall'articolo 269, comma 8, e' assoggettato ad una sanzione
amministrativa  pecuniaria  pari  a  1.000 euro, alla cui irrogazione
provvede l'autorita' competente.))
   ((2.  Chi,  nell'esercizio  di  uno  stabilimento,  viola i valori
limite  di emissione o le prescrizioni stabiliti dall'autorizzazione,
dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto,
dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'articolo 271 o
le prescrizioni altrimenti imposte dall'autorita' competente ai sensi
del  presente  titolo  e'  punito con l'arresto fino ad un anno o con
l'ammenda  fino  a  1.032  euro. Se i valori limite o le prescrizioni
violati  sono  contenuti  nell'autorizzazione integrata ambientale si
applicano  le  sanzioni  previste dalla normativa che disciplina tale
autorizzazione.))
   3.  Chi  mette  in  esercizio  un  impianto o inizia ad esercitare
un'attivita' senza averne dato la preventiva comunicazione prescritta
ai  sensi  dell'articolo  269,  ((comma 6)), o ai sensi dell'articolo
272, comma 1, e' punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda
fino a milletrentadue euro.
   4.  Chi non comunica all'autorita' competente i dati relativi alle
emissioni  ai  sensi  dell'articolo  269,  ((comma 6)), e' punito con
l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a milletrentadue euro.
   5.  Nei  casi  previsti  dal  comma  2  si  applica sempre la pena
dell'arresto  fino  ad un anno se il superamento dei valori limite di
emissione  determina  anche  il  superamento  dei  valori  limite  di
qualita' dell'aria previsti dalla vigente normativa.
   6.  Chi,  nei casi previsti dall'articolo 281, comma 1, non adotta
tutte  le  misure  necessarie  ad evitare un aumento anche temporaneo
delle  emissioni e' punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o
dell'ammenda fino a milletrentadue euro.
   7.  Per  la  violazione  delle prescrizioni dell'articolo 276, nel
caso  in  cui  la  stessa non sia soggetta alle sanzioni previste dai
commi  da 1 a 6, e per la violazione delle prescrizioni dell'articolo
277   si   applica   una   sanzione   amministrativa   pecuniaria  da
Quindicimilaquattrocentonovantatre               euro               a
centocinquantaquattromilanovecentotrentasette  euro.  All'irrogazione
di  tale  sanzione  provvede,  ai  sensi degli articoli 17 e seguenti
della  legge  24  novembre  1981,  n.  689,  la  regione o la diversa
autorita'  indicata  dalla  legge  regionale.  La  sospensione  delle
autorizzazioni in essere e' sempre disposta in caso di recidiva.
                              ART. 280
                            (abrogazioni)

   1.  Sono  abrogati,  escluse  le  disposizioni  di cui il presente
decreto preveda l'ulteriore vigenza e fermo restando quanto stabilito
dall'articolo 14 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351:
    a)  il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.
203;
    b) l'articolo 4 della legge 4 novembre 1997, n. 413;
    c)  l'articolo  12,  comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre
2003, n. 387;
    d) il decreto del Ministro dell'ambiente 10 marzo 1987, n. 105;
    e) il decreto del Ministro dell'ambiente 8 maggio 1989;
    f) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio
1989;
    g) il decreto del Ministro dell'ambiente 12 luglio 1990;
    h) il decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991;
    i) il decreto del Ministro dell'ambiente 21 dicembre 1995;
    l) il decreto del Ministro dell'ambiente del 16 maggio 1996;
    m) il decreto del Ministro dell'ambiente 20 gennaio 1999, n. 76;
    n) il decreto del Ministro dell'ambiente 21 gennaio 2000, n. 107;
    o)  il  decreto  del  ((Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare)) 16 gennaio 2004, n. 44.
                              ART. 281 
                 (disposizioni transitorie e finali) 
 
  1.  I  gestori  degli  stabilimenti  autorizzati,  anche   in   via
provvisoria o in forma tacita, ai sensi del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 24 maggio 1988, n.  203,  ad  esclusione  di  quelli
dotati di autorizzazione generale che sono sottoposti alla disciplina
di cui all'articolo 272, comma 3, devono presentare  una  domanda  di
autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 entro i termini di  seguito
indicati. Le regioni e le province autonome adottano, nel rispetto di
tali termini, appositi calendari per la presentazione delle  domande;
in  caso  di  mancata  adozione  dei   calendari,   la   domanda   di
autorizzazione deve essere comunque presentata nei termini  stabiliti
dal presente  comma.  La  mancata  presentazione  della  domanda  nei
termini, inclusi quelli fissati dai calendari, comporta la  decadenza
della precedente autorizzazione. L'autorita' competente si  pronuncia
in un termine pari a otto mesi  o,  in  caso  di  integrazione  della
domanda di autorizzazione, pari a dieci mesi  dalla  ricezione  della
domanda stessa. Se la domanda e' presentata nei termini,  l'esercizio
degli  stabilimenti  puo'  essere  proseguito  fino  alla   pronuncia
dell'autorita' competente; in  caso  di  mancata  pronuncia  entro  i
termini  previsti  l'esercizio  puo'  essere  proseguito  fino   alla
scadenza  del  termine  previsto  per  la  pronuncia   del   Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e  del  mare  a  cui  sia
stato richiesto di provvedere ai sensi dell'articolo 269. In caso  di
stabilimenti autorizzati in via provvisoria o  in  forma  tacita,  il
gestore deve adottare, fino alla pronuncia dell'autorita' competente,
tutte le misure necessarie ad evitare  un  aumento  anche  temporaneo
delle emissioni. La domanda di  autorizzazione  di  cui  al  presente
comma deve essere presentata entro i seguenti termini: 
    a) tra la data di  entrata  in  vigore  della  parte  quinta  del
presente decreto ed il 31 dicembre 2011, per  stabilimenti  anteriori
al 1988; 
    b)  tra  il  1°  gennaio  2012  ed  il  31  dicembre  2013,   per
stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati  autorizzati  in  data
anteriore al 1° gennaio 2000; 
    c)  tra  il  1°  gennaio  2014  ed  il  31  dicembre  2015,   per
stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati  autorizzati  in  data
successiva al 31 dicembre 1999. 
  2. Non sono sottoposti alla procedura  autorizzativa  prevista  dal
comma 1, gli stabilimenti per cui l'autorizzazione e' stata rinnovata
ai sensi  dell'articolo  269,  commi  7  o  8.  Se  uno  stabilimento
anteriore al 1988 e' sottoposto ad una modifica sostanziale, ai sensi
dell'articolo 269, comma 8, prima del termine previsto dal  comma  1,
l'autorita'  competente   procede,   in   ogni   caso,   al   rinnovo
dell'autorizzazione. 
  3. I gestori degli stabilimenti in esercizio alla data  di  entrata
in vigore della parte quinta del presente decreto  che  ricadono  nel
campo di applicazione del presente titolo e che  non  ricadevano  nel
campo di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica  24
maggio 1988, n. 203,  si  adeguano  alle  disposizioni  del  presente
titolo entro il 1° settembre 2013 o nel piu' breve termine  stabilito
dall'autorizzazione alle emissioni. Se lo stabilimento e' soggetto  a
tale autorizzazione la relativa domanda deve  essere  presentata,  ai
sensi dell'articolo 269 o dell'articolo 272, commi 2 e 3, entro il 31
luglio 2012. L'autorita' competente si pronuncia in un termine pari a
otto mesi o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione,
pari a dieci mesi dalla  ricezione  della  domanda  stessa.  Dopo  la
presentazione  della  domanda,  le  condizioni  di  esercizio  ed   i
combustibili  utilizzati   non   possono   essere   modificati   fino
all'ottenimento dell'autorizzazione. In caso di mancata presentazione
della domanda entro il termine previsto o in caso di realizzazione di
modifiche prima dell'ottenimento dell'autorizzazione, lo stabilimento
si considera in esercizio senza autorizzazione alle emissioni. Se  la
domanda e' presentata nel termine previsto, l'esercizio  puo'  essere
proseguito fino alla pronuncia dell'autorita' competente; in caso  di
mancata pronuncia entro i termini previsti, l'esercizio  puo'  essere
proseguito fino alla scadenza del termine previsto per  la  pronuncia
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a
cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi dell'articolo 269.  Ai
soli fini della determinazione dei valori limite e delle prescrizioni
di cui agli articoli 271 e  272,  tali  stabilimenti  si  considerano
nuovi. La procedura prevista dal presente articolo si  applica  anche
in caso di stabilimenti in esercizio alla data di entrata  in  vigore
della parte quinta del presente decreto che ricadevano nel  campo  di
applicazione del decreto del Presidente della  Repubblica  24  maggio
1988, n. 203, ma erano esentati dall'autorizzazione ivi  disciplinata
e  che,  per  effetto  di   tale   parte   quinta,   siano   soggetti
all'autorizzazione alle emissioni in atmosfera. 
  4. Per gli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore
della parte quinta del presente decreto che  ricadono  nel  campo  di
applicazione del presente  titolo  e  che  ricadevano  nel  campo  di
applicazione della legge 13 luglio 1966,  n.  615,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391, o  del  titolo
II del decreto del Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  8  marzo
2002, aventi potenza termica nominale inferiore a 10 MW,  l'autorita'
competente,  ai  fini  dell'applicazione  del  comma  3,  adotta   le
autorizzazioni generali di  cui  all'articolo  272,  comma  2,  entro
cinque  anni  da   tale   data.   In   caso   di   mancata   adozione
dell'autorizzazione generale, nel termine prescritto,  la  stessa  e'
rilasciata con apposito decreto del Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e i  gestori  comunicano  la  propria  adesione
all'autorita' competente o all'autorita' da questa delegata; e' fatto
salvo il potere dell'autorita' competente di adottare successivamente
nuove autorizzazioni di carattere generale,  ai  sensi  dell'articolo
272, l'obbligatoria adesione alle quali  comporta,  per  il  soggetto
interessato,  la  decadenza   di   quella   adottata   dal   Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio. (40) 
  ((5. Le integrazioni e le modifiche degli allegati  alle  norme  in
materia di tutela dell'aria e  della  riduzione  delle  emissioni  in
atmosfera del presente decreto sono adottate con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare , di  concerto
con  il  Ministro  della  salute,  con  il  Ministro  dello  sviluppo
economico  e,  per  quanto  di  competenza,  con  il  Ministro  delle
infrastrutture e dei trasporti, sentita la  Conferenza  unificata  di
cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.)) 
  6. Alla modifica ed integrazione degli Allegati alla  parte  quinta
del presente decreto, al  fine  di  dare  attuazione  alle  direttive
comunitarie per le parti in cui le stesse comportino modifiche  delle
modalita'  esecutive  e  delle  caratteristiche  di  ordine   tecnico
stabilite dalle norme vigenti, si provvede ai sensi dell'articolo  13
della legge 4 febbraio 2005, n. 11. 
  7.  Le  domande  di  autorizzazione,   i   provvedimenti   adottati
dall'autorita' competente e i risultati delle attivita' di controllo,
ai sensi del presente titolo, nonche'  gli  elenchi  delle  attivita'
autorizzate  in  possesso  dell'autorita'  competente  sono  messi  a
disposizione del pubblico ai sensi di  quanto  previsto  dal  decreto
legislativo 19 agosto 2005, n. 195. 
  8. L'adozione, da parte dell'autorita' competente o  della  regione
che abbia delegato la propria competenza, di un atto  precedentemente
omesso preclude la conclusione  del  procedimento  con  il  quale  il
Ministero dell'ambiente e della  tutela  del  territorio  esercita  i
poteri  sostitutivi  previsti  dal  presente  titolo.  A   tal   fine
l'autorita' che adotta l'atto  ne  da'  tempestiva  comunicazione  al
Ministero. (40) 
  9. Con decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare, di concerto con il  Ministro  dell'economia  e
delle finanze, e' istituita,  senza  oneri  a  carico  della  finanza
pubblica, una  commissione  per  la  raccolta,  l'elaborazione  e  la
diffusione,  tra  le  autorita'  competenti,   dei   dati   e   delle
informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione della  parte  quinta
del presente decreto e per la  valutazione  delle  migliori  tecniche
disponibili di  cui  all'articolo  268,  comma  1,  lettera  aa).  La
commissione e' composta da un rappresentante  nominato  dal  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con  funzioni
di  presidente,  un  rappresentante  nominato  dal   Ministro   delle
attivita' produttive, un rappresentante nominato dal  Ministro  della
salute e cinque rappresentanti nominati dalla Conferenza unificata di
cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto  1997,  n.  281.
Alle riunioni  della  Commissione  possono  partecipare  uno  o  piu'
rappresentanti di ciascuna regione o provincia autonoma.  Il  decreto
istitutiv o disciplina anche  le  modalita'  di  funzionamento  della
commissione, inclusa la periodicita' delle riunioni, e  le  modalita'
di partecipazione di soggetti diversi dai componenti.  Ai  componenti
della commissione e agli altri soggetti che partecipano alle riunioni
della stessa non spetta la corresponsione  di  compensi,  indennita',
emolumenti a qualsiasi titolo riconosciuti o rimborsi spese. 
  10.  A  fini  di  informazione  le  autorita'  competenti   rendono
disponibili al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio,
in formato digitale, le  autorizzazioni  rilasciate  ai  sensi  degli
articoli 269 e 272. (40) 
  11. Per l'esercizio dei poteri sostitutivi  previsti  dal  presente
titolo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio  si
puo' avvalere dell'ISPRA ai  sensi  dell'articolo  2,  comma  4,  del
decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 2009, n. 140,  senza
nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. (40) 
 
------------- 
AGGIORNAMENTO (40) 
  Il D.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, ha disposto (con l'art. 4,  comma
2) che nel presente decreto, ovunque ricorrano, le parole  "Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio", sono  sostituite  dalle
seguenti: "Ministero dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e
del mare", le parole: "Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio" sono sostituite dalle seguenti: "Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare", le parole  "Agenzia  per  la
protezione dell'ambiente e per i  servizi  tecnici"  sono  sostituite
dalle seguenti: "Istituto superiore per la protezione  e  la  ricerca
ambientale",  e  la  parola  "APAT"  e'  sostituita  dalla  seguente:
"ISPRA". 

TITOLO II

IMPIANTI TERMICI CIVILI


                              ART. 282
                       ((Campo di applicazione

  1. Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della
limitazione   dell'inquinamento  atmosferico,  gli  impianti  termici
civili  aventi  potenza  termica  nominale  inferiore  a  3  MW. Sono
sottoposti alle disposizioni del titolo I gli impianti termici civili
aventi potenza termica nominale uguale o superiore.
   2.  Un  impianto  termico  civile  avente potenza termica nominale
uguale  o  superiore  a  3  MW si considera in qualsiasi caso come un
unico  impianto  ai  fini  dell'applicazione  delle  disposizioni del
titolo I.))
                              ART. 283
                            (definizioni)

   1.   Ai   fini  del  presente  titolo  si  applicano  le  seguenti
definizioni:
    a) impianto termico: impianto destinato alla produzione di calore
costituito  da  uno o piu' generatori di calore e da un unico sistema
di  distribuzione e utilizzazione di tale calore, nonche' da appositi
dispositivi di regolazione e di controllo;
    ((b)  generatore  di calore: qualsiasi dispositivo di combustione
alimentato con combustibili al fine di produrre calore, costituito da
un focolare ed eventualmente uno scambiatore di calore;))
    c) focolare: parte di un generatore di calore nella quale avviene
il processo di combustione;
    ((d)  impianto termico civile: impianto termico la cui produzione
di  calore  e'  esclusivamente destinata, anche in edifici ad uso non
residenziale,  al  riscaldamento  o  alla climatizzazione invernale o
estiva  di  ambienti  o  al riscaldamento di acqua per usi igienici e
sanitari;  l'impianto  termico civile e' centralizzato se serve tutte
le  unita'  dell'edificio  o  di piu' edifici ed e' individuale negli
altri casi;))
    e) potenza termica nominale dell'impianto: la somma delle potenze
termiche nominali dei singoli focolari costituenti l'impianto;
    f)  potenza termica nominale del focolare: il prodotto del potere
calorifico  inferiore  del  combustibile  utilizzato  e della portata
massima  di  combustibile bruciato all'interno del focolare, espresso
in Watt termici o suoi multipli;
    g)  valore di soglia: potenza termica nominale dell'impianto pari
a 0.035MW;
    ((h)   modifica   dell'impianto:  qualsiasi  intervento  che  sia
effettuato   su  un  impianto  gia'  installato  e  che  richieda  la
dichiarazione  di  conformita'  di  cui  all'articolo  7  del decreto
ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37;
    i)  autorita' competente: l'autorita' responsabile dei controlli,
gli   accertamenti   e   le  ispezioni  previsti  dall'articolo  9  e
dall'allegato L del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e dal
decreto  del  Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 o la
diversa autorita' indicata dalla legge regionale;
    l) installatore: il soggetto indicato dall'articolo 3 del decreto
ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37;))
    m)    responsabile    dell'esercizio    e    della   manutenzione
dell'impianto:  il  soggetto  indicato dall'articolo 11, comma 1, del
decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412;
    n)  conduzione  di  un impianto termico: insieme delle operazioni
necessarie al fine di assicurare la corretta combustione nei focolari
e  l'adeguamento  del  regime dell'impianto termico alla richiesta di
calore.
                              ART. 284
                     ((Installazione o modifica

   1.  Nel  corso  delle  verifiche finalizzate alla dichiarazione di
conformita' prevista dal decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37,
per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore
al  valore  di  soglia,  l'installatore verifica e dichiara anche che
l'impianto   e'   conforme   alle  caratteristiche  tecniche  di  cui
all'articolo  285  ed  e'  idoneo a rispettare i valori limite di cui
all'articolo  286.  Tali  dichiarazioni  devono  essere espressamente
riportate  in  un  atto  allegato  alla dichiarazione di conformita',
messo   a   disposizione  del  responsabile  dell'esercizio  e  della
manutenzione dell'impianto da parte dell'installatore entro 30 giorni
dalla conclusione dei lavori. L'autorita' che riceve la dichiarazione
di  conformita' ai sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n.
37,  provvede  ad  inviare  tale  atto  all'autorita'  competente. In
occasione  della  dichiarazione di conformita', l'installatore indica
al  responsabile  dell'esercizio  e  della manutenzione dell'impianto
l'elenco  delle  manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad
assicurare  il  rispetto  dei  valori limite di cui all'articolo 286,
affinche'  tale elenco sia inserito nel libretto di centrale previsto
dal  decreto  del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412.
Se  il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto
non    e'   ancora   individuato   al   momento   dell'installazione,
l'installatore,  entro  30  giorni dall'installazione, invia l'atto e
l'elenco  di  cui  sopra al soggetto committente, il quale li mette a
disposizione  del  responsabile  dell'esercizio  e della manutenzione
dell'impianto entro 30 giorni dalla relativa individuazione.
   2.  Per  gli  impianti  termici civili di potenza termica nominale
superiore  al  valore di soglia, in esercizio alla data di entrata in
vigore  della  parte  quinta  del  presente  decreto,  il libretto di
centrale  previsto  dall'articolo 11 del decreto del Presidente della
Repubblica  26  agosto 1993, n. 412 deve essere integrato, a cura del
responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto, entro
il  31 dicembre 2012, da un atto in cui si dichiara che l'impianto e'
conforme  alle caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 ed e'
idoneo a rispettare i valori limite di cui all'articolo 286. Entro il
31  dicembre  2012,  il  libretto  di  centrale  deve  essere inoltre
integrato   con   l'indicazione   delle   manutenzioni   ordinarie  e
straordinarie  necessarie ad assicurare il rispetto dei valori limite
di  cui  all'articolo  286.  Il  responsabile  dell'esercizio e della
manutenzione  dell'impianto provvede ad inviare tali atti integrativi
all'autorita' competente entro 30 giorni dalla redazione.))
                              ART. 285
                     ((Caratteristiche tecniche

   1.  Gli  impianti  termici  civili  di  potenza  termica  nominale
superiore  al  valore  di soglia devono rispettare le caratteristiche
tecniche  previste  dalla parte II dell'Allegato IX alla parte quinta
del  presente decreto pertinenti al tipo di combustibile utilizzato e
le  ulteriori  caratteristiche  tecniche  previste  dai  piani  e dai
programmi di qualita' dell'aria previsti dalla vigente normativa, ove
necessarie  al  conseguimento  ed  al  rispetto  dei  valori  e degli
obiettivi di qualita' dell'aria.))
                              ART. 286
                    (valori limite di emissione)

   ((1.  Le  emissioni  in atmosfera degli impianti termici civili di
potenza  termica  nominale  superiore  al  valore  di  soglia  devono
rispettare  i valori limite previsti dalla parte III dell'Allegato IX
alla  parte  quinta  del presente decreto e i piu' restrittivi valori
limite  previsti  dai  piani  e  dai  programmi di qualita' dell'aria
previsti  dalla vigente normativa, ove necessario al conseguimento ed
al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualita' dell'aria.))
   2.  I  valori di emissione degli impianti di cui al comma 1 devono
essere controllati almeno annualmente dal responsabile dell'esercizio
e della manutenzione dell'impianto nel corso delle normali operazioni
di  controllo  e  manutenzione.  I valori misurati, con l'indicazione
delle  relative  date, dei metodi di misura utilizzati e del soggetto
che  ha  effettuato  la misura, devono essere allegati al libretto di
centrale  previsto  dal  decreto  del  Presidente della Repubblica 26
agosto  1993,  n. 412. Tale controllo annuale dei valori di emissione
non  e'  richiesto  nei  casi  previsti  dalla  parte  III, sezione 1
dell'Allegato  IX alla parte quinta del presente decreto. Al libretto
di  centrale  devono  essere  allegati  altresi'  i  documenti ((o le
dichiarazioni))   che  attestano  l'espletamento  delle  manutenzioni
necessarie  a  garantire  il  rispetto dei valori limite di emissione
previste ((dal libretto di centrale)).
   3.  Ai  fini  del  campionamento, dell'analisi e della valutazione
delle emissioni degli impianti termici di cui al comma 1 si applicano
i  metodi previsti nella parte III dell'Allegato IX alla parte quinta
del presente decreto.
   ((4.   A   decorrere   dal   29   ottobre   2006,  l'installatore,
contestualmente  all'installazione  o  alla  modifica  dell'impianto,
verifica  il  rispetto  dei  valori  limite di emissione previsti dal
presente  articolo.  La  documentazione  relativa  a tale verifica e'
messa   a   disposizione  del  responsabile  dell'esercizio  e  della
manutenzione  dell'impianto  che  la  allega  al libretto di centrale
previsto  dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993,
n.  412. Tale verifica non e' richiesta nei casi previsti dalla parte
III,  sezione 1, dell'Allegato IX VIII alla parte quinta del presente
decreto.))
                              ART. 287
                   (abilitazione alla conduzione)

   1.  Il  personale  addetto  alla conduzione degli impianti termici
civili  di  potenza termica nominale superiore a 0.232 MW deve essere
munito  di un patentino di abilitazione rilasciato ((da una autorita'
individuata  dalla  legge  regionale,  la  quale  disciplina anche le
opportune   modalita'   di   formazione   nonche'   le  modalita'  di
compilazione,  tenuta  e aggiornamento di un registro degli abilitati
alla  conduzione degli impianti termici)). I patentini possono essere
rilasciati  a  persone  aventi  eta'  non  inferiore  a diciotto anni
compiuti.   ((Il  registro  degli  abilitati  alla  conduzione  degli
impianti  termici  e'  tenuto  presso  l'autorita'  che  rilascia  il
patentino   o  presso  la  diversa  autorita'  indicata  dalla  legge
regionale  e,  in  copia,  presso  l'autorita' competente e presso il
comando provinciale dei vigili del fuoco.)) (27)
   2.  Resta  fermo  quanto  previsto  dall'articolo 11, comma 3, del
decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412.
   3. Ai fini del comma 1 sono previsti due gradi di abilitazione. Il
patentino  di  primo  grado  abilita  alla  conduzione degli impianti
termici   per  il  cui  mantenimento  in  funzione  e'  richiesto  il
certificato  di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore a
norma  del  regio  decreto  12 maggio 1927, n. 824, e il patentino di
secondo  grado  abilita  alla  conduzione  degli  altri  impianti. Il
patentino di primo grado abilita anche alla conduzione degli impianti
per cui e' richiesto il patentino di secondo grado.
   4.  Il  possesso  di  un  certificato di abilitazione di qualsiasi
grado  per  la  condotta dei generatori di vapore, ai sensi del regio
decreto 12 maggio 1927, n. 824, consente ((, ove previsto dalla legge
regionale,)) il rilascio del patentino senza necessita' dell'esame di
cui al comma 1.(27)
   5.  Il  patentino  puo' essere in qualsiasi momento revocato ((. .
.))  in  caso  di  irregolare  conduzione  dell'impianto.  A tal fine
l'autorita'  competente comunica ((all'autorita' che ha rilasciato il
patentino))   i   casi   di   irregolare   conduzione  accertati.  Il
provvedimento   di   sospensione  o  di  revoca  del  certificato  di
abilitazione  alla  condotta  dei generatori di vapore ai sensi degli
articoli  31  e  32  del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, non ha
effetto sul patentino di cui al presente articolo.(27)
   ((6.  Fino  all'entrata  in vigore delle disposizioni regionali di
cui  al  comma  1, la disciplina dei corsi e degli esami resta quella
individuata  ai  sensi  del  decreto  del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale del 12 agosto 1968.))
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AGGIORNAMENTO (27)
  La  Corte  Costituzionale, con sentenza 16 - 24 luglio 2009, n. 250
(in  G.U.  1a  s.s. 29/07/2009, n. 30) ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale  del  presente  articolo  comma  1,limitatamente  alle
parole   "rilasciato  dall'ispettorato  provinciale  del  lavoro,  al
termine  di  un  corso  per  conduzione  di  impianti termici, previo
superamento  dell'esame  finale";  comma 4, limitatamente alle parole
"senza   necessita'   dell'esame   di  cui  al  comma  1";  comma  5,
limitatamente  alle parole "dall'Ispettorato provinciale del lavoro";
comma 6.
                              ART. 288
                       (controlli e sanzioni)

   ((1.  E'  punito  con  una  sanzione  amministrativa pecuniaria da
cinquecentosedici    euro    a    duemilacinquecentottantadue    euro
l'installatore  che  non redige o redige in modo incompleto l'atto di
cui  all'articolo  284,  comma  1,  o non lo mette a disposizione del
responsabile  dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto o del
soggetto  committente  nei  termini  prescritti  o  non  lo trasmette
unitamente  alla  dichiarazione di conformita' nei casi in cui questa
e'  trasmessa  ai  sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n.
37.  Con la stessa sanzione e' punito il soggetto committente che non
mette   a   disposizione  del  responsabile  dell'esercizio  e  della
manutenzione  dell'impianto  l'atto  e  l'elenco  dovuti  nei termini
prescritti.   Con  la  stessa  sanzione  e'  punito  il  responsabile
dell'esercizio  e  della  manutenzione dell'impianto che non redige o
redige  in modo incompleto l'atto di cui all'articolo 284, comma 2, o
non lo trasmette all'autorita' competente nei termini prescritti.))
   2. In caso di esercizio di un impianto termico civile non conforme
alle  caratteristiche  tecniche  di cui all'articolo 285, sono puniti
con  una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro
a duemilacinquecentottantadue euro:
    ((a)  l'installatore,  nei  casi  disciplinati  all'articolo 284,
comma 1;
    b)   il   responsabile   dell'esercizio   e   della  manutenzione
dell'impianto, nei casi soggetti all'articolo 284, comma 2;))
   3.  Nel  caso  in  cui  l'impianto non rispetti i valori limite di
emissione  di  cui  all'articolo  286,  comma  1, sono puniti con una
sanzione   amministrativa  pecuniaria  da  cinquecentosedici  euro  a
duemilacinquecentottantadue euro:
    a)  il responsabile dell'esercizio e della manutenzione, in tutti
i  casi  in cui l'impianto non e' soggetto all'obbligo di verifica di
cui all'articolo 286, comma 4;
    b)  l'installatore  e  il  responsabile  dell'esercizio  e  della
manutenzione,   se  il  rispetto  dei  valori  limite  non  e'  stato
verificato  ai  sensi  dell'articolo  286,  comma  4,  o non e' stato
dichiarato ((nell'atto))di cui all'articolo 284, comma 1;
    c)  l'installatore,  se  il  rispetto  dei valori limite e' stato
verificato   ai  sensi  dell'articolo  286,  comma  4,  e  dichiarato
((nell'atto))  di cui all'articolo 284, comma 1, e se dal libretto di
centrale   risultano   regolarmente   effettuati  i  controlli  e  le
manutenzioni prescritti dalla parte quinta del presente decreto e dal
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  26  agosto 1993, n. 412,
purche'  non  sia  superata  la durata stabilita per il ciclo di vita
dell'impianto;
    d)  il  responsabile  dell'esercizio  e della manutenzione, se il
rispetto dei valori limite e' stato verificato ai sensi dell'articolo
286,  comma  4,  e  dichiarato  ((nell'atto))di cui all'articolo 284,
comma  1,  e  se  dal libretto di centrale non risultano regolarmente
effettuati  i  controlli  e  le  manutenzioni  prescritti  o e' stata
superata la durata stabilita per il ciclo di vita dell'impianto.
   4. Con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici
euro  a  duemilacinquecentottantadue  euro  e' punito il responsabile
dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che non effettua il
controllo  annuale  delle emissioni ai sensi dell'articolo 286, comma
2, o non allega al libretto di centrale i dati ivi previsti.
   5. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni previste dai commi
precedenti   e   delle   sanzioni   previste  per  la  produzione  di
dichiarazioni   mendaci   o   di   false   attestazioni,  l'autorita'
competente,    ove   accerti   che   l'impianto   non   rispetta   le
caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 o i valori limite di
emissione  ((di  cui all'articolo 286 o quanto disposto dall'articolo
293)),  impone,  con  proprio  provvedimento,  al  contravventore  di
procedere all'adeguamento entro un determinato termine oltre il quale
l'impianto  non  puo'  essere utilizzato. In caso di mancato rispetto
del  provvedimento  adottato  dall'autorita'  competente  si  applica
l'articolo 650 del codice penale.
   6.  All'irrogazione  delle  sanzioni  amministrative  previste dal
presente  articolo, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge
24  novembre  1981,  n.  689,  provvede l'autorita' competente di cui
all'articolo  283,  comma  1,  lettera  i),  o  la  diversa autorita'
indicata dalla legge regionale.
   7.  Chi  effettua  la  conduzione di un impianto termico civile di
potenza  termica  nominale  superiore  a  ((0.232  MW))  senza essere
munito,  ove  prescritto,  del  patentino  di cui all'articolo 287 e'
punito  ((con una sanzione amministrativa pecuniaria da quindici euro
a   quarantasei  euro,  alla  cui  irrogazione  provvede  l'autorita'
indicata dalla legge regionale.)).
   ((8.  I  controlli  relativi  al rispetto del presente titolo sono
effettuati  dall'autorita'  competente  in  occasione delle ispezioni
effettuate  ai sensi dell'allegato L al decreto legislativo 19 agosto
2005,  n.  192,  anche  avvalendosi degli organismi ivi previsti, nei
limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.))
                              ART. 289
                            (abrogazioni)

  1.  Sono  abrogati,  escluse  le  disposizioni  di  cui il presente
decreto prevede l'ulteriore vigenza, la legge 13 luglio 1966, n. 615,
ed  il  decreto  del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n.
1391.
                              ART. 290
                 (disposizioni transitorie e finali)

  1. ((COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)).
  2.  L'installazione  di  impianti termici civili centralizzati puo'
essere  imposta  dai  regolamenti edilizi comunali relativamente agli
interventi  di  ristrutturazione edilizia ed agli interventi di nuova
costruzione  qualora  tale  misura  sia  individuata  dai piani e dai
programmi ((di qualita' dell'aria previsti dalla vigente normativa)),
come   necessaria   al   conseguimento   ((dei   valori  di  qualita'
dell'aria)).
  ((3.  La  legge  13  luglio 1966, n. 615, il decreto del Presidente
della  Repubblica  22  dicembre  1970,  n.  1391,  e il titolo II del
decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  8 marzo 2002
continuano ad applicarsi agli impianti termici assoggettati al titolo
I  della  parte quinta al del presente decreto, fino alla data in cui
e'  effettuato l'adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate
ai sensi dell'articolo 281, comma 3.
  4.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente,  di  concerto con i
Ministri  della  salute e dello sviluppo economico, da adottare entro
il 31 dicembre 2010, sono disciplinati i requisiti, le procedure e le
competenze  per  il  rilascio di una certificazione dei generatori di
calore,  con  priorita'  per  quelli  aventi potenza termica nominale
inferiore  al  valore  di  soglia  di  0,035  MW,  alimentati  con  i
combustibili  individuati  alle  lettere  f),  g) e h) della parte I,
sezione  2,  dell'allegato  X alla parte quinta del presente decreto.
Nella   certificazione   si   attesta  l'idoneita'  dell'impianto  ad
assicurare   specifiche   prestazioni   emissive,   con   particolare
riferimento  alle  emissioni  di  polveri  e di ossidi di azoto, e si
assegna,  in  relazione  ai  livelli  prestazionali  assicurati,  una
specifica  classe  di  qualita'.  Tale  decreto  individua  anche  le
prestazioni emissive di riferimento per le diverse classi, i relativi
metodi  di  prova e le verifiche che il produttore deve effettuare ai
fini  della  certificazione,  nonche'  indicazioni  circa le corrette
modalita'  di  installazione  e  gestione dei generatori di calore. A
seguito  dell'entrata  in  vigore  del  decreto,  i piani di qualita'
dell'aria  previsti  dalla vigente normativa possono imporre limiti e
divieti   all'utilizzo   dei  generatori  di  calore  non  aventi  la
certificazione  o  certificati  con una classe di qualita' inferiore,
ove  tale  misura  sia  necessaria  al  conseguimento  dei  valori di
qualita'  dell'aria.  I  programmi  e  gli strumenti di finanziamento
statali   e  regionali  diretti  ad  incentivare  l'installazione  di
generatori   di   calore  a  ridotto  impatto  ambientale  assicurano
priorita'   a   quelli   certificati   con  una  classe  di  qualita'
superiore.))

TITOLO III

COMBUSTIBILI


                              ART. 291
                       (campo di applicazione)

   1.  Il  presente  titolo  disciplina,  ai fini della prevenzione e
della  limitazione  dell'inquinamento atmosferico, le caratteristiche
merceologiche  dei  combustibili  che possono essere utilizzati negli
impianti  di  cui  ai  titoli  I e II della parte quinta del presente
decreto,  inclusi  gli  impianti  termici  civili  di potenza termica
inferiore  al  valore  di  soglia, e le caratteristiche merceologiche
((dei combustibili per uso marittimo)). Il presente titolo stabilisce
inoltre  le  condizioni  di  utilizzo  dei  combustibili, comprese le
prescrizioni finalizzate ad ottimizzare il rendimento di combustione,
e i metodi di misura delle caratteristiche merceologiche.
                              ART. 292 
                            (Definizioni) 
 
  1. Ai fini del presente titolo si  applicano,  ove  non  altrimenti
disposto, le definizioni di cui al titolo I ed  al  titolo  II  della
parte quinta. 
  2. In aggiunta alle  definizioni  del  comma  1,  si  applicano  le
seguenti definizioni: 
    a) olio combustibile pesante: 
      1) qualsiasi combustibile liquido  derivato  dal  petrolio  che
rientra nei codici da NC  2710  1951  a  NC  2710  1969,  escluso  il
combustibile per uso marittimo; 
      2)  qualsiasi  combustibile  liquido  derivato  dal   petrolio,
escluso il gasolio di cui alle lettere b)  e  f),  che,  per  i  suoi
limiti di distillazione, rientra nella categoria  degli  oli  pesanti
destinati ad essere usati come combustibile e di cui meno del 65%  in
volume, comprese le perdite, distilla a 250 °C secondo il metodo ASTM
D86 o per il quale la percentuale del distillato a 250  °C  non  puo'
essere determinata con tale metodo; 
    b) gasolio: 
      1)  qualsiasi  combustibile  liquido  derivato  dal   petrolio,
escluso il combustibile per uso marittimo, che rientra nei codici  NC
2710 1925, 2710 1929, 2710 1945 o 2710 1949; 
      2)  qualsiasi  combustibile  liquido  derivato  dal   petrolio,
escluso il combustibile per uso marittimo, di cui  meno  del  65%  in
volume, comprese le perdite, distilla a 250 °C e di cui almeno  l'85%
in volume, comprese le perdite, distilla a 350 °C secondo  il  metodo
ASTM D86; 
    c) metodo ASTM: i metodi stabiliti dalla  "American  Society  for
Testing and Materials" nell'edizione 1976 delle definizioni  e  delle
specifiche tipo per il petrolio e i prodotti lubrificanti; 
    ((d)  combustibile  per  uso  marittimo:  qualsiasi  combustibile
liquido derivato dal petrolio  utilizzato  su  una  nave  in  mare  o
destinato ad essere  utilizzato  su  una  nave  in  mare,  inclusi  i
combustibili definiti nella norma ISO 8217;)) 
    ((e) olio diesel marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo
la cui viscosita' o densita' rientra nei limiti di  viscosita'  o  di
densita' stabiliti per le qualita' 'DMB'  e  'DMC'  dalla  tabella  I
della norma ISO 8217;)) 
    ((f) gasolio marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo  la
cui viscosita' o densita' rientra  nei  limiti  di  viscosita'  o  di
densita' stabiliti per le qualita' 'DMX'  e  'DMA'  dalla  tabella  I
della norma ISO 8217;)) 
    g) immissione  sul  mercato:  qualsiasi  operazione  di  messa  a
disposizione di terzi, a titolo oneroso o gratuito,  di  combustibili
per uso marittimo destinati alla combustione su una nave,  eccettuati
quelli  destinati  all'esportazione  e  trasportati,  a  tale   fine,
all'interno delle cisterne di una nave; 
    h) acque territoriali: zone di mare previste dall'articolo 2  del
codice della navigazione; 
    i) zona economica esclusiva: zona di cui  all'articolo  55  della
Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, fatta a Montego
Bay il 10 dicembre 1982, ratificata con legge  2  dicembre  1994,  n.
689; 
    l) zona di protezione ecologica: zona individuata ai sensi  della
legge 8 febbraio 2006, n. 61; 
    m) aree di controllo delle emissioni di  SOX:  zone  a  cui  tale
qualificazione  e'  stata   assegnata   dall'International   Maritime
Organization (I.M.O.) previa apposita procedura di  designazione,  ai
sensi dell'allegato VI della Convenzione internazionale del 1973  per
la  prevenzione  dell'inquinamento  causato   da   navi,   denominata
Convenzione MARPOL; 
    n) nave passeggeri: nave che trasporta piu' di dodici passeggeri,
ad eccezione del comandante, dei membri dell'equipaggio e di tutti  i
soggetti adibiti ad attivita'  relative  alla  gestione  della  nave,
nonche' dei bambini di eta' inferiore ad un anno; 
    o) servizio di linea: i viaggi seriali per collegare due  o  piu'
porti o i viaggi seriali che iniziano e terminano  presso  lo  stesso
porto senza scali intermedi, purche'  effettuati  sulla  base  di  un
orario reso noto al pubblico;  l'orario  puo'  essere  desunto  anche
dalla regolarita' o dalla frequenza del servizio; 
    p) ((LETTERA ABROGATA DAL D.LGS. 31 MARZO 2011, N. 55)); 
    q) nave all'ormeggio: nave assicurata ad un ormeggio  o  ancorata
presso un porto italiano; 
    r) stazionamento: l'utilizzo dei motori su una nave all'ormeggio,
ad eccezione dei periodi di carico e scarico; 
    s) nave da guerra: nave che appartiene alle forze armate  di  uno
Stato e porta i segni distintivi delle navi militari di  tale  Stato,
il cui equipaggio sia soggetto alle leggi relative ai militari ed  il
cui comandante sia un ufficiale di marina  debitamente  incaricato  e
sia inscritto nell'apposito ruolo degli ufficiali o in  un  documento
equivalente; 
    t)  tecnologia  di  riduzione   delle   emissioni:   sistema   di
depurazione  dell'effluente  gassoso   o   qualsiasi   altro   metodo
tecnologico, verificabile ed applicabile. 
                              ART. 293
                      (Combustibili consentiti)

  1.  Negli  impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della
parte  quinta, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica
inferiore   al   valore   di   soglia,   possono   essere  utilizzati
esclusivamente i combustibili previsti per tali categorie di impianti
dall'Allegato  X  alla parte quinta, alle condizioni ivi previste.((I
materiali  e  le  sostanze elencati nell'allegato X alla parte quinta
del  presente decreto non possono essere utilizzati come combustibili
ai  sensi del presente titolo se costituiscono rifiuti ai sensi della
parte quarta del presente decreto. E' soggetta alla normativa vigente
in  materia di rifiuti la combustione di materiali e sostanze che non
sono conformi all'allegato X alla parte quinta del presente decreto o
che  comunque  costituiscono  rifiuti ai sensi della parte quarta del
presente  decreto.))  Agli impianti di cui alla parte I, paragrafo 4,
lettere  e) ed f), dell'Allegato IV alla parte quinta si applicano le
prescrizioni   del  successivo  Allegato  X  relative  agli  impianti
disciplinati  dal  titolo  II.  Ai  combustibili per uso marittimo si
applicano le disposizioni dell'articolo 295.
  2.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del
territorio  e  del  mare,  di  concerto con i Ministri dello sviluppo
economico  e  della  salute,  previa autorizzazione della Commissione
europea,  possono  essere  stabiliti  valori  limite  massimi  per il
contenuto  di  zolfo negli oli combustibili pesanti, nei gasoli e nei
combustibili  per  uso  marittimo  piu'  elevati  di  quelli  fissati
nell'Allegato  X  alla  parte quinta qualora, a causa di un mutamento
improvviso  nell'approvvigionamento del petrolio greggio, di prodotti
petroliferi o di altri idrocarburi, non sia possibile rispettare tali
valori limite.
  3.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'universita' e
della  ricerca, sono stabiliti i criteri e le modalita' per esentare,
anche  mediante  apposite  procedure  autorizzative,  i  combustibili
previsti dal presente titolo III dall'applicazione delle prescrizioni
dell'Allegato  X  alla parte quinta ove gli stessi siano utilizzati a
fini di ricerca e sperimentazione.
                              ART. 294
           (prescrizioni per il rendimento di combustione)

   1.  Al  fine  di  ottimizzare  il  rendimento  di combustione, gli
impianti  disciplinati  dal  titolo I della parte quinta del presente
decreto, con potenza termica nominale pari o superiore a 6 MW, devono
essere  dotati di rilevatori della temperatura nell'effluente gassoso
nonche'  di  un analizzatore per la misurazione e la registrazione in
continuo dell'ossigeno libero e del monossido di carbonio. I suddetti
parametri  devono  essere  rilevati nell'effluente gassoso all'uscita
dell'impianto.  Tali  impianti  devono  essere  inoltre  dotati,  ove
tecnicamente   fattibile,  di  regolazione  automatica  del  rapporto
aria-combustibile.  ((Ai fini dell'applicazione del presente comma si
fa  riferimento  alla  potenza  termica nominale di ciascun focolare,
anche  nei  casi  in  cui  piu'  impianti siano considerati, ai sensi
dell'articolo   270,  comma  4,  o  dell'articolo  273,  comma  9,  o
dell'articolo 282, comma 2, come un unico impianto.))
   ((2.   Nel   caso   di   impianti   di  combustione  per  i  quali
l'autorizzazione  alle  emissioni  in  atmosfera  o  l'autorizzazione
integrata  ambientale  prescriva  un  valore  limite  di emissione in
atmosfera  per  il monossido di carbonio e la relativa misurazione in
continuo,  quest'ultima  tiene  luogo  della misurazione del medesimo
prescritta  al  comma  1.  Il  comma  1  non si applica agli impianti
elencati  nell'articolo  273,  comma  15,  anche  di  potenza termica
nominale inferiore a 50MW.))
   3.  Al  fine  di  ottimizzare  il  rendimento  di combustione, gli
impianti  disciplinati  dal titolo II della parte quinta del presente
decreto, di potenza termica ((nominale per singolo focolare superiore
a  1,16  MW)),  devono  essere dotati di rilevatori della temperatura
negli effluenti gassosi nonche' di un analizzatore per la misurazione
e  la  registrazione in continuo dell'ossigeno libero e del monossido
di   carbonio.   I   suddetti   parametri   devono   essere  rilevati
nell'effluente  gassoso  all'uscita  del  focolare.  ((Tali  impianti
devono   essere   inoltre  dotati,  ove  tecnicamente  fattibile,  di
regolazione automatica del rapporto aria-combustibile.))
                              ART. 295 
                  (Combustibili per uso marittimo) 
 
  1. E' vietato, nelle acque territoriali e nelle zone di  protezione
ecologica, l'utilizzo  di  gasoli  marini  con  un  tenore  di  zolfo
superiore allo 0,20% in massa e, dal 1° gennaio 2008 al  31  dicembre
2009, superiore allo 0,10% in massa. 
  2. A decorrere dal 1° gennaio  2010  e'  vietata  l'immissione  sul
mercato di gasoli marini con tenore di zolfo superiore allo  0,1%  in
massa. 
  3. E' vietata l'immissione sul mercato di  oli  diesel  marini  con
tenore di zolfo superiore all'1,5% in massa. 
  4.  Fermo  restando  quanto  previsto  dal  comma  1,  nelle  acque
territoriali,  nelle  zone  economiche  esclusive  e  nelle  zone  di
protezione ecologica, ricadenti  all'interno  di  aree  di  controllo
delle emissioni di SO "X"(, ovunque ubicate, e' vietato, a  bordo  di
una nave battente bandiera italiana, l'utilizzo di  combustibili  per
uso marittimo con un tenore di zolfo superiore all'1,5% in massa.  La
violazione del divieto e' fatta valere anche nei confronti delle navi
non battenti bandiera italiana che hanno  attraversato  una  di  tali
aree inclusa nel territorio italiano o con esso confinante e  che  si
trovano in un porto italiano. 
  5. Il divieto di cui al comma 4 si applica all'area del Mar Baltico
e, a decorrere dall'11 agosto  2007,  all'area  del  Mare  del  Nord,
nonche', entro dodici mesi dalla data  di  entrata  in  vigore  della
relativa designazione, alle ulteriori aree designate. 
  6. Per le navi passeggeri  battenti  bandiera  italiana,  le  quali
effettuano un servizio di linea proveniente da o diretto ad un  porto
di  un  Paese  dell'Unione   europea,   e'   vietato,   nelle   acque
territoriali,  nelle  zone  economiche  esclusive  e  nelle  zone  di
protezione  ecologica,   appartenenti   all'Italia,   l'utilizzo   di
combustibili per uso marittimo  con  un  tenore  di  zolfo  superiore
all'1,5% in massa. La violazione del divieto e'  fatta  valere  anche
nei confronti delle navi non battenti  bandiera  italiana  e  che  si
trovano in un porto italiano. 
  7. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 31 MARZO 2011, N. 55)). 
  8. A decorrere  dal  1°  gennaio  2010  e'  vietato  l'utilizzo  di
combustibili per uso marittimo con tenore  di  zolfo  superiore  allo
0,1% in massa su navi all'ormeggio. Il divieto si  applica  anche  ai
periodi di carico,  scarico  e  stazionamento.  La  sostituzione  dei
combustibili utilizzati con combustibili conformi a tale limite  deve
essere completata il prima possibile dopo l'ormeggio. La sostituzione
dei combustibili conformi a tale limite con altri  combustibili  deve
avvenire il piu' tardi possibile prima della partenza. I tempi  delle
operazioni  di  sostituzione  del  combustibile  sono  iscritti   nei
documenti di cui al comma 10. 
  9. I commi 7 e 8 non si applicano: 
    a) ((LETTERA ABROGATA DAL D.LGS. 31 MARZO 2011, N. 55)); 
    b) alle navi di cui  si  prevede,  secondo  orari  resi  noti  al
pubblico, un ormeggio di durata inferiore alle due ore; 
    c) alle navi all'ormeggio a  motori  spenti  e  collegate  ad  un
sistema di alimentazione di energia elettrica ubicato sulla costa. 
  10. Tutte le operazioni di cambio dei combustibili utilizzati sulle
navi devono essere indicate nel giornale generale e di contabilita' e
nel giornale di macchina o nell'inventario di cui agli articoli  174,
175 e 176 del codice della navigazione o in un apposito documento  di
bordo. 
  11.  Chi  mette  combustibili  per  uso  marittimo  a  disposizione
dell'armatore o di un suo  delegato,  per  una  nave  di  stazza  non
inferiore a 400 tonnellate lorde, fornisce un bollettino di  consegna
indicante il quantitativo ed il relativo tenore di zolfo,  del  quale
conserva una copia per i tre anni  successivi,  nonche'  un  campione
sigillato di tale combustibile, firmato da chi  riceve  la  consegna.
Chi riceve il combustibile conserva il  bollettino  a  bordo  per  lo
stesso periodo e conserva  il  campione  a  bordo  fino  al  completo
esaurimento del combustibile a cui  si  riferisce  e,  comunque,  per
almeno dodici mesi successivi alla consegna. 
  12.  E'  tenuto,  presso  ciascuna  autorita'  marittima   e,   ove
istituita, presso ciascuna autorita' portuale, un  apposito  registro
che riporta l'elenco dei fornitori di combustibili per uso  marittimo
nell'area di competenza, con l'indicazione dei combustibili forniti e
del relativo contenuto massimo di zolfo. Tali  dati  sono  comunicati
dai fornitori  alle  autorita'  marittime  e  portuali  entro  il  31
dicembre 2007. Le variazioni dei dati comunicati sono  comunicate  in
via preventiva. La presenza di nuovi fornitori e' comunicata  in  via
preventiva. 
  13. I limiti  relativi  al  tenore  di  zolfo  previsti  dai  commi
precedenti non si applicano: 
    a) ai combustibili utilizzati dalle navi da  guerra  e  da  altre
navi in servizio militare se le rotte non prevedono l'accesso a porti
in cui sono presenti fornitori di combustibili conformi a tali limiti
o,  comunque,  se  il  relativo  rifornimento  puo'  pregiudicare  le
operazioni  o  le  capacita'  operative;  in  tale  secondo  caso  il
comandante informa il Ministero della difesa dei motivi della scelta; 
    b) ai combustibili il cui utilizzo a bordo di  una  nave  risulta
specificamente necessario per garantire la sicurezza della  stessa  o
di altra nave e per salvare vite in mare; 
    c) ai combustibili il cui utilizzo a bordo di una nave e' imposto
dal  danneggiamento  della  stessa  o  delle  relative  attrezzature,
purche' si dimostri che, dopo il verificarsi del  danno,  sono  state
assunte tutte le misure ragionevoli per evitare o ridurre  al  minimo
l'incremento delle emissioni e che sono state adottate  quanto  prima
misure dirette ad eliminare il danno. Tale deroga non si  applica  se
il danno e' dovuto a dolo o colpa del comandante o dell'armatore; 
    d) ai combustibili utilizzati a  bordo  di  navi  che  utilizzano
tecnologie di riduzione delle  emissioni  autorizzate  ai  sensi  del
comma 14 o del comma 19; 
    e)  ai   combustibili   destinati   alla   trasformazione   prima
dell'utilizzo. 
  14. Con decreto direttoriale della  competente  Direzione  generale
del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
di concerto con la competente Direzione generale  del  Ministero  dei
trasporti sono autorizzati, su  navi  battenti  bandiera  italiana  o
nelle acque sotto  giurisdizione  italiana,  esperimenti  relativi  a
tecnologie di riduzione delle  emissioni,  nel  corso  dei  quali  e'
ammesso l'utilizzo di combustibili non conformi  ai  limiti  previsti
dai commi da 2 a 8. Tale  autorizzazione,  la  cui  durata  non  puo'
eccedere  i  diciotto  mesi,  e'  rilasciata  entro  tre  mesi  dalla
presentazione della domanda, la quale deve essere accompagnata da una
relazione contenente i seguenti elementi: 
    a)  la  descrizione  della  tecnologia  e,  in  particolare,  del
principio di funzionamento, corredata da riferimenti  di  letteratura
scientifica o dai risultati di sperimentazioni  preliminari,  nonche'
la stima qualitativa e quantitativa delle emissioni, degli scarichi e
dei rifiuti previsti per effetto della sperimentazione; 
    b) la stima che, a parita' di condizioni, le  emissioni  previste
di ossido di zolfo non  superino  quelle  prodotte  dall'utilizzo  di
combustibili conformi ai commi da 2 a 8 in assenza  della  tecnologia
di riduzione delle emissioni; 
    c) la stima che, a parita' di condizioni, le  emissioni  previste
di inquinanti diversi dagli ossidi di zolfo, quali ossidi di azoto  e
polveri, non superino i livelli previsti dalla vigente  normativa  e,
comunque,  non  superino  in  modo  significativo   quelle   prodotte
dall'utilizzo di combustibili conformi ai commi da 2 a 8  in  assenza
della tecnologia di riduzione delle emissioni; 
    d) uno studio dell'impatto dell'esperimento sull'ambiente marino,
con particolare riferimento agli ecosistemi delle baie, dei  porti  e
degli estuari, finalizzato a dimostrarne la compatibilita'; lo studio
include   un   piano   di   monitoraggio   degli   effetti   prodotti
dall'esperimento sull'ambiente marino; 
    e) la descrizione delle  zone  interessate  dall'esperimento,  le
caratteristiche dei combustibili, delle navi e di tutte le  strutture
da  utilizzare  per  l'esperimento,  gli   strumenti   a   prova   di
manomissione installati sulle navi per la misura  in  continuo  delle
emissioni degli ossidi di zolfo e di tutti i  parametri  necessari  a
normalizzare le concentrazioni, nonche' i sistemi atti a  gestire  in
conformita' alle  vigenti  disposizioni  i  rifiuti  e  gli  scarichi
prodotti per effetto della sperimentazione. 
  15. L'autorizzazione di  cui  al  comma  14  e'  rilasciata  previa
verifica della completezza della relazione allegata  alla  domanda  e
dell'idoneita'  delle   stime   e   dello   studio   ivi   contenuti.
L'autorizzazione prevede il periodo in cui l'esperimento puo'  essere
effettuato e stabilisce i dati e  le  informazioni  che  il  soggetto
autorizzato deve comunicare al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio  e  del  mare  e  al  Ministero  dei  trasporti  e  la
periodicita'   di   tale   comunicazione.   Stabilisce   inoltre   la
periodicita' con la quale il soggetto autorizzato deve  comunicare  a
tali Ministeri gli esiti del monitoraggio effettuato sulla  base  del
piano di cui al comma 14, lettera d). 
  16.  L'autorizzazione  rilasciata  ai  sensi  del   comma   14   e'
immediatamente revocata se, anche sulla base dei controlli effettuati
dall'autorita' di cui all'articolo 296, comma 9: 
    a) gli strumenti di misura e i sistemi di gestione dei rifiuti  e
degli scarichi di cui al comma  14  non  sono  utilizzati  nel  corso
dell'esperimento; 
    b) la tecnologia, alla  luce  dei  risultati  delle  misure,  non
ottiene i risultati previsti dalle stime contenute nella relazione; 
    c) il soggetto autorizzato non trasmette nei termini i  dati,  le
informazioni o gli esiti previsti dal comma 15, conformi  ai  criteri
ivi stabiliti. 
  17. Nel caso in cui gli  esperimenti  di  cui  al  comma  14  siano
effettuati  da  navi  battenti  bandiera  italiana  in  acque   sotto
giurisdizione di altri Stati dell'Unione europea o da  navi  battenti
bandiera  di  altri  Stati  dell'Unione  europea   in   acque   sotto
giurisdizione italiana, gli Stati interessati  individuano  opportune
modalita' di cooperazione nel procedimento autorizzativo. 
  18. Almeno sei mesi prima dell'inizio di ciascun esperimento di cui
al comma 14 il Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare ne informa la  Commissione  europea  e  l'eventuale  Stato
estero avente giurisdizione  sulle  acque  in  cui  l'esperimento  e'
effettuato. I risultati di ciascun esperimento di  cui  al  comma  14
sono  trasmessi  dal  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare alla Commissione europea entro sei  mesi  dalla
conclusione dello stesso e sono messi  a  disposizione  del  pubblico
secondo quanto previsto dal decreto legislativo 19  agosto  2005,  n.
195. 
  19. In alternativa all'utilizzo di combustibili conformi ai  limiti
previsti dai commi da 2  a  8,  e'  ammesso,  previa  autorizzazione,
l'utilizzo delle tecnologie di riduzione  delle  emissioni  approvate
dal  Comitato  istituito  dal  regolamento  (CE)  n.  2099/2002   del
Parlamento  europeo  e  del   Consiglio,   del   5   novembre   2002.
L'autorizzazione  e'  rilasciata  con  decreto   direttoriale   della
competente Direzione generale del  Ministero  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del  mare,  di  concerto  con  la  competente
Direzione generale del Ministero dei trasporti entro tre  mesi  dalla
ricezione  della  relativa  domanda,  corredata  dal   documento   di
approvazione, purche': 
    a) le navi siano dotate di strumenti per la  misura  in  continuo
delle emissioni  degli  ossidi  di  zolfo  e  di  tutti  i  parametri
necessari a normalizzare le concentrazioni; 
    b) le  emissioni  di  ossidi  di  zolfo  risultino  costantemente
inferiori o uguali a quelle prodotte  dall'utilizzo  di  combustibili
conformi ai commi da 2 a 8 in assenza della tecnologia  di  riduzione
delle emissioni; 
    c) nelle baie, nei porti e  negli  estuari,  siano  rispettati  i
pertinenti criteri di utilizzo previsti con  appositi  decreti  della
competente Direzione generale del  Ministero  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare,  con  i  quali  si  recepiscono  le
indicazioni a tal fine adottate dalla Commissione europea; 
    d) l'impatto dei  rifiuti  e  degli  scarichi  delle  navi  sugli
ecosistemi nelle baie, nei porti e negli estuari, secondo uno  studio
effettuato da parte  di  chi  intende  utilizzare  la  tecnologia  di
riduzione delle emissioni, non risulti superiore  rispetto  a  quello
prodotto dall'utilizzo di combustibili conformi ai commi da 2 a 8  in
assenza di tale tecnologia. 
    20.  L'autorizzazione  rilasciata  ai  sensi  del  comma  19   e'
immediatamente revocata se, anche sulla base dei controlli effettuati
dall'autorita' di  cui  all'articolo  296,  comma  9,  non  risultano
rispettati i requisiti previsti per effetto dell'autorizzazione. 
                              ART. 296 
                       (Controlli e sanzioni) 
 
  1.  Chi  effettua  la  combustione  di  materiali  o  sostanze   in
difformita' alle prescrizioni del presente titolo, ove gli stessi non
costituiscano rifiuti ai sensi della vigente normativa, e' punito: 
    a) in caso di combustione effettuata presso gli impianti  di  cui
al titolo I della parte quinta del presente  decreto,  con  l'arresto
fino a due anni  o  con  l'ammenda  da  duecentocinquantotto  euro  a
milletrentadue euro; 
    b) in caso di combustione effettuata presso gli impianti  di  cui
al titolo II della parte quinta, inclusi gli impianti termici  civili
di potenza termica inferiore al valore di soglia,  con  una  sanzione
amministrativa pecuniaria da duecento  euro  a  mille  euro;  a  tale
sanzione, da irrogare ai sensi dell'articolo 288,  comma  6,  non  si
applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo  16  della
legge 24 novembre  1981,  n.  689,  e  successive  modificazioni;  la
sanzione  non  si   applica   se,   dalla   documentazione   relativa
all'acquisto di tali materiali o sostanze, risultano  caratteristiche
merceologiche  conformi  a   quelle   dei   combustibili   consentiti
nell'impianto, ferma restando l'applicazione  dell'articolo  515  del
codice penale e degli altri reati previsti dalla vigente normativa. 
  2. I controlli sul rispetto delle disposizioni del presente  titolo
sono effettuati, per gli impianti di cui  al  titolo  I  della  parte
quinta, dall'autorita' di cui all'articolo 268, comma 1, lettera  p),
e  per  gli  impianti  di  cui  al  titolo  II  della  parte  quinta,
dall'autorita' di cui all'articolo 283, comma 1, lettera i). 
  3.  In  caso  di  mancato  rispetto  delle  prescrizioni   di   cui
all'articolo 294, il gestore degli impianti disciplinati dal titolo I
della parte quinta e' punito con l'arresto  fino  a  un  anno  o  con
l'ammenda fino a milletrentadue euro. Per gli  impianti  disciplinati
dal titolo II della parte quinta  si  applica  la  sanzione  prevista
dall'articolo 288,  comma  2;  tale  sanzione,  in  caso  di  mancato
rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 294,  si  applica  al
responsabile per l'esercizio e la manutenzione  se  ricorre  il  caso
previsto dall'ultimo periodo dell'articolo 284, comma 2. 
  4. In caso di mancata trasmissione dei  dati  di  cui  all'articolo
298, comma 3, nei termini prescritti,  il  Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del  mare,  anche  ai  fini  di  quanto
previsto dall'articolo 650 del  codice  penale,  ordina  ai  soggetti
inadempienti di provvedere. 
  5. Salvo che il  fatto  costituisca  reato,  sono  puniti  con  una
sanzione amministrativa pecuniaria da 15.000 a  150.000  euro  coloro
che immettono sul mercato combustibili per uso  marittimo  aventi  un
tenore di zolfo superiore ai  limiti  previsti  nell'articolo  295  e
l'armatore  o  il  comandante  che,  anche  in  concorso  tra   loro,
utilizzano combustibili per uso marittimo aventi un tenore  di  zolfo
superiore a tali limiti. In caso di recidiva e in caso di  infrazioni
che, per  l'entita'  del  tenore  di  zolfo  o  della  quantita'  del
combustibile  o  per  le  caratteristiche  della  zona   interessata,
risultano di maggiore gravita', all'irrogazione segue, per un periodo
da un mese a due anni: 
    a)  la  sospensione  dei  titoli  professionali  marittimi  o  la
sospensione  dagli  uffici   direttivi   delle   persone   giuridiche
nell'esercizio dei quali l'infrazione e' commessa,  ovvero,  se  tali
sanzioni accessorie non sono applicabili, 
    b) l'inibizione dell'accesso ai porti italiani per il  comandante
che ha commesso l'infrazione o  per  le  navi  dell'armatore  che  ha
commesso l'infrazione. 
  6. In caso di violazione dell'articolo 295, comma 10, il comandante
e' punito con la sanzione amministrativa prevista dall'articolo  1193
del codice della navigazione. 
  7. Salvo che il fatto  costituisca  reato,  chi,  senza  commettere
l'infrazione di cui al comma 5,  non  consegna  il  bollettino  o  il
campione di cui all'articolo 295, comma 11, o consegna un  bollettino
in cui l'indicazione ivi prevista  sia  assente  e'  punito  con  una
sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a  15.000  euro.  Con  la
stessa sanzione e' punito chi, senza commettere l'infrazione  di  cui
al comma 5, non conserva a bordo il bollettino o il campione previsto
dall'articolo 295, comma 11. 
  8. I fornitori di combustibili che non comunicano in termini i dati
previsti dall'articolo 295, comma 12, sono puniti  con  una  sanzione
amministrativa pecuniaria da 10.000 a 30.000 euro. 
  9. All'accertamento delle infrazioni previste dai commi da 5  a  8,
provvedono, con adeguata frequenza  e  programmazione  e  nell'ambito
delle rispettive competenze, ai sensi degli articoli  13  e  seguenti
della legge 24 novembre 1981, n. 689, il Corpo delle  capitanerie  di
porto, la Guardia costiera, gli altri soggetti  di  cui  all'articolo
1235 del codice della navigazione  e  gli  altri  organi  di  polizia
giudiziaria. All'irrogazione delle sanzioni previste  da  tali  commi
provvedono le autorita' marittime competenti  per  territorio  e,  in
caso di infrazioni attinenti alla immissione sul mercato ((...)),  le
regioni o  le  diverse  autorita'  indicate  dalla  legge  regionale.
Restano  ferme,  per  i  fatti  commessi  all'estero,  le  competenze
attribuite alle autorita' consolari. 
  10.  Gli  accertamenti  previsti  dal   comma   9,   ove   relativi
all'utilizzo dei combustibili, possono essere effettuati anche con le
seguenti modalita': 
    a) mediante il campionamento e l'analisi dei combustibili per uso
marittimo al momento della consegna alla nave; il campionamento  deve
essere effettuato secondo le pertinenti linee guida dell'I.M.O.,  ove
disponibili; 
    b) mediante il campionamento e l'analisi dei combustibili per uso
marittimo contenuti nei serbatoi della  nave  o,  ove  cio'  non  sia
tecnicamente possibile, nei campioni sigillati presenti a bordo, 
    c) mediante controlli sui documenti di bordo e sui bollettini  di
consegna dei combustibili. 
  11. In caso di accertamento degli illeciti  previsti  dal  comma  5
l'autorita' competente all'applicazione delle procedure di  sequestro
dispone, ove tecnicamente opportuno,  ed  assicurando  il  preventivo
prelievo  di  campioni  e  la  conservazione  degli  altri   elementi
necessari a fini di prova, che il combustibile fuori norma  sia  reso
conforme alle prescrizioni violate mediante  apposito  trattamento  a
spese del responsabile. A tale fine la medesima autorita'  impartisce
le  opportune  prescrizioni  circa  i  tempi  e  le   modalita'   del
trattamento. 
                              ART. 297
                            (abrogazioni)

   1.  Sono  abrogati,  escluse  le  diposizioni  di  cui il presente
decreto  prevede  l'ulteriore  vigenza,  l'articolo 2, comma 2, della
legge  8 luglio 1986, n. 349, il decreto del Presidente del Consiglio
dei  Ministri 7 settembre 2001, n. 395, il decreto del Presidente del
Consiglio  dei Ministri 8 marzo 2002 e l'articolo 2 del decreto-legge
7  marzo  2002,  n.  22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
maggio 2002, n. 82.
                              ART. 298
                 (disposizioni transitorie e finali)

  1.  Le  disposizioni  del  presente  titolo  relative agli impianti
disciplinati  dal titolo I della parte quinta del presente decreto si
applicano  agli  impianti  termici  civili di cui ((all'articolo 290,
comma  3)),  a  partire dalla data in cui e' effettuato l'adeguamento
disposto  dalle  autorizzazioni  rilasciate  ai sensi ((dell'articolo
281, comma 3)).
  2.  Alla  modifica  e  all'integrazione  dell'Allegato X alla parte
quinta  del  presente  decreto  si provvede con le modalita' previste
dall'articolo  281, commi 5 e 6. All'integrazione di tale Allegato si
procede per la prima volta entro un anno dall'entrata in vigore della
parte quinta del presente decreto.
  2-bis.   Entro   il   30   giugno  di  ciascun  anno  il  Ministero
dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio e del mare invia alla
Commissione   europea,   sulla   base   di  una  relazione  trasmessa
dall'((ISPRA))  entro il mese precedente, un rapporto circa il tenore
di   zolfo   dell'olio   combustibile  pesante,  del  gasolio  e  dei
combustibili   per   uso   marittimo   utilizzati   nell'anno  civile
precedente.  I  soggetti  di  cui  all'articolo  296,  commi 2 e 9, i
laboratori  chimici  delle  dogane o, ove istituiti, gli uffici delle
dogane  nel  cui  ambito operano i laboratori chimici delle dogane, i
gestori  dei depositi fiscali, i gestori degli impianti di produzione
di  combustibili  e  i  gestori  dei  grandi  impianti di combustione
trasmettono all' ((ISPRA)) ed al Ministero, nei casi, nei tempi e con
le  modalita' previsti nella parte I, sezione 3, dell'Allegato X alla
parte  quinta,  i  dati  e  le informazioni necessari ad elaborare la
relazione.
  ((2-ter.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio,  di  concerto con il Ministro della salute ed il Ministro
dello  sviluppo  economico  ed il Ministro delle politiche agricole e
forestali  e' istituita, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie
e  strumentali  disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza
nuovi  o  maggiori  oneri  a  carico  del  bilancio  dello Stato, una
commissione   per   l'esame   delle   proposte   di  integrazione  ed
aggiornamento dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto,
presentate  dalle  amministrazioni  dello  Stato  e dalle regioni. La
commissione  e'  composta  da  due rappresentanti di ciascuno di tali
Ministeri  e  da  un rappresentante del Dipartimento affari regionali
della  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri. Ai componenti della
Commissione non sono dovuti compensi, ne' rimborsi spese)). ((40))
------------
AGGIORNAMENTO (40)
  Il  D.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, ha disposto (con l'art. 4, comma
2)  che  nel presente decreto ovunque ricorrano, le parole "Ministero
dell'ambiente  e  della tutela del territorio", sono sostituite dalle
seguenti:  "Ministero  dell'ambiente  e della tutela del territorio e
del  mare",  le  parole:  "Ministro  dell'ambiente e della tutela del
territorio" sono sostituite dalle seguenti: "Ministro dell'ambiente e
della  tutela  del  territorio e del mare", le parole "Agenzia per la
protezione  dell'ambiente  e  per  i servizi tecnici" sono sostituite
dalle  seguenti:  "Istituto  superiore per la protezione e la ricerca
ambientale",  e  la  parola  "APAT"  e'  sostituita  dalla  seguente:
"ISPRA".

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL'AMBIENTE



TITOLO I

AMBITO DI APPLICAZIONE


                              ART. 299
                      (competenze ministeriali)

  1.  Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare))  esercita  le  funzioni  e  i  compiti spettanti allo Stato in
materia  di tutela, prevenzione e riparazione dei danni all'ambiente,
attraverso  la  Direzione  generale per il danno ambientale istituita
presso  il  ((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del  mare)) dall'articolo 34 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4,
e gli altri uffici ministeriali competenti.
  2.  L'azione  ministeriale  si svolge normalmente in collaborazione
con  le  regioni,  con  gli  enti  locali e con qualsiasi soggetto di
diritto pubblico ritenuto idoneo.
  3.  L'azione  ministeriale  si  svolge nel rispetto della normativa
comunitaria vigente in materia di prevenzione e riparazione del danno
ambientale,  delle  competenze delle regioni, delle province autonome
di  Trento  e  di  Bolzano  e  degli enti locali con applicazione dei
principi costituzionali di sussidiarieta' e di leale collaborazione.
  4.  Per  le finalita' connesse all'individuazione, all'accertamento
ed   alla   quantificazione  del  danno  ambientale,  il  ((Ministero
dell'ambiente  e  della tutela del territorio e del mare)) si avvale,
in  regime convenzionale, di soggetti pubblici e privati di elevata e
comprovata    qualificazione    tecnico-scientifica    operanti   sul
territorio, nei limiti delle disponibilita' esistenti.
  5.  Entro  sessanta  giorni  dalla  data  di  entrata in vigore del
presente  decreto,  il  ((Ministro  dell'ambiente  e della tutela del
territorio  e  del  mare)),  con  proprio  decreto, di concerto con i
Ministri  dell'economia e delle finanze e delle attivita' produttive,
stabilisce   i   criteri   per   le   attivita'   istruttorie   volte
all'accertamento  del  danno  ambientale  e  per la riscossione della
somma  dovuta  per  equivalente  patrimoniale ai sensi del titolo III
della parte sesta del presente decreto. I relativi oneri sono posti a
carico del responsabile del danno.
  6.   Ai  fini  dell'attuazione  delle  disposizioni  contenute  nel
presente  articolo,  il  Ministro  dell'economia  e  delle finanze e'
autorizzato   ad   apportare,   con  propri  decreti,  le  necessarie
variazioni di bilancio.
                              ART. 300
                         (danno ambientale)

   1.  E'  danno  ambientale qualsiasi deterioramento significativo e
misurabile,   diretto   o   indiretto,  di  una  risorsa  naturale  o
dell'utilita' assicurata da quest'ultima.
   2.   Ai   sensi   della  direttiva  2004/35/CE  costituisce  danno
ambientale   il   deterioramento,   in   confronto   alle  condizioni
originarie, provocato:
    a)  alle  specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa
nazionale  e  comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157,
recante  norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce
le  direttive  79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE
della  Commissione  del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione
del  6  marzo  1991  ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre
1950  e  di  Berna  del  19  settembre  1979, e di cui al decreto del
Presidente  della  Repubblica  8  settembre  1997,  n.  357,  recante
regolamento  recante  attuazione  della  direttiva 92/43/CEE relativa
alla  conservazione  degli  habitat  naturali e seminaturali, nonche'
della  flora  e  della  fauna  selvatiche, nonche' alle aree naturali
protette  di  cui  alla  legge  6 dicembre 1991, n. 394, e successive
norme di attuazione;
    b)  alle  acque  interne,  mediante  azioni  che incidano in modo
significativamente   negativo  sullo  stato  ecologico,  chimico  e/o
quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate,
quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, ad eccezione degli effetti
negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7, ditale direttiva;
    c)   alle   acque  costiere  ed  a  quelle  ricomprese  nel  mare
territoriale  mediante  le  azioni suddette, anche se svolte in acque
internazionali;
    d)  al  terreno,  mediante  qualsiasi  contaminazione che crei un
rischio  significativo  di  effetti  nocivi,  anche  indiretti, sulla
salute  umana  a seguito dell'introduzione nel suolo, sul suolo o nel
sottosuolo  di  sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi
per l'ambiente.
                              ART. 301
              (attuazione del principio di precauzione)

  1. In applicazione del principio di precauzione di cui all'articolo
174,  paragrafo  2,  del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo
potenziali,  per  la  salute  umana  e  per  l'ambiente,  deve essere
assicurato un alto livello di protezione.
  2.  L'applicazione  del  principio  di  cui  al comma 1 concerne il
rischio  che  comunque  possa  essere  individuato  a  seguito di una
preliminare valutazione scientifica obiettiva.
  3. L'operatore interessato, quando emerga il rischio suddetto, deve
informarne senza indugio, indicando tutti gli aspetti pertinenti alla
situazione,  il  comune,  la  provincia,  la  regione  o la provincia
autonoma  nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonche' il
Prefetto  della  provincia  che,  nelle  ventiquattro ore successive,
informa  il  ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare)).
  4.  Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare)),  in applicazione del principio di precauzione, ha facolta' di
adottare  in  qualsiasi  momento  misure  di  prevenzione,  ai  sensi
dell'articolo 304, che risultino:
    a)  proporzionali rispetto al livello di protezione che s'intende
raggiungere;
    b)  non  discriminatorie  nella  loro applicazione e coerenti con
misure analoghe gia' adottate;
    c) basate sull'esame dei potenziali vantaggi ed oneri;
    d) aggiornabili alla luce di nuovi dati scientifici.
  5.  Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare))  promuove  l'informazione  del  pubblico  quanto  agli effetti
negativi  di  un  prodotto  o  di  un  processo e, tenuto conto delle
risorse  finanziarie previste a legislazione vigente, puo' finanziare
programmi di ricerca, disporre il ricorso a sistemi di certificazione
ambientale ed assumere ogni altra iniziativa volta a ridurre i rischi
di danno ambientale.
                              ART. 302
                            (definizioni)

   1   Lo  stato  di  conservazione  di  una  specie  e'  considerato
favorevole quando:
    a)  i dati relativi alla sua popolazione mostrano che essa si sta
mantenendo,  a lungo termine, come componente vitale dei suoi habitat
naturali;
    b)  l'area  naturale  della  specie  non  si sta riducendo ne' si
ridurra' verosimilmente in un futuro prevedibile;
    c)  esiste,  e verosimilmente continuera' ad esistere, un habitat
sufficientemente ampio per mantenerne la popolazione a lungo termine.

   2. Lo stato di conservazione di un habitat naturale e' considerato
favorevole quando:
    a)  la sua area naturale e le zone in essa racchiuse sono stabili
o in aumento;
    b)  le  strutture  e le funzioni specifiche necessarie per il suo
mantenimento  a lungo termine esistono e continueranno verosimilmente
a esistere in un futuro prevedibile; e
    c)  lo  stato  di  conservazione  delle  sue  specie  tipiche  e'
favorevole, ai sensi del comma 1.
   3. Per "acque" si intendono tutte le acque cui si applica la parte
terza del presente decreto.
   4.   Per   "operatore"   s'intende  qualsiasi  persona,  fisica  o
giuridica,  pubblica o privata, che esercita o controlla un'attivita'
professionale   avente   rilevanza  ambientale  oppure  chi  comunque
eserciti  potere  decisionale  sugli  aspetti tecnici e finanziari di
tale    attivita',    compresi    il    titolare   del   permesso   o
dell'autorizzazione a svolgere detta attivita'.
   5.  Per  "attivita'  professionale"  s'intende  qualsiasi  azione,
mediante  la  quale  si  perseguano  o meno fini di lucro, svolta nel
corso    di   un'attivita'   economica,   industriale,   commerciale,
artigianale,  agricola  e  di  prestazione  di  servizi,  pubblica  o
privata.
   6.  Per "emissione" s'intende il rilascio nell'ambiente, a seguito
dell'attivita'   umana,   di   sostanze,   preparati,   organismi   o
microrganismi.
   7.  Per  "minaccia  imminente"  di  danno  si  intende  il rischio
sufficientemente  probabile  che  stia  per verificarsi uno specifico
danno ambientale.
   8.  Per  "misure  di prevenzione" si intendono le misure prese per
reagire  a  un  evento,  un  atto  o  un'omissione  che ha creato una
minaccia  imminente  di  danno  ambientale,  al  fine  di  impedire o
minimizzare tale danno.
   9.  Per  "ripristino", anche "naturale", s'intende: nel caso delle
acque,  delle  specie  e  degli  habitat  protetti,  il ritorno delle
risorse   naturali   o   dei   servizi  danneggiati  alle  condizioni
originarie; nel caso di danno al terreno, l'eliminazione di qualsiasi
rischio  di  effetti  nocivi  per la salute umana e per la integrita'
ambientale.   In  ogni  caso  il  ripristino  deve  consistere  nella
riqualificazione  del  sito  e del suo ecosistema, mediante qualsiasi
azione o combinazione di azioni, comprese le misure di attenuazione o
provvisorie,  dirette  a  riparare,  risanare o, qualora sia ritenuto
ammissibile  dall'autorita' competente, sostituire risorse naturali o
servizi naturali danneggiati.
   10.  Per "risorse naturali" si intendono specie e habitat naturali
protetti, acqua e terreno.
   11.  Per "servizi" e "servizi delle risorse naturali" si intendono
le  funzioni svolte da una risorsa naturale a favore di altre risorse
naturali e/o del pubblico.
   12.  Per  "condizioni  originarie"  si intendono le condizioni, al
momento del danno, delle risorse naturali e dei servizi che sarebbero
esistite  se  non  si  fosse  verificato il danno ambientale, stimate
sulla base delle migliori informazioni disponibili.
   13. Per "costi" s'intendono gli oneri economici giustificati dalla
necessita'  di  assicurare  un'attuazione  corretta ed efficace delle
disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, compresi i
costi  per valutare il danno ambientale o una sua minaccia imminente,
per  progettare  gli  interventi  alternativi, per sostenere le spese
amministrative,  legali  e  di  realizzazione delle opere, i costi di
raccolta  dei  dati  ed  altri  costi  generali,  nonche' i costi del
controllo e della sorveglianza.
                              ART. 303
                            (esclusioni)

   1. La parte sesta del presente decreto:
    a)  non  riguarda  il danno ambientale o la minaccia imminente di
tale danno cagionati da:
     1)  atti  di  conflitto  armato,  sabotaggi,  atti di ostilita',
guerra civile, insurrezione;
     2)  fenomeni  naturali  di  carattere eccezionale, inevitabili e
incontrollabili;
    b)  non  si applica al danno ambientale o a minaccia imminente di
tale  danno provocati da un incidente per il quale la responsabilita'
o  l'indennizzo  rientrino  nell'ambito  d'applicazione  di una delle
convenzioni  internazionali elencate nell'allegato 1 alla parte sesta
del presente decreto cui la Repubblica italiana abbia aderito;
    c)  non  pregiudica  il  diritto  del trasgressore di limitare la
propria responsabilita' conformemente alla legislazione nazionale che
da'    esecuzione    alla   convenzione   sulla   limitazione   della
responsabilita'  per  crediti  marittimi  (LLMC)  del  1976,  o  alla
convenzione  di  Strasburgo  sulla  limitazione della responsabilita'
nella navigazione interna (CLNI) del 1988;
    d)  non  si  applica ai rischi nucleari relativi all'ambiente ne'
alla   minaccia   imminente   di  tale  danno  causati  da  attivita'
disciplinate   dal   Trattato   istitutivo  della  Comunita'  europea
dell'energia  atomica  o causati da un incidente o un'attivita' per i
quali  la  responsabilita'  o  l'indennizzo  rientrano  nel  campo di
applicazione   di   uno   degli   strumenti  internazionali  elencati
nell'allegato 2 alla parte sesta del presente decreto;
    e)  non  si  applica  alle  attivita'  svolte  in  condizioni  di
necessita'  ed  aventi  come  scopo esclusivo la difesa nazionale, la
sicurezza internazionale o la protezione dalle calamita' naturali;
    f)  non  si applica al danno causato da un'emissione, un evento o
un incidente verificatisi prima della data di entrata in vigore della
parte  sesta  del  presente  decreto  ((i  criteri  di determinazione
dell'obbligazione risarcitoria stabiliti dall'articolo 311, commi 2 e
3,  si  applicano  anche  alle  domande di risarcimento proposte o da
proporre  ai  sensi  dell'articolo  18 della legge 18 luglio 1986, n.
349, in luogo delle previsioni dei commi 6, 7 e 8 del citato articolo
18,  o  ai  sensi  del  titolo IX del libro IV del codice civile o ai
sensi   di   altre  disposizioni  non  aventi  natura  speciale,  con
esclusione  delle  pronunce passate in giudicato; ai predetti giudizi
trova,  inoltre,  applicazione  la  previsione  dell'articolo 315 del
presente decreto;))
    g)  non si applica al danno in relazione al quale siano trascorsi
piu'  di  trent'anni dall'emissione, dall'evento o dall'incidente che
l'hanno causato;
    h)  non  si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente
di  tale  danno  causati da inquinamento di carattere diffuso, se non
sia  stato  possibile accertare in alcun modo un nesso causale tra il
danno e l'attivita' di singoli operatori;
    i)  non  si  applica alle situazioni di inquinamento per le quali
siano  effettivamente  avviate le procedure relative alla bonifica, o
sia  stata  avviata  o sia intervenuta bonifica dei siti nel rispetto
delle  norme  vigenti in materia, salvo che ad esito di tale bonifica
non permanga un danno ambientale.

TITOLO II

PREVENZIONE E RIPRISTINO AMBIENTALE


                              ART. 304
                       (azione di prevenzione)

  1.  Quando  un  danno  ambientale  non  si e' ancora verificato, ma
esiste   una   minaccia   imminente  che  si  verifichi,  l'operatore
interessato  adotta,  entro  ventiquattro  ore  e a proprie spese, le
necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza.
  2.  L'operatore deve far precedere gli interventi di cui al comma 1
da  apposita comunicazione al comune, alla provincia, alla regione, o
alla  provincia  autonoma  nel  cui  territorio si prospetta l'evento
lesivo,  nonche'  al  Prefetto della provincia che nelle ventiquattro
ore successive informa il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio  e  del  mare)).  Tale comunicazione deve avere ad oggetto
tutti  gli  aspetti pertinenti della situazione, ed in particolare le
generalita'  dell'operatore, le caratteristiche del sito interessato,
le  matrici  ambientali  presumibilmente  coinvolte  e la descrizione
degli  interventi da eseguire. La comunicazione, non appena pervenuta
al  comune,  abilita  immediatamente  l'operatore  alla realizzazione
degli  interventi di cui al comma 1. Se l'operatore non provvede agli
interventi  di cui al comma 1 e alla comunicazione di cui al presente
comma,  l'autorita'  preposta  al controllo o comunque il ((Ministero
dell'ambiente  e  della tutela del territorio e del mare)) irroga una
sanzione  amministrativa  non  inferiore a mille euro ne' superiore a
tremila euro per ogni giorno di ritardo.
  3.  Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare)), in qualsiasi momento, ha facolta' di:
    a)  chiedere  all'operatore  di fornire informazioni su qualsiasi
minaccia  imminente  di  danno  ambientale o su casi sospetti di tale
minaccia imminente;
    b)  ordinare  all'operatore  di  adottare le specifiche misure di
prevenzione  considerate  necessarie,  precisando  le  metodologie da
seguire;
    c) adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie.
  4. Se l'operatore non si conforma agli obblighi previsti al comma 1
o al comma 3, lettera b), o se esso non puo' essere individuato, o se
non  e'  tenuto  a  sostenere  i  costi a norma della parte sesta del
presente  decreto,  il  ((Ministro  dell'ambiente  e della tutela del
territorio e del mare)) ha facolta' di adottare egli stesso le misure
necessarie  per  la  prevenzione  del danno, approvando la nota delle
spese,  con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o
concorso  a  causare  le  spese stesse, se venga individuato entro il
termine di cinque anni dall'effettuato pagamento.
                              ART. 305
                       (ripristino ambientale)

  1.  Quando  si  e' verificato un danno ambientale, l'operatore deve
comunicare   senza   indugio   tutti  gli  aspetti  pertinenti  della
situazione  alle  autorita'  di cui all'articolo 304, con gli effetti
ivi  previsti,  e,  se  del  caso,  alle  altre autorita' dello Stato
competenti, comunque interessate. L'operatore ha inoltre l'obbligo di
adottare immediatamente:
    a)    tutte    le   iniziative   praticabili   per   controllare,
circoscrivere,  eliminare  o  gestire  in  altro  modo,  con  effetto
immediato,  qualsiasi  fattore  di  danno,  allo scopo di prevenire o
limitare  ulteriori  pregiudizi  ambientali  ed effetti nocivi per la
salute  umana o ulteriori deterioramenti ai servizi, anche sulla base
delle  specifiche  istruzioni  formulate  dalle  autorita' competenti
relativamente alle misure di prevenzione necessarie da adottare;
   b) le necessarie misure di ripristino di cui all'articolo 306.
  2.  Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare)), in qualsiasi momento, ha facolta' di:
    a)  chiedere  all'operatore  di fornire informazioni su qualsiasi
danno  verificatosi  e sulle misure da lui adottate immediatamente ai
sensi del comma 1;
    b)  adottare,  o  ordinare  all'operatore  di  adottare, tutte le
iniziative  opportune  per  controllare,  circoscrivere,  eliminare o
gestire  in  altro  modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di
danno,  allo  scopo  di  prevenire  o  limitare  ulteriori pregiudizi
ambientali   e  effetti  nocivi  per  la  salute  umana  o  ulteriori
deterioramenti ai servizi;
    c)  ordinare  all'operatore  di  prendere le misure di ripristino
necessarie;
    d) adottare egli stesso le suddette misure.
  3.  Se  l'operatore non adempie agli obblighi previsti al comma 1 o
al  comma 2, lettera b) o c), o se esso non puo' essere individuato o
se  non  e'  tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del
presente  decreto,  il  ((Ministro  dell'ambiente  e della tutela del
territorio  e  del  mare))  ha  facolta' di adottare egli stesso tali
misure,  approvando  la  nota  delle  spese,  con  diritto di rivalsa
esercitabile verso chi abbia causato o comunque concorso a causare le
spese  stesse,  se  venga individuato entro il termine di cinque anni
dall'effettuato pagamento.
                              ART. 306
     (determinazione delle misure per il ripristino ambientale)

  1.  Gli operatori individuano le possibili misure per il ripristino
ambientale che risultino conformi all'allegato 3 alla parte sesta del
presente  decreto  e  le  presentano per l'approvazione al ((Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  del mare)) senza
indugio  e  comunque  non  oltre trenta giorni dall'evento dannoso, a
meno  che  questi  non  abbia  gia'  adottato misure urgenti, a norma
articolo 305, commi 2 e 3.
  2.  Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare))  decide  quali  misure  di  ripristino  attuare,  in  modo  da
garantire,  ove  possibile,  il conseguimento del completo ripristino
ambientale,  e  valuta l'opportunita' di addivenire ad un accordo con
l'operatore   interessato   nel   rispetto  della  procedura  di  cui
all'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
  3. Se si e' verificata una pluralita' di casi di danno ambientale e
l'autorita'  competente  non  e'  in  grado  di assicurare l'adozione
simultanea  delle misure di ripristino necessarie, essa puo' decidere
quale danno ambientale debba essere riparato a titolo prioritario. Ai
fini  di  tale  decisione,  l'autorita'  competente  tiene conto, fra
l'altro,  della  natura, entita' e gravita' dei diversi casi di danno
ambientale  in questione, nonche' della possibilita' di un ripristino
naturale.
  4.  Nelle  attivita' di ripristino ambientale sono prioritariamente
presi in considerazione i rischi per la salute umana.
  5.  Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare))  invita i soggetti di cui agli articoli 12 e 7, comma 4, della
direttiva  2004/35/CE, nonche' i soggetti sugli immobili dei quali si
devono  effettuare  le  misure  di  ripristino  a  presentare le loro
osservazioni   nel   termine   di   dieci   giorni  e  le  prende  in
considerazione  in  sede  di ordinanza. Nei casi di motivata, estrema
urgenza  l'invito puo' essere incluso nell'ordinanza, che in tal caso
potra'  subire  le  opportune riforme o essere revocata tenendo conto
dello stato dei lavori in corso.
                              ART. 307
       (notificazione delle misure preventive e di ripristino)

   1.   Le   decisioni   che  impongono  misure  di  precauzione,  di
prevenzione  o di ripristino, adottate ai sensi della parte sesta del
presente  decreto,  sono  adeguatamente  motivate  e comunicate senza
indugio  all'operatore  interessato  con  indicazione  dei  mezzi  di
ricorso di cui dispone e dei termini relativi.
                              ART. 308
        (costi dell'attivita' di prevenzione e di ripristino)

  1.  L'operatore  sostiene  i  costi  delle  iniziative  statali  di
prevenzione   e   di   ripristino   ambientale  adottate  secondo  le
disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.
  2.  Fatti  salvi  i  commi  4, 5 e 6, il ((Ministro dell'ambiente e
della  tutela  del territorio e del mare)) recupera, anche attraverso
garanzie  reali  o  fideiussioni  bancarie  a  prima  richiesta e con
esclusione  del beneficio della preventiva escussione, dall'operatore
che  ha  causato  il danno o l'imminente minaccia, le spese sostenute
dallo  Stato  in  relazione alle azioni di precauzione, prevenzione e
ripristino adottate a norma della parte sesta del presente decreto.
  3.  Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare))  determina di non recuperare la totalita' dei costi qualora la
spesa  necessaria  sia  maggiore  dell'importo recuperabile o qualora
l'operatore non possa essere individuato.
  4.  Non  sono  a  carico  dell'operatore  i  costi  delle azioni di
precauzione,  prevenzione  e  ripristino  adottate conformemente alle
disposizioni  di  cui  alla  parte sesta del presente decreto se egli
puo'  provare che il danno ambientale o la minaccia imminente di tale
danno:
    a)  e'  stato  causato  da un terzo e si e' verificato nonostante
l'esistenza di misure di sicurezza astrattamente idonee;
    b)  e'  conseguenza  dell'osservanza  di  un  ordine o istruzione
obbligatori  impartiti  da  una autorita' pubblica, diversi da quelli
impartiti  a  seguito  di  un'emissione  o di un incidente imputabili
all'operatore; in tal caso il ((Ministro dell'ambiente e della tutela
del   territorio  e  del  mare))  adotta  le  misure  necessarie  per
consentire all'operatore il recupero dei costi sostenuti.
  5.  L'operatore  non  e' tenuto a sostenere i costi delle azioni di
cui al comma 5 intraprese conformemente alle disposizioni di cui alla
parte  sesta  del  presente  decreto  qualora dimostri che non gli e'
attribuibile  un  comportamento  doloso  o colposo e che l'intervento
preventivo a tutela dell'ambiente e' stato causato da:
    a)   un'emissione   o   un  evento  espressamente  consentiti  da
un'autorizzazione  conferita  ai  sensi  delle  vigenti  disposizioni
legislative   e   regolamentari   recanti   attuazione  delle  misure
legislative  adottate  dalla  Comunita' europea di cui all'allegato 5
della  parte  sesta  del  presente  decreto,  applicabili  alla  data
dell'emissione  o  dell'evento e in piena conformita' alle condizioni
ivi previste;
    b)   un'emissione  o  un'attivita'  o  qualsiasi  altro  modo  di
utilizzazione   di   un   prodotto  nel  corso  di  un'attivita'  che
l'operatore  dimostri non essere stati considerati probabile causa di
danno  ambientale  secondo  lo  stato delle conoscenze scientifiche e
tecniche  al  momento  del  rilascio dell'emissione o dell'esecuzione
dell'attivita'.
  6.  Le  misure adottate dal ((Ministro dell'ambiente e della tutela
del  territorio  e del mare)) in attuazione delle disposizioni di cui
alla  parte  sesta  del  presente  decreto lasciano impregiudicata la
responsabilita'    e    l'obbligo   risarcitorio   del   trasgressore
interessato.
                              ART. 309
                  (richiesta di intervento statale)

  1.  Le  regioni,  le  province  autonome  e  gli enti locali, anche
associati,  nonche'  le  persone  fisiche o giuridiche che sono o che
potrebbero  essere  colpite  dal  danno  ambientale  o che vantino un
interesse  legittimante  la  partecipazione  al procedimento relativo
all'adozione  delle  misure  di  precauzione,  di  prevenzione  o  di
ripristino  previste  dalla  parte sesta del presente decreto possono
presentare  al ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e   del   mare)),   depositandole   presso  le  Prefetture  -  Uffici
territoriali  del  Governo,  denunce  e  osservazioni,  corredate  da
documenti  ed  informazioni,  concernenti  qualsiasi  caso  di  danno
ambientale  o  di  minaccia  imminente di danno ambientale e chiedere
l'intervento statale a tutela dell'ambiente a norma della parte sesta
del presente decreto.
  2.  Le  organizzazioni non governative che promuovono la protezione
dell'ambiente,  di  cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n.
349, sono riconosciute titolari dell'interesse di cui al comma 1.
  3.  Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare))  valuta  le  richieste di intervento e le osservazioni ad esse
allegate  afferenti casi di danno o di minaccia di danno ambientale e
informa  senza  dilazione  i  soggetti  richiedenti dei provvedimenti
assunti al riguardo.
  4.   In   caso  di  minaccia  imminente  di  danno,  il  ((Ministro
dell'ambiente   e   della   tutela   del  territorio  e  del  mare)),
nell'urgenza  estrema,  provvede  sul  danno  denunciato  anche prima
d'aver risposto ai richiedenti ai sensi del comma 3.
                              ART. 310
                              (ricorsi)

  1. I soggetti di cui all'articolo 309, comma 1, sono legittimati ad
agire,  secondo  i principi generali, per l'annullamento degli atti e
dei  provvedimenti  adottati  in violazione delle disposizioni di cui
alla  parte  sesta  del  presente decreto nonche' avverso il silenzio
inadempimento   del   Ministro   dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa
del  ritardo  nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle
misure  di  precauzione,  di  prevenzione o di contenimento del danno
ambientale.
  2.   Nell'ipotesi  di  cui  al  comma  1,  il  ricorso  al  giudice
amministrativo  ((.  .  .))  puo' essere preceduto da una opposizione
depositata  presso  il  Ministero  dell'ambiente  e  della tutela del
territorio  e  del mare o inviata presso la sua sede a mezzo di posta
raccomandata  con  avviso  di  ricevimento  entro trenta giorni dalla
notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto. In caso di
inerzia  del Ministro, analoga opposizione puo' essere proposta entro
il  suddetto  termine decorrente dalla scadenza del trentesimo giorno
successivo   all'effettuato   deposito   dell'opposizione  presso  il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  3. Se sia stata presentata l'opposizione e non ancora il ricorso al
giudice  amministrativo, quest'ultimo e' proponibile entro il termine
di  sessanta  giorni  decorrenti  dal  ricevimento della decisione di
rigetto  dell'opposizione  oppure  dal trentunesimo giorno successivo
alla  presentazione  dell'opposizione  se  il  Ministro  non  si  sia
pronunciato.
  4.  Resta  ferma  la  facolta' dell'interessato di ricorrere in via
straordinaria   al   Presidente   della  Repubblica  nel  termine  di
centoventi   giorni   dalla   notificazione,  comunicazione  o  piena
conoscenza  dell'atto  o  provvedimento  che si ritenga illegittimo e
lesivo.

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE


                              ART. 311
               (azione risarcitoria in forma specifica
                   e per equivalente patrimoniale)

  1.  Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare))  agisce, anche esercitando l'azione civile in sede penale, per
il  risarcimento  del  danno  ambientale  in  forma  specifica  e, se
necessario,  per  equivalente  patrimoniale,  oppure procede ai sensi
delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.
  2.  Chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attivita' o
comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di
provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o
violazione   di   norme   tecniche,   arrechi   danno   all'ambiente,
alterandolo,  deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, e'
obbligato  all'effettivo  ripristino  a  sue  spese  della precedente
situazione  e,  in  mancanza,  all'adozione  di misure di riparazione
complementare  e  compensativa  di  cui alla direttiva 2004/35/CE del
Parlamento  europeo  e  del Consiglio, del 21 aprile 2004, secondo le
modalita'  prescritte  dall'Allegato  II  alla medesima direttiva, da
effettuare entro il termine congruo di cui all'articolo 314, comma 2,
del  presente  decreto. Quando l'effettivo ripristino o l'adozione di
misure di riparazione complementare o compensativa risultino in tutto
o  in  parte  omessi,  impossibili  o eccessivamente onerosi ai sensi
dell'articolo  2058  del  codice  civile  o  comunque attuati in modo
incompleto  o  difforme rispetto a quelli prescritti, il danneggiante
e'  obbligato  in  via  sostitutiva  al  risarcimento per equivalente
patrimoniale  nei confronti dello Stato, determinato conformemente al
comma  3  del presente articolo, per finanziare gli interventi di cui
all'articolo 317, comma 5.
  3.  Alla  quantificazione  del  danno il ((Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare)) provvede in applicazione dei
criteri enunciati negli Allegati 3 e 4 della parte sesta del presente
decreto.  All'accertamento delle responsabilita' risarcitorie ed alla
riscossione  delle  somme  dovute  per  equivalente  patrimoniale  il
((Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare))
provvede  con le procedure di cui al titolo III della parte sesta del
presente  decreto.  Con  decreto  del  Ministro dell'ambiente e della
tutela  del  territorio  e del mare, da emanare entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi
dell'articolo  17,  comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono
definiti,   in   conformita'   a  quanto  previsto  dal  punto  1.2.3
dell'Allegato   II   alla   direttiva   2004/35/CE,   i   criteri  di
determinazione  del  risarcimento  per  equivalente  e dell'eccessiva
onerosita',  avendo  riguardo anche al valore monetario stimato delle
risorse  naturali  e dei servizi perduti e ai parametri utilizzati in
casi  simili  o materie analoghe per la liquidazione del risarcimento
per equivalente del danno ambientale in sentenze passate in giudicato
pronunciate  in  ambito nazionale e comunitario. Nei casi di concorso
nello  stesso  evento  di  danno,  ciascuno risponde nei limiti della
propria  responsabilita'  personale. Il relativo debito si trasmette,
secondo  le  leggi  vigenti, agli eredi nei limiti del loro effettivo
arricchimento.  Il presente comma si applica anche nei giudizi di cui
ai commi l e 2.
                              ART. 312
     (istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale)

   1.  L'istruttoria  per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale di
cui all'articolo 313 si svolge ai sensi della legge 7 agosto 1990, n.
241.
   2. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare)),  per  l'accertamento  dei  fatti,  per  l'individuazione  dei
trasgressori,  per l'attuazione delle misure a tutela dell'ambiente e
per  il  risarcimento dei danni, puo' delegare il Prefetto competente
per  territorio  ed  avvalersi,  anche mediante apposite convenzioni,
della  collaborazione  delle Avvocature distrettuali dello Stato, del
Corpo forestale dello Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Polizia
di  Stato,  della  Guardia  di  finanza e di qualsiasi altro soggetto
pubblico dotato di competenza adeguata.
   3. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare)),  per  l'accertamento  delle  cause  del  danno  e  per la sua
quantificazione,  da  effettuare  in  applicazione delle disposizioni
contenute negli Allegati 3 e 4 alla parte sesta del presente decreto,
puo'  disporre,  nel  rispetto  del principio del contraddittorio con
l'operatore  interessato,  apposita  consulenza  tecnica svolta dagli
uffici ministeriali, da quelli di cui al comma 2 oppure, tenuto conto
delle  risorse finanziarie previste a legislazione vigente, da liberi
professionisti.
   4. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare)),  al fine di procedere ad ispezioni documentali, verificazioni
e  ricerche  anche  in  apparecchiature  informatiche e ad ogni altra
rilevazione ritenuta utile per l'accertamento del fatto dannoso e per
l'individuazione  dei trasgressori, puo' disporre l'accesso di propri
incaricati nel sito interessato dal fatto dannoso. Gli incaricati che
eseguono  l'accesso  devono  essere muniti di apposita autorizzazione
che  ne  indica  lo  scopo,  rilasciata  dal capo dell'ufficio da cui
dipendono.  Per  l'accesso a locali che siano adibiti ad abitazione o
all'esercizio   di   attivita'   professionali   e'   necessario  che
l'Amministrazione   si   munisca  dell'autorizzazione  dell'autorita'
giudiziara  competente.  In ogni caso, dell'accesso nei luoghi di cui
al  presente comma dovra' essere informato il titolare dell'attivita'
o  un  suo  delegato, che ha il diritto di essere presente, anche con
l'assistenza  di  un  difensore  di fiducia, e di chiedere che le sue
dichiarazioni siano verbalizzate.
   5.  In  caso  di  gravi  indizi  che  facciano ritenere che libri,
registri,  documenti,  scritture  ed altre prove del fatto dannoso si
trovino  in  locali  diversi  da  quelli  indicati  nel  comma  4, il
((Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare))
puo'  chiedere  l'autorizzazione  per la perquisizione di tali locali
all'autorita' giudiziaria competente.
   6.  E'  in  ogni  caso  necessaria l'autorizzazione dell'autorita'
giudiziaria   competente   per   procedere,   durante   l'accesso,  a
perquisizioni  personali e all'apertura coattiva di pieghi sigillati,
borse,  casseforti,  mobili,  ripostigli  e  simili e per l'esame dei
documenti  e la richiesta di notizie relativamente ai quali sia stato
eccepito il segreto professionale.
   7.  Di  ogni  accesso  deve essere redatto processo verbale da cui
risultino  le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte
all'interessato  o  a  chi  lo  rappresenta  e  le risposte ricevute,
nonche'  le  sue  dichiarazioni.  Il verbale deve essere sottoscritto
dall'interessato  o  da  chi  lo  rappresenta oppure deve indicare il
motivo  della  mancata  sottoscrizione.  L'interessato  ha diritto di
averne copia.
   8.  I documenti e le scritture possono essere sequestrati soltanto
se  non  sia  possibile  riprodurne  o  farne constare agevolmente il
contenuto   rilevante   nel  verbale,  nonche'  in  caso  di  mancata
sottoscrizione o di contestazione del contenuto del verbale; tuttavia
gli  agenti  possono  sempre  acquisire  dati con strumenti propri da
sistemi meccanografici, telematici, elettronici e simili.
                              ART. 313
                             (ordinanza)

   1.  Qualora all'esito dell'istruttoria di cui all'articolo 312 sia
stato  accertato  un  fatto  che abbia causato danno ambientale ed il
responsabile  non  abbia attivato le procedure di ripristino ai sensi
del  titolo V della parte quarta del presente decreto oppure ai sensi
degli  articoli  304  e seguenti, il ((Ministro dell'ambiente e della
tutela  del  territorio  e  del  mare)), con ordinanza immediatamente
esecutiva,  ingiunge  a coloro che, in base al suddetto accertamento,
siano  risultati  responsabili  del  fatto il ripristino ambientale a
titolo di risarcimento in forma specifica entro un termine fissato.
   2.  Qualora  il  responsabile  del  fatto  che  ha provocato danno
ambientale non provveda in tutto o in parte al ripristino nel termine
ingiunto,  o  il  ripristino risulti in tutto o in parte impossibile,
oppure  eccessivamente oneroso ai sensi dell'articolo 2058 del codice
civile,  il  ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare)), con successiva ordinanza, ingiunge il pagamento, entro il
termine  di  sessanta  giorni  dalla  notifica,  di una somma pari al
valore  economico  del  danno  accertato  o  residuato,  a  titolo di
risarcimento per equivalente pecuniario.
   3.  Con  riguardo  al  risarcimento  del danno in forma specifica,
l'ordinanza  e'  emessa  nei  confronti  del  responsabile  del fatto
dannoso  nonche', in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse
il  comportamento  fonte  del  danno  e'  stato tenuto o che ne abbia
obiettivamente  tratto vantaggio sottraendosi, secondo l'accertamento
istruttorio   intervenuto,   all'onere   economico   necessario   per
apprestare,  in via preventiva, le opere, le attrezzature, le cautele
e  tenere  i  comportamenti  previsti  come  obbligatori  dalle norme
applicabili.
   4.  L'ordinanza  e' adottata nel termine perentorio di centottanta
giorni  decorrenti  dalla comunicazione ai soggetti di cui al comma 3
dell'avvio dell'istruttoria, e comunque entro il termine di decadenza
di  due  anni  dalla  notizia del fatto, salvo quando sia in corso il
ripristino  ambientale a cura e spese del trasgressore. In tal caso i
medesimi  termini  decorrono  dalla  sospensione  ingiustificata  dei
lavori  di  ripristino  oppure  dalla  loro  conclusione  in  caso di
incompleta  riparazione  del  danno. Alle attestazioni concernenti la
sospensione dei lavori e la loro incompletezza provvede il ((Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) con apposito
atto di accertamento.
   5.  Nei  termini  previsti  dai commi 1 e 3 dell'articolo 2947 del
codice  civile,  il  ((Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e  del  mare))  puo' adottare ulteriori provvedimenti nei
confronti di trasgressori successivamente individuati.
   6.  Nel  caso  di  danno  provocato  da  soggetti  sottoposti alla
giurisdizione  della  Corte  dei conti, il ((Ministro dell'ambiente e
della  tutela  del  territorio  e  del mare)), anziche' ingiungere il
pagamento   del  risarcimento  per  equivalente  patrimoniale,  invia
rapporto   all'Ufficio   di   Procura  regionale  presso  la  Sezione
giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio.
   7. Nel caso di intervenuto risarcimento del danno, sono esclusi, a
seguito  di  azione  concorrente  da  parte  di autorita' diversa dal
((Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)),
nuovi  interventi  comportanti  aggravio  di  costi  per  l'operatore
interessato.  Resta  in  ogni  caso  fermo  il  diritto  dei soggetti
danneggiati  dal  fatto  produttivo  di  danno ambientale, nella loro
salute  o  nei  beni  di  loro  proprieta',  di agire in giudizio nei
confronti  del  responsabile  a  tutela dei diritti e degli interessi
lesi.
                              ART. 314
                     (contenuto dell'ordinanza)

   1.   L'ordinanza   contiene  l'indicazione  specifica  del  fatto,
commissivo  o  omissivo,  contestato, nonche' degli elementi di fatto
ritenuti  rilevanti  per  l'individuazione  e  la quantificazione del
danno e delle fonti di prova per l'identificazione dei trasgressori.
   2.   L'ordinanza   fissa  un  termine,  anche  concordato  con  il
trasgressore  in  applicazione  dell'articolo 11 della legge 7 agosto
1990,  n.  241, per il ripristino dello stato dei luoghi a sue spese,
comunque  non  inferiore a due mesi e non superiore a due anni, salvo
ulteriore  proroga  da  definire  in  considerazione dell'entita' dei
lavori necessari.
   3.  La  quantificazione  del danno deve comprendere il pregiudizio
arrecato  alla  situazione  ambientale con particolare riferimento al
costo  necessario  per  il  suo ripristino. Ove non sia motivatamente
possibile l'esatta quantificazione del danno non risarcibile in forma
specifica,  o di parte di esso, il danno per equivalente patrimoniale
si  presume,  fino  a  prova contraria, di ammontare non inferiore al
triplo   della   somma   corrispondente   alla   sanzione  pecuniaria
amministrativa,  oppure  alla sanzione penale, in concreto applicata.
Se   sia   stata   erogata   una   pena   detentiva,  al  fine  della
quantificazione  del danno di cui al presente articolo, il ragguaglio
fra  la  stessa e la somma da addebitare a titolo di risarcimento del
danno  ha  luogo  calcolando  quattrocento euro per ciascun giorno di
pena detentiva.
   4.  In caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione
del  provvedimento  di  cui  all'articolo 444 del codice di procedura
penale,  la  cancelleria  del giudice che ha emanato la sentenza o il
provvedimento   trasmette   copia   degli   stessi   al   ((Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) entro cinque
giorni dalla loro pubblicazione.
   5. Le regioni, le province autonome e gli altri enti territoriali,
al   fine  del  risarcimento  del  danno  ambientale,  comunicano  al
((Ministero  dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare))
le   sanzioni   amministrative,   entro  dieci  giorni  dall'avvenuta
irrogazione.
   6.  Le ordinanze ministeriali di cui agli articoli 304, comma 3, e
313 indicano i mezzi di ricorso ed i relativi termini.
                              ART. 315
          (effetti dell'ordinanza sull'azione giudiziaria)

   1. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare))  che  abbia  adottato  l'ordinanza di cui all'articolo 313 non
puo'  ne'  proporre  ne'  procedere ulteriormente nel giudizio per il
risarcimento    del   danno   ambientale,   salva   la   possibilita'
dell'intervento  in qualita' di persona offesa dal reato nel giudizio
penale.
                              ART. 316
                    (ricorso avverso l'ordinanza)

   1. Il trasgressore, entro il termine perentorio di sessanta giorni
dalla  comunicazione  dell'ordinanza  di  cui  all'articolo 313, puo'
ricorrere al Tribunale amministrativo regionale ((...)) competente in
relazione al luogo nel quale si e' prodotto il danno ambientale.
   2. Il trasgressore puo' far precedere l'azione giurisdizionale dal
ricorso in opposizione di cui all'articolo 310, commi 2 e 3.
   3.  Il  trasgressore  puo' proporre altresi' ricorso al Presidente
della  Repubblica  nel  termine  di  centoventi giorni dalla ricevuta
notificazione  o  comunicazione  dell'ordinanza  o  dalla  sua  piena
conoscenza.
                              ART. 317
           (riscossione dei crediti e fondo di rotazione)

   1.  Per la riscossione delle somme costituenti credito dello Stato
ai  sensi  delle  disposizioni  di  cui alla parte sesta del presente
decreto,  nell'ammontare  determinato  dal ((Ministro dell'ambiente e
della  tutela del territorio e del mare)) o dal giudice, si applicano
le norme di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.
   2.  Nell'ordinanza  o  nella  sentenza  puo'  essere  disposto, su
richiesta  dell'interessato  che  si  trovi  in condizioni economiche
disagiate,  che gli importi dovuti vengano pagati in rate mensili non
superiori al numero di venti; ciascuna rata non puo' essere inferiore
comunque ad euro cinquemila.
   3. In ogni momento il debito puo' essere estinto mediante un unico
pagamento.
   4. Il mancato adempimento anche di una sola rata alla sua scadenza
comporta  l'obbligo  di  pagamento  del  residuo  ammontare  in unica
soluzione.
   5.  Le  somme  derivanti  dalla  riscossione dei crediti in favore
dello  Stato  per  il  risarcimento del danno ambientale disciplinato
dalla parte sesta del presente decreto, ivi comprese quelle derivanti
dall'escussione  di  fidejussioni  a  favore  dello  Stato, assunte a
garanzia  del  risarcimento  medesimo,  affluiscono  al  fondo di cui
all'articolo  7-quinquies,  comma  1,  del  decreto-legge 10 febbraio
2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009,
n. 33, per essere destinate alle seguenti finalita':
    a)  interventi  urgenti  di  perimetrazione,  caratterizzazione e
messa  in sicurezza dei siti inquinati, con priorita' per le aree per
le quali ha avuto luogo il risarcimento del danno ambientale;
    b)   interventi   di   disinquinamento,   bonifica  e  ripristino
ambientale  delle aree per le quali abbia avuto luogo il risarcimento
del danno ambientale;
    c)  interventi  di  bonifica e ripristino ambientale previsti nel
programma  nazionale  di  bonifica  e  ripristino ambientale dei siti
inquinati;
    d)  attivita'  dei  centri  di  ricerca nel campo delle riduzioni
delle  emissioni  di gas ad effetto serra e dei cambiamenti climatici
globali.
   6.  COMMA  ABROGATO  DAL D.L. 25 SETTEMBRE 2009, N. 135 CONVERTITO
CON MODIFICAZIONI DALLA L. 20 NOVEMBRE 2009, N. 166.
                              ART. 318
                    (norme transitorie e finali)

   1.  Nelle  more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 317,
comma   6,   continua   ad   applicarsi  il  decreto  del  ((Ministro
dell'ambiente  e  della tutela del territorio e del mare)) 14 ottobre
2003.
   2. Sono abrogati:
    a)  l'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, ad eccezione
del comma 5;
    b) l'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000,
n. 267;
    c)  l'articolo  1,  commi 439, 440, 441, 442 e 443 della legge 23
dicembre 2005, n. 266.
   3.  In attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2004/35/CE, con
decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  adottato su
proposta del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare)) di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e
delle  attivita'  produttive, sono adottate misure per la definizione
di  idonee  forme  di  garanzia  e  per  lo sviluppo dell'offerta dei
relativi  strumenti, in modo da consentirne l'utilizzo da parte degli
operatori interessati ai fini dell'assolvimento delle responsabilita'
ad essi incombenti ai sensi della parte sesta del presente decreto.
   4.  Quando  un  danno  ambientale  riguarda  o puo' riguardare una
pluralita'   di  Stati  membri  dell'Unione  europea,  il  ((Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio e del mare)) coopera,
anche   attraverso   un  appropriato  scambio  di  informazioni,  per
assicurare  che  sia  posta  in essere un'azione di prevenzione e, se
necessario, di riparazione di tale danno ambientale. In tale ipotesi,
quando  il danno ambientale ha avuto origine nel territorio italiano,
il  ((Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio e del
mare))   fornisce   informazioni   sufficienti   agli   Stati  membri
potenzialmente  esposti  ai  suoi  effetti.  Se il Ministro individua
entro  i confini del territorio nazionale un danno la cui causa si e'
invece  verificata  al  di  fuori di tali confini, esso ne informa la
Commissione  europea  e  qualsiasi altro Stato membro interessato; il
Ministro  puo'  raccomandare l'adozione di misure di prevenzione o di
riparazione  e  puo' cercare, ai sensi della parte sesta del presente
decreto,  di  recuperare  i costi sostenuti in relazione all'adozione
delle misur e di prevenzione o riparazione.
    Il  presente  decreto,  munito  del  sigillo  dello  Stato, sara'
inserito   nella   Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della
Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo
e di farlo osservare.
      Dato a Roma, addi' 3 aprile 2006
                               CIAMPI

                            Berlusconi,  Presidente  del
                            Consiglio dei Ministri
                            Matteoli,   Ministro   dell'ambiente
                            e della tutela del territorio
                            La  Malfa,  Ministro  per  le
                            Politiche comunitarie
                            Baccini,   Ministro per la funzione
                            pubblica
                            La Loggia, Ministro per gli affari
                            regionali
                            Pisanu, Ministro dell'interno
                            Castelli, Ministro della giustizia
                            Martino, Ministro della difesa
                            Tremonti, Ministro dell'economia  e
                            delle finanze
                            Scajola, Ministro delle attivita'
                            produttive
                            Berlusconi, Ministro della salute ad
                            interim
                            Lunardi, Ministro delle infrastrutture
                            e dei trasporti
                            Alemanno, Ministro delle  politiche
                            agricole e forestali


Visto, il Guardasigilli: Castelli
                             ALLEGATO I 
 
((Criteri per la verifica di assoggettabilita' di piani  e  programmi
di cui all'articolo 12. 
 
  1. Caratteristiche del piano o  del  programma,  tenendo  conto  in
particolare, dei seguenti elementi: 
  - in quale misura il piano o il programma stabilisce un  quadro  di
riferimento per progetti ed altre attivita', o  per  quanto  riguarda
l'ubicazione, la natura, le dimensioni e le  condizioni  operative  o
attraverso la ripartizione delle risorse; 
  - in quale misura il piano o il programma influenza altri  piani  o
programmi, inclusi quelli gerarchicamente ordinati; 
  - la pertinenza del piano o del programma per l'integrazione  delle
considerazioni ambientali, in particolare al fine  di  promuovere  lo
sviluppo sostenibile; 
  - problemi ambientali pertinenti al piano o al programma; 
  - la rilevanza del piano o del  programma  per  l'attuazione  della
normativa comunitaria nel  settore  dell'ambiente  (ad  es.  piani  e
programmi connessi alla gestione dei rifiuti o alla protezione  delle
acque). 
  2. Caratteristiche degli impatti e delle aree  che  possono  essere
interessate, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi: 
  - probabilita', durata, frequenza e reversibilita' degli impatti; 
  - carattere cumulativo degli impatti; 
  - natura transfrontaliera degli impatti; 
  - rischi per la salute umana o per l'ambiente (ad es.  in  caso  di
incidenti); 
  - entita' ed estensione nello spazio degli impatti (area geografica
e popolazione potenzialmente interessate); 
  - valore e vulnerabilita' dell'area che potrebbe essere interessata
a causa: 
    -  delle  speciali  caratteristiche  naturali  o  del  patrimonio
culturale, 
    - del superamento dei livelli di qualita' ambientale o dei valori
limite dell'utilizzo intensivo del suolo; 
  - impatti su aree o paesaggi riconosciuti come protetti  a  livello
nazionale, comunitario o internazionale.)) 
                             ALLEGATO II 
 
Progetti di competenza statale 
 
  1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono
soltanto lubrificanti dal  petrolio  greggio),  nonche'  impianti  di
gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate  al  giorno
di  carbone  o   di   scisti   bituminosi,   nonche'   terminali   di
rigassificazione di gas naturale liquefatto. 
  2) Installazioni relative a: 
    - centrali termiche ed altri impianti di combustione con  potenza
termica di almeno 300 MW; 
    - centrali  per  la  produzione  dell'energia  idroelettrica  con
potenza di concessione superiore a 30 MW incluse le dighe  ed  invasi
direttamente asserviti; 
    -  Impianti  per  l'estrazione  dell'amianto,  nonche'   per   il
trattamento  e  la  trasformazione  dell'amianto   e   dei   prodotti
contenenti amianto; 
    - centrali  nucleari  e  altri  reattori  nucleari,  compreso  lo
smantellamento e lo smontaggio di tali centrali e  reattori  (esclusi
gli impianti di ricerca per la  produzione  e  la  lavorazione  delle
materie fissili e fertili, la cui potenza massima non supera 1 kW  di
durata permanente termica). 
  3) Impianti destinati: 
    - al ritrattamento di combustibili nucleari irradiati; 
    - alla produzione o all'arricchimento di combustibili nucleari; 
    - al trattamento di combustibile nucleare irradiato o di  residui
altamente radioattivi; 
    -  allo  smaltimento   definitivo   dei   combustibili   nucleari
irradiati; 
    -  esclusivamente  allo   smaltimento   definitivo   di   residui
radioattivi; 
    - esclusivamente allo stoccaggio  (previsto  per  piu'  di  dieci
anni) di combustibile nucleare irradiato o di residui radioattivi  in
un sito diverso da quello di produzione. 
  4) Elettrodotti aerei con tensione nominale di esercizio  superiore
a 150 kV  e  con  tracciato  di  lunghezza  superiore  a  15  km.  ed
elettrodotti in cavo interrato in corrente alternata,  con  tracciato
di lunghezza superiore a 40 chilometri". 
  5)  Acciaierie  integrate  di   prima   fusione   della   ghisa   e
dell'acciaio. 
  6) Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione  su
scala industriale, mediante processi di  trasformazione  chimica,  di
sostanze, in  cui  si  trovano  affiancate  varie  unita'  produttive
funzionalmente connesse tra di loro: 
    - per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base,  con
capacita'  produttiva  complessiva  annua  per  classe  di  prodotto,
espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie1 di seguito
indicate: 
    

---------------------------------------------------------------------
Classe di prodotto                                 |Soglie* (Gg/anno)
---------------------------------------------------------------------
a) idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi |
o insaturi, alifatici o aromatici)                 |       200
---------------------------------------------------------------------
b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli,    |
aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri,      |
acetati, eteri, perossidi, resine, epossidi        |       200
---------------------------------------------------------------------
c) idrocarburi solforati                           |       100
---------------------------------------------------------------------
d) idrocarburi azotati, segnatamente ammine, amidi,|
composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili,      |
cianati, isocianati                                |       100
---------------------------------------------------------------------
e) idrocarburi fosforosi                           |       100
---------------------------------------------------------------------
f) idrocarburi alogenati                           |       100
---------------------------------------------------------------------
g) composti organometallici                        |       100
---------------------------------------------------------------------
h) materie plastiche di base (polimeri, fibre      |
sintetiche, fibre a base di cellulosa)             |       100
---------------------------------------------------------------------
i) gomme sintetiche                                |       100
---------------------------------------------------------------------

    
    - per la fabbricazione di prodotti chimici  inorganici  di  base,
con capacita' produttiva complessiva annua per  classe  di  prodotto,
espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie2 di seguito
indicate: 
    

---------------------------------------------------------------------
Classe di prodotto                                 |Soglie* (Gg/anno)
---------------------------------------------------------------------
j) gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di        |
idrogeno, fluoro o fluoruro di idrogeno, ossidi di |
carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto,      |
idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile|       100
---------------------------------------------------------------------
k) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico,  |
acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico,  |
acido solforico, oleum e acidi solforati           |       100
---------------------------------------------------------------------
l) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di   |
potassio, idrossido di sodio                       |       100
---------------------------------------------------------------------

    
    - per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto,
potassio (fertilizzanti semplici o composti) con capacita' produttiva
complessiva annua superiore a 300 milioni di chilogrammi (intesa come
somma  delle  capacita'  produttive  relative  ai  singoli   composti
elencati nella presente classe di prodotto). 
  7) Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare. 
  7-bis) Impianti eolici  per  la  produzione  di  energia  elettrica
ubicati in mare (28) 
  ((7-ter) Attivita' di esplorazione in mare e sulla  terraferma  per
lo stoccaggio geologico di biossido di carbonio a norma  del  decreto
legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in  materia  di
stoccaggio geologico.)) 
  8) Stoccaggio: 
    - di prodotti chimici, petrolchimici  con  capacita'  complessiva
superiore a 80.000 m3 ; 
    - superficiale di gas  naturali  con  una  capacita'  complessiva
superiore a 80.000 m3 ; 
    - di  prodotti  di  gas  di  petrolio  liquefatto  con  capacita'
complessiva superiore a 40.000 m3 ; 
    -  di  prodotti  petroliferi  liquidi  di  capacita'  complessiva
superiore a 80.000 m3 ; 
    - di  prodotti  combustibili  solidi  con  capacita'  complessiva
superiore a 150.000 t. 
  ((9) Condutture di diametro superiore  a  800  mm  e  di  lunghezza
superiore a 40 km; 
    per il trasporto di gas, petrolio e prodotti chimici, e; 
    per il trasporto dei flussi di biossido di  carbonio  (CO2  )  ai
fini dello stoccaggio geologico, comprese  le  relative  stazioni  di
spinta intermedie.)) 
    10) Opere relative a 
    - tronchi ferroviari per il traffico a  grande  distanza  nonche'
aeroporti con  piste  di  atterraggio  superiori  a  1.500  metri  di
lunghezza; 
    - autostrade e strade riservate alla circolazione automobilistica
o tratti di esse, accessibili solo attraverso svincoli o intersezioni
controllate e sulle quali sono vietati tra  l'altro  l'arresto  e  la
sosta di autoveicoli; 
    - strade extraurbane a quattro o piu' corsie o raddrizzamento e/o
allargamento di strade esistenti a due corsie al massimo per renderle
a quattro o piu' corsie, sempre che la nuova strada o  il  tratto  di
strada raddrizzato e/o allargato abbia una lunghezza ininterrotta  di
almeno 10 km; 
    - parcheggi interrati che interessano superfici superiori ai 5ha,
localizzati  nei  centri  storici  o  in  aree  soggette  a   vincoli
paesaggistici decretati con atti ministeriali  o  facenti  parte  dei
siti UNESCO. 
  11) Porti marittimi commerciali, nonche' vie navigabili e porti per
la navigazione interna accessibili a navi di stazza superiore a  1350
tonnellate. Terminali marittimi, da intendersi quali  moli,  pontili,
boe galleggianti, isole a  mare  per  il  carico  e  lo  scarico  dei
prodotti, collegati con la terraferma e l'esterno dei porti  (esclusi
gli attracchi per navi traghetto), che  possono  accogliere  navi  di
stazza superiore a 1350 tonnellate, comprese  le  attrezzature  e  le
opere funzionalmente connesse. 
  12) Interventi per la difesa del mare: 
    - terminali per il  carico  e  lo  scarico  degli  idrocarburi  e
sostanze pericolose; 
    - piattaforme di lavaggio delle acque di zavorra delle navi; 
    - condotte sottomarine per il trasporto degli idrocarburi; 
    - sfruttamento minerario piattaforma continentale. 
  13) impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque
in modo durevole, di altezza superiore a 15 m o  che  determinano  un
volume  d'invaso  superiore  ad  1.000.000  m3  ,  nonche'   impianti
destinati a  trattenere,  regolare  o  accumulare  le  acque  a  fini
energetici in modo durevole, di  altezza  superiore  a  10  m  o  che
determinano un volume d'invaso superiore a 100.000 m3 . 
  14) Trivellazioni in profondita'  per  lo  stoccaggio  dei  residui
nucleari. 
  15)  Interporti  finalizzati  al  trasporto  merci  e   in   favore
dell'intermodalita' di cui  alla  legge  4  agosto  1990,  n.  240  e
successive modifiche, comunque  comprendenti  uno  scalo  ferroviario
idoneo a formare o ricevere treni  completi  e  in  collegamento  con
porti, aeroporti e viabilita' di grande comunicazione. 
  16) Opere  ed  interventi  relativi  a  trasferimenti  d'acqua  che
prevedano o  possano  prevedere  trasferimento  d'acqua  tra  regioni
diverse e cio' travalichi i comprensori  di  riferimento  dei  bacini
idrografici istituiti a norma della legge 18 maggio 1989, n. 183. 
  17) Stoccaggio di gas combustibile e di CO2 in serbatoi sotterranei
naturali in unita'  geologiche  profonde  e  giacimenti  esauriti  di
idrocarburi. 
  ((17-bis) Impianti per la cattura di flussi di CO2  provenienti  da
impianti che rientrano nel presente allegato o  impianti  di  cattura
nei quali il quantitativo complessivo annuo di CO2 catturato e'  pari
ad almeno  1,5  milioni  di  tonnellate,  ai  fini  dello  stoccaggio
geologico a  norma  del  decreto  legislativo  di  recepimento  della
direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico  di  biossido
di carbonio;)) 
  18) Ogni modifica o estensione dei progetti elencati  nel  presente
allegato, ove la modifica o l'estensione di  per  se'  sono  conformi
agli eventuali limiti stabiliti nel presente allegato. 
 
-------------------- 
 1 Le soglie della tabella sono riferite alla somma  delle  capacita'
produttive  relative  ai  singoli  composti  che  sono  riportati  in
un'unica riga 
 2 Le soglie della tabella sono riferite alla somma  delle  capacita'
produttive  relative  ai  singoli  composti  che  sono  riportati  in
un'unica riga. 
 
 
------------- 
AGGIORNAMENTO (28) 
  La L. 23 luglio 2009, n. 99, ha disposto (con l'art. 42,  comma  3)
che "In relazione ai progetti di cui al numero  7-bis)  dell'allegato
II alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152,
introdotto dal  comma  1  del  presente  articolo,  le  procedure  di
valutazione di impatto ambientale avviate prima della data di entrata
in vigore della presente legge sono concluse  ai  sensi  delle  norme
vigenti al momento del loro avvio. Per le medesime procedure  avviate
prima della data di entrata in vigore della presente legge  e'  fatta
salva  la  facolta'  dei  proponenti  di  richiedere   al   Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro  trenta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,  che  la
procedura  di  valutazione  di  impatto  ambientale  sia  svolta   in
conformita' a quanto disposto dal comma 1". 
                            ALLEGATO III 
 
Progetti di competenza delle regioni e  delle  province  autonome  di
Trento e Bolzano. 
 
  a) Recupero di suoli dal mare per una superficie che superi  i  200
ettari. 
  b) Utilizzo non energetico di acque superficiali nei casi in cui la
derivazione superi i 1.000 litri al secondo e  di  acque  sotterranee
ivi comprese acque minerali e termali, nei casi in cui la derivazione
superi i 100 litri al secondo. 
  c) Impianti termici per la produzione di energia elettrica,  vapore
e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW; 
  c bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla
terraferma, con procedimento nel quale e' prevista la  partecipazione
obbligatoria del  rappresentante  del  Ministero  per  i  beni  e  le
attivita' culturali; 
  d) Impianti industriali destinati: 
    - alla fabbricazione di pasta per carta a partire dal legno o  da
altre materie fibrose; 
    -  alla  fabbricazione  di  carta  e  cartoni  con  capacita'  di
produzione superiore a 200 tonnellate al giorno. 
  e) Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione  su
scala industriale, mediante processi di  trasformazione  chimica,  di
sostanze, in  cui  si  trovano  affiancate  varie  unita'  produttive
funzionalmente connesse tra di loro: 
    - per la fabbricazione  di  prodotti  chimici  organici  di  base
(progetti non inclusi nell'Allegato II); 
    - per la fabbricazione di prodotti  chimici  inorganici  di  base
(progetti non inclusi nell'Allegato II); 
    - per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto,
potassio (fertilizzanti semplici o composti)  (progetti  non  inclusi
nell'Allegato II); 
    - per la fabbricazione di prodotti  di  base  fitosanitari  e  di
biocidi; 
    - per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base  mediante
procedimento chimico o biologico; 
    - per la fabbricazione di esplosivi. 
  f) Trattamento di prodotti intermedi e  fabbricazione  di  prodotti
chimici per una capacita' superiore alle  35.000  t/anno  di  materie
prime lavorate. 
  g)  Produzione  di  pesticidi,  prodotti  farmaceutici,  pitture  e
vernici, elastomeri  e  perossidi,  per  insediamenti  produttivi  di
capacita' superiore alle 35.000 t/anno di materie prime lavorate. 
  h) Stoccaggio di petrolio, prodotti  petroliferi,  petrolchimici  e
chimici pericolosi, a sensi della legge 29 maggio  1974,  n.  256,  e
successive  modificazioni,  con  capacita'  complessiva  superiore  a
40.000 m3 . 
  i) Impianti per la concia  del  cuoio  e  del  pellame  qualora  la
capacita' superi le 12 tonnellate di prodotto finito al giorno. 
  l) Porti turistici e da  diporto  quando  lo  specchio  d'acqua  e'
superiore a 10 ettari o le aree  esterne  interessate  superano  i  5
ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri. 
  m) Impianti  di  smaltimento  e  recupero  di  rifiuti  pericolosi,
mediante operazioni di cui all'allegato B, lettere D1, D5, D9, D10  e
D11, ed all'allegato C, lettera R1, della parte  quarta  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152. 
  n) Impianti di smaltimento e recupero di  rifiuti  non  pericolosi,
con capacita'  superiore  a  100  t/giorno,  mediante  operazioni  di
incenerimento o di trattamento di cui all'allegato B, lettere D9, D10
e D 11, ed all'allegato C, lettera R1, della parte quarta del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152. 
  o) Impianti di smaltimento  dei  rifiuti  non  pericolosi  mediante
operazioni  di  raggruppamento  o  ricondizionamento  preliminari   e
deposito  preliminare,  con  capacita'  superiore  a   200   t/giorno
(operazioni di cui all'allegato B, lettere D13  e  D14,  della  parte
quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152). 
  p) Discariche  di  rifiuti  urbani  non  pericolosi  con  capacita'
complessiva superiore a 100.000 m3 (0perazioni di cui all'allegato B,
lettere D1 e D5, della parte quarta del decreto legislativo 3  aprile
2006,  n.  152);  discariche  di  rifiuti  speciali  non   pericolosi
(operazioni di cui all'allegato B,  lettere  D1  e  D5,  della  parte
quarta  del  decreto  legislativo  152/2006),  ad  esclusione   delle
discariche per inerti con capacita' complessiva sino a 100.000 m3 . 
  q) Impianti di  smaltimento  di  rifiuti  non  pericolosi  mediante
operazioni di deposito preliminare, con capacita' superiore a 150.000
m3 oppure con capacita' superiore a 200 t/giorno (operazioni  di  cui
all'allegato  B,  lettera  D15,  della  parte  quarta   del   decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152). 
  r) Impianti di depurazione delle acque con potenzialita'  superiore
a 100.000 abitanti equivalenti. 
  s) Cave e torbiere con piu' di 500.000 m3 /a di materiale  estratto
o di un'area interessata superiore a 20 ettari. 
  t) Dighe ed altri  impianti  destinati  a  trattenere,  regolare  o
accumulare le acque in modo durevole,  ai  fini  non  energetici,  di
altezza superiore a 10 m e/o di capacita' superiore a 100.000 m3 . 
  u)  Attivita'  di  coltivazione  sulla  terraferma  delle  sostanze
minerali di miniera di cui all'art. 2, comma 2  del  R.D.  29  luglio
1927, n. 1443. 
  v) Attivita' di coltivazione  sulla  terraferma  degli  idrocarburi
liquidi e gassosi e delle risorse geotermiche. 
  z) Elettrodotti aerei per il trasporto  di  energia  elettrica  con
tensione  nominale  superiore  100  kV  con  tracciato  di  lunghezza
superiore a 10 km. 
  aa) Impianti di  smaltimento  di  rifiuti  mediante  operazioni  di
iniezione in  profondita',  lagunaggio,  scarico  di  rifiuti  solidi
nell'ambiente  idrico,  compreso  il  seppellimento  nel   sottosuolo
marino,  deposito  permanente  (operazioni  di  cui  all'allegato  B,
lettere D3, D4,  D6,  D7  e  Dl2,  della  parte  quarta  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152). 
  ab)  Stoccaggio  di  gas  combustibili  in   serbatoi   sotterranei
artificiali con una capacita' complessiva superiore a 80.000 m3 . 
  ac) Impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini  con
piu' di: 
    - 85000 posti per polli da ingrasso, 60000 posti per galline; 
    - 3000 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o 
    - 900 posti per scrofe. 
  ad) Impianti destinati a ricavare metalli  grezzi  non  ferrosi  da
minerali, nonche' concentrati o materie prime  secondarie  attraverso
procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici. 
  ae) Sistemi di ricarica artificiale delle acque freatiche in cui il
volume annuale dell'acqua ricaricata sia superiore a  10  milioni  di
metri cubi. 
  af) Opere per  il  trasferimento  di  risorse  idriche  tra  bacini
imbriferi inteso a prevenire un'eventuale penuria di  acqua,  per  un
volume di acque trasferite superiore a  100  milioni  di  metri  cubi
all'anno. In tutti gli altri casi,  opere  per  il  trasferimento  di
risorse  idriche  tra  bacini  imbriferi  con   un'erogazione   media
pluriennale del bacino in questione superiore a 2000 milioni di metri
cubi all'anno e per un volume di acque trasferite superiore al 5%  di
detta erogazione. In entrambi i casi sono esclusi i trasferimenti  di
acqua potabile convogliata in tubazioni. 
  ((af-bis) Impianti per la cattura di flussi di CO2  provenienti  da
impianti che rientrano nel presente allegato.)) 
  ag) Ogni modifica o estensione dei progetti elencati  nel  presente
allegato, ove la modifica o l'estensione di  per  se'  sono  conformi
agli eventuali limiti stabiliti nel presente allegato. 
                             ALLEGATO IV 
 
Progetti sottoposti alla Verifica di assoggettabilita' di  competenza
delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano. 
 
  1. Agricoltura 
  a) cambiamento di  uso  di  aree  non  coltivate,  semi-naturali  o
naturali  per  la  loro  coltivazione  agraria  intensiva   con   una
superficie superiore a 10 ettari; 
  b) iniziale forestazione di una superficie superiore a  20  ettari;
deforestazione allo scopo di conversione di altri usi  del  suolo  di
una superficie superiore a 5 ettari; 
  c) impianti per l'allevamento intensivo di animali  il  cui  numero
complessivo di capi sia maggiore di  quello  derivante  dal  seguente
rapporto: 40 quintali di peso vivo di animali per ettaro  di  terreno
funzionalmente  asservito  all'allevamento.  Sono  comunque  esclusi,
indifferentemente dalla localizzazione, gli allevamenti con numero di
animali inferiore o uguale a: 1.000 avicoli, 800 cunicoli, 120  posti
per suini da produzione (di oltre 30 kg) o 45 posti per  scrofe,  300
ovicaprini, 50 posti bovini; 
  d) progetti di gestione delle risorse  idriche  per  l'agricoltura,
compresi i progetti di irrigazione e di drenaggio  delle  terre,  per
una superficie superiore ai 300 ettari; 
  e) piscicoltura per superficie complessiva oltre i 5 ettari; 
  f)  progetti  di  ricomposizione  fondiaria  che  interessano   una
superficie superiore a 200 ettari. 
  2. Industria energetica ed estrattiva 
  a) impianti termici per la produzione di energia elettrica,  vapore
e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW; 
  b) attivita' di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali di
miniera di cui all'art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927,
n. 1443, ivi comprese le risorse  geotermiche,  incluse  le  relative
attivita' minerarie; 
  c) impianti industriali non termici per la produzione  di  energia,
vapore ed acqua calda con potenza complessiva superiore a 1 MW; 
  d)  impianti  industriali  per  il  trasporto  del  gas,  vapore  e
dell'acqua  calda,  che  alimentano  condotte   con   una   lunghezza
complessiva superiore ai 20 km; 
  e) impianti industriali per la produzione di  energia  mediante  lo
sfruttamento del vento con potenza complessiva superiore a 1 MW; 
  ((f) installazioni di oleodotti e  gasdotti  e  condutture  per  il
trasporto di  flussi  di  CO2  ai  fini  dello  stoccaggio  geologico
superiori a 20 km;)) 
  g) attivita'  di  ricerca  di  idrocarburi  liquidi  e  gassosi  in
terraferma; 
  h) estrazione di sostanze minerali di miniera di  cui  all'art.  2,
comma 2,  del  regio  decreto  29  luglio  1927,  n.  1443,  mediante
dragaggio marino e fluviale; 
  i) agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite; 
  l) impianti di superficie dell'industria di  estrazione  di  carbon
fossile, di petrolio, di gas naturale e di minerali metallici nonche'
di scisti bituminose; 
  m) impianti per la produzione di energia idroelettrica con  potenza
installata superiore a 100 kW. 
  n) impianti di gassificazione e liquefazione del carbone. 
  ((n-bis) Impianti per la cattura di flussi di  CO2  provenienti  da
impianti che non rientrano  negli  allegati  II  e  III  al  presente
decreto ai fini  dello  stoccaggio  geologico  a  norma  del  decreto
legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in  materia  di
stoccaggio geologico di biossido di carbonio;)) 
  3. Lavorazione dei metalli e dei prodotti minerali 
  a)  impianti  di  arrostimento  o   sinterizzazione   di   minerali
metalliferi che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3
di volume; 
  b) impianti di produzione di ghisa o acciaio  (fusione  primaria  o
secondaria)  compresa  la  relativa  colata  continua  di   capacita'
superiore a 2,5 tonnellate all'ora; 
  c)  impianti  destinati  alla  trasformazione  di  metalli  ferrosi
mediante: 
  - laminazione a caldo con capacita' superiore a  20  tonnellate  di
acciaio grezzo all'ora, 
  - forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50  kJ  per
maglio e allorche' la potenza calorifera e' superiore a 20 MW; 
  - applicazione  di  strati  protettivi  di  metallo  fuso  con  una
capacita' di trattamento superiore a 2 tonnellate di  acciaio  grezzo
all'ora; 
  d) fonderie di metalli ferrosi  con  una  capacita'  di  produzione
superiore a 20 tonnellate al giorno; 
  e) impianti di fusione e lega di metalli non  ferrosi,  compresi  i
prodotti di recupero (affinazione, formatura  in  fonderia)  con  una
capacita' di fusione superiore a 10 tonnellate per  il  piombo  e  il
cadmio o a 50 tonnellate per tutti gli altri metalli al giorno; 
  f) impianti per il trattamento di superficie di metalli  e  materie
plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche
destinate al trattamento abbiano un volume superiore a 30m3 ; 
  g) impianti di costruzione e montaggio  di  auto  e  motoveicoli  e
costruzione dei  relativi  motori;  impianti  per  la  costruzione  e
riparazione di aeromobili; costruzione  di  materiale  ferroviario  e
rotabile che superino 10.000 m2 di superficie impegnata o  50.000  m3
di volume; 
  h) cantieri navali di superficie complessiva superiore a 2 ettari; 
  i) imbutitura di fondo con  esplosivi  che  superino  5.000  m2  di
superficie impegnata o 50.000 m3 di volume; 
  l) cokerie (distillazione a secco di carbone); 
  m)  fabbricazione  di  prodotti  ceramici  mediante   cottura,   in
particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle,  gres  o
porcellane, con capacita' di produzione di  oltre  75  tonnellate  al
giorno e/o con capacita' di forno superiore a  4  metri  cubi  e  con
densita' di colata per forno superiore a 300 kg al metro cubo; 
  n) impianti per la fusione di sostanze  minerali,  compresi  quelli
destinati alla produzione di fibre minerali, con capacita' di fusione
di oltre 20 tonnellate al giorno; 
  o) impianti per la produzione di vetro  compresi  quelli  destinati
alla produzione di fibre di vetro, con capacita' di fusione di  oltre
20 tonnellate al giorno; 
  p) impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) in forni
rotativi la cui capacita' di  produzione  supera  500  tonnellate  al
giorno oppure di calce viva in forni rotativi  la  cui  capacita'  di
produzione supera 50 tonnellate al giorno, o in altri tipi  di  forni
aventi una capacita' di produzione di oltre 50 tonnellate al giorno. 
  4. Industria dei prodotti alimentari 
  a) impianti per il trattamento e la trasformazione di materie prime
animali (diverse dal  latte)  con  una  capacita'  di  produzione  di
prodotti finiti di oltre 75 tonnellate al giorno; 
  b) impianti per il trattamento e la trasformazione di materie prime
vegetali con una capacita' di produzione di prodotti finiti di  oltre
300 tonnellate al giorno su base trimestrale; 
  c) impianti per la fabbricazione di prodotti  lattiero-caseari  con
capacita' di lavorazione superiore a 200 tonnellate al giorno su base
annua; 
  d) impianti per la produzione di birra o  malto  con  capacita'  di
produzione superiore a 500.000 hl/anno; 
  e) impianti per la produzione di dolciumi e sciroppi  che  superino
50.000 m3 di volume; 
  f) macelli aventi una capacita' di produzione di carcasse superiori
a 50 tonnellate al giorno e impianti per l'eliminazione o il recupero
di carcasse e di residui di animali con una capacita' di  trattamento
di oltre 10 tonnellate al giorno; 
  g) impianti per la produzione di farina di pesce o di olio di pesce
con capacita' di lavorazione superiore a 50.000  q/anno  di  prodotto
lavorato; 
  h) molitura dei cereali, industria dei prodotti amidacei, industria
dei prodotti alimentari  per  zootecnia  che  superino  5.000  m2  di
superficie impegnata o 50.000 m3 di volume; 
  i)  zuccherifici,  impianti  per  la  produzione  di  lieviti   con
capacita' di produzione o raffinazione superiore a 10.000 t/giorno di
barbabietole. 
  5. Industria dei tessili, del cuoio, del legno della carta 
  a) impianti di fabbricazione di  pannelli  di  fibre,  pannelli  di
particelle e compensati, di capacita' superiore alle 50.000 t/anno di
materie lavorate; 
  b) impianti per  la  produzione  e  la  lavorazione  di  cellulosa,
fabbricazione  di  carta  e  cartoni  di  capacita'  superiore  a  50
tonnellate al giorno; 
  c) impianti per il pretrattamento (operazioni  quali  il  lavaggio,
l'imbianchimento, la mercerizzazione)  o  la  tintura  di  fibre,  di
tessili, di lana  la  cui  capacita'  di  trattamento  supera  le  10
tonnellate al giorno; 
  d) impianti per la concia  del  cuoio  e  del  pellame  qualora  la
capacita' superi le 3 tonnellate di prodotto finito al giorno. 
  6. Industria della gomma e delle materie plastiche 
  a) fabbricazione e trattamento di prodotti a base di elastomeri con
almeno 25.000 tonnellate/anno di materie prime lavorate. 
  7. Progetti di infrastrutture 
  a) progetti di sviluppo di zone industriali o  produttive  con  una
superficie interessata superiore ai 40 ettari; 
  b) progetti di sviluppo di aree  urbane,  nuove  o  in  estensione,
interessanti superfici superiori ai 40 ettari; progetti di  riassetto
o sviluppo di aree urbane all'interno di aree  urbane  esistenti  che
interessano superfici superiori a 10 ettari;  costruzione  di  centri
commerciali di cui al decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n.  114
"Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a  norma
dell'articolo 4,  comma  4,  della  legge  15  marzo  1997,  n.  59";
parcheggi di uso pubblico con capacita' superiori a 500 posti auto; 
  c) piste da sci di lunghezza superiore a 1,5 km o che impegnano una
superficie  superiore  a  5  ettari  nonche'  impianti  meccanici  di
risalita, escluse le sciovie e le monofuni a collegamento  permanente
aventi lunghezza inclinata non superiore a  500  metri,  con  portata
oraria massima superiore a 1800 persone; 
  d)  derivazione  di  acque  superficiali  ed  opere  connesse   che
prevedano derivazioni superiori a 200 litri al  secondo  o  di  acque
sotterranee  che  prevedano  derivazioni  superiori  a  50  litri  al
secondo,  nonche'  le  trivellazioni  finalizzate  alla  ricerca  per
derivazioni di acque sotterranee superiori a 50 litri al secondo; 
  e) interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali; 
  f)  porti  e  impianti  portuali  marittimi,  fluviali  e  lacuali,
compresi i porti di pesca, vie navigabili; 
  g) strade extraurbane secondarie; 
  h)  costruzione  di  strade  di  scorrimento  in  area   urbana   o
potenziamento di esistenti a quattro o piu' corsie con lunghezza,  in
area urbana o extraurbana, superiore a 1500 metri; 
  i) linee ferroviarie a carattere regionale o locale; 
  l)  sistemi   di   trasporto   a   guida   vincolata   (tramvie   e
metropolitane),  funicolari  o  linee  simili  di  tipo  particolare,
esclusivamente o principalmente adibite al trasporto di passeggeri; 
  m) acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km; 
  n) opere  costiere  destinate  a  combattere  l'erosione  e  lavori
marittimi volti a modificare la costa,  mediante  la  costruzione  di
dighe, moli ed altri lavori di difesa del mare; 
  o) opere di  regolazione  del  corso  dei  fiumi  e  dei  torrenti,
canalizzazione e interventi di bonifica ed altri simili destinati  ad
incidere sul regime delle acque, compresi  quelli  di  estrazione  di
materiali litoidi dal demanio fluviale e lacuale; 
  p) aeroporti; 
  q) porti turistici e da diporto,  quando  lo  specchio  d'acqua  e'
inferiore o uguale a 10  ettari,  le  aree  esterne  interessate  non
superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o  uguale  a
500 metri, nonche' progetti di intervento su porti gia' esistenti; 
  r) impianti  di  smaltimento  di  rifiuti  urbani  non  pericolosi,
mediante operazioni di incenerimento o di trattamento, con  capacita'
complessiva superiore a 10 t/giorno (operazioni di  cui  all'allegato
B, lettere D2  e  da  D8  a  D11,  della  parte  quarta  del  decreto
legislativo 3 aprile  2006,  n.  152);  impianti  di  smaltimento  di
rifiuti non pericolosi, mediante operazioni di  raggruppamento  o  di
ricondizionamento  preliminari,  con  capacita'  massima  complessiva
superiore a 20 t/giorno (operazioni di cui  all'allegato  B,  lettere
D13 e D14 del decreto legislativo 152/2006); 
  s) impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi,  con
capacita' complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di
incenerimento o di trattamento (operazioni  di  cui  all'allegato  B,
lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto  legislativo
3 aprile 2006, n. 152); 
  t) impianti di  smaltimento  di  rifiuti  speciali  non  pericolosi
mediante operazioni di deposito  preliminare  con  capacita'  massima
superiore a 30.000 m3 oppure con capacita' superiore  a  40  t/giorno
(operazioni di cui all'allegato B, lettera D15,  della  parte  quarta
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); 
  u) discariche  di  rifiuti  urbani  non  pericolosi  con  capacita'
complessiva inferiore ai 100.000 m3 (operazioni di  cui  all'allegato
B, lettere D1 e D5, della parte  quarta  del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152); 
  v) impianti di depurazione delle acque con potenzialita'  superiore
a 10.000 abitanti equivalenti; 
  z) elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica
con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza
superiore a 3 km. 
  z.a) Impianti di smaltimento  e  recupero  di  rifiuti  pericolosi,
mediante operazioni di cui all'allegato B, lettere D2, D8 e da D13  a
D15, ed all'allegato C, lettere da R2 a R9, della  parte  quarta  del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. 
  z.b) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non  pericolosi,
con  capacita'  complessiva  superiore  a   10   t/giorno,   mediante
operazioni di cui all'allegato C, lettere da R1  a  R9,  della  parte
quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 
  8. Altri progetti 
  a) villaggi turistici di superficie superiore a  5  ettari,  centri
residenziali  turistici  ed  esercizi  alberghieri  con   oltre   300
posti-letto o volume edificato superiore a 25.000 m3 o  che  occupano
una superficie superiore  ai  20  ettari,  esclusi  quelli  ricadenti
all'interno di centri abitati; 
  b) piste permanenti per corse e prove di  automobili,  motociclette
ed altri veicoli a motore; 
  c) centri di raccolta, stoccaggio  e  rottamazione  di  rottami  di
ferro, autoveicoli e simili con superficie superiore a 1 ettaro; 
  d) banchi di prova per  motori,  turbine,  reattori  quando  l'area
impegnata supera i 500m2 ; 
  e) fabbricazione di fibre minerali artificiali che  superino  5.000
m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume; 
  f) fabbricazione, condizionamento, carico o messa  in  cartucce  di
esplosivi  con  almeno  25.000  tonnellate/anno  di   materie   prime
lavorate; 
  g) Stoccaggio di petrolio, prodotti  petroliferi,  petrolchimici  e
chimici pericolosi, a sensi della legge 29 maggio  1974,  n.  256,  e
successive modificazioni, con capacita' complessiva superiore a 1.000
m3 ; 
  h) recupero di suoli dal mare per una superficie che  superi  i  10
ettari; 
  i) cave e torbiere; 
  l) trattamento di prodotti intermedi e  fabbricazione  di  prodotti
chimici per una capacita' superiore a 10.000 t/anno di materie  prime
lavorate; 
  m)  produzione  di  pesticidi,  prodotti  farmaceutici,  pitture  e
vernici, elastomeri  e  perossidi,  per  insediamenti  produttivi  di
capacita' superiore alle 10.000 t/anno in materie prime lavorate; 
  n) depositi di fanghi diversi da quelli  disciplinati  dal  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, con capacita' superiore  a  10.000
metri cubi; 
  o) impianti per il recupero o la distruzione di sostanze esplosive; 
  p)  stabilimenti  di  squartamento  con  capacita'  di   produzione
superiore a 50 tonnellate al giorno; 
  q) terreni da campeggio e caravaning  a  carattere  permanente  con
capacita' superiore a 300 posti  roulotte  caravan  o  di  superficie
superiore a 5 ettari; 
  r) parchi tematici di superficie superiore a 5 ettari; 
  s) progetti di cui all'allegato III, che servono  esclusivamente  o
essenzialmente per lo sviluppo ed  il  collaudo  di  nuovi  metodi  o
prodotti e che non sono utilizzati per piu' di due anni. 
  t) modifiche o estensioni di progetti di  cui  all'allegato  III  o
all'allegato  IV  gia'  autorizzati,  realizzati   o   in   fase   di
realizzazione, che  possono  avere  notevoli  ripercussioni  negative
sull'ambiente (modifica o estensione non inclusa nell'allegato III). 
                             ALLEGATO V 
 
((Criteri per la Verifica di assoggettabilita' di cui all'art. 20. 
 
 
  1. Caratteristiche dei progetti 
  Le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate  tenendo
conto, in particolare: 
    - delle dimensioni del progetto, 
    - del cumulo con altri progetti, 
    - dell'utilizzazione di risorse naturali, 
    - della produzione di rifiuti, 
    - dell'inquinamento e disturbi ambientali, 
    - del rischio di incidenti, per quanto riguarda, in  particolare,
le sostanze o le tecnologie utilizzate. 
  2. Localizzazione dei progetti 
  Deve essere  considerata  la  sensibilita'  ambientale  delle  aree
geografiche che possono risentire dell'impatto dei progetti,  tenendo
conto, in particolare: 
    - dell'utilizzazione attuale del territorio; 
    - della ricchezza relativa, della qualita' e della  capacita'  di
rigenerazione delle risorse naturali della zona; 
    -  della  capacita'  di  carico   dell'ambiente   naturale,   con
particolare attenzione alle seguenti zone: 
      a) zone umide; 
      b) zone costiere; 
      c) zone montuose o forestali; 
      d) riserve e parchi naturali; 
      e) zone classificate o protette dalla legislazione degli  Stati
membri; zone protette speciali designate dagli Stati membri  in  base
alle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE; 
      f) zone nelle quali gli standard di qualita' ambientale fissati
dalla legislazione comunitaria sono gia' stati superati; 
      g) zone a forte densita' demografica; 
      h) zone di importanza storica, culturale o archeologica; 
      i) territori con produzioni agricole di particolare qualita'  e
tipicita' di cui all'articolo 21 del decreto  legislativo  18  maggio
2001, n. 228. 
  3. Caratteristiche dell'impatto potenziale 
  Gli  impatti  potenzialmente  significativi  dei  progetti  debbono
essere considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 e
tenendo conto, in particolare: 
    - della portata dell'impatto (area geografica  e  densita'  della
popolazione interessata); 
    - della natura transfrontaliera dell'impatto; 
    - dell'ordine di grandezza e della complessita' dell'impatto; 
    - della probabilita' dell'impatto; 
    - della durata, frequenza e reversibilita' dell'impatto.)) 
                             ALLEGATO VI 
 
  ((Contenuti del Rapporto ambientale di cui all'art. 13. 
 
  Le informazioni da fornire con i  rapporti  ambientali  che  devono
accompagnare le  proposte  di  piani  e  di  programmi  sottoposti  a
valutazione ambientale strategica sono: 
  a) illustrazione dei  contenuti,  degli  obiettivi  principali  del
piano o programma  e  del  rapporto  con  altri  pertinenti  piani  o
programmi; 
  b) aspetti pertinenti  dello  stato  attuale  dell'ambiente  e  sua
evoluzione probabile senza l'attuazione del piano o del programma; 
  c) caratteristiche ambientali,  culturali  e  paesaggistiche  delle
aree che potrebbero essere significativamente interessate; 
  d) qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al  piano  o
programma, ivi compresi in particolare quelli  relativi  ad  aree  di
particolare rilevanza ambientale, culturale e paesaggistica, quali le
zone designate come zone di protezione speciale per la  conservazione
degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza
comunitaria per la protezione degli habitat naturali e dalla flora  e
della fauna selvatica, nonche' i territori con produzioni agricole di
particolare qualita' e tipicita', di cui all'articolo 21 del  decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 228; 
  e)  obiettivi  di  protezione  ambientale   stabiliti   a   livello
internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al piano
o al programma, e il modo in cui, durante la sua preparazione, si  e'
tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale; 
  f) possibili impatti significativi sull'ambiente, compresi  aspetti
quali la biodiversita', la popolazione, la salute umana, la  flora  e
la fauna, il suolo, l'acqua, l'aria,  i  fattori  climatici,  i  beni
materiali,  il   patrimonio   culturale,   anche   architettonico   e
archeologico, il paesaggio e l'interrelazione tra i suddetti fattori.
Devono essere considerati tutti gli impatti  significativi,  compresi
quelli secondari, cumulativi,  sinergici,  a  breve,  medio  e  lungo
termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi; 
  g) misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo piu'
completo  possibile  gli  eventuali  impatti  negativi  significativi
sull'ambiente dell'attuazione del piano o del programma; 
  h) sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate
e una descrizione di come e' stata effettuata la valutazione, nonche'
le eventuali difficolta' incontrate (ad esempio  carenze  tecniche  o
difficolta' derivanti dalla novita' dei problemi e delle tecniche per
risolverli) nella raccolta delle informazioni richieste; 
  i) descrizione delle misure previste in merito  al  monitoraggio  e
controllo   degli   impatti   ambientali   significativi    derivanti
dall'attuazione del piani o  del  programma  proposto  definendo,  in
particolare, le modalita' di raccolta  dei  dati  e  di  elaborazione
degli  indicatori  necessari  alla  valutazione  degli  impatti,   la
periodicita' della produzione di un rapporto illustrante i  risultati
della valutazione degli impatti e le misure correttive da adottare; 
  j) sintesi non tecnica  delle  informazioni  di  cui  alle  lettere
precedenti.)) 
                            ALLEGATO VII 
 
  ((Contenuti dello Studio di impatto ambientale di cui all'art. 22. 
 
  1. Descrizione del progetto, comprese in particolare: 
  a) una descrizione delle caratteristiche fisiche  dell'insieme  del
progetto e delle esigenze di utilizzazione del suolo durante le  fasi
di costruzione e di funzionamento; 
  b) una descrizione delle principali  caratteristiche  dei  processi
produttivi, con l'indicazione, per  esempio,  della  natura  e  delle
quantita' dei materiali impiegati; 
  c) una valutazione del tipo e della quantita' dei residui  e  delle
emissioni previsti (inquinamento dell'acqua, dell'aria e  del  suolo,
rumore, vibrazione, luce, calore,  radiazione,  eccetera)  risultanti
dall'attivita' del progetto proposto; 
  d) la descrizione della tecnica  prescelta,  con  riferimento  alle
migliori tecniche disponibili a costi non eccessivi,  e  delle  altre
tecniche previste per prevenire le emissioni  degli  impianti  e  per
ridurre l'utilizzo delle risorse naturali, confrontando  le  tecniche
prescelte con le migliori tecniche disponibili. 
  2. Una descrizione delle principali alternative prese in esame  dal
proponente,  compresa  l'alternativa  zero,  con  indicazione   delle
principali  ragioni  della  scelta,  sotto  il  profilo  dell'impatto
ambientale, e la  motivazione  della  scelta  progettuale,  sotto  il
profilo  dell'impatto   ambientale,   con   una   descrizione   delle
alternative prese in  esame  e  loro  comparazione  con  il  progetto
presentato. 
  3. Una descrizione delle  componenti  dell'ambiente  potenzialmente
soggette  ad  un  impatto  importante  del  progetto  proposto,   con
particolare riferimento alla popolazione, alla fauna e alla flora, al
suolo, all'acqua, all'aria, ai fattori climatici, ai beni  materiali,
compreso il patrimonio  architettonico  e  archeologico,  nonche'  il
patrimonio agroalimentare, al paesaggio e all'interazione tra  questi
vari fattori. 
  4. Una descrizione dei  probabili  impatti  rilevanti  (diretti  ed
eventualmente indiretti, secondari,  cumulativi,  a  breve,  medio  e
lungo termine, permanenti e  temporanei,  positivi  e  negativi)  del
progetto proposto sull'ambiente: 
  a) dovuti all'esistenza del progetto; 
  b) dovuti all'utilizzazione delle risorse naturali; 
  c) dovuti all'emissione di inquinanti, alla creazione  di  sostanze
nocive e allo smaltimento dei rifiuti; 
  nonche' la descrizione  da  parte  del  proponente  dei  metodi  di
previsione utilizzati per valutare gli impatti sull'ambiente. 
  5. Una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e  se
possibile  compensare  rilevanti  impatti   negativi   del   progetto
sull'ambiente. 
  5.bis. Una descrizione delle misure previste per il monitoraggio; 
  6.  La  descrizione  degli  elementi  culturali   e   paesaggistici
eventualmente presenti, dell'impatto su di essi delle  trasformazione
proposte e delle misure di mitigazione e compensazione necessarie. 
  7. Un riassunto non tecnico delle informazioni trasmesse sulla base
dei numeri precedenti. 
  8. Un sommario  delle  eventuali  difficolta'  (lacune  tecniche  o
mancanza di conoscenze) incontrate dal proponente nella raccolta  dei
dati richiesti e nella previsione degli impatti di cui al numero 4.)) 
ALLEGATO VIII ALLA PARTE SECONDA DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 152/2006 
 
  Categorie di attivita' industriali di cui all'art. 6, comma 12 
  1. Gli impianti o le parti di impianti utilizzati per  la  ricerca,
lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi  prodotti  e  processi  non
rientrano nel  titolo  III  bis  della  seconda  parte  del  presente
decreto. 
  2. I valori limite riportati di seguito si  riferiscono  in  genere
alle capacita' di produzione o alla resa. Qualora uno stesso  gestore
ponga in essere varie attivita' elencate alla medesima  voce  in  uno
stesso impianto o in una stessa localita', si sommano le capacita' di
tali attivita'. 
  1. Attivita' energetiche. 
  1.1 Impianti di combustione con potenza termica di  combustione  di
oltre 50 MW. 
  1.2. Raffinerie di petrolio e di gas. 
  1.3. Cokerie. 
  1.4. Impianti di gassificazione e liquefazione del carbone. 
((1.4-bis terminali di rigassificazione e altri impianti  localizzati
in mare su piattaforme off-shore;)) 
  2. Produzione e trasformazione dei metalli. 
  2.1  Impianti  di  arrostimento  o  sinterizzazione   di   minerali
metallici compresi i minerali solforati. 
  2.2. Impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria  o
secondaria),  compresa  la  relativa  colata  continua  di  capacita'
superiore a 2,5 tonnellate all'ora. 
  2.3. Impianti destinati  alla  trasformazione  di  metalli  ferrosi
mediante: 
    a)  laminazione  a  caldo  con  una  capacita'  superiore  a   20
tonnellate di acciaio grezzo all'ora; 
    b) forgiatura con magli la cui energia di impatto  supera  50  kJ
per maglio e allorche' la potenza calorifica e' superiore a 20 MW; 
    c) applicazione di strati protettivi  di  metallo  fuso  con  una
capacita' di trattamento superiore a 2 tonnellate di  acciaio  grezzo
all'ora. 
  2.4. Fonderie di metalli ferrosi con una  capacita'  di  produzione
superiore a 20 tonnellate al giorno. 
  2.5. Impianti: 
    a) destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi  da  minerali,
nonche'   concentrati   o   materie   prime   secondarie   attraverso
procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici; 
    b) di fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i  prodotti
di recupero (affinazione, formatura in fonderia), con  una  capacita'
di fusione superiore a 4 tonnellate al giorno  per  il  piombo  e  il
cadmio o a 20 tonnellate al giorno per tutti gli altri metalli. 
  2.6. Impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie
plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche
destinate al trattamento utilizzate abbiano un volume superiore a  30
m3 . 
  3. Industria dei prodotti minerali. 
  3.1. Impianti destinati alla produzione  di  clinker  (cemento)  in
forni rotativi la cui capacita' di produzione supera  500  tonnellate
al giorno oppure di calce viva in forni rotativi la cui capacita'  di
produzione supera 50 tonnellate al giorno, o in altri tipi  di  forni
aventi una capacita' di produzione di oltre 50 tonnellate al giorno. 
  3.2.  Impianti  destinati  alla  produzione  di  amianto   e   alla
fabbricazione di prodotti dell'amianto. 
  3.3. Impianti  per  la  fabbricazione  del  vetro  compresi  quelli
destinati alla produzione di fibre di vetro, con capacita' di fusione
di oltre 20 tonnellate al giorno. 
  3.4. Impianti per la fusione di sostanze minerali  compresi  quelli
destinati alla produzione di fibre minerali,  con  una  capacita'  di
fusione di oltre 20 tonnellate al giorno. 
  3.5. Impianti per la fabbricazione di  prodotti  ceramici  mediante
cottura,  in  particolare  tegole,   mattoni,   mattoni   refrattari,
piastrelle, gres, porcellane, con  una  capacita'  di  produzione  di
oltre 75  tonnellate  al  giorno  e/o  con  una  capacita'  di  forno
superiore a 4 m3 e con una densita' di colata per forno superiore a 
300 kg/m3 . 
  4. Industria chimica. 
  Nell'ambito delle categorie di attivita' della sezione 4 si intende
per  produzione  la  produzione   su   scala   industriale   mediante
trasformazione chimica delle sostanze o dei gruppi di sostanze di cui
ai punti da 4.1 a 4.6. 
  4.1 Impianti chimici  per  la  fabbricazione  di  prodotti  chimici
organici di base come: 
    a) idrocarburi semplici (lineari o anulari,  saturi  o  insaturi,
alifatici o aromatici); 
    b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni,
acidi  carbossilici,  esteri,  acetati,  eteri,  perossidi,   resine,
epossidi; 
    c) idrocarburi solforati; 
    d) idrocarburi  azotati,  segnatamente  ammine,  amidi,  composti
nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati; 
    e) idrocarburi fosforosi; 
    f) idrocarburi alogenati; 
    g) composti organometallici; 
    h) materie plastiche di base (polimeri, fibre sintetiche, fibre a
base di cellulosa); 
    i) gomme sintetiche; 
    l) sostanze coloranti e pigmenti; 
    m) tensioattivi e agenti di superficie. 
  4.2. Impianti chimici per  la  fabbricazione  di  prodotti  chimici
inorganici di base, quali: 
    a) gas, quali ammoniaca; cloro o cloruro di  idrogeno,  fluoro  o
fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di  zolfo,  ossidi
di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile; 
    b)  acidi,  quali  acido  cromico,   acido   fluoridrico,   acido
fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum  e
acidi solforati; 
    c)  basi,  quali  idrossido  d'ammonio,  idrossido  di  potassio,
idrossido di sodio; 
  d) sali, quali cloruro d'ammonio, clorato di potassio, carbonato di
potassio, carbonato di sodio, perborato, nitrato d'argento; 
    e) metalloidi, ossidi  metallici  o  altri  composti  inorganici,
quali carburo di calcio, silicio, carburo di silicio. 
  4.3. Impianti chimici per la fabbricazione di fertilizzanti a  base
di fosforo, azoto o potassio (fertilizzanti semplici o composti). 
  4.4 Impianti chimici per  la  fabbricazione  di  prodotti  di  base
fitosanitari e di biocidi. 
  4.5 Impianti che utilizzano un procedimento chimico o biologico per
la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base. 
  4.6. Impianti chimici per la fabbricazione di esplosivi. 
  5. Gestione dei rifiuti. 
  Salvi l'art.  11  della  direttiva  75/442/CEE  e  l'art.  3  della
direttiva 91/689/CEE, del 12 dicembre 1991 del Consiglio, relativa ai
rifiuti pericolosi. 
  5.1.  Impianti  per  l'eliminazione  o  il  ricupero   di   rifiuti
pericolosi, della  lista  di  cui  all'art.  1,  paragrafo  4,  della
direttiva 91/689/CEE quali definiti  negli  allegati  II  A  e  II  B
(operazioni R 1, R 5, R 6, R 8 e R 9) della  direttiva  75/442/CEE  e
nella  direttiva  75/439/CEE  del  16  giugno  1975  del   Consiglio,
concernente l'eliminazione degli oli usati, con capacita' di oltre 10
tonnellate al giorno. 
  5.2. Impianti di incenerimento dei rifiuti  urbani  quali  definiti
nella  direttiva  89/369/CEE  dell'8  giugno  1989   del   Consiglio,
concernente la prevenzione  dell'inquinamento  atmosferico  provocato
dai nuovi impianti di  incenerimento  dei  rifiuti  urbani,  e  nella
direttiva 89/429/CEE del 21 giugno 1989 del Consiglio, concernente la
riduzione dell'inquinamento atmosferico provocato dagli  impianti  di
incenerimento dei rifiuti urbani, con una  capacita'  superiore  a  3
tonnellate all'ora. 
  5.3. Impianti per l'eliminazione dei rifiuti non  pericolosi  quali
definiti nell'allegato 11 A della direttiva 75/442/CEE ai punti D  8,
D 9 con capacita' superiore a 50 tonnellate al giorno. 
  5.4. Discariche che ricevono piu' di 10 tonnellate al giorno o  con
una capacita' totale di oltre 25.000 tonnellate, ad esclusione  delle
discariche per i rifiuti inerti. 
  6. Altre attivita'. 
  6.1. Impianti industriali destinati alla fabbricazione: 
    a) di pasta per carta a partire dal  legno  o  da  altre  materie
fibrose; 
    b) di carta e cartoni con capacita' di produzione superiore a  20
tonnellate al giorno; 
  6.2. Impianti per il pretrattamento (operazioni 
  di lavaggio, imbianchimento, mercerizzazione) o la tintura di fibre
o di tessili la cui capacita' di trattamento supera le 10  tonnellate
al giorno. 
  6.3. Impianti per la concia delle pelli  qualora  la  capacita'  di
trattamento superi le 12 tonnellate al giorno di prodotto finito. 
  6.4: 
    a) Macelli aventi una capacita'  di  produzione  di  carcasse  di
oltre 50 tonnellate al giorno; 
    b) Trattamento e trasformazione destinati alla  fabbricazione  di
prodotti alimentari a partire da: materie prime animali (diverse  dal
latte) con una capacita' di produzione di prodotti finiti di oltre 75
tonnellate al giorno ovvero materie prime vegetali con una  capacita'
di produzione di prodotti finiti di oltre 300  tonnellate  al  giorno
(valore medio su base trimestrale); 
    c) Trattamento e trasformazione del latte, con un quantitativo di
latte ricevuto di oltre 200 tonnellate al  giorno  (valore  medio  su
base annua). 
  6.5. Impianti per l'eliminazione o il recupero  di  carcasse  e  di
residui di animali con una  capacita'  di  trattamento  di  oltre  10
tonnellate al giorno. 
  6.6. Impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini con
piu' di: 
    a) 40.000 posti pollame; 
    b) 2.000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg), o 
    c) 750 posti scrofe. 
  6.7. Impianti per il trattamento di superficie di materie,  oggetti
o  prodotti  utilizzando  solventi  organici,  in   particolare   per
apprettare,   stampare,   spalmare,   sgrassare,   impermeabilizzare,
incollare, verniciare, pulire o  impregnare,  con  una  capacita'  di
consumo di solvente superiore a 150 kg all'ora  o  a  200  tonnellate
all'anno. 
  6.8. Impianti per la fabbricazione di  carbonio  (carbone  duro)  o
grafite per uso elettrico mediante combustione o grafitizzazione. 
    
  6.8-bis. Cattura di flussi  di  CO2  provenienti  da  impianti  che
rientrano nel presente allegato ai fini dello stoccaggio geologico  a
norma  del  decreto  legislativo  di  recepimento   della   direttiva
2009/31/CE  in  materia  di  stoccaggio  geologico  di  biossido   di
carbonio.

    
    

((ALLEGATO IX ALLA PARTE SECONDA DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 152/2006

Elenco delle autorizzazioni ambientali gia' in atto,  da  considerare
sostituite dalla autorizzazione integrata ambientale
  1. Autorizzazione alle emissioni in  atmosfera,  fermi  restando  i
profili concernenti aspetti sanitari (titolo I della parte quinta del
presente decreto).
  2. Autorizzazione allo scarico (capo II del  titolo IV della  parte
terza del presente decreto).
  3. Autorizzazione  unica  per  i  nuovi  impianti di smaltimento  e
recupero dei rifiuti (art. 208 del presente decreto).
  4.  Autorizzazione  allo  smaltimento degli  apparecchi  contenenti
PCB-PCT (decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 209, art. 7).
  5. Autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di
depurazione in agricoltura (decreto legislativo 27 gennaio  1992,  n.
99, art. 9) ))


    
    

((ALLEGATO X ALLA PARTE SECONDA DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 152/2006

Elenco indicativo delle principali  sostanze  inquinanti  di  cui  e'
obbligatorio tener conto se pertinenti per stabilire i valori  limite
di emissione
Aria:
1. Ossidi di zolfo e altri composti dello zolfo.
2. Ossidi di azoto e altri composti dell'azoto.
3. Monossido di carbonio.
4. Composti organici volatili.
5. Metalli e relativi composti.
6. Polveri.
7. Amianto (particelle in sospensione e fibre).
8. Cloro e suoi composti.
9. Fluoro e suoi composti.
10. Arsenico e suoi composti.
11. Cianuri.
12.  Sostanze  e  preparati  di  cui   sono   comprovate   proprieta'
cancerogene, mutagene o tali da  poter  influire  sulla  riproduzione
quando sono immessi nell'atmosfera.
13. Policlorodibenzodiossina (PCDD) e policlorodibenzofurani (PCDF).
Acqua:
1. Composti organoalogenati e sostanze che possono dar  loro  origine
nell'ambiente idrico.
2. Composti organofosforici.
3. Composti organici dello stagno.
4.  Sostanze  e  preparati  di   cui   sono   comprovate   proprieta'
cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione  in
ambiente idrico o con il concorso dello stesso.
5. Idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche  persistenti
e bioaccumulabili.
6. Cianuri.
7. Metalli e loro composti.
8. Arsenico e suoi composti.
9. Biocidi e prodotti fitofarmaceutici.
10. Materie in sospensione.
11.  Sostanze  che  contribuiscono  all'eutrofizzazione  (nitrati   e
fosfati, in particolare).
12. Sostanze che esercitano un'influenza sfavorevole sul bilancio  di
ossigeno (misurabili con parametri quali BOD, COD).))

    
    

((ALLEGATO XI ALLA PARTE SECONDA DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 152/2006

Considerazioni  da  tenere  presenti  in  generale  o  in   un   caso
particolare nella determinazione delle migliori tecniche disponibili,
secondo quanto definito all'art. 5, comma 1, lettera 1  ter),  tenuto
conto dei costi e dei benefici che possono risultare da  un'azione  e
del principio di precauzione e prevenzione.
1. Impiego di tecniche a scarsa produzione di rifiuti.
2. Impiego di sostanze meno pericolose.
3. Sviluppo di tecniche per il ricupero e il riciclo  delle  sostanze
emesse e usate nel processo, e, ove opportuno, dei rifiuti.
4. Processi, sistemi o metodi operativi comparabili, sperimentati con
successo su scala industriale.
5. Progressi in campo tecnico e evoluzione, delle conoscenze in campo
scientifico.
6. Natura, effetti e volume delle emissioni in questione.
7. Date di messa in funzione degli impianti nuovi o esistenti.
8. Tempo necessario per utilizzare una migliore tecnica disponibile.
9. Consumo e natura delle materie prime ivi  compresa  l'acqua  usata
nel processo e efficienza energetica.
10. Necessita' di prevenire o di ridurre al minimo l'impatto  globale
sull'ambiente delle emissioni e dei rischi.
11. Necessita' di prevenire gli incidenti e di ridurne le conseguenze
per l'ambiente.
12.  Informazioni  pubblicate  dalla  Commissione  europea  ai  sensi
dell'art.  16,  paragrafo  2,  della   direttiva   96/61/CE,   o   da
organizzazioni internazionali.))


    
    

((ALLEGATO XII ALLA PARTE SECONDA DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 152/2006

Categorie di impianti relativi  alle  attivita'  industriali  di  cui
all'allegato  8,  soggetti  ad  autorizzazione  integrata  ambientale
statale
1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese  che  producono
soltanto lubrificanti dal  petrolio  greggio),  nonche'  impianti  di
gassificazione e di liquefazione di almeno  500  tonnellate  (Mg)  al
giorno di carbone o di scisti bituminosi;
2) Centrali termiche ed altri impianti  di  combustione  con  potenza
termica di almeno 300 MW;
3) Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell'acciaio;
4) Impianti chimici con capacita' produttiva  complessiva  annua  per
classe di prodotto, espressa in  milioni  di  chilogrammi,  superiore
alle soglie di seguito indicate:
                                             Soglie*
           
       Classe di prodotto                  Gg/ anno
a) idrocarburi semplici (lineari o             200
  anulari, saturi o insaturi, alifatici
  o aromatici)
b) idrocarburi ossigenati, segnatamente        200
  alcoli, aldeidi, chetoni, acidi
  carbossilici, esteri, acetati,
  eteri, perossidi, resine, epossidi
c) idrocarburi solforati                       100
d) idrocarburi azotati, segnatamente ammine,   100
  amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici,
  nitrili, cianati, isocianati
e) idrocarburi fosforosi                       100
f) idrocarburi alogenati                       100
g) composti organometallici                    100
h) materie plastiche di base (polimeri, fibre  100
  sintetiche, fibre a base di cellulosa)
i) gomme sintetiche                            100
l) gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di    100
  idrogeno, fluoro o fluoruro di idrogeno,
  ossidi di carbonio, composti di zolfo,
  ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo,
  bicloruro di carbonile
m) acidi, quali acido cromico, acido           100
  fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico,
  acido cloridrico, acido solforico, oleum e
  acidi solforati
n) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido  100
  dipotassio, idrossido di sodio
o) fertilizzanti a base di fosforo, azoto o    300
  potassio (fertilizzanti semplici o composti)

                           * Le soglie della tabella sono
                             riferite alla somma delle
                             capacita' produttive relative
                             ai singoli composti che sono
                             riportati in un'unica riga.

5) Impianti funzionalmente connessi a uno degli impianti  di  cui  ai
punti  precedenti,  localizzati  nel  medesimo  sito  e  gestiti  dal
medesimo gestore, che non  svolgono  attivita'  di  cui  all'allegato
VIII;
6) Altri impianti rientranti nelle categorie di cui all'allegato VIII
localizzati interamente in mare.))


    
    

                      ALLEGATI ALLA PARTE TERZA


ALLEGATO 1
Monitoraggio   e   classificazione  delle  acque  in  funzione  degli
obiettivi di qualita' ambientale

ALLEGATO 2
Criteri  per  la  classificazione  dei  corpi  idrici  a destinazione
funzionale

ALLEGATO 3
Rilevamento  delle  caratteristiche  dei bacini idrografici e analisi
dell'impatto esercitato dall'attivita' antropica

ALLEGATO 4
Contenuti dei piani
    Parte a. Piani di gestione dei bacini idrografici
    Parte b. Piani di tutela delle acque

ALLEGATO 5
Limiti di emissione degli scarichi idrici

ALLEGATO 6
Criteri per la individuazione delle aree sensibili

ALLEGATO 7
Parte a - Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola
Parte b - Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari

ALLEGATO 8
Elenco indicativo dei principali inquinanti

ALLEGATO 9
Aree protette

ALLEGATO 10
Analisi economica

ALLEGATO 11
Elenco   indicativo   delle  misure  supplementari  da  inserire  nei
programmi di misure


                          ((ALLEGATO 1

MONITORAGGIO  E  CLASSIFICAZIONE  DELLE  ACQUE  IN   FUNZIONE   DEGLI
OBIETTIVI DI QUALITA' AMBIENTALE

Il presente allegato stabilisce i criteri per il  monitoraggio  e  la
classificazione dei corpi idrici superficiali e sotterranei

1. CARATTERIZZAZIONE DEI CORPI IDRICI

1.1 CORPI IDRICI SUPERFICIALI

I corpi idrici  superficiali  vengono  caratterizzati  e  individuati
secondo quanto riportato in Allegato 3

1.2 CORPI IDRICI SOTTERRANEI

Identificazione e caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei

Parte A - Identificazione dei corpi idrici

L'identificazione dei corpi idrici sotterranei e' necessaria ai  fini
dell'attuazione del presente decreto.
L'identificazione  dei  complessi  idrogeologici   e   quindi   degli
acquiferi rappresenta la fase propedeutica alla  identificazione  dei
corpi idrici sotterranei.
E' stato definito un percorso di  caratterizzazione  che  porta  alla
individuazione dei corpi idrici partendo dai complessi  idrogeologici
di cui alla Tabella 1, passando per gli acquiferi  che  rappresentano
gli elementi di riferimento gia' in  larga  parte  individuati  dalle
Regioni.

A.1 Identificazione dei complessi idrogeologici

Sulla base dei criteri  generali  univoci  utili  per  giungere  alla
definizione dei corpi idrici sotterranei sono  state  definite  sette
tipologie di  complessi  idrogeologici  partendo  dalla  Carta  delle
risorse idriche sotterranee di Mouton che costituisce  il  quadro  di
riferimento nazionale omogeneo.
Tali tipologie sono state  definite  tenendo  in  considerazione  gli
elementi  caratterizzanti  i  complessi  idrogeologici  (litologia  e
assetto  idrogeologico)   e   i   parametri   descrittivi   come   la
produttivita', la facies idrochimica,  i  contaminanti  naturali,  la
vulnerabilita' e l'impatto antropico (tabella 1).


---------------------------------------------------------------------
Acronimo   Complessi idrogeologici
---------------------------------------------------------------------
DQ         Alluvioni delle depressioni quaternarie
AV         Alluvioni vallive
CA         Calcari
VU         Vulcaniti
DET        Formazioni detritiche degli altipiani plio-quaternarie
LOC        Acquiferi locali
STE        Formazioni sterili
---------------------------------------------------------------------

         Tabella 1 J.J. Fried, J. Mouton, F. Mangano (1982)


Tali sette tipologie  di  Complessi  Idrogeologici  rappresentano  il
quadro ove ricollocare gli  acquiferi  e,  successivamente,  i  corpi
idrici  sotterranei  secondo  lo  schema  di  massima,   di   seguito
riportato.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

*Unita'  di  bilancio:  dominio  dotato  di  una  comprovata   unita'
stratigrafica e/o strutturale, al cui limite si verificano condizioni
che annullano od ostacolano le  possibilita'  di  interscambi  idrici
sotterranei e che al suo interno puo'  contenere  uno  o  piu'  corpi
idrici.

L'individuazione dei limiti delle unita' di bilancio e'  un  processo
iterativo che le Regioni perfezionano nel corso del tempo.

A.2 Criteri per l'identificazione degli acquiferi

L'identificazione degli acquiferi  viene  effettuata  sulla  base  di
criteri  idrogeologici.  L'elaborazione  di  un  modello  concettuale
permettera' di pervenire ad un bilancio in termini di  entrate  e  di
uscite ed alla valutazione della vulnerabilita', tenendo conto  delle
pressioni antropiche.
La complessita' ed il dettaglio del  modello  aumentano  gradualmente
all'aumentare delle  conoscenze  e  vengono  approfondite  nel  tempo
durante le fasi di caratterizzazione e di monitoraggio.
L'identificazione degli acquiferi deve comunque soddisfare 2 criteri:
flusso significativo e quantita' significativa.
Se  uno  o  entrambi  i   criteri   sono   soddisfatti,   le   unita'
stratigrafiche sono da considerarsi acquifero.
Detti criteri per l'identificazione degli acquiferi  sono  illustrati
nello schema seguente
(Fig. 1):

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Figura 1: schema per l'identificazione degli acquiferi

A.3 Delimitazione dei corpi idrici

La delimitazione dei corpi idrici  sotterranei  deve  assicurare  che
vengano  raggiunti  gli  obiettivi  di  qualita'  ambientale  di  cui
all'articolo 76  del  decreto  n.152  del  2006  ed  una  descrizione
appropriata  dello  stato  chimico   e   quantitativo   delle   acque
sotterranee. Il Corpo  Idrico  sotterraneo  e'  per  definizione  "un
volume  distinto  di  acque  sotterranee  contenuto  da  uno  o  piu'
acquiferi". Deve  essere  individuato  come  quella  massa  di  acqua
caratterizzata da omogeneita' nello stato ambientale (qualitativo e/o
quantitativo), tale da permettere, attraverso l'interpretazione delle
misure  effettuate  in  un  numero  significativo  di   stazioni   di
campionamento, di valutarne lo stato e di individuare il trend.  Puo'
essere coincidente con l'acquifero che lo contiene, puo' esserne  una
parte, ovvero corrispondere a piu' acquiferi diversi o loro porzioni.
Le definizioni di acquifero e di corpo idrico sotterraneo  permettono
di  identificare  i  corpi  idrici  sotterranei  sia   separatamente,
all'interno di strati  diversi  che  si  sovrappongono  su  un  piano
verticale, sia come singolo corpo idrico che si estende tra i diversi
strati. Un corpo idrico sotterraneo puo' essere all'interno di uno  o
piu' acquiferi, come, ad esempio, nel caso di due acquiferi adiacenti
caratterizzati  da  pressioni   simili   e   contenenti   acque   con
caratteristiche qualitative e quantitative analoghe.
I corpi idrici devono essere delimitati in  modo  da  permettere  una
descrizione appropriata ed  affidabile  dello  stato  quantitativo  e
chimico delle acque sotterranee.
La valutazione dello stato quantitativo  e'  facilitata  se  i  corpi
idrici sotterranei sono delimitati in modo tale che qualsiasi  flusso
di acqua sotterranea da un corpo  idrico  ad  un  altro  e'  talmente
piccolo da poter essere trascurato nei  calcoli  dei  bilanci  idrici
oppure puo' essere stimato con sufficiente precisione.
Le Regioni devono tenere conto delle caratteristiche specifiche degli
acquiferi  quando  procedono  alla  delimitazione  dei  corpi  idrici
sotterranei. Per esempio, le caratteristiche  del  flusso  di  alcuni
strati geologici, quali il substrato carsico e fratturato, sono molto
piu' difficili da prevedere rispetto ad altre. La  delimitazione  dei
corpi idrici  deve  essere  vista  come  un  processo  iterativo,  da
perfezionare  nel  corso  del  tempo,  nella  misura  necessaria  per
valutare e gestire adeguatamente  i  rischi  del  non  raggiungimento
degli obiettivi ambientali.
Potrebbe anche presentarsi il  caso  di  un  flusso  consistente  tra
strati con caratteristiche molto differenti (per esempio, i complessi
carsici  e  l'arenaria).  Le  proprieta'  diverse  di  questi  strati
potrebbero  richiedere  approcci   diversi   di   gestione   per   il
raggiungimento degli obiettivi preposti. In questo caso,  le  Regioni
possono delimitare i confini dei corpi idrici in modo che  coincidano
con i  confini  tra  gli  strati.  Nel  far  cio'  devono,  comunque,
assicurare una adeguata valutazione dello stato quantitativo.

A.4 Criteri per la delimitazione dei corpi idrici sotterranei

La delimitazione dei corpi idrici sotterranei si basa inizialmente su
criteri di tipo fisico ed e' successivamente perfezionata sulla  base
di informazioni concernenti lo stato di qualita' ambientale.
Due sono, quindi, i criteri  generali  che  si  basano  sui  seguenti
elementi:
a. confini idrogeologici;
b. differenze nello stato di qualita' ambientale.

CRITERIO a)

Possono essere assunti come punto di partenza per la  identificazione
geografica dei corpi idrici i limiti geologici. Nei casi  in  cui  la
descrizione  dello  stato  e/o  il  raggiungimento  degli   obiettivi
ambientali  richiedano  una  maggiore  suddivisione  ovvero  non  sia
possibile identificare un limite geologico, si possono utilizzare, ad
esempio, lo spartiacque sotterraneo o le linee di flusso.

CRITERIO b)

Differenze nello stato  di  qualita'  ambientale:  gli  obiettivi  di
qualita' dei corpi idrici sotterranei  e  le  misure  necessarie  per
raggiungerli dipendono dallo stato di  qualita'  esistente.  I  corpi
idrici sotterranei devono essere unita' con uno stato chimico ed  uno
stato quantitativo ben definiti. Quindi, significative variazioni  di
stato di qualita' all'interno  di  acque  sotterranee  devono  essere
prese in considerazione per individuare i confini dei  corpi  idrici,
procedendo, ove necessario, ad una suddivisione in  corpi  idrici  di
dimensioni minori. Qualora le differenze nello stato di  qualita'  si
riducano durante un ciclo di pianificazione, si puo'  procedere  alla
riunificazione dei corpi idrici precedentemente identificati in vista
dei successivi cicli di pianificazione. Laddove, invece, lo stato  di
qualita' sia omogeneo possono essere delimitati estesi  corpi  idrici
sotterranei.  Detti  confini  possono  essere  ridefiniti   ad   ogni
revisione del Piano di gestione  dei  Bacini  Idrografici  ma  devono
restare fissi per il periodo di durata di ciascun piano.
Qualora  non  siano   disponibili   informazioni   sufficienti   alla
valutazione dello stato di qualita' ambientale nelle fasi iniziali di
attuazione del presente decreto, per individuare i confini dei  corpi
idrici sotterranei, si usano le analisi su pressioni ed impatti  come
indicatori dello  stato  di  qualita'.  Con  il  miglioramento  delle
conoscenze relative allo stato  delle  acque,  i  confini  dei  corpi
idrici devono essere modificati prima della pubblicazione di  ciascun
Piano di gestione dei Bacini Idrografici, ogni 6 anni.
La suddivisione delle acque sotterranee in corpi  idrici  sotterranei
e' quindi una questione che le Regioni  devono  decidere  sulla  base
delle caratteristiche particolari del loro territorio.
Nel prendere tali decisioni sara'  necessario  trovare  un  punto  di
equilibrio tra l'esigenza di descrivere adeguatamente lo stato  delle
acque sotterranee e la necessita' di evitare una  suddivisione  degli
acquiferi in un numero di corpi idrici impossibile da gestire.

A.5 Procedura suggerita per l'applicazione pratica del termine  corpo
idrico sotterraneo

La figura 2 suggerisce un procedimento  iterativo  e  gerarchico  per
l'identificazione dei corpi idrici sotterranei, basato  sui  principi
descritti nel presente Allegato.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Fig. 2 - Procedura suggerita per l'identificazione dei  corpi  idrici
sotterranei

2. MODALITA' PER LA CLASSIFICAZIONE DELLO STATO DI QUALITA' DEI CORPI
IDRICI

A - STATO DELLE ACQUE SUPERFICIALI


A.1.  Elementi  qualitativi  per  la  classificazione   dello   stato
ecologico

A.1.1 - Elementi  qualitativi  per  la  classificazione  dello  stato
ecologico  per  fiumi,  laghi,   acque   di   transizione   e   acque
marino-costiere.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

A.1.2 Corpi idrici superficiali artificiali e corpi idrici fortemente
modificati

Per i corpi idrici superficiali artificiali e  fortemente  modificati
si utilizzano gli elementi di qualita'  applicabili  a  quella  delle
suesposte quattro categorie di acque superficiali naturali  che  piu'
si accosta al corpo idrico artificiale  o  fortemente  modificato  in
questione.

A.2.  Definizioni  normative  per  la  classificazione  dello   stato
ecologico

Tabella  A.2.  Definizione  generale  per  fiumi,  laghi,  acque   di
transizione e acque costiere

Il testo seguente fornisce una definizione  generale  della  qualita'
ecologica. Ai fini della classificazione i valori degli  elementi  di
qualita' dello  stato  ecologico  per  ciascuna  categoria  di  acque
superficiali sono quelli indicati nelle tabelle da A.2.1 a  A.2.4  in
appresso.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Le acque aventi uno stato inferiore  al  moderato  sono  classificate
come aventi stato scarso o cattivo.
Le acque che presentano alterazioni considerevoli  dei  valori  degli
elementi di qualita' biologica del tipo di corpo idrico  superficiale
e nelle quali  le  comunita'  biologiche  interessate  si  discostano
sostanzialmente da quelle di norma associate al tipo di corpo  idrico
superficiale inalterato, sono classificate come aventi stato scarso.
Le acque che presentano gravi alterazioni dei valori  degli  elementi
di qualita' biologica del tipo di corpo idrico superficiale  e  nelle
quali mancano ampie porzioni di comunita' biologiche  interessate  di
norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato, sono
classificate come aventi stato cattivo.
A.2.1. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente
dei fiumi

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

A.2.2. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente
dei laghi

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

A.2.3. Definizioni di stato ecologico elevato,  buono  e  sufficiente
nelle acque di transizione

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

A.2.4. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente
delle acque costiere

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

A.2.5.  Definizioni  del  potenziale  ecologico  massimo,   buono   e
sufficiente dei corpi idrici fortemente modificati o artificiali

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

A.2.6 STATO CHIMICO

Al fine di raggiungere o mantenere il buono stato chimico, le Regioni
applicano per le sostanze dell'elenco di priorita', selezionate  come
indicato  ai  punti  A.3.2.5  e  A.3.3.4  gli  standard  di  qualita'
ambientali cosi' come riportati per le diverse matrici nelle  tabelle
1A, 2A, 3A, del presente Allegato.
Le sostanze dell'elenco di priorita' sono:  le  sostanze  prioritarie
(P), le sostanze pericolose prioritarie (PP) e le rimanenti  sostanze
(E).
Tali  standard  rappresentano,  pertanto,   le   concentrazioni   che
identificano il buono stato chimico.
Ai  fini  della   classificazione   delle   acque   superficiali   il
monitoraggio chimico viene eseguito nella matrice acquosa.
Per le acque marino-costiere e  di  transizione,  limitatamente  alle
sostanze di  cui  in  tabella  2/A,  la  matrice  su  cui  effettuare
l'indagine  e'  individuata  sulla  base  dei  criteri  riportati  al
successivo punto A.2.6.1.
Analisi supplementari possono essere eseguite nel biota  al  fine  di
acquisire ulteriori elementi conoscitivi utili a determinare cause di
degrado del corpo idrico e fenomeni di bioaccumulo. A  tal  proposito
vengono definiti nella tabella 3/A standard di qualita' per mercurio,
esaclorobenzene ed esaclorobutadiene.
Tab. 1/A Standard di qualita' nella colonna d'acqua per  le  sostanze
dell'elenco di priorita'

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

A.2.6.1  Standard  di  qualita'  dei  sedimenti  nei   corpi   idrici
marino-costieri e di transizione

Entro 90 giorni dalla pubblicazione del presente decreto, le Regioni,
che non  abbiano  gia'  adempiuto  nel  corso  del  2008  ad  attuare
programmi  di  monitoraggio  conformemente  alle   disposizioni   del
presente Allegato e dell'Allegato 3 e loro modifiche ed integrazioni,
provvedono  in  tal  senso,  garantendo  in  2  mesi  consecutivi   2
campionamenti nella colonna d'acqua  ed  uno  nei  sedimenti  per  le
sostanze di cui alla tabella 2/A  al  fine  di  fornire  elementi  di
supporto  per  la  notifica  alla  Commissione  europea,  secondo  la
procedura  prevista  dalle  norme  comunitarie.  In   caso   di   non
superamento per entrambe  le  matrici  si  prosegue,  al  fine  della
classificazione  dello  stato   chimico   limitatamente   ai   citati
parametri, con un campionamento annuale sul sedimento.
Qualora gli esiti del monitoraggio evidenzino  un  superamento  degli
standard in una o piu' sostanze per entrambe le matrici  o  solo  nei
sedimenti, la Regione individua  la  matrice  su  cui  effettuare  la
classificazione dello stato chimico, secondo  le  frequenze  previste
per le specifiche matrici.
Nel caso in cui gli esiti del monitoraggio evidenzino un  superamento
per una o piu' sostanze solo per la colonna d'acqua,  ai  fini  della
classificazione, si effettua il monitoraggio nella  colonna  d'acqua,
con cadenza mensile.
Qualora il superamento avvenga nel sedimento e la classificazione sia
eseguita sulla base dei dati di monitoraggio effettuato nella colonna
d'acqua,  le  Regioni,  ai  fini  del  controllo  delle   alterazioni
riscontrate, hanno comunque l'obbligo di effettuare  un  monitoraggio
almeno annuale dei sedimenti che includa per almeno i  primi  2  anni
batterie di saggi biologici costituite  da  almeno  tre  specie-test,
finalizzati ad evidenziare eventuali effetti ecotossicologici a breve
e a lungo termine, nonche'  ogni  altra  indagine  ritenuta  utile  a
valutare gli eventuali  rischi  per  la  salute  umana  associati  al
superamento riscontrato.
Sulla base dei risultati di tale monitoraggio, le Regioni valutano la
necessita' di continuare oltre i due  anni  le  indagini  integrative
rispetto  alle  sole  misure  chimiche  da  condurre  sul  sedimento,
l'opportunita' di riconsiderare la classificazione  effettuata  sulla
base del monitoraggio nella colonna  d'acqua  e  adottano  le  misure
necessarie per la tutela del corpo idrico.
I saggi biologici sono eseguiti utilizzando  protocolli  metodologici
normati o in corso di standardizzazione secondo le indicazioni UNI  e
con specie di organismi appartenenti ad almeno tre differenti livelli
trofici     (da      scegliere      tra      decompositori/saprofiti,
detritivori/filtratori, produttori primari, consumatori). I saggi  di
tossicita' possono  essere  applicati  a  diverse  matrici  naturali,
secondo  la  seguente   priorita':   sedimento   tal   quale,   acqua
interstiziale, elutriato.
Nel caso di saggi di tossicita' acuta o a breve termine  il  campione
viene considerato privo di tossicita' quando gli effetti di  tutti  i
test sono come da Colonna A della Tabella 2.4  del  "Manuale  per  la
movimentazione dei sedimenti marini" ICRAM-APAT 2007, ovvero EC20  <=
90%,  oppure  effetto  massimo  <=  15%,  anche  se   statisticamente
significativo.
Nel caso di saggi di tossicita' cronica o a lungo termine il campione
viene considerato privo di tossicita' quando gli effetti di  tutti  i
test sono come da Colonna B della Tabella 2.4  del  "Manuale  per  la
movimentazione dei sedimenti marini" ICRAM-APAT 2007, ovvero  EC20  <
90% e EC50 > 100%, oppure 15% < effetto  massimo  <=  30%,  anche  se
statisticamente significativo.
In  alternativa  e'  possibile  fare   riferimento   a   criteri   di
ponderazione integrata in accordo con le indicazioni UNI.
Nel caso  in  cui  non  siano  note  le  cause  del  superamento  e/o
l'estensione  dell'area  interessata,  la  Regione   e'   tenuta   ad
effettuare un monitoraggio di indagine.
I risultati del monitoraggio effettuato, compreso quello d'indagine e
le misure di tutela adottate, sono riportate nei Piani  di  tutela  e
nei Piani di gestione.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

A.2.7. Standard di qualita'  ambientale  nella  colonna  d'acqua  per
alcune delle sostanze non appartenenti all'elenco di priorita'

Nella tabella 1/B sono definiti standard di qualita'  ambientale  per
alcune delle sostanze appartenenti alle famiglie di cui  all'Allegato
8 del presente decreto legislativo. La selezione  delle  sostanze  da
monitorare e' riportata ai  punti  A.3.2.5  e  A.3.3.4  del  presente
Allegato.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

A.2.7.1 Standard di  qualita'  ambientale  per  altre  sostanze,  non
appartenenti all'elenco di  priorita',  nei  sedimenti  per  i  corpi
idrici marino-costieri e di transizione

Nella tabella 3/B sono riportati standard di qualita' ambientale  per
la matrice sedimenti per alcune  delle  sostanze  diverse  da  quelle
dell'elenco  di  priorita',  appartenenti  alle   famiglie   di   cui
all'Allegato 8 del presente decreto legislativo. In quest'ultimo caso
il monitoraggio e' effettuato almeno 1 volta nell'arco di un anno. Se
sono  effettuati  ulteriori  campionamenti  nel  corso  dell'anno  la
conformita' viene valutata sulla media dei campionamenti effettuati.
Per le sostanze PCB, Diossine, Ipa Totali e  cromo  esavalente  resta
comunque l'obbligo del controllo nei sedimenti in considerazione  del
fatto che per dette sostanze non e'  stato  individuato  lo  standard
nella colonna d'acqua.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

A.2.8. Applicazione degli standard  di  qualita'  ambientale  per  la
valutazione dello stato chimico ed ecologico

1 SQA-MA (standard di qualita' ambientale-media annua):  rappresenta,
ai fini della classificazione del buono stato chimico  ed  ecologico,
la concentrazione da rispettare. Il valore viene calcolato sulla base
della media aritmetica delle concentrazioni rilevate nei diversi mesi
dell'anno.
2 SQA-CMA (standard  di  qualita'  ambientale-massima  concentrazione
ammissibile): rappresenta la concentrazione da non  superare  mai  in
ciascun sito di monitoraggio.
3 Per quanto riguarda le  acque  territoriali  si  effettua  solo  la
valutazione dello stato chimico. Pertanto le  sostanze  riportate  in
tabella 1/A sono monitorate qualora vengano scaricate e/o  rilasciate
e/o immesse in queste acque a seguito di attivita' antropiche (ad es.
piattaforme  offshore)  o  a  seguito  di  sversamenti   causati   da
incidenti.
4 Gli standard di qualita' ambientale  (SQA)  nella  colonna  d'acqua
sono  espressi  sotto  forma  di  concentrazioni  totali  nell'intero
campione d'acqua. Per  i  metalli  invece  l'SQA  si  riferisce  alla
concentrazione disciolta, cioe' alla fase disciolta di un campione di
acqua ottenuto per filtrazione con un  filtro  da  0,45  µm  o  altro
pretrattamento equivalente.
5 Nel caso delle acque interne superficiali le  Autorita'  Competenti
nel valutare i risultati del monitoraggio  possono  tener  conto  dei
seguenti fattori: pH, durezza e altri  parametri  chimico-fisici  che
incidono sulla biodisponibilita' dei metalli.
6 Nei sedimenti  ricadenti  in  Regioni  geochimiche  che  presentano
livelli di fondo naturali, dimostrati scientificamente,  dei  metalli
superiori agli SQA di cui alle tabelle 2/A e 3/B, questi ultimi  sono
sostituiti dalle concentrazioni del fondo naturale. Le evidenze della
presenza di livello di  fondo  naturali  per  determinati  inquinanti
inorganici sono riportate nei piani di gestione  e  di  tutela  delle
acque.
7 Nelle acque in cui e' dimostrata scientificamente  la  presenza  di
metalli in concentrazioni  di  fondo  naturali  superiori  ai  limiti
fissati nelle tabelle 1/A e 1/B, tali livelli di fondo  costituiscono
gli standard da rispettare. Le evidenze della presenza di livello  di
fondo naturali per determinati inquinanti inorganici  sono  riportate
nei piani di gestione e di tutela delle acque.
8  Il  limite  di  rivelabilita'  e'  definito  come  la  piu'  bassa
concentrazione di un analita nel campione di prova  che  puo'  essere
distinta in modo  statisticamente  significativo  dallo  zero  o  dal
bianco. Il limite di rivelabilita' e' numericamente uguale alla somma
di  3  volte  lo  scarto  tipo  del  segnale  ottenuto   dal   bianco
(concentrazione media calcolata su un numero  di  misure  di  bianchi
indipendenti > 10) del segnale del bianco).
9 Il limite  di  quantificazione  e'  definito  come  la  piu'  bassa
concentrazione di un analita che  puo'  essere  determinato  in  modo
quantitativo  con  una   determinata   incertezza.   Il   limite   di
quantificazione e' definito come 3 volte il limite di rivelabilita'.
10 Incertezza di misura: e' il parametro associato  al  risultato  di
una misura che caratterizza la dispersione  dei  valori  che  possono
essere attribuiti al parametro.
11 Il risultato e' sempre espresso  indicando  lo  stesso  numero  di
decimali usato nella formulazione dello standard.
12 I criteri minimi di prestazione per  tutti  i  metodi  di  analisi
applicati sono basati su un'incertezza di misura del 50% o  inferiore
(k=2) stimata ad un livello pari al valore degli standard di qualita'
ambientali e su di un limite di quantificazione uguale o inferiore al
30% dello standard di qualita' ambientale.
13   Ai   fini   dell'elaborazione   della   media   per   gli   SQA,
nell'eventualita' che un risultato analitico sia inferiore al  limite
di  quantificazione  della  metodica   analitica   utilizzata   viene
utilizzato il 50% del valore del limite di quantificazione .
14 Il punto 13 non si applica alle sommatorie di sostanze, inclusi  i
loro metaboliti e prodotti di reazione o degradazione. In questi casi
i risultati inferiori al  limite  di  quantificazione  delle  singole
sostanze sono considerati zero.
15 Nel caso in cui il 90% dei  risultati  analitici  siano  sotto  il
limite di quantificazione non e' effettuata la media dei  valori;  il
risultato e' riportato come "minore del limite di quantificazione".
16 I metodi analitici da utilizzare per la  determinazione  dei  vari
analiti  previsti  nelle  tabelle   del   presente   Allegato   fanno
riferimento alle migliori tecniche disponibili a  costi  sostenibili.
Tali  metodi  sono  tratti  da  raccolte  di  metodi   standardizzati
pubblicati a livello nazionale o a livello internazionale e  validati
in accordo con la norma UNI/ ISO/ EN 17025.
17 Per le sostanze inquinanti per cui allo stato attuale non esistono
metodiche   analitiche   standardizzate   a   livello   nazionale   e
internazionale, si applicano le migliori tecniche disponibili a costi
sostenibili  I  metodi  utilizzati,  basati   su   queste   tecniche,
presentano prestazioni minime pari a quelle  elencate  nel  punto  12
validati in accordo con la norma UNI/ ISO/EN 17025.
18 I risultati delle attivita'  di  monitoraggio  pregresse,  per  le
sostanze inquinanti di cui al punto  17,  sono  utilizzati  a  titolo
conoscitivo in attesa della definizione di protocolli analitici,  che
saranno  resi  disponibili   da   CNR-IRSA,   ISPRA   e   ISS.   Fino
all'adeguamento di tali metodi, lo  standard  si  identifica  con  il
limite di quantificazione dei metodi  utilizzati  che  rispondono  ai
riportati al punto 17.

A.3.  Monitoraggio  dello  stato  ecologico  e  chimico  delle  acque
superficiali

A.3.1. Parte generale

A.3.1.1. Tipi di monitoraggio
Il monitoraggio si articola in
1. sorveglianza
2. operativo
3. indagine
Le Regioni sentite le Autorita' di  bacino  nell'ambito  del  proprio
territorio definiscono un programma di monitoraggio di sorveglianza e
un programma di monitoraggio operativo.
I programmi di monitoraggio  hanno  valenza  sessennale  al  fine  di
contribuire alla predisposizione dei piani di gestione e dei piani di
tutela delle acque. Il primo  periodo  sessennale  e'  2010-2015.  Il
programma di monitoraggio operativo puo' essere  comunque  modificato
sulla base delle informazioni ottenute dalla caratterizzazione di cui
all'Allegato 3 del presente decreto legislativo. Resta fermo  che  il
primo monitoraggio di sorveglianza e quello operativo sono effettuati
nel periodo 2008-2009. I risultati dei  monitoraggi  sono  utilizzati
per la stesura dei piani di gestione,  da  predisporre  conformemente
alle  specifiche  disposizioni   della   Direttiva   2000/60/CE   del
Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 e anche  sulla
base dei Piani di tutela regionali, adeguati alla normativa vigente.
In taluni casi puo' essere necessario istituire  anche  programmi  di
monitoraggio d'indagine. I programmi  di  monitoraggio  per  le  aree
protette di cui all'articolo 117 e all'Allegato 9  alla  parte  terza
del presente decreto legislativo,  definiti  ai  sensi  del  presente
Allegato, si integrano con quelli gia' in essere in attuazione  delle
relative direttive.
Le  Regioni  forniscono  una  o  piu'  mappe  indicanti  la  rete  di
monitoraggio di sorveglianza e operativa. Le mappe  con  le  reti  di
monitoraggio sono parte integrante del piano di gestione e del  piano
di tutela delle acque.
La  scelta  del  programma  di  monitoraggio,  che  comprende   anche
l'individuazione dei siti, si basa sulla valutazione del  rischio  di
cui all'Allegato  3,  punto  1.1,  sezione  C  del  presente  decreto
legislativo; e' soggetta a modifiche  e  aggiornamenti,  al  fine  di
tenere  conto  delle  variazioni  dello  stato  dei   corpi   idrici.
Rimangono, invece, fissi i siti della rete nucleo  di  cui  al  punto
A.3.2.4 del presente Allegato che sono sottoposti a  un  monitoraggio
di sorveglianza con le modalita' di cui al medesimo punto A.3.2.4.

A.3.1.2. Obiettivi del monitoraggio
L'obiettivo  del  monitoraggio  e'  quello  di  stabilire  un  quadro
generale coerente ed esauriente dello stato ecologico e chimico delle
acque all'interno di ciascun bacino idrografico ivi comprese le acque
marino-costiere assegnate al distretto idrografico in cui  ricade  il
medesimo bacino idrografico e permettere la classificazione di  tutti
i corpi idrici superficiali, "individuati" ai sensi dell'Allegato  3,
punto 1.1, sezione B del  presente  decreto  legislativo,  in  cinque
classi.
Le autorita' competenti nel  definire  i  programmi  di  monitoraggio
assicurano all'interno di ciascun bacino idrografico:
o la scelta  dei  corpi  idrici  da  sottoporre  al  monitoraggio  di
sorveglianza e/o operativo in relazione alle  diverse  finalita'  dei
due tipi di controllo;
o l'individuazione di siti di monitoraggio in numero  sufficiente  ed
in posizione adeguata per la  valutazione  dello  stato  ecologico  e
chimico,  tenendo  conto  ai  fini  dello   stato   ecologico   delle
indicazioni minime riportate nei protocolli di campionamento.
In particolari corpi idrici  per  alcuni  elementi  di  qualita'  con
grande variabilita' naturale o a causa di pressioni antropiche,  puo'
essere necessario un monitoraggio piu' intensivo (per numero di  siti
e frequenze di campionamento) al fine  di  ottenere  livelli  alti  o
comunque sufficienti di attendibilita' e precisione nella valutazione
dello stato di un corpo idrico.
Per la categoria "Acque di Transizione", per il primo anno dall'avvio
del monitoraggio, e' consentito di procedere  in  deroga  rispetto  a
quanto    previsto    nel     protocollo     ICRAM,     relativamente
all'individuazione degli habitat  da  monitorare  ed  al  conseguente
posizionamento dei siti di misura.
In questo caso, nel primo anno il monitoraggio e'  comunque  condotto
in conformita' alle disposizioni del presente decreto  legislativo  e
volto   a   raccogliere   gli    elementi    conoscitivi    necessari
all'individuazione degli  habitat  per  l'adeguamento  dei  piani  di
monitoraggio negli anni successivi .

A.3.1.3. Progettazione del monitoraggio e valutazione del rischio
Sulla base di quanto disposto nell'Allegato  3  al  presente  decreto
legislativo nella sezione relativa  alle  pressioni  e  agli  impatti
(punto 1.1 sezione C), i corpi idrici sono  assegnati  ad  una  delle
categorie di rischio ivi elencate.

Tab. 3.1. Categorie del rischio

---------------------------------------------------------------------
 Categoria
del rischio    Definizione
---------------------------------------------------------------------
    a          Corpi idrici a rischio
    b          Corpi idrici probabilmente a rischio
               (in base ai dati disponibili non e' possibile assegnare
                la categoria di rischio sono pertanto necessarie
                ulteriori informazioni)
    c          Corpi idrici non a rischio
---------------------------------------------------------------------

Il monitoraggio  di  sorveglianza  e'  realizzato  nei  corpi  idrici
rappresentativi per ciascun bacino  idrografico,  e  fondamentalmente
appartenenti alle categorie "b" e "c" salvo le eccezioni di  siti  in
corpi idrici a rischio importanti per la valutazione delle variazioni
a lungo termine  risultanti  da  una  diffusa  attivita'  di  origine
antropica o  particolarmente  significativi  su  scala  di  bacino  o
laddove le Regioni ritengano opportuno effettuarlo, sulla base  delle
peculiarita' del proprio territorio.
La priorita' dell'attuazione  del  monitoraggio  di  sorveglianza  e'
rivolta a quelli di categoria "b" al fine  di  stabilire  l'effettiva
condizione  di  rischio.  Il  monitoraggio  operativo   e',   invece,
programmato per tutti i  corpi  idrici  a  rischio  rientranti  nella
categoria "a".
Come riportato nella sezione C del  punto  1.1  dell'Allegato  3  del
presente decreto legislativo, tra i corpi idrici  a  rischio  possono
essere inclusi anche corpi idrici che, a causa dell'importanza  delle
pressioni in essi incidenti,  sono  a  rischio  per  il  mantenimento
dell'obiettivo buono.

A.3.2. Progettazione del monitoraggio di sorveglianza

A.3.2.1. Obiettivi
Il monitoraggio di sorveglianza e' realizzato per :
* integrare e convalidare i risultati  dell'analisi  dell'impatto  di
cui alla sezione C del punto 1.1 dell'Allegato 3 del presente decreto
legislativo;
* la progettazione efficace ed  effettiva  dei  futuri  programmi  di
monitoraggio;
* la valutazione delle variazioni a lungo termine di origine naturale
(rete nucleo);
* la valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti  da  una
diffusa attivita' di origine antropica (rete nucleo);
* tenere sotto osservazione l'evoluzione dello  stato  ecologico  dei
siti di riferimento;
* classificare i corpi idrici.
I risultati di  tale  monitoraggio  sono  riesaminati  e  utilizzati,
insieme ai risultati dell'analisi dell'impatto di cui all'Allegato  3
del presente  decreto  legislativo,  per  stabilire  i  programmi  di
monitoraggio successivi.
Il monitoraggio di sorveglianza e' effettuato per almeno un anno ogni
sei anni (arco temporale di validita' di un piano di gestione).

A.3.2.2. Selezione dei corpi idrici e dei siti di monitoraggio
Il  monitoraggio  di  sorveglianza  e'  realizzato   su   un   numero
sufficiente e, comunque, rappresentativo di corpi idrici al  fine  di
fornire una valutazione dello stato complessivo  di  tutte  le  acque
superficiali di ciascun bacino e  sotto-bacino  idrografico  compreso
nel distretto idrografico.
Nel  selezionare  i  corpi  idrici  rappresentativi,   le   Autorita'
competenti, assicurano che il monitoraggio sia effettuato in modo  da
rispettare gli obiettivi specificati al punto  A.3.2.1  del  presente
Allegato comprendendo anche i seguenti siti:
* nei  quali  la  proporzione  del  flusso  idrico  e'  significativa
nell'ambito dell'intero bacino idrografico;
* a chiusura di bacino e dei principali sottobacini;
* nei quali il volume d'acqua presente e'  significativo  nell'ambito
del bacino idrografico, compresi i grandi laghi e laghi artificiali;
*  in  corpi  idrici  significativi  che  attraversano  la  frontiera
italiana con altri Stati membri;
* identificati nel quadro della decisione 77/795/CEE sullo scambio di
informazioni;
*  necessari  per  valutare  la  quantita'  d'inquinanti   trasferiti
attraverso  le  frontiere  italiane  con   altri   Stati   membri   e
nell'ambiente marino;
* identificati per la definizione delle condizioni di riferimento;
* di interesse locale.

A.3.2.3. Monitoraggio e validazione dell'analisi di rischio
Qualora  la  valutazione   del   rischio,   effettuata   sulla   base
dell'attivita' conoscitiva pregressa, abbia una bassa  attendibilita'
(es. per insufficienza dei dati di monitoraggio  pregressi,  mancanza
di dati esaustivi sulle pressioni esistenti e dei relativi  impatti),
il primo monitoraggio  di  sorveglianza  puo'  essere  esteso  ad  un
maggior numero di siti e corpi idrici, rispetto  a  quelli  necessari
nei successivi programmi di sorveglianza.
Contestualmente, al  fine  di  completare  il  processo  dell'analisi
puntuale delle pressioni e degli impatti, viene  effettuata,  secondo
le modalita' riportate nell'Allegato 3, punto 1.1  ,  sezione  C  del
presente decreto  legislativo,  un'indagine  integrativa  dettagliata
delle attivita' antropiche insistenti sul corpo idrico ed  un'analisi
della loro incidenza sulla qualita'  dello  stesso  per  ottenere  le
informazioni necessarie per l'assegnazione definitiva della classe di
rischio.
I corpi  idrici  che  a  seguito  della  suddetta  attivita'  vengono
identificati come a  rischio  sono  inseriti  nell'elenco  dei  corpi
idrici gia' identificati come a rischio e come tali  assoggettati  al
programma di monitoraggio operativo.

A.3.2.4. Valutazione delle variazioni a lungo termine  in  condizioni
naturali o risultanti da una diffusa attivita' antropica: definizione
della rete nucleo
Il monitoraggio di sorveglianza e'  finalizzato  altresi'  a  fornire
valutazioni delle variazioni a lungo termine dovute  sia  a  fenomeni
naturali sia a una diffusa attivita' antropica.
Per rispondere agli obiettivi, di cui al punto A.3.2.1  del  presente
Allegato, di valutare le variazioni sia naturali sia antropogeniche a
lungo  termine,  e'  selezionato  un  sottoinsieme  di  punti   fissi
denominato rete nucleo.
Per  le  variazioni  a  lungo  termine  di  origine   naturale   sono
considerati, ove esistenti, i corpi idrici identificati come siti  di
riferimento di cui al punto 1.1.1 dell'Allegato 3 al presente decreto
legislativo, in numero sufficiente per lo studio delle  variazioni  a
lungo termine per  ciascun  bacino  idrografico,  tenendo  conto  dei
diversi tipi di corpo idrico presenti. Qualora, per determinati  tipi
ed elementi biologici relativi non esistano siti di riferimento o non
siano in numero sufficiente per una corretta analisi a lungo termine,
si considerano in sostituzione siti in stato buono.
La valutazione delle variazioni a lungo  termine  risultanti  da  una
diffusa attivita' di origine antropica richiede la  scelta  di  corpi
idrici e, nel loro ambito, di siti rappresentativi di tale  attivita'
per la determinazione o la conferma dell'impatto.
Il monitoraggio di sorveglianza nei siti  della  rete  nucleo  ha  un
ciclo piu' breve e  piu'  precisamente  triennale  con  frequenze  di
campionamento di cui alle tabelle 3.6 e 3.7 del presente Allegato.
I primi risultati del monitoraggio di sorveglianza  effettuato  nella
rete nucleo costituiscono il livello di riferimento per  la  verifica
delle variazioni nel tempo. Rispetto a tale  livello  di  riferimento
sono valutati la graduale riduzione  dell'inquinamento  da  parte  di
sostanze dell'elenco di priorita' (indicate al punto A.2.6)  e  delle
altre sostanze inquinanti di cui all'Allegato 8 del presente  decreto
legislativo,  nonche'  i  risultati  dell'arresto  e  della  graduale
eliminazione delle emissioni  e  perdite  delle  sostanze  pericolose
prioritarie.

A.3.2.5. Selezione degli elementi di qualita'
Nel monitoraggio di sorveglianza per la valutazione e classificazione
dello stato ecologico sono monitorati, almeno per un  periodo  di  un
anno, i parametri  indicativi  di  tutti  gli  elementi  di  qualita'
biologici idromorfologici, fisico-chimici di cui  al  punto  A.1  del
presente Allegato (fatto salve le eccezioni previste al punto  A.3.5)
e le altre sostanze appartenenti alle famiglie di cui all'Allegato  8
del presente decreto legislativo. In riferimento a queste  ultime  il
monitoraggio e' obbligatorio qualora siano scaricate  e/o  rilasciate
e/o immesse e/o gia' rilevate in quantita' significativa  nel  bacino
idrografico o sottobacino. Per quantita' significativa si intende  la
quantita'  di  sostanza  inquinante  che  potrebbe  compromettere  il
raggiungimento di uno  degli  obiettivi  di  cui  all'articolo  77  e
seguenti del presente decreto legislativo; ad esempio uno scarico  si
considera significativo qualora abbia impattato un'area protetta o ha
causato superamenti di qualsiasi standard di cui al punto  A.2.7  del
presente Allegato o ha causato effetti tossici sull'ecosistema.
La selezione delle sostanze chimiche da controllare  nell'ambito  del
monitoraggio di  sorveglianza  si  basa  sulle  conoscenze  acquisite
attraverso l'analisi delle pressioni  e  degli  impatti.  Inoltre  la
selezione e' guidata anche  da  informazioni  sullo  stato  ecologico
laddove   risultino   effetti   tossici   o   evidenze   di   effetti
ecotossicologici.  Quest'ultima  ipotesi  consente  di   identificare
quelle situazioni in cui vengono  introdotti  nell'ambiente  prodotti
chimici non evidenziati dall'analisi degli impatti e per i  quali  e'
pertanto necessario un  monitoraggio  d'indagine.  Anche  i  dati  di
monitoraggio pregressi costituiscono un  supporto  per  la  selezione
delle sostanze chimiche da monitorare.
Per quanto riguarda invece la  valutazione  e  classificazione  dello
stato chimico sono da monitorare le sostanze dell'elenco di priorita'
di cui al punto A.2.6 del presente Allegato per le quali a seguito di
un'analisi delle pressioni e degli impatti, effettuata  per  ciascuna
singola sostanza dell'elenco di priorita', risultano attivita' che ne
comportano  scarichi,  emissioni,  rilasci  e  perdite   nel   bacino
idrografico o sottobacino.
Nell'analisi delle attivita'  antropiche  che  possono  provocare  la
presenza  nelle  acque  di  sostanze  dell'elenco  di  priorita',  e'
necessario tener conto non solo delle attivita' in essere ma anche di
quelle pregresse. La selezione delle sostanze chimiche e'  supportata
da documentazione tecnica  relativa  all'analisi  delle  pressioni  e
degli impatti, che costituisce  parte  integrante  del  programma  di
monitoraggio da inserire nei piani di gestione e nei piani di  tutela
delle acque.  Qualora  non  vi  siano  informazioni  sufficienti  per
effettuare una valida e chiara selezione delle  sostanze  dell'elenco
di priorita', a fini precauzionali e di indagine, sono da  monitorare
tutte le sostanze di cui non si possa escludere a priori la  presenza
nel bacino o sottobacino.

A.3.2.6. Monitoraggio di sorveglianza stratificato
Nel   monitoraggio   di   sorveglianza   non   sono   da   monitorare
necessariamente nello stesso anno tutti i corpi  idrici  selezionati.
Il programma di sorveglianza puo', pertanto, prevedere  che  i  corpi
idrici siano monitorati anche in  anni  diversi,  con  un  intervallo
temporale preferibilmente non  superiore  a  3  anni,  nell'arco  del
periodo di validita' del piano di gestione  e  del  piano  di  tutela
delle  acque.  In  tal  caso,  nei  diversi  anni  e'  consentito  un
monitoraggio stratificato effettuando il controllo a sottoinsiemi  di
corpi idrici, identificati  sulla  base  di  criteri  geografici  (ad
esempio corpi idrici di un intero bacino  o  sottobacino).  Comunque,
tutti i corpi idrici inclusi nel programma di  sorveglianza  sono  da
monitorare in tempo utile, per consentire la verifica  dell'obiettivo
ambientale e la predisposizione del nuovo Piano di gestione.
Il monitoraggio stratificato puo' essere applicato  a  decorrere  dal
2010.

A.3.3. Monitoraggio operativo delle acque superficiali

A.3.3.1. Obiettivi
Il monitoraggio operativo e' realizzato per:
* stabilire lo stato dei corpi idrici identificati "a rischio" di non
soddisfare gli obiettivi ambientali dell'articolo 77 e  seguenti  del
presente decreto legislativo;
* valutare qualsiasi variazione dello  stato  di  tali  corpi  idrici
risultante dai programmi di misure;
* classificare i corpi idrici

A.3.3.2. Selezione dei corpi idrici
Il monitoraggio operativo e' effettuato per tutti i corpi idrici:
* che sono stati  classificati  a  rischio  di  non  raggiungere  gli
obiettivi ambientali sulla base dell'analisi delle pressioni e  degli
impatti e/o dei risultati del monitoraggio  di  sorveglianza  e/o  da
precedenti campagne di monitoraggio;
* nei quali sono scaricate e/o immesse e/o rilasciate e/o presenti le
sostanze riportate nell'elenco di priorita' di cui al punto A.2.6 del
presente Allegato.
Ove tecnicamente possibile e'  consentito  raggruppare  corpi  idrici
secondo i criteri riportati al punto A.3.3.5 del presente Allegato  e
limitare il monitoraggio solo a quelli rappresentativi.

A.3.3.3. Selezione dei siti di monitoraggio
I siti di monitoraggio sono selezionati come segue:
* per i corpi idrici soggetti a un rischio di pressioni significative
da  parte  di  una  fonte  d'inquinamento  puntuale,   i   punti   di
monitoraggio sono stabiliti in numero sufficiente per poter  valutare
l'ampiezza e l'impatto delle pressioni della fonte d'inquinamento. Se
il corpo e' esposto a varie pressioni da fonte puntuale, i  punti  di
monitoraggio possono essere identificati con la finalita' di valutare
l'ampiezza dell'impatto dell'insieme delle pressioni;
* per i corpi soggetti a un rischio  di  pressioni  significative  da
parte di una fonte diffusa, nell'ambito di  una  selezione  di  corpi
idrici, si situano punti di  monitoraggio  in  numero  sufficiente  e
posizione adeguata a valutare  ampiezza  e  impatto  delle  pressioni
della fonte diffusa.  La  selezione  dei  corpi  idrici  deve  essere
effettuata in modo che essi siano rappresentativi dei rischi relativi
alle pressioni della fonte diffusa  e  dei  relativi  rischi  di  non
raggiungere un buono stato delle acque superficiali;
*  Per  i  corpi  idrici  esposti   a   un   rischio   di   pressione
idromorfologica significativa vengono individuati, nell'ambito di una
selezione di corpi, punti di monitoraggio in numero sufficiente ed in
posizione adeguata, per valutare ampiezza e impatto  delle  pressioni
idromorfologiche.  I   corpi   idrici   selezionati   devono   essere
rappresentativi dell'impatto globale della pressione  idromorfologica
a cui sono esposti tutti i corpi idrici.
Nel caso in cui il corpo idrico  sia  soggetto  a  diverse  pressioni
significative e' necessario distinguerle al fine  di  individuare  le
misure idonee per ciascuna di esse. Conseguentemente  si  considerano
differenti siti di  monitoraggio  e  diversi  elementi  di  qualita'.
Qualora non sia possibile determinare l'impatto di ciascuna pressione
viene considerato l'impatto complessivo.

A.3.3.4. Selezione degli elementi di qualita'
Per i programmi di monitoraggio operativo devono essere selezionati i
parametri  indicativi   degli   elementi   di   qualita'   biologica,
idromorfologica e chimico-fisica  piu'  sensibili  alla  pressione  o
pressioni significative alle quali i corpi idrici sono soggetti.
Nelle seguenti tabelle 3.2, 3.3,  3.4  e  3.5  vengono  riportati,  a
titolo  indicativo,  gli  elementi  di  qualita'  piu'   idonei   per
specifiche pressioni per fiumi, laghi, acque di transizione  e  acque
marino-costiere. Quando piu'  di  un  elemento  e'  sensibile  a  una
pressione,   si   scelgono,   sulla   base   del   giudizio   esperto
dell'autorita'  competente,  gli  elementi  piu'  sensibili  per   la
categoria di acque interessata o quelli per i quali si  disponga  dei
sistemi di classificazione piu' affidabili.
Tra le sostanze chimiche quelle da monitorare  sono  da  individuare,
come nel monitoraggio di sorveglianza, sulla base dell'analisi  delle
pressioni e degli impatti. Le sostanze dell'elenco  di  priorita'  di
cui al punto A.2.6 del  presente  Allegato  sono  monitorate  qualora
vengano scaricate, immesse  o  vi  siano  perdite  nel  corpo  idrico
indagato. Le altre sostanze riportate  all'Allegato  8  del  presente
decreto legislativo sono monitorate qualora tali scarichi, immissioni
o perdite nel corpo idrico siano in quantita' significativa da  poter
essere  un  rischio  per  il  raggiungimento  o  mantenimento   degli
obiettivi di cui all'articolo 77  e  seguenti  del  presente  decreto
legislativo.

Tab. 3.2. Elementi di qualita'  piu'  sensibili  alle  pressioni  che
incidono sui fiumi
Tab. 3.3. Elementi di qualita'  piu'  sensibili  alle  pressioni  che
incidono sui laghi
Tab. 3.4. Elementi di qualita' sensibili alle pressioni che  incidono
sulle acque di transizione
Tab. 3.5. Elementi di qualita' sensibili alle pressioni che  incidono
sulle acque marino-costiere

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

A.3.3.5. Raggruppamento dei corpi idrici
Al fine di conseguire il miglior rapporto tra costi del  monitoraggio
ed informazioni utili alla tutela delle acque ottenute dallo  stesso,
e' consentito  il  raggruppamento  dei  corpi  idrici  e  tra  questi
sottoporre a monitoraggio operativo solo quelli rappresentativi,  nel
rispetto di quanto riportato al presente paragrafo.
Il  raggruppamento  puo'   essere   applicato   qualora   l'Autorita'
competente  al  monitoraggio  sia  in  possesso  delle   informazioni
necessarie per effettuare le decisioni di gestione su tutti  i  corpi
idrici del gruppo. In ogni caso, e' necessario che il  raggruppamento
risulti  tecnicamente  e   scientificamente   giustificabile   e   le
motivazioni dello stesso siano riportate nel piano di gestione e  nel
piano di tutela delle acque assieme al protocollo di monitoraggio  ed
e' comunque escluso nel caso di pressioni puntuali significative.
Il  raggruppamento  dei  corpi   idrici   individuati   e'   altresi'
applicabile solo nel caso in cui per gli  stessi  esistano  tutte  le
seguenti condizioni:
a) appartengono alla stessa categoria ed allo stesso tipo;
b)  sono  soggetti  a  pressioni  analoghe  per  tipo,  estensione  e
incidenza;
c) presentano sensibilita' paragonabile alle suddette pressioni;
d) presentano i medesimi obiettivi di qualita' da raggiungere;
e) appartengono alla stessa categoria di rischio.
Qualora si faccia ricorso al raggruppamento e' possibile  monitorare,
di volta in volta, i diversi corpi idrici  appartenenti  allo  stesso
gruppo  allo  scopo  di   avere   una   migliore   rappresentativita'
dell'intero raggruppamento.
La classe di qualita' risultante dai dati di monitoraggio  effettuato
sul/i corpo/i idrico/i rappresentativi del raggruppamento, si applica
a tutti gli altri corpi idrici appartenenti allo stesso gruppo.
Per le caratteristiche fisiografiche delle acque lacustri italiane si
ritiene non appropriata  l'applicazione  del  raggruppamento  per  il
monitoraggio di questa categoria di corpi idrici.

A.3.4.  Ulteriori  indicazioni  per  la   selezione   dei   siti   di
monitoraggio
All'interno di un corpo idrico selezionato per il monitoraggio,  sono
individuati uno o piu' siti di monitoraggio. Per sito si intende  una
stazione di monitoraggio, individuata da due cooordinate geografiche,
rappresentativa  di  un'area  del  corpo  idrico.  Qualora  non   sia
possibile monitorare nel  sito  individuato  tutti  gli  elementi  di
qualita', si individuano sotto-siti, all'interno della stessa area, i
cui dati di monitoraggio si integrano con quelli  rilevati  nel  sito
principale.
In tal caso i sotto-siti sono posizionati in modo da  controllare  la
medesima ampiezza e il medesimo insieme di pressioni.
Nella rappresentazione cartografica va riportato unicamente  il  sito
principale.
In merito  al  monitoraggio  biologico  e'  opportuno  individuare  e
selezionare l'habitat dominante che sostiene l'elemento  di  qualita'
piu' sensibile alla pressione.
Nel determinare gli habitat da monitorare si  tiene  conto  anche  di
quanto  riportato,  sull'argomento,   nei   singoli   protocolli   di
campionamento.
I siti sono localizzati  ad  una  distanza  dagli  scarichi  tale  da
risultare esterne all'area di rimescolamento delle acque (di  scarico
e del corpo recettore) in modo da  valutare  la  qualita'  del  corpo
idrico recettore e non quella degli apporti. A tal fine  puo'  essere
necessario effettuare  misure  di  variabili  chimico-fisiche  (quali
temperatura   e   conducibilita')    onde    dimostrare    l'avvenuto
rimescolamento.
In base alla scala ed alla  grandezza  della  pressione,  la  Regione
identifica l'ubicazione e la distribuzione dei siti di campionamento.
Nei casi in cui il corpo idrico e' soggetto a una  o  piu'  pressioni
che causano il rischio del non raggiungimento degli obiettivi, i siti
sono ubicati all'interno della zona d'impatto, conosciuta o prevista,
per monitorare che gli obiettivi vengano raggiunti e che le misure di
contenimento stabilite siano adatte alle pressioni esistenti.

A.3.5 Frequenze
Il monitoraggio di sorveglianza e' effettuato, per almeno 1 anno ogni
sei anni (periodo di validita' di un piano  di  gestione  del  bacino
idrografico), salvo l'eccezione della rete nucleo che e'  controllata
ogni tre anni. Il ciclo del monitoraggio operativo  varia  invece  in
funzione degli elementi di qualita'  presi  in  considerazione  cosi'
come indicato nelle note delle seguenti tabelle 3.6 e 3.7.
Nelle suddette tabelle sono riportate le frequenze  di  campionamento
nell'anno di monitoraggio di sorveglianza e operativo,  per  fiumi  e
laghi e per acque di transizione e marino-costiere.  Nell'ambito  del
monitoraggio  operativo  e'  possibile  ridurre   le   frequenze   di
campionamento  solo  se  giustificabili  sulla  base  di   conoscenze
tecniche e indagini di esperti. Queste ultime, riportate in  apposite
relazioni tecniche, sono inserite nel piano di gestione e  nel  piano
di tutela delle acque.
Nella progettazione dei programmi  di  monitoraggio  si  tiene  conto
della variabilita' temporale e spaziale degli  elementi  di  qualita'
biologici e dei relativi parametri indicativi. Quelli molto variabili
possono richiedere una frequenza di campionamento maggiore rispetto a
quella riportata  nelle  tabelle  3.6  e  3.7.  Puo'  essere  inoltre
previsto anche un programma di campionamento mirato  per  raccogliere
dati in un limitato ma ben definito periodo durante il  quale  si  ha
una maggiore variabilita'.
Nel caso di sostanze che possono avere un andamento  stagionale  come
ad esempio i prodotti fitosanitari e i fertilizzanti, le frequenze di
campionamento possono  essere  intensificate  in  corrispondenza  dei
periodi di massimo utilizzo.
L'Autorita' competente, per ulteriori situazioni  locali  specifiche,
puo' prevedere per ciascuno degli elementi di qualita' da  monitorare
frequenze  piu'  ravvicinate  al  fine  di  ottenere  una  precisione
sufficiente nella validazione delle  valutazioni  dell'analisi  degli
impatti.
Al contrario, per le sostanze chimiche dell'elenco di priorita' e per
tutte le altre sostanze chimiche per le quali nel primo  monitoraggio
di sorveglianza vengono riscontrate concentrazioni  che  garantiscono
il rispetto dello standard di qualita', le frequenze di campionamento
nei successivi monitoraggi di sorveglianza possono essere ridotte. In
tal caso le modalita' e le motivazioni delle riduzioni sono riportate
nel piano di gestione e nel piano di tutela delle acque.

Tab. 3.6. Monitoraggio di  sorveglianza  e  operativo.  Frequenze  di
campionamento nell'arco di un anno per fiumi e laghi
Tab. 3.7. Monitoraggio di  sorveglianza  e  operativo.  Frequenze  di
campionamento nell'arco  di  un  anno  per  acque  di  transizione  e
marino-costiere.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

A.3.6. Monitoraggio d'indagine
Il monitoraggio d'indagine e' richiesto  in  casi  specifici  e  piu'
precisamente:
* quando sono sconosciute le ragioni  di  eventuali  superamenti  (ad
esempio quando non si ha chiara conoscenza delle  cause  del  mancato
raggiungimento del buono stato  ecologico  e/o  chimico,  ovvero  del
peggioramento dello stato delle acque);
* quando il monitoraggio di sorveglianza indica  per  un  dato  corpo
idrico il probabile rischio di non raggiungere gli obiettivi, di  cui
all'articolo 77 e seguenti del presente  decreto  legislativo,  e  il
monitoraggio operativo non e' ancora stato definito, al fine di avere
un quadro conoscitivo piu' dettagliato sulle cause che impediscono il
raggiungimento degli obiettivi;
*  per  valutare   l'ampiezza   e   gli   impatti   dell'inquinamento
accidentale.
I risultati del monitoraggio costituiscono la base per l'elaborazione
di un programma di misure volte  al  raggiungimento  degli  obiettivi
ambientali e di interventi specifici atti a  rimediare  agli  effetti
dell'inquinamento accidentale.
Tale tipo di monitoraggio puo' essere piu' intensivo sia  in  termini
di frequenze di campionamento che di numero di corpi idrici  o  parti
di essi.
Rientrano  nei  monitoraggi  di  indagine  gli  eventuali   controlli
investigativi per situazioni di allarme o a scopo preventivo  per  la
valutazione del rischio sanitario e l'informazione al pubblico oppure
i  monitoraggi  di  indagine  per  la  redazione  di   autorizzazioni
preventive (es.  prelievi  di  acqua  o  scarichi).  Questo  tipo  di
monitoraggio puo' essere considerato  come  parte  dei  programmi  di
misure richiesti dall'art. 116 del  presente  decreto  legislativo  e
puo' includere misurazioni in continuo di alcuni prodotti chimici e/o
l'utilizzo di  determinandi  biologici  anche  se  non  previsti  dal
regolamento  per  quella  categoria  di  corpo  idrico.   L'Autorita'
competente al monitoraggio  definisce  gli  elementi  (es.  ulteriori
indagini su sedimenti e biota, raccolta ed elaborazione di  dati  sul
regime di flusso, morfologia ed uso del suolo, selezione di  sostanze
inquinanti non rilevate precedentemente ecc.)  e  i  metodi  (ad  es.
misure ecotossicologiche, biomarker, tecniche di remote sensing) piu'
appropriati  per  lo  studio   da   realizzare   sulla   base   delle
caratteristiche e problematiche dell'area interessata.
Il  monitoraggio   d'indagine   non   e'   usato   per   classificare
direttamente, ma contribuisce a  determinare  la  rete  operativa  di
monitoraggio. Pur tuttavia i  dati  che  derivano  da  tale  tipo  di
monitoraggio possono essere utilizzati per la classificazione qualora
forniscano  informazioni   integrative   necessarie   a   un   quadro
conoscitivo piu' di dettaglio.

A.3.7. Aree protette
Per le aree protette, i programmi di monitoraggio  tengono  conto  di
quanto gia' riportato al  punto  A.3.1.1  del  presente  Allegato.  I
programmi di monitoraggio esistenti ai fini del controllo delle acque
per la vita dei pesci e dei molluschi  di  cui  all'articolo  79  del
presente decreto legislativo costituiscono fino al 22  dicembre  2013
parte integrante del monitoraggio di cui dal presente Allegato.

A.3.8. Acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile
I corpi idrici superficiali individuati a norma dell'articolo 82  del
presente decreto legislativo che forniscono in media piu' di  100  m3
al giorno sono  designati  come  siti  di  monitoraggio  da  eseguire
secondo  le  modalita'  riportate  ai  paragrafi  precedenti  e  sono
sottoposti ad un monitoraggio supplementare al fine di  soddisfare  i
requisiti previsti dal Decreto Legislativo del 02/02/2001 n. 31.
Il monitoraggio suppletivo, da  effettuarsi  annualmente  secondo  la
frequenza di campionamento riportata nella tab. 3.8,  riguarda  tutte
le sostanze dell'elenco di  priorita'  di  cui  al  punto  A.2.6  del
presente Allegato scaricate e/o immesse e/o rilasciate, nonche' tutte
le altre sostanze appartenenti alle famiglie di  cui  all'Allegato  8
del presente decreto legislativo scaricate e/o immesse e/o rilasciate
in quantita' significativa da incidere negativamente sullo stato  del
corpo idrico.
Nel  monitoraggio  si  applicano  i  valori  di  parametro   previsti
dall'Allegato 1 del decreto legislativo del 2 febbraio  2001,  n.  31
nei  casi  in  cui  essi  risultino  piu'  restrittivi   dei   valori
individuati per gli stessi parametri nelle tabelle 1/A, 1/B e 2B  del
presente  Allegato.  I   parametri   di   cui   alla   tabella   1/A,
indipendentemente dalla presenza di scarichi,  immissioni  o  rilasci
conosciuti, sono comunque tutti parte  integrante  di  uno  screening
chimico da effettuarsi con cadenza biennale.
Tab. 3.8. Frequenza di campionamento

----------------------------------------
Comunita' servita        Frequenza
----------------------------------------
< 10.000                4 volte l'anno
Da 10.000 a 30.000      8 volte l'anno
> 30.000                12 volte l'anno
----------------------------------------

Il monitoraggio supplementare non  si  effettua  qualora  siano  gia'
soddisfatti tutti i seguenti requisiti:
1) le posizioni dei siti di  monitoraggio  dello  stato  delle  acque
superficiali risultano anche idonee a un controllo adeguato  ai  fini
della tutela della qualita' dell'acqua destinata alla  produzione  di
acqua potabile;
2)  la  frequenza  del  campionamento   dello   stato   delle   acque
superficiali non e' in nessun caso piu' bassa di quella fissata nella
tabella 3.8;
3) il rischio per la qualita' delle acque per l'utilizzo idropotabile
non e' connesso:
* a un parametro non pertinente alla valutazione  dello  stato  delle
acque superficiali (es. parametri microbiologici);
* a uno standard di qualita' piu' restrittivo per le  acque  potabili
rispetto a quello previsto per lo stato delle acque superficiali  del
corpo idrico. In tali casi, il corpo idrico puo' non essere a rischio
di non raggiungere lo stato buono ma e' a rischio di  non  rispettare
gli obiettivi di protezione delle acque potabili.

A.3.9. Aree di protezione dell'habitat e delle specie
I corpi idrici che rientrano nelle aree di protezione dell'habitat  e
delle specie sono compresi nel programma  di  monitoraggio  operativo
qualora, in base alla valutazione dell'impatto e al  monitoraggio  di
sorveglianza, si reputa che essi rischino di non conseguire i  propri
obiettivi ambientali. Il monitoraggio viene effettuato  per  valutare
la  grandezza  e  l'impatto  di   tutte   le   pertinenti   pressioni
significative esercitate su tali corpi idrici e, se  necessario,  per
rilevare le variazioni del loro stato  conseguenti  ai  programmi  di
misure. Il monitoraggio prosegue finche' le  aree  non  soddisfano  i
requisiti in materia di acque sanciti dalla normativa  in  base  alla
quale esse sono designate e finche' non sono raggiunti gli  obiettivi
di cui all'articolo 77 del presente decreto legislativo.
Qualora un  corpo  idrico  sia  interessato  da  piu'  di  uno  degli
obiettivi si applica quello piu' rigoroso.
Come gia' riportato nella parte generale del  presente  Allegato,  ai
fini di evitare sovrapposizioni, la valutazione dello  stato  avviene
per quanto possibile attraverso un unico monitoraggio  articolato  in
modo da soddisfare le specifiche esigenze  derivanti  dagli  obblighi
delle disposizioni comunitarie e nazionali vigenti.

A.3.10. Precisione e attendibilita' dei risultati del monitoraggio
La precisione ed il livello  di  confidenza  associato  al  piano  di
monitoraggio  dipendono  dalla  variabilita'  spaziale  e   temporale
associata ai processi naturali ed alla frequenza di campionamento  ed
analisi previste dal piano di monitoraggio stesso.
Il monitoraggio e' programmato  ed  effettuato  al  fine  di  fornire
risultati con un adeguato livello di precisione e di  attendibilita'.
Una stima di tale livello  e'  indicata  nel  piano  di  monitoraggio
stesso.
Al fine del raggiungimento di un adeguato livello  di  precisione  ed
attendibilita', e' necessario porre attenzione a:
* il numero dei corpi idrici inclusi nei vari tipi di monitoraggio;
* il numero di siti necessario per valutare lo stato  di  ogni  corpo
idrico;
* la frequenza idonea al monitoraggio dei parametri indicativi  degli
elementi di qualita'.
Per quanto riguarda i metodi sia di  natura  chimica  che  biologica,
l'affidabilita'  e  la  precisione  dei   risultati   devono   essere
assicurati dalle procedure di  qualita'  interne  ai  laboratori  che
effettuano le attivita' di campionamento ed analisi.  Per  assicurare
che i dati prodotti dai laboratori siano affidabili,  rappresentativi
ed assicurino una corretta valutazione dello stato dei corpi  idrici,
i  laboratori  coinvolti  nelle  attivita'   di   monitoraggio   sono
accreditati od operano in modo conforme a quanto richiesto dalla  UNI
CEN EN ISO 17025. I laboratori devono essere accreditati almeno per i
parametri di maggiore rilevanza od operare secondo  un  programma  di
garanzia della  qualita'/controllo  della  qualita'  per  i  seguenti
aspetti:
o campionamento, trasporto, stoccaggio e trattamento del campione;
o documentazione relativa alle procedure analitiche che devono essere
basate su norme tecniche riconosciute a livello internazionale  (CEN,
ISO, EPA) o nazionale (UNI, metodi proposti dall'ISPRA o da  CNR-IRSA
per i corpi idrici fluviali e lacustri e metodi  proposti  dall'ISPRA
per le acque marino-costiere e di transizione);
o procedure per il controllo di  qualita'  interno  ai  laboratori  e
partecipazione a prove valutative organizzati da istituzioni conformi
alla ISO Guide 43-1;
o convalida  dei  metodi  analitici,  determinazione  dei  limiti  di
rivelabilita' e di quantificazione, calcolo dell'incertezza;
o piani di formazione del personale;
o procedure per la predisposizione dei rapporti  di  prova,  gestione
delle informazioni.
Per  i  metodi  per  il  campionamento  degli  elementi  di  qualita'
biologica si fa riferimento  al  manuale  APAT  46/2007,  quaderni  e
notiziari CNR-IRSA per le acque dolci e manuali ISPRA ed ICRAM per le
acque marino-costiere e di transizione.
I metodi per i parametri chimici sono riportati nei Manuali  e  Linee
Guida APAT/ CNR-IRSA n.  29/2003  e  successivi  aggiornamenti  e  in
"Metodologie Analitiche di Riferimento. Programma di Monitoraggio per
il controllo  dell'Ambiente  marino  costiero  (Triennio  2001-2003)"
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del  Territorio,  ICRAM,  Roma
2001 e successivi aggiornamenti.
Per le sostanze dell'elenco di priorita' per  le  acque  superficiali
interne,  nelle  more  della  pubblicazione  dell'aggiornamento   dei
quaderni APAT/CNR-IRSA si fa riferimento per i metodi analitici  alle
metodiche di cui alla seguente tabella 3.9.
Per  la  misura  della  portata  (solida  e  liquida)  per  le  acque
superficiali interne,  nelle  more  della  pubblicazione  dei  metodi
ISPRA/CNR, si fa riferimento a quelli indicati nell'elenco di seguito
riportato.

Tab. 3.9. Metodi analitici per la misura delle  concentrazioni  delle
sostanze dell'elenco di priorita' nella colonna d'acqua per le  acque
interne.

---------------------------------------------------------------------
Sostanze dell'elenco di priorita'   Metodi analitici
---------------------------------------------------------------------
Alaclor                            EN ISO 6468: 1996; ISO 11370:2000;
                                   APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
Antracene                          ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003);
                                   Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
Atrazina                           EN ISO 11369:1997;
                                   EN ISO 10695:2000;
                                   ISO 11370:2000;
                                   APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
Benzene                            ISO 15680:2003; ISO 11423-1:1997;
                                   APAT 5140 (2003)
---------------------------------------------------------------------
Cadmio e composti                  EN ISO 5961:1994;ISO 17294-2:2003;
                                   ISO 15586:2003;
                                   APAT 3120 (2003); Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
C10-13-cloroalcani                                  (1)
---------------------------------------------------------------------
Clorfenvinfos                      DIN EN 12918:1999; ISO 11370:2000;
                                   APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
Clorpyrifos (-etil, -metil)        DIN EN 12918:1999;
                                   APAT 5060 (2003);
                                   Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
1,2-Dicloroetano                   EN ISO 10301:1997; ISO 15680:2003;
                                   APAT 5150 (2003)
---------------------------------------------------------------------
Diclorometano                      EN ISO 10301:1997; ISO 15680:2003;
                                   APAT 5150 (2003)
---------------------------------------------------------------------
Ftalato di bis(2-etilesile) (DEHP) ISO 18856:2004
---------------------------------------------------------------------
Diuron                             EN ISO 11369:1997;
                                   APAT 5050 (2003) con LC/MS
---------------------------------------------------------------------
Endosulfan                         EN ISO 6468:1996;
                                   APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
Fluorantene                        ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003);
                                   Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
Esaclorobenzene                    EN ISO 6468:1996;
                                   APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
Esaclorobutadiene                  EN ISO 10301:1997;
                                   APAT 5150 (2003)
---------------------------------------------------------------------
Esaclorocicloesano                 EN ISO 6468:1996;
                                   APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
Isoproturon                        EN ISO 11369:1997;
                                   APAT 5050 (2003) con LC/MS
---------------------------------------------------------------------
Piombo e composti                  ISO 17294-2:2003; ISO 11885:2007;
                                   ISO 15586:2003;
                                   APAT 3230 (2003); Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
Mercurio e composti                EN 1483:1997; EN 12338:1998;
                                   EN 13506:2001;
                                   APAT 3200 (2003) ; Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
Naftalene                          ISO 17993:2002; ISO 15680:2003;
                                   APAT 5080 (2003)
---------------------------------------------------------------------
Nichel e composti                  ISO 17294-2:2003; ISO 11885:2007;
                                   ISO 15586:2003;
                                   APAT 3220 (2003); Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
Nonilfenoli                        ISO 18857-1:2005
---------------------------------------------------------------------
Octilfenoli                        ISO 18857-1:2005
---------------------------------------------------------------------
Pentaclorobenzene                  EN ISO 6468:1996
---------------------------------------------------------------------
Pentaclorofenolo                   EN 12673:1998; ISO 8165-2:1999
---------------------------------------------------------------------
Idrocarburi policiclici aromatici  ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003);
                                   Istisan 07/31
Benzo(a)pirene                     ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003);
                                   Istisan 07/31
Benzo(b)fluorantene                ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003);
                                   Istisan 07/31
Benzo(g,h,i)perilene               ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003);
                                   Istisan 07/31
Benzo(k)fluorantene                ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003);
                                   Istisan 07/31
Indeno(1,2,3-cd)pirene             ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003);
                                   Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
Simazina                           EN ISO 11369:1997;
                                   EN ISO 10695:2000;
                                   ISO 11370:2000; APAT 5060 (2003);
                                   Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
Composti del tributilstagno        ISO 17353:2004
---------------------------------------------------------------------
Triclorobenzeni                    EN ISO 6468:1996; ISO 15680:2003;
                                   APAT 5150 (2003)
---------------------------------------------------------------------
Triclorometano (Cloroformio)       EN ISO 10301:1997; ISO 15680:2003;
                                   APAT 5150 (2003)
---------------------------------------------------------------------
Trifluralin                        EN ISO 10695:2000; ISO 11370:2000
---------------------------------------------------------------------
DDT Totale                         EN ISO 6468:1996;
                                   APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Aldrin                             EN ISO 6468:1996;
                                   APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Endrin                             EN ISO 6468:1996;
                                   APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Isodrin                            EN ISO 6468:1996
Dieldrin                           EN ISO 6468:1996;
                                   APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
---------------------------------------------------------------------
Tetracloroetilene                  EN ISO 10301:1997;
                                   EN ISO 15680:2003;
                                   APAT 5150 (2003)
---------------------------------------------------------------------
Tetraclorometano (Tetracloruro     EN ISO 10301:1997;
 di Carbonio)                      EN ISO 15680:2003;
                                   APAT 5150 (2003)
---------------------------------------------------------------------
Tricloroetilene                    EN ISO 10301:1997;
                                   EN ISO 15680:2003;
                                   APAT 5150 (2003)
---------------------------------------------------------------------

(1) Per il parametro C10-13-cloroalcani il monitoraggio  si  effettua
allorche' sara' disponibile il relativo metodo analitico.

Riferimenti metodologici  per  la  misura  della  portata  (solida  e
liquida) dei corsi d'acqua e dei laghi sono:
*  Manual  on  stream  gauging  -  volume  I  -  Fieldwork  -   World
Meteorological Organization, n° 519;
* Manual on stream gauging - volume II - Computation of  discharge  -
World Meteorological Organization, n° 519 MO n° 519;
* Hydrometry - Measurement of liquid  flow  in  open  channels  using
current-maters or floats - ISO 748/2007;
* Measurement of liquid flow in open channels - Water level measuring
devices - ISO 4373/1995 begin_of_the_skype_highlighting GRATIS 4373/1995 end_of_the_skype_highlighting;
* Measurement of liquid flow in open channels - Part 1: Establishment
and opertion of gauging station - ISO/1100-1;
* Measurement of liquid flow in open channels - Part 2: Determination
of the stage-discharge relation - ISO/1100-2;
*  Norme  Tecniche  per  la  raccolta  e  l'elaborazione   dei   dati
idrometeorologici (Parte II, dati idrometrici) - Servizio Idrografico
e Mareografico Nazionale, 1998.
I  monitoraggi  e  i  relativi  dati  devono  essere  rispettivamente
programmati e gestiti in modo tale da evitare  rischi  di  errore  di
classificazione del corpo idrico al fine di ottimizzare i  costi  per
il  monitoraggio  e  poter  orientare  maggiori  risorse   economiche
all'attuazione delle misure per il  risanamento  degli  stessi  corpi
idrici.
Le Autorita' competenti riportano nei piani di gestione e  nei  piani
di tutela delle acque la metodologia adottata per garantire  adeguata
attendibilita' e precisione ai risultati derivanti dai  programmi  di
monitoraggio.

A.4 Classificazione e presentazione dello stato ecologico e chimico

Sistemi di classificazione per lo stato ecologico
Vengono, di seguito, riportati i  sistemi  di  classificazione  dello
stato ecologico per le varie categorie di corpi idrici (fiumi, laghi,
acque  marino-costiere  e  di  transizione).  La  classificazione  e'
effettuata sulla base della valutazione degli  Elementi  di  Qualita'
Biologica (EQB), degli elementi fisico-chimici,  chimici  (inquinanti
specifici) e idromorfologici, nonche' dei metodi  di  classificazione
di cui al presente allegato.
Per gli elementi biologici la classificazione si effettua sulla  base
del valore di Rapporto di Qualita' Ecologica (RQE), definito al punto
1.1.1, lett. D.2.1, dell'allegato 3, Parte terza del presente decreto
legislativo, ossia del rapporto tra valore  del  parametro  biologico
osservato  e  valore  dello  stesso  parametro,  corrispondente  alle
condizioni  di  riferimento  per  il  "tipo"  di  corpo   idrico   in
osservazione. Pertanto, la classificazione degli  elementi  biologici
deve tener conto del "tipo" di corpo idrico, stabilito in  attuazione
dei criteri tecnici di cui all'allegato 3  del  presente  decreto,  e
delle  relative  condizioni  di   riferimento   tipo-specifiche.   La
tipo-specificita' dei singoli EQB  viene  riportata  all'interno  dei
relativi paragrafi del presente allegato.
Si sottolinea che, in considerazione della diversa sensibilita' degli
EQB ai vari descrittori utilizzati nella tipizzazione in diversi casi
la tipo specificita' e le condizioni di riferimento sono indicate per
gruppi di tipi (macrotipi).
ISPRA  predispone  un  manuale  per  la  raccolta   dei   metodi   di
classificazione gia' elaborati, ciascuno per la  propria  competenza,
dall'Istituto Superiore per la Protezione  e  la  Ricerca  Ambientale
(ISPRA), dall'Istituto di Ricerca sulle Acque del Consiglio Nazionale
delle  Ricerche  (CNR-IRSA),  dall'Istituto  per  lo   Studio   degli
Ecosistemi  del  Consiglio  Nazionale   delle   Ricerche   (CNR-ISE),
dall'Istituto Superiore di Sanita',  dall'Agenzia  nazionale  per  le
Nuove tecnologie,  l'Energia  e  lo  Sviluppo  economico  sostenibile
(ENEA), dall'ARPA Lombardia e  dall'Ispettorato  Generale  del  Corpo
Forestale dello Stato  (CFS).  Il  Ministero  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare, avvalendosi degli Istituti e  delle
altre   Amministrazioni   su   riportati,   avvia   un'attivita'   di
coordinamento con le  Regioni,  le  Province  autonome  di  Trento  e
Bolzano, le ARPA e le APPA al fine della validazione  dei  metodi  di
classificazione   indicati   alla   presente   lettera   A4   e   per
l'integrazione dei metodi non ancora definiti.

A. 4.1 Corsi d'acqua
Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1  del  punto  2
del presente allegato, sono riportati, ai fini della  classificazione
dello stato ecologico dei corpi idrici fluviali, le metriche e/o  gli
indici da utilizzare per i seguenti elementi di qualita' biologica:
- Macroinvertebrati
- Diatomee
- Macrofite
- Pesci

Macrotipi fluviali per la classificazione
Ai fini della classificazione, per i macroinvertebrati bentonici e le
diatomee i tipi fluviali di cui all'Allegato 3 del  presente  Decreto
legislativo sono aggregati in 8 gruppi (macrotipi) come indicati alla
Tab. 4.1/a.

Tab. 4.1/a - Macrotipi fluviali e  rapporto  tra  tipi  fluviali  per
Macroinvertebrati e Diatomee

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Per le macrofite i tipi fluviali di cui all'Allegato 3  del  presente
Decreto legislativo sono aggregati  in  12  gruppi  (macrotipi)  come
indicati alla tabella 4.1/b.

Tab. 4.1/b - Macrotipi fluviali per Macrofite

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

L'elemento di qualita' biologica "Fauna ittica" non risulta sensibile
ai descrittori utilizzati  per  la tipizzazione effettuata  ai  sensi
dell'Allegato 3 del presente decreto legislativo. Pertanto,  ai  fini
della  classificazione  e'  sufficiente  considerare  tutti  i   tipi
fluviali presenti nelle idroecoregioni, prendendo  a  riferimento  di
volta in volta la comunita' ittica attesa,  in  relazione  alle  Zone
zoogeografico-ecologiche riportate nella tabella 4.1.1/h di cui  alla
sezione "Pesci" del paragrafo A.4.1.1 del presente Allegato.

A.4.1.1 Criteri tecnici  per  la  classificazione  sulla  base  degli
elementi di qualita' biologica

Macroinvertebrati
Il sistema di classificazione  per  i  macroinvertebrati,  denominato
MacrOper,  e'  basato  sul  calcolo  dell'indice  denominato   Indice
multimetrico STAR di Intercalibrazione (STAR ICMi), che  consente  di
derivare una classe di qualita' per gli organismi macrobentonici  per
la definizione dello Stato Ecologico.
Lo STAR ICMi e' applicabile anche  ai  corsi  d'acqua  artificiali  e
fortemente modificati.

Specifiche per i fiumi molto grandi e/o non accessibili(2)
La classificazione dei fiumi molto grandi e/o non accessibili,  cioe'
"non guadabili", ovvero di quei tipi fluviali per  i  quali  non  sia
possibile effettuare in modo affidabile un campionamento multihabitat
proporzionale, si ottiene dalla combinazione dei valori RQE  ottenuti
per gli indici STAR ICMi e MTS  (Mayfly  Total  Score),  mediante  il
calcolo della media ponderata.
---------
(2) Per i fiumi  molto  grandi  e/o  non  accessibili  il  metodo  di
campionamento richiede l'utilizzo di substrati artificiali a lamelle,
sulla base delle specifiche tecniche  contenute  nelle  pubblicazioni
Buffagni A., Moruzzi E., Belfiore C., Bordin F., Cambiaghi  M.,  Erba
S., Galbiati L., Pagnotta R.,  2007.  Macroinvertebrati  acquatici  e
direttiva 2000/60/EC (WFD) - parte D. Metodo di campionamento  per  i
fiumi non guadabili. IRSA-CNR Notiziario dei metodi analitici,  Marzo
2007 (1), 69-93.

Limiti di classe e classificazione
In tab. 4.1.1/b sono riportati i valori di RQE relativi ai limiti  di
classe validi sia per lo STAR ICMi sia per  la  media  ponderata  tra
STAR ICMi e MTS, nel caso di fiumi molto grandi e/o non  accessibili,
per i macrotipi fluviali. L'attribuzione a una delle cinque classi di
qualita' per il sito in esame e' da effettuarsi sulla base del valore
medio  dei  valori  dell'indice  utilizzato  relativi  alle   diverse
stagioni di campionamento.

Tab. 4.1.1/b - Limiti di classe fra gli stati per i diversi macrotipi
fluviali

---------------------------------------------------------------------
Macrotipo                         Limiti di classe
fluviale  -----------------------------------------------------------
               Elevato       Buono       Sufficiente     Scarso
               /Buono     /Sufficiente     /Scarso      /Cattivo
---------------------------------------------------------------------
   A1           0,97          0,73           0,49          0,24
---------------------------------------------------------------------
   A2           0,95          0,71           0,48          0,24
---------------------------------------------------------------------
   C            0,96          0,72           0,48          0,24
---------------------------------------------------------------------
   M1           0,97          0,72           0,48          0,24
---------------------------------------------------------------------
M2-M3-M4        0,94          0,70           0,47          0,24
---------------------------------------------------------------------
   M5           0,97          0,73           0,49          0,24
---------------------------------------------------------------------

I valori riportati in Tab. 4.1.1/b corrispondono al valore piu' basso
della classe superiore.

La sezione A dell'Appendice al presente Allegato riporta i valori  di
riferimento tipo-specifici ad oggi disponibili, per le  sei  metriche
che compongono lo STAR ICMi  e  per  il  valore  dell'indice  stesso,
nonche' i valori per l'indice MTS.

Diatomee
L'indice multimetrico da applicare per  la  valutazione  dello  stato
ecologico,  utilizzando  le   comunita'   diatomiche,   e'   l'indice
denominato Indice Multimetrico di Intercalibrazione (ICMi).
L'ICMi si basa sull'Indice di  Sensibilita'  agli  Inquinanti  IPS  e
sull'Indice Trofico TI.

Limiti di classe e classificazione
In tabella 4.1.1/c sono riportati i valori di RQE relativi ai  limiti
di classe dell'ICMi, distinti nei macrotipi fluviali  indicati  nella
tabella 4.1/a

Tab. 4.1.1/c Limiti di classe fra gli stati per i  diversi  macrotipi
fluviali.

---------------------------------------------------------------------

Macrotipi                         Limiti di classe
          -----------------------------------------------------------
                Elevato      Buono       Sufficiente      Scarso
                /Buono    /Sufficiente     /Scarso       /Cattivo
---------------------------------------------------------------------
   A1            0,87         0,70           0,60           0,30
---------------------------------------------------------------------
   A2            0,85         0,64           0,54           0,27
---------------------------------------------------------------------
   C             0,84         0,65           0,55           0,26
---------------------------------------------------------------------
M1-M2-M3-M4      0,80         0,61           0,51           0,25
---------------------------------------------------------------------
   M5            0,88         0,65           0,55           0,26
---------------------------------------------------------------------

I valori riportati in Tab. 4.1.1/c corrispondono al valore piu' basso
della classe superiore.

Nella tabella 4.1.1/d vengono riportati i valori di riferimento degli
indici IPS e TI da utilizzare per il calcolo dei rispettivi RQE.

Tab. 4.1.1/d - Valori di riferimento degli indici  IPS  e  TI  per  i
macrotipi fluviali.

--------------------------------------------------
Macrotipo          Valori di riferimento
Fluviale  ----------------------------------------
                   IPS                TI
--------------------------------------------------
   A1             18,4               1,7
--------------------------------------------------
   A2             19,6               1,2
--------------------------------------------------
   C              16,7               2,4
--------------------------------------------------
   M1             17,15              1,2
--------------------------------------------------
   M2             14,8               2,8
--------------------------------------------------
   M3             16,8               2,8
--------------------------------------------------
   M4             17,8               1,7
--------------------------------------------------
   M5             16,9               2,0
--------------------------------------------------

Macrofite
L'indice da applicare  per  la  valutazione  dello  stato  ecologico,
utilizzando le comunita' macrofitiche, e' l'indice denominato "Indice
Biologique Macrophyitique en Riviere" IBMR.  L'  IBMR  e'  un  indice
finalizzato alla valutazione dello stato trofico inteso in termini di
intensita' di produzione primaria.
Allo stato attuale questo indice non trova applicazione per  i  corsi
d'acqua temporanei mediterranei.

Limiti di classe e classificazione
Nella tabella 4.1.1/e si riportano i valori di RQE IBMR  relativi  ai
limiti di classe differenziati per Area geografica.

Tab. 4.1.1/e - Valori di RQE IBMR relativi ai limiti  tra  le  classi
Elevata, Buona e Sufficiente

---------------------------------------------------------------------
   Area                              Limiti di classe
geografica-----------------------------------------------------------
              Elevato       Buono        Sufficiente       Scarso
              /Buono     /Sufficiente      /Scarso        /Cattivo
---------------------------------------------------------------------
Alpina         0,85          0,70            0,60           0,50
---------------------------------------------------------------------
Centrale       0,90          0,80            0,65           0,50
---------------------------------------------------------------------
Mediterranea   0,90          0,80            0,65           0,50
---------------------------------------------------------------------

In  tabella  4.1.1/f  sono  riportati  i  valori  di  riferimento  da
utilizzare per il calcolo di RQE IBMR per  i  macrotipi  definiti  in
tabella 4.1/b.

Tab. 4.1.1/f -  Valori  di  riferimento  dell'IBMR  per  i  macrotipi
fluviali

-------------------------------------------------------
Area geografica      Macrotipi    Valore di riferimento
-------------------------------------------------------
Alpina                  Aa               14,5
                        Ab               14
-------------------------------------------------------
Centrale                Ca               12,5
                        Cb               11,5
                        Cc               10,5
-------------------------------------------------------
Mediterranea            Ma               12,5
                        Mb               10,5
                        Mc               10
                        Md               10,5
                        Me               10
                        Mf               11,5
                        Mg               11
-------------------------------------------------------

Fauna ittica
L'indice da utilizzare per l'EQB fauna ittica e' l'Indice dello Stato
Ecologico delle Comunita' Ittiche - ISECI.

Limiti di classe e condizioni di riferimento
Per quanto riguarda l'elemento di  qualita'  biologica  fauna  ittica
viene presa come condizione di riferimento, corrispondente allo stato
ecologico  elevato,  la  "comunita'  ittica  attesa"  con  tutte   le
popolazioni  che  la  costituiscono  in  buona  condizione  biologica
(popolazioni ben strutturate in classi di eta', capaci di  riprodursi
naturalmente, con buona o sufficiente consistenza demografica).
Al fine di individuare le comunita'  ittiche  attese  nei  vari  tipi
fluviali  viene  compiuta  una  prima  suddivisione  del   territorio
nazionale su base zoogeografica e una seconda articolazione  su  base
ecologica. La  prima  porta  a  distinguere  tre  "regioni":  Regione
Padana, Regione Italico-peninsulare, Regione delle Isole. La  seconda
porta a distinguere, all'interno  di  ciascuna  regione,  tre  "zone"
(tab. 4.1.1/g): Zona dei Salmonidi, Zona dei Ciprinidi a  deposizione
litofila, Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila;  un'ultima  zona
fluviale, la Zona dei  Mugilidi,  non  viene  considerata  in  quanto
appartenente alle acque di transizione.

Tab. 4.1.1/g - Caratteristiche ambientali delle  tre  "zone  ittiche"
dulcicole in cui e' possibile suddividere i corsi d'acqua italiani.

ZONA DEI SALMONIDI
Acqua limpida e bene ossigenata; corrente molto veloce, con  presenza
di rapide; fondo a massi, ciottoli  o  ghiaia  grossolana;  scarsa  o
moderata presenza di macrofite;  temperatura  fino  a  16-17  °C,  ma
generalmente inferiore.
ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA
Acqua  limpida,  soggetta  pero'   a   torbide   di   breve   durata,
discreta-mente ossigenata; corrente veloce, alternata a zone di acqua
calma e con profondita' maggiore; fondo con  ghiaia  fine  e  sabbia;
moderata presenza di macrofite;  temperatura  raramente  superiore  a
19-20 °C.
ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA
Acqua frequentemente  torbida  e  solo  moderatamente  ossigenata  in
alcuni  periodi;  bassa  velocita'  della  corrente;  fondo  fangoso;
abbondanza di macrofite; temperatura fino a 24-25 °C.

La REGIONE PADANA e' composta dalle seguenti idroecoregioni  (livello
1 della tipizzazione di  cui  alla  sezione  A  dell'allegato  3  del
presente decreto): 1) Alpi Occidentali; 2) Prealpi Dolomiti; 3)  Alpi
Centro-Orientali; 4) Alpi  Meridionali;  5)  Monferrato;  6)  Pianura
Padana; 7) Carso; 8) Appennino Piemontese;  9)  Alpi  Mediterranee  -
versante padano; 10) Appennino settentrionale  -  versanti  padano  e
adriatico; 12) Costa Adriatica - parte settentrionale fino  al  Fiume
Vomano compreso; 13) Appennino Centrale - parte  settentrionale  fino
al Fiume Chienti compreso.
La   REGIONE   ITALICO-PENINSULARE   e'   composta   dalle   seguenti
idroecoregioni: 10) Appennino settentrionale  -  versante  tirrenico;
11) Toscana; 12) Costa Adriatica - parte meridionale a sud del  Fiume
Vomano; 13) Appennino centrale - parte centrale e meridionale  a  sud
del  Fiume  Chienti;  14)  Roma Viterbese;  15)  Basso   Lazio;   16)
Basilicata Tavoliere; 17) Puglia Carsica; 18) Appennino  meridionale;
19) Calabria Nebrodi - parte continentale.
La REGIONE DELLE ISOLE e' composta dalle seguenti idroecoregioni: 19)
Calabria Nebrodi - parte insulare; 20) Sicilia; 21) Sardegna.
Tenendo conto della  zonazione  ittica  vengono  individuate  9  zone
zoogeografico-ecologiche fluviali  principali  riportate  nella  tab.
4.1.1/h.

Tab. 4.1.1/h  -  Zone  zoogeografico-ecologiche  fluviali  principali
individuabili in Italia

-------------------------------------------------------
    zone
zoogeografico                REGIONI
-ecologiche
-------------------------------------------------------
                          REGIONE PADANA
-------------------------------------------------------
    I         ZONA DEI SALMONIDI
    II        ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA
    III       ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA
-------------------------------------------------------
                    REGIONE ITALICO-PENINSULARE
-------------------------------------------------------
    IV        ZONA DEI SALMONIDI
    V         ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA
    VI        ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA
-------------------------------------------------------
                        REGIONE DELLE ISOLE
-------------------------------------------------------
    VII       ZONA DEI SALMONIDI
    VIII      ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA
    IX        ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA
-------------------------------------------------------

Nella sezione B dell'Appendice al presente allegato sono indicate  le
9  comunita'  ittiche  attese  che  si  assumono  come  comunita'  di
riferimento. Le indagini correlate  alle  attivita'  di  monitoraggio
condotte dalle Regioni e  dalle  Province  autonome  possono  portare
all'affinamento della comunita' ittica attesa, mediante  osservazioni
ecologiche sugli habitat effettivamente presenti nei corsi d'acqua  e
l'analisi storico-bibliografica delle conoscenze sulla  fauna  ittica
di ogni singola idroecoregione o tipo fluviale.
Le Regioni che,  a  seguito  delle  indagini  sopraindicate,  abbiano
realizzato l'affinamento delle comunita' ittiche attese,  trasmettono
i risultati delle indagini effettuate  e  le  relative  informazioni,
corredate dalla documentazione scientifica di supporto, al  Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Ai fini della classificazione, non sono considerate eventuali  specie
campionate non presenti nelle liste delle comunita' ittiche attese  e
nelle liste delle specie aliene.

Tab. 4.1.1/i - Limiti di classe fra gli stati per l'indice ISECI

---------------------------------------------------------------------
                                     Limiti di classe
          -----------------------------------------------------------
             Elevato        Buono      Sufficiente      Scarso
             /Buono     /Sufficiente     /Scarso       /Cattivo
---------------------------------------------------------------------
Valore
ISECI (i)      0,8           0,6            0,4           0,2
---------------------------------------------------------------------

I valori riportati in Tab. 4.1.1/i corrispondono al valore piu' basso
della classe superiore.

A.4.1.2 Criteri tecnici  per  la  classificazione  sulla  base  degli
elementi di qualita' fisico -chimica a sostegno
Ai fini della classificazione dello stato ecologico dei corpi  idrici
fluviali gli elementi fisico -chimici a  sostegno  del  biologico  da
utilizzare sono i seguenti:
- Nutrienti (N-NH4, N-NO3, Fosforo totale);
- Ossigeno disciolto (% di saturazione).
Per un giudizio complessivo della  classificazione  si  tiene  conto,
secondo i criteri riportati al paragrafo "Altri parametri", anche di:
- Temperatura;
- pH;
- Alcalinita' (capacita' di neutralizzazione degli acidi);
- Conducibilita'.

Nutrienti e ossigeno disciolto
I nutrienti e l'ossigeno disciolto, ai  fini  della  classificazione,
vengono integrati  in  un  singolo  descrittore  LIMeco  (Livello  di
Inquinamento dai Macrodescrittori per lo stato ecologico)  utilizzato
per derivare la classe di qualita'.
La procedura prevede che sia calcolato un punteggio sulla base  della
concentrazione,  osservata  nel   sito   in   esame,   dei   seguenti
macrodescrittori: N-NH4, N-NO3, Fosforo totale e  Ossigeno  disciolto
(100 - % di saturazione O2). Il punteggio  LIMeco  da  attribuire  al
sito rappresentativo del corpo idrico e' dato dalla media dei singoli
LIMeco dei  vari  campionamenti  effettuati  nell'arco  dell'anno  in
esame. Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino piu' siti  per
il rilevamento dei parametri  fisico-chimici,  il  valore  di  LIMeco
viene calcolato come media ponderata (in  base  alla  percentuale  di
corpo idrico rappresentata da ciascun sito) tra i  valori  di  LIMeco
ottenuti per i diversi siti(3). Nel caso di monitoraggio operativo il
valore di LIMeco da attribuire al sito e' dato dalla media dei valori
di LIMeco ottenuti per ciascuno dei 3 anni di campionamento.  Per  il
monitoraggio di sorveglianza, si fa riferimento al  LIMeco  dell'anno
di controllo  o,  qualora  il  monitoraggio  venisse  effettuato  per
periodi piu' lunghi, alla media dei LIMeco dei vari anni.
Il LIMeco di ciascun campionamento viene derivato come  media  tra  i
punteggi  attributi  ai  singoli  parametri  secondo  le  soglie   di
concentrazione indicate nella seguente tab.  4.1.2/a,  in  base  alla
concentrazione osservata.
----------
(3)Si deve valutare la percentuale di corpo idrico  rappresentata  da
ciascuno dei siti in esame. Il valore di LIMeco calcolato per un sito
va  moltiplicato  per  la  percentuale  di  corpo  idrico  che   esso
rappresenta; tale valore  va  quindi  sommato  al  valore  di  LIMeco
calcolato in un altro sito del medesimo corpo idrico moltiplicato per
la percentuale di rappresentativita' del sito nel corpo idrico.

Tab. 4.1.2/a - Soglie per  l'assegnazione  dei  punteggi  ai  singoli
parametri per ottenere il punteggio LIMeco

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

* Punteggio da attribuire al singolo parametro
** Le soglie di concentrazione corrispondenti al Livello 1 sono state
definite sulla base delle concentrazioni osservate in campioni  (115)
prelevati in siti di riferimento (49), appartenenti  a  diversi  tipi
fluviali. In particolare, tali soglie, che permettono  l'attribuzione
di un punteggio pari a 1, corrispondono  al  75°  percentile  (N-NH4,
N-NO3,  e  Ossigeno  disciolto)  o  al  90°  (Fosforo  totale)  della
distribuzione delle concentrazioni di ciascun parametro nei  siti  di
riferimento. I siti di riferimento  considerati  fanno  parte  di  un
database disponibile presso CNR-IRSA.

Per tipi fluviali particolari  le  Regioni  e  le  Province  Autonome
possono derogare ai valori soglia di LIMeco  stabilendo  soglie  tipo
specifiche  diverse,  purche'   sia   dimostrato,   sulla   base   di
un'attivita' conoscitiva specifica ed il  monitoraggio  di  indagine,
che i livelli maggiori di concentrazione dei  nutrienti  o  i  valori
piu' bassi di ossigeno disciolto sono attribuibili  esclusivamente  a
ragioni naturali. Il valore  di  deroga  e  le  relative  motivazioni
devono essere trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare e devono comunque essere riportate nel Piano di
gestione e nel Piano di tutela delle acque.
Il valore medio di LIMeco calcolato per il periodo  di  campionamento
e' utilizzato per attribuire la classe di qualita' al sito, secondo i
limiti indicati nella successiva tab 4.1.2/b.
Conformemente a quanto stabilito nella Direttiva 2000/60/CE, lo stato
ecologico del corpo idrico  risultante  dagli  elementi  di  qualita'
biologica non viene declassato oltre la classe sufficiente qualora il
valore di LIMeco per il corpo idrico osservato dovesse ricadere nella
classe scarso o cattivo.

Tab. 4.1.2/b - Classificazione di qualita' secondo i valori di LIMeco

------------------------
Stato           LIMeco
------------------------
Elevato*        >= 0,66
Buono           >= 0,50
Sufficiente     >= 0,33
Scarso          >= 0,17
Cattivo         < 0,17
------------------------

* Il limite tra lo stato elevato e lo stato buono  e'  stato  fissato
pari al 10° percentile dei campioni ottenuti da siti di riferimento

Altri parametri
Gli altri parametri, temperatura, pH, alcalinita'  e  conducibilita',
sono utilizzati esclusivamente per una migliore  interpretazione  del
dato  biologico  e  non  per  la  classificazione.  Ai   fini   della
classificazione in stato elevato e' necessario che sia verificato che
gli stessi non presentino segni di alterazioni antropiche  e  restino
entro la forcella di norma  associata  alle  condizioni  territoriali
inalterate.  Ai  fini  della  classificazione  in  stato  buono,   e'
necessario che sia verificato che detti parametri  non  siano  al  di
fuori  dell'intervallo  dei  valori  fissati  per  il   funzionamento
dell'ecosistema  tipo  specifico  e   per   il   raggiungimento   dei
corrispondenti valor per gli elementi di qualita' biologica.

A.4.1.3 Criteri tecnici  per  la  classificazione  sulla  base  degli
elementi di qualita' idromorfologica a sostegno
Nella  classificazione  dello  stato  ecologico  dei   corpi   idrici
fluviali, gli elementi idromorfologici a  sostegno  vengono  valutati
attraverso  l'analisi  dei  seguenti  aspetti  (ciascuno  dei   quali
descritto da una serie di parametri e/o indicatori):
-  regime  idrologico  (quantita'  e  variazione  del  regime   delle
portate);
-     condizioni     morfologiche     (configurazione     morfologica
plano-altimetrica,    configurazione    delle    sezioni    fluviali,
configurazione  e  struttura  del  letto,  vegetazione  nella  fascia
perifluviale, continuita' fluviale  -  entita'  ed  estensione  degli
impatti di opere artificiali sul flusso di acqua, sedimenti  e  biota
-).
Per i tratti di corpo idrico candidati a  siti  di  riferimento  sono
valutate anche le  condizioni  di  habitat,  conformemente  a  quanto
riportato al successivo paragrafo "Condizioni di habitat".

Regime idrologico
L'analisi del regime idrologico e' effettuata  in  corrispondenza  di
una sezione trasversale sulla base  dell'Indice  di  Alterazione  del
Regime Idrologico IARI, che fornisce una misura dello scostamento del
regime idrologico osservato rispetto a quello naturale che si avrebbe
in assenza di pressioni antropiche.
L' indice di alterazione e' definito in maniera differente a  seconda
che  la  sezione  in  cui  si  effettua  la  valutazione  del  regime
idrologico sia dotata o meno di strumentazione per la misura, diretta
o indiretta, della portata.
La serie delle portate naturali, utilizzata dall'Autorita' competente
per  definire  il  regime  idrologico  di  riferimento  deve   essere
sufficientemente lunga per ottenere una stima idrologica  affidabile.
I  dati  di  portata  sono   stimati   o   ricostruiti   secondo   le
disponibilita' territoriali. I criteri  e  i  modelli  di  stima  e/o
ricostruzione  della  serie  delle  portate  naturali  devono  essere
riportati nei piani di gestione.
La valutazione dello stato del regime idrologico si articola  in  due
fasi (Fase 1 e Fase 2).
Nella Fase 1, sulla base del valore assunto da IARI,  e'  individuato
il corrispondente stato del regime  idrologico  cosi'  come  indicato
nella tabella 4.1.3/a.

Tab. 4.1.3/a- Classi di stato idrologico

-----------------------------------
       IARI                STATO
-----------------------------------
  0 <= IARI <= 0,05       ELEVATO
0,05 < IARI <= 0,15        BUONO
    0,15 < IARI          NON BUONO
-----------------------------------

Nel caso in cui il valore di IARI evidenzi la presenza di  condizioni
critiche, ossia corrispondenti ad  uno  stato  inferiore  al  "BUONO"
(IARI > 0,15), si procede alla Fase 2.
Nella Fase 2, si  provvede  ad  un  approfondimento  per  individuare
l'origine della criticita' e conseguentemente confermare o variare il
giudizio espresso.
Nel caso di sezione strumentata, si effettua l'indagine derivata  dal
metodo Indicators  of  Hydrologic  Alterations  (IHA)  che  individua
cinque componenti critiche del regime idrologico fondamentali per  la
regolazione dei processi ecologici fluviali.
La differenza tra parametri omologhi dedotti dalle due diverse serie,
naturale  e  reale,  e'  valutata  rispetto  ad  un   intervallo   di
accettabilita'  prefissato,  che  definisce  l'accettabilita'   dello
scostamento dalle condizioni naturali.
Qualora   alcuni   parametri   non   rientrino   nell'intervallo   di
accettabilita'  a  causa  di  un'alterazione  imputabile  a   fattori
naturali (es. variazioni climatiche), e' possibile elevare la  classe
di stato idrologico (indicazioni e motivazioni dell'attribuzione  del
corpo idrico ad una classe piu' elevata devono essere  riportate  nei
piani di gestione). In questi casi deve inoltre essere valutato se si
tratti di una tendenza consolidata e in tal  caso  se  sia  opportuno
rivedere le condizioni di riferimento.
Se invece  le  cause  sono  di  origine  antropica,  si  conferma  la
valutazione derivante dalla Fase 1 e si  definiscono  le  misure  per
riportare i parametri idrologici critici all'interno  dell'intervallo
di accettabilita' prefissato.
Nel caso di sezione non strumentata, nella Fase 2, occorre provvedere
al monitoraggio sistematico della portata nella sezione in  esame  al
fine di investigare le cause che hanno determinato le  condizioni  di
criticita',  e   quindi   confermare   o   modificare   il   giudizio
precedentemente espresso secondo le indicazioni sopra riportate.

Condizioni morfologiche
Le condizioni morfologiche vengono valutate per ciascuno dei seguenti
aspetti:
- continuita': la continuita' longitudinale riguarda la capacita' del
corso d'acqua di garantire  il  transito  delle  portate  solide;  la
continuita' laterale riguarda  il  libero  manifestarsi  di  processi
fisici di esondazione e di erosione;
- configurazione morfologica: riguarda la morfologia  planimetrica  e
l'assetto altimetrico;
- configurazione della sezione: riguarda le variazioni di larghezza e
profondita' della sezione fluviale;
- configurazione e  struttura  alveo:  riguarda  la  struttura  e  le
caratteristiche tessiturali dell'alveo;
- vegetazione nella fascia perifluviale: riguarda gli aspetti  legati
alla  struttura  ed  estensione  della   vegetazione   nella   fascia
perifluviale.
La  classificazione  si  basa  sul  confronto   tra   le   condizioni
morfologiche attuali  e  quelle  di  riferimento  in  modo  da  poter
valutare i processi evolutivi in corso e i valori dei  parametri  per
descriverne lo stato e le tendenze evolutive future.
La valutazione dello stato morfologico viene effettuata  considerando
la funzionalita' geomorfologica,  l'artificialita'  e  le  variazioni
morfologiche, che concorrono alla formazione dell'Indice di  Qualita'
Morfologica, IQM.
Sulla base del valore assunto dall'IQM,  e'  definita  la  classe  di
stato morfologico cosi' come indicato nella tabella 4.1.3/b .

Tab. 4.1.3/b - Classi di stato morfologico

-----------------------------------
       IQM                STATO
-----------------------------------
0,85 <= IQM <= 1         ELEVATO
   IQM < 0,85          NON ELEVATO
-----------------------------------

Classificazione per gli aspetti idromorfologici
La classificazione per gli aspetti idromorfologici e' ottenuta  dalla
combinazione dello stato definito dagli indici IQM e IARI secondo  la
tabella 4.1.3/c .

Tab. 4.1.3/c - Classi di stato idromorfologico

                        -------------------------------
                       |       STATO MORFOLOGICO
                       |-------------------------------
                       |    ELEVATO   |  NON ELEVATO
-------------------------------------------------------
           |   ELEVATO  |   ELEVATO   |  NON ELEVATO
STATO      |-------------------------------------------
IDROLOGICO |    BUONO   |   ELEVATO   |  NON ELEVATO
           |-------------------------------------------
           |  NON BUONO | NON ELEVATO |  NON ELEVATO
-------------------------------------------------------

Condizioni di habitat
Le condizioni di habitat  sono  valutate,  secondo  le  modalita'  di
seguito riportate, per i tratti di corpo idrico candidati a  siti  di
riferimento. Le Regioni possono valutare  le  condizioni  di  habitat
anche nei corpi idrici sottoposti a monitoraggio di sorveglianza  per
acquisire  un  quadro  conoscitivo  piu'  articolato   in   relazione
all'interpretazione del dato biologico.
La valutazione delle  caratteristiche  degli  habitat  e'  realizzata
sulla  base  di  informazioni  (scala  locale:  tratto)  relative  ai
seguenti  aspetti:  substrato,  vegetazione  nel  canale  e   detrito
organico, caratteristiche di erosione/deposito,  flussi,  continuita'
longitudinale,  struttura  e  modificazione  delle  sponde,  tipi  di
vegetazione/struttura delle sponde e dei territori adiacenti, uso del
suolo adiacente al corso d'acqua e caratteristiche associate. Ai fini
dell'attribuzione di un tratto fluviale  allo  stato  elevato  o  non
elevato, gli elementi  sopra  riportati  devono  essere  formalizzati
nelle seguenti categorie:
- diversificazione e qualita' degli habitat fluviali e ripari;
- presenza di strutture artificiali nel tratto considerato;
- uso del territorio nelle aree fluviali e perifluviali.
Le informazioni relative a tali  categorie,  opportunamente  mediate,
concorrono a definire lo stato di qualita'  dell'habitat  (Indice  di
Qualita' dell'Habitat: IQH).
I limiti di classe per l'attribuzione dello stato elevato secondo  la
qualita' dell'habitat sono riportati nelle tabelle 4.1.3/d e 4.1.3/e,
separatamente per:
- corsi d'acqua temporanei e corsi d'acqua di pianura piccoli e molto
piccoli;
- tutti i rimanenti tipi fluviali.

Tab. 4.1.3/d - Stato di qualita' dell'habitat  per  i  corsi  d'acqua
temporanei e per i corsi d'acqua di pianura piccoli e molto piccoli.

-----------------------------------
       IQH         QUALITÀ HABITAT
-----------------------------------
   IQH >= 0,81         ELEVATO
   IQH < 0,81        NON ELEVATO
-----------------------------------

Tab. 4.1.3/e - Stato di qualita' dell'habitat per tutti  i  rimanenti
tipi fluviali.

-----------------------------------
       IQH         QUALITÀ HABITAT
-----------------------------------
   IQH >= 0,90         ELEVATO
   IQH < 0,90        NON ELEVATO
-----------------------------------

Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino piu' tratti di  corpo
idrico candidati a sito di  riferimento,  per  il  rilevamento  della
qualita' dell'habitat il  valore  di  IQH  e'  calcolato  come  media
ponderata tra i diversi tratti. Occorre  valutare  quale  percentuale
del corpo idrico i diversi tratti in esame rappresentino.  Il  valore
di IQH calcolato per un tratto andra' moltiplicato per la percentuale
di corpo idrico che  esso  rappresenta;  tale  valore  andra'  quindi
sommato al valore di IQH calcolato in un altro  tratto  del  medesimo
corpo idrico moltiplicato per la  percentuale  di  rappresentativita'
del tratto nel corpo idrico.
La classificazione si basa sul rapporto tra le condizioni osservate e
quelle  attese  in  condizioni  di  riferimento.  Nella   sezione   C
dell'Appendice vengono riportati i valori di riferimento utili per il
calcolo dei rapporti di qualita', qualora il  metodo  di  valutazione
IQH   utilizzato   fosse   basato   sull'applicazione   del    metodo
"CARAVAGGIO".
Ai fini della classificazione, qualora si faccia anche  ricorso  alla
valutazione delle condizioni di  habitat,  lo  stato  idromorfologico
complessivo,  come  riportato  in  tabella   4.1.3/f,   e'   ottenuto
dall'integrazione delle seguenti componenti:
- la classe ottenuta dagli aspetti idromorfologici;
- la classe ottenuta dalla qualita' dell'habitat.

Tab.  4.1.3/f   -   Classificazione   dello   stato   idromorfologico
complessivo qualora sia valutata l'informazione relativa all'habitat.

                        -----------------------------
                       |   ASPETTI IDROMORFOLOGICI
                       |-----------------------------
                       |   ELEVATO   |  NON ELEVATO
-----------------------------------------------------
         |   ELEVATO   |   ELEVATO   |    ELEVATO
HABITAT  |-------------------------------------------
         | NON ELEVATO |   ELEVATO   |  NON ELEVATO
-----------------------------------------------------

A.4.2 Corpi idrici lacustri
Nella classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici lacustri
gli elementi di qualita' biologica da considerare sono i seguenti:
- Fitoplancton
- Macrofite
- Pesci

Macrotipi lacustri per la classificazione
Ai fini della classificazione, i tipi lacustri di cui all'Allegato  3
del presente Decreto legislativo sono aggregati  nei  macrotipi  come
indicati alla Tab. 4.2/a

Tab. 4.2/a - Accorpamento dei tipi lacustri italiani in macrotipi

---------------------------------------------------------------------
                                     Tipi di cui alla lettera A2
Macrotipo  Descrizione               dell'allegato 3 del presente
                                     Decreto legislativo
---------------------------------------------------------------------
L1         Laghi con profondita'      AL-3
           massima maggiore di
           125 m
---------------------------------------------------------------------
L2         Altri laghi con           Laghi appartenenti ai tipi
           profondita' media          ME-4/5/7, AL-6/9/10 e AL-1/2,
           maggiore di 15 m          limitatamente a quelli profondi
                                     piu' di 15 m.
---------------------------------------------------------------------
L3         Laghi con profondita'      Laghi appartenenti ai tipi
           media minore di 15 m,     ME-2/3/6, AL-5/7/8, S e AL-1/2,
           non polimittici           limitatamente a quelli profondi
                                     meno di 15 m.
---------------------------------------------------------------------
L4         Laghi polimittici         Laghi appartenenti ai tipi ME-1,
                                     AL-4
---------------------------------------------------------------------
I1         Invasi dell'ecoregione    Invasi appartenenti ai tipi
           mediterranea con          ME-4/5
           profondita' media
           maggiore di 15 m
---------------------------------------------------------------------
I2         Invasi con profondita'     Invasi appartenenti ai tipi
           media maggiore di 15 m    ME-7, AL-6/9/10 e AL-1/2,
                                     limitatamente a quelli profondi
                                     piu' di 15 m.
---------------------------------------------------------------------
I3         Invasi con profondita'     Invasi appartenenti ai tipi
           media minore di 15 m,     ME-2/3/6, AL-5/7/8, S e AL-1/2,
           non polimittici           limitatamente a quelli profondi
                                     meno di 15 m.
---------------------------------------------------------------------
I4         Invasi polimittici        Invasi appartenenti ai tipi
                                     ME-1, AL-4
---------------------------------------------------------------------


A.4.2.1 Criteri tecnici  per  la  classificazione  sulla  base  degli
elementi di qualita' biologica

Fitoplancton
La  classificazione  dei  laghi  e  degli  invasi   a   partire   dal
fitoplancton si basa sulla media dei valori di due  indici,  l'Indice
medio di biomassa e l'Indice di composizione.
Il calcolo di questi due indici si basa a sua volta  su  piu'  indici
componenti: Concentrazione media di clorofilla  a,  Biovolume  medio,
PTI  (PTIot,  PTIspecies,  MedPTI)  e  Percentuale  di   cianobatteri
caratteristici di acque eutrofe.
Come  indicato  in  tab.  4.2.1/a,  l'Indice  medio  di  biomassa  e'
ottenuto, per tutti i macrotipi, come media  degli  RQE  normalizzati
della Concentrazione della clorofilla a e del Biovolume.
L'Indice di composizione e' invece ottenuto attraverso indici diversi
in relazione alla loro applicabilita' ai differenti macrotipi; il suo
valore puo' cosi' corrispondere all'RQE normalizzato del PTIot o  del
PTIspecies, ovvero alla media degli RQE  normalizzati  del  MedPTI  e
della Percentuale di cianobatteri.
L'Indice complessivo per il  fitoplancton  (ICF),  determinato  sulla
base dei dati di un anno di  campionamento,  si  ottiene  come  media
degli Indici medi di composizione e biomassa.
Per la classificazione nel caso di monitoraggio operativo si utilizza
il valore medio dei tre ICF calcolati annualmente.

Tab. 4.2.1/a - Componenti degli indici  da  mediare  per  il  calcolo
dell'Indice finale di classificazione

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

* Calcolato come media degli RQE normalizzati degli indici componenti
sottostanti
** Corrispondente all'RQE normalizzato del singolo indice  componente
sottostante, o calcolato come media degli RQE  normalizzati  dei  due
indici componenti sottostanti per il solo macrotipo I1

Limiti di classe e classificazione
In tabella 4.2.1/b sono riportati i valori di RQE relativi ai  limiti
di classe dell'Indice complessivo per il  fitoplancton  (ICF).  Nelle
successive tabelle vengono riportati i limiti di classe ed i relativi
valori di riferimento, distinti per macrotipi, per la  Concentrazione
media annua di clorofilla a, il Biovolume medio,  la  Percentuale  di
cianobatteri, il MedPTI, il PTIot e il PTIspecies.

Tab. 4.2.1/b - Limiti di classe, espressi come rapporti  di  qualita'
ecologica (RQE), dell'Indice complessivo per il fitoplancton

----------------------------------------
                        Limiti di classe
       Stato                 (RQE)
----------------------------------------
   Elevato/Buono              0,8
 Buono/Sufficiente            0,6
 Sufficiente/Scarso           0,4
  Scarso/Cattivo              0,2
----------------------------------------


Nelle tabelle seguenti si riportano  i  valori  di  RQE  relativi  ai
limiti di classe ed ai valori di riferimento degli indici componenti.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Macrofite
L'elemento  biologico  macrofite,  o  piante  acquatiche,   basa   la
classificazione   dei   laghi   sull'utilizzo   delle   sole   specie
idrofitiche, cioe' quelle macrofite che hanno modo di svilupparsi  in
ambienti puramente acquatici o su  terreni  o  substrati  che  almeno
periodicamente vengono sommersi dall'acqua.
Le metriche applicate alle macrofite  per  la  classificazione  degli
ambienti lacustri sono in totale cinque: la  massima  profondita'  di
crescita,  la  frequenza  relativa  delle   specie   con   forma   di
colonizzazione sommersa,  la  frequenza  delle  specie  esotiche,  la
diversita' calcolata come indice Simpson e il punteggio  trofico  per
ciascuna specie. Le  metriche  permettono  di  calcolare  due  indici
MTIspecies, per i laghi di categoria L-AL3, e MacroIMMI, per i  laghi
appartenenti alle tipologie L-AL4, L-AL5 e L-AL6.
Allo stato attuale questi indici non trovano applicazione per i laghi
mediterranei.
La metodologia di classificazione e' diversa  a  seconda  dell'indice
che viene applicato e quindi della tipologia di lago che deve  essere
classificato.
Per determinare il valore dell'indice  MTIspecies  occorre  calcolare
per ciascun sito (inteso come porzione continua di riva, di  ampiezza
variabile, al cui interno  e'  possibile  individuare  una  comunita'
macrofisica omogenea in termini di composizione specifica)  la  media
ponderata  dei  valori  trofici  di  ciascuna  specie  rispetto  alle
abbondanze relative e, per l'intero corpo idrico , la media ponderata
del valore ottenuto per ciascun sito rispetto alla  lunghezza  totale
dei siti con presenza di vegetazione.
Per la determinazione del valore dell'indice MacroIMMI sono necessari
due passaggi successivi: il primo passaggio  prevede  il  calcolo  in
ciascun sito  (definito  come  sopradetto)  della  media  dei  valori
ottenuti di ciascuna metrica; il secondo passaggio prevede il calcolo
della media ponderata  dei  valori  in  ciascun  sito  rispetto  alla
lunghezza totale dei siti con presenza di vegetazione. L'ambiente  di
applicazione e' costituito dai laghi polimittici  o  non  polimittici
con profondita' massima minore o uguale a 125 m.

Limiti di classe e classificazione
In tabella 4.2.1/i e in tabella 4.2.1/l sono riportati  i  limiti  di
classe  e  i  valori  di   riferimento,   distinti   per   macrotipi,
rispettivamente per gli indici finali MTIspecies e  MacroIMMI.  Nelle
tabelle successive sono indicati i limiti di classe  e  i  valori  di
riferimento,  distinti  per  macrotipi,  per  le  metriche   (massima
profondita' di crescita, frequenza relativa  delle  specie  sommerse,
frequenza delle specie esotiche, diversita',  punteggio  trofico  per
ciascuna specie) da utilizzare per il calcolo dei suddetti indici.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Pesci
La classificazione  dei  laghi  per  l'elemento  biologico  pesci  e'
effettuata attraverso l'applicazione dell'indice LFI (Lake Fish Index
- LFI). Tale indice  e'  composto  da  cinque  metriche.  Il  LFI  e'
applicabile ad ogni lago  con  superficie  >0,5  km2  dell'Ecoregione
Alpina e dell'Ecoregione Mediterranea.
Per ogni bacino  lacustre  sono  definite  delle  specie  indicatrici
(specie chiave e tipo-specifiche)  per  la  valutazione  dello  stato
della fauna ittica.
Il valore degli RQE per ogni metrica e' definito dal rapporto tra  il
punteggio della metrica  e  il  punteggio  della  stessa  assunto  in
condizioni di riferimento(4).
Il valore del Rapporto di Qualita' Ecologica finale  RQEtot,  per  la
valutazione dello stato della fauna ittica, e' calcolato  come  media
aritmetica dei valori degli RQE delle singole metriche.
---------
(4) Le condizioni di riferimento sono individuate sulla base di  dati
storici e di metriche desunte dalla letteratura di settore

Limiti di classe e classificazione
In tabella 4.2.1/r sono riportati i  valori  di  RQEtot  relativi  ai
limiti di classe dell'Indice LFI.
Nelle successive tabelle vengono riportati i limiti di  classe  ed  i
relativi valori di riferimento per le seguenti metriche:
- abbondanza relativa delle specie chiave NPUS (Numero Per Unita'  di
Sforzo) - metrica 1;
- struttura di popolazione delle specie chiave - Indice di  struttura
PSD - metrica 2;
-  successo  riproduttivo  delle  specie  chiave   e   delle   specie
tipo-specifiche - metrica 3;
- diminuzione (%) del numero di specie  chiave  e  tipo-specifiche  -
metrica 4;
- presenza di specie ittiche alloctone ad elevato impatto  -  metrica
5.

Tab. 4.2.1/r - Limiti di classe RQEtot per la valutazione dello stato
della fauna ittica nei laghi con superficie > 0,5km2

----------------------------------------
                        Limiti di classe
       Stato               (RQE tot)
----------------------------------------
   Elevato/Buono              0,8
 Buono/Sufficiente            0,6
 Sufficiente/Scarso           0,4
  Scarso/Cattivo              0,2
----------------------------------------


Tab. 4.2.1/s - Limiti di classe RQE1 per la metrica 1
Tab. 4.2.1/t - Limiti di classe RQE2 per la metrica 2
Tab. 4.2.1/u - Limiti di classe RQE3 per la metrica 3
Tab. 4.2.1/v - Limiti di classe RQE4 per la metrica 4
Tab. 4.2.1/z - Limiti di classe RQE5 per la metrica 5

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Per quanto riguarda l'EQB "pesci" ogni lago e'  considerato  come  un
unico corpo idrico.
Nei laghi con superficie superiore a 50km2  -  il  cui  campionamento
presuppone la suddivisione in sottobacini - il  valore  finale  degli
RQE e' calcolato come media aritmetica degli RQE calcolati  per  ogni
sottobacino.

A.4.2.2 Criteri tecnici  per  la  classificazione  sulla  base  degli
elementi di qualita' fisico -chimica a sostegno
Ai fini della classificazione dello stato ecologico dei corpi  idrici
lacustri gli elementi fisico -chimici a  sostegno  del  biologico  da
utilizzare sono i seguenti:
- fosforo totale;
- trasparenza;
- ossigeno ipolimnico;
Per un giudizio complessivo della  classificazione  si  tiene  conto,
secondo i criteri riportati al paragrafo "Altri parametri", anche di:
- pH;
- alcalinita';
- conducibilita';
- ammonio.

Fosforo totale, trasparenza e ossigeno disciolto (LTLeco)
Ai fini della classificazione, il fosforo totale,  la  trasparenza  e
l'ossigeno disciolto vengono  integrati  in  un  singolo  descrittore
LTLeco (livello trofico laghi per  lo  stato  ecologico)  secondo  la
metodologia di seguito riportata basato su un numero di campionamenti
annuali pari a quelli previsti dal protocollo di  campionamento  APAT
46/2007 -  .  La  procedura  per  il  calcolo  dell'LTL  eco  prevede
l'assegnazione di un punteggio  per  fosforo  totale,  trasparenza  e
ossigeno ipolimnico, misurati in sito, sulla base di quanto  indicato
nelle tabelle 4.2.2/a, 4.2.2/b, 4.2.2/c del presente paragrafo. Dette
tabelle riportano punteggi distinti per i livelli corrispondenti alle
classi elevata, buona e sufficiente per i singoli parametri.
I livelli per il fosforo totale,  di  cui  alla  tab.  4.2.2/a,  sono
riferiti alla concentrazione media,  ottenuta  come  media  ponderata
rispetto ai volumi o all'altezza degli strati, nel periodo  di  piena
circolazione alla fine della stagione invernale, anche per i laghi  e
gli invasi meromittici.


Tab. 4.2.2/a - Individuazione dei livelli per il Fosforo
Totale (µg/l)
------------------------------------------------------------
 Valore di
fosforo per                   Livello    Livello    Livello
 macrotipi                       1          2          3
------------------------------------------------------------
                 Punteggio       5          4          3
------------------------------------------------------------
L1, L2, I1, I2                <= 8(*)     <= 15       > 15
------------------------------------------------------------
L3, L4, I3, I4               <= 12(**)    <= 20       > 20
------------------------------------------------------------
(*) Valori di riferimento < 5 µg/l
(**) Valori di riferimento < 10 µg/l


I valori di trasparenza per l'individuazione dei livelli, di cui alla
tab. 4.2.2/b, sono ricavati  mediante  il  calcolo  della  media  dei
valori riscontrati nel corso dell'anno di monitoraggio.


Tab. 4.2.2/b -  Individuazione  dei  livelli  per  la
trasparenza (metri)
------------------------------------------------------------
  Valore di
 trasparenza                  Livello    Livello    Livello
per macrotipi                    1          2          3
------------------------------------------------------------
                 Punteggio       5          4          3
------------------------------------------------------------
L1, L2, I1, I2                >= 10(*)    >= 5,5     < 5,5
------------------------------------------------------------
L3, L4, I3, I4                >= 6(**)     >= 3       < 3
------------------------------------------------------------
(*) Valori di riferimento > 15 m
(**) Valori di riferimento > 10 m


La concentrazione dell'Ossigeno ipolimnico  e'  ottenuta  come  media
ponderata rispetto al volume degli  strati.  In  assenza  dei  volumi
possono essere utilizzate le  altezze  degli  strati  considerati.  I
valori  di   saturazione   dell'ossigeno   da   utilizzare   per   la
classificazione sono quelli misurati  nell'ipolimnio  alla  fine  del
periodo di stratificazione. In tab. 4.2.2/c, sono riportati i  valori
per l'individuazione dei livelli dell'ossigeno disciolto.


Tab. 4.2.2/c - Individuazione dei  livelli per l'Ossigeno
disciolto (% saturazione)
------------------------------------------------------------
  Valore di
  ossigeno
  disciolto                   Livello    Livello    Livello
per macrotipo                    1          2          3
------------------------------------------------------------
                 Punteggio       5          4          3
------------------------------------------------------------
    Tutti                    > 80 %(*)    > 40 %    <= 40 %
                                          < 80 %
------------------------------------------------------------
(*) Valori di riferimento >90 %


La somma dei punteggi  ottenuti  per  i  singoli  parametri  (fosforo
totale, trasparenza e ossigeno ipolimnico) costituisce  il  punteggio
da attribuire all'LTLeco , utile per l'assegnazione della  classe  di
qualita' secondo i limiti definiti nella tabella 4.2.2/d  di  seguito
riportata.

Tab. 4.2.2/d - Limiti di classe in termini di LTLeco

-----------------------------------------------------------------
                                           Limiti di classe
Classificazione                         in caso di trasparenza
    stato          Limiti di classe   ridotta per cause naturali
-----------------------------------------------------------------
   Elevato                15                      10
-----------------------------------------------------------------
    Buono                12-14                    8-9
-----------------------------------------------------------------
 Sufficiente             < 12                     < 8
-----------------------------------------------------------------


Nel  caso  di  monitoraggio  operativo,  per  la  classificazione  si
utilizzano le medie dei valori misurati nei tre anni per ogni singolo
parametro. Nel caso di monitoraggio di sorveglianza si fa riferimento
ai valori o di un singolo anno o alla media dei valori misurati negli
anni di monitoraggio. Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino
piu' siti per il rilevamento dei parametri  fisico-chimici,  ai  fini
della classificazione del corpo idrico si  considera  lo  stato  piu'
basso tra quelli attribuiti alle singole stazioni.
I valori di cui  alle  tabelle  4.2.2/a,  4.2.2/b,  e  4.2.2/c  sopra
riportate possono essere  derogati  qualora  coesistano  le  seguenti
condizioni:
- gli elementi di qualita' biologica  del corpo idrico sono risultati
in stato buono o elevato;
- il superamento dei valori tabellari  e' dovuto alle caratteristiche
peculiari del corpo idrico;
- non sono presenti pressioni che comportino l'aumento  di  nutrienti
ovvero siano state messe in  atto  tutte  le  necessarie  misure  per
ridurre adeguatamente l'impatto delle pressioni presenti.
Limitatamente al  parametro  trasparenza,  i  limiti  previsti  dalla
tabella  4.2.2/b  possono   essere   derogati   qualora   l'autorita'
competente  verifichi  che   la   diminuzione   di   trasparenza   e'
principalmente causata dalla presenza di particolato minerale sospeso
dipendente dalle caratteristiche naturali del corpo idrico.  Inoltre,
qualora l'autorita' competente verifichi  che  la  concentrazione  di
riferimento del Fosforo Totale  (µg/l)  per  un  determinato  lago  o
invaso, con particolare attenzione alla  categoria  dei  polimittici,
determinata con metodi paleolimnologici o altri modelli  previsionali
attendibili, risulti essere superiore ai valori indicati  in  tabella
4.2.2/a  possono  essere  derivati  altri  limiti  meno   restrittivi
utilizzando la relazione TP/Chl-a dei laghi alpini (OECD,1982).
Nel caso di deroga, il corpo idrico non subisce  il  declassamento  a
causa del superamento dei valori tabellari dei nutrienti.
Nei  piani  di  gestione  devono  essere  riportate  le   motivazioni
dettagliate che giustificano l'applicazione della deroga ed il  nuovo
valore di riferimento per il parametro utilizzato in deroga.
I corpi idrici ai quali e' stata applicata la deroga per i valori dei
nutrienti, sono sottoposti a  monitoraggio  operativo  e  a  verifica
annuale  finalizzata  ad  accertare  l'assenza  di  un  andamento  di
crescita statisticamente significativo, valutato sulla  base  di  tre
anni  di  campionamenti  stagionali  nella  colonna  d'acqua  e,   se
disponibili, dal confronto con dati pregressi.

Altri parametri
Per quanto riguarda temperatura, pH,  alcalinita',  conducibilita'  e
ammonio (nell'epilimnio) deve essere verificato che,  ai  fini  della
classificazione in stato elevato, non presentino segni di alterazioni
antropiche e restino entro la variabilita' di  norma  associata  alle
condizioni  inalterate  con  particolare  attenzione  agli  equilibri
legati ai processi fotosintetici. Ai fini  della  classificazione  in
stato buono, deve essere verificato che essi non raggiungano  livelli
superiori alla  forcella  fissata  per  assicurare  il  funzionamento
dell'ecosistema   tipico   specifico   e   il   raggiungimento    dei
corrispondenti valori per  gli  elementi  di  qualita'  biologica.  I
suddetti parametri chimico-fisici ed altri non qui specificati,  sono
utilizzati esclusivamente per una migliore interpretazione  del  dato
biologico, ma non sono da utilizzarsi per la classificazione.

A.4.2.3 Criteri tecnici per la classificazione dei laghi e dei  corpi
idrici lacustri naturali-ampliati o soggetti a regolazione sulla base
degli elementi di qualita' idromorfologica a sostegno
Nella classificazione dello stato ecologico dei  laghi  e  dei  corpi
idrici  lacustri  naturali-ampliati  o  soggetti  a  regolazione  gli
elementi idromorfologici a sostegno del biologico da utilizzare sono:
- il livello
- i parametri morfologici.

Livello
L'utilizzo del livello per la classificazione avviene  attraverso  il
calcolo della sintesi annuale (Sa) dei dati mensili di  livello  (Im)
come di seguito riportato.
La sintesi annuale Sa e' definita come la  media  pesata  dei  valori
ricavati per ciascun mese (Im) dell'anno da valutare, con peso 2  per
i mesi da gennaio a luglio (compreso) e peso 1 per i restanti mesi  e
si applica a tutti i macrotipi. In tab. 4.2.3/a si riportano i limiti
di classe per la sintesi annuale Sa.

Tab. 4.2.3/a - Limiti di classe espressi come Sa

-----------------------------------------
Classificazione stato    Limiti di classe
-----------------------------------------
Elevato(*)               Sa <= 1,25
Buono                    1,25 < Sa <= 1,5
-----------------------------------------
(*) Sa <= 1 rappresentano le condizioni di riferimento


Si definisce il valore mensile di livello (Im) come:
Im=(delta)H mensile misurato/(delta)H di riferimento
( (delta)H = variazione di livello)
La valutazione di qualita' del livello mensile deve  essere  distinta
per  condizione  di  piovosita'  (bassa,  media  o  elevata)  e   per
macrotipi.
Le condizioni di piovosita', avute nel mese precedente  a  quello  di
misura  del  livello,  sono  stabilite  sulla  base  delle   seguenti
definizioni:
- condizione bassa: assenza di precipitazione sensibile  (cioe'  >  1
mm),  nel  mese  precedente  a  quello  di  misura.  In   alternativa
utilizzare SPI;
- condizione media: piovosita' media mensile, nel mese  precedente  a
quello di misura, calcolata su almeno 10 anni di osservazione;
- condizione elevata: piovosita', nel mese  precedente  a  quello  di
misura, al di sopra (+ 30%) delle piogge medie mensili  calcolate  su
almeno 10 anni di osservazione. In alternativa utilizzare SPI.
Nella successiva tab. 4.2.3/b si riportano i (delta)H di  riferimento
per le diverse condizioni di piovosita' (bassa, media o elevata).

Tab. 4.2.3/b - (delta)H di riferimento

---------------------------------------------------------------------
                                              Macrotipi
                                 ------------------------------------
 (delta)H                        L3, L4, I3*, I4*    L1, L2, I1*, I2*
---------------------------------------------------------------------
Valore di riferimento in
condizioni di piovosita' bassa
(delta)H (cm)                           15                 30
---------------------------------------------------------------------
Valore di riferimento in
condizioni di piovosita' media
(delta)H (cm)                           10                 20
---------------------------------------------------------------------
Valore di riferimento in
condizioni di piovosita' elevata
(delta)H (cm)                           25                 80
---------------------------------------------------------------------

* in questo caso sono da intendersi  solo  invasi  identificati  come
corpi idrici lacustri naturali-ampliati o soggetti a regolazione
In alternativa alla classificazione con Sa, per  casi  specifici,  le
Regioni possono classificare  attraverso  la  variazione  di  livello
(delta)H giornaliera come riportato in tabella 4.2.3/c

Tab.  4.2.3/c  -  Classificazione  secondo  i  valori   di   (delta)H
giornalieri

---------------------------------------------------------------------
Classificazione
     Stato      Descrizione              Limiti di classe
---------------------------------------------------------------------
Elevato (*)     Si ammette un utilizzo   (delta)H <= 10%/giorno
                antropico incidente      profondita' media (calcolata
                per un 5% in piu'         su 15-20 gg consecutivi,
                rispetto alle            precedenti l'abbassamento)
                condizioni di            (delta)H < 25 cm/giorno
                riferimento              (abbassamento sotto il
                                         livello medio pluriennale)
---------------------------------------------------------------------
Buono           Si ammette un utilizzo   10% < (delta)H <= 15%/giorno
                antropico incidente      profondita' media (calcolata
                per un 10% in piu'        su 15-20 gg consecutivi,
                rispetto alle            precedenti l'abbassamento)
                condizioni di            25 <= (delta)H < 30
                riferimento              cm/giorno (abbassamento
                                         sotto il livello medio
                                         pluriennale)
---------------------------------------------------------------------


(*)(delta)H <= 5%/giorno profondita' media  (calcolata  su  15-20  gg
consecutivi,  precedenti  l'abbassamento)  (delta)H  <  20  cm/giorno
(abbassamento sotto il livello medio  pluriennale)  rappresentano  le
condizioni di riferimento per il parametro livello.

I valori di livello misurati (giornalieri,  settimanali,  o  mensili)
devono essere riportati al riferimento assoluto (rispetto al  livello
del mare), per permettere una confrontabilita'  a  livello  nazionale
dei dati raccolti.

Parametri morfologici
I parametri morfologici da valutare  ai  fini  della  classificazione
morfologica di un corpo idrico sono:
- la linea di costa intesa come la zona  identificata  attraverso  il
perimetro del corpo idrico lacustre;
- l'area litorale intesa come la parte di sponda che si trova tra  il
canneto, se presente, e le  piante  emerse  galleggianti  oppure,  in
assenza  della  zona  a  canneto,  la  zona  tra  il  livello   medio
pluriennale del corpo idrico lacustre, dove batte l'onda, e  la  zona
dove arrivano le macrofite emerse, galleggianti;
- il substrato inteso come la tipologia del  materiale  di  cui  sono
composte sia la zona litorale che la zona pelagica;
- la profondita' o interrimento intesa  come  evoluzione  morfologica
del fondo del corpo idrico lacustre, considerando  in  particolare  i
delta alluvionali.
Il metodo di riferimento per la valutazione dei suddetti parametri e'
il Lake Habitat Survey (LHS).
Tale metodo, mediante l'indice  di  alterazione  morfologica  (LHMS),
permette  di  esprimere  un  giudizio  di  sintesi   sulla   qualita'
morfologica attraverso l'elaborazione di dati raccolti in  campo.  Il
metodo si basa sull'osservazione di 10 punti  o  sezioni  (Hab-plot),
ugualmente distribuite lungo tutto  il  perimetro  del  corpo  idrico
lacustre, in ciascuna delle  quali  si  valutano  le  caratteristiche
della linea  di  costa,  dell'area  litorale,  del  substrato,  della
profondita' locale, della presenza di affluenti e  di  infrastrutture
antropiche.   Vengono   anche   segnalate   e   quindi    conteggiate
nell'elaborazione del giudizio finale, tutte le attivita'  antropiche
insistenti sul  corpo  idrico  lacustre  (es.  attivita'  ricreative,
turistiche, economiche, la presenza  di  campeggi,  porti,  banchine,
opere di ingegneria naturalista o classica, presenza  di  sbarramenti
ecc.), individuate durante il passaggio tra un punto di  osservazione
e l'altro.
In tab. 4.2.3/d si riportano i parametri da analizzare e una  sintesi
delle pressioni insistenti sul corpo  idrico,  ciascuna  con  diversi
intervalli e relativi punteggi indicativi del passaggio da uno  stato
morfologico all'altro.
Tab. 4.2.3/d -  Parametri  da  valutare  e  sintesi  delle  attivita'
antropiche

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Effettuando un'analisi incrociata dei parametri e delle pressioni  di
cui alla tab. 4.2.3/d, attraverso un database e un software dedicato,
si definisce il  punteggio  dell'indice  di  alterazione  morfologica
(LHMS). In tab. 4.2.3/e si riportano le classi di  stato  morfologico
sulla base dei punteggi del LHMS.

Tab. 4.2.3/e - Classificazione secondo i punteggi del LHMS

---------------------------------------
Classificazione stato    Punteggio
---------------------------------------
Elevato(*)               LHMS <= 2
---------------------------------------
Buono                    2 < LHMS <= 4
---------------------------------------

(*)Il punteggio = 0 rappresenta un valore  indice  di  condizioni  di
riferimento morfologiche.

Classificazione degli elementi idromorfologici a sostegno
La classificazione idromorfologica  del  corpo  idrico  e'  data  dal
peggiore tra gli indici idrologico Sa e quello morfologico LHMS

A.4.3 Acque marino costiere
Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1  del  punto  2
del presente allegato, sono riportati, ai fini della  classificazione
dello stato ecologico delle acque marino-costiere,  le  metriche  e/o
gli  indici  da  utilizzare  per  i  seguenti  elementi  di  qualita'
biologica:
- Fitoplancton
- Macroinvertebrati bentonici
- Macroalghe
- Angiosperme (Posidonia oceanica)

Macrotipi marino-costieri per la classificazione
I criteri per la tipizzazione dei corpi idrici, di cui all'Allegato 3
del presente Decreto  legislativo,  consentono  l'individuazione  dei
tipi marino-costieri, su base geomorfologica e su base idrologica. La
suddivisione dei corpi idrici in tipi e' funzionale alla  definizione
delle condizioni di riferimento tipo-specifiche.
In considerazione delle caratteristiche dei vari EQB,  le  differenze
tipo-specifiche e conseguentemente le condizioni di riferimento  sono
determinate,  a  seconda  dell'EQB   analizzato,   dalle   condizioni
idrologiche e da quelle morfologiche.
La  tipo-specificita'  per  il  Fitoplancton  e  i  Macroinvertebrati
bentonici e' caratterizzata dal criterio di tipizzazione  idrologico,
ai fini della  classificazione  per  tali  EQB  i  tipi  delle  acque
marino-costiere , sono aggregati nei 3  gruppi  (macrotipi)  indicati
nella successiva Tab. 4.3/a.
Per cio' che riguarda  le  Angiosperme  (Posidonia  oceanica)  si  fa
riferimento al solo macrotipo 3 (bassa stabilita')
Per l'EQB  Macroalghe  la  tipo-specificita'  e'  caratterizzata  dal
criterio di tipizzazione morfologico, le  condizioni  di  riferimento
sono in relazione alle differenti condizioni geomorfologiche, ai fini
della  classificazione  per   questo   EQB   i   tipi   delle   acque
marino-costiere sono aggregati  nei  2  gruppi  (macrotipi)  indicati
nella successiva Tab. 4.3/b.

Tab.  4.3/a  -   Macrotipi   marino-costieri   per   fitoplancton   e
macroinvertebrati bentonici

---------------------------------------------------------------------
Macrotipi   Stabilita'   Descrizione
---------------------------------------------------------------------
1           Alta        Siti costieri fortemente influenzati da
                        apporti d'acqua dolce di origine fluviale;
---------------------------------------------------------------------
2           Media       Siti costieri moderatamente influenzati da
                        apporti d'acqua dolce (influenza
                        continentale);
---------------------------------------------------------------------
3           Bassa       Siti costieri non influenzati da apporti
                        d'acqua dolce continentale.
---------------------------------------------------------------------


Tab. 4.3/b - Macrotipi marino-costieri per macroalghe

-------------------------------
Macrotipi     Descrizione
-------------------------------
A             rilievi montuosi
-------------------------------
B             terrazzi
-------------------------------


A.4.3.1 Criteri tecnici  per  la  classificazione  sulla  base  degli
elementi di qualita' biologica

Fitoplancton
Il fitoplancton e' valutato attraverso il  parametro  "clorofilla  a"
misurato  in  superficie,  scelto  come  indicatore  della  biomassa.
Occorre fare riferimento non solo ai rapporti di  qualita'  ecologica
(RQE)  ma  anche  ai  valori  assoluti   (espressi   in   mg/m3)   di
concentrazione di clorofilla a.  Come  gia'  indicato  nel  paragrafo
A.4.3 del presente allegato, la tipo-specificita' per il fitoplancton
e'  caratterizzata  dal  criterio  idrologico.  Di  seguito   vengono
indicate le categorie "tipo-specifiche", i valori da  assegnare  alle
condizioni di riferimento e i limiti di classe distinti  per  ciascun
macrotipo.

Modalita' di calcolo, condizioni di riferimento e limiti di classe
Per il calcolo del valore del parametro "clorofilla a" si applicano 2
tipi di metriche:
- per i tipi ricompresi nei  macrotipi  2  e  3  il  valore  del  90°
percentile per la distribuzione normalizzata dei dati(5)
- il valore  della  media  geometrica,  per  i  tipi  ricompresi  nel
macrotipo 1
----------
(5) Le serie annuali o pluriennali  di  clorofilla  sono  spesso  ben
approssimate  da  una  distribuzione   di   tipo   Log-normale.   Per
"normalizzare" queste distribuzioni si applica la  Log-trasformazione
dei dati originari, E  Il  90°  percentile  della  distribuzione  dei
logaritmi deve essere riconvertito in numero (i.e. in  concentrazione
di clorofilla). La Lognormalita' dei dati  di  clorofilla  giustifica
anche  la  scelta  della  Media  Geometrica  al  posto  della   Media
Aritmetica.

La Tab. 4.3.1/a, di seguito riportata, indica per ciascun macrotipo:
-  i  valori  delle  condizioni  di   riferimento   in   termini   di
concentrazione di "clorofilla a";
- i limiti di classe, tra lo stato elevato e lo stato buono, e tra lo
stato buono e lo  stato  sufficiente,  espressi  sia  in  termini  di
concentrazione di clorofilla a, che in termini di RQE;
- il tipo di metrica da utilizzare.
Tab. 4.3.1/a Limiti di classe fra gli stati e valori  di  riferimento
per fitoplancton

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Nella procedura di classificazione dello stato ecologico di un  corpo
idrico  secondo  l'EQB  Fitoplancton,  le  metriche  da   tenere   in
considerazione per il confronto con  i  valori  della  tabella,  sono
quelle relative alle distribuzioni di almeno un anno della clorofilla
a.
Poiche' il monitoraggio dell'EQB Fitoplancton e' annuale,  alla  fine
del ciclo di monitoraggio operativo (3 anni) si ottiene un valore  di
"clorofilla a" per ogni anno. Il valore da  attribuire  al  sito,  si
basa sul calcolo della media dei valori di  "clorofilla  a"  ottenuti
per ciascuno dei 3 anni di campionamento. Nel caso in cui  le  misure
di risanamento ed intervento siano gia' in atto, si utilizzano solo i
dati dell'ultimo anno.

Macroinvertebrati bentonici

Sistema di classificazione
Per l'EQB Macroinvertebrati bentonici si applica l'Indice M-AMBI, che
utilizza lo strumento dell' analisi statistica multivariata ed e'  in
grado di riassumere la complessita' delle comunita' di fondo  mobile,
permettendo una lettura ecologica dell'ecosistema in esame.
Come  indicato  nel  paragrafo  A.4.3  del  presente   allegato,   la
tipo-specificita' per i macroinvetebrati bentonici e'  caratterizzata
dal criterio idrologico. Pertanto le categorie "tipo-specifiche"  per
i macroinvertebrati sono quelle associabili ai macrotipi 1, 2 e 3.
Modalita' di calcolo dell'M-AMBI, condizioni di riferimento e  limiti
di classe
L'M-AMBI e' un indice  multivariato  che  deriva  da  una  evoluzione
dell'AMBI integrato con l'Indice di diversita' di  Shannon-Wiener  ed
il numero di specie (S). La modalita' di calcolo dell'M-AMBI  prevede
l'elaborazione delle suddette 3 componenti con  tecniche  di  analisi
statistica multivariata. Per il  calcolo  dell'indice  e'  necessario
l'utilizzo di un software gratuito (AZTI  Marine  Biotic  Index-  New
Version AMBI 4.1)  da  applicarsi  con  l'ultimo  aggiornamento  gia'
disponibile della lista delle specie.
Il valore dell'M-AMBI varia tra 0 ed 1 e corrisponde al  Rapporto  di
Qualita' Ecologica (RQE).
Nella tab. 4.3.1/b sono riportati:
- i valori di riferimento per ciascuna metrica che compone l'M-AMBI;
- i limiti di classe dell'M-AMBI, espressi in termini di RQE, tra  lo
stato elevato e lo stato buono, e tra  lo  stato  buono  e  lo  stato
sufficiente.
I  valori  delle  condizioni  di  riferimento  e  i  relativi  limiti
Buono/Sufficiente  ed  Elevato/Buono  descritti  in  tabella   devono
intendersi relativi al solo macrotipo 3 (bassa stabilita').


Tab. 4.3.1/b - Limiti di classe e valori di riferimento per l'M-AMBI

---------------------------------------------------------------------
Macrotipo   Valori di riferimento                RQE
            ---------------------------------------------------------
            AMBI    H'     S        Elevato/Buono   Buono/Sufficiente
---------------------------------------------------------------------
3           0,5     4      30       0,81            0,61
---------------------------------------------------------------------


Macroalghe

Sistema di classificazione
Il metodo da applicare per la classificazione dell' EQB Macroalghe e'
il CARLIT.
La tipo-specificita' per  le  macroalghe  e'  definita  dal  criterio
geomorfologico di cui all'Allegato 3 sez. A.3  del  presente  decreto
legislativo.  I  macrotipi  su  base  geomorfologica  da  tenere   in
considerazione  sono:  A)  rilievi  montuosi  e  B)  terrazzi.  Nella
procedura di valutazione dell'Indice CARLIT e'  necessario  precisare
anche i seguenti elementi  morfologici:  la  morfologia  della  costa
(blocchi metrici, falesia bassa, falesia alta), il diverso  grado  di
inclinazione della frangia infralitorale, l'orientazione della costa,
il grado di  esposizione  all'idrodinamismo,  il  tipo  di  substrato
(naturale, artificiale).

Modalita' di calcolo del CARLIT, condizioni di riferimento  e  limiti
di classe
Sulla base dei diversi elementi  morfologici  precedentemente  citati
sono  individuate  alcune  situazioni  geomorfologiche  rilevanti,  a
ciascuna delle quali e' assegnato un Valore di Qualita' Ecologica  di
riferimento (EQVrif) come riportato nella tab. 4.3.1/c.

Tab. 4.3.1/c - Valori di riferimento per il CARLIT

-----------------------------------------------
Situazione geomorfologica rilevante      EQVrif
-----------------------------------------------
Blocchi naturali                         12,2
Scogliera bassa naturale                 16,6
Falesia alta naturale                    15,3
Blocchi artificiali                      12,1
Struttura bassa artificiale              11,9
Struttura alta artificiale               8,0
-----------------------------------------------


L'indice CARLIT si basa  su  una  prima  valutazione  del  Valore  di
Qualita'  Ecologica  (VQE),  in  ogni  sito  e  per  ogni   categoria
geomorfologica rilevante.
Il risultato finale dell'applicazione  del  CARLIT  non  fornisce  un
valore assoluto, ma direttamente il rapporto  di  qualita'  ecologica
(RQE).
La tabella seguente riporta i limiti di classe, espressi  in  termini
di RQE, tra lo stato elevato e lo stato buono, e tra lo stato buono e
lo stato sufficiente.

Tab. 4.3.1/d - Limiti di classe per Elemento  di  qualita'  biologica
"MACROALGHE" secondo il metodo CARLIT espresso in termini di RQE

---------------------------------------------------------------------
                                      Rapporti di qualita' ecologica
                                               RQE CARLIT
      Sistema di                     --------------------------------
classificazione adottato  Macrotipi  Elevato/Buono  Buono/Sufficiente
---------------------------------------------------------------------
        CARLIT              A e B         0,75           0,60
---------------------------------------------------------------------


Angiosperme - Prateria a Posidonia oceanica

Sistema di classificazione
Per l'EQB Posidonia oceanica si applica l'Indice PREI.
L'Indice PREI include il calcolo di cinque descrittori:  la  densita'
della prateria (fasci  m-2);  la  superficie  fogliare  fascio,  (cm2
fascio-1); il rapporto tra la biomassa degli epifiti (mg fascio-1)  e
la biomassa fogliare fascio (mg fascio-1); la profondita' del  limite
inferiore e la tipologia del limite inferiore.
La densita' della prateria,  la  superficie  fogliare  fascio  ed  il
rapporto tra la biomassa degli epifiti e la biomassa fogliare vengono
valutati alla profondita' standard di 15 m,  su  substrato  sabbia  o
matte; nei casi in cui lo sviluppo  batimetrico  della  prateria  non
consenta il campionamento  alla  profondita'  standard,  puo'  essere
individuata, motivandone la scelta, una profondita'  idonea  al  caso
specifico.
Le praterie a P.oceanica vengono monitorate nel  piano  infralitorale
non influenzato da apporti d'acqua dolce  significativi,  ovvero  nel
macrotipo 3: bassa  stabilita',  siti  costieri  non  influenzati  da
apporti d'acqua dolce e continentale.

Modalita' di calcolo dell'indice PREI, condizioni  di  riferimento  e
limiti di classe
La modalita' di calcolo dell'indice PREI prevede l'applicazione della
seguente equazione:))

    
            ((Parte di provvedimento in formato grafico))

    

((Il valore del PREI varia tra 0 ed 1  e  corrisponde al  Rapporto di
Qualita' Ecologica (RQE).
Il risultato finale dell'applicazione dell'Indice PREI  non  fornisce
un valore assoluto, ma direttamente il rapporto di qualita' ecologica
(RQE). La tabella 4.3.1/e riporta i limiti  di  classe,  espressi  in
termini di RQE.
Nel   sistema   di   classificazione   seguente   lo   stato  cattivo
corrisponde ad una recente non sopravvivenza di P.  oceanica, ovvero,
alla  sua scomparsa da meno di cinque anni.


Tab. 4.3.1/e - Limiti di classe degli RQE per  Elemento  di  Qualita'
Biologica "Posidonia oceanica", e condizioni di riferimento  riferiti
ai valori dell'Indice PREI.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

A.4.3.2 Criteri tecnici  per  la  classificazione  sulla  base  degli
elementi di qualita' fisico-chimica e idromorfologica a sostegno
Nelle acque marino  costiere  con  l'espressione:  "a  sostegno",  si
intende  che  gli  elementi  di  qualita'  fisico-chimica,  salvo  le
eccezioni riportate nella Tab. 4.3.2/b, devono essere considerati nel
sistema  di  classificazione  dello  stato   ecologico,   in   quanto
concorrono   alla   definizione   di   tale   stato.   Gli   elementi
idromorfologici   devono    essere    utilizzati    per    migliorare
l'interpretazione dei  risultati  biologici,  in  modo  da  pervenire
all'assegnazione di uno stato ecologico certo.
Si  riportano  di  seguito  le  tabelle  che  indicano  gli  elementi
idromorfologici, Tab.  4.3.2/a  e  fisico-chimici,  Tab.  4.3.2/b,  a
sostegno dei vari EQB.

Tab. 4.3.2/a- Elementi idromorfologici a sostegno dei vari EQB

---------------------------------------------------------------------
EQB                           Elementi idromorfologici(*)
---------------------------------------------------------------------
Fitoplancton                  regime correntometrico
---------------------------------------------------------------------
Macroalghe ed Angiosperme     escursione mareale, esposizione al moto
                              ondoso, regime correntometrico,

                              profondita', natura e composizione del
                              substrato.
---------------------------------------------------------------------
Macroinvertebrati bentonici   profondita', natura e composizione del
                              substrato
---------------------------------------------------------------------

* Gli elementi idromorfologici non  rientrano  nella  classificazione
finale ma sono utilizzati per una migliore interpretazione  dei  dati
acquisiti per gli altri elementi di qualita'

Tab. 4.3.2/b - Elementi fisico-chimici a sostegno dei  vari  EQB  con
indicazione dell'applicazione ai  fini  della  classificazione  dello
stato ecologico

---------------------------------------------------------------------
                    Elementi fisico-chimici   Elementi fisico-chimici
      EQB           per la classificazione*   per l'interpretazione**
---------------------------------------------------------------------
Fitoplancton        ossigeno disciolto,       trasparenza,
                    nutrienti                 temperatura, salinita'
---------------------------------------------------------------------
Macroalghe ed       ossigeno disciolto,       trasparenza,
Angiosperme         nutrienti                 temperatura, salinita',
---------------------------------------------------------------------
Macroinvertebrati   ossigeno disciolto,       trasparenza,
bentonici           nutrienti                 temperatura, salinita'
---------------------------------------------------------------------

*   Elementi   fisico-chimici   che   rientrano   nel   sistema    di
classificazione dello stato ecologico da assegnare al corpo idrico
**  Elementi  fisico-chimici  che  non  rientrano  nel   sistema   di
classificazione dello stato ecologico da assegnare al corpo, ma  sono
utilizzati ai fini interpretavi dei risultati degli altri elementi

Elementi di qualita' fisico-chimica e relativi limiti di classe

Ossigeno disciolto e nutrienti
L'ossigeno  disciolto  e  i  nutrienti,   unitamente   al   parametro
clorofilla a, sono  valutati  attraverso  l'applicazione  dell'Indice
TRIX,  al  fine  di  misurare  il  livello  trofico  degli   ambienti
marino-costieri. L'Indice TRIX puo' essere  utilizzato  non  solo  ai
fini della valutazione del  rischio  eutrofico  (acque  costiere  con
elevati livelli trofici e importanti apporti fluviali), ma anche  per
segnalare  scostamenti  significativi  dalle  condizioni  di   trofia
tipiche di aree naturalmente a basso livello trofico.
Ai fini dell'applicazione di tale indice, nella classificazione dello
stato ecologico delle  acque  marino-costiere,  nella  Tab.  4.3.2/c,
vengono riportati i  valori  di  TRIX  (espressi  come  valore  medio
annuo), ossia i  limiti  di  classe  tra  lo  stato  buono  e  quello
sufficiente,  per  ciascuno  dei  macrotipi   individuati   su   base
idrologica.

Tab. 4.3.2/c - Limiti di classe, espressi in termini del TRIX, tra lo
stato buono e quello sufficiente

---------------------------------------------
Macrotipo               Limiti di classe TRIX
                        (Buono/Sufficiente)
---------------------------------------------
1: Alta stabilita'       5,0
2: Media stabilita'      4,5
3: Bassa stabilita'      4,0
---------------------------------------------


Nella procedura di classificazione dello stato ecologico, il giudizio
espresso per ciascun EQB deve essere percio' congruo con il limite di
classe di TRIX: in caso di stato ecologico "buono" il  corrispondente
valore di TRIX deve essere minore della soglia riportata in  tabella,
per ciascuno dei tre macrotipi individuati.  Qualora  il  valore  del
TRIX sia conforme alla  soglia  individuata  dallo  stato  biologico,
nell'esprimere il giudizio di stato ecologico si  fa  riferimento  al
giudizio espresso sulla base degli elementi  di  qualita'  biologica.
Poiche' il monitoraggio degli  elementi  fisico-chimici  e'  annuale,
alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (3 anni)  si  ottengono
tre valori di TRIX. Il valore di TRIX da attribuire al sito, si  basa
sul calcolo della media dei valori di TRIX ottenuti per ciascuno  dei
3 anni di campionamento. Nel caso in cui le misure di risanamento  ed
intervento siano gia' in atto, si utilizzano solo i dati  dell'ultimo
anno.

Temperatura e salinita'
La temperatura e la  salinita'  sono  elementi  fondamentali  per  la
definizione dei tipi: essi concorrono alla definizione della densita'
dell'acqua di mare e, quindi, alla stabilita', parametro  su  cui  e'
basata la tipizzazione su base  idrologica.  Dalla  stabilita'  della
colonna d'acqua discende la tipo-specificita' delle metriche e  degli
indici utilizzati per la classificazione degli EQB.

Trasparenza
Per la trasparenza, espressa come misura del Disco Secchi, si  adotta
la stessa risoluzione  valida  per  gli  elementi  idromorfologici  a
sostegno: essa e' utilizzata come elemento ausiliario per integrare e
migliorare l'interpretazione del monitoraggio degli EQB, in  modo  da
pervenire all'assegnazione di uno stato ecologico certo.

A.4.4 Acque di transizione
Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1  del  punto  2
del presente allegato, sono riportati, ai fini della  classificazione
dello stato ecologico delle acque di transizione, le metriche e/o gli
indici da utilizzare per i seguenti elementi di qualita' biologica:
- Macroalghe
- Fanerogame
- Macroinvertebrati bentonici

Tipizzazione e condizioni di riferimento
La  suddivisione  dei  corpi  idrici  in  tipi  e'  funzionale   alla
definizione delle condizioni di riferimento tipo-specifiche.
Le condizioni di riferimento sono di seguito riportate per macrotipi,
sulla base dell'escursione di marea e di intervalli di  salinita'  (>
30 PSU e < 30 PSU) gli intervalli di  salinita'  sono  riferiti  solo
alla marea > 50 cm .
Pertanto ai fini della classificazione i corpi idrici di  transizione
sono distinti in tre macrotipi (vedi Tab. 4.4/a).

Tab. 4.4/a - Macrotipi ai fini della definizione delle condizioni  di
riferimento  per  gli  elementi  di  qualita'  biologica  macroalghe,
fanerogame e macroinvertebrati bentonici.

---------------------------------------------------------------------
   Marea        non tidale                 microtidale
---------------------------------------------------------------------
salinita'     oligo/meso/poli   oligo/meso/polialino  /eu/iperalino
              eu/iperalino
---------------------------------------------------------------------
Codice DM     AT01/AT02/AT03/     T11/AT12/AT13/  AT14/AT15/AT19/AT20
trasmissione    AT04/AT05
dati          AT06/AT07/AT08/     AT16/AT17/AT18
                AT09/AT10
---------------------------------------------------------------------
Macrotipo         M-AT-1              M-AT-2             M-AT-3
---------------------------------------------------------------------


I sistemi di classificazione dello stato ecologico per  le  acque  di
transizione definiti nel presente decreto non si  applicano  al  tipo
foci fluviali - delta.
Tali corpi idrici devono comunque essere  tipizzati,  secondo  quanto
previsto dall'allegato 3, sezione A del presente decreto e monitorati
secondo quanto previsto dalla lettera A.3 del punto  2  del  presente
allegato

A.4.4.1 Criteri tecnici  per  la  classificazione  sulla  base  degli
elementi di qualita' biologica

Fanerogame e macroalghe
Per l'EQB Macrofite, viene utilizzato l'indice E-MaQI, che integra  i
due elementi di qualita' biologica macroalghe e fanerogame.
L'affidabilita' dell'indice e' legata al numero  di  specie  presenti
nelle stazioni di monitoraggio; l'applicabilita' dell'indice richiede
la presenza di almeno 20 specie.
Nel caso in cui il numero di specie presenti sia inferiore a  20,  si
applica l'indice R-MaQI, modificato.

Valori di riferimento e limiti di classe
Le soglie relative al Rapporto di Qualita'  Ecologica  (RQE)  per  la
suddivisione dello stato nelle 5 classi previste e' riportato in Tab.
4.1.1/a; i valori si applicano  ai  tre  macrotipi  (M-AT-1,  M-AT-2,
M-AT3).

Tab.  4.4.1/a  -  Limiti  di  classe  per  l'E-MaQI  e  per  l'R-MaQI
modificato.

---------------------------------------------------------------------
                  Rapporto di Qualita' Ecologica
---------------------------------------------------------------------
Elevato/Buono  Buono/Sufficiente  Sufficiente/Scarso  Scarso/Cattivo
---------------------------------------------------------------------
     0,8             0,6                  0,4              0,2
---------------------------------------------------------------------

Le condizioni di riferimento per l'indice E  MaQI  sono  espresse  in
Tab. 4.1.1/b

Tab. 4.4.1/b - Valori di riferimento per  l'applicazione  dell'indice
E-MaQI per i diversi macrotipi

---------------------------------------------------------------------
Macrotipo    Geomorfologia     Escursione    Salinita'      Valori di
                                 Marea                    riferimento
                                                           (E-MaQI)
---------------------------------------------------------------------
M-AT-1      Laguna costiera    Non tidale        -           1,00
---------------------------------------------------------------------
M-AT-2      Laguna costiera    microtidale   Oligo/meso/     1,00
                                                poli
---------------------------------------------------------------------
M-AT-3      Laguna costiera    microtidale     Eu/iper       1,03
---------------------------------------------------------------------


L'indice R-MaQI modificato restituisce direttamente  il  rapporto  di
qualita' ecologica (RQE),le  condizioni  di  riferimento  dell'indice
sono intrinseche nel metodo.

Macroinvertebrati bentonici
Per l'EQB Macroinvertebrati bentonici ai fini  della  classificazione
dello  stato  di  qualita'  viene   applicato   l'indice   M-AMBI   e
facoltativamente anche l'indice BITS.
L'M-AMBI e' un indice  multivariato  che  deriva  da  una  evoluzione
dell'AMBI integrato con l'Indice di diversita' di  Shannon-Wiener  ed
il numero di specie (S). La modalita' di calcolo dell'M-AMBI  prevede
l'elaborazione delle suddette 3 componenti con  tecniche  di  analisi
statistica multivariata. Per il  calcolo  dell'indice  e'  necessario
l'utilizzo di un software gratuito (AZTI  Marine  Biotic  Index-  New
Version AMBI 4.1)  da  applicarsi  con  l'ultimo  aggiornamento  gia'
disponibile della lista delle specie. Il valore dell'M-AMBI varia tra
0 ed 1 e corrisponde al Rapporto di Qualita' Ecologica (RQE).
In aggiunta puo' essere utilizzato anche l'indice BITS.
L'applicazione  dell'indice  BITS  e'  finalizzata  ad   un'eventuale
sostituzione dell'M-AMBI nei successivi piani di gestione.

Valori di riferimento e limiti di classe

Tab. 4.4.1/c - Limiti di classe in termini di RQE per l'M-AMBI

---------------------------------------------------------------------
                  Rapporto di Qualita' Ecologica
---------------------------------------------------------------------
Elevato/Buono  Buono/Sufficiente  Sufficiente/Scarso  Scarso/Cattivo
---------------------------------------------------------------------
     0,96             0,71               0,57             0,46
---------------------------------------------------------------------


Le condizioni di riferimento sono state definite  sulla  base  di  un
criterio misto statistico/geografico. L'indice M-AMBI  e'  un  indice
multivariato, pertanto le condizioni di  riferimento  vanno  indicate
per i tre indici che lo compongono: AMBI,  Indice  di  Diversita'  di
Shannon-Wiener e numero di specie (S).

Tab.  4.4.1/d   -   Valori   di   riferimento   tipo-specifiche   per
l'applicazione dell'M-AMBI

---------------------------------------------------------------------
 Macro-|  Geomorfologia  | Escursione  |Salinita'| AMBI |Diver-|Nume-
  tipo |                 |    Marea    |         |      | sita'| ro
       |                 |             |         |      |  di  | di
       |                 |             |         |      | Shan-|Spe-
       |                 |             |         |      | non- |cie
       |                 |             |         |      |Wiener| (S)
---------------------------------------------------------------------
M-AT-1 | Laguna costiera | Non tidale  |    -    | 1,85 | 3,3  | 25
---------------------------------------------------------------------
M-AT-2 | Laguna costiera | microtidale |  Oligo/ | 2,14 | 3,40 | 28
       |                 |             |   meso/ |      |      |
       |                 |             |   poli  |      |      |
---------------------------------------------------------------------
M-AT-3 | Laguna costiera | microtidale | Eu/iper | 0,63 | 4,23 | 46
---------------------------------------------------------------------


Tab. 4.4.1/e - Limiti di classe in termini di RQE per il BITS

---------------------------------------------------------------------
                      Limiti di classe (RQE)
---------------------------------------------------------------------
Elevato/Buono  Buono/Sufficiente  Sufficiente/Scarso  Scarso/Cattivo
---------------------------------------------------------------------
     0,87            0.,68               0,44             0,25
---------------------------------------------------------------------


Tab.  4.4.1/f   -   Valori   di   riferimento   tipo-specifiche   per
l'applicazione del BITS

---------------------------------------------------------------------
Macrotipo    Geomorfologia     Escursione     Salinita'       BITS
                                 Marea
---------------------------------------------------------------------
M-AT-1      Laguna costiera    Non tidale        -           2,80
---------------------------------------------------------------------
M-AT-2      Laguna costiera    microtidale   Oligo/meso/     3,40
                                                poli
---------------------------------------------------------------------
M-AT-3      Laguna costiera    microtidale     Eu/iper       3,40
---------------------------------------------------------------------


A.4.4.2 Criteri tecnici  per  la  classificazione  sulla  base  degli
elementi di qualita' fisico-chimica e idromorfologici a sostegno
Nella  classificazione  dello  stato   ecologico   delle   acque   di
transizione gli elementi fisico -chimici a sostegno del biologico  da
utilizzare sono i seguenti:
- Azoto inorganico disciolto (DIN);
- Fosforo reattivo (P-PO4);
- Ossigeno disciolto;

Limiti di classe  per  gli  elementi  di  qualita'  fisico-chimica  a
sostegno
Si riportano in Tab. 4.4.2/a di seguito  i  limiti  di  classe  degli
elementi  fisico-chimici  a  sostegno  degli  elementi  di   qualita'
biologica per la classificazione  dello  stato  ecologico  dei  corpi
idrici di transizione. I limiti di classe per l'azoto  sono  definiti
per 2 diverse classi di salinita' (>30 psu e <30 psu). Il limite  per
il fosforo reattivo e' definito per gli ambienti  con  salinita'  >30
psu.

Tab. 4.4.2/a  -  Limiti  di  classe  per  gli  elementi  di  qualita'
fisico-chimica nella colonna d'acqua

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Note alla tab. 4.4.2/a
*Valore espresso come  medio  annuo;  considerata  l'influenza  degli
apporti di acqua dolce, per la definizione degli standard di qualita'
dell'azoto e del  fosforo  si  forniscono  valori  tipo-specifici  in
relazione alla salinita' dei corpi idrici.
**Anossia:  valori  dell'ossigeno  disciolto  nelle  acque  di  fondo
compresi fra 0-1.0 mg/l (campionamento effettuato  in  continuo)  (ex
D.Lgs 152/99), Ipossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di
fondo compresi fra 1-2.0 mg/l (campionamento effettuato in  continuo)
(ex D.Lgs 152/99)

Criteri di utilizzo  degli  elementi  di  qualita'  fisico-chimica  a
sostegno

Nutrienti
Qualora gli elementi di qualita' biologica monitorati  consentano  di
classificare le acque di transizione in stato buono  o  elevato,  ma,
per uno o entrambi i nutrienti, siano superati  i  limiti  di  classe
riportati in Tab 4.4.2/a , e comunque di un incremento non  superiore
al 75% del limite di classe  riportato  nella  suddetta  tabella,  le
autorita'  competenti  possono  non  declassare   automaticamente   a
sufficiente il corpo  idrico,  purche'  attivino  un  approfondimento
dell'attivita' conoscitiva,  un'  analisi  delle  pressioni  e  degli
impatti ed il contestuale avvio di un monitoraggio di indagine basato
su :
a) la verifica dello  stato  degli  elementi  di  qualita'  biologica
rappresentativi dello stato trofico  del  corpo  idrico  (macroalghe,
angiosperme e fitoplancton);
b) il controllo dei nutrienti con frequenza mensile.
Le attivita' necessarie  ad  escludere  il  declassamento  del  corpo
idrico come sopra indicato rivestono durata minima diversa a  seconda
dell'entita' del superamento:
1) superamento<50% di uno o entrambi i parametri:
* il monitoraggio d'indagine sopra dettagliato  e'  eseguito  per  un
solo anno;
* il corpo idrico puo' essere classificato in stato buono anche  alla
fine del  successivo  monitoraggio  operativo,  senza  effettuare  un
ulteriore monitoraggio di indagine, purche' risultino assenti impatti
sulla comunita' biologica indagata e non sia  presente  una  tendenza
significativa di aumento della concentrazione dei nutrienti;
Se il superamento dei limiti di classe dei nutrienti riportati in Tab
4.4.2/a si verifica  durante  il  monitoraggio  di  sorveglianza,  il
monitoraggio dei parametri fisico-chimici della colonna d'acqua  deve
essere effettuato per i 2 anni successivi al campionamento.
2) un superamento > 50%,  e  comunque  inferiore  a  75%,  di  uno  o
entrambi i parametri:
* il monitoraggio di indagine sopra dettagliato e'  seguito  per  due
anni consecutivi;
* il corpo idrico puo' essere classificato in stato buono anche  alla
fine del  successivo  monitoraggio  operativo,  senza  effettuare  un
ulteriore monitoraggio di indagine, purche' risultino assenti impatti
sulla comunita' biologica indagata e non sia  presente  una  tendenza
significativa di aumento della concentrazione dei nutrienti;
* il monitoraggio di indagine negli anni intermedi tra  i  successivi
monitoraggi   operativi   puo'   essere   proseguito    a    giudizio
dell'autorita' competente.
Resta fermo che anche  in  caso  di  esito  positivo  delle  suddette
attivita' volte ad escludere il declassamento,  il  corpo  idrico  e'
classificato in stato buono, anche nel caso in cui gli EQB  siano  in
stato elevato.
Nel caso in cui non sia attivata la procedura volta ad  escludere  il
declassamento  del  corpo  idrico   sopra   descritta,   poiche'   il
monitoraggio degli elementi fisico-chimici e' annuale, alla fine  del
ciclo di monitoraggio operativo (tre anni) si ottengono tre valori di
concentrazione  dei  nutrienti.  Il  valore  di   concentrazione   da
utilizzare per la classificazione e' la media dei valori ottenuti per
ciascuno dei tre anni di campionamento. Nel caso in cui le misure  di
risanamento ed intervento siano gia' in atto, si  utilizzano  solo  i
dati dell'ultimo anno.

Ossigeno
Qualora  gli  elementi  di  qualita'   biologica,   controllati   nel
monitoraggio di sorveglianza od operativo, consentano di classificare
le acque di transizione in stato buono o elevato  ma  si  verifichino
condizioni di anossia/ipossia si procede come descritto di seguito:
1) Condizioni di anossia(6) per 1 o piu'  giorni  all'interno  di  un
anno
Il corpo idrico viene automaticamente classificato in stato ecologico
sufficiente.
2) Condizioni di anossia(7)  di  durata  inferiore  ad  1  giorno  ma
ripetute per piu' giorni consecutivi e/o condizioni di ipossia(8) per
piu' di 1 giorno/anno.
---------
(6) Anossia: valori dell'ossigeno  disciolto  nelle  acque  di  fondo
compresi fra 0-1,0 mg/l (campionamento effettuato  in  continuo)  (ex
D.Lgs 152/99)
(7) Anossia: valori dell'ossigeno  disciolto  nelle  acque  di  fondo
compresi fra 0-1,0 mg/l (campionamento effettuato  in  continuo)  (ex
D.Lgs 152/99)
(8) Ipossia: valori dell'ossigeno  disciolto  nelle  acque  di  fondo
compresi fra 1-2,0 mg/l (campionamento effettuato  in  continuo)  (ex
D.Lgs 152/99)

Si effettua per i due anni successivi e consecutivi al  campionamento
la  verifica  dello  stato  dei  macroinvertebrati  bentonici  (anche
qualora non selezionati per il monitoraggio operativo) quali elementi
di qualita' biologica indicativi delle  condizioni  di  ossigenazione
delle acque di fondo, al fine  di  verificare  un  eventuale  ritardo
nella risposta biologica.
In  assenza  di  impatti  sulla  comunita'  biologica  per  due  anni
consecutivi, il corpo idrico puo' essere classificato in buono  stato
ecologico (anche nel caso in cui gli EQB siano in stato elevato),  in
caso contrario si classifica come sufficiente.
Alla  fine  del  ciclo  di  monitoraggio  operativo  (tre  anni),  si
classifica sulla base del valore peggiore nei tre anni. Nel  caso  in
cui le misure di risanamento ed intervento siano gia' in atto, allora
si utilizzano solo i dati dell'ultimo anno.
Il superamento dei limiti dell'ossigeno comporta il monitoraggio  dei
parametri fisico-chimici della colonna d'acqua  per  i  successivi  2
anni anche nel caso di monitoraggio di sorveglianza.
Qualora il posizionamento della sonda per il rilevamento in  continuo
dell'ossigeno ponga dei problemi di gestione possono  essere  dedotti
indirettamente fenomeni  di  anossia  pregressi  o  in  corso,  dalla
concentrazione del parametro ferro labile (LFe) e del rapporto tra  i
solfuri volatili disponibili e il  ferro  labile  (AVS/LFe)  entrambi
rilevati nei sedimenti.
Al riguardo le frequenze di campionamento dei suddetti parametri sono
le seguenti:
* tra giugno e luglio e tra fine agosto e settembre (in  concomitanza
con le maree di quadratura) quando il rischio di anossia e' elevato;
* tra febbraio e marzo (in concomitanza  con  le  maree  di  sizigia)
quando la riossigenazione del sistema e' massima.

Di seguito sono riportati i limiti di  classe  per  il  ferro  labile
(Lfe) e per il rapporto tra i solfuri volatili disponibili e il ferro
labile (AVS/Lfe)

Tab. 4.4.2/b- Limiti di  classe  per  il  ferro  labile  (LFe)  e  il
rapporto tra  i  solfuri  volatili  disponibili  e  il  ferro  labile
(AVS/Lfe) nei sedimenti.

---------------------------------------------------------------------
             Fe labile (µmol/ cm3)        Classificazione stato
            ---------------------------
             >100     50-100       <50
---------------------------------------------------------------------
AVS/Lfe     <0.25      <0.25      <0.25              Buono
            >=0.25    >=0.25     >=0.25           Sufficiente
---------------------------------------------------------------------


Altri parametri
Il valore  della  trasparenza  e  della  temperatura  non  concorrono
direttamente alla classificazione  dello  stato  ecologico,  ma  sono
utilizzati per migliorare l'interpretazione dei risultati biologici e
evidenziare  eventuali  anomalie  di  origine  antropica.  Lo  stesso
criterio vale per i parametri fisico-chimici a sostegno, indicati nel
protocollo di monitoraggio ISPRA per i quali non sono stati  definiti
valori di soglia.

Elementi di qualita' idromorfologica a sostegno
La valutazione degli elementi di qualita'  idromorfologica  influenza
la classificazione dello stato ecologico solo nel passaggio tra stato
"buono ed elevato".
I parametri idromorfologici a supporto  degli  elementi  di  qualita'
biologica previsti dalla tab. A.1.1 del punto 2 del presente allegato
sono:

Condizioni morfologiche
- variazione della profondita'
- massa, struttura e substrato del letto
- struttura della zona intertidale

Regime di marea
- flusso di acqua dolce
- esposizione alle onde
Le condizioni idromorfologiche dei corpi idrici  di  transizione  per
gli elementi sopra indicati sono valutate tramite  giudizio  esperto,
come di seguito indicato.

Variazione della profondita'
I dati di profondita'  derivanti  dai  rilievi  morfobatimetrici  dei
fondali previsti dalla lettera A.3.3.4 del punto 2 dell'allegato 1 al
presente decreto da eseguirsi sono utilizzati  secondo  le  frequenze
riportate nella tabella 3.7 del punto 2 del presente allegato, almeno
una volta nell'arco temporale del Piano di Gestione.
E' necessario indicare la presenza di attivita' antropiche rilevanti,
quali dragaggio di canali e bassofondali o ripascimenti.

Struttura della zona intertidale
La valutazione  della  struttura  della  zona  intertidale  comprende
diversi aspetti, quali l'estensione degli habitat caratteristici (es.
barene, velme) e la copertura e composizione della vegetazione.
Per una prima analisi e' utile l'utilizzo di supporti cartografici  e
di foto aeree o satellitari, integrate dai  risultati  dell'attivita'
di monitoraggio della vegetazione da eseguirsi secondo  le  frequenze
riportate nella tabella 3.7 del punto 2 del presente allegato.

Massa struttura e composizione del substrato.
Per  l'analisi  del  substrato  si  utilizzano  i  dati  rilevati  in
corrispondenza delle stazioni  di  macroinvertebrati  e  angiosperme,
ovvero granulometria, densita' e contenuto  organico  del  sedimento.
Qualora tali elementi di qualita' biologica, nel caso di monitoraggio
operativo, non siano stati selezionati, e'  necessario  provvedere  a
appositi  campionamenti  del  substrato  o  utilizzare   informazioni
derivanti da altre attivita' di monitoraggio.
Va inoltre considerata la presenza di attivita' antropiche rilevanti,
quali ripascimenti con sedimenti di diverse caratteristiche.

Flusso di acque dolce
L'analisi diretta  della  variazione  dei  flussi  d'acqua  dolce  e'
possibile qualora siano attive (o previste) stazioni di  monitoraggio
degli apporti d'acqua derivanti dai corsi d'acqua  o  artificialmente
da idrovore e altri scarichi  (possibilmente  integrati  dagli  altri
elementi  conoscitivi  utili   alla   determinazione   del   bilancio
idrologico del corpo idrico).
Ad integrazione delle analisi, le variazioni di flusso di acqua dolce
possono essere indirettamente valutate tramite i  dati  di  salinita'
derivanti  dai  campionamenti  della  matrice   acqua   previsti   in
corrispondenza delle  stazioni  di  monitoraggio  degli  elementi  di
qualita' biologica o integrati da dati derivanti da  altre  attivita'
di monitoraggio.

Esposizione alle onde
Non si ritiene necessaria l'installazione obbligatoria nelle acque di
transizione di ondametri per l'analisi del moto ondoso. L'impiego  di
tali strumenti puo' essere previsto nel  caso  in  cui,  dall'analisi
delle condizioni morfologiche, siano evidenti fenomeni di erosione  e
instabilita' del substrato dei bassofondali o delle zone  interditali
e  si  ritenga  necessaria   la   quantificazione   delle   pressioni
idrodinamiche.

A.4.5 Elementi chimici a sostegno (altri inquinanti specifici di  cui
all'allegato 8 e non appartenenti all'elenco di priorita')
Per la classificazione dello stato ecologico attraverso gli  elementi
chimici a sostegno si deve fare riferimento a quanto riportato  nella
tabella 4.5/a in merito alla  definizione  di  stato  elevato,  buono
sufficiente. Per la classificazione  del  triennio  del  monitoraggio
operativo si utilizza il valore peggiore della  media  calcolata  per
ciascun anno.  Nel  caso  del  monitoraggio  di  sorveglianza  si  fa
riferimento al valor medio di un singolo anno; qualora nell'arco  dei
sei anni le regioni programmino il monitoraggio di  sorveglianza  per
piu' di un anno si deve considerare il valore medio annuale peggiore.
Qualora nel medesimo corpo idrico si  monitorino  piu'  siti  per  il
rilevamento dei parametri chimici ai fini della  classificazione  del
corpo idrico si considera lo stato  peggiore  tra  quelli  attribuiti
alle singole stazioni.

Tab. 4.5/a - Definizioni dello stato Elevato, Buono e Sufficiente per
gli elementi chimici a sostegno
---------------------------------------------------------------------
Stato Elevato
La media delle concentrazioni delle  sostanze  di  sintesi,  misurate
nell'arco  di  un  anno,  sono  minori  o   uguali   ai   limiti   di
quantificazione  delle  migliori   tecniche   disponibili   a   costi
sostenibili. Le concentrazioni delle  sostanze  di  origine  naturale
ricadono entro i livelli di fondo naturale o nel caso  dei  sedimenti
entro i livelli di fondo naturali delle regioni geochimiche.
---------------------------------------------------------------------
Stato Buono
La media delle concentrazioni di  una  sostanza  chimica,  monitorata
nell'arco  di  un  anno,  e'  conforme  allo  standard  di   qualita'
ambientale di cui alla tab. 1/B o 3/B, lettera  A.2.6  punto  2,  del
presente allegato e successive modifiche e integrazioni.
---------------------------------------------------------------------
Stato Sufficiente
La media delle concentrazioni di  una  sostanza  chimica,  monitorata
nell'arco di un anno, supera lo standard di  qualita'  ambientale  di
cui alla tab. 1/B o 3/B lettera A.2.6 punto 2, del presente  allegato
e successive modifiche e integrazioni.
---------------------------------------------------------------------

Per  la  selezione  delle  sostanze  chimiche,  rimangono  ferme   le
disposizioni di cui alla  lettera  A.3.2.5  e  A.3.3.4  del  presente
allegato

A.4.6 Identificazione dello stato delle acque superficiali e relativa
presentazione

A.4.6.1 Stato ecologico
Lo stato ecologico del corpo idrico  e'  classificato  in  base  alla
classe piu' bassa, risultante  dai  dati  di  monitoraggio,  relativa
agli:
- elementi biologici;
-  elementi  fisico-chimici  a  sostegno,  ad  eccezione  di   quelli
indicati, nel presente allegato, come utili ai fini interpretativi;
- elementi  chimici  a  sostegno  (altre  sostanze  non  appartenenti
all'elenco di priorita').
Qualora  lo  stato  complessivo  risulti  "elevato",  e'   necessario
provvedere  ad  una  conferma   mediante   l'esame   degli   elementi
idromorfologici. Se  tale  conferma  risultasse  negativa,  il  corpo
idrico e' declassato allo stato "buono".
Fanno eccezione le acque marino-costiere per le  quali  gli  elementi
idromorfologici non rientrano nella classificazione  finale  ma  sono
utilizzati per una migliore interpretazione dei  dati  acquisiti  per
gli altri elementi di qualita'.
Si riportano  di  seguito  gli  schemi  che  chiariscono  le  2  fasi
necessarie per arrivare  alla  classificazione  ecologica  dei  corpi
idrici superficiali.

Fase I: Integrazione tra gli  elementi  biologici,  fisico-chimici  e
idromorfologici (distinta per  fiumi,  laghi/invasi  e  acque  marino
costiere/acque di transizione)
Fase II: Integrazione risultati della Fase I con gli elementi chimici
(altri inquinanti specifici)
Secondo passaggio: Integrazione Primo passaggio / Elementi chimici  a
sostegno

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Presentazione dello stato ecologico
Per le varie categorie di acque superficiali, le Autorita' competenti
forniscono una mappa  che  riporta  la  classificazione  dello  stato
ecologico  di  ciascun  corpo  idrico  secondo  lo  schema  cromatico
delineato nella tabella 4.6.1/a di seguito  riportata.  Le  Autorita'
competenti indicano inoltre, con un punto nero sulla mappa,  i  corpi
idrici per cui lo stato ecologico non e' stato raggiunto a causa  del
mancato soddisfacimento di uno o  piu'  degli  standard  di  qualita'
ambientale fissati per il corpo idrico in questione  relativamente  a
determinati inquinanti sintetici e non sintetici.

Tab. 4.6.1/a - Schema cromatico per  la  presentazione  delle  classi
dello stato ecologico

-------------------------------------------------
Classe dello stato ecologico     Colori associati
-------------------------------------------------
Elevato                          blu
-------------------------------------------------
Buono                            verde
-------------------------------------------------
Sufficiente                      giallo
-------------------------------------------------
Scarso                           arancione
-------------------------------------------------
Cattivo                          rosso
-------------------------------------------------


A.4.6.2 Potenziale ecologico
Per i corpi idrici fortemente modificati o artificiali, il potenziale
ecologico del corpo idrico in questione e' classificato  in  base  al
piu' basso dei valori riscontrati durante il monitoraggio  biologico,
fisico-chimico e  chimico  (inquinanti  specifici)  relativamente  ai
corrispondenti elementi qualitativi  classificati  secondo  la  prima
colonna della tabella 4.6.2/a  di  seguito  riportata.  Le  Autorita'
competenti forniscono una mappa che riporta  la  classificazione  del
potenziale ecologico  di  ciascun  corpo  idrico  secondo  lo  schema
cromatico delineato, per i corpi idrici  artificiali,  nella  seconda
colonna della medesima tabella e, per quelli  fortemente  modificati,
nella terza. Le Autorita' competenti indicano inoltre, con  un  punto
nero sulla mappa, i corpi idrici per cui il buon potenziale ecologico
non e' stato raggiunto a causa del mancato soddisfacimento di  uno  o
piu' degli standard di  qualita'  ambientale  fissati  per  il  corpo
idrico in questione relativamente a determinati inquinanti  sintetici
e non sintetici.

Tab. 4.6.2/a - Schema cromatico per la presentazione delle classi del
potenziale ecologico

---------------------------------------------------------------------
                     |                Colori associati
Classe del potenziale|-----------------------------------------------
Ecologico            |    Corpi idrici              Corpi idrici
                     |    artificiali          fortemente modificati
---------------------------------------------------------------------
Buono e oltre        |Rigatura uniforme        rigatura uniforme
                     |verde e grigio chiaro    verde e grigio scuro
---------------------------------------------------------------------
Sufficiente          |Rigatura uniforme        rigatura uniforme
                     |giallo e grigio          giallo e grigio scuro
                     |chiaro
---------------------------------------------------------------------
Scarso               |Rigatura uniforme        rigatura uniforme
                     |arancione e grigio       arancione e grigio
                     |chiaro                   scuro
---------------------------------------------------------------------
Cattivo              |Rigatura uniforme        rigatura uniforme
                     |rosso e grigio chiaro    rosso e grigio scuro
---------------------------------------------------------------------


A.4.6.3 Stato chimico
In conformita' a quanto riportato al punto A.2.6 e A.2.8 del presente
allegato, il corpo idrico che soddisfa, per le  sostanze  dell'elenco
di priorita', tutti gli standard di qualita'  ambientale  fissati  al
punto 2, lettera A.2.6 tabella 1/A, o 2/A del presente  allegato,  e'
classificato in buono stato chimico.
In caso negativo, il corpo idrico e' classificato come  corpo  idrico
cui non e' riconosciuto il buono stato chimico.
Per  la  selezione  delle  sostanze  chimiche,  rimangono  ferme   le
disposizioni di cui alla  lettera  A.3.2.5  e  A.3.3.4  del  presente
allegato.
Le Autorita' competenti forniscono una  mappa  che  indica  lo  stato
chimico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato
nella seconda colonna della tabella 4.6.3/a di seguito riportata  per
rispecchiare la classificazione dello stato chimico del corpo idrico.

Tab. 4.6.3/a - Schema cromatico per la rappresentazione delle  classi
dello stato chimico

-------------------------------------------------------------
Classificazione dello stato chimico          Colori associati
-------------------------------------------------------------
Buono                                        blu
-------------------------------------------------------------
Mancato conseguimento dello stato buono      rosso
-------------------------------------------------------------


A.4.6.4 Trasmissione dati
I dati di  cui  ai  punti  A.4.6.1,  A.4.6.2  e  A.4.6.3  sono  parte
integrante delle  informazioni  fornite  ai  sensi  del  decreto  del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare  del
17  luglio  2009  recante:  "   Individuazione   delle   informazioni
territoriali  e   modalita'   per   la   raccolta,   lo   scambio   e
l'utilizzazione dei dati necessari alla predisposizione dei  rapporti
conoscitivi sullo stato di attuazione  degli  obblighi  comunitari  e
nazionali in materia di acque".

B. ACQUE SOTTERRANEE

Buono stato delle acque sotterranee

Parte A - Buono stato chimico

Nella Tabella 1 e' riportata la definizione di  buono  stato  chimico
delle acque sotterranee.

Tabella 1- definizione del buono stato chimico

---------------------------------------------------------------------
Elementi          Stato Buono
---------------------------------------------------------------------
Generali          La composizione chimica del corpo idrico
                  sotterraneo e' tale che le concentrazioni di
                  inquinanti:
                    * non presentano effetti di intrusione salina;
                    * non superano gli standard di qualita' ambientale
                      di cui alla tabella 2 e i valori soglia di cui
                      alla tabella 3 in quanto applicabili;
                    * non sono tali da impedire il conseguimento
                      degli obiettivi ambientali di cui agli articoli
                      76 e 77 del decreto n.152 del 2006 per le acque
                      superficiali connesse ne' da comportare un
                      deterioramento significativo della qualita'
                      ecologica o chimico di tali corpi ne' da recare
                      danni significativi agli ecosistemi terrestri
                      direttamente dipendenti dal corpo idrico
                      sotterraneo.
---------------------------------------------------------------------
Conduttivita'      Le variazioni della conduttivita' non indicano
                  intrusioni saline o di altro tipo nel corpo idrico
                  sotterraneo.
---------------------------------------------------------------------


A.1 - Standard di qualita'
Nella Tabella 2 sono inclusi gli standard di qualita'  individuati  a
livello comunitario.

Tabella 2- Standard di qualita'

---------------------------------------------------------------------
Inquinante                                     Standard di qualita'
---------------------------------------------------------------------
Nitrati                                        50  mg/L
---------------------------------------------------------------------
Sostanze attive nei pesticidi, compresi i      0,1µg/L
loro pertinenti metaboliti, prodotti di        0,5µg/L  (totale) **
degradazione e di reazione  *
---------------------------------------------------------------------

* Per pesticidi si intendono i prodotti  fitosanitari  e  i  biocidi,
quali  definiti   all'articolo   2,   rispettivamente   del   decreto
legislativo 17 marzo 1995, n.  194,  e  del  decreto  legislativo  25
febbraio 2000, n. 174.
**  "Totale"  significa  la  somma  di  tutti  i  singoli   pesticidi
individuati e quantificati nella procedura di monitoraggio,  compresi
i corrispondenti metaboliti e i prodotti di degradazione e reazione.

- I risultati dell'applicazione degli  standard  di  qualita'  per  i
pesticidi ai fini del presente decreto non pregiudicano  i  risultati
delle procedure di valutazione di rischio prescritte dal decreto,  n.
194 del 1995 dal decreto del Presidente della  Repubblica  23  aprile
2001, n. 290, e dal decreto n. 174 del 2000.
- Quando per un determinato corpo idrico sotterraneo si considera che
gli standard di qualita' in materia possono impedire il conseguimento
degli obiettivi ambientali specificati agli  articoli  76  e  77  del
decreto n.152 del 2006 per i corpi  idrici  superficiali  connessi  o
provocare un deterioramento significativo della qualita' ecologica  o
chimica di tali  corpi  o  un  danno  significativo  agli  ecosistemi
terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico  sotterraneo  sono
stabiliti valori soglia piu' severi conformemente  all'articolo  3  e
all'Allegato 3. I programmi e le misure richiesti in relazione a tali
valori soglia si applicano anche alle  attivita'  che  rientrano  nel
campo di applicazione dell'articolo 92 del decreto n.152 del 2006.

A.2 - Valori soglia ai fini del buono stato chimico
Il superamento dei valori soglia di cui alla tabella 3, in  qualsiasi
punto di  monitoraggio  e'  indicativo  del  rischio  che  non  siano
soddisfatte una o piu' condizioni concernenti il buono stato  chimico
delle acque sotterranee di cui all'articolo 4, comma  2,  lettera  c,
punti 1, 2 e 3.
I valori soglia  di  cui  alla  tabella  3  si  basano  sui  seguenti
elementi:l'entita'  delle  interazioni  tra  acque   sotterranee   ed
ecosistemi acquatici associati ed ecosistemi terrestri che  dipendono
da essi; l'interferenza con legittimi usi  delle  acque  sotterranee,
presenti o futuri; la tossicita' umana, l'ecotossicita', la  tendenza
alla dispersione, la persistenza e il loro potenziale di bioaccumulo.

Tabella 3- Valori soglia da considerare  ai  sensi  dell'articolo  3,
comma 2, del presente decreto

---------------------------------------------------------------------
INQUINANTI              VALORI SOGLIA      VALORI SOGLIA (µg/L) *
                           (µg/L)            (interazione acque
                                               superficiali)
---------------------------------------------------------------------
METALLI
---------------------------------------------------------------------
Antimonio               5
---------------------------------------------------------------------
Arsenico                10
---------------------------------------------------------------------
Cadmio**                5               0,08 (Classe 1)
                                        0,09 (Classe 2)
                                        0,15 (Classe 3)
                                        0,25 (Classe 4)
---------------------------------------------------------------------
Cromo Totale            50
---------------------------------------------------------------------
Cromo VI                5
---------------------------------------------------------------------
Mercurio                1               0,03
---------------------------------------------------------------------
Nichel                  20
---------------------------------------------------------------------
Piombo                  10              7,2
---------------------------------------------------------------------
Selenio                 10
---------------------------------------------------------------------
Vanadio                 50
---------------------------------------------------------------------
INQUINANTI INORGANICI
---------------------------------------------------------------------
Boro                    1000
---------------------------------------------------------------------
Cianuri liberi          50
---------------------------------------------------------------------
Fluoruri                1500
---------------------------------------------------------------------
Nitriti                 500
---------------------------------------------------------------------
Solfati                 250 (mg/L)
---------------------------------------------------------------------
Cloruri                 250 (mg/L)
---------------------------------------------------------------------
Ammoniaca (ione
ammonio)                500
---------------------------------------------------------------------
COMPOSTI ORGANICI
AROMATICI
---------------------------------------------------------------------
Benzene                 1
---------------------------------------------------------------------
Etilbenzene             50
---------------------------------------------------------------------
Toluene                 15
---------------------------------------------------------------------
Para-xilene             10
---------------------------------------------------------------------
POLICLICI AROMATICI
---------------------------------------------------------------------
Benzo (a) pirene        0,01
---------------------------------------------------------------------
Benzo (b) fluorantene   0,1             (0,03 sommatoria di benzo(b)
                                        e benzo (k) fluorantene)
---------------------------------------------------------------------
Benzo (k) fluorantene   0,05
---------------------------------------------------------------------
Benzo (g,h,i,)                          (0,002 sommatoria di benzo
perilene                0,01            g,h,i perilene + indeno
                                        (1,2,3-cd) pirene)
---------------------------------------------------------------------
Dibenzo (a,h)
antracene               0,01
---------------------------------------------------------------------
Indeno (1,2,3-c,d)
pirene                  0,1
---------------------------------------------------------------------
ALIFATICI CLORURATI
CANCEROGENI
---------------------------------------------------------------------
Triclorometano          0,15
---------------------------------------------------------------------
Cloruro di Vinile       0,5
---------------------------------------------------------------------
1,2 Dicloroetano        3
---------------------------------------------------------------------
Tricloroetilene         1,5
---------------------------------------------------------------------
Tetracloroetilene       1,1
---------------------------------------------------------------------
Esaclorobutadiene       0,15            0,05
---------------------------------------------------------------------
Sommatoria
Organoalogenati         10
---------------------------------------------------------------------
ALIFATICI CLORURATI
NON CANCEROGENI
---------------------------------------------------------------------
1,2 Dicloroetilene      60
---------------------------------------------------------------------
ALIFATICI ALOGENATI
CANCEROGENI
---------------------------------------------------------------------
Dibromoclorometano      0,13
---------------------------------------------------------------------
Bromodiclorometano      0,17
---------------------------------------------------------------------
NITROBENZENI
---------------------------------------------------------------------
Nitrobenzene            3,5
---------------------------------------------------------------------
CLOROBENZENI
---------------------------------------------------------------------
Monoclorobenzene        40
---------------------------------------------------------------------
1,4 Diclorobenzene      0,5
---------------------------------------------------------------------
1,2,4 Triclorobenzene   190
---------------------------------------------------------------------
Triclorobenzeni
(12002-48-1)                            0,4
---------------------------------------------------------------------
Pentaclorobenzene       5               0,007
---------------------------------------------------------------------
Esaclorobenzene         0,01            0,005
---------------------------------------------------------------------
PESTICIDI
---------------------------------------------------------------------
Aldrin                  0,03
---------------------------------------------------------------------
Beta-esaclorocicloesano 0,1             0,02 Somma degli
                                        esaclorocicloesani
---------------------------------------------------------------------
DDT, DDD, DDE           0,1             ***DDT totale: 0,025
                                        p,p DDT: 0,01
---------------------------------------------------------------------
Dieldrin                0,03
---------------------------------------------------------------------
Sommatoria (aldrin,
dieldrin, endrin,
isodrin)                                0,01
---------------------------------------------------------------------
DIOSSINE E FURANI
---------------------------------------------------------------------
Sommatoria PCDD, PCDF   4x10 elevato
                        a -6
---------------------------------------------------------------------
ALTRE SOSTANZE
---------------------------------------------------------------------
PCB                     0,01****
---------------------------------------------------------------------
Idrocarburi totali
(espressi come n-esano) 350
---------------------------------------------------------------------
Conduttivita' (µScm
elevato a -1 a 20°C)
-acqua non aggressiva.  2500
---------------------------------------------------------------------

Nei corpi idrici sotterranei in cui e' dimostrata scientificamente la
presenza  di  metalli  e  altri  parametri  di  origine  naturale  in
concentrazioni di fondo  naturale  superiori  ai  limiti  fissati  in
tabella, tali livelli di fondo costituiscono i valori soglia  per  la
definizione del buono stato chimico.
- Per i pesticidi per cui sono stati  definiti  i  valori  soglia  si
applicano tali valori in  sostituzione  dello  standard  di  qualita'
individuato alla tabella 2.
- Per i metalli il valore dello standard  di  qualita'  si  riferisce
alla concentrazione  disciolta,  cioe'  alla  fase  disciolta  di  un
campione di acqua ottenuta per filtrazione con un filtro da 0,45 µm.
-  Per  tutti  gli  altri  parametri  il  valore  si  riferisce  alla
concentrazione totale nell'intero campione di acqua
* Tali valori sono cautelativi anche per gli ecosistemi  acquatici  e
si applicano ai corpi  idrici  sotterranei  che  alimentano  i  corpi
idrici  superficiali  e  gli  ecosistemi  terrestri  dipendenti.   Le
Regioni, sulla  base  di  una  conoscenza  approfondita  del  sistema
idrologico superficiale e sotterraneo, possono applicare ai valori di
cui alla colonna (*) fattori di attenuazione o diluizione. In assenza
di tale conoscenza, si  applicano  i  valori  di  cui  alla  medesima
colonna.
** Per il cadmio e composti i valori dei  valori  soglia  variano  in
funzione della durezza dell'acqua classificata  secondo  le  seguenti
quattro categorie: Classe 1: <50 mg CaCO3/l, Classe 2: da 50  a  <100
mg CaCO3/l, Classe 3: da 100 a <200 mg CaCO3/l e Classe 4:  >=200  mg
CaCO3/l.
*** Il DDT totale comprende la somma degli isomeri 1,1,1-tricloro-2,2
bis(p-clorofenil)etano (numero CAS  50-29-3;  numero  UE  200-024-3),
1,1,1-tricloro-2(o-clorofenil)-2-(p-clorofenil)etano   (numero    CAS
789-02-6;      numero      UE       212-332-5),       1,1-dicloro-2,2
bis(p-clorofenil)etilene (numero CAS 72-55-9; numero UE 200-784-6)  e
1,1-dicloro-2,2 bis(p-clorofenil)etano (numero CAS 72-54-8; numero UE
200-783-0).
**** Il valore della sommatoria  deve  far  riferimento  ai  seguenti
congeneri: 28,52, 77, 81, 95, 99, 101, 105, 110, 114, 118, 123,  126,
128, 138, 146, 149, 151, 153, 156, 157, 167, 169,170, 177, 180,  183,
187, 189.

      A.2.1 Applicazione degli standard di qualita' ambientale
                         e dei valori soglia

1 La conformita' del valore  soglia  e  dello  standard  di  qualita'
ambientale deve essere calcolata attraverso la  media  dei  risultati
del  monitoraggio,  riferita  al  ciclo  specifico  di  monitoraggio,
ottenuti in ciascun punto del corpo idrico o gruppo di  corpi  idrici
sotterranei.
2  Il  limite  di  rivelabilita'  e'  definito  come  la  piu'  bassa
concentrazione di un analita nel campione di prova  che  puo'  essere
distinta in modo  statisticamente  significativo  dallo  zero  o  dal
bianco. Il limite di rivelabilita' e' calcolato come la  somma  di  3
volte lo  scarto  tipo  del  segnale  ottenuto  dal  bianco  e  della
concentrazione media del bianco.
3 Il limite  di  quantificazione  e'  definito  come  la  piu'  bassa
concentrazione di un analita che  puo'  essere  determinato  in  modo
quantitativo  con  una   determinata   incertezza.   Il   limite   di
quantificazione e' definito come 3 volte il limite di rivelabilita'.
4 Incertezza di misura: e' il parametro associato al risultato di una
misura che caratterizza la dispersione dei valori che possono  essere
attribuiti al parametro.
5 Il risultato e' sempre  espresso  indicando  lo  stesso  numero  di
decimali usato nella formulazione dello standard.
6 I criteri minimi di prestazione  per  tutti  i  metodi  di  analisi
applicati sono basati su un'incertezza di misura del 50% o  inferiore
(k=2) stimata ad un livello pari al valore degli standard di qualita'
ambientali e su di un limite di quantificazione uguale o inferiore al
30% dello standard di qualita' ambientale.
7 Ai fini dell'elaborazione della  media,  nell'eventualita'  che  un
risultato analitico sia inferiore al limite di quantificazione  della
metodica analitica utilizzata viene utilizzato il 50% del valore  del
limite di quantificazione .
8 Il paragrafo 7 non si applica alle sommatorie di sostanze,  inclusi
i loro metaboliti e prodotti di reazione o  degradazione.  In  questi
casi i risultati inferiori al limite di quantificazione delle singole
sostanze sono considerati zero.
9 Nel caso in cui il 90%  dei  risultati  analitici  siano  sotto  il
limite di quantificazione non e' effettuata la media dei  valori;  il
risultato e' riportato come "minore del limite di quantificazione".
10 I metodi analitici da utilizzare per la  determinazione  dei  vari
analiti  previsti  nelle  tabelle   del   presente   Allegato   fanno
riferimento alle piu' avanzate tecniche  di  impiego  generale.  Tali
metodi sono tratti da raccolte di metodi standardizzati pubblicati  a
livello nazionale o a livello internazionale e  validati  in  accordo
con la norma UNI/ ISO/ EN 17025.
11 Per le sostanze inquinanti per cui allo stato attuale non esistono
metodiche   analitiche   standardizzate   a   livello   nazionale   e
internazionale si applicano le migliori tecniche disponibili a  costi
sostenibili riconosciute come appropriate dalla  comunita'  analitica
internazionale. I  metodi  utilizzati,  basati  su  queste  tecniche,
presentano prestazioni minime pari a quelle elencate nel  punto  6  e
sono validati in accordo con la norma UNI/ ISO/EN 17025.
12 a) per le sostanze per cui  non  sono  presenti  metodi  analitici
normalizzati, in attesa che metodi analitici validati ai sensi  della
ISO 17025 siano resi disponibili  da  ISPRA,  in  collaborazione  con
IRSA-CNR ed ISS, il  monitoraggio  sara'  effettuato  utilizzando  le
migliori  tecniche,  sia  da  un  punto  di  vista  scientifico   che
economico, disponibili.
b) I risultati delle attivita'  di  monitoraggio  pregresse,  per  le
sostanze inquinanti
di cui al punto 11, sono utilizzati a titolo conoscitivo.

Parte B - Stato quantitativo
Nella  Tabella  4  e'  riportata  la  definizione  di   buono   stato
quantitativo delle acque sotterranee.

Tabella 4- Definizione di buono stato quantitativo

---------------------------------------------------------------------
Elementi      Stato buono
---------------------------------------------------------------------
 Livello      Il livello/portata di acque sotterranee nel corpo
Delle acque   sotterraneo e' tale che la media annua dell'estrazione a
Sotterranee   lungo termine non esaurisca le risorse idriche
              sotterranee disponibili.
              Di conseguenza, il livello delle acque sotterranee non
              subisce alterazioni antropiche tali da:
              -impedire il conseguimento degli obiettivi ecologici
              specificati per le acque superficiali connesse;
              -comportare un deterioramento significativo della
              qualita' di tali acque;
              -recare danni significativi agli ecosistemi terrestri
              direttamente dipendenti dal corpo  idrico sotterraneo.
              Inoltre, alterazioni della direzione di flusso
              risultanti da variazioni del livello possono
              verificarsi, su base temporanea o permanente, in
              un'area delimitata nello spazio; tali inversioni non
              causano tuttavia l'intrusione di acqua salata o di
              altro tipo ne' imprimono alla direzione di flusso alcuna
              tendenza antropica duratura e chiaramente
              identificabile che possa determinare siffatte
              intrusioni.
              Un importante elemento da prendere in considerazione al
              fine della valutazione dello stato quantitativo e'
              inoltre, specialmente per i complessi idrogeologici
              alluvionali, l'andamento nel tempo del livello
              piezometrico. Qualora tale andamento, evidenziato ad
              esempio con il metodo della regressione lineare, sia
              positivo o stazionario, lo stato quantitativo del copro
              idrico e' definito buono. Ai fini dell'ottenimento di un
              risultato omogeneo e' bene che l'intervallo temporale ed
              il numero di misure scelte per la valutazione del trend
              siano confrontabili tra le diverse aree. E' evidente
              che un intervallo di osservazione lungo permettera' di
              ottenere dei risultati meno influenzati da variazioni
              naturali (tipo anni particolarmente siccitosi).
---------------------------------------------------------------------


La media annua dell'estrazione a lungo termine di  acque  sotterranee
e' da ritenersi tale da non esaurirne le risorse idriche qualora  non
si  delineino  diminuzioni  significative,  ovvero   trend   negativi
significativi, delle medesime risorse.
Ai fini della valutazione della conformita' a  dette  condizioni,  e'
necessario, nell'ambito della revisione dei piani di gestione  e  dei
piani di tutela da pubblicare nel  2015,  acquisire  le  informazioni
utili a valutare il bilancio idrico.

Monitoraggio dei corpi idrici sotterranei
Al fine di  controllare  lo  stato  quali-quantitativo  di  un  corpo
idrico, e' necessario realizzare due specifiche reti di  monitoraggio
volte a rilevare:
a) per lo stato quantitativo, una stima  affidabile  dello  stato  di
tutti i corpi idrici o gruppo di corpi idrici  sotterranei,  compresa
la stima delle risorse idriche sotterranee disponibili;
b) per lo stato chimico, una panoramica corretta e complessiva  dello
stato chimico delle acque sotterranee all'interno di  ciascun  bacino
idrogeologico  e  tale  da   rilevare   eventuali   trend   crescenti
dell'inquinamento antropico sul lungo periodo.

I  programmi  di  monitoraggio  delle  acque  sotterranee   ricadenti
all'interno di ciascun bacino idrografico devono comprendere:
a) una rete per il monitoraggio quantitativo: al fine di integrare  e
validare la caratterizzazione e la definizione  del  rischio  di  non
raggiungere l'obiettivo di buono stato quantitativo per tutti i corpi
idrici o gruppi di corpi idrici, di cui alla Parte B dell'Allegato 1;
il  principale  obiettivo  e',  quindi,  quello  di   facilitare   la
valutazione dello stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei;
b) una rete per il monitoraggio chimico che si articola in:
1. una rete per il monitoraggio di sorveglianza: al fine di integrare
e validare la caratterizzazione e la identificazione del  rischio  di
non raggiungere l'obiettivo di buono stato chimico per tutti i  corpi
idrici o gruppi di corpi idrici, di cui alla Parte B dell'Allegato 1;
fornire informazioni utili a valutare le  tendenze  a  lungo  termine
delle  condizioni  naturali  e  delle  concentrazioni  di  inquinanti
derivanti dall'attivita' antropica; indirizzare, in concomitanza  con
l'analisi delle pressioni e degli impatti, il monitoraggio operativo;
2. una rete per il monitoraggio operativo: al fine  di  stabilire  lo
stato di qualita' di tutti i corpi idrici o gruppi  di  corpi  idrici
definiti a rischio; stabilire la presenza di significative e durature
tendenze ascendenti nella concentrazione di inquinanti.
Nei  corpi  idrici   sotterranei   destinati   all'approvvigionamento
idropotabile, in caso di particolari pressioni, sono considerati  nel
monitoraggio    anche    l'Escherichia    Coli,    come    indicatore
microbiologico, e le sostanza chimiche di cui al decreto  legislativo
2 febbraio 2001, n. 31 "Attuazione della direttiva 98/83/CE  relativa
alla qualita' delle acque destinate al consumo umano".
Detti parametri sono monitorati almeno una volta prima ed una durante
ciascun  periodo  di  pianificazione  della   gestione   del   bacino
idrografico. Con particolare riferimento all'Escherichia  Coli,  tale
parametro non e' utilizzato ai fini della classificazione dello stato
di qualita' dei corpi idrici, ma come indicatore per l'individuazione
delle misure  da  intraprendere.  Inoltre,  lo  stesso  parametro  e'
monitorato solo in assenza di adeguati controlli.

I risultati dei programmi di monitoraggio  devono  essere  utilizzati
per:
a) stabilire lo stato chimico e quantitativo di tutti i corpi  idrici
sotterranei,  inclusa   una   valutazione   delle   risorse   idriche
sotterranee disponibili;
b)  supportare  l'  ulteriore  caratterizzazione  dei  corpi   idrici
sotterranei;
c) validare la valutazione del rischio;
d) stimare la direzione e la  portata  delle  acque  sotterranee  che
oltrepassano la frontiera tra Stati Membri;
e) assistere la progettazione dei programmi di misure;
f) valutare l'efficacia dei programmi di misure;
g) dimostrare la conformita' con gli obiettivi  delle  aree  protette
comprese  le  aree  protette  designate  per  l'estrazione  di  acque
destinate al consumo umano;
h) definire la qualita' naturale delle acque sotterranee, incluse  le
tendenze naturali;
i) identificare le tendenze nella  concentrazione  di  inquinanti  di
origine antropica e la loro inversione.

Le Regioni assicurano che  i  programmi  di  monitoraggio  dei  corpi
idrici sotterranei siano basati su:
a) l'identificazione dei corpi idrici di cui all'Allegato 1, Parte A;
b) i risultati della caratterizzazione, compresa la  valutazione  del
rischio, di cui
all'Allegato 1, Parte B;
c) il modello concettuale di cui all'Allegato 1, Parte C.
I monitoraggi, da effettuarsi con modalita' e frequenze stabilite nel
presente Allegato, hanno valenza sessennale, al fine  di  contribuire
alla  revisione  dei  piani  di  gestione  del  bacino   idrografico,
all'interno di ciascun distretto, e dei piani di tutela delle  acque.
Il primo periodo sessennale e' 2010-2015. Resta fermo che i risultati
del monitoraggio effettuato nel periodo 2008, ai sensi del decreto n.
152 del 2006, sono utilizzati per la predisposizione del primo  piano
di gestione da pubblicare entro il 22 dicembre 2009.

Caratteristiche dei  siti  per  il  monitoraggio  chimico  e  per  il
monitoraggio quantitativo
La selezione,  l'ubicazione  e  l'appropriata  densita'  di  siti  di
monitoraggio   devono   essere   basate   sul   modello   concettuale
(caratteristiche  idrogeologiche  e  pressioni)  e   possono   essere
supportate dalle seguenti informazioni esistenti:
a) dati esistenti sulla qualita' e/o quantita';
b) caratteristiche costruttive degli esistenti siti di monitoraggio e
regime delle estrazioni;
c)  distribuzione  spaziale  dei  siti  esistenti  in  rapporto  alle
dimensioni del corpo idrico sotterraneo;
d)  considerazioni  pratiche  inerenti  la  facilita'   di   accesso,
l'accesso a lungo termine e la sicurezza.
La selezione di appropriati tipi di siti di monitoraggio  all'interno
di una rete a livello di corpi idrici sotterranei deve essere  basata
sulla conoscenza degli  obiettivi  del  monitoraggio,  del  tempo  di
percorrenza e/o dell'eta' delle acque sotterranee  che  nel  sito  di
monitoraggio vengono campionati.  Queste  conoscenze  possono  essere
migliorate con  la  datazione  delle  acque  sotterranee,  attraverso
specifiche metodiche quali, ad  esempio,  Trizio  e  Carbonio-14.  Le
coppie isotopiche 18O/ 16O e 2 H/ 1H danno informazioni sul tasso  di
rinnovamento delle falde e permettono di  distinguere  gli  acquiferi
confinati da quelli liberi; inoltre, permettono  di  identificare  le
zone di ricarica in relazione ai dati isotopici dell'acqua piovana.
Le informazioni dettagliate sui  siti  devono  essere  disponibili  e
revisionate periodicamente. Dette informazioni, riportate  a  livello
indicativo nella  successiva  tabella  1,  devono  essere  usate  per
valutare  l'adeguatezza  del  sito  e  costituiscono   supporto   per
l'individuazione dei programmi di monitoraggio pertinenti.

Tabella 1- Informazioni utili per un sito di monitoraggio

---------------------------------------------------------------------
                                            Siti di        Siti di
Fattore                                   monitoraggio   monitoraggio
                                            Chimico      quantitativo
---------------------------------------------------------------------
Acquifero/i monitorato/i                       E*             E
---------------------------------------------------------------------
Ubicazione (coordinate geografiche), nome
del sito e codice di identificazione           E              E
---------------------------------------------------------------------
Corpo idrico interessato dal sito              E              E
---------------------------------------------------------------------
Finalita' del sito di monitoraggio              E              E
---------------------------------------------------------------------
Tipo di sito di monitoraggio (pozzo in
azienda agricola, pozzo industriale,
sorgente, etc.)                                E              E
---------------------------------------------------------------------
Profondita' e diametro/i dei pozzi
---------------------------------------------------------------------
Descrizione della parte esterna del pozzo
(integrita' del rivestimento, pendenza
della zona limitrofa esterna al pozzo)
---------------------------------------------------------------------
Profondita' delle sezioni a griglia o
aperte dei pozzi
---------------------------------------------------------------------
Vulnerabilita' o indicazione dello
spessore e del tipo di sottosuolo in
corrispondenza del sito di monitoraggio
---------------------------------------------------------------------
Valutazione dell'area di ricarica
(inclusi l'uso del suolo, le pressioni
e le potenziali fonti di pressioni
puntuali, attraverso analisi di immagini
satellitari e foto aeree )
---------------------------------------------------------------------
Dettagli costruttivi
---------------------------------------------------------------------
Quantitativi estratti o portata totale
(alle sorgenti)
---------------------------------------------------------------------
Regime pompaggio (descrizione
qualitativa, per esempio intermittente,
continuo, notturno etc.)
---------------------------------------------------------------------
Abbassamento piezometrico (livello
dinamico)
---------------------------------------------------------------------
Area di ricarica
---------------------------------------------------------------------
Profondita' di pompaggio
---------------------------------------------------------------------
Livello idrico statico o di riposo
---------------------------------------------------------------------
Livello di riferimento per le
misurazioni e caposaldo topografico
di riferimento
---------------------------------------------------------------------
Fenomeni di risalite artesiane o di
tracimazioni
---------------------------------------------------------------------
Stratigrafia del pozzo
---------------------------------------------------------------------
Proprieta' dell'acquifero (trasmissivita',
conduttivita' idraulica, etc.)
---------------------------------------------------------------------

*  (E):  informazioni  essenziali.  Per  quanto  riguarda  le   altre
informazioni non identificate come essenziali, se  ne  raccomanda  la
raccolta.

Per la selezione dei siti del monitoraggio quantitativo si  riportano
le seguenti indicazioni:
a) nei siti di monitoraggio  non  si  devono  svolgere  attivita'  di
pompaggio o possono essere svolte solo per periodi brevi e  in  tempi
ben definiti, e comunque interrotto per tempi significativi, in  modo
tale che le misurazioni del livello idrico riflettano  le  condizioni
naturali;
b) l'ubicazione dei siti deve  essere  al  di  fuori  del  raggio  di
influenza  idraulico  della  pressione  (pompaggio)  cosi'   che   le
variazioni quotidiane dovute al pompaggio non siano  evidenziate  nei
dati di monitoraggio.
c) possono essere utilizzate sorgenti caratterizzate da  una  portata
totale superiore a 1 litro/secondo.
Ove non vi siano alternative, i dati provenienti da siti che  fungono
da pozzi di estrazione continua possono essere  ritenuti  accettabili
solo se vi siano opportune correlazioni tra il livello statico ed  il
livello dinamico.
Al  fine  di  ottimizzare  i  monitoraggi  previsti   da   specifiche
disposizioni in relazione a differenti  obiettivi,  e'  raccomandato,
ove  possibile,  procedere  alla  individuazione   di   siti   comuni
rappresentativi dei diversi obiettivi. Tale  pratica  costituisce  il
monitoraggio integrato  che  contribuisce  significativamente  ad  un
monitoraggio a basso rapporto costi/efficacia, combinando i requisiti
del monitoraggio di cui all'art. 92, comma 5, del decreto  n.152  del
2006,  alle  aree  protette  designate  per  l'estrazione  di   acque
destinate al consumo umano, alla registrazione  di  prodotti  per  la
protezione delle piante o biocidi, di cui al decreto n. 59 del  2005,
e la conformita' al presente decreto legislativo.

4.1 Raggruppamento dei corpi idrici
I corpi idrici sotterranei possono essere  raggruppati  ai  fini  del
monitoraggio garantendo che le informazioni ottenute  forniscano  una
valutazione  affidabile  dello  stato   di   ciascun   corpo   idrico
all'interno del gruppo e la conferma di ogni  tendenza  significativa
ascendente della concentrazione di inquinanti.
Il raggruppamento non  deve  compromettere  il  raggiungimento  degli
obiettivi ambientali  e  di  monitoraggio  di  ciascun  corpo  idrico
componente il gruppo.
Il  raggruppamento  puo'  avvenire  purche'  i  corpi  idrici   siano
assimilabili in termini di:
a) caratteristiche dell'acquifero;
b) alterazione delle linee di flusso;
c) pressioni a cui il corpo idrico e' sottoposto;
d) attendibilita' della valutazione del rischio.
Se i corpi idrici sotterranei sono classificati come "non a rischio",
non e' necessario che gli stessi siano adiacenti ne'  prevedere  siti
di monitoraggio  per  ogni  corpo  idrico  appartenente  allo  stesso
raggruppamento. In quest'ultimo caso deve comunque  essere  garantito
un monitoraggio complessivo sufficiente a rappresentarli.
Se i corpi idrici sotterranei sono classificati come "a rischio",  il
raggruppamento e' possibile solo quando gli  stessi  sono  adiacenti,
fatta eccezione per i piccoli corpi idrici sotterranei simili o per i
corpi idrici sotterranei ricadenti nelle isole  di  medie  o  piccole
dimensioni. Per ciascun corpo idrico e' raccomandato almeno  un  sito
di monitoraggio. Per determinare la relazione  tra  i  corpi  idrici,
comunque,  il  numero  di  siti  di  monitoraggio  dipendera'   dalle
caratteristiche  dell'acquifero,  direzione   di   deflusso   idrico,
pressioni a cui il corpo idrico e' sottoposto e attendibilita'  della
valutazione del rischio.
Il monitoraggio operativo puo' essere rivolto ad  uno  o  piu'  corpi
idrici componenti il  gruppo,  selezionati  sulla  base  del  modello
concettuale, di cui alla Parte C  dell'Allegato  1,  per  esempio  il
corpo o i corpi  idrici  piu'  sensibili.  Quest'ultimo  criterio  e'
finalizzato all'ottimizzazione del monitoraggio ambientale in termini
di rapporto costi/efficacia.

4.2 Monitoraggio dello stato chimico e valutazione delle tendenze
I programmi di monitoraggio delle acque  sotterranee  sono  necessari
per fornire un quadro conoscitivo completo  e  corretto  dello  stato
delle acque all'interno di ciascun bacino idrografico,  per  rilevare
la presenza di tendenze ascendenti all'aumento  delle  concentrazioni
di inquinanti nel lungo termine  causate  dall'impatto  di  attivita'
antropiche ed assicurare la conformita'  agli  obiettivi  delle  aree
protette.
In base  alla  caratterizzazione  ed  alla  valutazione  dell'impatto
svolti  conformemente  all'Allegato  1,  le  Regioni  definiscono  un
programma di monitoraggio di sorveglianza per ciascun periodo cui  si
applica un piano di gestione del bacino idrografico. I risultati  del
programma  del  monitoraggio  di  sorveglianza  sono  utilizzati  per
elaborare un programma di monitoraggio operativo da applicare per  il
restante periodo coperto dal piano.
Il piano riporta le stime sul livello di attendibilita' e  precisione
dei risultati ottenuti con i programmi di monitoraggio.

                 4.2.1 Monitoraggio di sorveglianza

Il monitoraggio di sorveglianza, da condurre durante ciascun ciclo di
gestione del bacino idrografico, va effettuato  nei  corpi  idrici  o
gruppi di corpi idrici sia a rischio sia non a rischio.
Il programma di monitoraggio di sorveglianza  e'  inoltre  utile  per
definire le concentrazioni di fondo  naturale  e  le  caratteristiche
all'interno del corpo idrico.

Selezione dei parametri
Le Regioni devono obbligatoriamente monitorare i  seguenti  parametri
di base:
- Tenore di ossigeno (OD), qualora ci sia un'interazione con le acque
superficiali;
- pH;
- Conduttivita' elettrica (CE);
- Nitrati;
- Ione ammonio.
Qualora sia appropriato, tra i parametri da monitorare devono  essere
inclusi la temperatura ed un set di ioni diffusi  ed  in  traccia  ed
indicatori selezionati.
L'elenco  dei  parametri  di  base  deve  anche  includere  ulteriori
parametri inorganici specifici della struttura geologica  locale  per
l'acquisizione di informazioni  sullo  stato  qualitativo  del  fondo
naturale, per poter verificare l'efficacia del  modello  concettuale,
del  piano  di  monitoraggio,  del  campionamento  e  dei   risultati
analitici.
In aggiunta ai parametri di base,  le  Regioni,  sulla  base  di  una
dettagliata analisi delle  pressioni,  selezionano  tra  le  sostanze
riportate di seguito quelle potenzialmente immesse nel  corpo  idrico
sotterraneo. In assenza di detta analisi tutte le sostanze di seguito
riportate devono essere monitorate.
Inquinanti di origine naturale
* Arsenico
* Cadmio
* Piombo
* Mercurio
* Cloruri
* Solfati
Inquinanti di sintesi
* Tricloroetilene
* Tetracloroetilene
Inoltre e' necessario monitorare  obbligatoriamente  quelle  sostanze
indicative  di  rischio  e  di  impatto   sulle   acque   sotterranee
ascrivibili alle pressioni definite nella fase di  caratterizzazione,
tenendo in considerazione la lista dei  contaminanti  definita  nelle
tabelle 2 e 3, Parte A, dell'Allegato 3. In questa fase di  selezione
risulta fondamentale utilizzare il modello concettuale che  consente,
tra  l'altro,  di  identificare  qualunque  pressione  che  vada   ad
influenzare ciascun sito di campionamento.
Per i corpi idrici che, in base alla  caratterizzazione,  si  ritiene
rischino di non raggiungere lo stato buono, il monitoraggio  riguarda
anche   i   parametri   indicativi   dell'impatto   delle   pressioni
determinanti il rischio.
Sono monitorati, se necessario, anche parametri addizionali quali, ad
esempio, la torbidita' ed il potenziale redox (Eh).
In corrispondenza di tutti i siti e' raccomandato  il  controllo  del
livello piezometrico o della portata al fine di descrivere "lo  stato
fisico  del  sito"  come  supporto  per  interpretare  le  variazioni
(stagionali) o le tendenze nella  composizione  chimica  delle  acque
sotterranee.
I  corpi  idrici  transfrontalieri  sono  controllati   rispetto   ai
parametri utili  per  tutelare  tutti  gli  usi  legittimi  cui  sono
destinate le acque sotterranee.

Selezione dei siti
Il processo di selezione dei siti di monitoraggio e'  basato  su  tre
fattori principali:
a) il modello concettuale (o  i  modelli  concettuali),  compresa  la
valutazione  delle  caratteristiche  idrologiche,  idrogeologiche   e
idrochimiche  del  corpo  idrico  sotterraneo,  quali  i   tempi   di
percorrenza, la distribuzione dei  diversi  tipi  di  uso  del  suolo
(esempi:  insediamenti,  industria,  foresta,   pascolo/agricoltura),
alterazione delle linee di flusso, sensibilita' del recettore e  dati
di qualita' esistenti;
b)  la  valutazione  del  rischio  e  grado   di   confidenza   nella
valutazione, compresa la distribuzione delle pressioni principali;
c) considerazioni pratiche relative all'adeguatezza dei singoli  siti
di campionamento. I siti devono essere facilmente accessibili a breve
e a lungo termine e sicuri.
Una rete efficace di monitoraggio deve essere in grado di  monitorare
impatti potenziali delle pressioni identificate e l'evoluzione  della
qualita' delle acque sotterranee lungo le linee di flusso all'interno
del corpo idrico.
Nel caso in cui i rischi riguardino alcuni recettori  specifici  come
ad esempio alcuni ecosistemi particolari, devono essere previsti siti
addizionali di campionamento nelle aree adiacenti a questi  recettori
specifici  (ad  esempio,  corpi  idrici   superficiali   ad   elevata
biodiversita').
I principi fondamentali da seguire ai fini  dell'identificazione  dei
siti, che comunque non puo' prescindere da una analisi caso per caso,
sono:
a)  siti  adatti:  la  selezione  deve  essere  basata  sul   modello
concettuale regionale dei corpi idrici (o dei gruppi di corpi  idrici
sotterranei) e su una revisione dei siti di monitoraggio esistenti  e
candidati sul modello concettuale locale. Estese aree di estrazione e
sorgenti possono fornire  adeguati  siti  di  campionamento,  poiche'
prelevano  acqua  da  una  grande  area   e   volume   dell'acquifero
particolarmente in sistemi omogenei. Le sorgenti sono particolarmente
raccomandate in acquiferi in  cui  predominano  fratture  carsiche  o
superficiali. Comunque, una rete rappresentativa di monitoraggio deve
idealmente basarsi su un mix bilanciato di diversi tipi  di  siti  di
monitoraggio.  In  alcuni  sistemi  idrogeologici  in   cui   l'acqua
sotterranea contribuisce in maniera significativa al flusso  di  base
di un corso d'acqua, il campionamento  dell'acqua  superficiale  puo'
fornire campioni rappresentativi dell'acqua sotterranea;
b)  rappresentativita':  nei  sistemi  acquiferi  caratterizzati   da
fenomeni di stratificazione, la collocazione dei siti di monitoraggio
deve ricadere  su  quelle  parti  del  corpo  idrico  che  sono  piu'
suscettibili all'inquinamento.  In  genere  tali  parti  sono  quelle
superiori.  Per   avere   una   valutazione   rappresentativa   della
distribuzione dei contaminanti in tutto il corpo idrico, puo'  essere
necessario prevedere ulteriori punti di monitoraggio;
c) corpi a rischio: i siti di monitoraggio di sorveglianza servono  a
fornire la base per il monitoraggio operativo, ossia, a  partire  dai
risultati  la  rete  puo'  essere  adattata  di  conseguenza.  Per  i
programmi di sorveglianza  ed  operativo  possono  essere  usati  gli
stessi siti;
d) corpi non a rischio dove la  confidenza  per  la  valutazione  del
rischio e' bassa: il numero dei  siti  di  monitoraggio  deve  essere
sufficiente  a  rappresentare  il  range  delle  pressioni  e   delle
condizioni del percorso dell'inquinante nei corpi idrici  sotterranei
(o gruppi di corpi idrici sotterranei) con lo scopo di  fornire  dati
sufficienti ad integrare la valutazione di rischio. L'ubicazione  dei
siti  di  campionamento  puo'  dunque  ricadere   sulla   aree   piu'
suscettibili   del   corpo   idrico   per    ciascuna    combinazione
pressione/percorso.  Si  raccomanda  un  minimo   di   3   punti   di
campionamento in un  corpo  idrico  sotterraneo  o  gruppo  di  corpi
idrici;
e) gruppi di corpi  idrici  sotterranei  in  cui  le  pressioni  sono
limitate (basse o assenti): nei gruppi di  corpi  idrici  sotterranei
definiti non a rischio e per i quali la confidenza nella  valutazione
del rischio e' elevata, i siti di  campionamento  sono  necessari  in
primo luogo per valutare le concentrazioni di  fondo  naturale  e  le
tendenze naturali.

Frequenza di monitoraggio
Il monitoraggio di sorveglianza deve essere effettuato  durante  ogni
periodo di pianificazione della gestione di un bacino  idrografico  e
non puo'  superare  la  periodicita'  dei  6  anni  prevista  per  la
revisione  e  l'aggiornamento  dei  Piani  di  gestione  dei   bacini
idrografici;  le  Regioni  ne  possono  aumentare  la  frequenza   in
relazione ad esigenze territoriali.
La scelta di un'appropriata frequenza di monitoraggio di sorveglianza
e'  generalmente  basata  sul  modello  concettuale  e  sui  dati  di
monitoraggio delle acque sotterranee esistenti.
Laddove vi sia  una  adeguata  conoscenza  del  sistema  delle  acque
sotterranee e sia gia' stato istituito un programma di monitoraggio a
lungo  termine,  questo  deve  essere  utilizzato   per   determinare
un'appropriata frequenza del monitoraggio di sorveglianza.
Qualora le conoscenze siano inadeguate e i dati non  disponibili,  la
tabella 2 indica le frequenze minime di monitoraggio di  sorveglianza
che possono essere adottate per differenti tipi di acquiferi.

Tabella 2 - frequenze minime del monitoraggio di sorveglianza

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Al  fine  di  definire  un  programma  corretto  delle  frequenze  di
monitoraggio  e'  necessario  considerare  anche  quanto  di  seguito
riportato.
Di grande importanza  sono  i  cambiamenti  nell'andamento  temporale
della concentrazione degli inquinanti che influenza la  frequenza  di
monitoraggio selezionata  cosi'  come  l'accresciuta  conoscenza  del
modello concettuale.
In generale, i  corpi  sotterranei  di  prima  falda  sono  piuttosto
dinamici nelle variazioni qualitative  e  quantitative  delle  acque.
Quando si verifica tale variabilita', la  frequenza  di  monitoraggio
deve essere selezionata in modo tale  da  caratterizzare  in  maniera
adeguata la stessa variabilita'.
Nei  sistemi  di  corpi  idrici   sotterranei   meno   dinamici   due
campionamenti per anno possono, inizialmente, essere sufficienti  per
il monitoraggio di sorveglianza. Se questo  monitoraggio  non  mostra
significative variazioni in un  ciclo  di  pianificazione  di  bacino
idrografico ( 6 anni), puo' essere opportuna una successiva riduzione
della frequenza di campionamento.
A causa dei  probabili  cambiamenti  temporali  nell'andamento  della
concentrazione di inquinanti, specialmente  nei  sistemi  con  flusso
sotterraneo  piuttosto  dinamico,  i  campionamenti   nei   siti   di
monitoraggio devono essere eseguiti ad uguali  intervalli  temporali.
Questo   garantisce   risultati   di   monitoraggio   comparabili   e
un'appropriata valutazione delle tendenze.
Sulla base dei risultati del monitoraggio di sorveglianza  acquisiti,
le frequenze  devono  essere  riviste  regolarmente  ed  adeguate  di
conseguenza al fine di assicurare la qualita' delle informazioni.

                    4.2.2 Monitoraggio operativo

Il monitoraggio operativo e' richiesto solo  per  i  corpi  idrici  a
rischio di non raggiungere gli obiettivi di qualita' ambientale.
Deve essere effettuato tutti gli anni nei periodi intermedi  tra  due
monitoraggi di sorveglianza a una frequenza  sufficiente  a  rilevare
gli impatti delle pressioni e, comunque, almeno una volta all'anno.
Deve essere finalizzato principalmente a valutare i rischi  specifici
che determinano il non raggiungimento degli obiettivi.
Nella progettazione di un programma  di  monitoraggio  operativo,  la
confidenza  richiesta  nei  risultati  di  monitoraggio  deve  essere
definita. Tale confidenza nei  monitoraggi  operativi  dipende  dalla
variabilita'  delle  sorgenti  di  impatto,   dalle   caratteristiche
dell'acquifero o delle acque sotterranee in questione, cosi' come dai
rischi in caso  di  errore.  In  teoria  l'incertezza  derivante  dal
processo di  monitoraggio  non  deve  aggiungersi  significativamente
all'incertezza nel controllo del rischio.
L'accettabilita' di  non  individuare  un  nuovo  rischio  o  di  non
controllarne uno conosciuto deve essere stabilita, usata per  fissare
gli obiettivi di variabilita' delle proprieta' in questione  e  usata
per il  controllo  della  qualita'  del  monitoraggio  rispetto  alla
variabilita' dei dati.

Selezione dei parametri

Nella maggior parte dei casi sia i parametri di base,  sia  parametri
selezionati sono richiesti in ogni stazione di monitoraggio.
Il processo di selezione di tali parametri e' basato su:
a)  caratterizzazione   e   modello/i   concettuale/i   inclusa   una
valutazione  della   suscettibilita'   del   percorso   delle   acque
sotterranee, sensibilita' del recettore, il tempo necessario  perche'
ciascun programma di misure sia efficace e la capacita' di discernere
tra gli effetti delle varie misure;
b) valutazione del rischio e livello di confidenza nella valutazione;
inclusa la distribuzione delle pressioni principali identificate  nel
processo di  caratterizzazione  che  possono  determinare  lo  "stato
scarso" del corpo idrico;
c) considerazioni pratiche relative alla idoneita' dei  singoli  siti
di monitoraggio.

Selezione dei siti

Nel selezionare i siti di monitoraggio operativo la  priorita'  nella
ubicazione degli stessi deve essere basata su:
a) disponibilita' di siti idonei esistenti (ad esempio siti impiegati
nei   monitoraggi   di   sorveglianza)   che   forniscano    campioni
rappresentativi;
b) potenzialita' nel supportare differenti programmi di  monitoraggio
(per es. determinate sorgenti possono fungere da siti di monitoraggio
per la qualita' e la quantita' delle acque sotterranee e per le acque
superficiali);
c) potenzialita' per monitoraggi integrati-multiobiettivo ad  esempio
combinando i requisiti del monitoraggio di cui all'articolo 92, comma
5, del decreto n.152 del 2006, del  monitoraggio  di  cui  alle  aree
protette designate per l'estrazione di  acque  destinate  al  consumo
umano, del monitoraggio connesso alla registrazione di  prodotti  per
la protezione delle piante o biocidi, del monitoraggio ai  sensi  del
decreto n.59 del 2005, e la conformita' al presente decreto;
d) potenziali collegamenti  con  siti  di  monitoraggio  delle  acque
superficiali esistenti o pianificati.

Qualora il rischio coinvolga ecosistemi significativi di corpi idrici
superficiali  connessi  alle  acque  sotterranee,  la  Regione   puo'
prevedere siti  di  campionamento  addizionali  da  ubicare  in  aree
prossime ai corpi idrici superficiali. Detto monitoraggio  suppletivo
puo'  includere  il   controllo   delle   parti   piu'   superficiali
dell'acquifero ed eventualmente delle acque che  drenano  dai  suoli,
per esempio tramite campionatori multilivello, lisimetri e  prove  di
drenaggio in situ. I dati ottenuti, oltre che contribuire a  valutare
lo stato e le tendenze,  possono  anche  aiutare  a  distinguere  gli
impatti dei  differenti  tipi  di  pressioni,  valutare  l'estensione
spaziale degli impatti e determinare il destino dei contaminanti e il
trasporto tra la sorgente e il recettore.
Nel caso in cui i rischi e le pressioni riguardino  le  stesse  acque
sotterranee, per esempio pressioni diffuse, i siti  di  campionamento
devono essere maggiormente  distribuiti  lungo  il  corpo  idrico,  e
devono  essere  rivolti  alle  differenti  pressioni  e   alla   loro
distribuzione all'interno del corpo idrico  sotterraneo.  Nell'ambito
di tale monitoraggio e' importante tenere  conto  della  combinazione
tra le pressioni piu' rappresentative e la sensibilita'  delle  acque
sotterranee.

Frequenza di monitoraggio

La selezione della frequenza nell'ambito di ogni anno di monitoraggio
e' generalmente basata sul modello  concettuale  e,  in  particolare,
sulle caratteristiche dell'acquifero e sulla sua suscettibilita' alle
pressioni inquinanti.
La tabella 3 individua frequenze minime di monitoraggio operativo per
differenti tipologie di acquifero  dove  il  modello  concettuale  e'
limitato e i dati esistenti non sono disponibili.
Se, invece, vi e' una buona conoscenza  della  qualita'  delle  acque
sotterranee e del comportamento del  sistema  idrogeologico,  possono
essere adottate  frequenze  ridotte  di  monitoraggio,  comunque  non
inferiori ad una volta l'anno.
La frequenza e la  tempistica  del  campionamento  in  ogni  sito  di
monitoraggio deve, inoltre, considerare i seguenti criteri:
a) i requisiti per la valutazione della tendenza;
b) l'ubicazione del sito di campionamento rispetto alla pressione  (a
monte, direttamente al disotto, o a  valle).  Infatti  le  ubicazioni
direttamente  al  disotto  di  una   pressione   possono   richiedere
monitoraggi piu' frequenti;
c) il livello  di  confidenza  nella  valutazione  del  rischio  e  i
cambiamenti della stessa valutazione nel tempo;
d)  le  fluttuazioni  a  breve  termine  nella  concentrazione  degli
inquinanti, per esempio effetti  stagionali.  Laddove  sia  probabile
riscontrare effetti stagionali e altri effetti a  breve  termine,  e'
essenziale che le frequenze di campionamento e le  tempistiche  siano
adattate (incrementate) di conseguenza e che il  campionamento  abbia
luogo nello stesso momento ogni anno, o nelle stesse condizioni,  per
rendere comparabili i dati per la  valutazione  delle  tendenze,  per
accurate caratterizzazioni  e  per  la  valutazione  degli  stati  di
qualita';
e) la tipologia di gestione dell'uso del suolo, per  esempio  periodo
di  applicazione  di  nitrati  o  pesticidi.  Questo  e'   importante
specialmente per i sistemi a rapido scorrimento  come  gli  acquiferi
carsici e/o i corpi idrici sotterranei di prima falda.

Il  campionamento  per  il  monitoraggio  operativo  deve  continuare
finche' il corpo idrico  sotterraneo  e'  considerato,  con  adeguata
confidenza, non piu' nello stato scarso o a rischio di essere in  uno
stato scarso e ci sono adeguati  dati  che  dimostrano  un'inversione
delle tendenze.
Tabella 3- Frequenze minime del monitoraggio operativo nell'ambito di
ciascun anno

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

4.3 Monitoraggio dello stato quantitativo
La  rete  di  monitoraggio  dello  stato  quantitativo  delle   acque
sotterranee e' progettata in modo da  fornire  una  stima  affidabile
dello stato quantitativo di tutti i corpi idrici o  gruppi  di  corpi
idrici  sotterranei,  compresa  la  stima   delle   risorse   idriche
sotterranee disponibili. Le Regioni inseriscono nei piani  di  tutela
una o piu' mappe che riportano detta rete.
Il Monitoraggio dello stato quantitativo ha l'obiettivo di  integrare
e confermare la validita' della caratterizzazione e  della  procedura
di valutazione di rischio,  determinare  lo  stato  quantitativo  del
corpo idrico  sotterraneo,  supportare  la  valutazione  dello  stato
chimico, l'analisi delle tendenze e la progettazione e la valutazione
dei programmi di misure.
Come per le altre reti di monitoraggio, la progettazione  della  rete
per il monitoraggio  quantitativo  deve  essere  basata  sul  modello
concettuale del sistema idrico sotterraneo e sulle pressioni.
Gli elementi chiave del modello concettuale quantitativo sono:
a) la valutazione della ricarica e del  bilancio  idrico  predisposto
secondo le linee guida di cui all'Allegato 1 al decreto  ministeriale
del 28 luglio  2004,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  del  15
novembre 2004, n. 268;
b) le valutazioni esistenti  del  livello  dell'acqua  sotterranea  o
della portata ed informazioni pertinenti  sui  rischi  per  le  acque
superficiali e gli ecosistemi terrestri  che  dipendono  dalle  acque
sotterranee;
c)  il  grado  di  interazione  tra  acque  sotterranee  e   relativi
ecosistemi  terrestri  e  superficiali  dove  questa  interazione  e'
importante  e  potrebbe   potenzialmente   determinare   un'influenza
negativa sullo stato di qualita' del corpo idrico superficiale.
Lo sviluppo di una rete  di  monitoraggio  quantitativo  puo'  essere
iterativo; i dati raccolti dai nuovi  siti  di  monitoraggio  possono
essere usati per migliorare e perfezionare  il  modello  concettuale,
usato per collocare ogni  sito  di  monitoraggio,  sull'intero  corpo
idrico sotterraneo, e  la  gestione  del  programma  di  monitoraggio
quantitativo.
L'implementazione di un modello numerico delle acque sotterranee o di
un modello idrologico che integri le acque superficiali e sotterranee
sono utili  strumenti  per  compilare  ed  interpretare  i  dati  del
monitoraggio quantitativo ed identificare le risorse e gli ecosistemi
a rischio. Inoltre, le stime di incertezza che  si  possono  ottenere
con un modello numerico possono essere d'aiuto per identificare parti
del corpo idrico sotterraneo  che  necessitano  dell'integrazione  di
siti per meglio descrivere la quantita'  e  la  portata  delle  acque
sotterranee.

Selezione dei parametri

Per la valutazione dello stato quantitativo delle  acque  sotterranee
sono raccomandati almeno i seguenti parametri:
a) livelli delle acque sotterranee nei pozzi o nei piezometri;
b) portata delle sorgenti;
c) caratteristiche del flusso e/o livelli idrici  dei  corsi  d'acqua
superficiali  durante  i  periodi  di  siccita'  (ad  es.  quando  il
contributo delle piogge  al  flusso  delle  acque  superficiali  puo'
essere trascurato e la portata del fiume e' mantenuta sostanzialmente
dall'acqua sotterranea);
d) livelli  idrici  delle  zone  umide  e  dei  laghi  che  dipendono
significativamente dalle acque sotterranee.
La selezione dei siti di monitoraggio e  dei  parametri  deve  essere
basata su un solido modello concettuale del  corpo  idrico  che  deve
essere monitorato.
Un monitoraggio addizionale per supportare la caratterizzazione e  la
classificazione delle acque sotterranee tiene conto almeno di:
a)  parametri  chimici  e  indicatori   (per   esempio   temperatura,
conduttivita', etc.) per monitorare l'intrusione salina  o  di  altra
natura. Qualora venga utilizzato un unico sito  di  monitoraggio  sia
per la valutazione dello stato chimico sia per la  valutazione  dello
stato quantitativo e i controlli avvengano contemporaneamente, i dati
per il controllo dei parametri chimici  addizionali  sono  utilizzati
per le finalita' sopra riportate. Per gli acquiferi delle isole  puo'
essere appropriato monitorare le zone di transizione tra acqua  dolce
ed acqua marina;
b)  piovosita'   e   altri   componenti   richiesti   per   calcolare
l'evapotraspirazione (per  il  calcolo  della  ricarica  delle  acque
sotterranee);
c) monitoraggio ecologico degli ecosistemi  terrestri  connessi  alle
acque sotterranee (inclusi gli indicatori ecologici);
d) estrazione di acque sotterranee.
I requisiti specifici per i dati di  monitoraggio  di  supporto,  che
integrano le conoscenze ottenute dal monitoraggio del  livello  delle
acque sotterranee, sono fortemente determinati dagli strumenti o  dai
metodi adoperati per supportare la valutazione del  rischio  o  dello
stato e della confidenza richiesta in queste valutazioni.
La chiave per la selezione  dei  parametri  dipende  da  quanto  quel
parametro sia rappresentativo dello scenario idrogeologico monitorato
e della sua importanza nel determinare il  rischio  o  lo  stato  del
corpo idrico.
In alcuni scenari idrogeologici particolarmente  complessi,  limitare
il  monitoraggio  al  solo  livello  delle  acque   sotterranee   nei
piezometri puo' essere inappropriato per le  finalita'  del  presente
decreto e in alcuni casi altamente fuorviante. In queste  circostanze
le caratteristiche del flusso dei  corsi  d'acqua  o  delle  sorgenti
connesse puo' fornire dati migliori con  i  quali  intraprendere  una
valutazione.
Cio' e' maggiormente probabile nei casi di bassa permeabilita'  o  di
acquiferi fratturati. Ci sono  casi  in  cui  il  livello  dell'acqua
rimane piu' o meno stabile, ma si verificano fenomeni  di  intrusione
di  acqua  proveniente  da  altri  acquiferi  o   da   corpi   idrici
superficiali  o  dal  mare.  Specifiche  condizioni   devono   essere
considerate nel caso dei copri idrici  sotterranei  delle  isole.  Se
c'e' il rischio di  intrusione,  allora  specifici  indicatori  della
qualita'  delle  acque  andranno  monitorati   (   per   esempio   la
conduttivita' elettrica e la temperatura dell'acqua).

Densita' dei siti di monitoraggio

La rete per  il  monitoraggio  quantitativo  deve  essere  progettata
prevedendo un numero di pozzi tale  da  consentire  il  controllo  su
eventuali  variazioni  dello  stato  quantitativo  del  corpo  idrico
sotterraneo.
La  rete  si   articola   in   sufficienti   siti   di   monitoraggio
rappresentativi per stimare il livello  delle  acque  sotterranee  di
ciascun corpo idrico o gruppi di corpi  idrici,  tenuto  conto  delle
variazioni  del  ravvenamento  a  breve  e  a  lungo  termine  ed  in
particolare:
a) per i corpi idrici sotterranei che  si  ritiene  rischino  di  non
conseguire gli obiettivi ambientali, bisogna assicurare una  densita'
dei punti di monitoraggio  sufficiente  a  valutare  l'impatto  delle
estrazioni sulle variazioni  dello  stato  quantitativo  delle  acque
sotterranee;
b) per i corpi idrici sotterranei le cui acque  fluiscono  attraverso
la frontiera tra l'Italia ed altri  Paesi,  e'  necessario  designare
sufficienti punti di monitoraggio  per  stimare  la  direzione  e  la
portata delle acque sotterranee attraverso la frontiera.
Il monitoraggio quantitativo puo' essere richiesto su due  differenti
piani.
In primo luogo, se possibile, bisogna valutare i livelli e  i  flussi
delle acque lungo un corpo idrico sotterraneo. Questi possono  essere
correlati alla valutazione  del  bilancio  idrico  dell'intero  corpo
idrico  sotterraneo  predisposto  secondo  le  linee  guida  di   cui
all'Allegato 1 al decreto ministeriale del 28 luglio 2004, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2004, n. 268.
In secondo luogo, puo' essere  necessario  un  monitoraggio  "locale"
piu' mirato sui flussi e sui  livelli  riferiti  ai  corpi  recettori
pertinenti che sono localmente alimentati dalle acque sotterranee, ad
es. corpi idrici superficiali (fiumi, laghi ed estuari) ed ecosistemi
terrestri   dipendenti   dalle   acque   sotterranee.    Quest'ultimo
monitoraggio puo' includere informazioni integrative sulla  salinita'
(con riferimento alle intrusioni saline) o  informazioni  integrative
derivanti dal monitoraggio ecologico svolto ai sensi della  normativa
nazionale  e  comunitaria  vigente  (come  prova  dell'impatto  sugli
ecosistemi dovuti all'estrazione di acqua sotterranea).
Nei corpi idrici  o  gruppi  di  corpi  idrici  classificati  "non  a
rischio" il monitoraggio quantitativo puo' essere  ridotto.  Infatti,
non e' necessario svolgere  il  monitoraggio  su  ogni  corpo  idrico
all'interno di un gruppo di corpi idrici, a patto che tutti  i  corpi
idrici del gruppo siano comparabili dal punto di vista idrogeologico.
Nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici classificati "a rischio" la
distribuzione dei siti di monitoraggio deve  essere  sufficiente  per
capire   le   condizioni   idrogeologiche   relative   ai   recettori
identificati come a rischio e alla loro importanza.
La densita' del monitoraggio deve essere sufficiente  per  assicurare
un'appropriata valutazione degli  impatti  sul  livello  delle  acque
sotterranee causati dalle estrazioni.
Per quei corpi idrici sotterranei che attraversano la  frontiera  tra
l'Italia  ed  uno  o  piu'  Stati  Membri,  il  numero  di  siti   di
campionamento deve essere sufficiente per stimare la direzione  e  la
portata delle acque sotterranee attraverso il confine.

Frequenza di monitoraggio

La frequenza dei rilevamenti deve essere sufficiente a permettere  di
stimare lo stato quantitativo di ciascun corpo  idrico  o  gruppo  di
corpi  idrici  sotterranei,  tenuto  conto   delle   variazioni   del
ravvenamento a breve e lungo termine. In particolare:
a) per i corpi idrici sotterranei che  si  ritiene  rischino  di  non
conseguire gli obiettivi ambientali, e' fissata una  frequenza  delle
misurazioni sufficiente a valutare  l'impatto  delle  estrazioni  sul
livello delle acque sotterranee;
b) per i corpi idrici sotterranei le cui acque  fluiscono  attraverso
la frontiera tra l'Italia ed altri Paesi, e'  fissata  una  frequenza
delle misurazioni sufficiente a stimare la  direzione  e  la  portata
delle acque sotterranee attraverso la frontiera.
La frequenza dei  monitoraggi  si  stabilisce  sulla  base  dei  dati
necessari per determinare rischio e stato dei corpi idrici e, laddove
necessario,  per  supportare  la  progettazione  e  valutazione   dei
programmi di misure.
La   frequenza   di   monitoraggio   dipende   principalmente   dalle
caratteristiche di un corpo idrico e dal sito di monitoraggio. I siti
con una significativa variabilita' annuale devono  essere  monitorati
piu' frequentemente rispetto  a  siti  con  minore  variabilita'.  In
generale  un  monitoraggio  trimestrale  sara'  sufficiente  per   il
monitoraggio quantitativo  dove  la  variabilita'  e'  bassa,  ma  un
monitoraggio giornaliero  e'  preferito,  in  particolare  quando  si
misurano le portate. La frequenza deve essere rivista quando migliora
la comprensione della risposta e del comportamento  dell'acquifero  e
in relazione all'importanza di ciascun  cambiamento  delle  pressioni
sul corpo idrico sotterraneo. Questo assicura che  sia  mantenuto  un
programma caratterizzato da un basso rapporto costi/efficacia.

4.4 Controlli di qualita'
Per il campionamento e l'analisi devono  essere  stabilite  procedure
appropriate per il controllo di qualita'; tali misure sono necessarie
per ridurre al minimo le incertezze.
Gli elementi minimi che devono essere  presi  in  considerazione  nei
controlli di qualita' sono:
a) identificazione e registrazione dei campioni;
b) metodi di campionamento, pianificazione del campionamento e report
per esercizi di campo;
c) trasporto e magazzinaggio del campione;
d) validazione dei metodi analitici;
e) procedure per le misure analitiche;
f) controlli di qualita' interni dei metodi;
g) partecipazione in schemi  esterni  per  i  controlli  di  qualita'
(intercalibrazione);
h) elaborazione dei risultati;
i) tracciabilita' dei documenti e delle misure.
Per i laboratori di analisi l'accreditamento deve avvenire  ai  sensi
della ISO 17025.

4.5 Protocollo per il campionamento-ISO raccomandate
Un appropriato piano di campionamento deve includere la selezione dei
siti di campionamento, la frequenza e la durata del campionamento, le
procedure di campionamento, il trattamento dei campioni  e  l'analisi
dei campioni.
Le procedure di campionamento e di trattamento del campione  dovranno
riferirsi a linee guida e/o  standard  internazionali  incluse  parti
rilevanti della norma ISO 5667 nello stato di ultima revisione.
Allo stato attuale le  parti  della  norma  ISO  5667  utili  per  il
monitoraggio delle acque sotterranee sono le seguenti:
La norma ISO 5667-1:  2006  fornisce  i  principi  per  una  corretta
progettazione del campionamento negli ambienti acquatici.
La  norma  ISO  5667-3:  2003  fornisce  indicazioni  riguardo   alla
preparazione, stabilizzazione, trasporto e conservazione dei campioni
di acqua.
La  norma  ISO  5667-11:  1993  fornisce  i  principi   a)   per   la
progettazione dei programmi  di  campionamento,  b)  le  tecniche  di
campionamento, c) la manipolazione dei campioni e d)  il  sistema  di
identificazione del  campione  e  le  procedure  di  registrazione  e
tracciabilita' delle acque sotterranee;
La norma ISO 5667-18: 2001 fornisce dei  principi  per  i  metodi  di
campionamento delle acque sotterranee nei siti contaminati.
La norma ISO 5667-14: 1993 fornisce linee guida per il  controllo  di
qualita'  delle  operazioni  di  campionamento  e   trattamento   del
campione.

APPENDICE

SEZIONE A

Tabella  1a.  Elenco   dei   tipi   fluviali   presenti   in   Italia
settentrionale e inclusi nel sistema MacrOper
In molti casi, cioe' quando siano disponibili valori  di  riferimento
distinti per le aree di pool,  riffle  o  riferiti  ad  una  raccolta
proporzionale  generica  di  invertebrati  bentonici,  il   tipo   e'
riportato in piu' righe. Cio' e' stato  ritenuto  utile  per  rendere
piu' agevole associare i valori  riportati  in  Tabella  1b  ai  tipi
fluviali  qui  elencati.  La  prima   colonna   ('ord')   rappresenta
l'elemento di unione tra le tre tabelle e consente  di  associare  un
tipo fluviale in una determinata area regionale tra le tre tabelle.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Tabella 1b. Valori di riferimento per le metriche componenti e per lo
STAR ICMi nei tipi fluviali dell'Italia  settentrionale  inclusi  nel
sistema MacrOper
In tabella vengono anche indicati i limiti di classe. I  valori  sono
riportati, quando disponibili, in funzione di  dove  si  effettui  la
raccolta  dei  macroinvertebrati:  per  aree  di   pool,   riffle   o
campionamento generico.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Tabella 2a. Elenco dei tipi fluviali presenti in  Italia  centrale  e
inclusi nel sistema MacrOper
In molti casi, cioe' quando siano disponibili valori  di  riferimento
distinti per le aree di pool,  riffle  o  riferiti  ad  una  raccolta
proporzionale  generica  di  invertebrati  bentonici,  il   tipo   e'
riportato in piu' righe. Cio' e' stato  ritenuto  utile  per  rendere
piu' agevole associare i valori  riportati  in  Tabella  2b  ai  tipi
fluviali  qui  elencati.  La  prima   colonna   ('ord')   rappresenta
l'elemento di unione tra le due tabelle e consente  di  associare  un
tipo fluviale in una determinata area regionale tra le due tabelle.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Tabella 2b. Valori di riferimento per le metriche componenti e per lo
STAR ICMi nei tipi fluviali dell'Italia centrale inclusi nel  sistema
MacrOper
In tabella vengono anche indicati i limiti di classe. I  valori  sono
riportati  in  funzione  di  dove  si  effettui   la   raccolta   dei
macroinvertebrati: per aree di pool, riffle o campionamento generico.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Tabella 3a. Elenco dei tipi fluviali presenti in Italia meridionale e
inclusi nel sistema MacrOper
In molti casi, cioe' quando siano disponibili valori  di  riferimento
distinti per le aree di pool,  riffle  o  riferiti  ad  una  raccolta
proporzionale  generica  di  invertebrati  bentonici,  il   tipo   e'
riportato in piu' righe. Cio' e' stato  ritenuto  utile  per  rendere
piu' agevole associare i valori riportati nella successiva tabella 3b
ai tipi fluviali qui elencati. La prima colonna  ('ord')  rappresenta
l'elemento di unione tra le due tabelle e consente  di  associare  un
tipo fluviale in una determinata area regionale tra le due tabelle.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Tabella 3b. Valori di riferimento per le metriche componenti e per lo
STAR ICMi nei  tipi  fluviali  dell'Italia  meridionale  inclusi  nel
sistema MacrOper
In tabella vengono anche indicati i limiti di classe. I  valori  sono
riportati  in  funzione  di  dove  si  effettui   la   raccolta   dei
macroinvertebrati: per aree di pool, riffle o campionamento  generico
qualora il campione sia disponibile da diversi mesohabitat.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Tabella 4. Valori  di  riferimento  per  le  metriche  componenti  lo
STAR ICMi, per lo STAR ICMi e per l'indice MTS nei fiumi molto grandi
e/o non accessibili

Tabella 5. Valori di riferimento per le metriche componenti e per  lo
STAR ICMi
I valori sono organizzati per macrotipi fluviali, validi per  i  tipi
fluviali non inclusi nelle tabelle di  dettaglio  relative  a  Italia
settentrionale, centrale e meridionale. Tali valori sono validi per i
2 anni successivi all'emanazione del decreto classificazione, qualora
nel frattempo non si rendessero disponibili dati di dettaglio  per  i
singoli tipi fluviali. In tabella vengono anche indicati i limiti  di
classe. I valori sono riportati in funzione di dove  si  effettui  la
raccolta  dei  macroinvertebrati:  per  aree  di   pool,   riffle   o
campionamento generico.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

SEZIONE B

Tabella    1.    Comunita'    ittiche    attese    nelle    9    zone
zoogeografico-ecologiche fluviali principali.

---------------------------------------------------------------------
ZONE ZOOGEOGRAFICO-ECOLOGICHE
FLUVIALI PRINCIPALI                  Comunita' ittiche attese
---------------------------------------------------------------------
ZONA DEI SALMONIDI DELLA       Salmo (trutta) trutta (ceppo
REGIONE PADANA                 mediterraneo)(10), Salmo (trutta)
                               Marmoratus(11), Thymallus
                               thymallus(10), Phoxinus phoxinus,
                               Cottus gobio(10).
---------------------------------------------------------------------
ZONA DEI CIPRINIDI A           Leuciscus cephalus, Leuciscus souffia
DEPOSIZIONE LITOFILA DELLA     muticellus, Phoxinus phoxinus,
REGIONE PADANA                 Chondrostoma genei, Gobio gobio,
                               Barbus plebejus, Barbus meridionalis
                               caninus, Lampetra zanandreai, Anguilla
                               anguilla, Salmo (trutta) marmoratus,
                               Sabanejewia larvata, Cobitis taenia
                               bilineata, Barbatula barbatula
                               (limitatamente alle acque del
                               Trentino-Alto Adige e del Friuli-
                               Venezia Giulia), Padogobius martensii,
                               Knipowitschia punctatissima
                               (limitatamente agli ambienti di
                               risorgiva, dalla Lombardia al Friuli
                               Venezia Giulia)
---------------------------------------------------------------------
ZONA DEI CIPRINIDI A           Rutilus erythrophthalmus, Rutilus
DEPOSIZIONE FITOFILA DELLA     pigus, Chondrostoma soetta, Tinca
REGIONE PADANA                 tinca, Scardinius erythrophthalmus,
                               Alburnus alburnus alborella, Leuciscus
                               cephalus, Cyprinus carpio, Petromyzon
                               marinus (stadi giovanili), Acipenser
                               naccarii (almeno stadi giovanili),
                               Anguilla anguilla, Alosa fallax (stadi
                               giovanili), Cobitis taenia bilineata,
                               Esox lucius, Perca fluviatilis,
                               Gasterosteus aculeatus(12),
                               Syngnathus abaster.
---------------------------------------------------------------------
ZONA DEI SALMONIDI DELLA       Salmo (trutta) trutta (ceppo
REGIONE ITALICO-PENINSULARE    mediterraneo, limitatamente
                               all'Appennino settentrionale), Salmo
                               (trutta) macrostigma (limitatamente al
                               versante tirrenico di Lazio, Campania,
                               Basilicata e Calabria), Salmo fibreni
                               (limitatamente alla risorgiva
                               denominata Lago di Posta Fibreno).
---------------------------------------------------------------------
ZONA DEI CIPRINIDI A           Leuciscus souffia muticellus,
DEPOSIZIONE LITOFILA DELLA     Leuciscus cephalus, Rutilus rubilio,
REGIONE ITALICO-PENINSULARE    Alburnus albidus (limitatamente alla
                               Campania, Molise, Puglia e
                               Basilicata), Barbus plebejus, Lampetra
                               planeri (limitatamente al versante
                               tirrenico di Toscana, Lazio, Campania
                               e Basilicata; nel versante adriatico,
                               la sola popolazione dell'Aterno-
                               Pescara), Anguilla anguilla, Cobitis
                               tenia bilineata, Gasterosteus
                               aculeatus, Salaria fluviatilis, Gobius
                               nigricans (limitatamente al versante
                               tirrenico di Toscana, Umbria e Lazio).
---------------------------------------------------------------------
ZONA DEI CIPRINIDI A           Tinca tinca, Scardinius
DEPOSIZIONE FITOFILA DELLA     erythrophthalmus, Rutilus rubilio,
REGIONE ITALICO-PENINSULARE    Leuciscus cephalus, Alburnus albidus
                               (limitatamente alla Campania, Molise,
                               Puglia e Basilicata), Petromyzon
                               marinus (stadi giovanili), Anguilla
                               anguilla, Alosa fallax (stadi
                               giovanili), Cobitis taenia bilineata,
                               Esox lucius, Gasterosteus aculeatus,
                               Syngnathus abaster(13).
---------------------------------------------------------------------
ZONA DEI SALMONIDI DELLA       Salmo (trutta) macrostigma.
REGIONE DELLE ISOLE
---------------------------------------------------------------------
ZONA DEI CIPRINIDI A           Anguilla anguilla, Gasterosteus
DEPOSIZIONE LITOFILA DELLA     aculeatus, Salaria fluviatilis.
REGIONE DELLE ISOLE:
---------------------------------------------------------------------
ZONA DEI CIPRINIDI A           Cyprinus carpio, Petromyzon marinus
DEPOSIZIONE FITOFILA DELLA     (stadi giovanili), Anguilla anguilla,
REGIONE DELLE ISOLE            Gasterosteus aculeatus, Alosa fallax
                               (stadi giovanili), Syngnathus
                               abaster.
---------------------------------------------------------------------

(10) Le popolazioni del ceppo mediterraneo di Salmo  (trutta)  trutta
hanno naturalmente un areale  molto  frammentato.  Per  ogni  regione
andrebbe stabilito meglio l'areale.
(11) In Piemonte, a esclusione dei tributari di destra del Po a valle
del Tanaro e, nel bacino del Tanaro, a valle della confluenza con  il
torrente Rea.
(12) In Piemonte, la distribuzione e' limitata al solo Verbano.
(13) Non presente in Umbria.

SEZIONE C

Tabella 1. Valore di riferimento (mediana siti  riferimento)  per  la
componente relativa alla presenza di strutture artificiali nel tratto
considerato (indice HMS) e per la  componente  relativa  all'uso  del
territorio nelle aree fluviali e perifluviali (indice LUI).

---------------------------------------------------------------------
Descrizione sommaria dell'ambito
di applicazione                      HMS    RQ  HMS    LUI    RQ  LUI
---------------------------------------------------------------------
Tutti i tipi fluviali                 0        1        0        1
---------------------------------------------------------------------


Il valore utilizzato per convertire l'HMS in RQ e'  pari  a  100.  Il
valore utilizzato per convertire il LUI in RQ e' pari a 39,2.

Tabella 2. Valori di riferimento (mediana siti  riferimento)  per  la
componente relativa alla diversificazione e  qualita'  degli  habitat
fluviali e ripari (indice HQA)

---------------------------------------------------------------------
Descrizione sommaria dell'ambito        Macrotipi
di applicazione                         fluviali       HQA     RQ HQA
---------------------------------------------------------------------
Fiumi alpini                            A1, A2         54      1
---------------------------------------------------------------------
Fiumi Appenninici                       M1, M2, M4     64      1
---------------------------------------------------------------------
Fiumi Appenninici poco diversificati    M1, M2, M4     52      1
---------------------------------------------------------------------
Fiumi Mediterranei temporanei           M5             58      1
---------------------------------------------------------------------
Piccoli fiumi di pianura                C, M1          56      1
---------------------------------------------------------------------
Tutti gli altri fiumi                   -              57      1
---------------------------------------------------------------------


E' opportuno far riferimento alla categoria "Tutti gli  altri  fiumi"
qualora il tipo fluviale in  esame,  per  la  sua  peculiarita',  non
risulti  attribuibile  con  certezza  ad  una  delle   macrocategorie
riportate in tabella.  Per  la  conversione  dell'HQA  in  RQ  si  e'
considerato come valore minimo 11 per tutte le categorie))


    
                             ALLEGATO 2 
 
CRITERI PER  LA  CLASSIFICAZIONE  DEI  CORPI  IDRICI  A  DESTINAZIONE
FUNZIONALE 
    

SEZIONE  A:  Criteri  generali e metodologie per il rilevamento delle
caratteristiche  qualitative  e  per  la  classificazione delle acque
superficiali destinate alla produzione di acqua potabile.
I  seguenti  criteri  si  applicano  alle  acque  dolci  superficiali
utilizzate  o  destinate  ad  essere  utilizzate per la produzione di
acqua potabile dopo i trattamenti appropriati.

1) Calcolo della conformita' e classificazione
Per la classificazione delle acque in una delle categorie A1, A2, A3,
di  cui  alla tabella 1/A i valori specificati per ciascuna categoria
devono  essere  conformi  nel  95%  dei  campioni  ai  valori  limite
specificati  nelle  colonne  I e nel 90% ai valori limite specificati
nelle  colonne  G,  quando  non sia indicato il corrispondente valore
nella  colonna  I.  Per  il  rimanente  5% o il 10% dei campioni che,
secondo i casi, non sono conformi, i parametri non devono discostarsi
in  misura  superiore  al  50% dal valore dei parametri in questione,
esclusi  la  temperatura,  il pH, l'ossigeno disciolto ed i parametri
microbiologici.

2) Campionamento
2.1) Ubicazione delle stazioni di prelievo
Per tutti i laghi naturali ed artificiali e per tutti i corsi d'acqua
naturali  ed  artificiali utilizzati o destinati ad essere utilizzati
per  l'approvvigionamento  idrico  potabile  -  fermo restando quanto
previsto  nell'allegato  1  - le stazioni di prelievo dovranno essere
ubicate  in  prossimita' delle opere di presa esistenti o previste in
modo  che  i  campioni  rilevati siano rappresentativi della qualita'
delle acque da utilizzare.
Ulteriori  stazioni  di prelievo dovranno essere individuate in punti
significativi   del   corpo  idrico  quando  cio'  sia  richiesto  da
particolari  condizioni locali, tenuto soprattutto conto di possibili
fattori  di  rischio  d'inquinamento.  I  prelievi effettuati in tali
stazioni  avranno  la  sola  finalita'  di approfondire la conoscenza
della qualita' del corpo idrico, per gli opportuni interventi.

2.2)  Frequenza  minima  dei  campionamenti  e  delle analisi di ogni
parametro.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

(*)  Per  le  acque  della  categoria  A3  la  frequenza  annuale dei
campionamenti dei parametri del gruppo I deve essere portata a 12.
(*) I parametri dei diversi gruppi comprendono:

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

(**)  Per  i  parametri  facenti  parte del III gruppo, salvo che per
quanto  riguarda  gli  indicatori  di inquinamento microbiologico, su
indicazione dell'autorita' competente al controllo ove sia dimostrato
che non vi sono fonti antropiche, o naturali, che possano determinare
la  loro  presenza  nelle  acque,  la frequenza di campionamento puo'
essere ridotta.

3)  Modalita'  di  prelievo,  di  conservazione  e  di  trasporto dei
campioni
I  campioni  dovranno  essere  prelevati, conservati e trasportati in
modo    da    evitare    alterazioni    che    possono    influenzare
significativamente i risultati delle analisi.
  a)  Per  il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni
per  analisi  dei  parametri  di  cui  alla  tabella 2/A, vale quanto
prescritto, per i singoli parametri, alla colonna G.
  b)  Per  il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni
per analisi dei parametri di cui alla tabella 3/A, vale quanto segue:
i prelievi saranno effettuati in contenitori sterili;
qualora si abbia motivo di ritenere che l'acqua in esame contenga
cloro  residuo,  le bottiglie dovranno contenere una soluzione al 10%
di  sodio  tiosolfato,  nella  quantita' di mL 0,1 per ogni 100 mL di
capacita' della bottiglia, aggiunto prima della sterilizzazione;
le  bottiglie  di  prelievo dovranno avere una capacita' idonea a
prelevare    l'acqua    necessaria   all'esecuzione   delle   analisi
microbiologiche;
    i  campioni  prelevati,  secondo  le  usuali  cautele  di asepsi,
dovranno  essere  trasportati in idonei contenitori frigoriferi (4-10
°C)  al riparo della luce e dovranno, nel piu' breve tempo possibile,
e  comunque  entro  e  non  oltre  le  24  ore  dal  prelievo, essere
sottoposti ad esame.

Tabella  1/A:  Caratteristiche  di  qualita'  per  acque superficiali
destinate alla produzione di acqua potabile

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Tabella  2/A:  metodi  di misura per la determinazione dei valori dei
parametri chimici e chimico-fisici di cui alla tab. 1/A

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Tabella  3/A:  Metodi  di misura per la determinazione dei valori dei
parametri microbiologici di cui alla tab. 1/A

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Sezione  B:  Criteri  generali e metodologie per il rilevamento delle
caratteristiche  qualitative,  per  la  classificazione ed il calcolo
della conformita' delle acque dolci superficiali idonee alla vita dei
pesci salmonicolie ciprinicoli.
I  seguenti  criteri  si  applicano  alle  acque  dolci  superficiali
designate  quali  richiedenti  protezione  o miglioramento per essere
idonee alla vita dei pesci.

1) Calcolo della conformita'
Le acque designate e classificate si considerano idonee alla vita dei
pesci  quando  i  relativi campioni prelevati con la frequenza minima
riportata nella Tab. 1/B, nello stesso punto di prelevamento e per un
periodo  di  dodici mesi, presentino valori dei parametri di qualita'
conformi   ai   limiti  imperativi  indicati  e  alle  relative  note
esplicative della medesima Tabella, per quanto riguarda:
a) il valore del 95% dei campioni prelevati, per i parametri:
- pH
- BOD(base)5
- ammoniaca indissociata
- ammoniaca totale
- nitriti
- cloro residuo totale
- zinco totale
- rame disciolto.
Quando la frequenza di campionamento e' inferiore ad un prelievo al
mese,  i  valori  devono essere conformi ai limiti tabellari nel 100%
dei campioni prelevati;
b) i valori indicati nella tabella 1/B per i parametri:
- temperatura
- ossigeno disciolto;
c) la concentrazione media fissata per il parametro:
- materie in sospensione.
Il  superamento  dei  valori  tabellari  o  il mancato rispetto delle
osservazioni   riportate   nella   tabella  1/B  non  sono  presi  in
considerazione  se  avvengono  a  causa  di  piene, alluvioni o altre
calamita' naturali.

2) Campionamento
Ai fini dell'accertamento della conformita' di cui al punto 1:
  a)  la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella 1/B puo'
essere  ridotta  ove risulti accertato che la qualita' delle acque e'
sensibilmente   migliore  di  quella  riscontrabile,  per  i  singoli
parametri dall'applicazione delle percentuali di cui al punto 1;
  b) possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per
le  quali  risulti accertato che non esistono cause di inquinamento o
rischio di deterioramento.
Il  luogo  esatto  del prelevamento dei campioni, la sua distanza dal
piu'  vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondita'
alla   quale   i  campioni  devono  essere  prelevati  sono  definiti
dall'autorita'  competente in funzione, soprattutto, delle condizioni
ambientali locali.

Tab. 1/B: Qualita' delle acque idonee alla vita dei pesci salmonidi e
ciprimidi

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Osservazioni di carattere generale:
Occorre rilevare che nel fissare i valori dei parametri si e' partiti
dal  presupposto  che  gli  altri  parametri,  considerati ovvero non
considerati  nella  presente sezione, sono favorevoli. Cio' significa
in  particolare  che  le concentrazioni di sostanze nocive diverse da
quelle  enumerate  sono  molto  deboli.  Qualora  due o piu' sostanze
nocive  siano  presenti sotto forma di miscuglio, e' possibile che si
manifestino,  in  maniera  rilevante,  effetti  additivi, sinergici o
antagonistici.

Metodiche analitiche e di campionamento:
Le  metodiche  analitiche  e  di  campionamento  da  impiegarsi nella
determinazione dei parametri sono quelle descritte nei volumi "Metodi
analitici  per  le  acque"  pubblicati dall'Istituto di Ricerca sulle
Acque del C.N.R. (Roma), e successivi aggiornamenti.

NOTE ESPLICATIVE AI PARAMETRI DELLA TAB. 1/B
(Integrano le prescrizioni figuranti nel prospetto di detta Tabella)
[1]  Per  la  verifica  del  AT la temperatura deve essere misurata a
valle  di  un  punto  di  scarico  termico  al  limite  della zona di
mescolamento;  il  valore  riportato  in  tabella  si  riferisce alla
differenza tra la temperatura misurata e la temperatura naturale.
Con  riferimento  alla  temperatura  di  riproduzione,  non  e' stato
espresso  alcun valore limite in considerazione della variabilita' di
temperatura   ideale   di  riproduzione  dei  pesci  appartenenti  ai
Ciprinidi nelle acque italiane.
[2]   a)   Valore  limite  "I"  -  acque  per  Salmonidi:  quando  la
concentrazione  di  ossigeno  e'  inferiore  a  6  mg/L, le Autorita'
competenti devono intervenire ai sensi della parte terza del presente
decreto;
  b)   Valore   limite   "I"   -   acque  per  Ciprinidi:  quando  la
concentrazione  di  ossigeno  e'  inferiore  a  4  mg/L, le Autorita'
competenti  applicano  le disposizioni della parte terza del presente
decreto;
  -  quando  si  verificano  le  condizioni  previste in (a) e (b) le
Autorita'  competenti devono provare che dette situazioni non avranno
conseguenze  dannose  allo  sviluppo  equilibrato  delle  popolazioni
ittiche;
  -  tra  parentesi viene indicata la percentuale delle misure in cui
debbono essere superati o eguagliati i valori tabellari (e.g. 9 (50%)
significa   che   almeno   nel  50%  delle  misure  di  controllo  la
concentrazione di 9 mg/L deve essere superata);
  -  campionamento:  almeno  un  campione deve essere rappresentativo
delle   condizioni  di  minima  ossigenazione  nel  corso  dell'anno.
Tuttavia  se  si sospettano variazioni giornaliere sensibili dovranno
essere  prelevati  almeno 2 campioni rappresentativi delle differenti
situazioni nel giorno del prelievo.
[3]  Le  variazioni  artificiali  del pH, rispetto ai valori naturali
medi del corpo idrico considerato, possono superare di ± 0,5 unita-pH
i  valori  estremi figuranti nel prospetto della tabella 1/B (sia per
le  acque  per Salmonidi che per le acque per Ciprinidi) a condizione
che  tali  variazioni  non  determinano un aumento della nocivita' di
altre sostanze presenti nell'acqua.
[4]  Si  puo'  derogare  dai  suddetti  limiti  nei  corpi idrici, in
particolari   condizioni   idrologiche,   in   cui   si   verifichino
arricchimenti naturali senza intervento antropico;
i  valori  limite  (G e I per le due sottoclassi) sono concentrazioni
medie   e  non  si  applicano  alle  materie  in  sospensione  aventi
proprieta'   chimiche  nocive.  In  quest'ultimo  caso  le  Autorita'
competenti  prenderanno provvedimenti per ridurre detto materiale, se
individuata l'origine antropica;
  -  nell'analisi  gravimetrica il residuo, ottenuto dopo filtrazione
su membrana di porosita' 0,45 µm o dopo centrifugazione (tempo 5 min.
ed  accelerazione  media di 2.800 3.200 g), dovra' essere essiccato a
105 °C fino a peso costante.
[5]   La  determinazione  dell'ossigeno  va  eseguita  prima  e  dopo
incubazione  di  cinque  giorni, al buio completo, a 20 °C (± 1 °C) e
senza impedire la nitrificazione.
[6]  I  valori  limite  "G" riportati possono essere considerati come
indicativi per ridurre l'eutrofizzazione;
  - per i laghi aventi profondita' media compresa tra 18 e 300 metri,
per  il  calcolo del carico di fosforo totale accettabile, al fine di
controllare  l'eutrofizzazione,  puo'  essere  utilizzata la seguente
formula:

        Z
L = A ----- (1 + vTw)
        Tw

dove:
L  =  carico  annuale  espresso  in  mg  di  P  per metro quadrato di
superficie del lago considerato;
Z  =  profondita'  media  del  lago in metri (generalmente si calcola
dividendo il volume per la superficie);
Tw  =  tempo  teorico  di  ricambio delle acque del lago, in anni (si
calcola   dividendo   il   volume   per   la   portata  annua  totale
dell'emissario);
A = valore soglia per il contenimento dei fenomeni eutrofici - Per la
maggior  parte  dei laghi italiani "A" puo' essere considerato pari a
20.
Tuttavia  per  ogni  singolo  ambiente  e'  possibile  calcolare  uno
specifico  valore  soglia  (A)  mediante  l'applicazione di una delle
seguenti  equazioni.  (Il  valore ottenuto va aumentato del 50% per i
laghi  a  vocazione  salmonicola  e  del 100% per i laghi a vocazione
ciprinicola).

Log [P] = 1,48 + 0,33 (± 0,09) Log MEI* alcal.
Log [P] = 0,75 + 0,27 (± 0,11) Log MEI* cond.

dove:
P = A = Concentrazione di fosforo totale di µg/L;
MEI  alcal.  =  Rapporto  tra alcalinita' (meq/L) e profondita' media
(m);
MEI  cond.  = Rapporto tra conducibilita' (µS/cm) e profondita' media
(m);
(*) MEI = Indice morfoedafico.
[7]  Nei  riguardi  dei pesci i nitriti risultano manifestamente piu'
tossici  in  acque  a scarso tenore di cloruri. I valori "I" indicati
nella  tabella 1/B corrispondono ad un criterio di qualita' per acque
con una concentrazione di cloruri di 10 mg/L.
Per  concentrazioni  di  cloruri  comprese  tra  1 e 40 mg/L i valori
limite "I" corrispondenti sono riportati nella seguente tabella 2/B.

Tab.  2/B  -  Valori limite "Imperativi" per il parametro nitriti per
concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L

=====================================================================
              |Acque per salmonidi (mg/L | Acque per ciprinidi (mg/L
Cloruri (mg/L)|           NO2)           |           NO2)
=====================================================================
      1       |           0,10           |           0,19
---------------------------------------------------------------------
      5       |           0,49           |           0,98
---------------------------------------------------------------------
      10      |           0,88           |           1,77
---------------------------------------------------------------------
      20      |           1,18           |           2,37
---------------------------------------------------------------------
      40      |           1,48           |           2,96
=====================================================================

[8]  Data  la complessita' della classe, anche se ristretta ai fenoli
monoidrici,  il  valore  limite  unico  quotato  nel  prospetto della
tabella  1/B  puo' risultare a seconda del composto chimico specifico
troppo restrittivo o troppo permissivo;
  -  poiche'  la  direttiva  del  Consiglio (78/659/CEE del 18 luglio
1978)  prevede  soltanto l'esame organolettico (sapore), appare utile
richiamare  nella  tabella  3/B  la  concentrazione  piu'  alta delle
sostanze  piu' rappresentative della sotto classe Clorofenoli che non
altera  il  sapore  dei  pesci  (U.S.  EPA  -  Ambient  Water Quality
Criteria, 1978):

Tab. 3/B

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Appare  infine  utile  richiamare,  nella  tabella 4/B, i criteri, di
qualita'  per  la  protezione  della vita acquatica formulati da B.C.
Nicholson  per  conto  del  Governi  Australiano in "Australian Water
Quality Criteria for Organic Compound - Tecnical Paper n. 82 1984".

Tab. 4/B

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

[9]  Considerato  che  gli  olii  minerali  (o idrocarburi di origine
petrolifera)  possono  essere  presenti  nell'acqua  o  adsorbiti nel
materiale   in   sospensione   o   emulsionati  o  disciolti,  appare
indispensabile che il campionamento venga fatto sotto la superficie:
  -  concentrazioni  di  idrocarburi  anche inferiori al valore guida
riportato  nella  tabella  1/B  possono tuttavia risultare nocivi per
forme ittiche giovanili ed alterare il sapore del pesce;
  -  la  determinazione  degli  idrocarburi di origine petrolifera va
eseguita   mediante   spettrofotometria   IR  previa  estrazione  con
tetracloruro di carbonio o altro solvente equivalente.
[10]  La proporzione di ammoniaca non ionizzata (o ammoniaca libera),
specie  estremamente tossica, in quella totale (NH(base)3 + NH(base)4
(elevato)+ dipende dalla temperatura e dal pH;
  -  le  concentrazioni  di  ammoniaca  totale (NH(base)3 + NH(base)4
(elevato)+  che  contengono  una  concentrazione  di  0,025  mg/L  di
ammoniaca non ionizzata, in funzione della temperatura e pH, misurate
al momento del prelievo, sono quelle riportate nella seguente tabella
5/B:

Tab. 5/B

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

[11] Al fine di ridurre il rischio di tossicita' dovuto alla presenza
di  ammoniaca non ionizzata, il rischio di consumo di ossigeno dovuto
alla  nitrificazione  e il rischio dovuto all'instaurarsi di fenomeni
di   eutrofizzazione,  le  concentrazioni  di  ammoniaca  totale  non
dovrebbero  superare  i  valori  indicati nel prospetto della tabella
1/B;
  - tuttavia per cause naturali (particolari condizioni geografiche o
climatiche)  e segnatamente in caso di basse temperature dell'acqua e
di  diminuzione della nitrificazione o qualora l'Autorita' competente
possa  provare che non si avranno conseguenze dannose per lo sviluppo
equilibrato  delle  popolazioni ittiche, e' consentito il superamento
dei valori tabellari.
[12] Quando il cloro e' presente in acqua in forma disponibile, cioe'
in  grado di agire come ossidante, i termini, usati indifferentemente
in letteratura, "attivo", o "residuo" si equivalgono;
  -  il  "doro  residuo  totale", corrisponde alla somma, se presenti
contemporaneamente,   del  cloro  disponibile  libero  [cioe'  quello
presente   come   una   miscela  in  equilibrio  di  ioni  ipoclorito
(OCI(elevato)-)  ed  acido  ipocloroso  (HOCI]  e del cloro combinato
disponibile  [cioe'  quello  presente  nelle  cloroammine  o in altri
composti con legami N-Cl (i.e. dicloroisocianurato di sodio)];
  -  la  concentrazione  piu'  elevata  di  cloro (Cl(base)2) che non
manifesta  effetti  avversi  su  specie  ittiche  sensibili,  entro 5
giorni,  e'  di  0,005 mg Cl(base)2/L (corrispondente a 0,004 mg/L di
HOCI).  Considerato  che il cloro e' troppo reattivo per persistere a
lungo  nei corsi d'acqua, che lo stesso acido ipocloroso si decompone
lentamente a ione cloruro ed ossigeno (processo accelerato dalla luce
solare),  che  i pesci per comportamento autoprotettivo fuggono dalle
zone  ad elevata concentrazione di cloro attivo, come valore e' stato
confermato il limite suddetto;
  -  le quantita' di cloro totale, espresse in mg/L di Cl(base)2, che
contengono  una  concentrazione  di  0,004  mg/L  di HOCI, variano in
funzione  della temperatura e soprattutto del valore di pH (in quanto
influenza   in   maniera   rimarchevole  il  grado  di  dissociazione
dell'acido  ipocloroso  HOCI  <->  H(elevato)+  + ClO(elevato)-
secondo la seguente tabella 6/B:

Tab. 6/B

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Pertanto  i  valori "b" risultanti in tabella corrispondono a pH = 6.
In  presenza di valori di pH piu' alti sono consentite concentrazioni
di  cloro  residuo  totale  (Cl(base)2)  piu'  elevate e comunque non
superiori a quelle riportate in tabella 6/B;
  -  per  i  calcoli  analitici  di trasformazione del cloro ad acido
ipocloroso  ricordare che, dell'equazione stechiometrica, risulta che
una  mole  di  cloro  (Cl(base)2)  corrisponde  ad  1  mole  di acido
ipocloroso (HOCl).
  -  in  ogni  caso  la  concentrazione  ammissibile di cloro residuo
totale  non  deve superare il limite di rilevabilita' strumentale del
metodo di riferimento.
[13]  L'attenzione  e' rivolta alla classe tensioattivi anionici, che
trova il maggior impiego nei detersivi per uso domestico;
  -  il  metodo  al  blu  di  metilene,  con  tutti  gli accorgimenti
suggeriti  negli ultimi anni (vedi direttiva del Consiglio 82/243/CEE
del  31  marzo 1982, in Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee L.
109  del  22  aprile  1982),  appare  ancora  il  piu'  valido per la
determinazione  di  questa  classe  di  composti. Per il futuro e' da
prevedere  l'inclusione  in  questo parametro almeno della classe dei
tensioattivi non ionici.
[14]  Gli  otto metalli presi in considerazione risultano piu' o meno
tossici verso la fauna acquatica. Alcuni di essi (Hg, As, etc.) hanno
la capacita' di bioaccumularsi anche su pesci commestibili.
La tossicita' e' spesso attenuata dalla durezza. I valori quotati nel
prospetto  della tabella 1/B, corrispondono ad una durezza dell'acqua
di  100  mg/L  come  CaCO(base)3.  Per  durezze  comprese  tra <50  e
>250  i  valori  limite corrispondenti sono  riportali  nei  riquadri
seguenti   contraddistinti   per   protezione  dei  Salmonidi  e  dei
Ciprinidi.

Protezione Salmonidi

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Protezione Ciprinidi

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Sezione  C:  Criteri  generali e metodologie per il rilevamento delle
caratteristiche  qualitative  ed  il  calcolo della conformita' delle
acque destinate alla vita dei molluschi
I  seguenti criteri si applicano alle acque costiere e salmastre sedi
di  banchi  e popolazioni naturali di molluschi bivalvi c gasteropodi
designate  come richiedenti protezione e miglioramento per consentire
la  vita  e  lo  sviluppo  dei molluschi e per contribuire alla buona
qualita'  dei  prodotti  della  molluschicoltura destinati al consumo
umano.
1) Calcolo della conformita'
  1. Le acque designate ai sensi dell'art. 87 si considerano conformi
quando  i campioni di tali acque, prelevate nello stesso punto per un
periodo  di  dodici  mesi, secondo la frequenza minima prevista nella
tab.  1/C,  rispettano i valori e le indicazioni di cui alla medesima
tabella per quanto riguarda:
a) il 100% dei campioni prelevati per i parametri sostanze organo
alogenate e metalli;
b) il 95% dei campioni per i parametri ed ossigeno disciolto;
c)  il  75%  dei  campioni per gli altri parametri indicati nella
tab. 1/C.
  2.  Qualora  la frequenza dei campionamenti, ad eccezione di quelli
relativi  ai  parametri  sostanze  organo  alogenate  e  metalli, sia
inferiore  a quella indicata nella tab. 1/C, la conformita' ai valori
ed alle indicazioni deve essere rispettata nel 100% dei campioni.
  3.  Il superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle
indicazioni   riportate   nella   tabella   1/C  non  sono  presi  in
considerazione se avvengono a causa di eventi calamitosi.

2) Campionamento
  1.  L'esatta ubicazione delle stazioni di prelievo dei campioni, la
loro distanza dal piu' vicino punto di scarico di sostanze inquinanti
e  la profondita' alla quale i campioni devono essere prelevati, sono
definiti  dall'Autorita'  competente  in  funzione  delle  condizioni
ambientali locali.
  2.  Ai  fini dell'accertamento della conformita' di cui al comma 1,
la  frequenza  dei  campionamenti  stabilita  nella  tabella 1/C puo'
essere ridotta dall'Autorita' competente ove risulti accertato che la
qualita'  delle  acque  e'  sensibilmente  superiore  per  i  singoli
parametri  di quella risultante dall'applicazione dei valori limite e
relative note.
  3. Possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per
le  quali  risulti accertato che non esistano cause di inquinamento o
rischio di deterioramento.

Tab. 1/C Qualita' delle acque destinate alla vita dei molluschi

    

              Parte di provvedimento in formato grafico
    

                             ALLEGATO 3

RILEVAMENTO  DELLE  CARATTERISTICHE  DEI BACINI IDROGRAFICI E ANALISI
          DELL'IMPATTO ESERCITATO DALL'ATTIVITA' ANTROPICA

Per  la  redazione dei piani di tutela, le Regioni devono raccogliere
ed   elaborare  i  dati  relativi  alle  caratteristiche  dei  bacini
idrografici secondo i criteri di seguito indicati.
A  tal  fine si ritiene opportuno che le Regioni si coordinino, anche
con  il supporto delle autorita' di bacino, per individuare, per ogni
bacino  idrografico,  un  Centro  di Documentazione cui attribuire il
compito  di  raccogliere,  catalogare  e  diffondere  le informazioni
relative  alle  caratteristiche  dei bacini idrografici ricadenti nei
territori di competenza.
Devono  essere  in  particolare  considerati gli elementi geografici,
geologici,  idrogeologici,  fisici,  chimici  e  biologici  dei corpi
idrici  superficiali  e  sotterranei,  nonche'  quelli socioeconomici
presenti nel bacino idrografico di propria competenza.

1 CARATTERIZZAZIONE DEI CORPI IDRICI SUPERFICIALI
Le  regioni,  nell'ambito  del  territorio di competenza, individuano
l'ubicazione   e  il  perimetro  dei  corpi  idrici  superficiali  ed
effettuano  di  tutti  una  caratterizzazione  iniziale,  seguendo la
metodologia  indicata  in appresso. Ai fini di tale caratterizzazione
iniziale le regioni possono raggruppare i corpi idrici superficiali.
  i)  Individuare  i corpi idrici superficiali all'interno del bacino
idrografico  come rientranti in una delle seguenti categorie di acque
superficiali  - fiumi, laghi, acque di transizione o acque costiere -
oppure  come  corpi  idrici  superficiali  artificiali o corpi idrici
superficiali fortemente modificati.
  ii)  Per  i  corpi  idrici  superficiali  artificiali  o fortemente
modificati,  la  classificazione  si  effettua  secondo i descrittori
relativi a una delle categorie di acque superficiali che maggiormente
somigli  al  corpo  idrico artificiale o fortemente modificato di cui
trattasi.

1.1 ACQUISIZIONE DELLE CONOSCENZE DISPONIBILI
La fase iniziale, finalizzata alla prima caratterizzazione dei bacini
idrografici, serve a raccogliere le informazioni relative a:
  a)  gli  aspetti  geografici:  estensione  geografica ed estensione
altitudinale, latitudinale e longitudinale
  b)  le  condizioni  geologiche:  informazioni  sulla  tipologia dei
substrati,  almeno  in  relazione  al  contenuto calcareo, siliceo ed
organico
  c)  le condizioni idrologiche: bilanci idrici, compresi i volumi, i
regimi di flusso nonche' i trasferimenti e le deviazioni idriche e le
relative fluttuazioni stagionali e, se del caso, la sanita'
  d)   le  condizioni  climatiche:  tipo  di  precipitazioni  e,  ove
possibile, evaporazione ed evapotraspirazione.
  Tali informazioni sono integrate con gli aspetti relativi a:
  a)    caratteristiche    socioeconomiche    utilizzo   del   suolo,
industrializzazione dell'area, ecc.
  b) individuazione e tipizzazione di aree naturali protette,
  c) eventuale caratterizzazione faunistica e vegetazionale dell'area
del bacino idrografico.

         SEZIONE A: METODOLOGIA PER L'INDIVIDUAZIONE I TIPI
           PER LE DIVERSE CATEGORIE DI ACQUE SUPERFICIALI

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

          SEZIONE B: CRITERI METODOLOGICI DI INDIVIDUAZIONE
                    DEI CORPI IDRICI SUPERFICIALI

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

                SEZIONE C: METODOLOGIA PER L'ANALISI
                  DELLE PRESSIONI E DEGLI IMPIANTI

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

((1.1.1 - FISSAZIONE DELLE CONDIZIONI DI RIFERIMENTO TIPO-SPECIFICHE
                   PER I CORPI IDRICI SUPERFICIALI

D.1. Premessa
Per  ciascun tipo di corpo idrico superficiale, individuato in base a
quanto  riportato  nella precedente sezione A al presente punto, sono
definite:
  a) le condizioni idromorfologiche e fisico-chimiche tipo-specifiche
   che   rappresentano   i   valori   degli   elementi   di  qualita'
   idromorfologica  e fisico-chimica che l'Allegato 1, punto A.1 alla
   parte  terza del presente decreto legislativo, stabilisce per tale
   tipo  di  corpo  idrico  superficiale  in stato ecologico elevato,
   quale  definito  nella  pertinente  tabella dell'Allegato 1, punto
   A.2;
  b)  le  condizioni  biologiche  di  riferimento tipo-specifiche che
   rappresentano  i  valori  degli elementi di qualita' biologica che
   l'Allegato  1,  punto  A.1 specifica per tale tipo di corpo idrico
   superficiale  in  stato  ecologico  elevato,  quale definito nella
   pertinente tabella dell'Allegato 1, punto A.2.
Nell'applicare  le procedure previste nella presente sezione ai corpi
idrici superficiali fortemente modificati o corpi idrici artificiali,
i   riferimenti   allo   stato  ecologico  elevato  sono  considerati
riferimenti al potenziale ecologico massimo definito nell'Allegato 1,
tabella  A.2.5. I valori relativi al potenziale ecologico massimo per
un corpo idrico sono riveduti ogni sei anni.

D.2. Funzione delle condizioni di riferimento:
Le condizioni di riferimento:
  - rappresentano  uno  stato  corrispondente a pressioni molto basse
   senza    gli    effetti    dell'industrializzazione    di   massa,
   dell'urbanizzazione    e    dell'agricoltura   intensiva   e   con
   modificazioni  molto  lievi  degli elementi di qualita' biologica,
   idro-morfologica e chimicofisica;
  - sono  stabilite  per  ogni  tipo  individuato  all'interno  delle
   categorie    di    acque    superficiali,   esse   sono   pertanto
   tipo-specifiche;
  - non  coincidono  necessariamente  con  le  condizioni  originarie
   indisturbate  e  possono  includere disturbi molto lievi, cioe' la
   presenza  di  pressioni  antropiche  e'  ammessa purche' non siano
   rilevabili  alterazioni  a  carico  degli  elementi  di qualita' o
   queste risultino molto lievi;
  - consentono  di  derivare  i  valori  degli  elementi  di qualita'
   biologica  necessari  per la classificazione dello stato ecologico
   del corpo idrico;
  - vengono  espresse  come  intervallo  di  valori,  in modo tale da
   rappresentare la variabilita' naturale degli ecosistemi.

D.2.1.  Condizioni  di  riferimento  e Rapporto di Qualita' Ecologica
(RQE)
L'individuazione   delle   condizioni   di  riferimento  consente  di
calcolare,  sulla  base  dei risultati del monitoraggio biologico per
ciascun  elemento  di  qualita',  il "rapporto di qualita' ecologica"
(RQE). L'RQE viene espresso come un valore numerico che varia tra 0 e
1,  dove  lo  stato  elevato e' rappresentato dai valori vicino ad 1,
mentre  lo  stato  pessimo e' rappresentato da valori numerici vicino
allo 0.
L'RQE  mette  in relazione i valori dei parametri biologici osservati
in  un  dato  corpo  idrico  e  il valore per quegli stessi parametri
riferiti alle condizioni di riferimento applicabili al corrispondente
tipo di corpo idrico e serve a quantificare lo scostamento dei valori
degli  elementi  di  qualita'  biologica,  osservati in un dato sito,
dalle   condizioni   biologiche   di   riferimento   applicabili   al
corrispondente  tipo  di  corpo idrico. L'entita' di tale scostamento
concorre ad effettuare la classificazione dello stato ecologico di un
corpo  idrico secondo lo schema a 5 classi di cui Allegato 1 punto A2
del presente decreto legislativo.

D.3.  Metodi  per stabilire le condizioni di riferimento I principali
metodi per la definizione delle condizioni di riferimento sono:
  - Metodo  spaziale, basato sull'uso dei dati provenienti da siti di
   monitoraggio;
  - Metodo  teorico  basato  su  modelli statistici, deterministici o
   empirici  di  previsione  dello  stato  delle  condizioni naturali
   indisturbate;
  - Metodo  temporale,  basato  sull'utilizzazione  di  dati di serie
   storiche o paleoricostruzione o una combinazione di entrambi;
  - Una combinazione dei precedenti approcci;
Tra  i  metodi citati e' utilizzato prioritariamente quello spaziale.
Qualora  tale approccio non risulti applicabile si ricorre agli altri
metodi  elencati. Puo' essere inoltre utilizzato un metodo basato sul
giudizio   degli   esperti  solo  nel  caso  in  cui  sia  comprovata
l'impossibilita' dell'applicazione dei metodi sopra riportati.

D.3.1  Metodo  spaziale  Il  metodo  spaziale  si  basa  sui  dati di
monitoraggio  qualora  siano  disponibili  siti,  indisturbati o solo
lievemente   disturbati,   idonei   a  delineare  le  "condizioni  di
riferimento"  e  pertanto  identificati come "siti di riferimento". I
siti  di  riferimento  sono individuati attraverso l'applicazione dei
criteri  di selezione basati sull'analisi delle pressioni esistenti e
dalla  successiva  validazione  biologica. Possono essere individuati
siti   diversi   per   ogni   elemento  di  qualita'  biologica.  Per
l'individuazione   dei   siti  si  fa  riferimento  alle  metodologie
riportate  nei  manuali  ISPRA,  per  le  acque marino- costiere e di
transizione, e CNR-IRSA , per i corsi d'acqua e le acque lacustri.

D.4. Processo per la determinazione delle Condizioni di Riferimento
Le  Regioni,  sentite le Autorita' di bacino, all'interno del proprio
territorio,  individuano,  per  ciascuna  categoria  e  tipo di corpo
idrico,  i potenziali siti di riferimento sulla base dei dati e delle
conoscenze  relative  al  proprio  territorio  in  applicazione delle
metodologie  richiamate  al  punto  D.3  e  provvedono  a  inviare le
relative informazioni al MATTM.
Le  condizioni  di cui alle lettere a) e b) del precedente punto D.1,
tenendo  conto dei siti di riferimento e dei relativi dati comunicati
dalle Regioni, sono stabilite con decreto del Ministero dell'Ambiente
e  della  Tutela  del  Territorio  e  del  Mare, da emanarsi ai sensi
dell'art. 75, comma 3, del presente decreto legislativo.
Se non risulta possibile stabilire, per un elemento qualitativo in un
determinato   tipo   di  corpo  idrico  superficiale,  condizioni  di
riferimento   tipo-specifiche   attendibili   a  causa  della  grande
variabilita'  naturale  cui  l'elemento  e' soggetto (non soltanto in
conseguenza  delle  variazioni stagionali) detto elemento puo' essere
escluso  dalla  valutazione  dello  stato  ecologico per tale tipo di
acque  superficiali.  In  questo  caso  i motivi dell'esclusione sono
specificati nel piano di gestione del bacino idrografico.
Un  numero sufficiente di siti in condizioni di riferimento, per ogni
tipo  individuato,  nelle  varie  categorie  di  corpi  idrici,  sono
identificati,  dal  MATTM  con  il  supporto dell'ISPRA e degli altri
istituti  scientifici,  per la costituzione di una rete di controllo,
che  costituisce  parte  integrante della rete nucleo di cui al punto
A.3.2.4.  dell'Allegato  1  al  presente  decreto legislativo, per lo
studio  della  variazioni,  nel tempo, dei valori delle condizioni di
riferimento per i diversi tipi.
Le  condizioni  di  riferimento sono aggiornate qualora si presentano
variazioni per cause naturali nei siti di riferimento.))

1.1.2 PUNTO ABROGATO DAL DECRETO 16 GIUGNO 2008, N. 131.

1.1.3 PUNTO ABROGATO DAL DECRETO 16 GIUGNO 2008, N. 131.

1.2 ARCHIVIO ANAGRAFICO DEI CORPI IDRICI
Per ciascun corpo idrico e' predisposta una scheda informatizzata che
contenga:  i dati derivati dalle attivita' di cui alle sezioni A, B e
C, del punto 1.1 del presente allegato; i dati derivanti dalle azioni
di  monitoraggio e classificazione di cui all'allegato 1 del presente
decreto legislativo.

2 ACQUE SOTTERRANEE

2.1 ACQUISIZIONE DELLE CONOSCENZE DISPONIBILI (22)
La  fase  conoscitiva  ha  come scopo principale la caratterizzazione
qualitativa degli acquiferi. Deve avere come risultato:
  -  definire lo stato attuale delle conoscenze relative agli aspetti
quantitativi e qualitativi delle acque sotterranee,
  - costituire una banca dati informatizzata dei dati idrogeologici e
idrochimici,
  -   localizzare   i   punti   d'acqua   sotterranea  potenzialmente
disponibili per le misure,
  - ricostruire il modello idrogeologico, con particolare riferimento
ai rapporti di eventuale intercomunicazione tra i diversi acquiferi e
tra le acque superficiali e le acque sotterranee.
Le  informazioni  da  raccogliere  devono essere relative ai seguenti
elementi:
  -   studi   precedentemente  condotti  (idrogeologici,  geotecnici,
geofisici,  geomorfologici,  ecc)  con  relativi  eventuali elaborati
cartografici  (carte geologiche, sezioni idrogeologiche, piezometrie,
carte idrochimiche, ecc),
  -   dati   relativi  ai  pozzi  e  piezometri,  quali:  ubicazione,
stratigrafie,  utilizzatore  (pubblico o privato), stato di attivita'
(attivo, in disuso, cementato),
  -   dati   relativi   alle  sorgenti  quali:  ubicazione,  portata,
utilizzatore  (pubblico  o  privato),  stato di attivita' (attiva, in
disuso, ecc.),
  - dati relativi ai valori piezometrici,
  - dati relativi al regime delle portate delle sorgenti,
  -  dati esistenti riguardanti accertamenti analitici sulla qualita'
delle acque relative a sorgenti, pozzi e piezometri esistenti,
  - reticoli di monitoraggio esistenti delle acque sotterranee.
Devono  essere  inoltre considerati tutti quegli elementi addizionali
suggeriti  dalle  condizioni  locali  di  insediamento antropico o da
particolari   situazioni  geologiche  e  geochimiche,  nonche'  della
vulnerabilita'  e  rischio  della  risorsa.  Dovranno  inoltre essere
valutate,  se  esistenti,  le  indagini relative alle biocenosi degli
ambienti sotterranei.
Le  azioni  conoscitive  devono  essere  accompagnate da tutte quelle
iniziative  necessarie  ad  acquisire  tutte  le  informazioni  e  le
documentazioni in materia presenti presso gli enti che ne dispongono,
i quali ne dovranno garantire l'accesso.
Sulla  base  delle  informazione  raccolte,  delle conoscenze a scala
generale  e  degli  studi precedenti, verra' ricostruita la geometria
dei  principali  corpi  acquiferi  presenti evidenziando la reciproca
eventuale   intercomunicazione   compresa   quella   con   le   acque
superficiali,   la   parametrizzazione  (laddove  disponibile)  e  le
caratteristiche idrochimiche, e dove presenti, quelle biologiche.
La caratterizzazione degli acquiferi sara' revisionata sulla base dei
risultati  della  gestione  della  rete di monitoraggio effettuato in
base alle indicazioni riportate all'allegato 1.
La  ricostruzione  idrogeologica preliminare dovra' quindi permettere
la  formulazione  di  un  primo  modello  concettuale, intendendo con
questo  termine  una  schematizzazione idrogeologica semplificata del
sottosuolo e una prima
parametrizzazione  degli  acquiferi.  In  pratica  devono  essere qui
riassunte le proprieta' geologiche, le caratteristiche idrogeologiche
del  sistema,  con  particolare riferimento ai meccanismi di ricarica
degli acquiferi ed ai rapporti tra le falde, i rapporti esistenti tra
acque  superficiali e acque sotterranee, nonche' alle caratteristiche
qualitative delle acque sotterranee.
I  dati  cosi'  raccolti  dovranno avere un dettaglio rappresentabile
significativamente almeno alla scala 1:100.000.

2.2 ARCHIVIO ANAGRAFICO DEI PUNTI D'ACQUA
Deve essere istituito un catasto anagrafico debitamente codificato al
fine  di  disporre  di  un  data-base  aggiornato  dei  punii d'acqua
esistenti  (pozzi, piezometri, sorgenti e altre emergenze della falda
come  fontanili,  ecc.) e dei nuovi punti realizzati. A ciascun punto
d'acqua dovra' essere assegnato un numero di codice univoco stabilito
in base alle modalita' di codifica che saranno indicate con decreto.
Per  quanto  riguarda  le  sorgenti  andranno codificate tutte quelle
utilizzate  e  comunque  quelle  che  presentano  una  portata  media
superiore a 10 L/s e quelle di particolare interesse ambientale.
Per le nuove opere e' fatto obbligo all'Ente competente di verificare
all'atto della domanda di ricerca e sfruttamento della risorsa idrica
sotterranea, l'avvenuta assegnazione del codice.
In  assenza di tale codice i rapporti di prova relativi alla qualita'
delle   acque,   non   potranno   essere   accettati  dalla  Pubblica
Amministrazione.
Inoltre  per  ciascun  punto  d'acqua  dovra'  essere predisposta una
scheda   informatizzata   che   contenga   i   dati   relativi   alle
caratteristiche     geografiche,     anagrafiche,     idrogeologiche,
strutturali,   idrauliche   e   funzionali   derivate  dalle  analisi
conoscitive di cui al punto 1.
Le  schede  relative  ai  singoli punti d'acqua, assieme alle analisi
conoscitive  di  cui  al  punto  1  ed  a  quelle che potranno essere
raccolte   per  ciascun  punto  d'acqua  dovranno  contenere  poi  le
informazioni relative a:
  a)   le  caratteristiche  chimico  fisiche  dei  singoli  complessi
idrogeologici  e del loro grado di sfruttamento, utilizzando i dati a
vario  titolo  in possesso dei vari Enti (analisi chimiche effettuate
dai  laboratori  pubblici,  autodenunce  del  sollevato etc.) nonche'
stime  delle direzioni e delle velocita' di scambio dell'acqua fra il
corpo idrico sotterraneo ed i sistemi superficiali connessi.
  b)  l'impatto  esercitato  dalle  attivita' umane sullo stato delle
acque sotterranee all'interno di ciascun complesso idrogeologico.
Tale esame dovra' riguardare i seguenti aspetti:
  1.  stima  dell'inquinamento da fonte puntuale (cosi' come indicato
al punto relativo alle acque superficiali)
  2. stima dell'inquinamento da fonte diffusa
  3. dati derivanti dalle misure relative all'estrazione delle acque
  4. stima del ravvenamento artificiale
  5.  analisi  delle  altre  incidenze  antropiche  sullo stato delle
acque.

2.3 RIESAME DEGLI IMPATTI (22)

2.3.1   Riesame   dell'impatto  delle  attivita'  umane  sulle  acque
sotterranee Quanto ai corpi idrici sotterranei che ricadono sotto due
o  piu'  ambiti  territoriali  di  competenza,  o  che,  in base alle
informazioni  di  cui  al  punto  2.1,  si  reputa  rischino  di  non
conseguire  gli obiettivi fissati per ciascun corpo, se del caso, per
ciascuno  di tali corpi idrici sotterranei si raccolgono e si tengono
aggiornate le seguenti informazioni:
  a)  ubicazione  dei  punti  del  corpo idrico sotterraneo usati per
l'estrazione di acqua, con l'eccezione:
    -  dei  punti  di estrazione che forniscono, in media, meno di 10
m(elevato)3 al giorno o servono piu' di 50 persone, e
    - dei punti di estrazione di acqua destinata al consumo umano che
forniscono, in media, meno di 10 m(elevato)3 al giorno o servono piu'
di 50 persone;
  b) medie annue di estrazione da tali punti;
  c)  composizione  chimica  dell'acqua  estratta  dal  corpo  idrico
sotterraneo;
  d) ubicazione dei punti del corpo idrico sotterraneo in cui l'acqua
e' direttamente scaricata;
  e) tasso di scarico in tali punti;
  f)   composizione   chimica   degli   scarichi   nel  corpo  idrico
sotterraneo;
  g)  utilizzazione  del suolo nel bacino o nei bacini idrografici da
cui il corpo idrico sotterraneo si ravvena, comprese le immissioni di
inquinanti  e  le  alterazioni  antropiche  delle  caratteristiche di
ravvenamento,  quali  deviazione di acque meteoriche e di dilavamento
mediante riempimento del suolo, ravvenamento artificiale, sbarramento
o drenaggio.

2.3.2  Riesame  dell'impatto delle variazioni dei livelli delle acque
sotterranee
Le  regioni  individuano  inoltre  i corpi idrici sotterranei per cui
devono  essere  fissati  obiettivi  meno rigorosi, anche prendendo in
considerazione gli effetti dello stato del corpo:
  i) sulle acque superficiali e gli ecosistemi terrestri connessi,
  ii)  sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni
e il drenaggio dei terreni,
  iii) sullo sviluppo umano.

2.3.3  Riesame  dell'impatto  dell'inquinamento  sulla qualita' delle
acque sotterranee
Le regioni identificano i corpi idrici sotterranei per i quali devono
essere specificati obiettivi meno rigorosi
laddove   in   conseguenza  dell'attivita'  umana,  il  corpo  idrico
sotterraneo  sia  talmente  inquinato da rendere impraticabile oppure
sproporzionatamente dispendioso ottenere un buono stato chimico delle
acque sotterranee.

3 MODALITA' DI ELABORAZIONE, GESTIONE E DIFFUSIONE DEI DATI
Le  Regioni  organizzeranno  un  proprio Centro di Documentazione che
curera'   l'accatastamento  dei  dati  e  la  relativa  elaborazione,
gestione  e  diffusione. Tali dati sono organizzati secondo i criteri
stabiliti con decreto e devono periodicamente essere aggiornati con i
dati   prodotti  dal  monitoraggio  secondo  le  indicazioni  di  cui
all'allegato 1.
Le  misure  quantitative  e  qualitative  dovranno essere organizzate
secondo   quanto   previsto   nel  decreto  attuativo  relativo  alla
standardizzazione  dei  dati.  A  tali  modalita'  si  dovranno anche
attenere  i  soggetti tenuti a predisporre i protocolli di garanzia e
di qualita'.
L'interpretazione  dei  dati  relativi  alle  acque sotterranee in un
acquifero   potra'  essere  espressa  in  forma  sintetica  mediante:
tabelle,  grafici, diagrammi, serie temporali, cartografie tematiche,
elaborazioni statistiche, ecc.
Il  Centro  di  documentazione annualmente curera' la redazione di un
rapporto    sull'evoluzione    quali-quantitativa    dei    complessi
idrogeologici  monitorati  e  rendera'  disponibili tutti i dati e le
elaborazioni effettuate, a tutti gli interessati.
Compito  del  Centro  di documentazione sara' inoltre la redazione di
carte  di  sintesi  delle aree su cui esiste un vincolo riferito alle
acque  sotterranee,  carte  di  vulnerabilita'  e rischio delle acque
sotterranee.
Una  volta  ultimata  la  presentazione  finale dei documenti e degli
elaborati grafici ed informatizzati del prodotto, saranno individuati
i  canali  piu' idonei alla sua diffusione anche mediante rapporti di
sintesi   e  seminari,  a  tal  scopo  verra'  predisposto  un  piano
contenente modalita' e tempi dell'attivita' di diffusione. Allo scopo
dovra'  essere  prevista  da  parte  del  Centro di documentazione la
disponibilita' degli stessi tramite sistemi geografici informatizzati
(GIS) disponibili su reti multimediali.
La  scala  delle  elaborazioni  cartografiche dovra' essere di almeno
1:100.000 salvo necessita' di superiore dettaglio.


-------------
AGGIORNAMENTO (22)
  Il  D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30 ha disposto (con l'art. 9, comma 1,
lettere b), c) e d)) che:
  - il punto 1.2 dell'Allegato 1 e' sostituito dall'Allegato 1, Parte
  A del suddetto decreto;
  -  la  lettera  B  del  punto 2 dell'Allegato 1 e' sostituita dagli
  Allegati 3 e 4 del suddetto decreto;
  -  i  punti  2.1  e 2.3 del punto 2 dell'Allegato 3 sono sostituiti
  dall'Allegato 1, Parte B del suddetto decreto.



    
                             ALLEGATO 4 
 
CONTENUTI DEI PIANI 
 
  Parte A. Piani di gestione dei bacini idrografici 
  A. I  piani  di  gestione  dei  bacini  idrografici  comprendono  i
seguenti elementi. 
  1.  Descrizione  generale  delle  caratteristiche   del   distretto
idrografico, a norma dell'allegato 3. Essa include: 
  1.1. Per le acque superficiali: 
  - rappresentazione cartografica dell'ubicazione e del perimetro dei
corpi idrici, 
  - rappresentazione cartografica delle  ecoregioni  e  dei  tipi  di
corpo idrico superficiale presenti nel bacino idrografico, 
  - segnalazione delle condizioni di riferimento per i tipi di  corpo
idrico superficiale. 
  1.2. Per le acque sotterranee: 
  - rappresentazione cartografica dell'ubicazione e del perimetro dei
corpi idrici sotterranei. 
  2. Sintesi delle pressioni e degli impatti significativi esercitati
dalle  attivita'  umane  sullo  stato  delle  acque  superficiali   e
sotterranee, comprese: 
  -   stime    sull'inquinamento    da    fonti    puntuali,    stime
sull'inquinamento da fonti diffuse, con sintesi  delle  utilizzazioni
del suolo, 
  - stime delle  pressioni  sullo  stato  quantitativo  delle  acque,
estrazioni comprese, 
  - analisi degli altri impatti antropici sullo stato delle acque. 
  3.  Specificazione  e  rappresentazione  cartografica  delle   aree
protette, come prescritto dall'articolo 117 e  dall'allegato  9  alla
parte terza del presente decreto. 
  4. Mappa delle reti di monitoraggio istituite ai fini dell'allegato
1  alla  parte  terza  del  presente   decreto   e   rappresentazione
cartografica dei risultati dei programmi di monitoraggio effettuati a
norma di dette disposizioni per verificare lo stato delle: 
  4.1. acque superficiali (stato ecologico e chimico); 
  4.2. acque sotterranee (stato chimico e quantitativo); 
  4.3. aree protette. 
  5.  Elenco   degli   obiettivi   ambientali   fissati   per   acque
superficiali,  acque  sotterranee  e  aree  protette,   compresa   in
particolare la specificazione dei casi in cui e' stato fatto  ricorso
all'articolo 77, comma 6, 7,  8,  10  e  alle  informazioni  connesse
imposte da detto articolo. 
  6. Sintesi dell'analisi economica sull'utilizzo  idrico  prescritta
dall'allegato 10 alla parte terza del presente decreto. 
  7. Sintesi del programma o programmi di misure adottati, compresi i
conseguenti modi in cui realizzare gli obiettivi. 
  7.1. Sintesi delle  misure  necessarie  per  attuare  la  normativa
comunitaria sulla protezione delle acque. 
  7.2. Relazione sulle iniziative  e  misure  drastiche  adottate  in
applicazione del  principio  del  recupero  dei  costi  dell'utilizzo
idrico. 
  7.3. Sintesi delle  misure  adottate  per  soddisfare  i  requisiti
previsti. 
  7.4. Sintesi dei controlli sull'estrazione  e  l'arginamento  delle
acque, con rimando ai registri e specificazione dei casi in cui  sono
state concesse esenzioni. 
  7.5. Sintesi  dei  controlli  decisi  per  gli  scarichi  in  fonti
puntuali e per altre attivita' che producono un impatto  sullo  stato
delle acque. 
  7.6. Specificazione dei casi in cui sono stati autorizzati scarichi
diretti nelle acque sotterranee. 
  7.7. Sintesi delle misure adottate sulle sostanze prioritarie. 
  7.8.  Sintesi  delle  misure  adottate  per  prevenire  o   ridurre
l'impatto degli episodi di inquinamento accidentale. 
  7.9. Sintesi delle misure adottate per i corpi idrici per  i  quali
il raggiungimento degli obiettivi enunciati e' improbabile, 
  7.10. Particolari delle misure  supplementari  ritenute  necessarie
per il conseguimento degli obiettivi ambientali fissati. 
  7.11. Particolari delle misure adottate per scongiurare un  aumento
dell'inquinamento delle acque marine. 
  8. Repertorio di eventuali  programmi  o  piani  di  gestione  piu'
dettagliati adottati  per  il  distretto  idrografico  e  relativi  a
determinati  sottobacini,  settori,  tematiche  o  tipi   di   acque,
corredato di una sintesi del contenuto. 
  9. Sintesi delle misure  adottate  in  materia  di  informazione  e
consultazione  pubblica,   con   relativi   risultati   e   eventuali
conseguenti modifiche del piano. 
  10.  Elenco  delle  autorita'  competenti  all'interno  di  ciascun
distretto. 
  11. Referenti e procedure  per  ottenere  la  documentazione  e  le
informazioni  di  base,  in  particolare  dettagli  sulle  misure  di
controllo adottate e sugli effettivi dati del monitoraggio raccolti a
norma dell'allegato 1 alla parte terza del presente decreto. 
 
  B. Il primo e i successivi aggiornamenti del piano di gestione  del
bacino idrografico comprendono anche quanto segue: 
  1. sintesi di eventuali modifiche  o  aggiornamenti  alla  versione
precedente  del  piano  di  gestione,  compresa  una  sintesi   delle
revisioni da effettuare; 
  2. valutazione dei progressi registrati per il raggiungimento degli
obiettivi ambientali, con rappresentazione cartografica dei risultati
del monitoraggio relativi al periodo coperto dal piano precedente,  e
motivazione per l'eventuale mancato raggiungimento degli stessi; 
  3. sintesi e illustrazione delle  misure  previste  nella  versione
precedente del piano di gestione e non realizzate; 
  4. sintesi di eventuali misure supplementari  temporanee  adottate,
successivamente alla  pubblicazione  della  versione  precedente  del
piano di gestione del bacino idrografico. 
 
  Parte B. Piani di tutela delle acque 
 
  a) I Piani di tutela delle acque devono contenere: 
  1.  Descrizione   generale   delle   caratteristiche   del   bacino
idrografico ai sensi dell'allegato 3. Tale descrizione include: 
  1.1 Per le acque superficiali: 
  - rappresentazione cartografica dell'ubicazione e del perimetro dei
corpi idrici con indicazione degli ecotipi presenti  all'interno  del
bacino idrografico e dei  corpi  idrici  di  riferimento  cosi'  come
indicato all'allegato 1, come modificato dall'Allegato 8  alla  parte
terza del presente decreto. 
  1.2 Per le acque sotterranee: 
  -   rappresentazione   cartografica   della   geometria   e   delle
caratteristiche litostratografiche  e  idrogeologiche  delle  singole
zone 
  - suddivisione del territorio in zone acquifere omogenee 
  2. Sintesi delle pressioni e degli impatti significativi esercitati
dall'attivita' antropica  sullo  stato  delle  acque  superficiali  e
sotterranee. Vanno presi in considerazione: 
  -  stima  dell'inquinamento  in   termini   di   carico   (sia   in
tonnellate/anno che in tonnellate/mese) da fonte puntuale (sulla base
del catasto degli scarichi), 
  - stima dell'impatto da fonte diffusa, in termine  di  carico,  con
sintesi delle utilizzazioni del suolo, 
  - stima delle  pressioni  sullo  stato  quantitativo  delle  acque,
derivanti dalle concessioni e dalle estrazioni esistenti, 
  - analisi di altri impatti  derivanti  dall'attivita'  umana  sullo
stato delle acque. 
  3. Elenco e rappresentazione cartografica delle  aree  indicate  al
Titolo III, capo I,  in  particolare  per  quanto  riguarda  le  aree
sensibili e le zone vulnerabili cosi' come risultano dalla  eventuale
reidentificazione fatta dalle Regioni. 
  4.  Mappa  delle  reti   di   monitoraggio   istituite   ai   sensi
dell'articolo 120 e dell'allegato 1 alla  parte  terza  del  presente
decreto ed una rappresentazione in formato cartografico dei risultati
dei programmi  di  monitoraggio  effettuati  in  conformita'  a  tali
disposizioni per lo stato delle: 
  4.1 acque superficiali (stato ecologico e chimico) 
  4.2 acque sotterranee (stato chimico e quantitativo) 
  4.3 aree a specifica tutela 
  5. Elenco degli obiettivi definiti  dalle  autorita'  di  bacino  e
degli obiettivi di qualita' definiti per le  acque  superficiali,  le
acque sotterranee, includendo in  particolare  l'identificazione  dei
casi dove si e' ricorso alle disposizioni dell'articolo 77, commi 4 e
5 e le associate informazioni richieste in  conformita'  al  suddetto
articolo. 
  6. Sintesi del programma o programmi di misure  adottati  che  deve
contenere: 
  6.1 programmi di misure per il raggiungimento  degli  obiettivi  di
qualita' ambientale dei corpi idrici 
  6.2 specifici programmi di tutela e miglioramento previsti ai  fini
del raggiungimento dei singoli obiettivi di qualita' per le  acque  a
specifica destinazione di cui al titolo II capo II 
  6.3 misure adottate ai sensi del Titolo III capo I 
  6.4  misure  adottate  ai  sensi  del  titolo  III  capo   II,   in
particolare: 
  - sintesi della pianificazione del bilancio idrico 
  - misure di risparmio e riutilizzo 
  6.5  misure  adottate  ai  sensi  titolo  III  del  capo  III,   in
particolare: 
  - disciplina degli scarichi 
  - definizione delle misure per la riduzione dell'inquinamento degli
scarichi da fonte puntuale 
  - specificazione dei casi particolari in cui sono stati autorizzati
scarichi 
  6.6 informazioni su misure  supplementari  ritenute  necessarie  al
fine di soddisfare gli obiettivi ambientali definiti 
  6.7  informazioni  delle  misure  intraprese  al  fine  di  evitare
l'aumento dell'inquinamento delle acque marine  in  conformita'  alle
convenzioni internazionali 
  6.8 relazione sulle  iniziative  e  misure  pratiche  adottate  per
l'applicazione del principio  del  recupero  dei  costi  dei  servizi
idrici e sintesi  dei  piani  finanziari  predisposti  ai  sensi  del
presente decreto 
  7. Sintesi  dei  risultati  dell'analisi  economica,  delle  misure
definite per la tutela dei corpi idrici e per il perseguimento  degli
obiettivi di qualita',  anche  allo  scopo  di  una  valutazione  del
rapporto costi benefici delle misure previste e delle azioni relative
all'estrazione e distribuzione delle acque dolci,  della  raccolta  e
depurazione e riutilizzo delle acque reflue. 
  8.  Sintesi  dell'analisi  integrata  dei   diversi   fattori   che
concorrono a determinare lo stato di qualita'  ambientale  dei  corpi
idrici, al fine di coordinare le misure di cui al punto 6.3 e 6.4 per
assicurare il miglior rapporto costi benefici delle diverse misure in
particolare vanno  presi  in  considerazione  quelli  riguardanti  la
situazione  quantitativa  del  corpo   idrico   in   relazione   alle
concessioni in atto e  la  situazione  qualitativa  in  relazione  al
carico inquinante che viene immesso nel corpo idrico. 
  9. relazione sugli  eventuali  ulteriori  programmi  o  piani  piu'
dettagliati adottati per determinati sottobacini. 
 
  b) Il primo aggiornamento del Piano di tutela delle acque  tutti  i
successivi aggiornamenti dovranno inoltre includere: 
  1. sintesi di eventuali modifiche o aggiornamenti della  precedente
versione del Piano di tutela delle acque, incluso una  sintesi  delle
revisioni da effettuare 
  2. valutazione dei progressi  effettuati  verso  il  raggiungimento
degli obiettivi ambientali, con la rappresentazione cartografica  dei
risultati  del  monitoraggio  per  il  periodo  relativo   al   piano
precedente, nonche' la  motivazione  per  il  mancato  raggiungimento
degli obiettivi ambientali 
  3. sintesi e illustrazione delle misure previste  nella  precedente
versione del Piano di gestione dei bacini idrografici non  realizzate
4. sintesi di eventuali misure supplementari adottate successivamente
alla data di pubblicazione della precedente  versione  del  Piano  di
tutela del bacino idrografico. 
                             ALLEGATO 5 
 
LIMITI DI EMISSIONE DEGLI SCARICHI IDRICI 
 
  1. SCARICHI IN CORPI D'ACQUA SUPERFICIALI 
 
  1.1 ACQUE REFLUE URBANE 
  Gli scarichi provenienti da impianti  di  trattamento  delle  acque
reflue  urbane  devono  conformarsi,  secondo  le  cadenze  temporali
indicate, ai valori limiti definiti dalle Regioni in  funzione  degli
obiettivi di qualita' e, nelle more della suddetta  disciplina,  alle
leggi regionali vigenti alla data di entrata in vigore  del  presente
decreto. 
  Gli scarichi provenienti da impianti  di  trattamento  delle  acque
reflue urbane: 
  - se esistenti devono  conformarsi  secondo  le  cadenze  temporali
indicate al medesimo articolo alle norme di emissione riportate nella
tabella 1, 
  - se nuovi devono essere conformi alle medesime disposizioni  dalla
loro entrata in esercizio. 
  Gli scarichi provenienti da impianti  di  trattamento  delle  acque
reflue  urbane  devono  essere  conformi  alle  norme  di   emissione
riportate nelle tabelle 1 e 2. Per i parametri azoto totale e fosforo
totale le concentrazioni o le percentuali  di  riduzione  del  carico
inquinante indicate devono essere raggiunti per  uno  od  entrambi  i
parametri a seconda della situazione locale. 
  Devono  inoltre  essere  rispettati  nel  caso  di  fognature   che
convogliano anche scarichi  di  acque  reflue  industriali  i  valori
limite di tabella 3 ovvero quelli stabiliti dalle Regioni. 
 
  Tabella 1. Limiti di emissione per gli  impianti  di  acque  reflue
urbane. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

(1) Le   analisi   sugli   scarichi   provenienti   da  lagunaggio  o
   fitodepurazione  devono essere effettuati su campioni filtrati, la
   concentrazione di solidi sospesi non deve superare i 150 mg/L
(2) La  misurazione  deve  essere fatta su campione omogeneizzato non
   filtrato, non decantato. Si esegue la determinazione dell'ossigeno
   disciolto   anteriormente   e  posteriormente  ad  un  periodo  di
   incubazione di 5 giorni a 20 °C ± 1 °C, in completa oscurita', con
   aggiunta di inibitori di nitrificazione.
(3) La  misurazione  deve  essere fatta su campione omogeneizzato non
   filtrato, non decantato con bicromato di potassio.
(4) La  misurazione  deve  essere  fatta  mediante  filtrazione di un
   campione   rappresentativo   attraverso   membrana  filtrante  con
   porosita'  di  0,45  hm  ed  essiccazione a 105 °C con conseguente
   calcolo  del  peso,  oppure  mediante centrifugazione per almeno 5
   minuti (accelerazione media di 2800-3200 g), essiccazione a 105 °C
   e calcolo del peso.
(5) la  percentuale di riduzione del BOD5 non deve essere inferiore a
   40.  Per i solidi sospesi la concentrazione non deve superare i 70
   mg/L e la percentuale di abbattimento non deve essere inferiore al
   70%.


Tabella  2.  Limite  di  emissione  per  gli impianti di acque reflue
urbane recapitanti in aree sensibili.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

(1) II   metodo   di   riferimento   per   la   misurazione   e'   la
   spettrofotometria di assorbimento molecolare.
(2) Per  azoto  totale  si  intende  la somma dell'azoto Kieldahl (N.
   organico  +  NH3)  +  azoto  nitrico + azoto nitroso. Il metodo di
   riferimento   per   la  misurazione  e'  la  spettrofotometria  di
   assorbimento molecolare.
(3) In  alternativa  al  riferimento alla concentrazione media annua,
   purche' si ottenga un analogo livello di protezione ambientale, si
   puo'  fare  riferimento  alla concentrazione media giornaliera che
   non  puo'  superare  i  20  mg/L  per  ogni  campione  in  cui  la
   temperatura  dell'effluente  sia  pari  o  superiore  a  12  gradi
   centigradi.  Il limite della concentrazione media giornaliera puo'
   essere  applicato  ad  un tempo operativo limitato che tenga conto
   delle condizioni climatiche locali.
Il punto di prelievo per i controlli deve essere sempre il medesimo e
deve  essere posto immediatamente a monte del punto di immissione nel
corpo recettore. Nel caso di controllo della percentuale di riduzione
dell'inquinante,  deve  essere  previsto  un  punto di prelievo anche
all'entrata  dell'impianto di trattamento. Di tali esigenze si dovra'
tener  conto  anche nella progettazione e modifica degli impianti, in
modo da agevolare l'esecuzione delle attivita' di controllo.
Per  il controllo della conformita' dei limiti indicati nelle tabelle
1  e  2 e di altri limiti definiti in sede locale vanno considerati i
campioni medi ponderati nell'arco di 24 ore.
Per  i  parametri di tabella 1 il numero di campioni, ammessi su base
annua,  la cui media giornaliera puo' superare i limiti tabellari, e'
definito in rapporto al numero di misure come da schema seguente.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

In  particolare  si  precisa  che,  per i parametri sotto indicati, i
campioni  che  risultano  non  conformi,  affinche'  lo  scarico  sia
considerato   in   regola,   non   possono   comunque   superare   le
concentrazioni  riportate  in  tabella  1  oltre la percentuale sotto
indicata:
BOD5: 100%
COD: 100%
Solidi Sospesi 150%
Il  numero  minimo  annuo  di  campioni  per  i parametri di cui alle
tabelle  1  e  2  e' fissato in base alla dimensione dell'impianto di
trattamento  e  va  effettuato  dall'autorita'  competente ovvero dal
gestore   qualora   garantisca   un   sistema  di  rilevamento  e  di
trasmissione  dati  all'autorita'  di  controllo,  ritenuto idoneo da
quest'ultimo,   con   prelievi   ad  intervalli  regolari  nel  corso
dell'anno, in base allo schema seguente.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

I gestori degli impianti devono inoltre assicurare un sufficiente
numero  di  autocontrolli  (almeno  uguale  a  quello  del precedente
schema)  sugli scarichi dell'impianto di trattamento e sulle acque in
entrata.
L'autorita' competente per il controllo deve altresi' verificare,
con  la  frequenza minima di seguito indicata, il rispetto dei limiti
indicati  nella tabella 3. I parametri di tabella 3 che devono essere
controllati sono solo quelli che le attivita' presenti sul territorio
possono scaricare in fognatura.

    

              Parte di provvedimento in formato grafico

    

Valori  estremi  per  la  qualita'  delle acque in questione non sono
presi  in  considerazione  se  essi  sono  il risultato di situazioni
eccezionali come quelle dovute a piogge abbondanti.
I  risultati  delle  analisi  di autocontrollo effettuate dai gestori
degli impianti devono essere messi a disposizione degli enti preposti
al  controllo.  I  risultati  dei controlli effettuati dall'autorita'
competente  e  di  quelli effettuati a cura dei gestori devono essere
archiviati  su  idoneo  supporto  informatico  secondo le indicazioni
riportate nell'apposito decreto attuativo.
Ove  le  caratteristiche  dei  rifiuti  da smaltire lo richiedano per
assicurare  il  rispetto,  da  parte  dell'impianto di trattamento di
acque reflue urbane, dei valori limite di emissione in relazione agli
standard  di  qualita'  da conseguire o mantenere nei corpi recettori
interessati dallo scarico dell'impianto, l'autorizzazione prevede:
  a)  l'adozione  di  tecniche  di pretrattamento idonee a garantire,
all'ingresso   dell'impianto   di  trattamento  delle  acque  reflue,
concentrazioni  di  inquinanti  che  non  compromettono  l'efficienza
depurativa dell'impianto stesso;
  b)    l'attuazione    di    un   programma   di   caratterizzazione
quali-quantitativa   che,   in   relazione  a  quanto  previsto  alla
precedente lettera a), consenta controlli sistematici in entrata e in
uscita agli impianti di pretrattamento dei rifiuti liquidi e a quelli
di depurazione delle acque reflue;
  c)  l'adozione  di  sistemi  di  stoccaggio  dei rifiuti liquidi da
trattare  tale da evitare la miscelazione con i reflui che hanno gia'
subito il trattamento finale;
  d) standard gestionali adeguati del processo depurativo e specifici
piani di controllo dell'efficienza depurativa;
  e)  l'adozione  di  un  sistema di autocontrolli basato, per quanto
concerne  la  frequenza  e  le modalita' di campionamento, su criteri
statistici   o  di  tipo  casuale,  comunque  tali  da  rappresentare
l'andamento   nel  tempo  della/e  reale/i  concentrazione/i  della/e
sostanza/e  da  misurare  analiticamente  e  da  verificare,  con  un
coefficiente  di  confidenza  di almeno il 90%, la conformita' o meno
dei  livelli  di  emissione  ai  relativi  limiti.  I risultati degli
autocontrolli  sono  tenuti a disposizione delle autorita' competenti
per   i   quattro  anni  successivi  alla  data  di  rilascio/rinnovo
dell'autorizzazione;
  f)  controlli dell'idoneita' o meno all'utilizzo in agricoltura dei
fanghi  biologici  prodotti  dall'impianto di trattamento delle acque
reflue in relazione a quanto disposto dal D.Lgs. 99/1992.

1.2 ACQUE REFLUE INDUSTRIALI.

1.2.1 Prescrizioni generali
Gli  scarichi  di  acque  reflue  industriali  in acque superficiali,
devono   essere  conformi  ai  limiti  di  emissione  indicati  nella
successiva tabella 3 o alle relative norme disposte dalle Regioni.
I  valori limite di emissione che gli scarichi interessati non devono
superare sono espressi, in linea di massima, in concentrazione.
Tuttavia,   le  regioni,  nell'esercizio  della  loro  autonomia,  in
attuazione dei piani di tutela delle acque, tenendo conto dei carichi
massimi ammissibili, delle migliori tecniche disponibili, definiscono
i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui alla tabella 3
sia  in  concentrazione massima. ammissibile sia in quantita' massima
per unita' di tempo.
In  questo  caso,  i  valori limite espressi in concentrazione devono
essere  coerenti, e comunque non possono essere superiori, con quelli
in  peso  dell'elemento  caratteristico dell'attivita' ed il relativo
fabbisogno  d'acqua, parametro quest'ultimo che varia in funzione dei
singoli processi e stabilimenti.
Nel  caso  di  attivita'  ricadenti  nell'allegato  I  del  D.Lgs. 18
febbraio  2005  n.  59  valori  limite  di  emissione  possono essere
definiti,  in alternativa, per unita' di prodotto in linea con quanto
previsto  con  i  BAT  references  comunitari  e  con  le linee guida
settoriali nazionali
Anche  in questa ipotesi i valori limite espressi in quantita' devono
essere  coerenti  con quelli espressi in concentrazione, tenuto conto
del  fabbisogno d'acqua, parametro quest'ultimo che varia in funzione
dei singoli processi e stabilimenti.

1.2.2 Determinazioni analitiche
Le  determinazioni  analitiche  ai  fini del controllo di conformita'
degli  scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad
un  campione  medio  prelevato  nell'arco  di  tre  ore.  L'autorita'
preposta  al  controllo puo', con motivazione espressa nel verbale di
campionamento,  effettuare  il campionamento su tempi diversi al fine
di  ottenere  il  campione  piu'  adatto  a  rappresentare lo scarico
qualora lo
giustifichino  particolari  esigenze  quali  quelle  derivanti  dalle
prescrizioni   contenute  nell'autorizzazione  dello  scarico,  dalle
caratteristiche  del  ciclo  tecnologico,  dal  tipo  di  scarico (in
relazione  alle caratteristiche di continuita' dello stesso), il tipo
di  accertamento (accertamento di routine, accertamento di emergenza,
ecc.).

1.2.3  Specifiche  prescrizioni  per gli scarichi contenenti sostanze
pericolose
  1.  tenendo  conto  del  carico  massimo ammissibile, ove definito,
della  persistenza,  bioaccumulabilita'  e  della pericolosita' delle
sostanze,  nonche'  della  possibilita'  di  utilizzare  le  migliori
tecniche  disponibili,  le  Regioni  stabiliscono opportuni limiti di
emissione in massa nell'unita' di tempo (kg/mese).
  2. Per cicli produttivi specificati nella tabella 3/A devono essere
rispettati i limiti di emissione in massa per unita' di prodotto o di
materia  prima  di  cui  alla  stessa  tabella.  Per gli stessi cicli
produttivi valgono altresi' i limiti di concentrazione indicati nelle
tabella 3 allo scarico finale.
  3.  Tra  i  limiti  di  emissione in termini di massa per unita' di
prodotto,  indicati  nella  tabella  3/A,  e  quelli  stabiliti dalle
Regioni  in termini di massa nell'unita' di tempo valgono quelli piu'
cautelativi.
  4.   Ove  il  piano  di  tutela  delle  acque  lo  preveda  per  il
raggiungimento  degli  standard  di  cui  all'allegato 1 del presente
decreto,   l'autorita'   competente   puo'   individuare  conseguenti
prescrizioni  adeguatamente  motivate  all'atto  del rilascio e/o del
rinnovo delle autorizzazioni agli scarichi che contengono le sostanze
di   cui   all'allegato  5.  Dette  specifiche  prescrizioni  possono
comportare:
    a)  l'adozione di misure tecniche, di progettazione, costruzione,
esercizio  o  manutenzione  dell'impianto  in  grado di assicurare il
rispetto  di  valori  limite  di emissione piu' restrittivi di quelli
fissati  in  tabella  3,  fatto  salvo  il caso in cui sia accertato,
attraverso  campionamenti  a  monte  ed  a valle dell'area di impatto
dello  scarico,  che  la  presenza nello scarico stesso di una o piu'
sostanze non origina dal ciclo produttivo dell'insediamento ovvero e'
naturalmente presente nel corpo idrico. Il valore limite di emissione
sara'  fissato  in  rapporto  con le priorita' e le cadenze temporali
degli  interventi  previsti nel piano di tutela delle acque approvato
dalla  regione  e,  in  particolare, con quanto previsto nello stesso
piano per assicurare la qualita' delle acque a specifica destinazione
funzionale;
    b)  l'adozione  di un sistema di autocontrolli basato, per quanto
concerne  la  frequenza  e  le modalita' di campionamento, su criteri
statistici   o  di  tipo  casuale,  comunque  tali  da  rappresentare
l'andamento   nel  tempo  della/e  reale/i  concentrazione/i  della/e
sostanza/e  da  misurare  analiticamente  e  da  verificare,  con  un
coefficiente  di  confidenza  di almeno il 90%, la conformita' o meno
dei  livelli  di  emissione  ai  relativi  limiti.  I risultati degli
autocontrolli  sono  tenuti a disposizione delle autorita' competenti
per   i   quattro  anni  successivi  alla  data  di  rilascio/rinnovo
dell'autorizzazione.
      1. le acque di raffreddamento di impianti pre-esistenti possono
essere  convogliate  verso il corpo idrico recettore tramite un unico
scarico  comune  ad altre acque di scarico, a condizione sia posto in
essere  un  sistema  di  sorveglianza  dello  scarico che consenta la
sistematica  rilevazione  e  verifica  dei limiti a monte il punto di
miscelazione.
      2.  I punti 4 e 5 non si applicano agli scarichi che provengono
da  attivita'  commerciali caratterizzate da modesta significativita'
con    riferimento    ai   quantitativi   annui   di   acque   reflue
complessivamente scaricate e che recapitano in pubblica fognatura.

2 SCARICHI SUL SUOLO
Nei  casi  previsti  dall'articolo 103 comma 1 punto c), gli scarichi
sul suolo devono rispettare i limiti previsti nella tabella 4.
Il  punto  di  prelievo per i controlli e' immediatamente a monte del
punto  di scarico sul suolo. Per gli impianti di depurazione naturale
(lagunaggio,  fitodepurazione)  il  punto  di  scarico corrisponde e'
quello all'uscita dall'impianto.
Le  determinazioni  analitiche  ai  fini del controllo di conformita'
degli  scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad
un  campione  medio  prelevato  nell'arco  di  tre  ore.  L'autorita'
preposta  al  controllo puo', con motivazione espressa nel verbale di
campionamento,  effettuare  il campionamento su tempi diversi al fine
di  ottenere  il  campione  piu'  adatto  a  rappresentare lo scarico
qualora  lo giustifichino particolari esigenze quali quelle derivanti
dalle prescrizioni contenute nell'autorizzazione dello scarico, dalle
caratteristiche  del  ciclo  tecnologico,  dal  tipo  di  scarico (in
relazione  alle caratteristiche di continuita' dello stesso), il tipo
di  accertamento (accertamento di routine, accertamento di emergenza,
ecc.).
Per  gli  impianti  di  trattamento  delle  acque reflue urbane si fa
riferimento a un campione medio ponderato nell'arco di 24 ore.
Le  distanze dal piu' vicino corpo idrico superficiale oltre le quali
e'  permesso  lo  scarico  sul  suolo sono rapportate al volume dello
scarico stesso secondo il seguente schema:
  a) per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue urbane:
    -  metri - per scarichi con portate giornaliere medie inferiori a
500 m(elevato)3
    -  2.500  metri  - per scarichi con portate giornaliere medie tra
501 e 5000 m(elevato)3
    -  5.000  metri  - per scarichi con portate giornaliere medie tra
5001 e 10.000 m(elevato)3
  b) per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue industriali.
    -  1.000  metri  -  per  scarichi  con  portate giornaliere medie
inferiori a 100 m(elevato)3
    -  2.500  metri  - per scarichi con portate giornaliere medie tra
101 e 500 m(elevato)3
    -  5.000  metri  - per scarichi con portate giornaliere medie tra
501 e 2.000 m(elevato)3
Gli  scarichi aventi portata maggiore di quelle su indicate devono in
ogni  caso  essere  convogliati  in  corpo  idrico  superficiale,  in
fognatura o destinate al riutilizzo.
Per  gli  scarichi  delle  acque  reflue  urbane  valgono  gli stessi
obblighi di controllo e di autocontrollo previsti per gli scarichi in
acque superficiali.
L'autorita'  competente  per  il  controllo  deve  verificare, con la
frequenza minima di seguito indicata, il rispetto dei limiti indicati
nella  tabella  4.  I parametri di tabella 4 da controllare sono solo
quelli  che le attivita' presenti sul territorio possono scaricare in
fognatura.

--------------------------------------------------------
|volume scarico                | numero controlli      |
--------------------------------------------------------
|sino a 2000 m cubi al giorno  | 4 volte l'anno        |
--------------------------------------------------------
|oltre a 2000 m cubi al giorno | 8 volte l'anno        |
--------------------------------------------------------

    
 
2.1 SOSTANZE PER CUI ESISTE IL DIVIETO DI SCARICO 
Restano fermi i divieti di scarico sul suolo e nel  sottosuolo  delle
seguenti sostanze: 
  - composti organo alogenati e sostanze che possono 
  - dare origine a tali composti nell'ambiente idrico 
  - composti organo fosforici 
  - composti organo stannici 
  - sostanze che hanno potere cancerogeno, mutageno e  teratogeno  in
ambiente idrico o in concorso dello stesso 
  - mercurio e i suoi composti 
  - cadmio e i suoi composti 
  - oli minerali persistenti e  idrocarburi  di  origine  petrolifera
persistenti 
  - cianuri 
  -  materie  persistenti  che  possono   galleggiare,   restare   in
sospensione o andare a fondo e che possono disturbare  ogni  tipo  di
utilizzazione delle acque. 
Tali sostanze, si intendono assenti quando sono in concentrazioni non
superiori ai limiti di rilevabilita' delle metodiche  di  rilevamento
in essere all'entrata in vigore del presente decreto o dei successivi
aggiornamenti. 
Persiste  inoltre  il  divieto  di  scarico   diretto   nelle   acque
sotterranee, in aggiunta alle sostanze su elencate, di: 
    

1: zinco      rame     nichel    cromo
   piombo     selenio  arsenico  antimonio
   molibdeno  titanio  stagno    bario
   berillio   boro     uranio    vanadio
   cobalto    tallio   tellurio  argento

    
2: Biocicli e loro derivati non compresi  nell'elenco  del  paragrafo
precedente 
3: Sostanze che hanno un effetto nocivo sul sapore ovvero  sull'odore
dei  prodotti  consumati  dall'uomo  derivati  dall'ambiente  idrico,
nonche' i composti che possono dare origine  a  tali  sostanze  nelle
acque 
4: Composti organosilicati tossici o persistenti e che  possono  dare
origine a tali composti nelle acque ad eccezione di quelli  che  sono
biologicamente innocui o che si trasformano rapidamente nell'acqua in
sostanze innocue 
5: Composti inorganici del fosforo e fosforo elementare 
6: Oli minerali non persistenti ed idrocarburi di origine petrolifera
non persistenti 
7: Fluoruri 
8:   Sostanze   che   influiscono   sfavorevolmente   sull'equilibrio
dell'ossigeno, in particolare ammoniaca e nitriti. 
Tali sostanze, si intendono assenti quando sono in concentrazioni non
superiori ai limiti di rilevabilita' delle metodiche  di  rilevamento
in essere all'entrata in vigore del presente decreto o dei successivi
aggiornamenti. 
 
3 INDICAZIONI GENERALI 
I punti di scarico degli impianti i trattamento  delle  acque  reflue
urbane devono essere scelti, per quanto possibile, in modo da ridurre
al minimo gli effetti sulle acque recettrici. 
Tutti gli impianti di trattamento  delle  acque  reflue  urbane,  con
potenzialita' superiore a 2.000 abitanti equivalenti,  ad  esclusione
degli impianti di trattamento che applicano tecnologie depurative  di
tipo naturale quali la  fitodepurazione  e  il  lagunaggio,  dovranno
essere dotati di un trattamento di  disinfezione  da  utilizzarsi  in
caso  di  eventuali  emergenze  relative  a  situazioni  di   rischio
sanitario ovvero per garantire il raggiungimento degli  obiettivi  di
qualita' ambientali o gli usi in atto del corpo idrico recettore. 
In sede di approvazione del  progetto  dell'impianto  di  trattamento
delle acque reflue urbane l'autorita'  competente  dovra'  verificare
che  l'impianto  sia  in  grado  di  che  la   concentrazione   media
giornaliera dell'azoto  ammoniacale  (espresso  come  N),  in  uscita
dall'impianto di trattamento non  superi  il  30%  del  valore  della
concentrazione  dell'azoto  totale  (espresso  come  N)   in   uscita
dall'impianto di trattamento. Tale  prescrizione  non  vale  per  gli
scarichi in mare, 
In sede di autorizzazione allo scarico, l'autorita' competente: 
  a) fissera' il  sistema  di  riferimento  per  il  controllo  degli
scarichi di impianti  di  trattamento  rispettivamente  a:  l'opzione
riferita al rispetto della  concentrazione  o  della  percentuale  di
abbattimento il riferimento alla concentrazione media  annua  a  alla
concentrazione media giornaliera  per  il  parametro  "azoto  totale"
della tabella 2 
  b) fissera' il limite opportuno relativo al parametro  "Escherichia
coli" espresso come UFC/100 mL. Si consiglia un limite non  superiore
a 5000 UFC/100 mL. 
I trattamenti appropriati devono essere individuati  con  l'obiettivo
di: 
  a) rendere semplice la manutenzione e la gestione 
  b) essere in grado di  sopportare  adeguatamente  forti  variazioni
orarie del carico idraulico e organico 
  c) minimizzare i costi gestionali. 
Questa tipologia di trattamento puo'  equivalere  ad  un  trattamento
primario o ad un trattamento secondario  a  seconda  della  soluzione
tecnica adottata e dei risultati depurativi raggiunti. 
Per tutti gli agglomerati con popolazione equivalente compresa tra 50
e 2000 a.e,  si  ritiene  auspicabile  il  ricorso  a  tecnologie  di
depurazione naturale quali il  lagunaggio  o  la  fitodepurazione,  o
tecnologie come  i  filtri  percolatori  o  impianti  ad  ossidazione
totale. 
Peraltro  tali  trattamenti  possono  essere  considerati  adatti  se
opportunamente dimensionati, al fine del  raggiungimento  dei  limiti
della  tabella  1,  anche  per  tutti  gli  agglomerati  in  cui   la
popolazione  equivalente  fluttuante  sia  superiore  al  30%   della
popolazione residente e laddove  le  caratteristiche  territoriali  e
climatiche lo consentano. 
Tali  trattamenti  si  prestano,  per  gli  agglomerati  di  maggiori
dimensioni con popolazione equivalente compresa tra i 2000 e i  25000
a.e, anche a soluzioni integrate con impianti a  fanghi  attivi  o  a
biomassa adesa, a valle del trattamento, con funzione di affinamento. 
 
4 METODI DI CAMPIONAMENTO ED ANALISI 
Fatto salvo quanto diversamente specificato nelle tabelle 1, 2, 3,  4
circa  i  metodi  analitici  di  riferimento,  rimangono  valide   le
procedure  di  controllo,  campionamento  e  misura  definite   dalle
normative  in  essere  prima  dell'entrata  in  vigore  del  presente
decreto. Le metodiche di campionamento ed analisi saranno  aggiornate
con apposito decreto ministeriale su proposta dell'APAT. 
 
Tabella 3. Valori limiti di emissione  in  acque  superficiali  e  in
fognatura. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
(*) I limiti per lo scarico in  rete  fognaria  sono  obbligatori  in
assenza di limiti stabiliti dall'autorita' competente o  in  mancanza
di un impianto finale di trattamento in grado di rispettare i  limiti
di emissione dello scarico finale. Limiti diversi devono essere  resi
conformi a quanto indicato alla nota 2 della  tabella  5  relativa  a
sostanze pericolose. 
(1) Per i corsi d'acqua la variazione massima tra  temperature  medie
   di qualsiasi sezione del corso d'acqua a monte e a valle del punto
   di immissione non deve  superare  i  3  °C.  Su  almeno  meta'  di
   qualsiasi sezione a valle tale variazione non deve superare  1  °C
   Per i laghi la temperatura dello scarico non deve superare i 30 °C
   e l'incremento di temperatura del corpo  recipiente  non  deve  in
   nessun caso superare i 3 °C oltre 50 metri di distanza  dal  punto
   di immissione. Per i canali artificiali, il massimo  valore  medio
   della  temperatura  dell'acqua  di  qualsiasi  sezione  non   deve
   superare  i  35  °C,  la  condizione   suddetta   e'   subordinata
   all'assenso del soggetto che gestisce il canale. Per il mare e per
   le zone di foce di corsi d'acqua non significativi, la temperatura
   dello scarico  non  deve  superare  i  35  °C  e  l'incremento  di
   temperatura del corpo recipiente non deve in nessun caso  superare
   i 3 °C oltre i 1000 metri di distanza  dal  punto  di  immissione.
   Deve inoltre essere assicurata la compatibilita' ambientale  dello
   scarico con il  corpo  recipiente  ed  evitata  la  formazione  di
   barriere termiche alla foce dei fiumi. 
(2) Per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue urbane valgono i
   limiti indicati in tabella 1 e, per le zone sensibili anche quelli
   di tabella 2. Per quanto riguarda gli  scarichi  di  acque  reflue
   industriali recapitanti in zone  sensibili  la  concentrazione  di
   fosforo totale e di azoto totale deve essere rispettivamente di 1e
   10 mg/L. 
(3) Tali limiti non valgono per lo scarico in mare, in tal  senso  le
   zone di foce sono equiparate alle acque marine  costiere,  purche'
   almeno sulla meta' di una qualsiasi sezione a valle dello  scarico
   non vengono disturbate le naturali variazioni della concentrazione
   di solfati o di cloruri. 
(4) In sede di  autorizzazione  allo  scarico  dell'impianto  per  il
   trattamento  di  acque  reflue  urbane,  da  parte  dell'autorita'
   competente andra' fissato il limite piu'  opportuno  in  relazione
   alla situazione ambientale e igienico sanitaria del  corpo  idrico
   recettore e  agli  usi  esistenti.  Si  consiglia  un  limite  non
   superiore ai 5000 UFC/100 mL. 
(5) saggio di tossicita' e' obbligatorio. Oltre al saggio su  Daphnia
   magna, possono  essere  eseguiti  saggi  di  tossicita'  acuta  su
   Ceriodaphnia    dubia,    Selenastrum    capricornutum,    batteri
   bioluminescenti o organismi quali Artemia salina, per scarichi  di
   acqua salata o altri organismi tra quelli che saranno indicati  ai
   sensi del punto 4 del presente allegato. In caso di esecuzione  di
   piu' test di tossicita' si consideri  il  risultato  peggiore.  Il
   risultato  positivo  della  prova  di  tossicita'  non   determina
   l'applicazione  diretta  delle  sanzioni  di  cui  al  titolo   V,
   determina altresi' l'obbligo  di  approfondimento  delle  indagini
   analitiche, la  ricerca  delle  cause  di  tossicita'  e  la  loro
   rimozione. 
 
Tabella 3/A. Limiti di emissione per unita' di  prodotto  riferiti  a
specifici cicli produttivi (**) 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Note alla tabella 3/A 
(*)  Qualora  non  diversamente  indicato,  i  valori  indicati  sono
riferiti  a  medie  mensili.  Ove  non  indicato  esplicitamente   si
consideri come valore delle media giornaliera  il  doppio  di  quella
mensile. 
(**) Per i cieli produttivi che  hanno  uno  scarico  della  sostanza
pericolosa in questione, minore al quantitativo annuo indicato  nello
schema seguente, le autorita' competenti  all'autorizzazione  possono
evitare il procedimento autorizzativo. In tal  caso  valgono  solo  i
limiti di tabella 3. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
(1) Per questi cieli produttivi non  vi  sono  limiti  di  massa  per
   unita' di prodotto,devono essere  rispettati,  solo  i  limiti  di
   concentrazione indicati in tabella 3  in  relazione  alla  singola
   sostanza o alla famiglia di sostanze di appartenenza. 
(2) Per questi cicli produttivi non  vengono  indicati  i  limiti  di
   massa per unita' di prodotto, ma devono essere  rispettati,  oltre
   ai limiti di concentrazione indicati in tabella 3 per la  famiglia
   di sostanze di appartenenza, i seguenti limiti di concentrazione: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Per verificare che gli scarichi soddisfano i  limiti  indicati  nella
tabella 3/A deve essere  prevista  una  procedura  di  controllo  che
prevede: 
-  il  prelievo  quotidiano  di  un  campione  rappresentativo  degli
scarichi effettuati nel  giro  di  24  ore  e  la  misurazione  della
concentrazione della sostanza in esame; 
- la misurazione del flusso totale degli scarichi nello  stesso  arco
di tempo. 
La quantita' di sostanza scaricata nel corso di un  mese  si  calcola
sommando le quantita' scaricate ogni giorno nel corso del mese.  Tale
quantita' va divisa per la quantita' totale di prodotto o di  materia
prima. 
 
Tabella 4. Limiti di emissione per le acque reflue urbane ed 
industriali che recapitano sul suolo 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
(1) In sede di  autorizzazione  allo  scarico  dell'impianto  per  il
   trattamento  di  acque  reflue  urbane,  da  parte  dell'autorita'
   competente andra' fissato il limite piu'  opportuno  in  relazione
   alla situazione ambientale e igienico sanitaria del  corpo  idrico
   recettore e  agli  usi  esistenti.  Si  consiglia  un  limite  non
   superiore ai 5000 UFC/100 mL. 
 
Tabella 5. Sostanze per le quali non possono essere  adottati  limiti
meno restrittivi di quelli indicati in tabella 3, per lo  scarico  in
acque superficiali (1) e per lo scarico in rete fognaria  (2),  o  in
tabella 4 per lo scarico sul suolo 
    

---------------------------------------------------------------------
1  |Arsenico
---------------------------------------------------------------------
2  |Cadmio
---------------------------------------------------------------------
3  |Cromo totale
---------------------------------------------------------------------
4  |Cromo esavalente
---------------------------------------------------------------------
5  |Mercurio
---------------------------------------------------------------------
6  |Nichel
---------------------------------------------------------------------
7  |Piombo
---------------------------------------------------------------------
8  |Rame
---------------------------------------------------------------------
9  |Selenio
---------------------------------------------------------------------
10 |Zinco
---------------------------------------------------------------------
11 |Fenoli
---------------------------------------------------------------------
12 |Oli minerali persistenti e idrocarburi di origine petrolifera
   |persistenti
---------------------------------------------------------------------
13 |Solventi organici aromatici
---------------------------------------------------------------------
14 |Solventi organici azotati
---------------------------------------------------------------------
15 |Composti organici alogenati (compresi i pesticidi clorurati)
---------------------------------------------------------------------
16 |Pesticidi fosforiti
---------------------------------------------------------------------
17 |Composti organici dello stagno
---------------------------------------------------------------------
18 |Sostanze classificate contemporaneamente "cancerogene" (R45) e
   |"pericolose per l'ambiente acquatico" (R50 e 51/53) ai sensi del
   |decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive
   |modifiche
---------------------------------------------------------------------

(1) Per  quanto  riguarda  gli scarichi in corpo idrico superficiale,
   nel  caso  di  insediamenti  produttivi  aventi  scarichi  con una
   portata  complessiva media giornaliera inferiore a 50 m(elevato)3,
   per  i  parametri della tabella 5, ad eccezione di quelli indicati
   sotto  i  numeri  2,  4,  5,  7,  15,  16, 17 e 18 le regioni e le
   province   autonome  nell'ambito  dei  piani  di  tutela,  possono
   ammettere  valori  di  concentrazione che superano di non oltre il
   50%  i valori indicati nella tabella 3, purche' sia dimostrato che
   cio'  non  comporti un peggioramento della situazione ambientale e
   non pregiudica il raggiunti mento gli obiettivi ambientali.
(2) Per  quanto  riguarda  gli  scarichi  in  fognatura,  purche' sia
   garantito  che lo scarico finale della fognatura rispetti i limiti
   di  tabella  3,  o  quelli stabiliti dalle regioni, l'ente gestore
   puo'  stabilire  per  i parametri della tabella 5, ad eccezione di
   quelli indicati sotto i numeri 2, 4, 5, 7, 14, 15, 16 e 17, limiti
   di  accettabilita'  i cui valori di concentrazione superano quello
   indicato in tabella 3.

Tabella  6  - Peso vivo medio corrispondente ad una produzione di 340
Kg  di  azoto  per  anno,  al  netto  delle  perdite  di  rimozione e
stoccaggio,  da  considerare  ai  fini  dell'assimilazione alle acque
reflue domestiche (art. 101, co. 7, lett. b))

=====================================================================
Categoria animale allevata             |Peso vivo medio per anno
                                       |          (t)
=====================================================================
Scrofe con suinetti fino a 30 kg       |          3,4
---------------------------------------------------------------------
Suini in accrescimento/ingrasso        |          3,0
Vacche da latte in produzione          |          2,5
---------------------------------------------------------------------
Rimonta vacche da latte                |          2,8
---------------------------------------------------------------------
Bovini all'ingrasso                    |          4,0
---------------------------------------------------------------------
Galline ovaiole                        |          1,5
---------------------------------------------------------------------
Polli da carne                         |          1,4
---------------------------------------------------------------------
Tacchini                               |          2,0
---------------------------------------------------------------------
Cunicoli                               |          2,4
---------------------------------------------------------------------
Ovicaprini                             |          3,4
---------------------------------------------------------------------
Equini                                 |          4,9
=====================================================================

    
                             ALLEGATO 6 
 
CRITERI PER LA INDIVIDUAZIONE DELLE AREE SENSIBILI 
 
Si considera area sensibile un sistema idrico classificabile  in  uno
dei seguenti gruppi: 
  a) laghi naturali, altre acque dolci, estuari e acque del  litorale
gia'   eutrofizzati,   o    probabilmente    esposti    a    prossima
eutrofizzazione, in assenza di interventi protettivi specifici. 
  Per  individuare  il  nutriente  da  ridurre   mediante   ulteriore
trattamento, vanno tenuti in considerazione i seguenti elementi: 
    i)  nei  laghi  e  nei  corsi  d'acqua  che   si   immettono   in
laghi/bacini/baie chiuse con scarso ricambio  idrico  e  ove  possono
verificarsi fenomeni di accumulazione la sostanza da eliminare e'  il
fosforo, a meno che non si dimostri che tale intervento  non  avrebbe
alcuno effetto sul livello dell'eutrofizzazione. Nel caso di scarichi
provenienti da ampi agglomerati si puo' prevedere di eliminare  anche
l'azoto; 
    ii) negli estuari, nelle baie e nelle altre  acque  del  litorale
con scarso  ricambio  idrico,  ovvero  in  cui  si  immettono  grandi
quantita' di nutrienti, se, da un lato, gli scarichi  provenienti  da
piccoli  agglomerati   urbani   sono   generalmente   di   importanza
irrilevante,  dall'altro,  quelli  provenienti  da  agglomerati  piu'
estesi  rendono  invece  necessari  interventi  di  eliminazione  del
fosforo c/o dell'azoto, a meno che  non  si  dimostri  che  cio'  non
avrebbe comunque alcun effetto sul livello dell'eutrofizzazione; 
  b) acque dolci superficiali  destinate  alla  produzione  di  acqua
potabile che potrebbero contenere,  in  assenza  di  interventi,  una
concentrazione  di  nitrato   superiore   a   50   mg/T,   (stabilita
conformemente alle disposizioni  pertinenti  della  direttiva  75/440
concernente la  qualita'  delle  acque  superficiali  destinate  alla
produzione d'acqua potabile); 
  c)  aree  che  necessitano,  per  gli  scarichi  afferenti,  di  un
trattamento  supplementare  al  trattamento  secondario  al  fine  di
conformarsi alle prescrizioni previste dalla presente norma. 
Ai sensi del comma 1 lettera a) dell'articolo 91, sono da considerare
in prima istanza come sensibili i laghi posti ad un'altitudine  sotto
i 1.000 sul livello del mare e aventi una superficie  dello  specchio
liquido almeno di 0,3 km(elevato)2. 
Nell'identificazione di ulteriori aree sensibili, oltre ai criteri di
cui sopra, le Regioni  dovranno  prestare  attenzione  a  quei  corpi
idrici dove si svolgono attivita' tradizionali di produzione ittica. 
                             ALLEGATO 7 
 
PARTE A - ZONE VULNERABILI DA NITRATI DI ORIGINE AGRICOLA 
 
                              Parte AI 
         Criteri per l'individuazione delle zone vulnerabili 
 
Si considerano zone vulnerabili le zone di territorio  che  scaricano
direttamente  o  indirettamente  composti  azotati  in   acque   gia'
inquinate  o  che  potrebbero  esserlo  in  conseguenza  di  tali  di
scarichi. 
Tali acque  sono  individuate,  in  base  tra  l'altro  dei  seguenti
criteri: 
  1. la presenza di nitrati o  la  loro  possibile  presenza  ad  una
concentrazione superiore a 50 mg/L (espressi come NO(base)-3 )  nelle
acque  dolci  superficiali,  in  particolare  quelle  destinate  alla
produzione di acqua potabile, se non si interviene; 
  2. la presenza di nitrati o  la  loro  possibile  presenza  ad  una
concentrazione superiore a 50 mg/L (espressi come NO(base)-3 )  nelle
acque dolci sotterranee, se non si interviene; 
  3. la  presenza  di  eutrofizzazione  oppure  la  possibilita'  del
verificarsi di tale fenomeno nell'immediato futuro nei laghi naturali
di acque dolci o altre acque dolci, estuari, acque costiere e marine,
se non si interviene. 
Nell'individuazione delle zone vulnerabili, le regioni tengono  conto
pertanto: 
  1. delle caratteristiche fisiche e ambientali  delle  acque  e  dei
terreni che determinano il  comportamento  dei  nitrati  nel  sistema
acqua/terreno; 
  2. del  risultato  conseguibile  attraverso  i  programmi  d'azione
adottati; 
  3. delle eventuali ripercussioni  che  si  avrebbero  nel  caso  di
mancato intervento. 
 
Controlli da eseguire ai fini della revisione delle zone vulnerabili 
Ai  fini  di  quanto  disposto  dal  comma  4  dell'articolo  92,  la
concentrazione dei nitrati deve essere controllata per il periodo  di
durata pari almeno ad un anno: 
  - nelle stazioni di campionamento previste per  la  classificazione
dei corpi  idrici  sotterranei  e  superficiali  individuate  secondo
quanto previsto dall'allegato 1 al decreto; 
  - nelle altre stazioni di campionamento previste al Titolo II  Capo
II relativo al controllo delle acque  destinate  alla  produzione  di
acque potabili, almeno una volta al mese e  piu'  frequentemente  nei
periodi di piena; 
  - nei punti  di  prelievo,  controllati  ai  sensi  del  D.P.R.  n.
236/1988, delle acque destinate al consumo umano. 
Il controllo va ripetuto almeno ogni  quattro  anni.  Nelle  stazioni
dove si e' riscontrata una concentrazione di nitrati inferiore  a  25
mg/L (espressi come NO(base)-3  )  il  programma  di  controllo  puo'
essere ripetuto ogni otto anni, purche' non si sia manifestato  alcun
fattore nuovo che possa aver incrementato il tenore dei nitrati. 
Ogni quattro anni e' sottoposto a riesame lo  stato  eutrofico  delle
acque dolci superficiali, di transizione  e  costiere,  adottando  di
conseguenza i provvedimenti del caso. 
Nei programmi di controllo devono essere applicati i metodi di misura
di riferimento previsti al successivo punto. 
 
Metodi di riferimento 
Concimi chimici 
Il  metodo  di  analisi  dei  composti  dell'azoto  e'  stabilito  in
conformita'  al  D.M.  19  luglio  1989  -  Approvazione  dei  metodi
ufficiali di analisi per i fertilizzanti. 
Acque dolci, acque costiere e acque marine 
Il metodo di analisi  per  la  rilevazione  della  concentrazione  di
nitrati  e'  la  spettrofotometria  di  assorbimento  molecolare.   I
laboratori che utilizzano altri metodi di misura devono accertare  la
comparabilita' dei risultati ottenuti. 
 
                              Parte AII 
                        Aspetti metodologici 
 
  1. L'individuazione delle zone vulnerabili viene effettuata tenendo
conto  dei  carichi  (specie  animali  allevate,   intensita'   degli
allevamenti e loro tipologia, tipologia dei reflui che ne derivano  e
modalita' di applicazione al terreno, coltivazioni e  fertilizzazioni
in uso) nonche' dei  fattori  ambientali  che  possono  concorrere  a
determinare uno stato di contaminazione. 
  Tali fattori dipendono: 
  - dalla vulnerabilita' intrinseca  delle  formazioni  acquifere  ai
fluidi inquinanti (caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche  e
idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi); 
  -  dalla  capacita'  di  attenuazione  del  suolo   nei   confronti
dell'inquinante (caratteristiche di tessitura, contenuto di  sostanza
organica  ed  altri  fattori  relativi  alla   sua   composizione   e
reattivita' chimico-biologica); 
  - dalle condizioni climatiche e idrologiche; 
  - dal tipo di  ordinamento  colturale  e  dalle  relative  pratiche
agronomiche. 
Gli  approcci  metodologici  di  valutazione   della   vulnerabilita'
richiedono un'idonea ed omogenea base di dati e a  tal  proposito  si
osserva che sul territorio nazionale sono presenti: 
  - aree per cui sono disponibili notevoli conoscenze di base e  gia'
e' stata predisposta una mappatura della vulnerabilita'  a  scala  di
dettaglio sia con  le  metodologie  CNR-GNDCI  [2]  che  con  sistemi
parametrici; 
  -  aree  nelle  quali,  pur  mancando  studi   e   valutazioni   di
vulnerabilita', sono  disponibili  dati  sufficienti  per  effettuare
un'indagine  di  carattere  orientativo  e  produrre   un   elaborato
cartografico a scala di' riconoscimento; 
  - aree in cui le informazioni sono molto carenti o frammentarie  ed
e' necessario ricorrere ad una preventiva raccolta di dati al fine di
applicare le metodologie di base studiate in ambito CNR-GNDCI. 
Al fine di  individuare  sull'intero  territorio  nazionale  le  zone
vulnerabili ai nitrati si ritiene opportuno procedere ad  un'indagine
preliminare di riconoscimento, che deve essere in seguito revisionata
sulla base di aggiornamenti successivi conseguenti anche ad eventuali
ulteriori indagini di maggiore dettaglio. 
 
---------- 
[2] Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche. 
 
  2. Indagine preliminare di riconoscimento 
  La scala cartografica di rappresentazione prescelta e' 1:250.000 su
base topografica preferibilmente informatizzata. 
  Obiettivo dell'indagine di riconoscimento e' l'individuazione delle
porzioni di territorio dove le situazioni  pericolose  per  le  acque
sotterranee sono particolarmente evidenti. In tale fase dell'indagine
non e' necessario separare piu' classi di vulnerabilita'. 
  In  prima  approssimazione  i  fattori   critici   da   considerare
nell'individuazione delle zone vulnerabili sono: 
    a) presenza di un acquifero libero o parzialmente confinato  (ove
la connessione idraulica con la superficie e' possibile) e, nel  caso
di rocce litoidi fratturate, presenza di un acquifero  a  profondita'
inferiore a 50 m, da raddoppiarsi in zona a carsismo evoluto; 
    b) presenza  di  una  litologia  di  superficie  e  dell'insaturo
prevalentemente permeabile (sabbia, ghiaia o litotipi fratturati); 
    c) presenza di suoli a capacita' di attenuazione  tendenzialmente
bassa (ad es. suoli prevalentemente sabbiosi, o molto  ghiaiosi,  con
basso tenore di sostanza organica, poco profondi). 
  La  concomitanza  delle  condizioni  sopra  esposte  identifica  le
situazioni di maggiore vulnerabilita'. 
  Vengono escluse dalle zone vulnerabili  le  situazioni  in  cui  la
natura dei corpi rocciosi impedisce la formazione di un  acquifero  o
dove esiste una protezione determinata da  un  orizzonte  scarsamente
permeabile purche' continuo. 
  L'indagine preliminare di  riconoscimento  delle  zone  vulnerabili
viene effettuata: 
    a) per le zone ove e' gia' disponibile una mappatura a  scala  di
dettaglio o di sintesi, mediante accorpamento delle aree classificate
ad alta, elevata ed estremamente elevata vulnerabilita'; 
    b) per le zone dove non e' disponibile una mappatura ma  esistono
sufficienti  informazioni  geo-pedologico-ambientali,   mediante   il
metodo  di  valutazione  di  zonazione  per  aree  omogenee   (metodo
CNR-GNDCI) o il metodo parametrico; 
    c) per  le  zone  dove  non  esistono  sufficienti  informazioni,
mediante dati esistenti e/o rapidamente  acquisibili  e  applicazione
del metodo CNR-GNDCI, anche ricorrendo a criteri di similitudine. 
  3. Aggiornamenti successivi. 
  L'indagine preliminare di riconoscimento puo'  essere  suscettibile
di sostanziali approfondimenti e aggiornamenti sulla  base  di  nuove
indicazioni, tra cui, in primo luogo, i dati provenienti da attivita'
di  monitoraggio  che  consentono   una   caratterizzazione   e   una
delimitazione piu' precisa delle aree vulnerabili. 
  Con il supporto delle ARPA, ove costituite, deve essere avviata una
indagine finalizzata alla stesura  di  una  cartografia  di  maggiore
dettaglio (1:50.000-100.000) per convogliare la maggior  parte  delle
risorse   tecnico-scientifiche   sullo   studio   delle   zone   piu'
problematiche. 
  Obiettivo di questa indagine e' l'individuazione dettagliata  della
"vulnerabilita' specifica", degli acquiferi e  in  particolare  delle
classi di grado piu' elevato. Si  considerano,  pertanto,  i  fattori
inerenti  la  "vulnerabilita'  intrinseca"  degli  acquiferi   e   la
capacita' di attenuazione del suolo, dell'insaturo e dell'acquifero. 
  Il prodotto di tale indagine puo' essere soggetto ad  aggiornamenti
sulla base di nuove conoscenze e dei risultati della sperimentazione. 
E' opportuno gestire i dati raccolti mediante un sistema GIS. 
  4. Le  amministrazioni  possono  comunque  intraprendere  studi  di
maggior dettaglio quali strumenti di previsione e di' prevenzione dei
fenomeni  di  inquinamento.  Questi  studi  sono   finalizzati   alla
valutazione della  vulnerabilita'  e  dei  rischi  presenti  in  siti
specifici  (campi,  pozzi,  singole  aziende,   comprensori,   ecc.),
all'interno delle  piu'  vaste  aree  definite  come  vulnerabili,  e
possono permettere di indicare con maggiore definizione le  eventuali
misure da adottare nel tempo e nello spazio. 
 
                             Parte AIII 
                     Zone vulnerabili designate 
 
In   fase   di   prima   attuazione   sono   designate    vulnerabili
all'inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole le seguenti
zone: 
  -  quelle  gia'  individuate  dalla  Regione   Lombardia   con   il
regolamento attuativo della legge regionale 15 dicembre 1993, n. 37; 
  - quelle gia'  individuate  dalla  Regione  Emilia-Romagna  con  la
deliberazione del Consiglio regionale 11 febbraio 1997, n. 570; 
  - la zona delle conoidi delle province di Modena, Reggio  Emilia  e
Parma; 
  -  l'area  dichiarata  a  rischio  di  crisi  ambientale   di   cui
all'articolo 6 della legge 28 agosto 1989, n. 305 del  bacino  Burana
Po di Volano della provincia di Ferrara; 
  -  l'area  dichiarata  a  rischio  di  crisi  ambientale   di   cui
all'articolo 6 della legge 28 agosto 1989,  n.  305  dei  bacini  dei
fiumi Fissero, Canal Bianco e Po di Levante (della regione Veneto). 
Tale elenco viene aggiornato, su proposta delle Regioni  interessate,
sulla base dei rilevamenti e delle indagini svolte. 
 
                              Parte AIV 
           Indicazioni e misure per i programmi d'azione. 
 
I programmi d'azione sono  obbligatori  per  le  zone  vulnerabili  e
tengono  conto  dei  dati  scientifici  e  tecnici  disponibili,  con
riferimento principalmente agli apporti  azotati  rispettivamente  di
origine  agricola  o  di  altra  origine,  nonche'  delle  condizioni
ambientale locali. 
  1. I programmi d'azione includono misure relative a: 
  1.1) i periodi in cui e'  proibita  l'applicazione  al  terreno  di
determinati tipi di fertilizzanti; 
  1.2) la capacita' dei depositi per effluenti di  allevamento;  tale
capacita' deve superare quella necessaria per l'immagazzinamento  nel
periodo piu' lungo, durante il quale e'  proibita  l'applicazione  al
terreno di effluenti nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui  sia
dimostrato all'autorita' competente  che  qualsiasi  quantitativo  di
effluente superiore all'effettiva capacita' d'immagazzinamento verra'
gestito senza causare danno all'ambiente; 
  1.3) la limitazione dell'applicazione al terreno  di  fertilizzanti
conformemente  alla  buona  pratica  agricola  e  in  funzione  delle
caratteristiche della zona vulnerabile interessata; in particolare si
deve tener conto: 
    a) delle condizioni, del tipo e della pendenza del suolo; 
    b)  delle   condizioni   climatiche,   delle   precipitazioni   e
dell'irrigazione; 
    c) dell'uso del terreno e  delle  pratiche  agricole,  inclusi  i
sistemi di rotazione e di avvicendamento colturale. 
  Le misure si basano sull'equilibrio tra il  prevedibile  fabbisogno
di azoto delle colture, e l'apporto di azoto proveniente dal  terreno
e dalla fertilizzazione, corrispondente: 
    - alla quantita' di azoto presente nel terreno nel momento in cui
la coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa  (quantita'
rimanente alla fine dell'inverno); 
    -  all'apporto   di   composti   di   azoto   provenienti   dalla
mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico  presenti  nel
terreno; 
    - all'aggiunta di composti di azoto provenienti da  effluenti  di
allevamento; 
    - all'aggiunta di composti di azoto provenienti da  fertilizzanti
chimici e da altri fertilizzanti. 
  I programmi  di  azione  devono  contenere  almeno  le  indicazioni
riportate nel Codice di Buona Pratica Agricola, ove applicabili. 
  2.  Le  misure  devono  garantire  che,  per  ciascuna  azienda   o
allevamento, il  quantitativo  di  effluente  zootecnico  sparso  sul
terreno ogni anno, compreso quello depositato dagli  animali  stessi,
non superi un apporto pari a 170 kg di azoto per ettaro. 
  Tuttavia  per  i  primi  due  anni  del  programma  di  azione   il
quantitativo di affluente utilizzabile puo' essere elevato fino ad un
apporto corrispondente a 210 kg  di  azoto  per  ettaro.  I  predetti
quantitativi sono calcolati sulla base del numero e  delle  categorie
degli animali. 
  Ai fini del  calcolo  degli  apporti  di  azoto  provenienti  dalle
diverse tipologie di allevamento si terra'  conto  delle  indicazioni
contenute nel  decreto  del  Ministero  delle  politiche  agricole  e
forestali. 
  3. Durante  e  dopo  i  primi  quattro  anni  di  applicazione  del
programma d'azione le regioni in casi specifici possono fare  istanza
al Ministero dell'ambiente per  lo  spargimento  di  quantitativi  di
effluenti di allevamento diversi da quelli sopra indicati, ma tali da
non compromettere le finalita', da motivare e giustificare in base  a
criteri obiettivi relativi alla gestione del suolo e  delle  colture,
quali: 
    - stagioni di crescita prolungate; 
    - colture con grado elevato di assorbimento di azoto; 
    - terreni con capacita' eccezionalmente alta di denitrificazione. 
  Il Ministero dell'ambiente, acquisito il  parere  favorevole  della
Commissione europea, che lo rende sulla base delle procedure previste
all'articolo  9  della  direttiva  91/676/CEE,  puo'   concedere   lo
spargimento di tali quantitativi. 
 
PARTE B - ZONE VULNERABILI DA PRODOTTI FITOSANITARI 
                              Parte BI 
                    Criteri per l'individuazione 
 
  1. Le Regioni e le Province autonome individuano  le  aree  in  cui
richiedere limitazioni o esclusioni d'impiego, anche  temporanee,  di
prodotti  fitosanitari  autorizzati,  allo  scopo  di  proteggere  le
risorse idriche e altri comparti rilevanti per la tutela sanitaria  o
ambientale, ivi inclusi l'entomofauna utile e altri organismi  utili,
da possibili fenomeni di contaminazione. Un'area e' considerata  area
vulnerabile  quando  l'utilizzo   al   suo   interno   dei   prodotti
fitosanitari autorizzati pone in condizioni  di  rischio  le  risorse
idriche e gli altri comparti ambientali rilevanti. 
  2. Il Ministero della Sanita' ai sensi dell'art. 5,  comma  20  del
decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, su  documentata  richiesta
delle Regioni e  delle  Province  autonome,  sentita  la  Commissione
consultiva di cui all'articolo 20 dello stesso  decreto  legislativo,
dispone limitazioni o esclusioni  d'impiego,  anche  temporanee,  dei
prodotti fitosanitari autorizzati nelle aree  individuate  come  zone
vulnerabili da prodotti fitosanitari. 
  3. Le Regioni e le Province  autonome  provvedono  entro  un  anno,
sulla base dei criteri indicati nella parte BIII di questo  allegato,
alla prima individuazione e cartografia  delle  aree  vulnerabili  ai
prodotti fitosanitari ai fini  della  tutela  delle  risorse  idriche
sotterranee. 
  Successivamente alla  prima  individuazione,  tenendo  conto  degli
aspetti metodologici indicati nella parte BIII, punto 3, le Regioni e
le  Province   autonome   provvedono   ad   effettuare   la   seconda
individuazione e la stesura di una cartografia di maggiore  dettaglio
delle zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari. 
  4.  Possono  essere  considerate  zone  vulnerabili  dai   prodotti
fitosanitari ai fini della tutela  di  zone  di  rilevante  interesse
naturalistico e della protezione  di  organismi  utili,  ivi  inclusi
insetti e acari utili, uccelli insettivori, mammiferi  e  anfibi,  le
aree naturali protette, o  porzioni  di  esse,  indicate  nell'Elenco
Ufficiale di cui all'art. 5 della legge 6 dicembre 1991, n. 394. 
  5. Le Regioni e le Province  autonome  predispongono  programmi  di
controllo per garantire il rispetto delle  limitazioni  o  esclusioni
d'impiego dei prodotti fitosanitari disposte, su loro richiesta,  dal
Ministero della Sanita'. Esse forniscono al Ministero dell'Ambiente e
all'Agenzia Nazionale per la protezione dell'ambiente e per i servizi
tecnici (APAT) i dati relativi all'individuazione e alla  cartografia
delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari. 
  6. L'APAT e le Agenzie Regionali per  la  Protezione  dell'Ambiente
forniscono supporto tecnico-scientifico alle Regioni e alle  Province
autonome al fine di: 
    a) promuovere uniformita' d'intervento nelle fasi di  valutazione
e cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari; 
    b) garantire la congruita'  delle  elaborazioni  cartografiche  e
verificare  la  qualita'  delle  informazioni  ambientali   di   base
(idrogeologiche, pedologiche, ecc.). 
  7.  L'APAT  promuove  attivita'  di   ricerca   nell'ambito   delle
problematiche   relative   al   destino   ambientale   dei   prodotti
fitosanitari autorizzati. Tali attivita' hanno il fine  di  acquisire
informazioni  intese  a  migliorare  e  aggiornare   i   criteri   di
individuazione delle aree vulnerabili per i comparti del suolo, delle
acque  superficiali  e  sotterranee,  nonche'  degli  organismi   non
bersaglio. 
  Il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio  provvede,
tenuto conto delle informazioni acquisite  e  sentita  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome  di  Trento  e  Bolzano,  ad  aggiornare   i   criteri   per
l'individuazione delle aree vulnerabili. 
 
                              Parte BII 
                        Aspetti metodologici 
 
  1. Come per le zone vulnerabili da  nitrati,  anche  nel  caso  dei
fitofarmaci si  prevedono  due  fasi  di  individuazione  delle  aree
interessate dal  fenomeno:  una  indagine  di  riconoscimento  (prima
individuazione)  e  un'indagine  di   maggiore   dettaglio   (seconda
individuazione). 
  2. Indagine preliminare di riconoscimento. 
  Per la prima individuazione  delle  aree  vulnerabili  da  prodotti
fitosanitari si adotta un tipo di indagine, alla scala di  1:250.000,
simile a quella indicata in precedenza  nella  Parte  ATI  di  questo
allegato. 
  2.1 La  prima  individuazione  delle  aree  vulnerabili  comprende,
comunque, le aree per le quali le  attivita'  di  monitoraggio  hanno
gia'  evidenziato  situazioni  di  compromissione  dei  corpi  idrici
sotterranei sulla  base  degli  standard  delle  acque  destinate  al
consumo umano indicati dal D.P.R. n. 236 del 1988 per il parametro 55
(antiparassitari e prodotti assimilabili). 
  Sono  escluse,  invece,  le  situazioni  in  cui  la  natura  delle
formazioni rocciose impedisce la presenza di una falda, o dove esiste
la protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile o da
un suolo molto reattivo. 
  Vengono escluse dalle aree vulnerabili  le  situazioni  in  cui  la
natura dei corpi rocciosi impedisce la formazione di un  acquifero  o
dove esiste una protezione determinata da  un  orizzonte  scarsamente
permeabile, purche' continuo, o da un suolo molto reattivo. 
  2.2 Obiettivo dell'indagine preliminare di riconoscimento non e' la
rappresentazione sistematica delle caratteristiche di  vulnerabilita'
degli acquiferi, quanto piuttosto la individuazione delle porzioni di
territorio dove le situazioni pericolose  per  le  acque  sotterranee
sono particolarmente evidenti. 
  Per queste attivita'  si  rinvia  agli  aspetti  metodologici  gia'
indicati nella. Parte ATI di questo allegato. 
  2.3 Ai fini della  individuazione  dei  prodotti  per  i  quali  le
amministrazioni  potranno  chiedere   l'applicazione   di   eventuali
limitazioni  o  esclusioni  d'impiego  ci  si  potra'   avvalere   di
parametri,  indici,  modelli  e  sistemi   di   classificazione   che
consentano di raggruppare i prodotti fitosanitari  in  base  al  loro
potenziale di percolazione. 
  3. Aggiornamenti successivi 
  L'indagine preliminare di riconoscimento puo'  essere  suscettibile
di sostanziali approfondimenti e aggiornamenti sulla  base  di  nuove
indicazioni, tra cui, in primo luogo, i dati provenienti da attivita'
di  monitoraggio  che  consentono   una   caratterizzazione   e   una
delimitazione piu' precisa delle aree vulnerabili. 
  Questa successiva fase di lavoro, che puo' procedere parallelamente
alle  indagini  e  cartografie  maggiore  dettaglio,  puo'  prevedere
inoltre la designazione di piu' di una classe di  vulnerabilita'  (al
massimo 3) riferita ai gradi piu'  elevati  e  la  valutazione  della
vulnerabilita' in relazione alla capacita' di attenuazione del suolo,
in  modo  tale  che  si  possa  tenere  conto  delle  caratteristiche
intrinseche  dei  prodotti   fitosanitari   per   poterne   stabilire
limitazioni o esclusioni di impiego sulla base di criteri quanto piu'
possibile obiettivi. 
  3.1 La seconda individuazione e cartografia e'  restituita  ad  una
scala maggiormente dettagliata (1:50.000-1:100.000):  successivamente
o contestualmente alle fasi descritte in precedenza,  compatibilmente
con la situazione conoscitiva  di  partenza  e  con  le  possibilita'
operative delle singole  amministrazioni,  deve  essere  avviata  una
indagine con  scadenze  a  medio/lungo  termine.  Essa  convoglia  la
maggior parte delle risorse tecnico-scientifiche sullo  studio  delle
aree piu'  problematiche,  gia'  individuate  nel  corso  delle  fasi
precedenti. 
  Obiettivo   di   questa   indagine   e'   l'individuazione    della
vulnerabilita' specifica  degli  acquiferi  e  in  particolare  delle
classi di grado piu' elevato. Si  considerano,  pertanto,  i  fattori
inerenti la vulnerabilita' intrinseca degli acquiferi,  la  capacita'
di attenuazione del suolo e le  caratteristiche  chemiodinamiche  dei
prodotti fitosanitari. 
  Ai  fini  della  individuazione  dei  prodotti  per  i   quali   le
amministrazioni  potranno  chiedere   l'applicazione   di   eventuali
limitazioni o esclusioni d'impiego ci si potra' avvalere di parametri
o indici che consentano di raggruppare  i  prodotti  fitosanitari  in
base al  loro  potenziale  di  percolazione.  Si  cita,  ad  esempio,
l'indice di Gustafson. 
  3.2 Le Regioni e le Province  Autonome  redigono  un  programma  di
massima con l'articolazione  delle  fasi  di  lavoro  e  i  tempi  di
attuazione. Tale programma e' inviato al  Ministero  dell'Ambiente  e
all'APAT, i quali forniscono  supporto  tecnico  e  scientifico  alle
Regioni e alle Province Autonome. 
  Le maggiori informazioni derivanti dall'indagine di medio-dettaglio
consentiranno di disporre di uno strumento di  lavoro  utile  per  la
pianificazione  dell'impiego  dei  prodotti  fitosanitari  a  livello
locale  e   permetteranno   di   precisare,   rispetto   all'indagine
preliminare di riconoscimento, le aree suscettibili di restrizioni  o
esclusioni d'impiego. 
  Non si esclude, ovviamente, la possibilita' di intraprendere  studi
di  maggior  dettaglio  a  carattere   operativo-progettuale,   quali
strumenti di  previsione  e,  nell'ambito  della  pianificazione,  di
prevenzione  dei  fenomeni  di  inquinamento.   Questi   studi   sono
finalizzati al rilevamento della vulnerabilita' e dei rischi presenti
in siti specifici (campi pozzi, singole aziende, comprensori,  ecc.),
all'interno delle  piu'  vaste  aree  definite  come  vulnerabili,  e
possono permettere  di  indicare  piu'  nel  dettaglio  le  eventuali
restrizioni nel tempo e nello spazio nonche'  gli  indirizzi  tecnici
cui attenersi nella scelta dei prodotti  fitosanitari,  dei  tempi  e
delle modalita' di esecuzione dei trattamenti. 
 
                             Parte BIII 
Aspetti  generali  per  la  cartografia  delle  aree  ove  le   acque
             sotterranee sono potenzialmente vulnerabili 
 
  1.   Le   valutazioni   sulla   vulnerabilita'   degli    acquiferi
all'inquinamento si puo' avvalere dei Sistemi Informativi  Geografici
(GIS)   quali   strumenti   per   l'archiviazione,    l'integrazione,
l'elaborazione  e   la   presentazione   dei   dati   geograficamente
identificati (georeferenziati). Tali sistemi permettono di integrare,
sulla base della loro comune distribuzione nello spazio, grandi masse
di informazioni anche di origine e natura diverse. 
  Le valutazioni possono essere verificate ed eventualmente integrate
alla luce di dati diretti sulla qualita' delle  acque  che  dovessero
rendersi disponibili. 
  Nel caso in  cui  si  verifichino  discordanze  con  le  previsioni
effettuate sulla base di valutazioni si  procede  ad  un  riesame  di
queste ultime ed alla ricerca  delle  motivazioni  tecniche  di  tali
divergenze. 
  Il quadro di riferimento tecnico-scientifico e procedurale  prevede
di considerare  la  vulnerabilita'  su  due  livelli:  vulnerabilita'
intrinseca degli acquiferi e vulnerabilita' specifica. 
  2.  I  Livello:  Vulnerabilita'  intrinseca  degli  acquiferi.   La
valutazione della vulnerabilita' intrinseca degli acquiferi considera
essenzialmente le caratteristiche litostrutturali,  idrogeologiche  e
idrodinamiche del sottosuolo e  degli  acquiferi  presenti.  Essa  e'
riferita a inquinanti generici e  non  considera  le  caratteristiche
chemiodinamiche delle sostanze. 
  2.1 Sono disponibili tre approcci alla  valutazione  e  cartografia
della vulnerabilita' intrinseca degli acquiferi: metodi  qualitativi,
metodi parametrici e numerici. 
  La selezione di uno dei tre metodi dipende dalla disponibilita'  di
dati, dalla scala di riferimento e dalla finalita' dell'indagine. 
  2.2  I  metodi  qualitativi  prevedono  la  zonizzazione  per  aree
omogenee, valutando la  vulnerabilita'  per  complessi  e  situazioni
idrogeologiche   generalmente    attraverso    la    tecnica    della
sovrapposizione  cartografica.  La  valutazione  viene  fornita   per
intervalli preordinati e situazioni tipo.  Il  metodo  elaborato  dal
GNDCI-CNR   valuta   la   vulnerabilita'   intrinseca   mediante   la
classificazione  di  alcune  caratteristiche  litostrutturali   delle
formazioni  acquifere  e  delle  condizioni  di  circolazione  idrica
sotterranea. 
  2.3 I metodi parametrici sono basati sulla valutazione di parametri
fondamentali  dell'assetto  del  sottosuolo  e  delle  relazioni  col
sistema idrologico superficiale,  ricondotto  a  scale  di  gradi  di
vulnerabilita'. Essi prevedono l'attribuzione  a  ciascun  parametro,
suddiviso in  intervalli  di  valori,  di  un  punteggio  prefigurato
crescente  in  funzione  dell'importanza  da   esso   assunta   nella
valutazione complessiva. I metodi parametrici  sono  in  genere  piu'
complessi poiche' richiedono la conoscenza approfondita di un elevato
numero di parametri idrogeologici e idrodinamici. 
  2.4 I metodi numerici sono basati  sulla  stima  di  un  indice  di
vulnerabilita'. (come ad esempio il tempo di  permanenza)  basato  su
relazioni matematiche di diversa complessita'. 
  2.5 In relazione  allo  stato  e  all'evoluzione  delle  conoscenze
potra' essere approfondito ed  opportunamente  considerato  anche  il
diverso peso che assume il suolo superficiale nella valutazione della
vulnerabilita' intrinseca; tale caratteristica  viene  definita  come
"capacita' di attenuazione del suolo" e presuppone la  disponibilita'
di idonee cartografie geo-pedologiche. 
  3. II Livello: Vulnerabilita' specifica 
  Con  vulnerabilita'  specifica  s'intende  la  combinazione   della
valutazione  e  cartografia  della  vulnerabilita'  intrinseca  degli
acquiferi con quella della capacita' di attenuazione  del  suolo  per
una determinata sostanza o gruppo di sostanze. Questa si ottiene  dal
confronto di alcune caratteristiche chemio-dinamiche  della  sostanza
(capacita' di  assorbimento  ai  colloidi  del  suolo  resistenza  ai
processi di degradazione, solubilita' in acqua, polarita', etc.)  con
le caratteristiche fisiche, chimiche ed idrauliche del suolo. 
  La compilazione di cartografie di vulnerabilita'  specifica  deriva
da studi  approfonditi  ed  interdisciplinari  e  richiede  l'uso  di
opportuni modelli di simulazione. 
                             ALLEGATO 8 
 
ELENCO INDICATIVO DEI PRINCIPALI INQUINANTI 
 
  1. Composti organoalogenati e sostanze che possano dare  origine  a
tali composti nell'ambiente acquatico 
  2. Composti organofosforici 
  3. Composti organostannici 
  4. Sostanze e preparati, o i relativi prodotti  di  decomposizione,
di cui e'  dimostrata  la  cancerogenicita'  o  mutagenicita'  e  che
possono  avere  ripercussioni  sulle  funzioni  steroidea,  tiroidea,
riproduttiva o su altre  funzioni  endocrine  connesse  nell'ambiente
acquatico o attraverso di esso 
  5.  Idrocarburi   persistenti   e   sostanze   organiche   tossiche
persistenti e bioaccumulabili 
  6. Cianuri 
  7. Metalli e relativi composti 
  8. Arsenico e relativi composti 
  9. Biocicli e prodotti fitosanitari 
  10. Materia in sospensione 
  11. Sostanze che contribuiscono all'eutrofizzazione (in particolare
nitrati e fosfati) 
  12. Sostanze che hanno effetti negativi sul bilancio  dell'ossigeno
(e che possono essere misurate con parametri come la BOD, COD, ecc.) 
                             ALLEGATO 9 
 
AREE PROTETTE 
 
  1. Il registro delle aree protette comprende  i  seguenti  tipi  di
aree protette: 
    i) aree designate per l'estrazione di acque destinate al  consumo
umano 
    ii)  aree  designate  per  la  protezione  di  specie  acquatiche
significative dal punto di vista economico; 
    iii) corpi idrici intesi a scopo  ricreativo,  comprese  le  aree
designate  come  acque  di  balneazione  a  norma   della   direttiva
76/160/CEE; 
    iv)  aree  sensibili  rispetto  ai  nutrienti,  comprese   quelle
designate come zone vulnerabili a norma della direttiva 91/676/CEE  e
le zone  designate  come  aree  sensibili  a  norma  della  direttiva
91/271/CEE; 
    v) aree designate per la protezione degli habitat e delle specie,
nelle quali mantenere o migliorare lo stato delle acque e' importante
per la loro protezione, compresi i siti pertinenti della rete  Natura
2000 istituiti  a  norma  della  direttiva  79/409/CEE  e  92/43/CEE,
recepite rispettivamente con la Legge dell'11 febbraio 1992, n. 157 e
con D.P.R. dell'8 settembre 1997, n. 357 come modificato  dal  D.P.R.
12 marzo 2003, n. 120. 
  2. Le regioni inseriscono nel  Piano  di  Tutela  una  sintesi  del
registro  delle  aree  protette  ricadenti  nel  loro  territorio  di
competenza. Tale sintesi contiene mappe che indicano l'ubicazione  di
ciascuna arca protetta, oltre  che  la  descrizione  della  normativa
comunitaria, nazionale o locale che le ha istituite. 
                             ALLEGATO 10 
 
ANALISI ECONOMICA 
 
L'analisi economica riporta informazioni sufficienti e  adeguatamente
dettagliate (tenuto conto dei costi connessi alla raccolta  dei  dati
pertinenti) al fine di: 
    a) effettuare i pertinenti  calcoli  necessari  per  prendere  in
considerazione il  principio  del  recupero  dei  costi  dei  servizi
idrici, tenuto  conto  delle  previsioni  a  lungo  termine  riguardo
all'offerta e alla domanda di  acqua  nel  distretto  idrografico  in
questione e, se necessario: 
     - stime del volume, dei prezzi e dei costi connessi  ai  servizi
idrici, 
     -  stime  dell'investimento  corrispondente,  con  le   relative
previsioni; 
    b) formarsi un'opinione circa la combinazione delle  misure  piu'
redditizie, relativamente agli  utilizzi  idrici,  da  includere  nel
programma di misure in base ad una  stima  dei  potenziali  costi  di
dette misure. 
                             ALLEGATO 11 
 
ELENCHI DEGLI ELEMENTI DA INSERIRE NEI PROGRAMMI DI MISURE 
 
Misure di base richieste ai sensi delle seguenti direttive: 
  i) direttiva 76/160/CEE sulle acque di balneazione 
  ii) direttiva 79/409/CEE sugli uccelli selvatici 
  iii) direttiva 80/778/CEE sulle acque destinate al  consumo  umano,
modificata dalla direttiva 98/83/CE 
  iv)  direttiva  96/82/CE  sugli  incidenti  rilevanti  (Seveso)  v)
direttiva 85/337/CEE sulla valutazione dell'impatto ambientale 
  vi)   direttiva   86/278/CEE   sulla    protezione    dell'ambiente
nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione 
  vii) direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane
  viii) direttiva 91/414/CEE sui prodotti fitosanitari 
  ix) direttiva 91/676/CEE sui nitrati 
  x) direttiva 92/43/CEE sugli habitat 
  xi) direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la  riduzione  integrate
dell'inquinamento 
 
ELENCO INDICATIVO DELLE MISURE SUPPLEMENTARI DA INSERIRE NEI 
PROGRAMMI DI MISURE 
Elenco delle eventuali misure supplementari che  le  regioni  possono
decidere di adottare all'interno  di  ciascun  distretto  idrografico
ricadente nel territorio di competenza nell'ambito del  programma  di
misure. 
  i) provvedimenti legislativi 
  ii) provvedimenti amministrativi 
  iii) strumenti economici o fiscali. 
  iv) accordi negoziati in materia ambientale 
  v) riduzione delle emissioni 
  vi) codici di buona prassi 
  vii) ricostituzione e ripristino delle zone umide 
  viii) riduzione delle estrazioni 
  ix) misure di gestione della domanda, tra le quali la promozione di
una produzione agricola adeguata alla situazione, ad esempio raccolti
a basso fabbisogno idrico nelle zone colpite da siccita' 
  x) misure tese a favorire l'efficienza  e  il  riutilizzo,  tra  le
quali l'incentivazione delle tecnologie efficienti dal punto di vista
idrico nell'industria e  tecniche  di  irrigazione  a  basso  consumo
idrico 
  xi) progetti di costruzione 
  xii) impianti di desalinizzazione 
  xiii) progetti di ripristino 
  xiv) ravvenamento artificiale delle falde acquifere 
  xv) progetti educativi 
  xvi) progetti di ricerca, sviluppo e dimostrazione 
  xvii) altre misure opportune 
                     ALLEGATI ALLA PARTE QUARTA 
 
ALLEGATO A 
ALLEGATO B 
ALLEGATO C 
ALLEGATO D 
ALLEGATO E 
ALLEGATO F 
ALLEGATO G 
ALLEGATO H 
ALLEGATO I 
 
 
                             ALLEGATO A 
 
      ((ALLEGATO ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)) 
    

                             ALLEGATO B
                    ((Operazioni di smaltimento

D1 Deposito sul o nel suolo (ad esempio discarica).
D2 Trattamento in ambiente terrestre (ad esempio  biodegradazione  di
rifiuti liquidi o fanghi nei suoli).
D3  Iniezioni  in  profondita'  (ad  esempio  iniezioni  dei  rifiuti
pompabili in pozzi, in cupole saline o faglie geologiche naturali).
D4 Lagunaggio (ad esempio scarico di rifiuti liquidi o di  fanghi  in
pozzi, stagni o lagune, ecc.).
D5  Messa   in   discarica   specialmente   allestita   (ad   esempio
sistematizzazione in alveoli stagni, separati,  ricoperti  o  isolati
gli uni dagli altri e dall'ambiente).
D6  Scarico  dei  rifiuti   solidi   nell'ambiente   idrico   eccetto
l'immersione.
D7 Immersione, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino.
D8  Trattamento  biologico  non  specificato  altrove  nel   presente
allegato, che dia  origine  a  composti  o  a  miscugli  che  vengono
eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei  punti  da  D1  a
D12.
D9 Trattamento fisico-chimico non specificato  altrove  nel  presente
allegato, che dia origine a composti o a miscugli  eliminati  secondo
uno dei procedimenti elencati nei punti  da  D1  a  D12  (ad  esempio
evaporazione, essiccazione, calcinazione, ecc.)
D10 Incenerimento a terra.
D11 Incenerimento in mare.
D12 Deposito permanente (ad esempio sistemazione  di  contenitori  in
una miniera).
D13 Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni  di  cui
ai punti da D1 a D12.
D14 Ricondizionamento preliminare prima di una  delle  operazioni  di
cui ai punti da D1 a D13.
D15 Deposito preliminare prima di uno  delle  operazioni  di  cui  ai
punti da D1 a  D14  (escluso  il  deposito  temporaneo,  prima  della
raccolta, nel luogo in cui sono prodotti).

------
Questa operazione e' vietata dalla normativa UE e  dalle  convenzioni
internazionali.
In mancanza di un altro codice D  appropriato,  puo'  comprendere  le
operazioni  preliminari  precedenti  allo  smaltimento,  incluso   il
pretrattamento come, tra l'altro, la cernita, la  frammentazione,  la
compattazione, la pellettizzazione, l'essiccazione, la  triturazione,
il condizionamento o la separazione prima  di  una  delle  operazioni
indicate da D1 a D12.))

    
    

                              ALLEGATO C
                      ((Operazioni di recupero

R1 Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo
per produrre energia
R2 Rigenerazione/recupero di solventi
R3 Riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate  come
solventi  (comprese   le   operazioni   di   compostaggio   e   altre
trasformazioni biologiche)
R4 Riciclaggio /recupero dei metalli e dei composti metallici
R5 Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche
R6 Rigenerazione degli acidi o delle basi
R7 Recupero dei prodotti che servono a ridurre l'inquinamento
R8 Recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori
R9 Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli
R10 Trattamento in ambiente terrestre a beneficio dell'agricoltura o
dell'ecologia
R11 Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni
indicate da R1 a R10
R12 Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate
da R1 a R11
R13 Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni
indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima
della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)

-----
Gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani sono compresi
solo se la loro efficienza energetica e' uguale o superiore a:
- 0,60 per gli impianti  funzionanti  e  autorizzati  in  conformita'
della normativa comunitaria applicabile anteriormente al  1°  gennaio
2009,
- 0,65 per  gli  impianti  autorizzati  dopo  il  31  dicembre  2008,
calcolata con la seguente formula:
Efficienza energetica = [Ep - (Ef + Ei)]/[0,97 × (Ew + Ef)] dove:
Ep =  energia  annua  prodotta  sotto  forma  di  energia  termica  o
elettrica.  E'  calcolata  moltiplicando  l'energia  sotto  forma  di
elettricita' per 2,6 e l'energia termica prodotta per uso commerciale
per 1,1 (GJ/anno)
Ef = alimentazione annua di energia nel sistema con combustibili  che
contribuiscono alla produzione di vapore (GJ/anno)
Ew = energia annua contenuta nei rifiuti trattati calcolata  in  base
al potere calorifico inferiore dei rifiuti (GJ/anno)
Ei = energia annua importata, escluse Ew ed Ef (GJ/anno)
0,97 = fattore corrispondente alle perdite  di  energia  dovute  alle
ceneri pesanti (scorie) e alle radiazioni.
La formula si applica conformemente al documento di riferimento sulle
migliori tecniche disponibili per l'incenerimento dei rifiuti.
Sono comprese la  gassificazione  e  la  pirolisi  che  utilizzano  i
componenti come sostanze chimiche.
E' compresa la pulizia risultante in  un  recupero  del  suolo  e  il
riciclaggio dei materiali da costruzione inorganici.
In mancanza di un altro codice R  appropriato,  puo'  comprendere  le
operazioni   preliminari   precedenti   al   recupero,   incluso   il
pretrattamento come, tra l'altro, la cernita, la  frammentazione,  la
compattazione, la pellettizzazione, l'essiccazione, la  triturazione,
il  condizionamento,  il  ricondizionamento,   la   separazione,   il
raggruppamento prima di una delle operazioni indicate  da  R  1  a  R
11.))

    
    

                          ALLEGATO D
    Elenco dei rifiuti istituito dalla Decisione della Commissione
                    2000/532/CE del 3 maggio 2000.

Introduzione
Il  presente   elenco   armonizzato   di   rifiuti   verra'   rivisto
periodicamente, sulla base delle nuove conoscenze ed  in  particolare
di  quelle  prodotte  dall'attivita'  di  ricerca,  e  se  necessario
modificato  in   conformita'   dell'articolo   39   della   direttiva
2008/98/CE. L'inclusione di una sostanza o di un oggetto  nell'elenco
non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi. Una sostanza o
un  oggetto  e'  considerato  un  rifiuto  solo  se   rientra   nella
definizione  di  cui  all'articolo  3,  punto   1   della   direttiva
2008/98/CE.
1. Ai rifiuti inclusi nell'elenco si applicano le disposizioni di cui
alla direttiva 2008/98/CE, a condizione che non trovino  applicazione
le disposizioni di cui  agli  articoli  2,  5  e  7  della  direttiva
2008/98/CE.
2. I diversi  tipi  di  rifiuto  inclusi  nell'elenco  sono  definiti
specificatamente mediante un codice a  sei  cifre  per  ogni  singolo
rifiuto e i corrispondenti codici a quattro  e  a  due  cifre  per  i
rispettivi capitoli. Di  conseguenza,  per  identificare  un  rifiuto
nell'elenco occorre procedere come segue:
3. Identificare la fonte che genera il rifiuto consultando  i  titoli
dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 per risalire  al  codice  a  sei
cifre riferito al rifiuto in questione, ad eccezione dei  codici  dei
suddetti capitoli che terminano con le cifre 99. E' possibile che  un
determinato impianto o stabilimento  debba  classificare  le  proprie
attivita' riferendosi a capitoli diversi. Per esempio un  fabbricante
di automobili puo' reperire i rifiuti che produce sia nel capitolo 12
(rifiuti  dalla  lavorazione  e  dal  trattamento   superficiale   di
metalli), che nel capitolo 11 (rifiuti inorganici contenenti  metalli
provenienti da trattamento e ricopertura di  metalli)  o  ancora  nel
capitolo 08 (rifiuti da uso di rivestimenti), in funzione delle varie
fasi della produzione. Nota: I  rifiuti  di  imballaggio  oggetto  di
raccolta differenziata (comprese combinazioni di diversi materiali di
imballaggio) vanno classificati alla voce 15 01 e non  alla  voce  20
01.
3.1 Se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 o da  17  a  20  si
presta per la classificazione  di  un  determinato  rifiuto,  occorre
esaminare i capitoli 13, 14 e 15 per identificare il codice corretto.
3.2. Se nessuno di questi codici risulta adeguato,  occorre  definire
il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo 16.
3.3. Se un determinato rifiuto non e' classificabile neppure mediante
i codici del capitolo 16, occorre utilizzare il  codice  99  (rifiuti
non altrimenti specificati) preceduto dalle cifre  del  capitolo  che
corrisponde all'attivita' identificata al punto 3.1.
3.4. I rifiuti contrassegnati nell'elenco con un asterisco  "*"  sono
rifiuti pericolosi ai sensi della direttiva 2008/98/CE e ad  essi  si
applicano le disposizioni della medesima direttiva, a condizione  che
non trovi applicazione l'articolo 20. Si  ritiene  che  tali  rifiuti
presentino una o  piu'  caratteristiche  indicate  nell'Allegato  III
della direttiva 2008/98/CE e, in riferimento ai codici da  H3  a  H8,
H10  e  H11  del  medesimo  allegato,  una  o  piu'  delle   seguenti
caratteristiche:
- punto di infiammabilita' < o = 55 °C,
-  una  o  piu'  sostanze  classificate  come   molto   tossiche   in
concentrazione totale > o = 0,1%,
- una o piu' sostanze classificate come  tossiche  in  concentrazione
totale > o = 3%,
- una o piu' sostanze  classificate  come  nocive  in  concentrazione
totale > o = 25%,
-  una  o  piu'  sostanze  corrosive   classificate   come   R35   in
concentrazione totale > o = 1%,
-  una  o  piu'  sostanze  corrosive   classificate   come   R34   in
concentrazione totale > o = 5%,
-  una  o  piu'  sostanze  irritanti   classificate   come   R41   in
concentrazione totale > o = 10%,
- una o piu' sostanze irritanti classificate come R36, R37 e  R38  in
concentrazione totale > o = 20%,
- una sostanza riconosciuta come cancerogena (categorie  1  o  2)  in
concentrazione > o = 0,1%,
-  una  sostanza  riconosciuta  come  cancerogena  (categoria  3)  in
concentrazione > o = 1%,
- una sostanza riconosciuta come tossica per  il  ciclo  riproduttivo
(categorie 1 o 2) classificata come R60 o R61 in concentrazione > o =
0,5%,
- una sostanza riconosciuta come tossica per  il  ciclo  riproduttivo
(categoria 3) classificata come R62 o R63 in concentrazione > o = 5%,
- una sostanza mutagena della categoria 1 o 2 classificata  come  R46
in concentrazione > o = 0,1%,
- una sostanza mutagena della categoria 3 classificata  come  R40  in
concentrazione > o = 1%;
Ai fini del presente Allegato per "sostanza  pericolosa"  si  intende
qualsiasi sostanza che e' o sara'  classificata  come  pericolosa  ai
sensi della direttiva 67/548/CEE e successive modifiche; per "metallo
pesante"  si  intende  qualunque  composto  di  antimonio,  arsenico,
cadmio,  cromo  (VI),  rame,  piombo,  mercurio,   nichel,   selenio,
tellurio, tallio e stagno, anche  quando  tali  metalli  appaiono  in
forme metalliche classificate come pericolose.
((5. Se  un  rifiuto  e'  identificato  come  pericoloso  mediante
riferimento specifico o  generico  a  sostanze  pericolose,  esso  e'
classificato  come  pericoloso  solo  se  le   sostanze   raggiungono
determinate concentrazioni (ad esempio, percentuale in peso), tali da
conferire al rifiuto in questione una o piu' delle proprieta' di  cui
all'allegato I. Per le caratteristiche da H3 a H8, H10 e H11, di  cui
all'allegato I, si applica quanto previsto al punto 3.4 del  presente
allegato. Per le caratteristiche H1, H2, H9, H12, H13 e H14,  di  cui
all'allegato I, la  decisione  2000/532/CE  non  prevede  al  momento
alcuna specifica. Nelle more dell'adozione, da  parte  del  Ministero
dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare,  di  uno
specifico  decreto  che   stabilisca   la   procedura   tecnica   per
l'attribuzione  della   caratteristica   H14,   sentito   il   parere
dell'ISPRA, tale caratteristica viene attribuita ai  rifiuti  secondo
le modalita' dell'accordo ADR per la classe 9 - M6 e M7)).
6. Uno Stato membro puo' considerare come pericolosi i  rifiuti  che,
pur non figurando come tali nell'elenco dei rifiuti, presentano una o
piu' caratteristiche fra quelle elencate nell'allegato III. Lo  Stato
membro notifica senza indugio tali casi  alla  Commissione.  Esso  li
iscrive  nella  relazione  di  cui  all'articolo  37,  paragrafo   1,
fornendole  tutte  le  informazioni  pertinenti.  Alla   luce   delle
notifiche ricevute, l'elenco e' riesaminato per deciderne l'eventuale
adeguamento.
7.  Uno  Stato  membro  puo'  considerare  come  non  pericoloso  uno
specifico rifiuto che nell'elenco  e'  indicato  come  pericoloso  se
dispone di prove che dimostrano che esso non possiede  nessuna  delle
caratteristiche elencate nell'allegato III. Lo Stato membro  notifica
senza indugio tali casi alla Commissione fornendole  tutte  le  prove
necessarie.  Alla  luce  delle  notifiche   ricevute,   l'elenco   e'
riesaminato per deciderne l'eventuale adeguamento.
8. Come dichiarato in uno dei considerando della direttiva  99/45/CE,
occorre riconoscere che le caratteristiche delle leghe sono tali  che
la determinazione precisa delle loro  proprieta'  mediante  i  metodi
convenzionali attualmente disponibili puo' risultare impossibile:  le
disposizioni di cui al punto 3.4 non trovano dunque applicazione  per
le  leghe  di  metalli  puri  (ovvero  non  contaminati  da  sostanze
pericolose). Cio' in attesa dei risultati di ulteriori attivita'  che
la Commissione e gli Stati membri si sono impegnati  ad  avviare  per
studiare uno specifico approccio di classificazione  delle  leghe.  I
rifiuti specificamente menzionati nel presente elenco  continuano  ad
essere classificati come in esso indicato.
9. Indice
Capitoli dell'elenco
01 Rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da miniera o cava,
nonche' dal trattamento fisico o chimico di minerali
02  Rifiuti  prodotti  da  agricoltura,  orticoltura,   acquacoltura,
selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti
03 Rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di
pannelli, mobili, polpa, carta e cartone
04 Rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce e dell'industria
tessile
05 Rifiuti della raffinazione del petrolio, purificazione del gas
naturale e trattamento pirolitico del carbone
06 Rifiuti dei processi chimici inorganici
07 Rifiuti dei processi chimici organici
08 Rifiuti  della  produzione,  formulazione,  fornitura  ed  uso  di
rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati), adesivi,
sigillanti, e inchiostri per stampa
09 Rifiuti dell'industria fotografica
10 Rifiuti provenienti da processi termici
11 Rifiuti  prodotti  dal  trattamento  chimico  superficiale  e  dal
rivestimento di metalli ed altri materiali; idrometallurgia non
ferrosa
12 Rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e
meccanico superficiale di metalli e plastica
13 Oli  esauriti  e  residui  di  combustibili  liquidi  (tranne  oli
commestibili, 05 e 12)
14 Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne le
voci 07 e 08)
15 Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e
indumenti protettivi (non specificati altrimenti)
16 Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco
17 Rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (compreso il
terreno proveniente da siti contaminati)
18  Rifiuti  prodotti  dal  settore  sanitario  e  veterinario  o  da
attivita' di ricerca collegate (tranne  i  rifiuti  di  cucina  e  di
ristorazione   che   non   derivino   direttamente   da   trattamento
terapeutico)
19 Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti,  impianti
di  trattamento  delle  acque  reflue  fuori  sito,   nonche'   dalla
potabilizzazione dell'acqua e dalla sua preparazione per uso
industriale
20 Rifiuti urbani  (rifiuti  domestici  e  assimilabili  prodotti  da
attivita' commerciali e industriali nonche' dalle istituzioni)
inclusi i rifiuti della raccolta differenziata
01 Rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da miniera o cava,
nonche' dal trattamento fisico o chimico di minerali
01 01 01 rifiuti da estrazione di minerali metalliferi
01 01 02 rifiuti da estrazione di minerali non metalliferi
01 03 rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali
metalliferi
01 03 04 * sterili che possono generare acido prodotti dalla
lavorazione di minerale solforoso
01 03 05 * altri sterili contenenti sostanze pericolose
01 03 06 sterili diversi da quelli di cui alle voci 01 03 04 e 01 03
05
01 03 07 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose prodotti da
trattamenti chimici e fisici di minerali metalliferi
01 03 08 polveri e residui affini diversi da quelli di cui alla voce
01 03 07
01 03 09 fanghi rossi derivanti dalla produzione di allumina, diversi
da quelli di cui alla voce 01 03 07
01 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
01 04 rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali
non metalliferi
01 04 07 * rifiuti contenenti sostanze pericolose, prodotti da
trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi
01 04 08 scarti di ghiaia e pietrisco, diversi da quelli di cui alla
voce 01 04 07
01 04 09 scarti di sabbia e argilla
01 04 10 polveri e residui affini, diversi da quelli di cui alla voce
01 04 07
01 04 11 rifiuti della lavorazione di potassa e salgemma, diversi da
quelli di cui alla voce 01 04 07
01 04 12 sterili ed altri residui del lavaggio e della pulitura di
minerali, diversi da quelli di cui alle voci 01 04 07 e 01 04 11
01 04 13 rifiuti prodotti dalla lavorazione della pietra, diversi da
quelli di cui alla voce 01 04 07
01 04 99 rifiuti non specificati altrimenti
01 05 fanghi di perforazione ed altri rifiuti di perforazione
01 05 04 fanghi e rifiuti di perforazione di pozzi per acque dolci
01 05 05 * fanghi e rifiuti di perforazione contenenti oli
01 05 06 * fanghi di perforazione ed altri rifiuti di perforazione
contenenti sostanze pericolose
01 05 07 fanghi e rifiuti di perforazione contenenti barite, diversi
da quelli delle voci 01 05 05 e 01 05 06
01 05 08 fanghi e rifiuti di perforazione contenenti cloruri, diversi
da quelli delle voci 01 05 05 e 01 05 06
01 05 99 rifiuti non specificati altrimenti
02  Rifiuti  prodotti  da  agricoltura,  orticoltura,   acquacoltura,
selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti
02 01 rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura,
selvicoltura, caccia e pesca
02 01 01 fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia
02 01 02 scarti di tessuti animali
02 01 03 scarti di tessuti vegetali
02 01 04 rifiuti plastici (ad esclusione degli imballaggi)
02 01 06 feci animali, urine e letame (comprese le lettiere usate),
effluenti, raccolti separatamente e trattati fuori sito
02 01 07 rifiuti della silvicoltura
02 01 08 * rifiuti agrochimici contenenti sostanze pericolose
02 01 09 rifiuti agrochimici diversi da quelli della voce 02 01 08
02 01 10 rifiuti metallici
02 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
02 02 rifiuti della preparazione e del trattamento di carne, pesce ed
altri alimenti di origine animale
02 02 01 fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia
02 02 02 scarti di tessuti animali
02 02 03 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 02 04 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti
02 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
02 03  rifiuti  della  preparazione  e  del  trattamento  di  frutta,
verdura, cereali, oli alimentari, cacao, caffe', te' e tabacco; della
produzione di conserve alimentari; della produzione di lievito ed
estratto di lievito; della preparazione e fermentazione di melassa
02 03 01 fanghi prodotti da operazioni di lavaggio, pulizia,
sbucciatura, centrifugazione e separazione di componenti
02 03 02 rifiuti legati all'impiego di conservanti
02 03 03 rifiuti prodotti dall'estrazione tramite solvente
02 03 04 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 03 05 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti
02 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
02 04 rifiuti prodotti dalla raffinazione dello zucchero
02 04 01 terriccio residuo delle operazioni di pulizia e lavaggio
delle barbabietole
02 04 02 carbonato di calcio fuori specifica
02 04 03 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti
02 04 99 rifiuti non specificati altrimenti
02 05 rifiuti dell'industria lattiero-casearia
02 05 01 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 05 02 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti
02 05 99 rifiuti non specificati altrimenti
02 06 rifiuti dell'industria dolciaria e della panificazione
02 06 01 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 06 02 rifiuti legati all'impiego di conservanti
02 06 03 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti
02 06 99 rifiuti non specificati altrimenti
02 07 rifiuti della produzione di bevande  alcoliche  ed  analcoliche
(tranne caffe', te' e cacao)
02 07 01 rifiuti prodotti dalle operazioni di lavaggio, pulizia e
macinazione della materia prima
02 07 02 rifiuti prodotti dalla distillazione di bevande alcoliche
02 07 03 rifiuti prodotti dai trattamenti chimici
02 07 04 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 07 05 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti
02 07 99 rifiuti non specificati altrimenti
03 Rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di
pannelli, mobili, polpa, carta e cartone
03 01 rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di
pannelli e mobili
03 01 01 scarti di corteccia e sughero
03 01 04 * segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di
truciolare e piallacci contenenti sostanze pericolose
03 01 05 segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di
truciolare e piallacci diversi da quelli di cui alla voce 03 01 04
03 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
03 02 rifiuti dei trattamenti conservativi del legno
03 02 01 * prodotti per i trattamenti conservativi del legno
contenenti composti organici non Alogenati
03 02 02 * prodotti per i trattamenti conservativi del legno
contenenti composti organici clorurati
03 02 03 * prodotti per i trattamenti conservativi del legno
contenenti composti organometallici
03 02 04 * prodotti per i trattamenti conservativi del legno
contenenti composti inorganici
03 02 05 * altri prodotti per i trattamenti conservativi del legno
contenenti sostanze pericolose
03 02 99 prodotti per i trattamenti conservativi del legno non
specificati altrimenti
03 03 rifiuti della produzione e della lavorazione di polpa, carta e
cartone
03 03 01 scarti di corteccia e legno
03 03 02 fanghi di recupero dei bagni di macerazione (green liquor)
03 03 05 fanghi prodotti dai processi di disinchiostrazione nel
riciclaggio della carta
03 03 07 scarti della separazione meccanica nella produzione di polpa
da rifiuti di carta e cartone
03 03 08 scarti della selezione di carta e cartone destinati ad
essere riciclati
03 03 09 fanghi di scarto contenenti carbonato di calcio
03 03 10 scarti di fibre e  fanghi  contenenti  fibre,  riempitivi  e
prodotti di rivestimento generati dai processi di separazione
meccanica
03 03 11 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 03 03 10
03 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
04 Rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce, nonche'
dell'industria tessile
04 01 rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce
04 01 01 carniccio e frammenti di calce
04 01 02 rifiuti di calcinazione
04 01 03 * bagni di sgrassatura esauriti contenenti solventi senza
fase liquida
04 01 04 liquido di concia contenente cromo
04 01 05 liquido di concia non contenente cromo
04 01 06 fanghi, prodotti in particolare dal trattamento in loco
degli effluenti, contenenti cromo
04 01 07 fanghi, prodotti in particolare dal trattamento in loco
degli effluenti, non contenenti cromo
04 01 08 cuoio conciato (scarti, cascami, ritagli, polveri di
lucidatura) contenenti cromo
04 01 09 rifiuti delle operazioni di confezionamento e finitura
04 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
04 02 rifiuti dell'industria tessile
04  02  09  rifiuti  da  materiali   compositi   (fibre   impregnate,
elastomeri, plastomeri)
04 02 10 materiale organico proveniente da prodotti naturali (ad  es.
grasso, cera)
04 02 14 * rifiuti provenienti da operazioni di finitura, contenenti
solventi organici
04 02 15 rifiuti da operazioni di finitura, diversi da quelli di cui
alla voce 04 02 14
04 02 16 * tinture e pigmenti, contenenti sostanze pericolose
04 02 17 tinture e pigmenti, diversi da quelli di cui alla voce 04 02
16
04 02 19 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
contenenti sostanze pericolose
04 02 20 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 04 02 19
04 02 21 rifiuti da fibre tessili grezze
04 02 22 rifiuti da fibre tessili lavorate
04 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
05 Rifiuti della raffinazione del petrolio, purificazione del gas
naturale e trattamento pirolitico del carbone
05 01 rifiuti della raffinazione del petrolio
05 01 02 * fanghi da processi di dissalazione
05 01 03 * morchie depositate sul fondo dei serbatoi
05 01 04 * fanghi acidi prodotti da processi di alchilazione
05 01 05 * perdite di olio
05 01 06 * fanghi oleosi prodotti dalla manutenzione di impianti e
apparecchiature
05 01 07 * catrami acidi
05 01 08 * altri catrami
05 01 09 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
contenenti sostanze pericolose
05 01 10 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 05 01 09
05 01 11 * rifiuti prodotti dalla purificazione di carburanti tramite
basi
05 01 12 * acidi contenenti oli
05 01 13 fanghi residui dell'acqua di alimentazione delle caldaie
05 01 14 rifiuti prodotti dalle torri di raffreddamento
05 01 15 * filtri di argilla esauriti
05 01 16 rifiuti contenenti zolfo prodotti dalla desolforizzazione
del petrolio
05 01 17 bitumi
05 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
05 06 rifiuti prodotti dal trattamento pirolitico del carbone
05 06 01 * catrami acidi
05 06 03 * altri catrami
05 06 04 rifiuti prodotti dalle torri di raffreddamento
05 06 99 rifiuti non specificati altrimenti
05 07 rifiuti prodotti dalla purificazione e dal trasporto di gas
naturale
05 07 01 * rifiuti contenenti mercurio
05 07 02 rifiuti contenenti zolfo
05 07 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 Rifiuti dei processi chimici inorganici
06 01 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di
acidi
06 01 01 * acido solforico ed acido solforoso
06 01 02 * acido cloridrico
06 01 03 * acido fluoridrico
06 01 04 * acido fosforico e fosforoso
06 01 05 * acido nitrico e acido nitroso
06 01 06 * altri acidi
06 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 02 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di
basi
06 02 01 * idrossido di calcio
06 02 03 * idrossido di ammonio
06 02 04 * idrossido di sodio e di potassio
06 02 05 * altre basi
06 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 03 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di
sali, loro soluzioni e ossidi metallici
06 03 11 * sali e loro soluzioni, contenenti cianuri
06 03 13 * sali e loro soluzioni, contenenti metalli pesanti
06 03 14 sali e loro soluzioni, diversi da quelli di cui alle voci 06
03 11 e 06 03 13
06 03 15 * ossidi metallici contenenti metalli pesanti
06 03 16 ossidi metallici, diversi da quelli di cui alla voce 06 03
15
06 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 04 rifiuti contenenti metalli, diversi da quelli di cui alla voce
06 03
06 04 03 * rifiuti contenenti arsenico
06 04 04 * rifiuti contenenti mercurio
06 04 05 * rifiuti contenenti altri metalli pesanti
06 04 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 05 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti
06 05 02 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
contenenti sostanze pericolose
06 05 03 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 06 05 02
06 06 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
prodotti chimici contenenti zolfo, dei processi chimici dello zolfo e
dei processi di desolforazione
06 06 02 * rifiuti contenenti solfuri pericolosi
06 06 03 rifiuti contenenti solfuri, diversi da quelli di cui alla
voce 06 06 02
06 06 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 07 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di
prodotti alogeni e dei processi chimici degli alogeni
06 07 01 * rifiuti dei processi elettrolitici, contenenti amianto
06 07 02 * carbone attivato dalla produzione di cloro
06 07 03 * fanghi di solfati di bario, contenenti mercurio
06 07 04 * soluzioni ed acidi, ad es. acido di contatto
06 07 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 08 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso del
silicio e dei suoi derivati
06 08 02 * rifiuti contenenti clorosilano pericoloso
06 08 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 09 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di
prodotti fosforosi e dei processi chimici del fosforo
06 09 02 scorie fosforose
06 09 03 * rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio contenenti o
contaminati da sostanze pericolose
06 09 04 rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio, diversi da
quelli di cui alla voce 06 09 03
06 09 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 10 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
prodotti chimici contenenti azoto, dei processi chimici dell'azoto e
della produzione di fertilizzanti
06 10 02 * rifiuti contenenti sostanze pericolose
06 10 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 11 rifiuti dalla produzione di pigmenti inorganici ed opacificanti
06 11 01 rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio nella
produzione di diossido di titanio
06 11 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 13 rifiuti di processi chimici inorganici non specificati
altrimenti
06 13 01 * prodotti fitosanitari, agenti conservativi del legno ed
altri biocidi inorganici
06 13 02 * carbone attivato esaurito (tranne 06 07 02)
06 13 03 nerofumo
06 13 04 * rifiuti della lavorazione dell'amianto
06 13 05 * fuliggine
06 13 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 Rifiuti dei processi chimici organici
07 01 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di
prodotti chimici organici di base
07 01 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri
07 01 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed
acque madri
07 01 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque
madri
07 01 07 * fondi e residui di reazione, alogenati
07 01 08 * altri fondi e residui di reazione
07 01 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati
07 01 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 01 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
contenenti sostanze pericolose
07 01 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 07 01 11
07 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 02 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso (PFFU)
di plastiche, gomme sintetiche e fibre artificiali
07 02 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 07 02 03 *
solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 02 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque
madri
07 02 07 * fondi e residui di reazione, alogenati
07 02 08 * altri fondi e residui di reazione
07 02 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati
07 02 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 02 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
contenenti sostanze pericolose
07 02 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 07 02 11
07 02 13 rifiuti plastici
07 02 14 * rifiuti prodotti da additivi, contenenti sostanze
pericolose
07 02 15 rifiuti prodotti da additivi, diversi da quelli di cui alla
voce 07 02 14
07 02 16 * rifiuti contenenti silicone pericoloso
07 02 17 rifiuti contenenti silicone diversi da quelli di cui alla
voce 07 02 16
07 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 03 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
coloranti e pigmenti organici (tranne 06 11)
07 03 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri
07 03 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed
acque madri
07 03 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque
madri
07 03 07 * fondi e residui di reazione alogenati
07 03 08 * altri fondi e residui di reazione
07 03 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati
07 03 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 03 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
contenenti sostanze pericolose
07 03 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 07 03 11
07 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 04 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
prodotti fitosanitari (tranne 02 01 08 e 02 01 09), agenti
conservativi del legno (tranne 03 02) ed altri biocidi organici
07 04 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri
07 04 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed
acque madri
07 04 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque
madri
07 04 07 * fondi e residui di reazione alogenati
07 04 08 * altri fondi e residui di reazione
07 04 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati
07 04 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 04 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
contenenti sostanze pericolose
07 04 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 07 04 11
07 04 13 * rifiuti solidi contenenti sostanze pericolose
07 04 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 05 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di
prodotti farmaceutici
07 05 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri
07 05 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed
acque madri
07 05 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque
madri
07 05 07 * fondi e residui di reazione, alogenati
07 05 08 * altri fondi e residui di reazione
07 05 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati
07 05 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 05 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
contenenti sostanze pericolose
07 05 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 07 05 11
07 05 13 * rifiuti solidi contenenti sostanze pericolose
07 05 14 rifiuti solidi, diversi da quelli di cui alla voce 07 05 13
07 05 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 06 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di
grassi, lubrificanti, saponi, detergenti, disinfettanti e cosmetici
07 06 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri
07 06 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed
acque madri
07 06 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque
madri
07 06 07 * fondi e residui di reazione, alogenati
07 06 08 * altri fondi e residui di reazione
07 06 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati
07 06 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 06 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
contenenti sostanze pericolose
07 06 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 07 06 11
07 06 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 07 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
prodotti della chimica fine e di prodotti chimici non specificati
altrimenti
07 07 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri
07 07 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed
acque madri
07 07 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque
madri
07 07 07 * fondi e residui di reazione, alogenati
07 07 08 * altri fondi e residui di reazione
07 07 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati
07 07 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 07 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
contenenti sostanze pericolose
07 07 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 07 07 11
07 07 99 rifiuti non specificati altrimenti
08 Rifiuti  della  produzione,  formulazione,  fornitura  ed  uso  di
rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati), adesivi, sigillanti
e inchiostri per stampa
08 01 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso e
della rimozione di pitture e vernici
08 01 11 * pitture e vernici di scarto, contenenti solventi organici
o altre sostanze pericolose
08 01 12 pitture e vernici di scarto, diverse da quelle di cui alla
voce 08 01 11
08 01 13 * fanghi prodotti da pitture e vernici, contenenti solventi
organici o altre sostanze pericolose
08 01 14 fanghi prodotti da pitture e vernici, diversi da quelli di
cui alla voce 08 01 13
08 01 15 * fanghi acquosi contenenti pitture e vernici, contenenti
solventi organici o altre sostanze pericolose
08 01 16 fanghi acquosi contenenti pitture e vernici, diversi da
quelli di cui alla voce 08 01 15
08 01 17 * fanghi prodotti dalla rimozione di pitture e vernici,
contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose
08 01 18 fanghi prodotti dalla rimozione di pitture e vernici,
diversi da quelli di cui alla voce 08 01 17
08 01 19 * sospensioni acquose contenenti pitture e vernici,
contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose
08 01 20 sospensioni acquose contenenti pitture e vernici, diverse da
quelle di cui alla voce 08 0119
08 01 21 * residui di vernici o di sverniciatori
08 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
08 02 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
altri rivestimenti (inclusi materiali ceramici)
08 02 01 polveri di scarto di rivestimenti
08 02 02 fanghi acquosi contenenti materiali ceramici
08 02 03 sospensioni acquose contenenti materiali ceramici
08 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
08 03 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di
inchiostri per stampa
08 03 07 fanghi acquosi contenenti inchiostro
08 03 08 rifiuti liquidi acquosi contenenti inchiostro
08 03 12 * scarti di inchiostro, contenenti sostanze pericolose
08 03 13 scarti di inchiostro, diversi da quelli di cui alla voce 08
03 12
08 03 14 * fanghi di inchiostro, contenenti sostanze pericolose
08 03 15 fanghi di inchiostro, diversi da quelli di cui alla voce 08
03 14
08 03 16 * residui di soluzioni chimiche per incisione
08 03 17 * toner per stampa esauriti, contenenti sostanze pericolose
08 03 18 toner per stampa esauriti, diversi da quelli di cui alla
voce 08 03 17
08 03 19 * oli dispersi
08 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
08 04 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
adesivi e sigillanti (inclusi i prodotti impermeabilizzanti)
08 04 09 * adesivi e sigillanti di scarto, contenenti solventi
organici o altre sostanze pericolose
08 04 10 adesivi e sigillanti di scarto, diversi da quelli di cui
alla voce 08 04 09
08 04 11 * fanghi di adesivi e sigillanti, contenenti solventi
organici o altre sostanze pericolose
08 04 12 fanghi di adesivi e sigillanti, diversi da quelli di cui
alla voce 08 04 11
08 04 13 * fanghi acquosi contenenti adesivi e sigillanti, contenenti
solventi organici o altre sostanze pericolose
08 04 14 fanghi acquosi contenenti adesivi e sigillanti, diversi da
quelli di cui alla voce 08 04 13
08 04 15 * rifiuti liquidi acquosi contenenti adesivi e sigillanti,
contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose
08 04 16 rifiuti liquidi acquosi contenenti adesivi e sigillanti,
diversi da quelli di cui alla voce 08 04 15
08 04 17 * olio di resina
08 04 99 rifiuti non specificati altrimenti
08 05 rifiuti non specificati altrimenti alla voce 08
08 05 01 * isocianati di scarto
09 Rifiuti dell'industria fotografica
09 01 rifiuti dell'industria fotografica
09 01 01 * soluzioni di sviluppo e attivanti a base acquosa
09 01 02 * soluzioni di sviluppo per lastre offset a base acquosa
09 01 03 * soluzioni di sviluppo a base di solventi
09 01 04 * soluzioni fissative
09 01 05* soluzioni di sbianca e soluzioni di sbianca-fissaggio
09 01 06 * rifiuti contenenti argento prodotti dal trattamento in
loco di rifiuti fotografici
09 01 07 carta e pellicole per fotografia, contenenti argento o
composti dell'argento
09 01 08 carta e pellicole per fotografia, non contenenti argento o
composti dell'argento
09 01 10 macchine fotografiche monouso senza batterie
09 01 11 * macchine fotografiche monouso contenenti batterie incluse
nelle voci 16 06 01, 16 06 02 o 16 06 03
09 01 12 macchine fotografiche monouso diverse da quelle di cui alla
voce 09 01 11
09 01 13 * rifiuti liquidi acquosi prodotti dal recupero in loco
dell'argento, diversi da quelli di cui alla voce 09 01 06
09 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 Rifiuti prodotti da processi termici
10 01 rifiuti prodotti da centrali termiche ed altri impianti termici
(tranne 19)
10 01 01 ceneri pesanti, scorie  e  polveri  di  caldaia  (tranne  le
polveri di caldaia di cui alla voce 10 01 04)
10 01 02 ceneri leggere di carbone
10 01 03 ceneri leggere di torba e di legno non trattato
10 01 04 * ceneri leggere di olio combustibile e polveri di caldaia
10 01 05 rifiuti solidi prodotti da reazioni a base di calcio nei
processi di desolforazione dei fumi
10 01 07 rifiuti fangosi prodotti da reazioni a base di calcio nei
processi di desolforazione dei fumi
10 01 09 * acido solforico
10 01 13 * ceneri leggere prodotte da idrocarburi emulsionati usati
come carburante
10 01 14 * ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia prodotte dal
coincenerimento, contenenti sostanze pericolose
10 01 15 ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia prodotte dal
coincenerimento, diverse da quelli di cui alla voce 10 01 14
10 01 16 * ceneri leggere prodotte dal coincenerimento, contenenti
sostanze pericolose
10 01 17 ceneri leggere prodotte dal coincenerimento, diverse da
quelle di cui alla voce 10 01 16
10 01 18 * rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, contenenti
sostanze pericolose
10 01 19 rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, diversi da
quelli di cui alle voci 10 01 05, 10 01 07 e 10 01 18
10 01 20 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
contenenti sostanze pericolose
10 01 21 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 10 01 20
10 01 22 * fanghi acquosi da operazioni di pulizia caldaie,
contenenti sostanze pericolose
10 01 23 fanghi acquosi da operazioni di pulizia caldaie, diversi da
quelli di cui alla voce 10 01 22
10 01 24 sabbie dei reattori a letto fluidizzato
10 01 25 rifiuti dell'immagazzinamento e della preparazione del
combustibile delle centrali termoelettriche a carbone
10 01 26 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento
10 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 02 rifiuti dell'industria del ferro e dell'acciaio
10 02 01 rifiuti del trattamento delle scorie
10 02 02 scorie non trattate
10 02 07 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi,
contenenti sostanze pericolose
10 02 08 rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli
di cui alla voce 10 02 07
10 02 10 scaglie di laminazione
10 02 11 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, contenti oli
10 02 12 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 11
10 02 13 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento
dei fumi, contenenti sostanze pericolose
10 02 14 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei
fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 13
10 02 15 altri fanghi e residui di filtrazione
10 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 03 rifiuti della metallurgia termica dell'alluminio
10 03 02 frammenti di anodi
10 03 04 * scorie della produzione primaria
10 03 05 rifiuti di allumina
10 03 08 * scorie saline della produzione secondaria
10 03 09 * scorie nere della produzione secondaria
10 03 15 * schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con
l'acqua, gas infiammabili in quantita' pericolose
10 03 16 schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10 03 15
10 03 17 * rifiuti contenenti catrame della produzione degli anodi
10 03 18 rifiuti contenenti carbone della produzione degli anodi,
diversi da quelli di cui alla voce 10 03 17
10 03 19 * polveri dei gas di combustione, contenenti sostanze
pericolose
10 03 20 polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui
alla voce 10 03 19
10 03 21 * altre polveri e particolati (comprese quelle prodotte da
mulini a palle), contenenti sostanze pericolose
10 03 22 altre polveri e particolati (comprese quelle prodotte da
mulini a palle), diverse da quelle di cui alla voce 10 03 21
10 03 23 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi,
contenenti sostanze pericolose
10 03 24 rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli
di cui alla voce 10 03 23
10 03 25 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento
dei fumi, contenenti sostanze pericolose
10 03 26 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei
fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 25
10 03 27 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, contenenti oli
10 03 28 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 27
10 03 29 * rifiuti prodotti dal trattamento di scorie saline e scorie
nere, contenenti sostanze pericolose
10 03 30 rifiuti prodotti dal trattamento di scorie saline e scorie
nere, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 29
10 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 04 rifiuti della metallurgia termica del piombo
10 04 01 * scorie della produzione primaria e secondaria
10 04 02 * impurita' e schiumature della produzione primaria e
secondaria
10 04 03 * arsenato di calcio
10 04 04 * polveri dei gas di combustione
10 04 05 * altre polveri e particolato
10 04 06 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
10 04 07 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento
dei fumi
10 04 09 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, contenenti oli
10 04 10 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 04 09
10 04 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 05 rifiuti della metallurgia termica dello zinco
10 05 01 scorie della produzione primaria e secondaria
10 05 03 * polveri dei gas di combustione
10 05 04 altre polveri e particolato
10 05 05 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
10 05 06 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento
dei fumi
10 05 08 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, contenenti oli
10 05 09 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 05 08
10 05 10 * scorie e schiumature infiammabili o che rilasciano, al
contatto con l'acqua, gas infiammabili in quantita' pericolose
10 05 11 scorie e schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10
05 10
10 05 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 06 rifiuti della metallurgia termica del rame
10 06 01 scorie della produzione primaria e secondaria
10 06 02 impurita' e schiumature della produzione primaria e
secondaria
10 06 03 * polveri dei gas di combustione
10 06 04 altre polveri e particolato
10 06 06 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
10 06 07 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento
dei fumi
10 06 09 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, contenenti oli
10 06 10 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 06 09
10 06 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 07 rifiuti della metallurgia termica di argento, oro e platino
10 07 01 scorie della produzione primaria e secondaria
10 07 02 impurita' e schiumature della produzione primaria e
secondaria
10 07 03 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
10 07 04 altre polveri e particolato
10 07 05 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei
fumi
10 07 07 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, contenenti oli
10 07 08 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 07 07
10 07 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 08 rifiuti della metallurgia termica di altri minerali non ferrosi
10 08 04 polveri e particolato
10 08 08 * scorie salate della produzione primaria e secondaria
10 08 09 altre scorie
10 08 10 * impurita' e schiumature infiammabili o che rilasciano, al
contatto con l'acqua, gas infiammabili in quantita' pericolose
10 08 11 impurita' e schiumature diverse da quelle di cui alla voce
10 08 10
10 08 12 * rifiuti contenenti catrame derivante dalla produzione
degli anodi
10 08 13 rifiuti contenenti carbone della produzione degli anodi,
diversi da quelli di cui alla voce 10 08 12
10 08 14 frammenti di anodi
10 08 15 * polveri dei gas di combustione, contenenti sostanze
pericolose
10 08 16 polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui
alla voce 10 08 15
10 08 17 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento
dei fumi, contenenti sostanze pericolose
10 08 18 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei
fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 17
10 08 19 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, contenenti oli
10 08 20 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 19
10 08 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 09 rifiuti della fusione di materiali ferrosi
10 09 03 scorie di fusione
10 09 05 * forme e anime da fonderia non utilizzate, contenenti
sostanze pericolose
10 09 06 forme e anime da fonderia non utilizzate, diverse da quelle
di cui alla voce 10 09 05
10 09 07 * forme e anime da fonderia utilizzate, contenenti sostanze
pericolose
10 09 08 forme e anime da fonderia utilizzate, diverse da quelle di
cui alla voce 10 09 07
10 09 09 * polveri dei gas di combustione contenenti sostanze
pericolose
10 09 10 polveri dei gas di combustione diverse da quelle di cui alla
voce 10 09 09
10 09 11 * altri particolati contenenti sostanze pericolose
10 09 12 altri particolati diversi da quelli di cui alla voce 10 09
11
10 09 13 * leganti per rifiuti contenenti sostanze pericolose
10 09 14 leganti per rifiuti diversi da quelli di cui alla voce 10 09
13
10 09 15 * scarti di prodotti rilevatori di crepe, contenenti
sostanze pericolose
10 09 16 scarti di prodotti rilevatori di crepe, diversi da quelli di
cui alla voce 10 09 15
10 09 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 10 rifiuti della fusione di materiali non ferrosi
10 10 03 scorie di fusione
10 10 05 * forme e anime da fonderia non utilizzate, contenenti
sostanze pericolose
10 10 06 forme e anime da fonderia non utilizzate, diverse da quelle
di cui alla voce 10 10 05
10 10 07 * forme e anime da fonderia utilizzate, contenenti sostanze
pericolose
10 10 08 forme e anime da fonderia utilizzate, diverse da quelle di
cui alla voce 10 10 07
10 10 09 * polveri dei gas di combustione, contenenti sostanze
pericolose
10 10 10 polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui
alla voce 10 10 09
10 10 11 * altri particolati contenenti sostanze pericolose
10 10 12 altri particolati diversi da quelli di cui alla voce 10 10
11
10 10 13 * leganti per rifiuti contenenti sostanze pericolose
10 10 14 leganti per rifiuti diversi da quelli di cui alla voce 10 10
13
10 10 15 * scarti di prodotti rilevatori di crepe, contenenti
sostanze pericolose
10 10 16 scarti di prodotti rilevatori di crepe, diversi da quelli di
cui alla voce 10 10 15
10 10 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 11 rifiuti della fabbricazione del vetro e di prodotti di vetro
10 11 03 scarti di materiali in fibra a base di vetro
10 11 05 polveri e particolato
10 11 09 * scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico,
contenenti sostanze pericolose
10 11 10 scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico,
diverse da quelle di cui alla voce 10 11 09
10 11 11 * rifiuti di vetro in forma  di  particolato  e  polveri  di
vetro contenenti metalli pesanti (provenienti ad es. da tubi a  raggi
catodici)
10 11 12 rifiuti di vetro diversi da quelli di cui alla voce 10 11 11
10 11 13 * lucidature di vetro e fanghi di macinazione, contenenti
sostanze pericolose
10 11 14 lucidature di vetro e fanghi di macinazione, diversi da
quelli di cui alla voce 10 11 13
10 11 15 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi,
contenenti sostanze pericolose
10 11 16 rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli
di cui alla voce 10 11 15
10 11 17 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento
dei fumi, contenenti sostanze pericolose
10 11 18 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei
fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 17
10 11 19 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, contenenti sostanze pericolose
10 11 20 rifiuti solidi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 19
10 11 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 12 rifiuti della fabbricazione di prodotti di ceramica, mattoni,
mattonelle e materiali da costruzione
10 12 01 scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico
10 12 03 polveri e particolato
10 12 05 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei
fumi
10 12 06 stampi di scarto
10 12 08 scarti di  ceramica,  mattoni,  mattonelle  e  materiali  da
costruzione (sottoposti a trattamento termico)
10 12 09 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi,
contenenti sostanze pericolose
10 12 10 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da
quelli di cui alla voce 10 12 09
10 12 11 * rifiuti delle operazioni di smaltatura, contenenti metalli
pesanti
10 12 12 rifiuti delle operazioni di smaltatura diversi da quelli di
cui alla voce 10 12 11
10 12 13 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti
10 12 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 13 rifiuti della fabbricazione di cemento, calce e gesso e
manufatti di tali materiali
10 13 01 scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico
10 13 04 rifiuti di calcinazione e di idratazione della calce
10 13 06 polveri e particolato (eccetto quelli delle voci 10 13 12  e
10 13 13)
10 13 07 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei
fumi
10 13 09 * rifiuti della fabbricazione di amianto cemento, contenenti
amianto
10 13 10 rifiuti della fabbricazione di amianto cemento, diversi da
quelli di cui alla voce 10 13 09
10 13 11 rifiuti della produzione di materiali compositi a base di
cemento, diversi da quelli di cui alle voci 10 13 09 e 10 13 10
10 13 12 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi,
contenenti sostanze pericolose
10 13 13 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da
quelli di cui alla voce 10 13 12
10 13 14 rifiuti e fanghi di cemento
10 13 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 14 rifiuti prodotti dai forni crematori
10 14 01 * rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, contenenti
mercurio
11 Rifiuti  prodotti  dal  trattamento  chimico  superficiale  e  dal
rivestimento di metalli ed altri materiali; idrometallurgia non
ferrosa
11 01 rifiuti prodotti dal trattamento e ricopertura di  metalli  (ad
esempio,  processi   galvanici,   zincatura,   decapaggio,   pulitura
elettrolitica, fosfatazione, sgrassaggio con alcali, anodizzazione)
11 01 05 * acidi di decappaggio
11 01 06 * acidi non specificati altrimenti
11 01 07 * basi di decappaggio
11 01 08 * fanghi di fosfatazione
11 01 09 * fanghi e residui di filtrazione, contenenti sostanze
pericolose
11 01 10 fanghi e residui di filtrazione, diversi da quelli di cui
alla voce 11 01 09
11 01 11 * soluzioni acquose di lavaggio, contenenti sostanze
pericolose
11 01 12 soluzioni acquose di lavaggio, diverse da quelle di cui alla
voce 11 01 11
11 01 13 * rifiuti di sgrassaggio contenenti sostanze pericolose
11 01 14 rifiuti di sgrassaggio diversi da quelli di cui alla voce 11
01 13
11 01 15 * eluati e fanghi di sistemi a membrana e sistemi a scambio
ionico, contenenti sostanze pericolose
11 01 16 * resine a scambio ionico saturate o esaurite
11 01 98 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose
11 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
11 02 rifiuti prodotti dalla lavorazione idrometallurgica di metalli
non ferrosi
11 02 02 * rifiuti della  lavorazione  idrometallurgica  dello  zinco
(compresi jarosite, goethite)
11 02 03 rifiuti della produzione di anodi per processi elettrolitici
acquosi
11 02 05 * rifiuti della lavorazione idrometallurgica del rame,
contenenti sostanze pericolose
11 02 06 rifiuti della lavorazione idrometallurgica del rame, diversi
da quelli della voce 11 02 05
11 02 07 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose
11 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
11 03 rifiuti solidi e fanghi prodotti da processi di rinvenimento
11 03 01 * rifiuti contenenti cianuro
11 03 02 * altri rifiuti
11 05 rifiuti prodotti da processi di galvanizzazione a caldo
11 05 01 zinco solido
11 05 02 ceneri di zinco
11 05 03 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
11 05 04 * fondente esaurito
11 05 99 rifiuti non specificati altrimenti
12 Rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e
meccanico superficiale di metalli e plastica
12 01 rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e
meccanico superficiale di metalli e plastiche
12 01 01 limatura e trucioli di materiali ferrosi
12 01 02 polveri e particolato di materiali ferrosi
12 01 03 limatura e trucioli di materiali non ferrosi
12 01 04 polveri e particolato di materiali non ferrosi
12 01 05 limatura e trucioli di materiali plastici (5)
12 01 06 * oli minerali per macchinari, contenenti  alogeni  (eccetto
emulsioni e soluzioni)
12 01 07 *  oli  minerali  per  macchinari,  non  contenenti  alogeni
(eccetto emulsioni e soluzioni)
12 01 08 * emulsioni e soluzioni per macchinari, contenenti alogeni
12 01 09 * emulsioni e soluzioni per macchinari, non contenenti
alogeni
12 01 10 * oli sintetici per macchinari
12 01 12 * cere e grassi esauriti
12 01 13 rifiuti di saldatura
12 01 14 * fanghi di lavorazione, contenenti sostanze pericolose
12 01 15 fanghi di lavorazione, diversi da quelli di cui alla voce 12
01 14
12 01 16 * materiale abrasivo di scarto, contenente sostanze
pericolose
12 01 17 materiale abrasivo di scarto, diverso da quello di cui alla
voce 12 01 16
12 01 18 * fanghi metallici (fanghi di rettifica, affilatura e
lappatura) contenenti olio
12 01 19 * oli per macchinari, facilmente biodegradabili
12 01 20 * corpi d'utensile e materiali di rettifica esauriti,
contenenti sostanze pericolose
12 01 21 corpi d'utensile e materiali di rettifica esauriti, diversi
da quelli di cui alla voce 12 01 20
12 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
12 03 rifiuti prodotti da processi di sgrassatura ad acqua  e  vapore
(tranne 11)
12 03 01 * soluzioni acquose di lavaggio
12 03 02 * rifiuti prodotti da processi di sgrassatura a vapore
13 Oli  esauriti  e  residui  di  combustibili  liquidi  (tranne  oli
commestibili ed oli di cui ai capitoli 05, 12 e 19)
13 01 scarti di oli per circuiti idraulici
13 01 01 * oli per circuiti idraulici contenenti PCB (1)
13 01 04 * emulsioni clorurate
13 01 05 * emulsioni non clorurate
13 01 09 * oli minerali per circuiti idraulici, clorurati
13 01 10 * oli minerali per circuiti idraulici, non clorurati
13 01 11 * oli sintetici per circuiti idraulici
13 01 12 * oli per circuiti idraulici, facilmente biodegradabili
13 01 13 * altri oli per circuiti idraulici
(1) La definizione di PCB adottata nel presente elenco di rifiuti  e'
quella contenuta nella direttiva 96/59/CE.
13 02 scarti di olio motore, olio per ingranaggi e oli lubrificanti
13 02 04 * scarti di olio minerale per motori, ingranaggi e
lubrificazione, clorurati
13 02 05 * scarti di olio minerale per motori, ingranaggi e
lubrificazione, non clorurati
13 02 06 * scarti di olio sintetico per motori, ingranaggi e
lubrificazione
13 02 07 * olio per motori, ingranaggi e lubrificazione, facilmente
biodegradabile
13 02 08 * altri oli per motori, ingranaggi e lubrificazione
13 03 oli isolanti e termoconduttori di scarto
13 03 01 * oli isolanti e termoconduttori, contenenti PCB
13 03 06 * oli minerali isolanti e termoconduttori clorurati, diversi
da quelli di cui alla voce 13 03 01
13 03 07 * oli minerali isolanti e termoconduttori non clorurati
13 03 08 * oli sintetici isolanti e termoconduttori
13 03 09 * oli isolanti e termoconduttori, facilmente biodegradabili
13 03 10 * altri oli isolanti e termoconduttori
13 04 oli di sentina
13 04 01 * oli di sentina della navigazione interna
13 04 02 * oli di sentina delle fognature dei moli
13 04 03 * altri oli di sentina della navigazione
13 05 prodotti di separazione olio/acqua
13 05 01 * rifiuti solidi delle camere a sabbia e di prodotti di
separazione olio/acqua
13 05 02 * fanghi di prodotti di separazione olio/acqua
13 05 03 * fanghi da collettori
13 05 06 * oli prodotti dalla separazione olio/acqua
13 05 07 * acque oleose prodotte dalla separazione olio/acqua
13 05 08 * miscugli di rifiuti delle camere a sabbia e dei prodotti
di separazione olio/acqua
13 07 rifiuti di carburanti liquidi
13 07 01 * olio combustibile e carburante diesel
13 07 02 * petrolio
13 07 03 * altri carburanti (comprese le miscele)
13 08 rifiuti di oli non specificati altrimenti
13 08 01 * fanghi ed emulsioni prodotti dai processi di dissalazione
13 08 02 * altre emulsioni
13 08 99 * rifiuti non specificati altrimenti
14 Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne 07
e 08)
14 06 solventi organici, refrigeranti e propellenti di
schiuma/aerosol di scarto
14 06 01 * clorofluorocarburi, HCFC, HFC
14 06 02 * altri solventi e miscele di solventi, alogenati
14 06 03 * altri solventi e miscele di solventi
14 06 04 * fanghi o rifiuti solidi, contenenti solventi alogenati
14 06 05 * fanghi o rifiuti solidi, contenenti altri solventi
15 Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e
indumenti protettivi (non specificati altrimenti)
15 01 imballaggi (compresi i rifiuti urbani di imballaggio oggetto di
raccolta differenziata)
15 01 01 imballaggi in carta e cartone
15 01 02 imballaggi in plastica
15 01 03 imballaggi in legno
15 01 04 imballaggi metallici
15 01 05 imballaggi in materiali compositi
15 01 06 imballaggi in materiali misti
15 01 07 imballaggi in vetro
15 01 09 imballaggi in materia tessile
15 01 10 * imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o
contaminati da tali sostanze
15 01 11 * imballaggi  metallici  contenenti  matrici  solide  porose
pericolose (ad esempio amianto), compresi i contenitori a pressione
vuoti
15 02 assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi
15 02 02 * assorbenti, materiali filtranti (inclusi filtri  dell'olio
non specificati altrimenti), stracci e indumenti protettivi,
contaminati da sostanze pericolose
15 02 03 assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti
protettivi, diversi da quelli di cui alla voce 15 02 02
16 Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco
16 01 veicoli fuori uso appartenenti  a  diversi  modi  di  trasporto
(comprese le macchine mobili non stradali) e rifiuti  prodotti  dallo
smantellamento di veicoli fuori uso e dalla manutenzione  di  veicoli
(tranne 13, 14, 16 06 e 16 08)
16 01 03 pneumatici fuori uso
16 01 04 * veicoli fuori uso
16 01 06 veicoli fuori uso, non contenenti liquidi ne' altre
componenti pericolose
16 01 07 * filtri dell'olio
16 01 08 * componenti contenenti mercurio
16 01 09 * componenti contenenti PCB
16 01 10 * componenti esplosivi (ad esempio "air bag")
16 01 11 * pastiglie per freni, contenenti amianto
16 01 12 pastiglie per freni, diverse da quelle di cui alla voce 16
01 11
16 01 13 * liquidi per freni
16 01 14 * liquidi antigelo contenenti sostanze pericolose
16 01 15 liquidi antigelo diversi da quelli di cui alla voce 16 01 14
16 01 16 serbatoi per gas liquido
16 01 17 metalli ferrosi
16 01 18 metalli non ferrosi
16 01 19 plastica
16 01 20 vetro
16 01 21 * componenti pericolosi diversi da quelli di cui alle voci
da 16 01 07 a 16 01 11, 16 01 13 e 16 01 14
16 01 22 componenti non specificati altrimenti
16 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
16 02 scarti provenienti da apparecchiature elettriche ed
elettroniche
16 02 09 * trasformatori e condensatori contenenti PCB
16 02 10 * apparecchiature fuori uso contenenti PCB o da essi
contaminate, diverse da quelle di cui alla voce 16 02 09
16 02 11 * apparecchiature fuori uso, contenenti clorofluorocarburi,
HCFC, HFC
16 02 12 * apparecchiature fuori uso, contenenti amianto in fibre
libere
16  02  13  *  apparecchiature  fuori  uso,   contenenti   componenti
pericolosi (2) diversi da quelli di cui alle voci 16 02 09 e 16 02 12
16 02 14 apparecchiature fuori uso, diverse da quelle di cui alle
voci da 16 02 09 a 16 02 13
16 02 15 * componenti pericolosi rimossi da apparecchiature fuori uso
16 02 16 componenti rimossi da apparecchiature fuori uso, diversi da
quelli di cui alla voce 16 02 15
(2) Possono rientrare fra i componenti pericolosi di  apparecchiature
elettriche ed elettroniche gli accumulatori e le batterie di cui alle
voci 16 06 contrassegnati come pericolosi, i commutatori a  mercurio,
i vetri di tubi a raggi catodici ed altri vetri radioattivi, ecc.
16 03 prodotti fuori specifica e prodotti inutilizzati
16 03 03 * rifiuti inorganici, contenenti sostanze pericolose
16 03 04 rifiuti inorganici, diversi da quelli di cui alla voce 16 03
03
16 03 05 * rifiuti organici, contenenti sostanze pericolose
16 03 06 rifiuti organici, diversi da quelli di cui alla voce 16 03
05
16 04 esplosivi di scarto
16 04 01 * munizioni di scarto
16 04 02 * fuochi artificiali di scarto
16 04 03 * altri esplosivi di scarto
16 05 gas in contenitori a pressione e prodotti chimici di scarto
16 05 04 * gas in contenitori a pressione (compresi gli halon),
contenenti sostanze pericolose
16 05 05 gas in contenitori a pressione, diversi da quelli di cui
alla voce 16 05 04
16 05 06 * sostanze chimiche di laboratorio contenenti  o  costituite
da sostanze pericolose, comprese le miscele di sostanze chimiche di
laboratorio
16 05 07 * sostanze chimiche inorganiche di scarto contenenti o
costituite da sostanze pericolose
16 05 08 * sostanze chimiche organiche di scarto contenenti o
costituite da sostanze pericolose
16 05 09 sostanze chimiche di scarto diverse da quelle di cui alle
voci 16 05 06, 16 05 07 e 16 05 08
16 06 batterie ed accumulatori
16 06 01 * batterie al piombo
16 06 02 * batterie al nichel-cadmio
16 06 03 * batterie contenenti mercurio
16 06 04 batterie alcaline (tranne 16 06 03)
16 06 05 altre batterie ed accumulatori
16 06 06 * elettroliti di batterie ed accumulatori, oggetto di
raccolta differenziata
16 07 rifiuti della pulizia di serbatoi per trasporto e stoccaggio  e
di fusti (tranne 05 e 13)
16 07 08 * rifiuti contenenti olio
16 07 09 * rifiuti contenenti altre sostanze pericolose
16 07 99 rifiuti non specificati altrimenti
16 08 catalizzatori esauriti
16 08 01  catalizzatori  esauriti  contenenti  oro,  argento,  renio,
rodio, palladio, iridio o platino (tranne 16 08 07)
16 08 02 * catalizzatori esauriti contenenti metalli di transizione
(3) pericolosi o composti di metalli di transizione pericolosi
16 08 03 catalizzatori esauriti contenenti metalli di transizione o
composti di metalli di transizione, non specificati altrimenti
16 08 04 catalizzatori esauriti da cracking catalitico fluido (tranne
16 08 07)
16 08 05 * catalizzatori esauriti contenenti acido fosforico
16 08 06 * liquidi esauriti usati come catalizzatori
16 08 07 * catalizzatori esauriti contaminati da sostanze pericolose
(3)  Ai  fini  della  presente  voce  sono  considerati  metalli   di
transizione: scandio,  vanadio,  manganese,  cobalto,  rame,  ittrio,
niobio, afnio,  tungsteno,  titanio,  cromo,  ferro,  nichel,  zinco,
zirconio, molibdeno, tantalio. Tali metalli o i  loro  composti  sono
considerati pericolosi se classificati come sostanze  pericolose.  La
classificazione delle sostanze pericolose determina quali metalli  di
transizione e quali  composti  di  metalli  di  transizione  sono  da
considerare pericolosi.
16 09 sostanze ossidanti
16 09 01 * permanganati, ad esempio permanganato di potassio
16 09 02 * cromati, ad esempio cromato di potassio, dicromato di
potassio o di sodio
16 09 03 * perossidi, ad esempio perossido d'idrogeno
16 09 04 * sostanze ossidanti non specificate altrimenti
16 10 rifiuti liquidi acquosi destinati ad essere trattati fuori sito
16 10 01 * soluzioni acquose di scarto, contenenti sostanze
pericolose
16 10 02 soluzioni acquose di scarto, diverse da quelle di cui alla
voce 16 10 01
16 10 03 * concentrati acquosi, contenenti sostanze pericolose
16 10 04 concentrati acquosi, diversi da quelli di cui alla voce 16
10 03
16 11 scarti di rivestimenti e materiali refrattari
16 11 01 * rivestimenti e materiali  refrattari  a  base  di  carbone
provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, contenenti sostanze
pericolose
16 11 02 rivestimenti  e  materiali  refrattari  a  base  di  carbone
provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, diversi da quelli di cui
alla voce 16 11 01
16 11 03 * altri rivestimenti e materiali refrattari provenienti
dalle lavorazioni metallurgiche, contenenti sostanze pericolose
16 11 04 altri rivestimenti e materiali refrattari provenienti  dalle
lavorazioni metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce 16 11
03
16 11 05 * rivestimenti e materiali refrattari provenienti da
lavorazioni non metallurgiche, contenenti sostanze pericolose
16  11  06  rivestimenti  e  materiali  refrattari   provenienti   da
lavorazioni non metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce 16
11 05
17 Rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (compreso il
terreno proveniente da siti contaminati)
17 01 cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche
17 01 01 cemento
17 01 02 mattoni
17 01 03 mattonelle e ceramiche
17 01 06 * miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e
ceramiche, contenenti sostanze pericolose
17 01 07 miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e
ceramiche, diverse da quelle di cui alla voce 17 01 06
17 02 legno, vetro e plastica
17 02 01 legno
17 02 02 vetro
17 02 03 plastica
17 02 04 * vetro, plastica e legno contenenti sostanze pericolose o
da esse contaminati
17 03 miscele bituminose, catrame di carbone e prodotti contenenti
catrame
17 03 01 * miscele bituminose contenenti catrame di carbone
17 03 02 miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 17 03
01
17 03 03 * catrame di carbone e prodotti contenenti catrame
17 04 metalli (incluse le loro leghe)
17 04 01 rame, bronzo, ottone
17 04 02 alluminio
17 04 03 piombo
17 04 04 zinco
17 04 05 ferro e acciaio
17 04 06 stagno
17 04 07 metalli misti
17 04 09 * rifiuti metallici contaminati da sostanze pericolose
17 04 10 * cavi, impregnati di olio, di catrame di carbone o di altre
sostanze pericolose
17 04 11 cavi, diversi da quelli di cui alla voce 17 04 10
17 05 terra (compreso il terreno proveniente da siti contaminati),
rocce e fanghi di dragaggio
17 05 03 * terra e rocce, contenenti sostanze pericolose
17 05 04 terra e rocce, diverse da quelle di cui alla voce 17 05 03
17 05 05 * fanghi di dragaggio, contenente sostanze pericolose
17 05 06 fanghi di dragaggio, diversa da quella di cui alla voce 17
05 05
17 05 07 * pietrisco per massicciate ferroviarie, contenente sostanze
pericolose
17 05 08 pietrisco per massicciate ferroviarie, diverso da quello di
cui alla voce 17 05 07
17 06 materiali isolanti e materiali da costruzione contenenti
amianto
17 06 01 * materiali isolanti contenenti amianto
17 06 03 * altri materiali isolanti contenenti o costituiti da
sostanze pericolose
17 06 04 materiali isolanti diversi da quelli di cui alle voci 17 06
01 e 17 06 03
17 06 05 * materiali da costruzione contenenti amianto(i)
(i) Per quanto riguarda il deposito  dei  rifiuti  in  discarica,  la
classificazione di tale rifiuto come "pericoloso" e' posticipata fino
all'adozione delle norme regolamentari di recepimento della direttiva
99/31/CE sulle discariche, e comunque non oltre il 16 luglio 2002.
17 08 materiali da costruzione a base di gesso
17 08 01 * materiali da costruzione a base di gesso contaminati da
sostanze pericolose
17 08 02 materiali da costruzione a base di gesso diversi da quelli
di cui alla voce 17 08 01
17 09 altri rifiuti dell'attivita' di costruzione e demolizione
17 09 01 * rifiuti dell'attivita' di costruzione e demolizione,
contenenti mercurio
17 09 02 *  rifiuti  dell'attivita'  di  costruzione  e  demolizione,
contenenti PCB (ad esempio sigillanti contenenti PCB,  pavimentazioni
a base di resina contenenti PCB, elementi stagni in vetro  contenenti
PCB, condensatori contenenti PCB)
17 09 03 * altri rifiuti dell'attivita' di costruzione e demolizione
(compresi rifiuti misti) contenenti sostanze pericolose
17 09 04 rifiuti misti dell'attivita' di costruzione e demolizione,
diversi da quelli di cui alle voci 17 09 01, 17 09 02 e 17 09 03
18  Rifiuti  prodotti  dal  settore  sanitario  e  veterinario  o  da
attivita' di ricerca collegate (tranne  i  rifiuti  di  cucina  e  di
ristorazione non direttamente provenienti da trattamento terapeutico)
18 01 rifiuti dei reparti di maternita' e rifiuti legati a diagnosi,
trattamento e prevenzione delle malattie negli esseri umani
18 01 01 oggetti da taglio (eccetto 18 01 03)
18 01 02 parti anatomiche ed organi incluse le sacche per il plasma e
le riserve di sangue (tranne 18 01 03)
18 01 03 * rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando
precauzioni particolari per evitare infezioni
18 01 04 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando
precauzioni   particolari   per   evitare   infezioni   (es.   bende,
ingessature, lenzuola, indumenti monouso, assorbenti igienici)
18 01 06 * sostanze chimiche pericolose o contenenti sostanze
pericolose
18 01 07 sostanze chimiche diverse da quelle di cui alla voce 18 01
06
18 01 08 * medicinali citotossici e citostatici
18 01 09 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18 01 08
18 01 10 * rifiuti di amalgama prodotti da interventi odontoiatrici
18 02 rifiuti legati alle attivita' di ricerca e diagnosi,
trattamento e prevenzione delle malattie negli animali
18 02 01 oggetti da taglio (eccetto 18 02 02)
18 02 02 * rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando
precauzioni particolari per evitare infezioni
18 02 03 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando
precauzioni particolari per evitare infezioni
18 02 05 * sostanze chimiche pericolose o contenenti sostanze
pericolose
18 02 06 sostanze chimiche diverse da quelle di cui alla voce 18 02
05
18 02 07 * medicinali citotossici e citostatici
18 02 08 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18 02 07
19 Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti,  impianti
di  trattamento  delle  acque  reflue  fuori  sito,   nonche'   dalla
potabilizzazione dell'acqua e dalla sua preparazione per uso
industriale
19 01 rifiuti da incenerimento o pirolisi di rifiuti
19 01 02 materiali ferrosi estratti da ceneri pesanti
19 01 05 * residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi
19 01 06 * rifiuti liquidi acquosi prodotti dal trattamento dei fumi
e di altri rifiuti liquidi acquosi
19 01 07 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
19 01 10 * carbone attivo esaurito, impiegato per il trattamento dei
fumi
19 01 11 * ceneri pesanti e scorie, contenenti sostanze pericolose
19 01 12 ceneri pesanti e scorie, diverse da quelle di cui alla voce
19 01 11
19 01 13 * ceneri leggere, contenenti sostanze pericolose
19 01 14 ceneri leggere, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 13
19 01 15 * ceneri di caldaia, contenenti sostanze pericolose
19 01 16 polveri di caldaia, diverse da quelle di cui alla voce 19 01
15
19 01 17 * rifiuti della pirolisi, contenenti sostanze pericolose
19 01 18 rifiuti della pirolisi, diversi da quelli di cui alla voce
19 01 17
19 01 19 sabbie dei reattori a letto fluidizzato
19 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
19 02 rifiuti prodotti da  specifici  trattamenti  chimico-fisici  di
rifiuti  industriali   (comprese   decromatazione,   decianizzazione,
neutralizzazione)
19 02 03 miscugli di rifiuti composti esclusivamente da rifiuti non
pericolosi
19 02 04 * miscugli di rifiuti contenenti almeno un rifiuto
pericoloso
19 02 05 * fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, contenenti
sostanze pericolose
19 02 06 fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, diversi da
quelli di cui alla voce 19 02 05
19 02 07 * oli e concentrati prodotti da processi di separazione
19 02 08 * rifiuti combustibili liquidi, contenenti sostanze
pericolose
19 02 09 * rifiuti combustibili solidi, contenenti sostanze
pericolose
19 02 10 rifiuti combustibili, diversi da quelli di cui alle voci 19
02 08 e 19 02 09
19 02 11 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose
19 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
19 03 rifiuti stabilizzati/solidificati (4)
19 03 04 * rifiuti contrassegnati come pericolosi, parzialmente (5)
stabilizzati
19 03 05 rifiuti stabilizzati diversi da quelli di cui alla voce 19
03 04
19 03 06 * rifiuti contrassegnati come pericolosi, solidificati
19 03 07 rifiuti solidificati diversi da quelli di cui alla voce 19
03 06
(4) I processi di stabilizzazione modificano la  pericolosita'  delle
sostanze contenute nei rifiuti e trasformano i rifiuti pericolosi  in
rifiuti non pericolosi. I  processi  di  solidificazione  influiscono
esclusivamente sullo stato fisico dei rifiuti (dallo stato liquido  a
quello solido, ad esempio)  per  mezzo  di  appositi  additivi  senza
modificare le proprieta' chimiche dei rifiuti stessi.
(5) Un rifiuto e' considerato parzialmente  stabilizzato  se  le  sue
componenti pericolose, che non sono state  completamente  trasformate
in sostanze non pericolose grazie  al  processo  di  stabilizzazione,
possono essere  disperse  nell'ambiente  nel  breve,  medio  o  lungo
periodo.
19 04 rifiuti vetrificati e rifiuti di vetrificazione
19 04 01 rifiuti vetrificati
19 04 02 * ceneri leggere ed altri rifiuti dal trattamento dei fumi
19 04 03 * fase solida non vetrificata
19 04 04 rifiuti liquidi acquosi prodotti dalla tempra di rifiuti
vetrificati
19 05 rifiuti prodotti dal trattamento aerobico di rifiuti solidi
19 05 01 parte di rifiuti urbani e simili non compostata
19 05 02 parte di rifiuti animali e vegetali non compostata
19 05 03 compost fuori specifica
19 05 99 rifiuti non specificati altrimenti
19 06 rifiuti prodotti dal trattamento anaerobico dei rifiuti
19 06 03 liquidi prodotti dal trattamento anaerobico di rifiuti
urbani
19 06 04 digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti
urbani
19 06 05 liquidi prodotti dal trattamento anaerobico di rifiuti di
origine animale o vegetale
19 06 06 digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti di
origine animale o vegetale
19 06 99 rifiuti non specificati altrimenti
19 07 percolato di discarica
19 07 02 * percolato di discarica, contenente sostanze pericolose
19 07 03 percolato di discarica, diverso da quello di cui alla voce
19 07 02
19 08 rifiuti prodotti dagli impianti per il trattamento delle acque
reflue, non specificati altrimenti
19 08 01 vaglio
19 08 02 rifiuti dell'eliminazione della sabbia
19 08 05 fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane
19 08 06 * resine a scambio ionico saturate o esaurite
19 08 07 * soluzioni e fanghi di rigenerazione delle resine a scambio
ionico
19 08 08 * rifiuti prodotti da sistemi a membrana, contenenti
sostanze pericolose
19 08 09 miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione
olio/acqua, contenenti esclusivamente oli e grassi commestibili
19 08 10 * miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione
olio/acqua, diverse da quelle di cui alla voce 19 08 09
19 08 11 * fanghi prodotti dal trattamento biologico delle acque
reflue industriali, contenenti sostanze pericolose
19 08 12 fanghi prodotti dal trattamento biologico delle acque reflue
industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 11
19 08 13 * fanghi contenenti sostanze pericolose prodotti da altri
trattamenti delle acque reflue industriali
19 08 14 fanghi prodotti da altri trattamenti delle acque reflue
industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 13
19 08 99 rifiuti non specificati altrimenti
19 09 rifiuti prodotti dalla potabilizzazione dell'acqua o dalla sua
preparazione per uso industriale
19 09 01 rifiuti solidi prodotti dai processi di filtrazione e vaglio
primari
19 09 02 fanghi prodotti dai processi di chiarificazione dell'acqua
19 09 03 fanghi prodotti dai processi di decarbonatazione
19 09 04 carbone attivo esaurito
19 09 05 resine a scambio ionico saturate o esaurite
19 09 06 soluzioni e fanghi di rigenerazione delle resine a scambio
ionico
19 09 99 rifiuti non specificati altrimenti
19 10 rifiuti prodotti da operazioni di frantumazione di rifiuti
contenenti metallo
19 10 01 rifiuti di ferro e acciaio
19 10 02 rifiuti di metalli non ferrosi
19 10 03 * fluff - frazione leggera e polveri, contenenti sostanze
pericolose
19 10 04 fluff - frazione leggera e polveri, diversi da quelli di cui
alla voce 19 10 03
19 10 05 * altre frazioni, contenenti sostanze pericolose
19 10 06 altre frazioni, diverse da quelle di cui alla voce 19 10 05
19 11 rifiuti prodotti dalla rigenerazione dell'olio
19 11 01 * filtri di argilla esauriti
19 11 02 * catrami acidi
19 11 03 * rifiuti liquidi acquosi
19 11 04 * rifiuti prodotti dalla purificazione di carburanti tramite
basi
19 11 05 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
contenenti sostanze pericolose
19 11 06 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 19 11 05
19 11 07 * rifiuti prodotti dalla purificazione dei fumi
19 11 99 rifiuti non specificati altrimenti
19 12 rifiuti prodotti dal  trattamento  meccanico  dei  rifiuti  (ad
esempio selezione, triturazione, compattazione, riduzione in pellet)
non specificati altrimenti
19 12 01 carta e cartone
19 12 02 metalli ferrosi
19 12 03 metalli non ferrosi
19 12 04 plastica e gomma
19 12 05 vetro
19 12 06 * legno contenente sostanze pericolose
19 12 07 legno diverso da quello di cui alla voce 19 12 06
19 12 08 prodotti tessili
19 12 09 minerali (ad esempio sabbia, rocce)
19 12 10 rifiuti combustibili (CDR: combustibile derivato da rifiuti)
19 12 11 * altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal
trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose
19 12 12  altri  rifiuti  (compresi  materiali  misti)  prodotti  dal
trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce
19 12 11
19 13 rifiuti prodotti dalle operazioni di bonifica di terreni e
risanamento delle acque di falda
19 13 01 * rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di bonifica dei
terreni, contenenti sostanze pericolose
19 13 02 rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di bonifica dei
terreni, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 01
19 13 03 * fanghi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni,
contenenti sostanze pericolose
19 13 04 fanghi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni,
diversi da quelli di cui alla voce 19 13 03
19 13 05 * fanghi prodotti dalle operazioni di risanamento delle
acque di falda, contenenti sostanze pericolose
19 13 06 fanghi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque
di falda, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 05
19 13 07 * rifiuti liquidi acquosi  e  concentrati  acquosi  prodotti
dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, contenenti
sostanze pericolose
19 13 08 rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi prodotti dalle
operazioni di risanamento delle acque di falda, diversi da quelli di
cui alla voce 19 13 07
20 Rifiuti urbani  (rifiuti  domestici  e  assimilabili  prodotti  da
attivita' commerciali e industriali nonche' dalle istituzioni)
inclusi i rifiuti della raccolta differenziata
20 01 frazioni oggetto di raccolta differenziata (tranne 15 01)
20 01 01 carta e cartone
20 01 02 vetro
20 01 08 rifiuti biodegradabili di cucine e mense
20 01 10 abbigliamento
20 01 11 prodotti tessili
20 01 13 * solventi
20 01 14 * acidi
20 01 15 * sostanze alcaline
20 01 17 * prodotti fotochimici
20 01 19 * pesticidi
20 01 21 * tubi fluorescenti ed altri rifiuti contenenti mercurio
20 01 23 * apparecchiature fuori uso contenenti clorofluorocarburi
20 01 25 oli e grassi commestibili
20 01 26 * oli e grassi diversi da quelli di cui alla voce 20 01 25
20 01 27 * vernici, inchiostri, adesivi e resine contenenti sostanze
pericolose
20 01 28 vernici, inchiostri, adesivi e resine diversi da quelli di
cui alla voce 20 01 27
20 01 29 * detergenti contenenti sostanze pericolose
20 01 30 detergenti diversi da quelli di cui alla voce 20 01 29
20 01 31 * medicinali citotossici e citostatici
20 01 32 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 20 01 31
20 01 33 * batterie e accumulatori di cui alle voci 16 06 01,  16  06
02 e 16 06 03 nonche' batterie e accumulatori non suddivisi
contenenti tali batterie
20 01 34 batterie e accumulatori diversi da quelli di cui alla voce
20 01 33
20 01 35 * apparecchiature  elettriche  ed  elettroniche  fuori  uso,
diverse da quelle di cui alla voce 20 01 21 e 20  01  23,  contenenti
componenti pericolosi (6)
20 01 36 apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso,
diverse da quelle di cui alle voci 20 01 21, 20 01 23 e 20 01 35
20 01 37 * legno, contenente sostanze pericolose
20 01 38 legno, diverso da quello di cui alla voce 20 01 37
20 01 39 plastica
20 01 40 metallo
20 01 41 rifiuti prodotti dalla pulizia di camini e ciminiere
20 01 99 altre frazioni non specificate altrimenti
(6) Possono rientrare fra i componenti pericolosi di  apparecchiature
elettriche ed elettroniche gli accumulatori e le batterie di cui alle
voci 16 06 contrassegnati come pericolosi, i commutatori a mercurio,
i vetri di tubi a raggi catodici ed altri vetri radioattivi, ecc."
20 02 rifiuti prodotti  da  giardini  e  parchi  (inclusi  i  rifiuti
provenienti da cimiteri)
20 02 01 rifiuti biodegradabili
20 02 02 terra e roccia
20 02 03 altri rifiuti non biodegradabili
20 03 altri rifiuti urbani
20 03 01 rifiuti urbani non differenziati
20 03 02 rifiuti dei mercati
20 03 03 residui della pulizia stradale
20 03 04 fanghi delle fosse settiche
20 03 06 rifiuti della pulizia delle fognature
20 03 07 rifiuti ingombranti
20 03 99 rifiuti urbani non specificati altrimenti

    
ALLEGATO E 
 
  1) Obiettivi di recupero e di riciclaggio 
  Entro il 31 dicembre 2008 almeno il 60 % in  peso  dei  rifiuti  di
imballaggio sara'  recuperato  o  sara'  incenerito  in  impianti  di
incenerimento rifiuti con recupero di energia; 
  entro il 31 dicembre 2008 sara' riciclato almeno il 55 % e fino 
all'80 % in peso dei rifiuti di imballaggio 
  materiali contenuti nei rifiuti di' imballaggio: 
  60 % in peso per il vetro; 
  60% in peso per la carta e il cartone; 
  50% in peso per i metalli; 
  26% in peso  per  la  plastica,  tenuto  conto  esclusivamente  dei
materiali riciclati sottoforma di plastica; 
  35% in peso per il legno. 
  2) Criteri interpretativi per la definizione di imballaggio ai 
sensi della Direttiva 2004/12/CE 
  i) Sono considerati imballaggi gli  articoli  che  rientrano  nella
definizione di  cui  sopra,  fatte  salve  altre  possibili  funzioni
dell'imballaggio, a meno che tali articoli non siano parti integranti
di  un  prodotto  e  siano  necessari  per  contenere,  sostenere   o
preservare tale prodotto per tutto il suo ciclo di vita e  tutti  gli
elementi siano destinati ad essere utilizzati, consumati o  eliminati
insieme; 
  ii) sono considerati imballaggi gli articoli progettati e destinati
ad essere riempiti nel punto vendita  e  gli  elementi  usa  e  getta
venduti, riempiti o progettati e destinati  ad  essere  riempiti  nel
punto vendita, a condizione che svolgano una funzione di imballaggio; 
  iii)  i  componenti  dell'imballaggio  e  gli  elementi   accessori
integrati nell'imballaggio sono considerati  parti  integranti  dello
stesso. Gli elementi accessori direttamente fissati  o  attaccati  al
prodotto e che svolgono  funzioni  di  imballaggio  sono  considerati
imballaggio a meno che non siano  parte  integrante  del  prodotto  e
tutti gli elementi siano destinati ad essere  consumati  o  eliminati
insieme. Esempi illustrativi per i criteri sopra citati sono: 
  Esempi illustrativi per il criterio i) 
  Articoli considerati imballaggio 
  Scatole per dolci 
  Involucro che ricopre la custodia di un CD 
  Articoli non considerati imballaggio 
  Vasi da fiori destinati a restare con la pianta per tutta la durata 
di vita di questa Cassette di attrezzi 
  Bustine da te' 
  Rivestimenti di cera dei formaggi 
  Budelli per salumi 
  Esempi illustrativi per il criterio ii) 
  Articoli da imballaggio progettati e destinati ad essere riempiti 
nel punto vendita Sacchetti o borse di carta o di plastica 
  Piatti e tazze usa e getta 
  Pellicole di plastica trasparente 
  Sacchetti per panini 
  Fogli di alluminio 
  Articoli non considerati imballaggio Cucchiaini di plastica 
  Posate usa e getta 
  Esempi illustrativi per il criterio iii) 
  Articoli considerati imballaggio 
  Etichette fissate direttamente o attaccate al prodotto 
  Articoli considerati parti di imballaggio 
  Spazzolino del mascara che fa parte del tappo della confezione 
  Etichette adesive incollate su un altro articolo di imballaggio 
  Graffette 
  Fascette di plastica 
  Dispositivo di dosaggio che fa parte del tappo della confezione per
i detersivi. 
ALLEGATO F 
 
Criteri  da  applicarsi  sino  all'entrata,  in  vigore  del  decreto
interministeriale di cui all'articolo 226, comma 3. 
Requisiti   essenziali   concernenti    la    composizione    e    la
riutilizzabilita'   e   la   recuperabilita'   (in   particolare   la
riciclabilita') degli imballaggi. 
  Gli imballaggi sono fabbricati in modo da limitare il volume  e  il
peso al minimo necessario per  garantire  il  necessario  livello  di
sicurezza, igiene e accettabilita' tanto per  il  prodotto  imballato
quanto per il consumatore. 
  Gli imballaggi sono concepiti, prodotti e commercializzati in  modo
da permetterne il reimpiego o il recupero, compreso il riciclaggio, e
da  ridurne  al  minimo  l'impatto  sull'ambiente  se  i  rifiuti  di
imballaggio o i residui delle operazioni di gestione dei  rifiuti  di
imballaggio sono smaltiti. 
  Gli imballaggi sono fabbricati in modo che la presenza  di  metalli
nocivi e di altre sostanze e materiali  pericolosi  come  costituenti
del   materiale   di   imballaggio   o   di   qualsiasi    componente
dell'imballaggio sia limitata al minimo  con  riferimento  alla  loro
presenza nelle emissioni, nelle ceneri o nei residui di lisciviazione 
se gli 
  imballaggi o i residui delle operazioni di gestione dei rifiuti  di
imballaggio sono inceneriti o interrati. 
  I seguenti requisiti devono essere soddisfatti simultaneamente: 
  1)1e  proprieta'  fisiche  e  le  caratteristiche  dell'imballaggio
devono consentire una serie di spostamenti o rotazioni in  condizioni
di impiego normalmente prevedibili; 
  2) possibilita' di trattare gli imballaggi usati per ottemperare ai
requisiti in materia di salute e di sicurezza dei lavoratori; 
  3)  osservanza  dei  requisiti   specifici   per   gli   imballaggi
recuperabili se l'imballaggio non e' piu' utilizzato c diventa quindi
un rifiuto; 
  4) l'imballaggio deve essere prodotto in modo tale da consentire il
riciclaggio di una determinata  percentuale  in  peso  del  materiali
usati, nella fabbricazione di prodotti commerciabili, rispettando  le
norme in vigore nella Comunita' europea; 
  5) la determinazione di tale percentuale puo' variare a seconda del
tipo di materiale che costituisce l'imballaggio. 
  6) I rifiuti di imballaggio trattati a scopi di recupero energetico
devono avere un valore calorifico minimo inferiore per permettere  di
ottimizzare il recupero energetico. 
  1. Requisiti per la fabbricazione e composizione degli imballaggi 
  2. Requisiti per la riutilizzabilita' di un imballaggio 
  3. Requisiti per la recuperabilita' di un imballaggio 
  a) Imballaggi recuperabili sotto forma di riciclaggio del materiale
b) Imballaggi recuperabili sotto forma di recupero di energia 
  c) Imballaggi recuperabili sotto forma di' composi 
  I rifiuti di  imballaggio  trattati  per  produrre  compost  devono
essere sufficientemente biodegradabili in modo da non  ostacolare  la
raccolta separata e il processo o l'attivita' di compostaggio in  cui
sono introdotti. 
  I rifiuti di imballaggio biodegradabili  devono  essere  di  natura
tale da poter subire una decomposizione fisica,  chimica,  termica  o
biologica grazie alla quale la maggior parte del  compost  risultante
finisca per decomporsi in biossido di carbonio, biomassa e acqua. 
  d) Imballaggi biodegradabili, 
ALLEGATO G 
 
      ((ALLEGATO ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)) 
ALLEGATO H 
 
      ((ALLEGATO ABROGATO DAL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 205)) 
    

                          ((ALLEGATO I
               Caratteristiche di pericolo per i rifiuti

H1 "Esplosivo":  sostanze  e  preparati  che  possono  esplodere  per
effetto della fiamma o che sono sensibili agli urti  e  agli  attriti
piu' del dinitrobenzene;
H2 "Comburente": sostanze e  preparati  che,  a  contatto  con  altre
sostanze, soprattutto se infiammabili, presentano una forte  reazione
esotermica;
H3-A "Facilmente infiammabile": sostanze e preparati:
- liquidi il cui punto  di  infiammabilita'  e'  inferiore  a  21°  C
(compresi i liquidi estremamente infiammabili), o -  che  a  contatto
con l'aria, a temperatura ambiente e senza apporto di energia,
possono riscaldarsi e infiammarsi, o
- solidi che possono facilmente infiammarsi per la rapida  azione  di
una sorgente di accensione e che continuano a bruciare o a consumarsi
anche dopo l'allontanamento della sorgente di accensione, o
- gassosi che  si  infiammano  a  contatto  con  l'aria  a  pressione
normale,
o
- che, a contatto con l'acqua o l'aria umida, sprigionano gas
facilmente
infiammabili in quantita' pericolose;
H3-B "Infiammabile": sostanze e preparati liquidi  il  cui  punto  di
infiammabilita' e' pari o superiore a 21° C e inferiore o pari a  55°
C;
H4 "Irritante": sostanze e preparati non corrosivi  il  cui  contatto
immediato, prolungato o ripetuto  con  la  pelle  o  le  mucose  puo'
provocare una reazione infiammatoria;
H5 "Nocivo": sostanze e preparati che, per inalazione,  ingestione  o
penetrazione cutanea, possono comportare  rischi  per  la  salute  di
gravita' limitata;
H6  "Tossico":  sostanze  e  preparati  (comprese  le  sostanze  e  i
preparati  molto  tossici)  che,   per   inalazione,   ingestione   o
penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute  gravi,
acuti o cronici e anche la morte;
H7  "Cancerogeno":  sostanze  e  preparati   che,   per   inalazione,
ingestione o penetrazione  cutanea,  possono  produrre  il  cancro  o
aumentarne l'incidenza;
H8 "Corrosivo": sostanze e preparati  che,  a  contatto  con  tessuti
vivi, possono esercitare su di essi un'azione distruttiva;
H9 "Infettivo":  sostanze  contenenti  microrganismi  vitali  o  loro
tossine, conosciute  o  ritenute  per  buoni  motivi  come  cause  di
malattie nell'uomo o in altri organismi viventi;
H10 "Tossico per la riproduzione":  sostanze  e  preparati  che,  per
inalazione,  ingestione  o  penetrazione  cutanea,  possono  produrre
malformazioni congenite non ereditarie o aumentarne la frequenza;
H11 "Mutageno": sostanze e preparati che, per inalazione,  ingestione
o penetrazione cutanea, possono produrre difetti genetici ereditari o
aumentarne l'incidenza;
H12  Rifiuti  che,  a  contatto  con  l'acqua,  l'aria  o  un  acido,
sprigionano un gas tossico o molto tossico;
H13 "Sensibilizzanti": sostanze o  preparati  che  per  inalazione  o
penetrazione  cutanea,  possono  dar  luogo   a   una   reazione   di
ipersensibilizzazione per cui una successiva esposizione alla
sostanza o al preparato produce effetti nefasti caratteristici;
H14 "Ecotossico": rifiuti che presentano o possono presentare  rischi
immediati o differiti per uno o piu' comparti ambientali.
H15 Rifiuti suscettibili, dopo l'eliminazione,  di  dare  origine  in
qualche modo ad un'altra  sostanza,  ad  esempio  a  un  prodotto  di
lisciviazione avente una delle caratteristiche sopra elencate.
Note
1. L'attribuzione delle  caratteristiche  di  pericolo  "tossico"  (e
"molto tossico"), "nocivo", "corrosivo" e "irritante"  "cancerogeno",
"tossico  per  la  riproduzione",  "mutageno"  ed   "ecotossico"   e'
effettuata secondo i criteri stabiliti nell'allegato VI, parte I.A  e
parte II.B della direttiva 67/548/CEE del Consiglio,  del  27  giugno
1967  e  successive  modifiche   e   integrazioni,   concernente   il
ravvicinamento  delle  disposizioni  legislative,  regolamentari   ed
amministrative  relative  alla  classificazione,  all'imballaggio   e
all'etichettatura delle sostanze pericolose.
2. Ove pertinente si applicano i valori limite di cui  agli  allegati
II e III della direttiva 1999/45/CE  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio del 31 maggio  1999  concernente  il  ravvicinamento  delle
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati
membri   relative    alla    classificazione,    all'imballaggio    e
all'etichettatura dei preparati pericolosi.
Metodi di prova:
I metodi da utilizzare sono quelli descritti  nell'allegato  V  della
direttiva 67/548/CEE e in altre pertinenti note del CEN.

-----
Se disponibili metodi di prova.))

    
    

                          ((ALLEGATO L
             Esempi di misure di prevenzione dei rifiuti

Misure che possono incidere sulle condizioni generali relative alla
produzione di rifiuti
1. Ricorso a misure di pianificazione o ad altri strumenti  economici
che promuovono l'uso efficiente delle risorse.
2. Promozione di  attivita'  di  ricerca  e  sviluppo  finalizzate  a
realizzare prodotti e tecnologie piu' puliti  e  capaci  di  generare
meno rifiuti; diffusione e utilizzo dei risultati di tali attivita'.
3.  Elaborazione  di  indicatori  efficaci  e   significativi   delle
pressioni ambientali associate alla produzione  di  rifiuti  volti  a
contribuire alla prevenzione della produzione di rifiuti  a  tutti  i
livelli,  dalla  comparazione  di  prodotti  a  livello   comunitario
attraverso interventi delle autorita' locali fino a misure nazionali.
Misure che possono incidere sulla fase di progettazione e produzione
e di distribuzione
4. Promozione della  progettazione  ecologica  (cioe'  l'integrazione
sistematica degli aspetti ambientali nella progettazione del prodotto
al  fine  di  migliorarne  le  prestazioni   ambientali   nel   corso
dell'intero ciclo di vita).
5. Diffusione di  informazioni  sulle  tecniche  di  prevenzione  dei
rifiuti al fine di agevolare l'applicazione delle  migliori  tecniche
disponibili da parte dell'industria.
6.  Organizzazione  di  attivita'  di  formazione   delle   autorita'
competenti per quanto riguarda l'integrazione delle  prescrizioni  in
materia di prevenzione dei rifiuti nelle autorizzazioni rilasciate  a
norma della presente direttiva e della direttiva 96/61/CE.
7. Introduzione di misure per  prevenire  la  produzione  di  rifiuti
negli impianti non soggetti  alla  direttiva  96/61/CE.  Tali  misure
potrebbero  eventualmente  comprendere   valutazioni   o   piani   di
prevenzione dei rifiuti.
8. Campagne  di  sensibilizzazione  o  interventi  per  sostenere  le
imprese a livello finanziario, decisionale o in altro modo.
Tali misure possono essere particolarmente efficaci se sono destinate
specificamente (e adattate) alle piccole e medie imprese e se operano
attraverso reti di imprese gia' costituite.
9. Ricorso ad accordi volontari, a panel di consumatori e  produttori
o a negoziati settoriali per incoraggiare  le  imprese  o  i  settori
industriali interessati a predisporre i propri piani o  obiettivi  di
prevenzione dei rifiuti o a  modificare  prodotti  o  imballaggi  che
generano troppi rifiuti.
10. Promozione di sistemi di  gestione  ambientale  affidabili,  come
l'EMAS e la norma ISO 14001.
Misure che possono incidere sulla fase del consumo e dell'utilizzo
11. Ricorso a strumenti economici, ad esempio incentivi per
l'acquisto di beni e servizi meno inquinanti o imposizione ai
consumatori di un pagamento obbligatorio per un determinato  articolo
o  elemento   dell'imballaggio   che   altrimenti   sarebbe   fornito
gratuitamente.
12.  Campagne  di  sensibilizzazione  e  diffusione  di  informazioni
destinate al  pubblico  in  generale  o  a  specifiche  categorie  di
consumatori.
13. Promozione di marchi di qualita' ecologica affidabili.
14. Accordi con l'industria, ricorrendo ad esempio a gruppi di studio
sui prodotti  come  quelli  costituiti  nell'ambito  delle  politiche
integrate di prodotto, o accordi con i rivenditori per  garantire  la
disponibilita' di informazioni sulla prevenzione  dei  rifiuti  e  di
prodotti a minor impatto ambientale.
15. Nell'ambito degli appalti pubblici e  privati,  integrazione  dei
criteri ambientali e di prevenzione dei rifiuti nei bandi di  gara  e
nei contratti, coerentemente con quanto indicato  nel  manuale  sugli
appalti pubblici ecocompatibili pubblicato dalla  Commissione  il  29
ottobre 2004.
16. Promozione del riutilizzo e/o della  riparazione  di  determinati
prodotti scartati, o loro componenti in particolare attraverso misure
educative, economiche, logistiche o altro, ad esempio il  sostegno  o
la creazione di centri e reti accreditati di  riparazione/riutilizzo,
specialmente in regioni densamente popolate.))

    
Allegati al Titolo V 
 
ALLEGATO 1 - Criteri generali  per  l'analisi  di  rischio  sanitario
ambientale sito-specifica 
ALLEGATO 2 - Criteri  generali  per  la  caratterizzazione  dei  siti
contaminati 
ALLEGATO 3 - Criteri generali per la selezione e  l'esecuzione  degli
interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza
(d'urgenza, operativa o  permanente),  nonche'  per  l'individuazione
delle migliori tecniche d'intervento a costi sopportabili 
ALLEGATO  4  -  Criteri  generali  per  l'applicazione  di  procedure
semplificate 
ALLEGATO 5 - Valori di concentrazione limite accettabili nel suolo  e
nel sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d'uso dei siti da
bonificare 
 
 
ALLEGATO 1 
 
CRITERI GENERALI PER L'ANALISI DI RISCHIO SANITARIO AMBIENTALE 
SITO-SPECIFICA 
 
PREMESSA 
  Il presente  allegato  definisce  gli  elementi  necessari  per  la
redazione dell'analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica
(nel seguito analisi di rischio), da utilizzarsi per  la  definizione
degli obiettivi di bonifica. 
  L'analisi di rischio si puo' applicare prima,  durante  e  dopo  le
operazioni di bonifica o messa in sicurezza. 
  L'articolato normativo  fa  riferimento  a  due  criteri-soglia  di
intervento: il primo (CSC)  da  considerarsi  valore  di  attenzione,
superato il  quale  occorre  svolgere  una  caratterizzazione  ed  il
secondo (CSR) che identifica  i  livelli  di  contaminazione  residua
accettabili,  calcolati  mediante  analisi  di  rischio,  sui   quali
impostare gli interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica. 
  Il presente allegato definisce i criteri minimi da applicare  nella
procedura di analisi di rischio inversa che verra' utilizzata per  il
calcolo delle CSR, cioe' per definire in modo rigoroso e  cautelativo
per l'ambiente gli obiettivi di bonifica aderenti  alla  realta'  del
sito,  che  rispettino  i  criteri  di  accettabilita'  del   rischio
cancerogeno e dell'indice di rischio assunti nei punti di conformita'
prescelti. 
  CONCETTI E PRINCIPI BASE 
  Nell'applicazione dell'analisi di rischio dei siti  contaminati  ed
ai fini di una interpretazione corretta dei risultati finali  occorre
tenere conto dei seguenti concetti: 
  la grandezza  rischio,  in  tutte  le  sue  diverse  accezioni,  ha
costantemente al suo interno componenti  probabilistiche.  Nella  sua
applicazione per definire gli obiettivi di risanamento  e  importante
sottolineare  che  la  probabilita'  non  e'  legata  all'evento   di
contaminazione (gia' avvenuto),  quanto  alla  natura  probabilistica
degli effetti nocivi che la contaminazione, o meglio l'esposizione ad
un certo contaminante, puo' avere sui ricettori finali. 
  Ai fini di una piena accettazione dei risultati dovra' essere posta
una particolare cura nella scelta dei  parametri  da  utilizzare  nei
calcoli,  scelta   che   dovra'   rispondere   sia   a   criteri   di
conservativita' , il  principio  della  cautela  e'  intrinseco  alla
procedura di analisi di rischio, che a  quelli  di  sito-specificita'
ricavabili dalle indagini di caratterizzazione svolte. 
  L'individuazione e l'analisi dei potenziali percorsi di esposizione
e dei bersagli e la  definizione  degli  obiettivi  di  bonifica,  in
coerenza con gli orientamenti strategici piu' recenti, devono  tenere
presente la destinazione d'uso del sito prevista dagli  strumenti  di
programmazione territoriale. 
  COMPONENTI DELL'ANALISI DI RISCHIO DA PARAMETRIZZARE 
  Sulla base della struttura del processo decisionale di "analisi  di
rischio",  indipendentemente  dal  tipo  di  metodologia   impiegata,
dovranno essere parametrizzate le seguenti  componenti:  contaminanti
indice, sorgenti, vie e modalita' di esposizione, ricettori finali. 
  Di seguito si  presentano  gli  indirizzi  necessari  per  la  loro
definizione ai fini dei calcoli. 
  Contaminanti indice 
  Particolare attenzione  dovra'  essere  posta  nella  scelta  delle
sostanze di interesse (contaminanti indice) da sottoporre ai  calcoli
di analisi di rischio. 
  La scelta dei contaminanti  indice,  desunti  dai  risultati  della
caratterizzazione, deve tener conto dei seguenti fattori: 
  - Superamento della  o  delle  CSC,  ovvero  dei  valori  di  fondo
naturali. 
  - Livelli di tossicita'. 
  - Grado di mobilita' e persistenza nelle varie matrici ambientali. 
  - Correlabilita' ad attivita' svolta nel sito 
  - Frequenza dei valori superiori al CSC. 
  Sorgenti 
  Le indagini di caratterizzazione dovranno portare alla  valutazione
della   geometria   della   sorgente:   tale    valutazione    dovra'
necessariamente tenere conto delle dimensioni globali  del  sito,  in
modo  da  procedere,  eventualmente,  ad  una  suddivisione  in  aree
omogenee  sia  per  le  caratteristiche  idrogeologiche  che  per  la
presenza di sostanze contaminanti, da sottoporre  individualmente  ai
calcoli di' analisi di rischio. 
  In  generale  l'esecuzione   dell'analisi   di   rischio   richiede
l'individuazione  di  valori  di  concentrazione   dei   contaminanti
rappresentativi in corrispondenza di ogni sorgente di  contaminazione
(suolo superficiale,  suolo  profondo,  falda)  secondo  modalita'  e
criteri che si diversificano in funzione del grado di approssimazione
richiesto. 
  Tale valore verra' confrontato con quello ricavato dai  calcoli  di
analisi di rischio, per poter definire gli interventi necessari. 
  Salvo che per le contaminazioni puntuali (hot-spots), che  verranno
trattate in modo puntuale, tali  concentrazioni  dovranno  essere  di
norma  stabilite  su  basi  statistiche  (media   aritmetica,   media
geometrica, UCI, 95% del valore medio). 
  Le vie e le modalita' di esposizione 
  Le vie di esposizione sono quelle mediante le quali  il  potenziale
bersaglio entra in contatto con le sostanze inquinanti. 
  Si ha una esposizione diretta se la via di esposizione coincide con
la sorgente di contaminazione; si ha una  esposizione  indiretta  nel
caso in cui il contatto del  recettore  con  la  sostanza  inquinante
avviene a seguito della migrazione dello stesso e quindi  avviene  ad
una certa distanza dalla sorgente. 
  Le vie di esposizione per le quali occorre definire i parametri  da
introdurre nei calcoli sono le seguenti: 
  - Suolo superficiale (compreso fra piano  campagna  e  1  metro  di
profondita'). - Suolo profondo (compreso fra la base del precedente e
la massima profondita' indagata). 
  - Aria outdoor (porzione di ambiente  aperto,  aeriforme,  dove  si
possono avere evaporazioni di  sostanze  inquinanti  provenienti  dai
livelli piu'  superficiali.  -  Aria  indoor  (porzione  di  ambiente
aeriforme confinata in ambienti chiusi). - Acqua  sotterranea  (falda
superficiale e/o profonda). 
  Le modalita' di esposizione attraverso le quali  puo'  avvenire  il
contatto tra l'inquinante ed il bersaglio variano in  funzione  delle
vie di esposizione sopra riportate e sono distinguibili in: 
  - ingestione di acqua potabile. 
  - ingestione di suolo. 
  - contatto dermico. 
  - inalazione di vapori e particolato. 
  I recettori o bersagli della contaminazione 
  Sono i recettori umani, identificabili in residenti e/o  lavoratori
presenti nel sito (on-site) o persone che vivono al di fuori del sito
(off-site). 
  Di fondamentale importanza e' la scelta del  punto  di  conformita'
(soprattutto quello per  le  acque  sotterranee)  e  del  livello  di
rischio   accettabile   sia   per   le   sostanze   cancerogene   che
non-cancerogene. 
  - punto di conformita' per le acque sotterranee 
  ((Il punto di conformita' per le acque sotterranee  rappresenta  il
punto a valle idrogeologico  della  sorgente  al  quale  deve  essere
garantito il ripristino dello stato originale (ecologico, chimico e/o
quantitativo) del corpo idrico sotterraneo, onde consentire  tutti  i
suoi usi potenziali, secondo quanto previsto nella  parte  terza  (in
particolare articolo 76) e nella parte sesta del presente decreto (in
particolare articolo  300).  Pertanto  in  attuazione  del  principio
generale di precauzione, il punto di conformita' deve essere di norma
fissato non oltre i confini del sito contaminato oggetto di  bonifica
e la relativa  CSR  per  ciascun  contaminante  deve  essere  fissata
equivalente alle CSC di cui all'Allegato 5  della  parte  quarta  del
presente decreto. Valori superiori possono essere ammissibili solo in
caso di fondo  naturale  piu'  elevato  o  di  modifiche  allo  stato
originario dovute all'inquinamento diffuso, ove accertati o  validati
dalla Autorita' pubblica competente, o in caso  di  specifici  minori
obiettivi di qualita' per il corpo idrico  sotterraneo  o  per  altri
corpi idrici  recettori,  ove  stabiliti  e  indicati  dall'Autorita'
pubblica  competente,  comunque  compatibilmente  con  l'assenza   di
rischio igienico-sanitario per eventuali altri recettori a  valle.  A
monte idrogeologico del punto  di  conformita'  cosi'  determinato  e
comunque limitatamente alle aree interne del sito in  considerazione,
la concentrazione dei contaminanti puo' risultare maggiore della  CSR
cosi' determinata, purche' compatibile con il rispetto della  CSC  al
punto di conformita' nonche' compatibile con  l'analisi  del  rischio
igienico sanitario  per  ogni  altro  possibile  recettore  nell'area
stessa)). 
  - criteri di accettabilita' del rischio cancerogeno  e  dell'indice
di rischio 
  Si propone 1 x10-5 come valore di rischio incrementale  accettabile
nel corso della vita come obiettivo di bonifica  nei  riguardi  delle
sostanze cancerogene, mentre  per  le  sostanze  non  cancerogene  si
propone il criterio  universalmente  accettato  del  non  superamento
della dose tollerabile o accettabile (ADI  o  TDI)  definita  per  la
sostanza. (< 1). ((10)) 
  PROCEDURE DI CALCOLO E STIMA DEL RISCHIO 
  Le  procedure  di  calcolo   finalizzate   alla   caratterizzazione
quantitativa del rischio, data  l'importanza  della  definizione  dei
livelli  di  bonifica  (CSR),  dovranno  essere   condotte   mediante
l'utilizzo di metodologie quale ad esempio ASTM PS 104, di comprovata
validita'  sia  dal  punto  di  vista  delle  basi  scientifiche  che
supportano gli algoritmi di calcolo, che della  riproducibilita'  dei
risultati. 
  PROCEDURA DI VALIDAZIONE 
  Al fine di consentire la  validazione  dei  risultati  ottenuti  da
parte  degli  enti  di  controllo  e'  necessario  avere   la   piena
rintracciabilita' dei dati di input con relative fonti e dei  criteri
utilizzati per i calcoli. 
  Gli elementi piu' importanti sono di seguito riportati: 
  - Criteri di scelta dei contaminanti indice. 
  - Modello concettuale  del  sito  alla  luce  dei  risultati  delle
indagini di caratterizzazione con percorsi di esposizione e punti  di
conformita'. 
  - Procedure di calcolo utilizzate. 
  - Fonti utilizzate per la determinazione  dei  parametri  di  input
degli algoritmi di calcolo. 
 
------------- 
AGGIORNAMENTO (10) 
  Il D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 ha disposto (con  l'art.  2,  comma
43) che "al  trattino  relativo  ai  criteri  di  accettabilita'  del
rischio cancerogeno e dell'indice di rischio, le parole da "1x10-5" a
"(1)" sono sostituite con le parole "1xl0-6 come  valore  di  rischio
incrementale accettabile per la singola sostanza cancerogena e 1x10'5
come valore di rischio incrementale accettabile cumulato per tutte le
sostanze cancerogene, mentre  per  le  sostanze  non  cancerogene  si
applica il criterio del non  superamento  della  dose  tollerabile  o
accettabile (ADI o  TDI)  definita  per  la  sostanza  (Hazard  Index
complessivo 1)"". 
ALLEGATO 2 
 
CRITERI GENERALI PER LA CARATTERIZZAZIONE DEI SITI CONTAMINATI 
 
PREMESSA 
  La caratterizzazione ambientale di un sito  e'  identificabile  con
l'insieme delle attivita' che permettono di ricostruire i fenomeni di
contaminazione a carico delle matrici ambientali, in modo da ottenere
le informazioni di base su  cui  prendere  decisioni  realizzabili  e
sostenibili per la messa in  sicurezza  e/o  bonifica  del  sito.  Le
attivita' di caratterizzazione devono essere condotte in modo tale da
permettere  la  validazione  dei  risultati  finali  da  parte  delle
Pubbliche  Autorita'  in  un  quadro  realistico  e  condiviso  delle
situazioni di contaminazione eventualmente emerse. 
  Per  caratterizzazione  dei  siti  contaminati  si  intende  quindi
l'intero processo costituito dalle seguenti fasi: 
  1. Ricostruzione storica  delle  attivita'  produttive  svolte  sul
sito. 
  2. Elaborazione del Modello  Concettuale  Preliminare  del  sito  e
predisposizione di un piano di indagini ambientali  finalizzato  alla
definizione dello stato ambientale del suolo, del sottosuolo e  delle
acque sotterranee. 
  3. Esecuzione del piano di  indagini  e  delle  eventuali  indagini
integrative necessarie alla luce dei primi risultati raccolti. 
  4. Elaborazione dei risultati delle indagini eseguite  e  dei  dati
storici raccolti e rappresentazione dello stato di contaminazione del
suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee. 
  5. Elaborazione del Modello Concettuale Definitivo. 
  6.  Identificazione   dei   livelli   di   concentrazione   residua
accettabili - sui quali impostare gli eventuali interventi  di  messa
in sicurezza e/o  di  bonifica,  che  si  rendessero  successivamente
necessari a seguito dell'analisi di rischio-calcolati mediante 
analisi di rischio eseguita secondo i criteri di cui in Allegato 
  La Caratterizzazione ambientale, sara' avviata successivamente alla
approvazione  da  parte  delle  Autorita'  Competenti  del  Piano  di
indagini di cui al punto i e si riterra' conclusa con l'approvazione,
in unica soluzione, da parte delle Autorita'  Competenti  dell'intero
processo sopra riportato, al termine delle attivita' di cui al  punto
5 nel caso di non superamento delle CSC e al  termine  dell'attivita'
di cui al punto 6 qualora si riscontri un superamento delle  suddette
concentrazioni. 
  Nel fase di attuazione dell'intero processo, l'Autorita' competente
potra' richiedere al Proponente stati di avanzamento dei  lavori  per
ognuna delle fasi sopra riportate, rilasciando eventuali prescrizioni
per ognuna delle fasi di cui sopra in un'unica soluzione. Per i  Siti
di interresse nazionale, i tempi e le modalita' di approvazione delle
fasi di cui sopra potranno essere disciplinate con  appositi  Accordi
di Programma. 
  Il  presente  documento  fa  riferimento  ai  siti   potenzialmente
contaminati che non rientrano nella fattispecie a cui si applicano le
procedure semplificate dell'Allegato 4. 
 
  PREDISPOSIZIONE DEL PIANO DI INDAGINI AMBIENTALI FINALIZZATO ALLA 
DEFINIZIONE DELLO STATO AMBIENTALE DEL SOTTOSUOLO 
  Tale fase si attua attraverso: 
  1. Raccolta dei dati esistenti ed elaborazione del Modello 
Concettuale Preliminare 
  2. Elaborazione del Piano di Investigazione Iniziale  comprendente:
indagini, campionamenti e analisi da svolgere mediante prove in sito 
ed analisi di laboratorio 
  3. Ogni altra indagine, campionamento e  analisi  finalizzati  alla
definizione dello stato ambientale del sottosuolo e dei livelli di 
concentrazione accettabili per il terreno e le acque sotterranee 
  Modello concettuale preliminare 
  Il modello concettuale preliminare e' realizzato sulla  base  delle
informazioni storiche disponibili  prima  dell'inizio  del  Piano  di
investigazione, nonche' di eventuali indagini  condotte  nelle  varie
matrici ambientali nel corso della normale gestione del sito. Con  il
modello   concettuale   preliminare   vengono   infatti    descritte:
caratteristiche specifiche del sito in termini  di  potenziali  fonti
della  contaminazione;   estensione,   caratteristiche   e   qualita'
preliminari  delle  matrici  ambientali  influenzate  dalla  presenza
dell'attivita'  esistente  o  passata  svolta  sul  sito;  potenziali
percorsi di migrazione dalle sorgenti di contaminazione  ai  bersagli
individuati. Tale modello deve essere  elaborato  prima  di  condurre
l'attivita' di campo in modo da guidare la definizione del  Piano  di
investigazione.  Parte  integrante   e   fondamentale   del   modello
concettuale del sito e' la definizione preliminare, sulla base  delle
informazioni   storiche   a   disposizione,   delle   caratteristiche
idrogeologiche degli acquiferi  superficiali  e  profondi  in  quanto
possibili veicoli della contaminazione. 
  Per la  redazione  del  Modello  Concettuale  preliminare  dovranno
essere considerate le eventuali indagini condotte nelle varie matrici
ambientali  nel  corso  della  normale  gestione  del   sito,   prima
dell'attuazione del piano di indagini. 
  Piano di indagini 
  Il piano di indagini dovra' contenere  la  dettagliata  descrizione
delle attivita' che saranno svolte in campo ed in laboratorio per  la
caratterizzazione ambientale del sito. Il Proponente dovra' includere
in tale documento  le  specifiche  tecniche  per  l'esecuzione  delle
attivita' (procedure di campionamento, le misure di campo,  modalita'
di identificazione, conservazione e trasporto dei campioni, metodiche
analitiche,  ecc.  )  che  una  volta   approvate   dalle   Autorita'
Competenti, prima dell'inizio dei lavori, costituiranno il protocollo
applicabile per la caratterizzazione del sito. 
  Le fonti potenziali di inquinamento sono definite  sulla  base  del
Modello Concettuale Preliminare del sito  e  comprendono:  luoghi  di
accumulo e stoccaggio di  rifiuti  e  materiali,  vasche  e  serbatoi
interrati e fuori terra, pozzi  disperdenti,  cumuli  di  rifiuti  in
contenitori o dispersi, tubazioni e fognature, ecc... 
  Le indagini avranno l'obiettivo di: 
  verificare l'esistenza di inquinamento di suolo, sottosuolo e acque
sotterranee; 
  definire il grado, l'estensione volumetrica dell'inquinamento; 
  delimitare il volume delle aree di interramento di rifiuti; 
  individuare le possibili vie  di  dispersione  e  migrazione  degli
inquinanti dalle fonti verso i potenziali ricettori; 
  ricostruire  le  caratteristiche   geologiche   ed   idrogeologiche
dell'area al fine di sviluppare il modello concettuale definitivo del
sito; 
  ottenere i parametri necessari a condurre nel  dettaglio  l'analisi
di rischio sito specifica; 
  individuare i possibili ricettori. 
  A tal fine devono essere definiti: 
  l'ubicazione e tipologia delle indagini da svolgere,  sia  di  tipo
diretto, quali sondaggi e piezometri, sia indiretto, come  i  rilievi
geofisici; 
  il piano di campionamento di suolo,  sottosuolo,  rifiuti  e  acque
sotterranee; 
  il piano di analisi chimico-fisiche e le metodiche analitiche; 
  la profondita' da raggiungere con le perforazioni,  assicurando  la
protezione  degli  acquiferi  profondi  ed  evitando  il  rischio  di
contaminazione indotta dal campionamento; 
  le metodologie di interpretazione e restituzione dei risultati. 
  Ubicazione dei punti di campionamento 
  L'ubicazione dei punti di campionamento deve  essere  stabilita  in
modo da corrispondere agli obiettivi indicati nei criteri generali. 
  Per ogni matrice ambientale investigata (suolo,  sottosuolo,  acque
sotterranee) si  possono  presentare  due  principali  strategie  per
selezionare l'ubicazione dei punti di sondaggio e prelievo: 
  1. la scelta e' basata sull'esame dei dati storici a disposizione e
su  tutte  le  informazioni  sintetizzate  nel  modello   concettuale
preliminare e deve essere mirata a verificare  le  ipotesi  formulate
nel suddetto modello in termini di presenza, estensione e  potenziale
diffusione della contaminazione; questa scelta e' da preferirsi per i
siti complessi qualora le informazioni storiche  e  impiantistiche  a
disposizione consentano di prevedere  la  localizzazione  delle  aree
piu' vulnerabili e  delle  piu'  probabili  fonti  di  contaminazione
ubicazione "ragionata". 
  2. la scelta della localizzazione dei  punti  e'  effettuata  sulla
base di  un  criterio  di  tipo  casuale  o  statistico,  ad  esempio
campionamento sulla base di una griglia predefinita o casuale; questa
scelta e' da preferirsi ogni volta che le dimensioni dell'area  o  la
scarsita' di informazioni storiche  e  impiantistiche  sul  sito  non
permettano   di   ottenere    una    caratterizzazione    preliminare
soddisfacente e di prevedere la localizzazione delle  piu'  probabili
fonti di contaminazione ["ubicazione sistematica"] 
  A seconda della complessita' del sito, i due approcci di cui  sopra
possono  essere  applicati   contemporaneamente   in   funzione   del
differente utilizzo delle aree del sito. In particolare, nella scelta
dei punti di indagine si  terra'  conto  della  diversita'  tra  aree
dismesse e/o libere da impianti e aree occupate da impianti, 
collocando i 
  punti di campionamento in corrispondenza dei punti  di  criticita',
valutando nel contempo la configurazione impiantistica  e  lo  schema
dei relativi sottoservizi. 
  Oltre ai criteri di cui sopra, l'applicazione di tecniche indirette
di indagine, la dove applicabili (analisi del gas  interstiziale  del
suolo, indagini geofisiche indirette, ecc.), potra' essere utilizzata
al fine di determinare una migliore ubicazione dei punti di  indagine
diretta (prelievi di  terreno  e  acqua)  ed  ottenere  una  maggiore
copertura arcale delle informazioni. In tal caso il proponente potra'
presentare  un  piano  di  indagini  per  approfondimenti  successivi
utilizzando  le  indagini  indirette   per   formulare   il   modello
concettuale preliminare del  sito  e  concordando  con  le  Autorita'
competenti modalita' di discussione ed approvazione  degli  stati  di
avanzamento delle indagini. In tal caso il piano di  indagini  dovra'
contenere  una  dettagliata  descrizione  della  validita'  e   della
applicabilita' delle tecniche di indagine indirette utilizzate. 
  Al fine di conoscere la qualita' delle matrici  ambientali  (valori
di fondo) dell'ambiente in cui e'  inserito  il  sito  potra'  essere
necessario  prelevare  campioni  da  aree  adiacenti  il  sito.  Tali
campioni  verranno   utilizzati   per   determinare   i   valori   di
concentrazione delle sostanze inquinanti per ognuna delle  componenti
ambientali rilevanti per il sito in esame; nel caso di  campionamento
di suoli, la profondita' ed il tipo di  terreno  da  campionare  deve
corrispondere, per quanto possibile, a quelli dei  campioni  raccolti
nel sito. 
  Selezione delle sostanze inquinanti da ricercare 
  La selezione dei parametri  dovra'  avvenire  essenzialmente  sulla
base seguente processo: 
  Esame del ciclo produttivo e/o dei dati storici del sito  (processo
industriale, materie prime, intermedi, prodotti e reflui generati nel
caso di un'area industriale dimessa; materiali smaltiti nel  caso  di
una discarica; prodotti coinvolti nel caso di versamenti accidentali,
eventuali analisi esistenti, etc.), per la  definizione  di  un  "set
standard" di analiti (sia per le analisi dei terreni sia  per  quelle
delle acque sotterranee) concettualmente applicabile, nel corso delle
indagini, alla generalita' delle aree di interesse. 
  Esame dello stato fisico, della stabilita' e delle  caratteristiche
di reale pericolosita' delle sostanze individuate nel "set  standard"
di analiti di cui al punto precedente per eseguire solo su queste  la
caratterizzazione completa di laboratorio; Nei punti  distanti  dalle
possibili sorgenti di contaminazione si potra' inoltre selezionare un
numero limitato di parametri  indicatori,  scelti  sulla  base  della
tossicita' e mobilita' dei contaminanti e dei  relativi  prodotti  di
trasformazione. 
  Il percorso logico  di  cui  sopra  dovra'  essere  validato  prima
dell'inizio dei lavori  con  l'approvazione  del  Piano  di  Indagini
presentato dal proponente. 
  Si potra' valutare la possibilita' e l'opportunita' di modulare  il
piano analitico in funzione delle peculiarita' delle varie  sub  aree
di interesse, individuando set specifici. 
  Modalita' di esecuzione sondaggi e piezometri 
  I  sondaggi  saranno  eseguiti,  per  quanto  possibile,   mediante
carotaggio continuo a infissione diretta, rotazione/rotopercussione a
secco, utilizzando  un  carotiere  di  diametro  idoneo  ed  evitando
fenomeni di surriscaldamento. 
  I sondaggi da  attrezzare  a  piezometro  saranno  realizzati,  per
quanto possibile, a carotaggio continuo a rotazione/rotopercussione a
secco, utilizzando un carotiere di diametro idoneo. 
  Campionamento terreni e acque sotterranee 
  Tutte le operazioni che saranno svolte per il  campionamento  delle
matrici ambientali, il prelievo, la formazione,  il  trasporto  e  la
conservazione del campione e per le analisi di  laboratorio  dovranno
essere documentate con verbali quotidiani. 
  Dovra' inoltre essere  riportato  l'elenco  e  la  descrizione  dei
materiali e delle principali attrezzature utilizzati. 
  Il piano di indagini dovra' contenere una  dettagliata  descrizione
delle procedure di campionamento dei terreni e delle acque, le misure
da  effettuare   in   campo,   le   modalita'   di   identificazione,
conservazione e trasporto dei campioni, che una volta approvate dalle
Autorita' Competenti, prima  dell'inizio  dei  lavori,  costituiranno
l'unico protocollo applicabile per la caratterizzazione del sito. 
  Ogni campione e' suddiviso in due aliquote, una  per  l'analisi  da
condurre  ad  opera  dei  soggetti  privati,  una  per   archivio   a
disposizione dell'ente  di  controllo.  L'eventuale  terza  aliquota,
quando richiesta, sara' confezionata  in  contraddittorio  solo  alla
presenza dell'ente di controllo, sigillando il  campione  che  verra'
firmato dagli addetti incaricati, verbalizzando il relativo prelievo. 
La copia di archivio verra' conservata  a  temperatura  idonea,  sino
all'esecuzione e validazione delle analisi di  laboratorio  da  parte
dell'ente di controllo preposto. 
  Terreni 
  I criteri che devono essere adottati nella formazione  di  campioni
di terreno che si succedono lungo la colonna di  materiali  prelevati
sono: 
  ottenere la  determinazione  della  concentrazione  delle  sostanze
inquinanti per strati omogenei dal punto di vista litologico; 
  prelevare separatamente,  in  aggiunta  ai  campioni  previsti  per
sondaggio, materiali che si distinguono per evidenze di  inquinamento
o   per    caratteristiche    organolettiche,    chimico-fisiche    e
litologico-stratigrafiche.    Analisi    di    campo    e     analisi
semiquantitative (p.es. test in sito dello spazio di testa)  potranno
essere utilizzate, laddove applicabili, per selezionare tali campioni
e per ottenere  una  maggiore  estensione  delle  informazioni  sulla
verticale. I campioni relativi a particolari evidenze o anomalie sono
formati per spessori superiori ai 50 cm. 
  Per corrispondere ai  criteri  indicati,  da  ciascun  sondaggio  i
campioni dovranno essere formati distinguendo almeno: 
  campione 1: da 0 a -1 metro dal piano campagna; 
  campione 2: 1 m che comprenda la zona di frangia capillare; 
  campione  3:  1  in  nella  zona  intermedia  tra  i  due  campioni
precedenti. 
  Con eccezione dei casi in cui esista un accumulo di  rifiuti  nella
zona satura, la caratterizzazione del terreno sara' concentrata sulla
zona   insatura.   Quando   il   campionamento   dei    terreni    e'
specificatamente destinato a composti volatili, non viene previsto il
campionamento in doppia aliquota. 
  Il  campione  dovra'  essere  formato  immediatamente   a   seguito
dell'estrusione   del   materiale   dal   carotiere   in    quantita'
significative e rappresentative. 
  Un apposito campione dovra' essere prelevato nel  Caso  in  cui  si
debba provvedere alla classificazione granulometrica del terreno. 
  Quando sono oggetto di indagine rifiuti interrati,  in  particolare
quando sia prevista la loro rimozione e smaltimento come rifiuto,  si
procedera' al  prelievo  e  all'analisi  di  un  campione  medio  del
materiale estratto da ogni posizione di sondaggio. 
  I sondaggi, dopo il  prelievo  dei  campioni  di  terreno,  saranno
sigillati  con  riempimento  dall'alto   o   iniezione   di   miscele
bentonitiche dal fondo. 
  Acque sotterranee 
  Ai fini del presente documento si intende rappresentativo della 
composizione delle acque sotterranee il campionamento dinamico 
  Qualora debba  essere  prelevata  solamente  la  fase  separata  di
sostanze non miscibili oppure si sia in presenza  di  acquiferi  poco
produttivi, puo' essere utilizzato il campionamento statico. 
  Qualora sia rinvenuto nei piezometri  del  prodotto  surnatante  in
fase libera, occorrera'. provvedere ad un campionamento selettivo del
prodotto;  sui  campioni  prelevati  saranno  condotti  i   necessari
accertamenti di laboratorio finalizzati  alla  sua  caratterizzazione
per determinarne se possibile l'origine, 
  Metodiche analitiche 
  Le attivita' analitiche verranno eseguite da laboratori pubblici  o
privati che garantiscano di corrispondere ai necessari  requisiti  di
qualita'.  Le  metodiche   analitiche   applicate   dovranno   essere
concordate fra le parti prima dell'inizio  dei  lavori,  in  fase  di
approvazione del piano di indagine proposto. 
  Analisi chimica dei terreni 
  Ai fini di ottenere l'obiettivo di ricostruire il profilo verticale
della concentrazione degli inquinanti  nel  terreno,  i  campioni  da
portare in laboratorio dovranno essere privi della frazione  maggiore
di 2 cm (da scartare in campo)  e  le  determinazioni  analitiche  in
laboratorio dovranno essere condotte sull'aliquota  di  granulometria
inferiore a 2  mm.  La  concentrazione  del  campione  dovra'  essere
determinata  riferendosi  alla  totalita'   dei   materiali   secchi,
comprensiva anche dello scheletro. 
  Le  analisi  chimiche  saranno   condotte   adottando   metodologie
ufficialmente riconosciute, tali da garantire l'ottenimento di valori
10 volte inferiori rispetto ai valori di concentrazione limite. 
  Analisi chimica delle acque 
  Le  analisi  chimiche  saranno   condotte   adottando   metodologie
ufficialmente riconosciute, tali da garantire l'ottenimento di valori
10 volte inferiori rispetto ai valori (li concentrazione limite. 
  Atti di controllo 
  Le attivita' di controllo da parte della Pubblica  Autorita'  sara'
soprattutto  qualitativo  e  potra'  essere  realizzato  durante   lo
svolgimento delle attivita' di campo, attraverso la verifica 
dell'applicazione delle specifiche definite nel Piano di 
  Indagini. Le attivita' di  campo,  saranno  descritte  e  cura  del
responsabile del sito, con la redazione del Giornale dei Lavori,  che
sara' verificato e validato dai Responsabili degli Enti  preposti  al
controllo. 
  Le attivita' di controllo da  parte  degli  enti  preposti,  potra'
essere  realizzato  durante   lo   svolgimento   delle   analisi   di
laboratorio, seguendone le diverse fasi. I  Responsabili  degli  Enti
preposti al controllo, potranno pertanto  verificare,  attraverso  un
sistema di controllo qualita', la corretta applicazione : 
  delle metodiche analitiche; 
  dei sistemi utilizzati; 
  del rispetto delle Buone Pratiche di Laboratorio. 
  Tutte le fasi operative di laboratorio, comprese  le  attivita'  di
controllo degli Enti preposti, saranno descritte nel giornale  lavori
di  laboratorio,  che  potra'  essere  verificato  e   validato   dai
Responsabili degli stessi Enti. 
  La validazione dell'intero percorso  analitico,  dal  prelievo  dal
campione alla restituzione del dato,  potra'  essere  eseguita  dagli
Enti  di  Controllo,  attraverso   l'approvazione   dei   certificati
analitici. 
  ESECUZIONE DI EVENTUALI INDAGINI INTEGRATIVE 
  Sulla  base  dei  risultati  del  Piano  di  Indagini  eseguito  in
conformita' con le specifiche in esso contenute, il Proponente potra'
procedere, se ritenuto necessario, alla predisposizione  di  indagini
integrative mirate alla migliore definizione del Modello  Concettuale
Definitivo del sito. 
  Per indagini integrative si  intendono  quindi  tutte  le  indagini
mirate alla definizione dei parametri sito  specifici  necessari  per
l'applicazione dell'analisi di rischio ed eventualmente alla migliore
calibrazione dei modelli di calcolo  impiegati,  che  non  sia  stati
possibile caratterizzare con  le  indagini  iniziali.  Tali  indagini
possono  includere:  campionamenti  e  analisi  di  terreno  e  acque
sotterranee con le modalita' riportate ai paragrafi precedenti; prove
specifiche  per  verificare  la  stabilita'  e   la   mobilita'   dei
contaminanti (test di permeabilita', test di cessione, ecc.); prove e
test in sito per verificare la naturale attenuazione dei contaminanti
nel terreno e nelle acque sotterranee. 
  Tutte le indagini  integrative  proposte  saranno  dettagliatamente
descritte e motivate in un documento tecnico che sara' presentato dal
Proponente, prima dell'inizio dei lavori, alla Autorita'  Competenti,
per eventuali prescrizioni. 
  RAPPRESENTAZIONE DELLO STATO DI CONTAMINAZIONE DEL SOTTOSUOLO 
  Tutti i risultati  analitici  ricavati  nel  corso  delle  fasi  di
indagine costituiscono la base di dati a cui riferirsi  per  definire
il modello concettuale del sito e definire il  grado  e  l'estensione
della contaminazione nel sito. 
  L'obiettivo e' quello di  raccogliere  e  rappresentare  tutti  gli
elementi  che  servono  a   definire:   l'estensione   dell'area   da
bonificare;  i  volumi  di  suolo  contaminato;  le   caratteristiche
rilevanti  dell'ambiente  naturale   e   costruito;   il   grado   di
inquinamento delle diverse matrici ambientali. 
  L'elaborazione dei risultati analitici deve esprimere  l'incertezza
del valore di concentrazione determinato  per  ciascun  campione:  in
considerazione della eterogeneita' delle matrici suolo, sottosuolo  e
materiali di riporto  la  deviazione  standard  per  ogni  valore  di
concentrazione  determinato,  da  confrontare   con   i   valori   di
concentrazione limite accettabili, dovra' essere stabilita sulla base
del confronto delle metodologie che  si  intendono  adottare  per  il
campionamento e per le analisi dei campioni di terreno e di acqua. 
  Nella relazione che accompagna la presentazione dei risultati delle
analisi  devono  essere  riportati  i  metodi  e  calcoli  statistici
adottati nell'espressione dei risultati e della deviazione standard. 
  I risultati delle attivita'  di  indagine  svolte  sul  sito  e  in
laboratorio devono essere espressi sotto forma di tabelle di sintesi,
di rappresentazioni grafiche e cartografiche, tra cui  devono  essere
realizzate: 
  carte geologiche, strutturali ed idrogeologiche; 
  carte  dell'ubicazione  delle  indagini  svolte  e  dei  punti   di
campionamento; 
  carte piezometriche, con evidenziazione delle direzioni  prevalenti
di flusso e dei punti di misura; 
  carte di rappresentazione della contaminazione. 
  In particolare, carte di rappresentazione  della  isoconcentrazione
dei contaminanti (es. curve  di  isoconcentrazione)  potranno  essere
utilizzate principalmente per le acque sotterranee e  applicate  alla
contaminazione del terreno qualora le condizioni di  omogeneita'  del
sottosuolo lo consentano. 
  Per i Siti di Interesse nazionale,  potra'  essere  realizzata  una
banca-dati  informatizzata  collegata  ad  un   Sistema   Informativo
Territoriale (SIT/GIS) per permettere  la  precisa  archiviazione  di
tutti dati  relativi  al  sito  e  dei  risultati  di  ogni  tipo  di
investigazione. 
  ELABORAZIONE DI UN MODELLO CONCETTUALE DEFINITIVO DEL SITO 
  L'elaborazione di un Modello Concettuale  Definitivo  del  sito  e'
mirata  alla  rappresentazione  dell'interazione  tra  lo  stato   di
contaminazione   del   sottosuolo,   ricostruita   e    rappresentala
conformemente al paragrafo  precedente,  e  l'ambiente  naturale  e/o
costruito. Il Modello Concettuale costituisce pertanto  la  base  per
l'applicazione dell'Analisi di  Rischio  che  dovra'  verificare  gli
scenari di esposizione  in  esso  definiti.  Il  Modello  Concettuale
Definitivo include: 
  - le caratteristiche specifiche del sito in termini di stato  delle
potenziali  fonti  della  contaminazione  (attive,  non  attive,   in
sicurezza, ecc.); 
  -  grado  ed  estensione  della  contaminazione  del   suolo,   del
sottosuolo,  delle  acque  superficiali  e  sotterranee  del  sito  e
dell'ambiente da questo influenzato;  a  tale  fine  dovranno  essere
individuati dei parametri specifici di rappresentazione (ad  esempio;
concentrazione media della sorgente secondaria di contaminazione); 
  - percorsi  di  migrazione  dalle  sorgenti  di  contaminazione  ai
bersagli individuati nello scenario attuale  (siti  in  esercizio)  o
nello scenario futuro (in caso di riqualificazione dell'area). 
  Informazioni  di   dettaglio   sulla   formulazione   del   Modello
Concettuale Definitivo  ai  fini  dell'applicazione  dell'Analisi  di
Rischio sono riportate nell'Allegato 1. In particolare, nel  caso  di
siti in esercizio, il modello concettuale  dovra'  inoltre  includere
tutte le  informazioni  necessarie  per  stabilire  le  priorita'  di
intervento per la  eventuale  verifica  delle  sorgenti  primarie  di
contaminazione e la messa in sicurezza e bonifica del sottosuolo. 
  Parte integrante del modello concettuale del sito e' la definizione
del modello idrogeologico dell'area  che  descrive  in  dettaglio  le
caratteristiche  idrogeologiche  degli   acquiferi   superficiali   e
profondi in quanto possibili veicoli della contaminazione. 
  IDENTIFICAZIONE DEI LIVELLI DI CONCENTRAZIONE RESIDUA ACCETTABILI 
  Fatto salvo quanto previsto per i  casi  in  cui  si  applicano  le
procedure semplificate di cui in Allegato 4, la Caratterizzazione del
sito si riterra' conclusa con la definizione da parte del  Proponente
e l'approvazione da parte delle Autorita' Competenti, dei livelli  di
concentrazione  residua  accettabili  nel  terreno  e   nelle   acque
sotterranee mediante l'applicazione dell'analisi di  rischio  secondo
quanto previsto dall'Allegato 1. 
  L'Analisi  di  Rischio  dovra'  essere  sviluppata  verificando   i
percorsi di esposizione attivi individuati dal Modello Concettuale di
cui al paragrafo precedente. 
ALLEGATO 3 
 
CRITERI GENERALI PER LA SELEZIONE E L'ESECUZIONE DEGLI INTERVENTI  DI
BONIFICA E RIPRISTINO AMBIENTALE, DI MESSA IN  SICUREZZA  (D'URGENZA,
OPERATIVA O PERMANENTE), NONCHE' PER L'INDIVIDUAZIONE DELLE MIGLIORI 
TECNICHE D'INTERVENTO A COSTI SOPPORTABILI 
 
Premessa 
  Il presente allegato si propone di illustrare i criteri generali da
seguire sia nella selezione che nell'esecuzione degli  interventi  di
bonifica e ripristino ambientale, di messa  in  sicurezza  d'urgenza,
messa in sicurezza operativa, messa in sicurezza permanente,  nonche'
degli interventi in cui si faccia ricorso a batteri, ceppi  batterici
mutanti e stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo. 
  Sono  presentate,  quindi,  le  diverse  opzioni  da  prendere   in
considerazione     sia     per     pervenire     ad      un'effettiva
eliminazione/riduzione  della  contaminazione,  sia  per   conseguire
un"efficace azione di protezione delle matrici ambientali influenzate
dagli effetti del sito, mediante la messa in sicurezza dello  stesso,
qualora le tecniche di bonifica dovessero  risultare  meno  efficaci,
ovvero non sostenibili economicamente ovvero non compatibili  con  la
prosecuzione delle attivita' produttive. 
  Per i siti  "in  esercizio",  infatti,  laddove  un  intervento  di
bonifica   intensivo   comporterebbe   delle   limitazioni   se   non
l'interruzione   delle   attivita'   di   produzione,   il   soggetto
responsabile  dell'inquinamento  o  il  proprietario  del  sito  puo'
ricorrere, in alternativa,  ad  interventi  altrettanto  efficaci  di
messa in sicurezza  dell'intero  sito,  finalizzati  alla  protezione
delle matrici ambientali sensibili  mediante  il  contenimento  degli
inquinanti  all'interno  dello  stesso,  e  provvedere   gradualmente
all'eliminazione  delle  sorgenti  inquinanti  secondarie   in   step
successivi programmati, rimandando la bonifica alla dismissione delle
attivita'. 
  Le modalita' di gestione dei rifiuti e delle acque  di  scarico,  o
meglio, gli  accorgimenti  tecnici  che  possono  essere  previsti  e
progettati  per  evitare  la  produzione  di  rifiuti  (per  es.   il
riutilizzo  delle  acque  e  dei   terreni)   incidono   in   maniera
determinante sui costi di un intervento a  parita'  di  obiettivi  di
bonifica o di messa in sicurezza da raggiungere. 
  Tale situazione e' particolarmente rilevante nel caso  di  siti  in
esercizio. 
  Criteri generali per gli interventi di bonifica e di messa in 
sicurezza Interventi di bonifica 
  La bonifica di  un  sito  inquinato  e'  finalizzata  ad  eliminare
l'inquinamento delle matrici ambientali o a ricondurre le 
concentrazioni delle sostanze inquinanti in 
  suolo, sottosuolo, acque sotterranee e superficiali, entro i valori
soglia di contaminazione (CSC) stabiliti per  la  destinazione  d'uso
prevista o ai  valori  di  concentrazione  soglia  di  rischio  (CSR)
definiti in base ad una metodologia di Analisi  di  Rischio  condotta
per il sito specifico sulla base dei criteri  indicati  nell'Allegato
I. 
  Interventi di messa in sicurezza 
  Gli  interventi  di  messa  in  sicurezza  sono  finalizzati   alla
rimozione e all'isolamento delle fonti inquinanti, e al  contenimento
della diffusione degli  inquinanti  per  impedirne  il  contatto  con
l'uomo e con i recettori ambientali circostanti. 
  Essi hanno carattere di urgenza in caso di rilasci accidentali o di
improvviso accertamento di una situazione di contaminazione o di 
pericolo di 
  contaminazione  (messa   in   sicurezza   d'urgenza),   ovvero   di
continuita' e compatibilita'  con  le  lavorazioni  svolte  nei  siti
produttivi in esercizio (messa in  sicurezza  operativa),  ovvero  di
definitivita' nei casi in cui, nei siti non interessati da  attivita'
produttive in esercizio, non sia possibile procedere  alla  rimozione
degli inquinanti pur applicando le migliori tecnologie disponibili  a
costi sopportabili di cui al presente allegato  (messa  in  sicurezza
permanente). 
  La messa in sicurezza di un sito  inquinato  e'  comprensiva  delle
azioni di monitoraggio e controlli)  finalizzate  alla  verifica  nel
tempo delle soluzioni adottate  ed  il  mantenimento  dei  valori  di
concentrazione degli inquinanti nelle matrici ambientali  interessate
al di sotto dei valori soglia di rischio (CSR). 
  Gli interventi di bonifica e di messa in  sicurezza  devono  essere
condotti secondo i seguenti criteri tecnici generali: 
  a)   privilegiare   le   tecniche   di   bonifica   che    riducono
permanentemente e significativamente la concentrazione nelle  diverse
matrici ambientali, gli effetti tossici e la mobilita' delle sostanze
inquinanti; 
  b) privilegiare le tecniche  di  bonifica  tendenti  a  trattare  e
riutilizzare il suolo nel sito, trattamento in-situ  ed  on-site  del
suolo contaminato, con conseguente riduzione dei rischi derivanti dal
trasporto e messa a discarica di terreno inquinato; 
  c)  privilegiare  le  tecniche  di  bonifica/messa   in   sicurezza
permanente che blocchino le sostanze inquinanti in  composti  chimici
stabili (ed es. fasi cristalline stabili per metalli pesanti). 
  a)  privilegiare  le  tecniche  di  bonifica  che   permettono   il
trattamento e il riutilizzo nel sito anche dei materiali eterogenei o
di risulta utilizzati nel sito come materiali di riempimento; 
  b) prevedere il riutilizzo del suolo  e  dei  materiali  eterogenei
sottoposti a trattamenti off-site sia nel sito medesimo che in  altri
siti  che  presentino  le  caratteristiche  ambientali  e   sanitarie
adeguate; 
  c)  privilegiare  negli  interventi  di   bonifica   e   ripristino
ambientale l'impiego  di  materiali  organici  di  adeguata  qualita'
provenienti da attivita' di recupero di rifiuti urbani; 
  d)  evitare  ogni  rischio  aggiuntivo  a   quello   esistente   di
inquinamento dell'aria, delle acque sotterranee e  superficiali,  del
suolo e sottosuolo, nonche' ogni inconveniente derivante da rumori  e
odori; 
  e) evitare rischi igienico-sanitari per la popolazione  durante  lo
svolgimento degli interventi; 
  f)  adeguare  gli  interventi   di   ripristino   ambientale   alla
destinazione d'uso e alle caratteristiche morfologiche, vegetazionali
e paesistiche dell'area. 
  g) per la  messa  in  sicurezza  privilegiare  gli  interventi  che
permettano il trattamento in situ ed il  riutilizzo  industriale  dei
terreni,  dei  materiali  di  risulta  e  delle  acque  estratte  dal
sottosuolo, al fine di conseguire una riduzione del volume di rifiuti
prodotti e della loro pericolosita'; 
  h) adeguare le misure di sicurezza alle caratteristiche  specifiche
del sito e dell'ambiente da questo influenzato; 
  i)  evitare  ogni  possibile  peggioramento  dell'ambiente  e   del
paesaggio dovuto dalle opere da realizzare. 
  Nel  progetto  relativo  agli  interventi  da  adottare  si  dovra'
presentare,  infatti,  una  dettagliata  analisi  comparativa   delle
diverse tecnologie di intervento applicabili al  sito  in  esame,  in
considerazione delle specifiche caratteristiche dell'area, in termini
di' efficacia nel raggiungere gli  obiettivi  finali,  concentrazioni
residue, tempi di esecuzione, impatto sull'ambiente circostante degli
interventi; questa analisi deve essere corredata  da  un'analisi  dei
costi delle diverse tecnologie. Le  alternative  presentate  dovranno
permettere  di  comparare  l'efficacia  delle  tecnologie  anche   in
considerazione delle risorse economiche disponibili per  l'esecuzione
degli interventi. 
  Nel progetto si dovra' inoltre indicare se,  qualora  previste,  si
dovra' procedere alla rimozione o al  mantenimento  a  lungo  termine
delle misure di sicurezza, e dei relativi controlli e monitoraggi. 
  Messa in sicurezza d'urgenza 
  Gli interventi di messa  in  sicurezza  (l'urgenza  sono  mirati  a
rimuovere le fonti inquinanti primarie e secondarie,  ad  evitare  la
diffusione dei contaminanti dal  sito  verso  zone  non  inquinate  e
matrici ambientali adiacenti, ad impedire il contatto  diretto  della
popolazione con la contaminazione presente. 
  Gli interventi  di  messa  in  sicurezza  d'urgenza  devono  essere
attuati tempestivamente a seguito di incidenti  o  all'individuazione
di una chiara situazione di pericolo di inquinamento dell'ambiente  o
di rischio per la salute umana, per rimuovere o isolare le  fonti  di
contaminazione e attuare azioni mitigative per prevenire ed eliminare
pericoli  immediati  verso  l'uomo  e  l'ambiente  circostante.  Tali
interventi, in assenza di dati specifici, vengono definiti in base ad
ipotesi cautelative. 
  Di seguito vengono riportate le principali tipologie di  interventi
di messa in sicurezza d'urgenza: 
  - rimozione dei rifiuti ammassati  in  superficie,  svuotamento  di
vasche, raccolta sostanze pericolose sversate; 
  - pompaggio liquidi inquinanti galleggianti, disciolti o depositati
in acquiferi superficiali o sotterranei; 
  - installazione di recinzioni, segnali di pericolo e  altre  misure
di sicurezza e sorveglianza; 
  - installazione di trincee drenanti di recupero e controllo; 
  - costruzione o stabilizzazione di argini; 
  - copertura o impermeabilizzazione temporanea  di  suoli  e  fanghi
contaminati; 
  - rimozione  o  svuotamento  di  bidoni  o  container  abbandonati,
contenenti materiali o sostanze potenzialmente pericolosi. 
  In caso di adozione di interventi di messa in  sicurezza  d"urgenza
sono previste attivita' di monitoraggio  e  controllo  finalizzate  a
verificare il permanere nel tempo delle condizioni che assicurano  la
protezione ambientale e della salute pubblica. 
  Messa in sicurezza operativa 
  Gli interventi di messa in sicurezza operativa si applicano ai siti
contaminati in cui siano presenti attivita' produttive in esercizio. 
  Tali interventi sono finalizzati a minimizzare o ridurre il rischio
per la salute pubblica e per l'ambiente a livelli  di  accettabilita'
attraverso il contenimento degli inquinanti all'interno  dei  confini
del sito, alla protezione delle matrici ambientali sensibili, e  alla
graduale eliminazione delle sorgenti inquinanti  secondarie  mediante
tecniche che siano  compatibili  col  proseguimento  delle  attivita'
produttive svolte nell'ambito del sito. 
  Gli interventi di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da
idonei  sistemi  di  monitoraggio  e  controllo  atti  a   verificare
l'efficacia delle misure adottate e il mantenimento nel  tempo  delle
condizioni di accettabilita' del rischio. 
  E' opportuno progettare  tali  interventi  dopo  aver  eseguito  la
caratterizzazione ambientale del sito, finalizzala ad  un'analisi  di
rischio sito-specifica. 
  Devono pertanto essere  acquisite  sufficienti  informazioni  sulla
contaminazione  presente,  sulle  caratteristiche   degli   acquiferi
sottostanti  e  delle  altre  possibili  vie  di   migrazione   degli
inquinanti, sui possibili  punti  di  esposizione,  e  sui  probabili
bersagli ambientali ed umani. 
  Nelle operazioni di messa in sicurezza devono  essere  privilegiate
le soluzioni tecniche che consentano di minimizzare la produzione  di
rifiuti e pertanto favoriscano: 
  - il trattamento on-site ed il riutilizzo del terreno eventualmente
estratto dal sottosuolo; 
  - il riutilizzo nel sito come materiali di  riempimento  anche  dei
materiali eterogenei e di risulta; 
  - la reintroduzione nel ciclo di lavorazione  delle  materie  prime
recuperate; 
  - il risparmio idrico  mediante  il  riutilizzo  industriale  delle
acque emunte dal sottosuolo; 
  Le misure di messa in sicurezza operativa si distinguono in: 
  - mitigative; 
  - di contenimento. 
  Misure mitigative 
  Per  misure  mitigative  della  messa  in  sicurezza  operativa  si
intendono  gli  interventi  finalizzati  ad  isolare,  immobilizzare,
rimuovere  gli  inquinanti  dispersi  nel  suolo,  sottosuolo,  acque
superficiali e sotterranee. 
  Esse sono attuate in particolare con: 
  - sistemi fissi o mobili di emungimento e recupero  con  estrazione
monofase o plurifase; 
  - trincee drenanti; 
  - sistemi di ventilazione del sottosuolo insaturo e degli acquiferi
ed estrazione dei vapori; 
  - sistemi gestionali di pronto intervento in caso di incidente  che
provochi il rilascio di sostanze inquinanti  sul  suolo,  sottosuolo,
corpi idrici; 
  Misure di contenimento 
  Esse hanno il compito di impedire la  migrazione  dei  contaminanti
verso ricettori ambientali  sensibili,  quali  acque  superficiali  e
sotterranee. Esse sono  generalmente  applicate  in  prossimita'  dei
confini del sito produttivo. 
  Esse si dividono in: 
  - misure di sbarramento passive di natura fisica o statica; 
  - misure di sbarramento attive di natura idraulica o dinamica; 
  - misure di sbarramento reattive di natura chimica. 
  Tra le prime si possono elencare: 
  - barriere o diaframmi verticali in acciaio o  in  altri  materiali
impermeabili; essi possono  essere  realizzati  mediante  infissione,
escavazione, gettiniezione, iniezione, congelamento, miscelazione  in
situ, o misti di due o piu' delle precedenti tipologie; 
  - sistemi di impermeabilizzazione sotterranei e di immobilizzazione
degli inquinanti. 
  Tra le misure attive e di natura idraulica vi sono: 
  - sbarramenti realizzati con pozzi  di  emungimento  con  pompaggio
adeguato ad intercettare il flusso di  sostanze  inquinanti  presenti
nelle acque sotterranee; 
  - trincee di drenaggio delle acque sotterranee possibilmente dotate
di sistemi di prelievo di acque contaminate; 
  - sistemi idraulici di stabilizzazione degli acquiferi sotterranei; 
  Le misure di sbarramento di tipo reattivo operano l'abbattimento 
  delle concentrazioni degli inquinanti nelle acque di falda mediante 
  sistemi costituiti da sezioni filtranti in cui vengono inserirti 
  materiali in grado di degradare i contaminanti  (barriere  reattive
permeabili). 
  Bonifica e ripristino ambientale; messa in sicurezza permanente 
  Tali tipologie possono considerarsi come interventi  definitivi  da
realizzarsi sul sito  non  interessato  da  attivita'  produttive  in
esercizio, al fine di renderlo fruibile  per  gli  utilizzi  previsti
dagli strumenti urbanistici. 
  La   definizione   e   la   realizzazione   degli   interventi   di
bonifica/messa in sicurezza permanente  devono  essere  precedute  da
un'accurata attivita'  di  caratterizzazione  del  sito  inquinato  e
dell'area soggetta agli effetti dell'inquinamento presente nel  sito,
sulla base dei criteri di cui all'Allegato 2. 
  Gli obiettivi di bonifica o della  messa  in  sicurezza  permanente
sono determinati mediante un"analisi di rischio condotta per il  sito
specifico secondo i criteri di cui all'Allegato  1,  e  devono  tener
conto della specifica destinazione d'uso prevista. 
  La scelta della soluzione da adottare tiene conto del  processo  di
valutazione dei benefici ambientali e della sostenibilita' dei  costi
delle diverse tecniche applicabili, secondo  i  criteri  di  seguito,
anche in relazione alla destinazione d'uso del sito. 
  La definizione di  un  programma  di  bonifica/messa  in  sicurezza
permanente e ripristino ambientale di un sito inquinato  puo'  essere
schematizzata in questo modo: 
  - definizione della destinazione  d'uso  del  sito  prevista  dagli
strumenti urbanistici; 
  -  acquisizione   dei   dati   di   caratterizzazione   del   sito,
dell'ambiente e del territorio influenzati, secondo i criteri defunti
nell'Allegato 2; 
  - definizione degli obiettivi da  raggiungere,  secondo  i  criteri
definiti nell'Allegato 1, e selezione della tecnica di bonifica. 
  - selezione della tecnica di bonifica e definizione degli obiettivi
da raggiungere, secondo i criteri definiti nell'Allegato 1; 
  - selezione delle eventuali misure di sicurezza aggiuntive; 
  - studio della compatibilita' ambientale degli interventi; 
  - definizione dei criteri di accettazione dei risultati; 
  - controllo e monitoraggio degli interventi  di  bonifica/messa  in
sicurezza permanente e delle eventuali misure di sicurezza, 
  - definizione delle eventuali limitazioni  e  prescrizioni  all'uso
del sito. 
  Gli interventi di bonifica/messa  in  sicurezza  permanente  devono
assicurare  per  ciascun  sito  in  esame  il  raggiungimento   degli
obiettivi  previsti  col  minor  impatto  ambientale  e  la  maggiore
efficacia, in termini di  accettabilita'  del  rischio  di  eventuali
concentrazioni residue  nelle  matrici  ambientali  e  di  protezione
dell'ambiente e della salute pubblica. 
  Il sistema di classificazione generalmente adottato per individuare
la tipologia di intervento definisce: 
  - interventi in-situ: effettuati senza movimentazione  o  rimozione
del suolo; 
  - interventi ex situ on-site: cori movimentazione  e  rimozione  di
materiali e suolo inquinato, ma con trattamento  nell'area  del  sito
stesso e possibile riutilizzo; 
  - interventi ex situ off-site: con movimentazione  e  rimozione  di
materiali e suolo inquinato fuori dal  sito  stesso,  per  avviare  i
materiali e il suolo negli impianti di trattamento autorizzati  o  in
discarica. 
  Il  collaudo  degli  interventi  di  bonifica/messa  in   sicurezza
permanente dovra' valutare la rispondenza tra il progetto  definitivo
e la realizzazione in termini di: 
  - raggiungimento  delle  concentrazioni  soglia  di  contaminazione
(CSC) o  di  concentrazioni  soglia  di  rischio  (CSR)  in  caso  di
intervento di bonifica; 
  - efficacia delle misure di sicurezza in caso di messa in sicurezza
permanente, in particolare di quelle adottate al fine di impedire  la
migrazione   degli   inquinanti   all'esterno    dell'area    oggetto
dell'intervento; 
  - efficienza di sistemi, tecnologie, strumenti e  mezzi  utilizzati
per  la  bonifica/messa  in   sicurezza   permanente,   sia   durante
l'esecuzione che al termine delle attivita' di bonifica e  ripristino
ambientale o della messa in sicurezza permanente. 
  Protezione dei lavoratori 
  L'applicazione di un  intervento  di  bonifica/messa  in  sicurezza
permanente  e  ripristino  ambientale  di  un  sito  inquinato   deve
garantire che non si verifichino emissioni  di  sostanze  o  prodotti
intermedi pericolosi per la salute degli operatori  che  operano  sul
sito, sia durante l'esecuzione delle indagini, dei sopralluoghi,  del
monitoraggio, del campionamento e degli interventi. 
  Per ciascun sito in cui i lavoratori sono potenzialmente esposti  a
sostanze pericolose sara' previsto un  piano  di  protezione  con  lo
scopo di indicare i pericoli per la sicurezza e la salute che possono
esistere in ogni fase operativa ed identificare le procedure  per  la
protezione dei dipendenti. Il piano di protezione sara'  definito  in
conformita' a quanto previsto  dalle  norme  vigenti  in  materia  di
protezione dei lavoratori. 
  Monitoraggio 
  Le azioni di monitoraggio e controllo devono essere effettuate  nel
corso e al termine  di  tutte  le  fasi  previste  per  la  messa  in
sicurezza, per la  bonifica  e  il  ripristino  ambientale  del  sito
inquinato, al fine di verificare  l'efficacia  degli  interventi  nel
raggiungere gli obiettivi prefissati. 
  In particolare: 
  - al termine delle azioni  di  messa  in  sicurezza  d'emergenza  e
operativa; 
  - a seguito della realizzazione delle misure di sicurezza  a  valle
della bonifica, per verificare che: i valori di contaminazione  nelle
matrici ambientali influenzate dal sito corrispondano ai  livelli  di
concentrazione residui accettati in fase di progettazione; non  siano
in atto fenomeni di migrazione  dell'inquinamento;  sia  tutelata  la
salute pubblica; 
  -  nel  corso  delle  attivita'  di  bonifica/messa  in   sicurezza
permanente per verificare la congruita' con i requisiti di progetto; 
  - a seguito del completamento delle attivita' di bonifica/messa  in
sicurezza permanente e ripristino ambientale, per verificare, durante
un congruo periodo di tempo, l'efficacia dell'intervento di  bonifica
e delle misure di sicurezza. 
  Criteri generali per gli interventi in  cui  si  faccia  ricorso  a
batteri, ceppi batterici mutanti e stimolanti di batteri naturalmente 
presenti nel suolo 
  a) L'uso  di  inoculi  costituiti  da  microrganismi  geneticamente
modificati (MGM) negli interventi di  bonifica  biologica  di  suolo,
sottosuolo,  acque   sotterranee   o   superficiali   e'   consentito
limitatamente a  sistemi  di  trattamento  completamente  chiusi,  di
seguito indicati  come  bioreattori.  Per  bioreattori  si  intendono
strutture   nelle   quali   e'   possibile   isolare    completamente
dall'ambiente esterno le matrici da bonificare, una  volta  asportate
dalla giacitura originaria. In questo caso,  le  reazioni  biologiche
avvengono all'interno di contenitori le  cui  vie  di  ingresso  (per
l'alimentazione) e di uscita (per il monitoraggio del processo  e  lo
scarico) devono essere a tenuta, in modo da prevenire il rilascio  di
agenti biologici nell'ambiente circostante. 
  b) Nei casi previsti in a) e'  consentito  l'impiego  di  soli  MGM
appartenenti al Gruppo 1 di cui alla direttiva  90/219/CEE,  recepita
col Dlgs. 3 marzo 1993, con emendamenti  introdotti  dalla  Direttiva
94/51 CEE. 
  c) Il titolare dell'intervento di bonifica che intenda avvalersi di
MGM,  limitatamente  a  quanto  specificato  al  capoverso  a)   deve
inoltrare documentata richiesta  al  Ministero  dell'ambiente  (o  ad
altra autorita' competente da designarsi), fornendo  le  informazioni
specificate nell'allegato VB della succitata direttiva. L'impiego  di
MGM del Gruppo 1 in sistemi chiusi puo' avvenire solo previo rilascio
di autorizzazione da parte dell'autorita'  competente,  la  quale  e'
obbligata a pronunciarsi entro 90 giorni dall'inoltro della richiesta
da parte del titolare dell'intervento di bonifica. 
  d) Una volta terminato il ciclo di trattamento in  bioreattore,  le
matrici,  prima  di  una  eventuale  ricollocazione  nella  giacitura
originaria, devono essere sottoposte a procedure atte a favorire  una
diffusa ricolonizzazione da parte di comunita'  microbiche  naturali,
in modo da ricondurre il numero dei MGM inoculati a valori < 103  UFC
(unita' formanti colonie) per g di suolo o mL di acqua  sottoposti  a
trattamento di bonifica. 
  e) Non sono soggetti  a  limitazioni  particolari,  anche  per  gli
interventi  di  bonifica  condotti  in  sistemi  non  confinati,  gli
interventi  di  amplificazione  (bioaugmentation)   delle   comunita'
microbiche  degradatrici  autoctone  alle  matrici  da  sottoporre  a
trattamento  biologico  ovvero  l'inoculazione   delle   stesse   con
microrganismi o consorzi  microbici  naturali,  fatta  salva  la  non
patogenicita' di questi per l'uomo, gli animali e le piante. 
  Migliori tecniche disponibili (BAT) 
  Principi generali e  strumenti  per  la  selezione  delle  migliori
tecniche disponibili (BAT) 
  La scelta della migliore tra le possibili tipologie  di  intervento
descritte nei paragrafi precedenti applicabile in un determinato caso
di  inquinamento  di  un  sito  comporta  il  bilanciamento  di  vari
interessi in presenza di numerose variabili, sia di  ordine  generale
che soprattutto sito-specifiche, quali in particolare: 
  - il livello di protezione dell'ambiente che  sarebbe  desiderabile
conseguire; 
  - l'esistenza o meno di tecniche affidabili in grado di  conseguire
e mantenere nel tempo detti livelli di protezione; 
  - l'entita' dei costi  di  progettazione,  realizzazione,  gestione
monitoraggio, etc da sostenere nelle varie fasi dell'intervento. 
  La formulazione piu' evoluta cui deve ispirarsi tale  bilanciamento
di  interessi  e'  data  dalla  definizione  di  "migliori   tecniche
disponibili", contenuta nella Direttiva 96/61/CE, recepita nel nostro
ordinamento,  che  per  la  prevenzione  ed  il  controllo  integrati
dell'inquinamento di talune categorie di impianti considera tale  "la
piu' efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attivita' e  relativi
metodi di esercizio  indicanti  l'idoneita'  pratica  di  determinate
tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite
di  emissione  intesi  ad  evitare  oppure,  ove   cio'   si   riveli
impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l'impatto 
sull'ambiente nel suo complesso". E specifica che si intende per 
  - "tecniche",  sia  le  tecniche  impiegate  sia  le  modalita'  di
progettazione,  costruzione,  manutenzione,  esercizio   e   chiusura
dell'impianto; 
  - "disponibili",  le  tecniche  sviluppate  su  una  scala  che  ne
consenta l'applicazione in condizioni economicamente  e  tecnicamente
valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo  in
considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto  che
siano o meno applicate o  prodotte  nello  Stato  membro  di  cui  si
tratta,  purche'  il  gestore  possa  avervi  accesso  a   condizioni
ragionevoli; 
  - "migliori", le tecniche piu' efficaci  per  ottenere  un  elevato
livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso. 
  Strumenti di supporto  nel  processo  decisionale  che  porta  alla
scelta  sito-specifica  della  "migliore  tecnica   disponibile"   da
adottare sono costituiti dalle metodiche di analisi costi - efficacia
e/o costi - benefici. 
ALLEGATO 4 
 
CRITERI GENERALI PER L'APPLICAZIONE DI PROCEDURE SEMPLIFICATE 
 
  PREMESSA 
  Il  presente  allegato  riporta  le  procedure   amministrative   e
tecnico/operative con le quali gestire situazioni di rischio concreto
o potenziale di superamento delle soglie di contaminazione (CSC)  per
i  siti  di  ridotte  dimensioni  (quali,  ad  esempio,  la  rete  di
distribuzione  carburanti)  oppure   per   eventi   accidentali   che
interessino aree circoscritte, anche nell'ambito di siti industriali,
di superficie non superiore a 1000 metri quadri. 
  CRITERI GENERALI 
  Il principio che guida gli interventi si basa sulla semplificazione
delle procedure amministrative da seguire  nel  caso  di  superamento
delle CSC nei casi di cui al punto precedente. 
  PROCEDURE AMMINISTRATIVE 
  Nel caso in cui anche uno solo dei valori di  concentrazione  delle
sostanze inquinanti presenti in una delle matrici ambientali  risulti
superiore ai valori delle  concentrazioni  soglia  di  contaminazione
(CSC),  il  responsabile  deve  effettuare   una   comunicazione   di
potenziale contaminazione di sito con le seguenti modalita': 
  1. Comunicazione a Comune,  Provincia  e  Regione  territorialmente
competente, della constatazione del superamento  o  del  pericolo  di
superamento delle soglie di contaminazione CSC; 
  2. - 1° caso 
  Qualora gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza effettuati 
  riportino i valori di contaminazione del sito al di sotto delle 
  CSC, la comunicazione di cui al punto precedente sara' aggiornata, 
  entro trenta giorni, con una relazione tecnica che descriva gli 
  interventi effettuati ed eventuale autocertificazione di avvenuto 
  ripristino  della  situazione  antecedente   il   superamento   con
annullamento della comunicazione. 
  - 2° caso 
  Qualora  invece  oltre  agli  interventi  di  messa  in   sicurezza
d'emergenza siano  necessari  interventi  di  bonifica,  il  soggetto
responsabile puo' scegliere una delle seguenti alternative: 
  a) Bonifica riportando i  valori  di  contaminazione  del  sito  ai
livelli di soglia di contaminazione CSC (senza  effettuare  l'analisi
di rischio). 
  b) Bonifica portando i valori di contaminazione del sito ai livelli
di soglia di rischio CSR effettuando l'analisi di rischio sulla  base
dei criteri di cui all'allegato 1. 
  In entrambi i casi verra' presentato alle Autorita' competenti un 
unico 
  progetto di bonifica che comprendera': 
  1. la descrizione della situazione di contaminazione riscontrata  a
seguito delle attivita' di caratterizzazione eseguite, 
  2. gli eventuali  interventi  di  messa  in  sicurezza  d"emergenza
adottati o in fase di  esecuzione  per  assicurare  la  tutela  della
salute e dell'ambiente, 
  3. la descrizione degli interventi di bonifica  da  eseguire  sulla
base: 
  a)  dei  risultati  della  caratterizzazione   per   riportare   la
contaminazione ai valori di CSC; 
  oppure 
  b) dell'analisi di rischio sito-specifica di cui all'allegato 1 per
portare la contaminazione ai valori di CSR. 
  Tale progetto di bonifica dovra' essere approvato  dalle  autorita'
competenti, entro 60 giorni dalla presentazione dello  stesso,  prima
dell'esecuzione degli interventi di bonifica. 
  - 3° caso 
  Qualora si riscontri una contaminazione della  falda,  il  soggetto
responsabile provvedera' alla presentazione alle autorita' competenti
entro novembre di un unico progetto di bonifica che comprendera': 
  1) la descrizione della situazione di contaminazione riscontrata  a
seguito delle attivita' di caratterizzazione eseguite, 
  2) gli eventuali  interventi  di  messa  in  sicurezza  d'emergenza
adottati o in fase di  esecuzione  per  assicurare  la  tutela  della
salute e dell'ambiente, 
  3) la descrizione degli interventi di bonifica  da  eseguire  sulla
base dell'analisi di rischio sito-specifica di cui all'allegato 1 per
portare la contaminazione ai valori di CSR. 
  Tale progetto di bonifica dovra' essere approvato  dalle  autorita'
competenti, entro sessanta giorni dalla presentazione  dello  stesso,
prima dell'esecuzione degli interventi di bonifica. 
  4.  notifica   di   ultimazione   interventi   per   richiesta   di
certificazione da parte dell'autorita' competente. 
  Procedure Tecniche e Operative 
  Attivita' di Messa in sicurezza d'urgenza 
  Le attivita' di messa in sicurezza d'urgenza vengono  realizzate  a
partire dalla individuazione della sorgente di  contaminazione,  allo
scopo di evitare la diffusione dei contaminanti dal sito  verso  zone
non  inquinate;  tali  attivita'  possono  essere  sostitutive  degli
interventi di bonifica qualora si dimostri che tramite gli interventi
effettuati non sussista piu' il superamento delle CSC. 
  Le attivita' di messa in sicurezza  d'urgenza  vanno  in  deroga  a
qualsiasi autorizzazione, concessione,  o  nulla  osta  eventualmente
necessario per lo svolgimento delle attivita' inerenti l'intervento. 
  Caratterizzazione del sito 
  Per la caratterizzazione del sito valgono i criteri generali di cui
all'allegato 2 viste le ridotte dimensioni  dei  siti  oggetto  della
procedura, si definisce essere 3 il numero minimo di perforazioni  da
attrezzare  eventualmente  a  piezometro  qualora  si  supponga   una
contaminazione della falda. 
  A  integrazione  delle  indagini  dirette  posso  essere   previste
indagini indirette (rilievi geofisici, soil gas  survey,  etc.  )  al
fine  di  ottenere  un  quadro  ambientale  piu'  esaustivo.  Non  e'
richiesta la elaborazione di un GIS/SIT. 
  Analisi di rischio sito-specifica (casi 2 b e 3  di  cui  al  punto
precedente) 
  I risultati della caratterizzazione serviranno alla definizione del
Modello Concettuale Definitivo; tale strumento sara' la base  per  la
costruzione e la esecuzione dell'analisi di rischio sito-specifica 
secondo i criteri di cui in Allegato 
  Bonifica (casi 2 a e b , 3 di cui al punto precedente) 
  Ove   dall'indagine   di   caratterizzazione   e    successivamente
dall'analisi  di  rischio  emergesse  la   necessita'   di   eseguire
interventi di bonifica  del  sito,  gli  stessi  verranno  realizzati
secondo i criteri previsti dalla normativa vigente. 
  La scelta della  tecnologia  da  applicare  al  caso  specifico  di
inquinamento deve scaturire da  un  processo  decisionale  nel  quale
devono essere presi in considerazione non solo gli aspetti tecnici ma
anche quelli economici. 
ALLEGATO 5 
 
Concentrazione soglia di contaminazione nel suolo, nel  sottosuolo  e
nelle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione 
d'uso dei siti 
 
Tabella 1: Concentrazione soglia di contaminazione nel  suolo  e  nel
sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d'uso dei siti da 
bonificare 
 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
 
(1) In Tabella sono selezionate, per ogni categoria  chimica,  alcune
sostanze  frequentemente  rilevate  nei  siti  contaminati.  Per   le
sostanze  non  esplicitamente  indicate  in  Tabella  i   valori   di
concentrazione limite  accettabili  sono  ricavati  adottando  quelli
indicati per la sostanza tossicologicamente piu' affine. 
(*) Corrisponde al limite di rilevabilita'  della  tecnica  analitica
(diffrattometria a raggi X oppure I.R. - Trasformata di Fourier) 
 
Tabella 2. Concentrazione soglia di contaminazione nelle acque 
sotteranee 
 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
 
(*) Non sono disponibili dati di letteratura tranne il  valore  di  7
milioni fibre/1 comunicato da ISS,  ma  giudicato  da  ANPA  e  dallo
stesso ISS troppo elevato. Per la definizione del limite  si  propone
un confronto con ARPA e Regioni. 
                     ALLEGATI ALLA PARTE QUINTA 
 
ALLEGATO I 
Valori di emissione e prescrizioni 
 
ALLEGATO II 
Grandi impianti di combustione 
 
ALLEGATO III 
Emissioni di composti organici volatili 
 
ALLEGATO IV 
Impianti e attivita' in deroga 
 
ALLEGATO V 
Polveri e sostanze organiche liquide 
 
ALLEGATO VI 
Criteri per la valutazione della conformita' dei valori misurati ai 
valori limite di emissione 
 
ALLEGATO VII 
Operazioni di deposito della benzina e sua distribuzione dai 
terminali agli impianti di distribuzione 
 
ALLEGATO VIII 
Impianti di distribuzione di benzina 
 
ALLEGATO IX 
Impianti termici civili 
 
ALLEGATO X 
Disciplina dei combustibili 
 
 
 
 
ALLEGATO I 
 
Valori di emissione e prescrizioni 
 
Parte I 
Disposizioni generali 
 
  1. Il  presente  allegato  fissa,  nella  parte  II,  i  valori  di
emissione minimi e massimi per le sostanze inquinanti e, nella  parte
III,  i  valori  di  emissione  minimi  e  massimi  per  le  sostanze
inquinanti  di  alcune  tipologie   di   impianti   e   le   relative
prescrizioni. Per gli impianti previsti nella parte III i  valori  di
emissione ivi stabiliti si applicano in luogo di quelli stabiliti per
le stesse sostanze nella parte II. Per le sostanze per cui  non  sono
stabiliti valori di emissione nella parte III si applicano, anche per
tali impianti, i valori di emissione stabiliti nella parte II. 
  2. Il  presente  allegato  fissa,  nella  parte  IV,  i  valori  di
emissione e le prescrizioni relativi alle raffinerie e agli  impianti
per la coltivazione di idrocarburi e dei flussi  geotermici.  A  tali
impianti si applicano esclusivamente  i  valori  di  emissione  e  le
prescrizioni ivi stabiliti. E' fatto salvo, per i grandi impianti  di
combustione  facenti  parti  di  una  raffineria,   quanto   previsto
dall'articolo 273. 
  3. Nei casi in cui  le  parti  II  e  III  stabiliscano  soglie  di
rilevanza delle  emissioni,  i  valori  di  emissione  devono  essere
rispettati solo se tali soglie sono raggiunte o superate. 
  4. Se per i valori di emissione della parte II e' previsto un unico
dato numerico lo stesso rappresenta il valore minimo, ferme  restando
le soglie di rilevanza delle emissioni; in tal caso il valore massimo
di emissione corrisponde al doppio del valore minimo. 
  5. Se per valori di emissione delle parti III e IV e'  previsto  un
unico dato numerico, il valore minimo e il valore massimo coincidono,
ferme restando le soglie di rilevanza delle emissioni. 
 
Parte II 
Valori di emissione 
  1.1. Sostanze ritenute cancerogene e/o tossiche per la riproduzione
e/o mutagene (tabella A1) 
  In via generale le emissioni di sostanze ritenute  cancerogene  e/o
tossiche per la riproduzione  c/o  mutagene  devono  essere  limitate
nella  maggiore  misura  possibile  dal  punto  di  vista  tecnico  e
dell'esercizio. 
  Per le sostanze della  tabella  A1,  i  valori  di  emissione,  che
rappresentano valori minimi e massimi coincidenti, sono: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  Fermi restando i valori di emissione sopra indicati,  ai  fini  del
calcolo del flusso di massa e di concentrazione: 
  - in caso di presenza di  piu'  sostanze  della  stessa  classe  le
quantita' delle stesse devono essere sommate; 
  - in caso di presenza di piu'  sostanze  di  classi  diverse,  alle
quantita' di sostanze  della  classe  II  devono  essere  sommate  le
quantita' di sostanze di classe I e alle quantita' di sostanze  della
classe III devono essere  sommate  le  quantita'  di  sostanze  delle
classi I e II. 
  Fermi restando i valori di emissione sopra indicati,  al  fine  del
rispetto del limite in concentrazione: 
  - in caso di presenza di piu' sostanze delle classi I e II la 
concentrazione totale non deve superare il limite della classe II 
  - in caso di presenza di piu' sostanze delle classi I, II e III, la
concentrazione totale non deve superare il limite della classe III. 
 
Tabella A1 
  CLASSE I 
  - Asbesto (crisotilo, crocidolite, amosite, antofillite, aetinolite
e tremolite) 
  - Benzo(a)pirene 
  - Berillio e i suoi composti espressi come Be 
  - Dibenzo(a,h)antracene 
  - 2-naftilammina e suoi sali 
  - Benzo(a)antracene 
  - Benzo(b)fluorantene 
  - Benzo(j)fluorantene Benzo(k)fluorantene 
  - Dibenzo (a,h)acridina 
  - Dibenzo(a,j )acridina 
  - Dibenzo(a,e)pirene 
  - Dibenzo(a,h)pirene 
  - Dibenzo(a,i)pirene 
  - Dibenzo (a,l) pirene 
  - Cadmio e suoi composti, espressi come Cd (1) 
  - Dimetilnitrosamina 
  - Indeno (1,2,3-cd) pirene (1) 
  - 5-Nitroacenaftene 
  - 2-Nitronaftalene 
  - 1-Metil-3-Nitro- 1 - Nitrosoguanidina 
  (1) Il valore di emissione e la soglia ordinario di rilevanza  alla
previsti dal presente punto  si  applicano  a  decorrere  dalla  data
indicata nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo  281,
comma 1. 
 
  CLASSE II 
  - Arsenico e suoi composti, espressi come As 
  - Cromo (VI) e suoi composti, espressi come Cr 
  - Cobalto e suoi composti, espressi come Co 
  - 3,3'-Diclorobenzidina e suoi sali 
  - Dimetilsolfato 
  - Etilenimmina 
  - Nichel e suoi composti espressi come Ni (2) 
  - 4- aminobifenile e suoi sali 
  - Benzidina e suoi sali 
  - 4,4'-Metilen bis (2-Cloroanilina) e suoi sali 
  - Dietilsolfato 
  - 3,3'-Dimetilbenzidina e suoi Sali 
  - Esametilfosforotriamide 
  - 2-Metilaziridina 
  - Metil ONN Azossimetile Acetato 
  - Sulfallate 
  - Dimetilcarbammoilcloruro 
  - 3,3'-Dimetossibenzidina e suoi sali 
  (2) Riferito ad emissioni in atmosfera nella forma  respirabile  ed
insolubile. 
 
  CLASSE III 
  - Acrilonitrile 
  - Benzene 
  - 1,3-butadiene 
  - 1-cloro-2,3-epossipropano (epieloridrina) 
  - 1,2-dibromoetano 
  - 1,2-epossipropano 
  - 1,2-dicloroetano 
  - vinile cloruro 
  - 1,3-Dicloro-2 -propanolo 
  - Clorometil (Metil) Etere 
  - NN-Dimetilidrazina 
  - Idrazina 
  - Ossido di etilene 
  - Etilentiourea 
  - 2-Nitropropano 
  - Bis-Clorometiletere 
  - 3-Propanolide 
  - 1,3-Propansultone 
  - Stirene Ossido 
  1.2. Sostanze di tossicita' e cumulabilita' particolarmente elevate
(tabella A2) 
  Le  emissioni   di   sostanze   di   tossicita'   e   cumulabilita'
particolarmente elevate devono essere limitate nella maggiore  misura
possibile dal punto di vista tecnico e dell'esercizio. 
  I valori di emissione, che rappresentano valori  minimi  e  massimi
coincidenti, sono: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  Fermi restando i valori di emissione sopra indicati,  ai  fini  del
calcolo del flusso di massa e di concentrazione, in caso di  presenza
di piu' sostanze della stessa classe le quantita' delle stesse devono
essere sommate. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  2. Sostanze inorganiche che  si  presentano  prevalentemente  sotto
forma di polvere (tabella B) 
  I valori di emissione sono quelli riportati nella tabella seguente: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  Fermi restando i valori di emissione sopra indicati 
  a) ai fini del calcolo di flusso di massa e di concentrazione: 
  - in caso di presenza di piu' sostanze della stessa classe le 
quantita' delle stesse devono essere sommate- 
  - in caso di presenza di piu'  sostanze  di  classi  diverse,  alle
quantita' di sostanze  della  classe  II  devono  essere  sommate  le
quantita' di sostanze della classe I e  alle  quantita'  di  sostanze
della classe III devono essere sommate le quantita' di sostanze delle
classi I e II. 
  b) al fine del rispetto del limite di concentrazione: 
  - in caso di presenza di piu' sostanze delle classi I e  II,  ferme
restando il limite stabilito per ciascuna, la  concentrazione  totale
non deve superare il limite della classe II; in caso di  presenza  di
piu' sostanze delle classi I, II e  III,  fermo  restando  il  limite
stabilito per ciascuna, la concentrazione totale non deve superare il
limite della classe III. 
  Ove  non  indicato  diversamente  nella  tabella  B  devono  essere
considerate  anche  le  eventuali  quantita'  di  sostanze   presenti
nell'effluente gassoso sotto forma di gas o vapore. 
 
  Tabella B 
  CLASSE I 
  - Cadmio e suoi composti, espressi come Cd (1) 
  - Mercurio e suoi composti espressi come Hg 
  - Tallio e suoi composti, espressi come T1 
  (1) Fatto salvo quanto previsto dalla Tabella A1 
 
  CLASSE II 
  - Selenio e suoi composti, espressi come Se 
  - Tellurio e suoi composti, espressi come Te 
  - Nichel e suoi composti, espressi come Ni, in forma di polvere 
 
  CLASSE III 
  - Antimonio e suoi composti, espressi come Sb Cianuri, espressi 
come CN 
  - Cromo (III) e suoi composti, espressi come Cr 
  - Manganese e suoi composti, espressi come Mn 
  - Palladio e suoi composti, espressi come Pd 
  - Piombo e suoi composti, espressi come Pb 
  - Platino e suoi composti, espressi come Pt 
  - Quarzo in polvere, se sotto forma di silice cristallina, espressi 
come SiO2 
  - Rame e suoi composti, espressi come Cu 
  - Rodio e suoi composti, espressi come Rh 
  - Stagno e suoi composti, espressi come Sn 
  - Vanadio e suoi composti, espressi come V 
  3. Sostanze inorganiche che  si  presentano  prevalentemente  sotto
forma di gas o vapore (tabella C) 
  I valori di emissione sono: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  I flussi di massa e i  valori  di  emissione  si  riferiscono  alle
singole sostanze o famiglie di sostanze. 
 
  CLASSE I 
  - Clorocianuro 
  - Fosfina 
  - Fosgene 
 
  CLASSE II 
  - Acido cianidrico 
  - Bromo e suoi composti, espressi come acido bromidrico 
  - Cloro 
  - Fluoro e suoi composti, espressi come acido fluoridrico 
  - Idrogeno solforato 
 
  CLASSE III 
  - Composti inorganici del  cloro  sotto  forma  di  gas  o  vapore,
esclusi clorocianuro e fosgene, espressi come acido cloridrico. 
 
  CLASSE IV 
  - Ammoniaca 
 
  CLASSE V 
  - Ossidi di azoto (monossido e biossido), espressi come biossido di 
azoto 
  - Ossidi di zolfo (biossido e triossido), espressi come biossido di 
zolfo 
  4. Composti organici sotto forma di gas, vapori o polveri  (tabella
D) 
  I valori di emissione sono: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  Fermi restando i valori di emissione sopra indicati,  ai  fini  del
calcolo del flusso di massa e di concentrazione: 
  - in caso di presenza di  piu'  sostanze  della  stessa  classe  le
quantita' delle stesse devono essere sommate; 
  - in caso di presenza di piu'  sostanze  di  classi  diverse,  alle
quantita' di  sostanze  di  ogni  classe  devono  essere  sommate  le
quantita' di sostanze delle classi inferiori. 
  Al fine del rispetto del  limite  di  concentrazione,  in  caso  di
presenza di piu' sostanze di classe diverse, fermo restando il limite
stabilito per ciascuna, la concentrazione totale non deve superare il
limite della classe piu' elevata. 
  Per i composti  organici  sotto  forma  di  polvere  devono  essere
rispettate anche le condizioni contenute nel paragrafo 5. 
 
  CLASSE I 
  - Anisidina 
  - Butilmercaptano 
  - Cloropicrina 
  - Diazometano 
  - Dicloroacetilene Dinitrobenzene 
  - Dinitrocresolo 
  - Esaclorobutadiene 
  - Esaclorociclopentadiene 
  - Esafluoroacetone 
  - Etere diglicidilico 
  - Etilacrilato 
  - Etilenimina 
  - Etilmercaptano 
  - Isocianati Metilacrilato 
  - Nitroglicerina 
  - Perclorometilmercaptano 
  - 1,4-diossano 
 
  CLASSE II 
  - Acetaldeide 
  - Acido cloroacetico 
  - Acido formico 
  - Acido tioglicolico 
  - Acido tricloroacetico 
  - Anidride ftalica 
  - Anidride maleica 
  - Anilina 
  - Benzilcloruro 
  - Bifenile 
  - Butilacrilato 
  - Butilammina 
  - Canfora sintetica 
  - Carbonio tetrabromuro 
  - Carbonio tetracloruro 
  - Cicloesilammina 
  - Cloroacetaldeide 
  - 1 -Cloro- 1 -nitropentano 
  - Cresoli 
  - Crotonaldeide 
  - 1,2-Dibutilaminoetanolo 
  - Dibutilfosfato o-diclorobenzene 
  - 1,1-dicloroetilene 
  - Dicloroetiletere 
  - Diclorofenolo 
  - Diclorometano 
  - Dietilammina 
  - Difenilammina 
  - Diisopropilammina 
  - Dimetilammina 
  - Etilammina 
  - Etanolammina 
  - 2-etossietanolo 
  - 2-etossietilacetato 
  - Fenolo 
  - Ftalati 
  - 2-Furaldeide Furfurolo 
  - Iodoformio 
  - Iosoforone 
  - Iosopropilammina 
  - Metilacrilonitrile 
  - Metilammina 
  - Metilanilina 
  - Metilbromuro 
  - Metil n-butilbromuro 
  - Metilcloruro 
  - Metil-2-cianoacrilato 
  - Metilstirene 
  - 2-Metossietanolo 
  - 2-Metossietanolo acetato 
  - Nitroetano 
  - Nitrometano 
  - 1-Nitropropano 
  - Nitrotoluene 
  - Piretro 
  - Piridina 
  - Piomboalchili 
  - 2-Propenale 
  - 1, 1,2 ,2,-tetracloroetano 
  - Tetracloroetilene 
  - Tetranitrometano 
  - m, p toluidina 
  - Tributilfosfato 
  - Triclorofenolo 
  - Tricloroetilene 
  - Triclorometano 
  - Trietilammina 
  - Trimetilammina 
  - Trimetilfosfina 
  - Vinilbromuro 
  - Xilenolo (escluso 2,4-xilenolo) 
  - Formaldeide 
 
  CLASSE III 
  - Acido acrilico 
  - Acetonitrile 
  - Acido propinico 
  - Acido acetico 
  - Alcool n-butilico Alcool iso-butilico 
  - Alcool sec-butilico 
  - Alcool terb-utilico 
  - Alcool metilico 
  - Butirraldeide 
  - p-ter-butiltoluene 
  - 2-butossietanolo 
  - Caprolattame 
  - Disolfuro di carbonio 
  - Cicloesanone 
  - Ciclopentadiene 
  - Clorobenzene 
  - 2-cloro-1,3-butadiene 
  - o-clorostirene 
  - o-clorotoluente 
  - p-clorotoluene 
  - Cumene 
  - Diacetonalcool 
  - 1,4-diclorobenzene 
  - 1,1-dicloroetano 
  - Dicloropropano 
  - Dietanolammina 
  - Dietilformammide Diisobutilchetone 
  - N,N-Dimetilacetammide 
  - N,N-Dimetilformammide 
  - Dipropilchetone 
  - Esametilendiammina 
  - n-esano Etilamilchetone 
  - Etilbenzene 
  - Etilbutilchetone 
  - Etilenglicole 
  - Isobutilglicidiletere 
  - Isopropossietanolo 
  - Metilmetacrilato 
  - Metilamilchetone 
  - o-metilcicloesanone 
  - Metilcloroformio 
  - Metilformiato Metilisobutilchetone 
  - Metilisobutilcarbinolo 
  - Naftalene 
  - Propilenglicole 
  - Propilenglicolcmonometiletere 
  - Propionaldeide 
  - Stirene 
  - Tetraidrofurano 
  - Trimetilbenzene 
  - n-veratraldeide 
  - Vinilacetato 
  - Viniltoluene 
  2,4-xilenolo 
 
  CLASSE IV 
  - Alcool propilico 
  - Alcool isopropilico 
  - n-amilacetato 
  - sec-amilacetato 
  - Renzoato di metile 
  - n-butilacetato 
  - isobutilacctato 
  - Dietilche Lone 
  - Difluorodibromonetano 
  - Sec-esilacetato 
  - Etilformiato 
  - Metilacetato 
  - Metiletilchetone 
  - Metilisopropilchetone 
  - N-metilpirrolidone 
  - Pinene 
  - n-propilacetato 
  - iso-propilenacetato 
  - Toluene 
  - Xilene 
 
  CLASSE V 
  - Acetone 
  - Alcool etilico 
  - Butano 
  - Cicloesano 
  - Cicloesene 
  - Cloropentano 
  - Clorobromometano 
  - Clorodifluorometano 
  - Cloropentafluoroetano 
  - Dibromodifluoroetano 
  - Dibutiletere 
  - Diclorofluorometano 
  - Diclorotetrafluoroetano 
  - Dietiletere 
  - Diisopropiletere Dimetiletere 
  - Eptano 
  - Esano tecnico 
  - Etere i sopropilico 
  - Etilacetato 
  - Metilacetilene 
  - Metilcicloesano 
  - Pentano 
  - 1, 1,1,2-tetracloro-2,2- difluoroetano 
  - 1, 1,1,2-tetracloro-1,2- difluoroetano 
  - Triclorofluorometano 
  - 1, 1,2- tricloro- 1,2,2 -trifluoroetano 
  - Trifluorometano 
  - Triflu orobromometano 
  5. Polveri totali. 
  Il valore di emissione e' pari a: 
  50 mg/Nm3 se il flusso di massa e' pari o superiore a 0,5  kg/h  il
valore di emissione; 
  150 mg/Nm3 se il flusso di massa e' pari o superiore alla soglia di
rilevanza corrispondente a 0,1 kg/h ed e' inferiore a 0,5 kg/h. 
 
Parte III 
Valori di emissione per specifiche tipologie di impianti 
  (1) Impianti di combustione con potenza termica nominale inferiore 
a 50 MW 
  Il presente paragrafo si applica agli impianti  di  combustione  di
potenza termica nominale inferiore a 50 MW destinati alla  produzione
di energia. 
  In particolare il paragrafo non si applica ai seguenti impianti: 
  - impianti in cui i  prodotti  della  combustione  sono  utilizzati
prevalentemente  per  il  riscaldamento  diretto,  l'essiccazione   o
qualsiasi altro trattamento degli oggetti o dei materiali, come forni 
di riscaldo e forni di trattamento termico 
  - impianti di postcombustione, cioe' qualsiasi dispositivo  tecnico
per la depurazione dell'effluente gassoso mediante combustione, che 
non sia gestito come impianto indipendente di combustione 
  - dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di cracking 
catalitico 
  - dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo 
  - reattori utilizzati nell'industria chimica 
  - batterie di forni per il coke 
  - cowper degli altiforni 
  - impianti azionati da motori diesel, a benzina o a gas da  turbine
a gas. 
  1.1. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili solidi. 
  Se sono utilizzate le biomasse di cui all'allegato  X  in  impianti
nuovi e in impianti anteriori al 2006 autorizzati a  partire  dal  12
marzo 2002, si applicano  i  valori  di  emissione,  riportati  nella
tabella seguente, riferiti ad un tenore  di  ossigeno  nell'effluente
gassoso dell'11%. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  Se sono utilizzate le biomasse di cui all'allegato  X  in  impianti
anteriori al 1988, si applicano  i  valori  di  emissione,  riportati
nella  tabella  seguente,  riferiti  ad   un   tenore   di   ossigeno
nell'effluente gassoso dell'11%. 
  Se sono utilizzati altri combustibili solidi in impianti  anteriori
al 1988, si applicano i valori di emissione, riportati nella  tabella
seguente, riferiti ad un tenore di  ossigeno  nell'effluente  gassoso
del 6%. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  1.2. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili liquidi. 
  I  valori  di  emissione,  riportati  nella  tabella  seguente,  si
riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso  nel  3%.
Nel caso in cui il combustibile utilizzato sia  liscivia  proveniente
dalla produzione di cellulosa, il valore di emissione si riferisce ad
un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  1.3. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili gassosi. 
  1  valori  di  emissione,  riportati  nella  tabella  seguente,  si
riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  Agli impianti che utilizzano il biogas di  cui  all'allegato  X  si
applicano i valori di emissione indicati alle lettere a), b) e c). 
  a) nel caso si tratti di motori a combustione interna i  valori  di
emissione, riferiti a un tenore volumetrico di ossigeno pari al 5% 
nell'effluente gassoso 
  anidro, sono: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  b) nel caso si tratti di turbine a gas fisse i valori di emissione,
riferiti  a  un  tenore  volumetrico  di  ossigeno   pari   al   15%,
nell'effluente gassoso anidro, sono: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  c) per le altre tipologie di impianti di combustione  i  valori  di
emissione, riferiti a un tenore volumetrico di ossigeno pari  al  3%,
nell'effluente gassoso anidro, sono: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  1.4. Impianti multicombustibile 
  1.4.1. In caso di impiego simultaneo di due o piu'  combustibili  i
valori di emissione sono determinati nel modo seguente: 
  - assumendo ai punti 1.1, 1.2 e 1.3 il valore di emissione relativo 
a ciascun combustibile e a ciascun inquinante 
  - calcolando i valori  di  emissione  ponderati  per  combustibile;
detti valori  si  ottengono  moltiplicando  ciascuno  dei  valori  di
emissione per l'energia fornita da ciascun combustibile  e  dividendo
il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma dell'energia 
fornita da tutti i combustibili 
  - addizionando i valori di emissione ponderati per combustibile. 
  I valori di emissione sono quelli  corrispondenti  al  combustibile
con il piu' elevato valore di emissione se l'energia fornita da  tale
combustibile e' il 70% o piu' rispetto al totale. 
  1.4.2. In caso di impiego alternato di due o  piu'  combustibili  i
valori di emissione sono quelli relativi al combustibile di volta  in
volta utilizzato. 
  1.4.3. Per gli impianti multicombustibile a letto fluido il  valore
di emissione per le polveri e': 
  - per impianti di potenza termica superiore a 5 MW 50 
mg/Nm3 
  - per impianti di potenza termica uguale o inferiore  a  5  MW  150
mg/Nm3 . 
  (2) Impianti di essiccazione 
  I valori di emissione per gli impianti di essiccazione nei quali  i
gas combusti o le fiamme vengono a contatto diretto con  i  materiali
da essiccare si riferiscono ad un tenore di  ossigeno  nell'effluente
gassoso del 170%. 
  (3) Motori fissi a combustione interna. 
  I  valori  di  emissione  riportati  nella  tabella   seguente   si
riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 5%. 
    

---------------------------------------------------------------------
polveri            |130 mg/Nm(elevato)3
---------------------------------------------------------------------
ossidi di azoto    |((2000 mg/Nm(elevato)3)) per i motori ad
                   |accensione spontanea di potenza uguale o
                   |superiore a 3 MW
                   |4000 mg/Nm(elevato)3 per i motori ad accensione
                   |spontanea di potenza inferiore a 3 MW
                   |500 mg/Nm(elevato)3 per gli altri motori a
                   |quattro tempi
                   |800 mg/Nm(elevato)3 per gli altri motori a
                   |due tempi.
---------------------------------------------------------------------
monossido di       |650 mg/Nm(elevato)3
carbonio           |
---------------------------------------------------------------------

    
  Non  si  applicano  valori  di  emissione  ai  gruppi   elettrogeni
d'emergenza  ed  agli  altri  motori  fissi  a  combustione   interna
funzionanti solo in caso di emergenza. 
  (4) Turbine a gas fisse 
  I  valori  di  emissione  riportati  nella  tabella   seguente   si
riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del  15%.
Se la turbina a gas e' accoppiata ad una caldaia di  recupero  con  o
senza sistema di postcombustione i valori di  emissione  misurati  al
camino della caldaia si riferiscono ad un tenore di ossigeno del 15%.
Per le turbine utilizzate nei cicli combinati i valori di riferimento
sono riferiti al combustibile principale. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (5) Cementifici 
  I  valori  di  emissione  riportati  nella  tabella   seguente   si
riferiscono agli effluenti gassosi umidi. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (6) Forni per la calcinazione di bauxite, dolomite, gesso, calcare,
diatomite, magnesite, quarzite 
  I valori di emissione di  seguito  riportati  si  riferiscono  agli
effluenti gassosi umidi, per gli  impianti  di  produzione  di  calce
spenta e di dolomite idrata. 
  - Cromo 
  Nella calcinazione di materiali  contenenti  cromo,  il  valore  di
emissione per il cromo [III] e i suoi composti, espressi come  cromo,
sotto forma di polvere e' 10 mg/Nm3 . 
  - Ossidi di azoto 
  Il valore di emissione e' 1800-3000 mg/Nm3 . 
  - Composti del fluoro 
  Per i forni usati periodicamente per la calcinazione  di  quarzite,
il valore di emissione di  composti  inorganici  gassosi  del  fluoro
espressi come acido fluoridrico e' 10 mg/Nm3 . 
  (7) Forni per la produzione di vetro 
  Per i forni a bacino a lavorazione continua i valori  di  emissione
si riferiscono  ad  un  tenore  di  ossigeno  nell'effluente  gassoso
dell'8% e per i forni a crogiolo e  quelli  a  bacino  a  lavorazione
giornaliera ad un tenore di ossigeno del 13%. 
  I valori di emissione per gli ossidi di azoto sono: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (8) Forni per la cottura di prodotti ceramici a base di argilla 
  I  valori  di  emissione  riportati  nella  tabella   seguente   si
riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 18% 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (9) Impianti per la fusione di prodotti minerali, in particolare di
basalto, di diabase o di scorie 
  In caso di  utilizzo  di  combustibile  solido  i  valori  alla  di
emissione si riferiscono ad  un  tenore  di  ossigeno  nell'effluente
gassoso dell'8%. valori di emissione per gli ossidi di azoto sono: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (10) Impianti per la produzione di piastrelle in ceramica. 
  Si applicano i seguenti valori di emissione 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (11) impianti per l'agglomerazione di  perlite,  scisti  o  argilla
espansa 
  I  valori  di  emissione  riportati  nella  tabella   seguente   si
riferiscono agli effluenti gassosi umidi ed a un tenore  di  ossigeno
del 14%. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (12) Impianti per la produzione o la fusione di miscele composte da
bitumi o da catrami e prodotti minerali, compresi gli impianti per la
preparazione di materiali da costruzione stradali a base di bitume  e
gli impianti per la produzione di pietrisco di catrame 
  I  valori  di  emissione  riportati  nella  tabella   seguente   si
riferiscono ad un tenore, di ossigeno nell'effluente gassoso del 17%. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (13) Impianti di distillazione a secco del carbone (cokerie) 
  13.1 Forno inferiore 
  I valori di emissione di seguito  indicati  si  riferiscono  ad  un
tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 5%. 
  - Polveri 
  Devono  essere  adottate  tutte  le  misure  atte  a  contenere  le
emissioni di polveri dalle camere di combustione in base  allo  stato
attuale della tecnica. 
  Sino alla ricostruzione del forno a coke, il valore di emissione e'
100 mg/Nm3 . 
  - Ossidi di zolfo 
  Se il combustibile utilizzato e' gas da forno a coke, il valore  di
emissione e' 1.700 mg/Nm3 . 
  Se il combustibile utilizzato e' gas da  forno  a  coke  e  gas  da
altoforno (o d'acciaieria) il valore di emissione e' 800 mg/Nm3 . 
  - Ossidi di azoto 
  II valore di emissione e' 600 mg/Nm3 II valore di emissione e'  600
mg/Nm 
  Devono  essere  adottate  tutte  le  misure  atte  a  contenere  le
emissioni di ossidi di azoto dalle camere di combustione in base allo
stato attuale della tecnica. Le emissioni di ossidi  di  azoto,  sino
alla ricostruzione del forno a coke, non devono  essere  superiori  a
800 mg/Nm3 . 
  13.2 Caricamento dei forni da coke 
  Devono essere evitate le emissioni  di  polvere  nel  prelevare  il
carbone dalle tramogge e nel caricare i carrelli. 
  I gas di caricamento devono essere raccolti. 
  Nelle operazioni di versamento, i gas di caricamento devono  essere
deviati nel gas grezzo, o in un forno vicino, ove non fosse possibile
utilizzarli per lavorare i catrame grezzo. 
  Nelle operazioni di pigiatura, i gas di caricamento  devono  essere
deviati il piu' possibile nel gas grezzo. 
  I gas di caricamento che non possono essere deviati  devono  essere
convogliati ad un impianto di combustione cui si applica il valore di
emissione per le polveri di 25 mg/Nm3 . 
  Nelle operazioni di spianamento del carbone le emissioni dei gas di
caricamento  devono  essere  limitate  assicurando  la  tenuta  delle
aperture che servono a tali operazioni. 
  13.3 Coperchio portello di carica 
  Le emissioni dal coperchio di carica devono essere  evitate  quanto
piu' possibile, usando porte a elevata tenuta, spruzzando i  coperchi
dei portelli dopo ogni carica dei  forni,  pulendo  regolarmente  gli
stipiti e i coperchi dei portelli di carica  prima  di  chiudere.  La
copertura del forno deve essere  mantenuta  costantemente  pulita  da
resti di carbone. 
  13.4 Coperchio tubo di mandata 
  I coperchi dei tubi di mandata, per evitare emissioni di gas  o  di
catrame, devono essere dotati di dispositivi ad immersione in  acqua,
o sistemi analoghi, di pari  efficacia;  i  tubi  di  mandata  devono
venire costantemente puliti. 
  13.5 Macchine ausiliari per forno a coke 
  Le macchine ausiliarie adibite al funzionamento  del  foro  a  coke
devono  essere  dotate  di  dispositivo  per  mantenere   pulite   le
guarnizioni applicate agli stipiti dei portelli di carica. 
  13.6. Porte del forno a coke 
  Si devono usare porte ad elevate tenuta. Le guarnizioni delle porte
dei forni devono essere regolarmente pulite. 
  13.7. Sfornamento del coke 
  Nella ricostruzione delle batterie di forni a  coke  queste  devono
essere progettate in modo da permettere che vengano  installati,  sul
lato macchina e sul lato coke, impianti di captazione e  abbattimento
delle emissioni di polveri allo sforamento del coke, in modo  che  le
emissioni non superino 5 g/t di coke prodotto. 
  Sino alla ricostruzione del forno a  coke,  gli  effluenti  gassosi
devono essere raccolti e convogliati ad un impianto  di  abbattimento
delle polveri, ove tecnicamente possibile. 
  13.8. Raffreddamento del coke 
  Per il raffreddamento del coke devono essere limitate,  per  quanto
possibile, le emissioni. Nel caso in cui la tecnologia  adottata  sia
quella del raffreddamento a secco, il  valore  di  emissione  per  le
polveri e' 20 mg/Nm3 . 
  (14) Impianti per l'agglomerazione del minerale di ferro 
  I  valori  di  emissione  riportati  nella  tabella   seguente   si
riferiscono agli effluenti gassosi umidi. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (15) Impianti per la produzione di ghisa 
  Fino al rifacimento del rivestimento in refrattario  dell'altoforno
il valore di emissione per le polveri e' 150 mg/Nm3 . 
  (16)  Impianti  per  la   produzione   d'acciaio   per   mezzo   di
convertitori, forni ad arco elettrici, e forni di fusione sotto vuoto
Si applicano i seguenti valori di emissione: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (17) Fonderie di ghisa, d'acciaio. 
  Si applicano i seguenti valori di emissione: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (18) Forni di riscaldo e per trattamenti termici, per  impianti  di
laminazione ed altre deformazioni plastiche 
  I  valori  di  emissione,  riportati  nella  tabella  seguente,  si
riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 5%: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (19) Impianti di zincatura a caldo 
  Si applicano i seguenti valori di emissione: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (20) Impianti di trattamento di superfici  metalliche  con  uso  di
acido nitrico 
  Agli impianti di decapaggio funzionanti in continuo si  applica  il
valore di emissione per gli ossidi di azoto di 1500 mg/Nm3 . 
  (21) Impianti per la produzione  di  ferroleghe  mediante  processi
elettrotermici o pirometallurgici 
  Per le polveri i valori di emissione minimo  e  massimo  sono  pari
rispettivamente a 20 mg/Nm3 e 40 mg/Nm3 . 
  (22) Impianti per la produzione primaria di metalli non ferrosi 
  Si applicano i seguenti valori di emissione: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (23) Impianti per la produzione di alluminio 
  I  forni  elettrolitici  devono  essere   chiusi,   le   dimensioni
dell'apertura del forno devono essere  quelle  minime  indispensabili
per il funzionamento e il meccanismo di  apertura  deve  essere,  per
quanto possibile, automatizzato. Si applicano i  seguenti  valori  di
emissione: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (24) Impianti per la fusione dell'alluminio 
  Si applicano i seguenti valori di emissione: 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (25) Impianti per  la  seconda  fusione  degli  altri  metalli  non
ferrosi e delle loro leghe. 
  Si applicano i seguenti valori di emissione: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (26) Impianti per la produzione di accumulatori al piombo 
  Per le polveri, se il flusso di massa e' uguale  o  superiore  a  5
g/h, si applica il valore di emissione di 0,5 mg/Nm3 . 
  (27) Impianti per la produzione di ossidi di zolfo, acido solforico
e oleum 
  Negli impianti per la produzione di  ossidi  di  zolfo  allo  stato
liquido l'effluente gassoso deve essere convogliato  ad  un  impianto
per  la  produzione  di  acido  solforico  o  ad  altri  impianti  di
trattamento. 
  Nei processi a doppio contatto deve essere mantenuta  una  resa  di
conversione minima del 99%. Per concentrazioni di biossido  di  zolfo
nel gas d'alimentazione uguali o  superiori  all'8%  in  volume  deve
essere mantenuta: 
  - una resa del 99,5% in condizioni variabili del gas 
  - una resa del 99,6% in condizioni costanti del gas 
  Le emissioni di  biossido  di  zolfo  devono  essere  ulteriormente
limitate con adeguati  processi  di  trattamento,  se  superano  1200
mg/Nm3 . 
  Nei processi a contatto semplice deve essere mantenuta una resa  di
conversione minima del 97,5%. Per concentrazioni di biossido di zolfo
nel gas d'alimentazione inferiori al 6% le  emissioni  devono  essere
ulteriormente limitate. 
  Nei processi di catalisi ad umido deve essere mantenuta una resa di
conversione di almeno il 97,5%. 
  Per l'acido solforico si applicano valori  di  emissione  minimo  e
massimo rispettivamente pari a 80 mg/Nm3 e 100 mg/Nm3 . 
  (28) Impianti per la produzione di cloro 
  Si applicano i seguenti valori di emissione 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (29) Impianti Claus per la produzione di zolfo 
  Gli effluenti gassosi devono essere convogliati ad un  impianto  di
combustione.  Per  l'idrogeno  solforato  si  applica  un  valore  di
emissione di 10 mg/Nm3 . 
  (30) Impianti per la produzione, granulazione  ed  essiccamento  di
fertilizzanti fosfatici, azotati o potassici. 
  Si applicano i seguenti valori di emissioni: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (31) Impianti per la produzione di acrilonitrile 
  L'effluente gassoso prodotto dal reattore e  dall'assorbitore  deve
essere   combusto.   L'effluente   gassoso   prodotto   durante    la
purificazione per distillazione dei prodotti  di  reazione  e  quello
proveniente dal processo di travaso deve essere convogliato ad idonei
sistemi di abbattimento. 
  (32) Impianti per la produzione di principi attivi antiparassitari 
  Per le polveri, se il flusso di massa e' uguale o  superiore  a  25
g/h, si applica un valore di emissione di 5 mg/Nm3 . 
  (33) Impianti per la produzione di polivinile cloruro (PVC) 
  I tenori residui in cloruro di vinile monomero (CVM)  nel  polimero
devono essere ridotti al massimo. Nella zona di passaggio dal sistema
chiuso a quello aperto il tenore residuo non puo' superare i seguenti
valori: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  Al fine di ridurre ulteriormente la concentrazione  di  cloruro  di
vinile  nell'effluente  gassoso  proveniente  dall'essiccatore   tale
effluente  deve,  per  quanto  possibile,  essere   utilizzato   come
comburente in un impianto di combustione. 
  (34) Impianti per la produzione di polimeri in poliacrilonitrile 
  I gas provenienti dal reattore  e  dall'assorbitore  devono  essere
convogliati ad un efficace sistema di combustione. I gas  provenienti
dalla purificazione per distillazione e dalle operazioni  di  travaso
devono essere convogliati ad idonei sistemi di abbattimento. 
  34.1. Produzione e lavorazione di polimeri acrilici per fibre 
  Se la polimerizzazione e' effettuata  in  soluzione  acquosa,  agli
impianti di polimerizzazione,  di  essiccamento  del  polimero  e  di
filatura si applica un valore di emissione per l'acrilonitrile pari a
25 mg/Nm3 . 
  Se la polimerizzazione e' effettuata in solvente, agli impianti  di
polimerizzazione si applica un valore di emissione  di  acrilonitrile
pari  a  5  mg/Nm3  ed  agli  impianti  di  filatura,   lavaggio   ed
essiccamento si applica un valore di emissione di acrilonitrile  pari
a 50 mg/Nm3 . 
  34.2. Produzione di materie plastiche ABS e SAN 
  - Polimerizzazione in  emulsione:  l'effluente  gassoso  contenente
acrilonitrile    proveniente    dalla     polimerizzazione,     dalla
precipitazione e dalla pulizia del reattore deve  essere  convogliato
ad  un  termocombustore.   A   tale   effluente   si   applica,   per
l'acrilonitrile, un valore di emissione di 25 mg/Nm3 . 
  - Polimerizzazione combinata  in  soluzione/emulsione:  l'effluente
gassoso contenente acrilonitrile proveniente dalla  polimerizzazione,
dai serbatoi di stoccaggio  intermedi,  dalla  precipitazione,  dalla
disidratazione, dal recupero dei solventi  e  dai  miscelatori,  deve
essere convogliato ad  un  termocombustore.  Alle  emissioni  che  si
formano  nella  zona  di  uscita  dei  miscelatori  si  applica,  per
l'acrilonitrile, un valore di emissione di 10 mg/Nm3 . 
  34.3. Produzione di gomma acrilonitrilica (NBR) 
  L'effluente  gassoso  contenente  acrilonitrile   proveniente   dal
recupero di butadiene, dal deposito  di  lattice,  dal  lavaggio  del
caucciu' solido,  deve  essere  convogliato  ad  un  termocombustore.
L'effluente gassoso proveniente dal recupero dell'acrilonitrile  deve
essere convogliato ad un impianto di lavaggio.  Agli  essiccatori  si
applica, per l'acrilonitrile, un valore di emissione di 15 mg/Nm3 . 
  34.4. Produzione di lattice per polimerizzazione, in emulsione,  di
acrilonitrile.  L'effluente  gassoso   contenente   acrilonitrile   e
proveniente dai contenitori di monomeri, dai reattori,  dai  serbatoi
di stoccaggio e  dai  condensatori  deve  essere  convogliato  ad  un
impianto  di  abbattimento  se  la  concentrazione  di  acrilonitrile
nell'effluente gassoso e' superiore a 5 mg/Nm3 . 
  (35) Impianti per la produzione e la lavorazione della viscosa. 
  35.1. Le emissioni dalla produzione di viscosa, dalla  preparazione
del bagno di rilavatura e dai trattamenti  successivi  connessi  alla
produzione di rayon tessile, devono essere convogliate ad un impianto
di abbattimento. A tali attivita' si applicano i seguenti  valori  di
emissione: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  35.2. Nella produzione di fibra cellulosica in fiocco e  cellofane,
i gas provenienti dai filatoi e  dal  trattamento  successivo  devono
essere convogliati ad un impianto di abbattimento. A  tali  attivita'
si applicano i seguenti valori di emissione: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  35.3. Nella produzione  di  prodotti  da  viscosa  all'impianto  di
aspirazione generale e agli aspiratori delle macchine, si applica  un
valore di emissione per l'idrogeno  solforato  pari  a  50  mg/Nm3  ,
mentre per il solfuro di carbonio  si  applicano  i  seguenti  valori
emissione: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (36) Impianti per la produzione di acido nitrosilsolforico 
  Per la fase di concentrazione i valori di emissione sono: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

  (37) Impianti di produzione di poliesteri 
  Negli  impianti  di  produzione   di   acido   tereftalico   e   di
dimetiltereftalato facenti parte di cicli di produzione di polimeri e
fibre poliesteri per flussi di massa superiori a 3 kg/h il valore  di
emissione delle sostanze organiche, espresso come  carbonio  organico
totale, e' 350 mg/Nm3 . 
  (38) Impianti di produzione di acetato di cellulosa per fibre. 
  Negli impianti di  polimerizzazione,  dissoluzione  e  filatura  di
acetato di cellulosa per flussi di massa superiori a 3 kg/h il valore
di emissione di acetone e' pari a 400 mg/Nm3 . 
  (39) Impianti di produzione di fibre poliammidiche 
  Negli  impianti  di  filatura  per  fili  continui   del   polimero
"poliammide 6" per flussi di massa superiori a 2 kg/h  il  valore  di
emissione del caprolattame e' 100 mg/Nm3 . Negli impianti di filatura
per fiocco il valore di emissione del caprolattame e' 150 mg/Nm3 . 
  (40) Impianti perla formulazione di preparati antiparassitari 
  Le emissioni contenenti polveri devono  essere  convogliate  ad  un
impianto di abbattimento. Il valore di emissione per  le  polveri  e'
pari a 10 mg/Nm3 . 
  (41) Impianti per la nitrazione della cellulosa 
  Il valore di emissione per gli ossidi  di  azoto  e'  pari  a  2000
mg/Nm3 . 
  (42) Impianti per la produzione di biossido di titanio 
  Il valore di emissione per gli ossidi di  zolfo  provenienti  dalla
digestione e dalla calcinazione e' pari a  10  kg/t  di  biossido  di
titanio prodotto. Il valore di emissione  per  gli  ossidi  di  zolfo
provenienti dalla concentrazione degli acidi residui e'  pari  a  500
mg/Nm3 . 
  (43) Impianti per la produzione di fibre acriliche 
  Se   il    flusso    di    massa    di    N,N-dimetilacetamide    e
N.N-dimetilformamide e' uguale o superiore a 2 kg/h si  applica,  per
tali sostanze, un valore di emissione di 150 mg/Nm3 . 
  (44) Impianti per la produzione di policarbonato 
  Il valore di emissione per il diclorometano e' pari a 100 mg/Nm3 . 
  (45) Impianti per la produzione di nero carbonio 
  I  valori  di  emissione,  riportati  nella  tabella  seguente,  si
riferiscono  agli  effluenti  gassosi  umidi.   L'effluente   gassoso
contenente idrogeno  solforato,  monossido  di  carbonio  o  sostanze
organiche deve essere convogliato ad un termocombustore. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (46)  Impianti  per  la  produzione  di  carbone  o  elettrografite
mediante cottura, ad esempio per la fabbricazione di elettrodi 
  Per le  sostanze  organiche  si  applicano  i  seguenti  valori  di
emissione, espressi come carbonio organico totale: 
  (47) Impianti per la verniciatura in serie, inclusi gli impianti in
cui si effettuano i trattamenti preliminari, delle carrozzerie  degli
autoveicoli e componenti  degli  stessi,  eccettuate  le  carrozzerie
degli autobus 
  Fatto salvo quanto  previsto  dall'articolo  275,  si  applicano  i
seguenti valori di emissione, espressi  in  grammi  di  solvente  per
metro quadrato di manufatto trattato, inclusi i solventi emessi dagli
impianti in cui si effettuano i trattamenti preliminari: 
  a) vernici a due strati 120 g/m2 a) vernici a due strati 120 g/m 
  b) altre vernici 60 g/m2 . 
  Per le zone d'applicazione della vernice all'aria  di  ventilazione
delle cabine di verniciatura non si applicano i valori  di  emissione
indicati nella parte II, paragrafo 4, classi III, IV e V. 
  Per  gli  essiccatori  il  valore  di  emissione  per  le  sostanze
organiche, espresse come carbonio  organico  totale,  e'  pari  a  50
mg/Nm3 . Il valore di emissione per le polveri e' pari a 3 mg/Nm3 . 
  (48) Altri impianti di verniciatura 
  48.1 Verniciatura del legno 
  Fatto  salvo  quanto  previsto  dall'articolo  275,  il  valore  di
emissione per la verniciatura piana, espresso in grammi  di  solvente
per metro quadro di superficie verniciata e' 40 g/m2 . Il  valore  di
emissione per le polveri e' pari a 10 mg/Nm3 . 
  48.2 Verniciatura manuale a spruzzo 
  Fatto salvo  quanto  previsto  dall'articolo  275,  per  l'aria  di
ventilazione delle cabine di verniciatura nelle quali si  vernicia  a
mano con pistola a spruzzo non si applicano  i  valori  di  emissione
indicati nella parte II, paragrafo 4, classi  III,  IV  e  V;  devono
comunque essere prese le misure possibili per ridurre  le  emissioni,
facendo  ricorso  a  procedimenti  di  applicazione   della   vernice
particolarmente efficaci, assicurando un efficace ricambio  dell'aria
e il suo  convogliamento  ad  un  impianto  di  abbattimento,  oppure
utilizzando vernici  prodotte  secondo  le  migliori  tecnologie.  Il
valore di emissione per le polveri e' pari a 3 mg/Nm3 . 
  48.3 Essiccatori 
  Fatto  salvo  quanto  previsto  dall'articolo  275,  il  valore  di
emissione per le sostanze organiche, espresse con carbonio totale, e'
50 mg/Nm3 . 
  (49) Impianti per la produzione di manufatti in gomma 
  Per le polveri, nella fase di preparazione  mescole,  i  valori  di
emissione minimo e massimo sono rispettivamente pari a 20 mg/Nm3 e 50
mg/Nm3 . 
  (50) Impianti per impregnare di resine le fibre di vetro o le fibre
minerali 
  Le emissioni di sostanze di cui alla parte II, paragrafo 4,  classe
I non devono superare 40 mg/Nm3 e devono essere adottate le possibili
soluzioni atte a limitare le emissioni, come  la  postcombustione,  o
altre misure della medesima efficacia. 
  (51) Impianti per la produzione di zucchero 
  - Ossidi di zolfo Il valore di emissione e' 1700 mg/Nm3 . 
  - Ammoniaca Se il flusso di massa supera  1,5  kg/h,  i  valori  di
emissione sono: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  - Polveri 
  Il valore di emissione e' pari a 75  mg/Nm3  ,  e,  nella  fase  di
movimentazione e condizionamento zucchero, e' pari a 20 mg/Nm3 . 
  (52) Impianti per l'estrazione e la raffinazione degli oli di sansa
di oliva 
  I valori di emissione sono: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  (53) Impianti per l'estrazione e la raffinazione di oli di  semi  I
valori di emissione per le polveri sono i seguenti: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  Parte IV 
  Sezione 1 
  Valori di emissione e prescrizioni relativi alle raffinerie 
  1. Valori di emissione 
  1.1 In deroga a quanto previsto all'articolo 270, comma 5, i valori
di emissione per i  composti  sotto  riportati  sono  calcolati  come
rapporto ponderato tra la sommatoria delle masse di inquinanti emesse
e  la  sommatoria  dei  volumi  di  effluenti   gassosi   dell'intera
raffineria: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  1.2. I valori di emissione per le sostanze inorganiche di cui  alla
parte II, paragrafo 2, che si presentano prevalentemente sotto  forma
di polvere sono: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  1.3. Per le  sostanze  di  cui  alla  parte  II,  paragrafo  1,  si
applicano i valori di emissione ivi stabiliti. 
  1.4. I valori di emissione  per  le  sostanze  inorganiche  che  si
presentano sotto forma di gas o vapore sono: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  1.5. Gli effluenti  gassosi  degli  impianti  Claus  devono  essere
convogliati ad un postcombustore. In deroga  al  punto  1.1,  a  tali
impianti si applica, per l'idrogeno solforato, un valore di emissione
minimo pari a 10 e un valore di emissione massimo pari a 30 mg/Nm3  .
In  tali  impianti  la  conversione  operativa  dello  zolfo,   nelle
condizioni ottimali di funzionamento, non deve  essere  inferiore,  a
seconda della capacita' produttiva, rispettivamente al: 
  a) 95%, se la capacita' produttiva e' inferiore o uguale a 20  ton.
al giorno di zolfo 
  b) 96% se  la  capacita'  produttiva  e'  superiore  a  20  ton.  e
inferiore o uguale a 50 ton. al giorno di zolfo 
  c) 97,5% se la capacita' produttiva  e'  superiore  a  50  ton.  al
giorno di zolfo. 
  2. Prescrizioni per le emissioni diffuse 
  2.1. Fatto salvo quanto diversamente  disposto  dall'articolo  276,
per  lo  stoccaggio  di  petrolio  greggio  e   di   prodotti   della
raffinazione, aventi una tensione di vapore superiore a 13 mbar  alla
temperatura di 20  °C  devono  essere  utilizzati  serbatoi  a  tetto
galleggiante, serbatoi  a  tetto  fisso  con  membrana  galleggiante,
serbatoi  a  tetto  fisso   polmonati   con   emissioni   convogliate
opportunamente ad un sistema  di  abbattimento  o  ad  altro  sistema
idoneo ad evitare la diffusione delle emissioni; i tetti dei serbatoi
a tetto galleggiante devono essere muniti di un'efficace tenuta verso
il mantello del serbatoio. 
  Per lo stoccaggio di altri prodotti  i  serbatoi  con  tetto  fisso
devono essere muniti di un sistema di ricambio forzato dei gas  e  di
convogliamento ad un sistema di raccolta o ad  un  postcombustore  se
gli stessi contengono liquidi che, nelle  condizioni  di  stoccaggio,
possono emettere sostanze cancerogene o organiche  di  classe  I  con
flussi di massa uguali o superiori a quelli indicati nella parte  II,
paragrafo 1. 
  2.2 Gli effluenti gassosi che si formano durante le  operazioni  di
avviamento e di arresto degli  impianti  devono  essere,  per  quanto
possibile, raccolti e convogliati ad un sistema di raccolta di gas  e
reimmessi nel processo, oppure combusti nell'impianto di  combustione
del processo; qualora queste soluzioni non fossero possibili,  devono
essere convogliati ad un bruciatore a torcia. 
  In quest'ultimo  caso  il  valore  di  emissione  per  le  sostanze
organiche volatili, espresso come carbonio totale e' 1% in volume. 
  3. I gas e i vapori che si producono nelle apparecchiature  per  la
riduzione detta pressione o nelle  apparecchiature  da  vuoto  devono
essere  convogliati  ad  un  sistema  di  raccolta  del   gas;   tale
disposizione non si applica per le apparecchiature per l'abbassamento
della pressione che si usano in caso di emergenza o di incendio o nei
casi in cui si forma sovrappressione a seguito della polimerizzazione
o di processi analoghi; i gas  raccolti  devono  essere  combusti  in
impianti di processo, oppure, nel caso  questa  soluzione  non  fosse
possibile, devono essere portati ad un bruciatore a torcia. 
  4. I gas derivanti dai processi, dalla rigenerazione catalizzatori,
dalle  ispezioni,  dalle  operazioni  di   pulizia,   devono   essere
convogliati  ed  inviati  alla  postcombustione.  In  alternativa  al
trattamento  di  post-combustione  possono  essere  applicate   altre
misure, atte al contenimento delle emissioni. 
  5. Fatto salvo  quanto  diversamente  disposto  dall'articolo  276,
nella caricazione  di  prodotti  grezzi,  semilavorati,  finiti,  con
pressione di vapore di oltre 13 mbar  a  temperatura  di  20  °C,  le
emissioni devono essere  limitate  adottando  misure  adeguate,  come
sistemi di aspirazione e convogliamento dell'effluente gassoso ad  un
impianto di abbattimento. 
  6. L'acqua di processo eccedente puo' essere fatta defluire  in  un
sistema aperto solo dopo il  degassaggio.  In  tal  caso  l'effluente
gassoso deve essere depurato mediante lavaggio, combustione  o  altro
opportuno sistema. 
  7. Per le emissioni derivanti da prodotti polverulenti  si  applica
l'allegato V. 
 
  Sezione 2 
  Impianti  per  la  coltivazione  degli  idrocarburi  e  dei  fluidi
geotermici 
  1.  L'autorita'  competente  si  avvale  delle  competenti  Sezioni
dell'Ufficio nazionale Minerario per gli Idrocarburi e  la  Geotermia
ai  fini  del  rilascio  dell'autorizzazione  alle  emissioni   degli
impianti  per  la  coltivazione  degli  idrocarburi  e   dei   fluidi
geotermici. 
  2. Coltivazione di idrocarburi 
  2.1. Disposizioni generali. 
  Le emissioni devono essere  limitate  all'origine,  convogliate  ed
abbattute utilizzando la migliore tecnologia disponibile. 
  2.2. Emissioni da combustione di gas di coda. 
  I gas di coda derivanti dalle centrali di raccolta e trattamento di
idrocarburi liquidi e gassosi, se non utilizzati  come  combustibili,
devono essere convogliati ad unita' di  termodistruzione  in  cui  la
combustione deve avvenire ad una temperatura minima di 950 °C per  un
tempo di almeno 2 secondi e con eccesso di ossigeno non inferiore  al
6%. A tali emissioni si applicano i limiti seguenti: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  Quale unita' di riserva a quella di  termodistruzione  deve  essere
prevista  una  torcia,  con  pilota,  in  grado  di  assicurare   una
efficienza minima di combustione del 99% espressa  come  CO2  /  (CO2
+CO). 
  2.3. Emissioni  da  impianti  di  combustione  utilizzanti  il  gas
naturale del giacimento. 
  a) Nel caso di impiego di gas naturale proveniente  dal  giacimento
con contenuto di H2 S massimo fino a 5 mg/Nm3 i valori  di  emissione
si intendono comunque rispettati. 
  b) Nel caso che il contenuto di H2 S sia superiore a 5 mg/Nm3 o che
il gas naturale venga miscelato con  gas  di  coda  e/o  con  gas  di
saturazione, si applicano i seguenti limiti: 
    

---------------------------------------------------------------------
ossidi di zolfo (espressi come SO(base)2)    |800 mg/N(elevato)3
---------------------------------------------------------------------
ossidi di azoto (espressi come NO(base)2)    |((350 mg/N(elevato)3))
---------------------------------------------------------------------
monossido di carbonio (CO)                   |100 mg/N(elevato)3
---------------------------------------------------------------------
sostanze organiche volatili (espresse come   |10 mg/N(elevato)3
COT)                                         |
---------------------------------------------------------------------
polveri                                      |10 mg/N(elevato)3
---------------------------------------------------------------------

    
 
  2.4. Emissioni da stoccaggi in attivita' di coltivazione 
  Per lo stoccaggio degli idrocarburi estratti dal giacimento  e  dei
prodotti ausiliari aventi tensione di vapore superiore a 13 mbar alla
temperatura di 20°C devono essere usati i seguenti sistemi: 
  a) i serbatoi a tetto galleggiante devono essere dotati di  sistemi
di tenuta  di  elevata  efficienza  realizzati  secondo  la  migliore
tecnologia disponibile; 
  b) i serbatoi a tetto fisso devono  essere  dotati  di  sistemi  di
condotte per l'invio dei gas di  sfiato  e/o  di  flussaggio  ad  una
unita' di combustione o termodistruzione; 
  c) le superfici esterne dei serbatoi devono essere trattate in modo
tale che venga  riflesso  inizialmente  almeno  il  70%  dell'energia
solare,  Detta  protezione  e'  ripristinata  quando  il  valore   di
riflessione diventa inferiore al 45%. 
  2.5. Vapori di rigenerazione termica di glicoli etilenici (DEG  e/o
TEG) usati per la disidratazione del gas naturale. 
  I vapori di  rigenerazione  termica  di  glicoli  etilenici  devono
essere convogliati ad una unita' di termodistruzione oppure miscelati
al gas combustibile primario. 
  Solo nel caso di piccoli impianti (fino a 200.000  Nm3  /giorno  di
gas naturale trattato) e/o per flussi di massa non  superiori  a  200
g/h come HAS e' consentita l'emissione in atmosfera cui si  applicano
i seguenti valori di emissione: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  2.6. Emissioni da piattaforme di coltivazione  di  idrocarburi  off
shore  ossia  ubicate  nel  mare  territoriale  e  nella  piattaforma
continentale italiana. 
  Se  la  collocazione  geografica  della  piattaforma  assicura  una
ottimale  dispersione  delle  emissioni,  evitando  che   le   stesse
interessino localita' abitate, i limiti  di  emissione  si  intendono
rispettati  quando  in  torcia  viene  bruciato  esclusivamente   gas
naturale. 
  In caso contrario si applicano i valori di emissione indicati  alla
parte II, paragrafo 3, per le sostanze gassose e un valore pari a  10
mg/Nm3 per le polveri totali. Per i motori a combustione interna e le
turbine a gas si applicano i pertinenti paragrafi della parte III. 
  3. Impianti che utilizzano fluidi geotermici 
  1. Gli effluenti gassosi negli impianti  che  utilizzano  i  fluidi
geotermici di cui all'articolo 1 della legge 9 dicembre 1986, n. 896,
devono essere  dispersi  mediante  torri  refrigeranti  e  camini  di
caratteristiche adatte. Per ciascuno dei  due  tipi  di  emissione  i
valori di emissione minimi e  massimi,  di  seguito  riportati,  sono
riferiti agli effluenti gassosi umidi ed intesi come media oraria  su
base mensile: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico
ALLEGATO II 
 
Grandi impianti di combustione 
 
Parte I 
Disposizioni generali 
 
  1. Definizioni. 
  Ai fini del presente allegato si intende per 
  a) impianto multicombustibile: qualsiasi  impianto  di  combustione
che possa essere alimentato simultaneamente o alternativamente da due
o piu' tipi di combustibile; 
  b) grado di desolforazione: il rapporto tra la quantita'  di  zolfo
non emessa nell'atmosfera nel sito dell'impianto di  combustione  per
un determinato periodo di tempo e la quantita' di zolfo contenuta nel
combustibile introdotto nei dispositivi dell'impianto di  combustione
e utilizzata per lo stesso periodo di tempo; 
  c) biomassa: prodotti, costituiti interamente o in parte di materia
vegetale, di provenienza  agricola  o  forestale,  utilizzabili  come
combustibile ai sensi della  normativa  vigente  per  recuperarne  il
contenuto energetico, ed i seguenti rifiuti usati come combustibile: 
  - rifiuti vegetali derivanti da attivita' agricole e forestali; 
  -  rifiuti  vegetali  derivanti  dalle  industrie   alimentari   di
trasformazione, se l'energia termica generata e' recuperata; 
  - rifiuti vegetali fibrosi  della  produzione  di  pasta  di  carta
grezza e della produzione di carta dalla pasta, se  gli  stessi  sono
coinceneriti sul luogo di produzione e se l'energia termica  generata
e' recuperata; 
  - rifiuti di sughero; 
  - rifiuti di legno, ad eccezione di quelli  che  possono  contenere
composti organici alogenati  o  metalli  pesanti,  a  seguito  di  un
trattamento o di rivestimento, inclusi in particolare  i  rifiuti  di
legno, ricadenti in questa definizione, derivanti dai rifiuti edilizi
e di demolizione. 
  d) turbina a gas: qualsiasi macchina rotante, che trasforma energia
termica in meccanica, costituita principalmente da un compressore, da
un dispositivo  termico  in  cui  il  combustibile  e'  ossidato  per
riscaldare il fluido motore e da una turbina; 
  e) ore di  normale  funzionamento:  il  numero  delle  ore  in  cui
l'impianto e' in funzione, con l'esclusione dei periodi di avviamento
e di arresto e dei periodi di guasto,  salvo  diversamente  stabilito
dalle normative adottate ai  sensi  dell'articolo  271,  comma  3,  o
dall'autorizzazione. 
  2. Procedura di esenzione per gli impianti anteriori al 1988. 
  2.1 Ai fini dell'applicazione dell'articolo 273, comma 5, i gestori
degli impianti anteriori al 1988 presentano all'autorita' competente,
nell'ambito della richiesta di autorizzazione  integrata  ambientale,
una dichiarazione scritta contenente l'impegno a non  far  funzionare
l'impianto per piu' di 20.000 ore di normale funzionamento a  partire
dal 1° gennaio 2008 ed a non farlo funzionare oltre  il  31  dicembre
2015. Per gli impianti di potenza termica nominale pari a  50  MW  la
dichiarazione e' presentata entro 3 mesi dalla  data  di  entrata  in
vigore del presente titolo  e  l'autorita'  competente,  in  caso  di
approvazione della richiesta di  esenzione,  provvede  ad  aggiornare
l'autorizzazione in atto con la procedura prevista dall'articolo 269. 
La richiesta di esenzione e' approvata soltanto se compatibile con le
misure stabilite  nei  piani  e  nei  programmi  di  cui  al  decreto
legislativo n. 351 del 1999 ove tali misure siano necessarie  per  il
conseguimento degli obiettivi di qualita' dell'aria e se  compatibile
con le condizioni stabilite dalla normativa  vigente  in  materia  di
autorizzazione integrata ambientale. Tutti i  predetti  provvedimenti
autorizzativi indicano le ore di normale funzionamento approvate  per
ogni anno del  funzionamento  residuo  degli  impianti.  In  caso  di
approvazione  il  gestore  e'   tenuto   a   presentare   ogni   anno
all'autorita'  competente  un  documento  in  cui  e'  riportata   la
registrazione delle ore di normale funzionamento utilizzate e  quelle
non utilizzate che sono state autorizzate per il restante periodo  di
funzionamento degli impianti. 
  2.2 La richiesta di esenzione di cui al punto precedente decade  se
il gestore presenta, successivamente al rilascio  dell'autorizzazione
integrata ambientale e comunque non  oltre  il  31  maggio  2007,  la
relazione tecnica o il progetto di adeguamento  di  cui  all'articolo
273,  comma  6,  nell'ambito  di  una  richiesta   di   aggiornamento
dell'autorizzazione integrata ambientale. Per gli impianti di potenza
termica nominale pari a 50 MW, la richiesta di esenzione decade se il
gestore trasmette all'autorita' competente, entro il 1° agosto  2007,
la relazione tecnica o il progetto di adeguamento di cui all'articolo
273, comma 7. La richiesta di esenzione non si considera decaduta nel
caso in cui l'autorita' competente non approvi la relazione tecnica o 
il progetto di adeguamento 
  2.3 Gli impianti per cui l'esenzione e' stata  approvata  ai  sensi
del punto 2.1 e non e' decaduta ai sensi del punto 2.2  non  possono,
in  alcun  caso,  funzionare  per  piu'  di  20.000  ore  di  normale
funzionamento nel periodo compreso tra il 1° gennaio  2008  e  il  31
dicembre 2015. 
  3. Impianti multicombustibili 
  3.1 Per gli impianti  multicombustibili  che  comportano  l'impiego
simultaneo di due o piu'  combustibili,  l'autorita'  competente,  in
sede di autorizzazione, stabilisce i valori limite di  emissione  per
il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, le polveri e i metalli nei
modi previsti dal punto 3.2. 
  3.2. L'autorita' competente applica la seguente procedura: 
  a) individuazione del valore limite di emissione relativo a ciascun
combustibile ed a ciascun  inquinante,  corrispondente  alla  potenza
termica nominale dell'impianto secondo quanto stabilito  dalla  parte
II, sezioni da 1 a 6; 
  b) determinazione dei valori  limite  di  emissione  ponderati  per
combustibile, i quali si ottengono moltiplicando ciascuno dei  valori
limite di emissione di cui alla lettera a)  per  la  potenza  termica
fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di  ciascuna
moltiplicazione per la somma delle potenze termiche fornite da  tutti
i combustibili; 
  c)  addizione  dei  valori  limite  di  emissione   ponderati   per
combustibile. 
  3.3. In deroga al punto 3.2  l'autorita'  competente,  in  sede  di
autorizzazione,  puo'  applicare  le  disposizioni   concernenti   il
combustibile determinante, inteso come il combustibile  con  il  piu'
elevato   valore   limite   di   emissione,    per    gli    impianti
multicombustibile che utilizzano i  residui  di  distillazione  e  di
conversione della raffinazione del petrolio greggio, da  soli  o  con
altri combustibili, per i propri  consumi,  sempre  che,  durante  il
funzionamento dell'impianto la proporzione di calore fornito da  tale
combustibile risulti pari ad almeno il 50% della somma delle  potenze
termiche fornite da tutti  i  combustibili.  Se  la  proporzione  del
calore fornito dal combustibile  determinante  e'  inferiore  al  50%
della somma delle potenze termiche fornite da tutti  i  combustibili,
l'autorita' competente determina il valore  limite  di  emissione  in
proporzione  al  calore  fornito  da   ciascuno   dei   combustibili,
considerata la somma  delle  potenze  termiche  fornite  da  tutti  i
combustibili, applicando la seguente procedura: 
  a) individuazione del valore limite di emissione relativo a ciascun
combustibile ed a ciascun  inquinante,  corrispondente  alla  potenza
termica nominale dell'impianto secondo quanto stabilito  dalla  parte
II, sezioni da 1 a 6; 
  b) calcolo del valore  limite  di  emissione  per  il  combustibile
determinante, inteso come il combustibile con  il  valore  limite  di
emissione piu' elevato in base a quanto  stabilito  dalla  parte  II,
sezioni da 1 a 6,  e  inteso,  in  caso  di  combustibili  aventi  il
medesimo  valore  limite,  come  il  combustibile  che  fornisce   la
quantita' piu' elevata di  calore.  Tale  valore  limite  si  ottiene
moltiplicando per due il valore limite di emissione del  combustibile
determinante, previsto dalla parte II, sezioni da 1 a 5, e sottraendo
il valore limite di emissione relativo al combustibile con il  valore
limite di emissione meno elevato; 
  c) determinazione dei valori  limite  di  emissione  ponderati  per
combustibile, i quali si ottengono moltiplicando il valore limite  di
emissione del combustibile calcolato in base alla lettera b)  per  la
quantita' di calore fornita  da  ciascun  combustibile  determinante,
moltiplicando ciascuno degli altri valori limite di emissione per  la
quantita' di calore fornita da ciascun combustibile  e  dividendo  il
risultato di ciascuna moltiplicazione  per  la  somma  delle  potenze
tecniche fornite da tutti i combustibili; 
  d)  addizione  dei  valori  limite  di  emissione   ponderati   per
combustibile. 
  3.4. In alternativa a quanto previsto  dal  punto  3.3  l'autorita'
competente, in sede di autorizzazione, puo': 
  a) applicare agli impianti anteriori al 1988 e anteriori al 2006 il
valore limite medio di emissione di 1000 mg/Nm3 per  il  biossido  di
zolfo; tale valore limite e'  rispettato  se  superiore  alla  media,
calcolata su base mensile, delle emissioni di tutti i detti impianti,
indipendentemente dalla miscela di combustibili usata e qualora  cio'
non determini un aumento delle emissioni rispetto a  quelle  previste
dalle autorizzazioni in atto; 
  b)  applicare  agli  impianti  nuovi  il  valore  limite  medio  di
emissione di 600 mg/Nm3 per il biossido di zolfo; tale valore  limite
e' rispettato se superiore alla media,  calcolata  su  base  mensile,
delle emissioni di tutti i detti impianti escluse le turbine  a  gas,
indipendentemente dalla miscela di combustibili usata. 
  I suddetti  valori  medi  devono  essere  calcolati  come  rapporto
ponderato tra la sommatoria delle masse di biossido di zolfo emesse e
la sommatoria dei volumi di effluenti gassosi relativi agli impianti. 
  3.5 Per gli impianti  multicombustibili  che  comportano  l'impiego
alternativo di due o piu' combustibili,  sono  applicabili  i  valori
limite di emissione  di  cui  alla  parte  II,  sezioni  da  1  a  6,
corrispondenti a ciascuno dei combustibili utilizzati. 
  3.6. Fino al 31 dicembre 2007, per gli impianti anteriori al 1988 e
anteriori al 2006, i riferimenti alla parte II, sezioni  da  1  a  6,
contenuti nei  punti  da  3.1  a  3.5,  si  intendono  effettuati  ai
pertinenti allegati del decreto del Ministro dell'ambiente  8  maggio
1989 e del decreto del Ministro dell'ambiente 12 luglio 1990. 
  4. Monitoraggio e controllo delle emissioni 
  4.1 A partire dall'entrata in vigore del  presente  decreto,  negli
impianti di cui all'articolo 273, commi 3 e  4,  di  potenza  termica
nominale  pari  o  superiore  a  300MW  e  negli  impianti   di   cui
all'articolo 273,  comma  2,  di  potenza  termica  nominale  pari  o
superiore a 100MW le misurazioni delle concentrazioni di biossido  di
zolfo,  ossidi  di  azoto  e  polveri  nell'effluente  gassoso,  sono
effettuate in continuo. 
  4.2. In deroga al  punto  4.1  le  misurazioni  continue  non  sono
richieste nei seguenti casi: 
  a) per il biossido di zolfo e per le polveri delle  caldaie  a  gas
naturale o delle turbine a gas alimentate con gas naturale; 
  b) per il biossido di zolfo delle turbine a  gas  o  delle  caldaie
alimentate a combustibile  liquido  con  tenore  di  zolfo  noto,  in
assenza di apparecchiature di desolforazione; 
  4.3. In deroga al punto  4.  1,  l'autorita'  competente  puo'  non
richiedere misurazioni continue nei seguenti casi : 
  a) per gli impianti di combustione con un ciclo di vita inferiore a
10.000 ore di funzionamento; 
  b) per il biossido di zolfo delle caldaie alimentate  con  biomassa
se il gestore puo' provare che le emissioni di biossido di zolfo  non
possono in nessun caso superare i valori limite di emissione previsti
dal presente decreto. 
  4.4. Nei casi previsti dai punti 4.2 e 4.3, l'autorita'  competente
stabilisce,  in  sede  di  autorizzazione,  l'obbligo  di  effettuare
misurazioni discontinue almeno ogni sei mesi ovvero, in  alternativa,
individua opportune  procedure  di  determinazione  per  valutare  le
concentrazioni del biossido di zolfo e delle polveri nelle emissioni. 
Tali procedure devono essere conformi alle pertinenti  norme  CEN  o,
laddove queste non  sono  disponibili,  alle  pertinenti  norme  ISO,
ovvero alle norme nazionali  o  internazionali  che  assicurino  dati
equivalenti sotto il profilo della qualita' scientifica. 
  4.5. Le disposizioni dei punti da  4.1  a  4.4  si  applicano  agli
impianti di cui all'articolo 273, commi 3 e  4,  di  potenza  termica
nominale pari o superiore a 100 MW e inferiore a 300  MW,  entro  sei
mesi dall'entrata in vigore del presente decreto. 
  64.6. In deroga a  quanto  stabilito  nel  punto  4.5,  l'autorita'
competente puo' richiedere che le misurazioni di biossido di zolfo  e
polveri non siano effettuate in continuo, qualora individui, in  sede
di autorizzazione,  opportune  procedure  per  la  valutazione  della
quantita' di tali inquinanti presenti nelle emissioni. 
  4.7.  L'autorita'  competente  in  sede  di   autorizzazione   puo'
stabilire che le misurazioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto  e
polveri nell'effluente gassoso siano effettuate in continuo anche nei
casi non previsti dai paragrafi precedenti. 
  4.8. Il controllo del livello di inquinanti nelle  emissioni  degli
impianti di combustione e di tutti gli altri parametri stabiliti  dal
presente  decreto  deve  essere  realizzato   in   conformita'   alle
prescrizioni contenute nella parte II, sezione 8, e alle prescrizioni
dell'allegato VI. 
  4.9.   Le   autorita'   competenti   stabiliscono,   in   sede   di
autorizzazione, le modalita' e la periodicita' secondo cui i  gestori
devono  informare  le  stesse  autorita'  circa  i  risultati   delle
misurazioni continue, i risultati della  verifica  del  funzionamento
delle apparecchiature di misurazione, i risultati  delle  misurazioni
discontinue, nonche' circa i risultati di tutte le altre  misurazioni
effettuate per valutare il rispetto delle pertinenti disposizioni del
presente decreto. 
  4.10. Nel caso di  impianti  che  devono  rispondere  ai  gradi  di
desolforazione  fissati  nella  parte  II  sezione   1,   l'autorita'
competente, in sede di autorizzazione, individua opportune  procedure
di determinazione per valutare  le  concentrazioni  del  biossido  di
zolfo nelle emissioni. Tali procedure  devono  essere  conformi  alle
pertinenti norme CEN o, laddove queste  non  sono  disponibili,  alle
pertinenti norme ISO, ovvero alle norme nazionali  o  internazionali,
che assicurino dati  equivalenti  sotto  il  profilo  della  qualita'
scientifica. L'autorita' competente stabilisce inoltre,  in  sede  di
autorizzazione, l'obbligo di effettuare regolari controlli del tenore
di zolfo nel combustibile introdotto nell'impianto. 
  5. Conformita' ai valori limite di emissione 
  5.1. In caso di misurazioni continue, i valori limite di  emissione
indicati nella parte II, sezioni da 1 a 5, lettere A, si  considerano
rispettati se la valutazione dei risultati evidenzia che,  nelle  ore
di normale funzionamento, durante un anno civile: 
  - nessun valore medio mensile supera i pertinenti valori limite di 
emissione, e 
  - il 97% di tutte le medie di 48 ore non supera il 110% dei  valori
limite di emissione previsti per il biossido di zolfo e  le  polveri,
ed il 95% di tutte le medie di 48 ore non supera il 110%  dei  valori
limite di emissione previsti per gli ossidi di azoto. 
  5.2. Nel caso in cui l'autorita' competente  in  sede  di  rilascio
dell'autorizzazione,  richieda  soltanto  misurazioni  discontinue  o
altre opportune procedure  di  determinazione,  i  valori  limite  di
emissione indicati nella parte II, sezioni da 1 a 6,  si  considerano
rispettati se i risultati di ogni serie di misurazioni o delle  altre
procedure disciplinate nell'allegato  VI  non  superano  tali  valori
limite di emissione. 
  5.3. I valori limite di emissione indicati nella parte II,  sezioni
da 1 a 5, lettere B, si considerano rispettati se la  situazione  dei
risultati evidenzia che, nelle ore di normale funzionamento,  durante
un anno civile, nessun  valore  medio  giornaliero  valido  supera  i
pertinenti valori limite di emissione ed il 95%  di  tutti  i  valori
medi orari convalidati nell'arco dell'anno non  supera  il  200%  dei
pertinenti valori limite di emissione. 
  5.4.  I  valori  medi  convalidati  di  cui  al  punto  5.3.   sono
determinati in conformita' alle prescrizioni  contenute  nella  parte
II, sezione 8, paragrafo 5. 
  6. Anomalie o guasti degli impianti di abbattimento 
  6.1.   L'autorita'   competente    puo'    concedere    sospensioni
dell'applicazione dei valori limite di emissione di cui  all'articolo
273 per il biossido di zolfo, per periodi  massimi  di  sei  mesi,  a
favore degli impianti che,  ai  fini  del  rispetto  di  tali  valori
utilizzano un combustibile a basso tenore di zolfo e che, a causa  di
un'interruzione delle forniture dello stesso combustibile,  derivante
da una grave ed eccezionale difficolta' di reperimento  sul  mercato,
non siano in grado di rispettare i predetti valori limite. 
  6.2. L'autorita' competente puo' concedere deroghe all'applicazione
dei valori limite di emissione previsti dall'articolo 273,  a  favore
degli  impianti  che  normalmente  utilizzano  soltanto  combustibili
gassosi e che sarebbero altrimenti soggetti all'obbligo di dotarsi di
un dispositivo di depurazione degli effluenti gassosi,  nel  caso  in
cui, a causa di una improvvisa interruzione della fornitura  di  gas,
tali impianti debbano  eccezionalmente  ricorrere  all'uso  di  altri
combustibili per un periodo non superiore a 10 giorni  o,  se  esiste
una assoluta necessita' di continuare le forniture di energia, per un
periodo piu' lungo. 
  6.3.   L'autorita'   competente,   se   diversa   dal   ((Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio  e  del  mare)),  informa
tempestivamente tale Ministero in merito a tutte le sospensioni e  le
deroghe concesse per i periodi di anomalo  funzionamento  di  cui  ai
punti 6.1. e 6.2. 
  6.4. In caso di guasti tali  da  non  permettere  il  rispetto  dei
valori limite di emissione, il  ripristino  funzionale  dell'impianto
deve avvenire nel piu' breve tempo  possibile  e  comunque  entro  le
successive  24  ore.  In  caso  di  mancato   ripristino   funzionale
l'autorita' competente puo' prescrivere la riduzione o la  cessazione
dell'attivita' oppure l'utilizzo  di  combustibili  a  minor  impatto
ambientale rispetto a quelli autorizzati. Un impianto di  combustione
non puo' funzionare in assenza di impianti  di  abbattimento  per  un
periodo  complessivo  che  ecceda  le  centoventi  ore  nell'arco  di
qualsiasi  periodo  di  dodici  mesi  consecutivi  preso  in   esame.
L'autorizzazione  prevede  l'installazione  di  idonei   sistemi   di
misurazione  dei  periodi  di   funzionamento   degli   impianti   di
abbattimento. 
  6.5. Nei casi in cui siano effettuate misurazioni continue il punto
6.4 si applica soltanto se da tali misurazioni risulti un superamento
dei valori limite di emissione previsti negli atti autorizzativi. 
  6.6. L'autorita' competente puo' concedere  deroghe  al  limite  di
ventiquattro ore ed al limite di centoventi ore, previsti  dal  punto
6.4, nei casi in cui sussista la necessita' assoluta di mantenere  la
fornitura energetica e nei casi in cui l'impianto sarebbe sostituito,
per il periodo di tempo corrispondente alla durata della  deroga,  da
un  impianto  in  grado  di  causare  un  aumento  complessivo  delle
emissioni. 
 
Parte II 
Valori limite di emissione 
 
Sezione 1 
Valori limite di emissione di SO2 
 
Combustibili solidi 
A. 
  1. Valori limite di emissione S O2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2
di  riferimento:  6%)  che  devono  essere  applicati  agli  impianti
anteriori al 1988 e agli impianti anteriori al  2006  che  utilizzano
combustibili solidi1 : 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  2. In deroga al paragrafo 1, gli impianti anteriori al 1988  e  gli
impianti anteriori al  2006,  di  potenza  termica  nominale  pari  o
superiore a 400  MW  e  che  utilizzano  esclusivamente  combustibili
solidi, i quali, a partire dal l' gennaio 2008 e fino al 31  dicembre
2015, non siano in funzione per piu' di 2000 ore annue e,  a  partire
dal 1° gennaio 2016, non siano in  funzione  per  piu'  di  1500  ore
annue, sono soggetti ad un valore limite di emissione di biossido  di
zolfo pari a 800 mg/Nm3 .  Il  numero  di  ore  di  funzionamento  e'
calcolato come media mobile su un periodo di 5 anni.  Il  gestore  e'
tenuto a presentare ogni anno all'autorita' competente  un  documento
in cui sono registrate le ore annue di funzionamento degli impianti. 
 
B.2 
  1. Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di  O2
di riferimento: 6%) che devono essere applicati agli impianti  nuovi,
che utilizzano combustibili solidi ad eccezione delle turbine a gas. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
   1 Per gli impianti che  consumano  combustibili  solidi  indigeni,
qualora i valori limite di emissione di cui sopra non possano  essere
rispettati  per  le  caratteristiche  del  combustibile,  si   dovra'
ottenere un grado di desolforazione pari ad almeno il 60% nel caso di
impianti aventi una potenza termica nominale inferiore o pari  a  100
MW, 75% nel caso di impianti  aventi  una  potenza  termica  nominale
superiore a 100 MW e inferiore o pari a 300 MW e 90% per impianti  di
potenza superiore a 300 MW. Nel caso di impianti aventi  una  potenza
termica nominale superiore a 500  MW,  si  applichera'  un  grado  di
desolforazione pari ad almeno il 94%, o ad almeno il 92% qualora  sia
stato stipulato un contratto  relativo  alla  messa  a  punto  di  un
sistema di desolforazione dei gas di scarico o di iniezione di calcio
e i lavori di installazione dello stesso siano iniziati prima del  1°
gennaio 2001. 
   2 Per gli impianti che  consumano  combustibili  solidi  indigeni,
qualora i valori limite di emissione di cui sopra non possano  essere
rispettati  per  le  caratteristiche  del  combustibile,  si   dovra'
ottenere per gli impianti un valore di 300 mg/Nm3 SO2 o un  grado  di
desolforazione pari ad almeno il 92% nel caso di impianti aventi  una
potenza termica nominale inferiore o pari a 300 MW  e,  nel  caso  di
impianti aventi una potenza termica nominale superiore a 300  MW,  si
applichera' un grado di desolforazione pari ad almeno il 95% oltre ad
un valore limite di emissione massimo consentito pari a 400 mg/Nm3 
   3 Nel caso in cui il combustibile  utilizzato  sia  costituito  da
biomasse il valore limite di emissione di biossido di zolfo e' pari a
200 mg/Nm3 . 
 
Sezione 2 
Valori limite di emissione di SO2 
Combustibili liquidi 
A. 
  Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2  di
riferimento:  30/e)  che  devono  essere  applicati   agli   impianti
anteriori al 1988 e agli impianti anteriori al  2006  che  utilizzano
combustibili liquidi: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
B. 
  Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2  di
riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti nuovi, che
utilizzano combustibili liquidi ad eccezione delle turbine a gas. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Sezione 3 
Valori limite di emissione di SO2 
Combustibili gassosi 
A. 
  Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2  di
riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti  anteriori
al 1988 e agli impianti anteriori al 2006: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
B. 
  Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2  di
riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti nuovi: 
 
Sezione 4 
Valori limite di emissione di NO2 (misurati come NO2 ) 
A. 
  1. Valori limite di emissione NO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di  O2
di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per  i  combustibili
liquidi  e  gassosi)  che  devono  essere  applicati  agli   impianti
anteriori al 1988 e agli impianti anteriori al 2006: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  2. In deroga al paragrafo 1, gli impianti  anteriori  al  1988,  di
potenza  termica  nominale  superiore  a  500  MW  e  che  utilizzano
esclusivamente combustibili solidi, i quali, a partire dal 1  gennaio
2008 e fino al 31 dicembre 2015, non siano in funzione  per  piu'  di
2000 ore annue sono soggetti ad un  valore  limite  di  emissione  di
ossidi di azoto pari a 600 mg/Nm3 . A partire dal 1 gennaio 2016, gli
impianti suddetti che non siano in funzione  per  piu'  di  1500  ore
annue, sono soggetti ad un valore limite di emissione  di  ossidi  di
azoto pari a 450 mg/Nm3 .  Il  numero  di  ore  di  funzionamento  e'
calcolato come media mobile su un periodo di 5 anni. 
Il gestore e' tenuto a presentare ogni anno all'autorita'  competente
un documento in cui sono registrate le  ore  annue  di  funzionamento
degli impianti. 
 
B. 
  1. Valori limite di emissione NO. espressi in mg/Nm3 (tenore di  O2
di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per  i  combustibili
liquidi e gassosi) che devono essere applicati agli impianti nuovi ad
eccezione delle turbine a gas: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  2. Valori limite di emissione M espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di
riferimento: 15%) che devono essere applicati alle turbine a gas,  ai
sensi dell'articolo 273, comma 2: 
   4 Il gas naturale e' il metano presente in natura con non piu' del
200/, in volume di inerti ed altri costituenti. 
   5 Per i gas diversi dal gas naturale  il  limite  e'  pari  a  200
mg/Nm3 indipendentemente dalla potenza termica nominale 
dell'impianto 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  2.1. I valori della tabella non si applicano alle turbine a gas per
i casi di emergenza, le quali funzionano meno di 500 ore all'anno.  I
gestori sono tenuti a presentare ogni anno  all'autorita'  competente
una dichiarazione in cui sono registrate le ore di funzionamento. 
  2.2. In fase di rinnovo  dell'autorizzazione  integrata  ambientale
l'autorita' competente puo' applicare alle turbine a gas  di  potenza
termica nominale maggiore o  uguale  a  300MW  un  valore  limite  di
emissione medio giornaliero per gli ossidi di azoto pari a 30  mg/Nm3
in   funzione   delle   prestazioni    effettivamente    conseguibili
dall'impianto. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Sezione 8 
Misurazione e valutazione delle emissioni 
  1. Le misurazioni in continuo di cui alla  parte  I,  paragrafo  4,
devono essere effettuate contestualmente alla misurazione in continuo
dei seguenti parametri di processo: tenore di ossigeno,  temperatura,
pressione e tenore di vapore acqueo. La misurazione in  continuo  del
tenore di  vapore  acqueo  dell'effluente  gassoso  puo'  non  essere
effettuata qualora l'effluente gassoso prelevato sia essiccato  prima
dell'analisi delle emissioni. 
  2. Il campionamento e l'analisi dei  pertinenti  inquinanti  e  dei
parametri di processo e i metodi di misurazione  di  riferimento  per
calibrare i sistemi di misura automatici devono essere conformi  alle
pertinenti norme CEN o, laddove queste  non  sono  disponibili,  alle
pertinenti norme ISO ovvero alle  norme  nazionali  o  internazionali
clic assicurino dati equivalenti  sotto  il  profilo  della  qualita'
scientifica. 
  3. I sistemi di misurazione  continua  sono  soggetti  a  controllo
mediante misurazioni  parallele  secondo  i  metodi  di  riferimento,
almeno una volta all'anno. 
  4. I valori degli intervalli  di  fiducia  al  95%  di  un  singolo
risultato di misurazione non possono superare le seguenti percentuali
dei valori limite di emissione: 
  Biossido di zolfo 20% 
  Ossidi di azoto 20% 
  Polveri	30% 
  5. I valori medi orari e giornalieri convalidati  sono  determinati
in base ai valori medi orari validi misurati  previa  detrazione  del
valore dell'intervallo di fiducia di cui al punto 4. Qualsiasi giorno
nel quale piu' di 3 valori medi orari non sono  validi,  a  causa  di
malfunzionamento o manutenzione del sistema di  misure  in  continuo,
non e' considerato valido. Se in un anno piu'  di  dieci  giorni  non
sono considerati validi per tali ragioni, l'autorita' competente  per
il controllo prescrive al gestore di assumere adeguati  provvedimenti
per migliorare l'affidabilita' del sistema di controllo in continuo. 
 
Parte III 
Modello di trasmissione informazioni a cura del gestore dell'impianto 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
   12 I dati da riportare sono quelli riferiti ad un singolo camino. 
   13 La risposta a questa richiesta deve essere fornita 
esclusivamente dai gestori dei nuovi impianti 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
   14 Calcolato come il prodotto tra  la  quantita'  di  combustibile
utilizzato e il potere calorifico nette del combustibile 
stesso 
   15 Per i soli impianti che  si  avvalgono  dell'esenzione  di  cui
all'articolo 7, comma 5,  o  delle  deroghe  di  cui  alla  parte  A,
paragrafo 2, delle sezioni I e IV. 
 
Parte IV 
Determinazione delle emissioni totali di biossido di zolfo, ossidi di
azoto e polveri per la elaborazione della relazione alla  Commissione
europea. 
  1. Il ((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare)) elabora la relazione di cui all'articolo 274, comma  1,  sulla
base dei dati sulle emissioni totali annue di  biossido  di  zolfo  e
ossidi d'azoto, trasmessi dai gestori  ai  sensi  dell'articolo  274,
comma  4.  Qualora  si  usi  il  controllo   continuo,   il   gestore
dell'impianto  di  combustione  addiziona  separatamente,  per   ogni
inquinante, la massa di inquinante emesso quotidianamente, sulla base
delle portate volumetriche degli effluenti gassosi.  Qualora  non  si
usi il controllo continuo, le stime delle emissioni annue totali sono
determinate dal gestore sulla base delle  disposizioni  di  cui  alla
parte I,  paragrafo  4,  secondo  quanto  stabilito  dalle  autorita'
competenti in sede di rilascio delle autorizzazioni.  Ai  fini  della
trasmissione dei dati previsti dall'articolo 274, le emissioni  annue
e le concentrazioni delle sostanze inquinanti negli effluenti gassosi
sono determinate nel rispetto di quanto stabilito dalle  disposizioni
della parte I, paragrafi 4 e 5. 
 
Parte V 
Massimali e obiettivi di riduzione di emissioni di SO2 e 
NOx per gli impianti esistenti 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico
ALLEGATO III 
 
Emissioni di composti organici volatili 
 
Parte I 
Disposizioni generali 
 
1. Definizioni 
  1.1. Ai fini del presente allegato si intende per: 
  a) adesivo: qualsiasi preparato, compresi tutti i solventi organici
o i preparati contenenti solventi  organici  necessari  per  una  sua
corretta applicazione, usato per far aderire  parti  separate  di  un
prodotto; 
  b) inchiostro: un preparato, compresi tutti i solventi organici o i
preparati contenenti  i  solventi  organici  necessari  per  una  sua
corretta applicazione, usato in un'attivita' di stampa per  imprimere
testi o immagini su una superficie; 
  c) input: la quantita' di solventi organici e la loro quantita' nei
preparati utilizzati nello svolgimento di un'attivita'; sono  inclusi
i solventi recuperati all'interno e  all'esterno  del  luogo  in  cui
l'attivita' e' svolta, i quali  devono  essere  registrati  tutte  le
volte in cui sono riutilizzati per svolgere l'attivita'; 
  d) preparato: le miscele o le soluzioni  composte  di  due  o  piu'
sostanze; 
  e) rivestimento: ogni preparato, compresi Lutti i solventi organici
o i preparati contenenti solventi  organici  necessari  per  una  sua
corretta applicazione,  usato  per  ottenere  su  una  superficie  un
effetto decorativo, protettivo o funzionale; 
  f) soglia di produzione: la quantita' espressa in numero  di  pezzi
prodotti/anno di cui all'appendice 1 della parte III,  riferita  alla
potenzialita' di prodotto per cui le attivita' sono progettate; 
  g) solvente organico alogenato: un solvente organico  che  contiene
almeno un atomo di bromo, cloro, fluoro o iodio per molecola; 
  h) vernice: un rivestimento trasparente. 
  2. Emissioni di sostanze caratterizzate da particolari  rischi  per
la salute e l'ambiente 
  2.1.  Le  sostanze  o  i  preparati,   classificati   dal   decreto
legislativo 3 febbraio 1997, n.  52,  come  cancerogeni,  mutageni  o
tossici per la riproduzione, a causa del loro tenore  di  COV,  e  ai
quali sono state assegnate etichette con le  frasi  di  rischio  R45,
R46, R49, R60, R61, sono  sostituiti  quanto  prima  con  sostanze  o
preparali  meno  nocivi,  tenendo  conto  delle  linee  guida   della
Commissione europea, ove emanate. 
  2.2. Agli effluenti gassosi che emettono i COV di cui al punto  2.1
in una quantita' complessivamente uguale o superiore  a  10  g/h,  si
applica un valore limite di 2 mg/Nm3  ,  riferito  alla  somma  delle
masse dei singoli COV. 
  2.3. Agli effluenti gassosi che emettono  COV  alogenati  ai  quali
sono state assegnate etichette con le frasi di rischio R40,  R68,  in
una quantita' complessivamente uguale  o  superiore  a  100  g/h,  si
applica un valore limite di emissione di 20 mg/Nm3  ,  riferito  alla
somma delle masse dei singoli COV. 
  2.4. Al fine di tutelare la salute umana e l'ambiente, le emissioni
dei COV di cui ai punti 2.1 e 2.3 devono essere sempre convogliate. 
  2.5. Alle emissioni di COV ai quali, successivamente  al  12  marzo
2004, sono assegnate etichette con una delle frasi di rischio di  cui
ai punti 2.1 e 2.3, si applicano, quanto prima, e comunque  entro  un
anno dall'entrata in vigore del  provvedimento  di  attuazione  delle
relative disposizioni  comunitarie,  i  valori  limite  di  emissione
previsti  da  tali  punti.  Se  il  provvedimento  di  attuazione  e'
anteriore al 31 ottobre 2006 tali valori limite,  nei  casi  previsti
dall'articolo 275, commi 8 c 9, si applicano a partire dal 31 ottobre
2007. 
  3. Controlli 
  3.1.    Il    gestore,    in    conformita'    alle    prescrizioni
dell'autorizzazione e, comunque almeno una volta  all'anno,  fornisce
all'autorita' competente i dati di cui al punto 4.1 e tutti gli altri
dati che consentano di  verificare  la  conformita'  dell'impianto  o
delle attivita' alle prescrizioni del presente decreto. 
  3.2. Il gestore installa apparecchiatine per la  misura  e  per  la
registrazione  in  continuo  delle  emissioni  che,   a   valle   dei
dispositivi di abbattimento, presentano un flusso di  massa  di  COV,
espressi come carbonio organico totale, superiore a 10 kg/h, al  fine
di verificarne la conformita'  ai  valori  limite  per  le  emissioni
convogliate. Se  tale  flusso  di  massa  e'  inferiore,  il  gestore
effettua  misurazioni  continue  o  periodiche,  e,   nel   caso   di
misurazioni periodiche, assicura  almeno  tre  letture  durante  ogni
misurazione; anche in tal caso l'autorita' competente puo'  comunque,
ove   lo   ritenga   necessario,   richiedere   l'installazione    di
apparecchiature per la misura e  per  la  registrazione  in  continuo
delle emissioni, 
  3.3. Per la verifica dei valori limite espressi come concentrazione
sono utilizzati i metodi analitici indicati nella parte VI. 
  3.4. In alternativa alle  apparecchiature  di  cui  al  punto  3.2,
l'autorita' competente puo' consentire l'installazione  di  strumenti
per la misura  e  per  la  registrazione  in  continuo  di  parametri
significativi ed indicativi del corretto stato di  funzionamento  dei
dispositivi di abbattimento. 
  4. Conformita' ai valori limite di emissione 
  4.1. Il gestore dimostra all'autorita'  competente,  ai  sensi  del
punto 3.1, la conformita' delle emissioni: 
  a) ai valori limite di emissione di cui all'articolo 275, comma 2; 
  b) all'emissione totale annua di cui all'articolo 275, comma 6; 
  c) alle disposizioni di cui all'articolo 275, comma 12  e  13,  ove
applicabili. 
  4.2. Ai fini dell'applicazione del punto 4.1, il gestore  effettua,
secondo le prescrizioni dell'autorizzazione e secondo  i  punti  3.2,
3.3. e 3.4, misurazioni di COV continue o periodiche nelle  emissioni
convogliate ed elabora  e  aggiorna,  con  la  periodicita'  prevista
dall'autorizzazione, e comunque almeno una volta all'anno,  un  piano
di gestione dei solventi,  secondo  le  indicazioni  contenute  nella
parte V. 
  4.3. La conformita' delle emissioni ai valori limite del  paragrafo
2 e' verificata sulla base della somma delle concentrazioni di  massa
dei singoli COV interessati. In tutti gli altri casi, la  conformita'
delle emissioni ai valori limite di cui all'articolo  275,  comma  2,
ove non altrimenti previsto nella parte III, e' verificata sulla base
della massa totale di carbonio organico emesso. 
 
Parte II 
Attivita' e soglie di consumo di solvente 
  1. Rivestimento adesivo con una soglia di consumo di solvente 
superiore a 5 tonnellate/anno 
  Qualsiasi  attivita'  in  cui  un  adesivo  e'  applicato  ad   una
superficie, ad eccezione dei  rivestimenti  e  dei  laminati  adesivi
nelle attivita' di stampa. 
  2. Attivita' di rivestimento 
  Qualsiasi attivita' in cui un film continuo di un  rivestimento  e'
applicato in una sola volta o in piu' volte su: 
  a) autoveicoli, con una soglia di consumo di solvente  superiore  a
0,5 tonnellate/anno appartenenti alle categorie definite nel  decreto
ministeriale 29 marzo 1974, e precisamente: 
  - autovetture nuove definite come autoveicoli della categoria M1  e
della categoria N1, nella misura in cui sono  trattati  nello  stesso
impianto con gli autoveicoli M1; 
  - cabine di autocarri, definite come la cabina per il  guidatore  e
tutto l'alloggiamento integrato per l'apparecchiatura  tecnica  degli
autoveicoli delle categorie N2 e N3; 
  - furgoni e autocarri, definiti come  autoveicoli  delle  categorie
N1, N2 e N3, escluse le cabine di autocarri; 
  - autobus, definiti come autoveicoli delle categorie M2 e M3. 
  b) rimorchi, con una soglia di consumo di solvente superiore a  0,5
tonnellate/anno, come definiti nelle categorie O1, O2, O3  e  O4  nel
decreto del Ministro dei trasporti 29 marzo 1974; 
  c) superfici metalliche e di plastica  (comprese  le  superfici  di
aeroplani, navi, treni),  con  una  soglia  di  consumo  di  solvente
superiore a 5 tonnellate/anno; 
  d) superfici di legno,  con  una  soglia  di  consumo  di  solvente
superiore a 15 tonnellate/anno; 
  e) superfici tessili, di tessuto, di  film  e  di  carta,  con  una
soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno; 
  f) cuoio, con una soglia di consumo  di  solvente  superiore  a  10
tonnellate/anno. 
  Non e' compreso il rivestimento  metallico  di  substrati  mediante
tecniche di elettroforesi e di spruzzatura chimica. Le fasi di stampa
di  un  substrato  inserite  in  una  attivita'  di  rivestimento  si
considerano, indipendentemente dalla tecnica utilizzata,  come  parte
dell'attivita' di rivestimento. Le attivita' di stampa a  se'  stanti
rientrano nel paragrafo 8, nel caso in cui  superino  le  soglie  ivi
indicate. 
  3. Verniciatura in continuo  di  metalli  (coil  coating)  con  una
soglia di consumo di solvente superiore a 25 tonnellate/anno 
  Qualsiasi  attivita'  per  rivestire  acciaio  in  bobine,  acciaio
inossidabile, acciaio rivestito, leghe di rame o nastro di  alluminio
con rivestimento filmogeno o rivestimento con lamine in  un  processo
in continuo. 
  4. Pulitura a secco 
  Qualsiasi attivita' industriale o commerciale che utilizza  COV  in
un impianto di pulitura di indumenti, di elementi di arredamento e di
prodotti di consumo analoghi, ad eccezione della rimozione manuale di
macchie e di chiazze nell'industria tessile e dell'abbigliamento. 
  5. Fabbricazione di calzature con una soglia di consumo di solvente
superiore a 5 tonnellate/anno 
  Qualsiasi attivita' di produzione di calzature, o di parti di esse.
6. Fabbricazione di preparati per rivestimenti, vernici, inchiostri e
adesivi con una  soglia  di  consumo  di  solvente  superiore  a  100
tonnellate/anno. 
  La fabbricazione dei prodotti finali sopra  indicati  e  di  quelli
intermedi se effettuata  nello  stesso  luogo,  mediante  miscela  di
pigmenti, di resine e di materiali adesivi con  solventi  organici  o
altre basi,  comprese  attivita'  di  dispersione  e  di  dispersione
preliminare,  di  correzione  di  viscosita'  e  di  tinta,   nonche'
operazioni di riempimento del contenitore con il prodotto finale. 
  7. Fabbricazione di prodotti farmaceutici con una soglia di consumo
di solvente superiore a 50 tonnellate/anno. 
  Sintesi chimica, fermentazione, estrazione, formulazione e finitura
di prodotti farmaceutici e, se  effettuata  nello  stesso  luogo,  la
fabbricazione di prodotti intermedi. 
  8. Stampa 
  Qualsiasi attivita' di riproduzione di testi o  di  immagini  nella
quale, mediante un supporto dell'immagine, l'inchiostro e' trasferito
su qualsiasi tipo di superficie, incluse  le  tecniche  correlate  di
verniciatura, di rivestimento  e  di  laminazione,  limitatamente  ai
seguenti processi, purche' il consumo di solvente sia superiore  alle
soglie indicate: 
  a) flessografia intesa come un'attivita' di stampa  rilievografica,
con un supporto dell'immagine di gomma o di fotopolimeri elastici, in
cui la zona stampante si trova al di sopra della zona non  stampante,
che impiega  inchiostri  a  bassa  viscosita'  che  seccano  mediante
evaporazione. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno. 
  b) Offset intesa come un'attivita' di stampa con sistema  a  bobina
con un supporto dell'immagine in cui la zona stampante e  quella  non
stampante sono sullo stesso piano. Soglia di consumo di solvente: >15
tonnellate/anno. Per sistema a bobina si intende un sistema in cui il
materiale da  stampare  non  e'  immesso  nella  macchina  in  lamine
separate, ma attraverso una bobina. La zona non stampante e' trattata
in modo da attirare acqua e, quindi, respingere inchiostro.  La  zona
stampante e' trattata per  assorbire  e  per  trasmettere  inchiostro
sulla superficie da stampare. L'evaporazione avviene in un forno dove
si utilizza aria calda per riscaldare il materiale stampato. 
  c)  Laminazione  associata  all'attivita'  di  stampa  intesa  come
un'attivita' in cui si opera  l'adesione  di  due  o  piu'  materiali
flessibili per produrre laminati. Soglia di consumo di solvente:  >15
tonnellate/anno. 
  d) Rotocalcografia per pubblicazioni  intesa  come  rotocalcografia
per stampare carta destinata a riviste, a opuscoli, a cataloghi  o  a
prodotti simili, usando inchiostri  a  base  di  toluene.  Soglia  di
consumo di solvente: >25 tonnellate/anno. 
  e) Rotocalcografia intesa come un'attivita' di stampa incavografica
nella quale il supporto dell'immagine e' un cilindro in cui  la  zona
stampante si trova al di sotto della zona  non  stampante  e  vengono
usati inchiostri liquidi  che  asciugano  mediante  evaporazione.  Le
cellette sono riempite con inchiostro e l'eccesso  e'  rimosso  dalla
zona non stampante prima che la zona stampante venga a  contatto  del
cilindro ed assorba l'inchiostro dalle cellette. Soglia di consumo di
solvente: >15 tonnellate/anno. 
  f) Offset dal rotolo intesa come un'attivita' di stampa con sistema
a bobina, nella quale l'inchiostro e' trasferito sulla superficie  da
stampare  facendolo  passare  attraverso  un  supporto  dell'immagine
poroso in cui la zona stampante e' aperta e quella non  stampante  e'
isolata ermeticamente, usando inchiostri liquidi che seccano soltanto
mediante  evaporazione.  Soglia   di   consumo   di   solvente:   >15
tonnellate/anno. Per sistema a bobina si intende un sistema in cui il
materiale da  stampare  non  e'  immesso  nella  macchina  in  lamine
separate, ma attraverso una bobina. 
  g) Laccatura  intesa  come  un'attivita'  di  applicazione  di  una
vernice o di un rivestimento adesivo ad un  materiale  flessibile  in
vista della successiva  sigillatura  del  materiale  di  imballaggio.
Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno. 
  9. Conversione di gomma con  una  soglia  di  consumo  di  solvente
superiore a 15 tonnellate/anno 
  Qualsiasi attivita' di miscela, di  macinazione,  di  dosaggio,  di
calandratura, di estrusione e di vulcanizzazione di gomma naturale  o
sintetica e ogni operazione ausiliaria per trasformare gomma naturale
o sintetica in un prodotto finito. 
  10. Pulizia di superficie, con una soglia di  consumo  di  solvente
superiore a 1 tonnellata/anno nel caso si utilizzino i COV di cui  al
paragrafo 2 della parte I del  presente  allegato  e  superiore  a  2
tonnellate/anno negli altri casi. 
  Qualsiasi attivita', a parte la  pulitura  a  secco,  che  utilizza
solventi organici per eliminare la contaminazione dalla superficie di
materiali, compresa la sgrassatura, anche  effettuata  in  piu'  fasi
anteriori o successive ad altre fasi di lavorazione.  E'  incussa  la
pulizia  della  superficie  dei  prodotti.  E'  esclusa  la   pulizia
dell'attrezzatura. 
  11. Estrazione di olio vegetale e grasso  animale  e  attivita'  di
raffinazione di olio vegetale con una soglia di consumo di solvente 
superiore a 10 tonnellate/anno 
  Qualsiasi attivita' di estrazione di olio vegetale  da  semi  e  da
altre sostanze vegetali, la lavorazione  di  residui  secchi  per  la
produzione di mangimi, la depurazione di grassi e  di  olii  vegetali
ricavati da semi, da sostanze vegetali o da sostanze animali. 
  12. Finitura di autoveicoli con una soglia di consumo di solvente 
superiore a 0,5 tonnellate/anno 
  Qualsiasi  attivita'  industriale  o  commerciale  di  rivestimento
nonche' attivita' associata di sgrassatura riguardante: 
  a) il  rivestimento  di  autoveicoli,  come  definiti  nel  decreto
ministeriale 29 marzo 1974, o parti  di  essi,  eseguito  a  fini  di
riparazione, di manutenzione o  di  decorazione  al  di  fuori  degli
stabilimenti di produzione; 
  b) il rivestimento  originale  di  autoveicoli  come  definiti  nel
decreto del Ministro dei trasporti 29 marzo 1974, o  parti  di  essi,
con rivestimenti del tipo usato per la finitura se il trattamento  e'
eseguito al di fuori della linea originale di produzione; 
  c) il rivestimento di rimorchi, compresi i semirimorchi  (categoria
0). 
  13. Rivestimento di filo per avvolgimento con una soglia di consumo 
di solvente superiore a 5 tonnellate/anno 
  Qualsiasi attivita' di rivestimento di conduttori  metallici  usati
per avvolgimenti di trasformatori, di motori, e altre apparecchiature
simili. 
  14. Impregnazione del legno con una soglia di consumo di solvente 
superiore a 25 tonnellate/anno 
  Qualsiasi attivita' di applicazione al legno di antisettici. 
  15. Stratificazione di legno e plastica con una soglia di consumo 
di solvente superiore a 5 tonnellate/anno 
  Qualsiasi attivita' in cui si opera l'adesione di legno con  legno,
di plastica con plastica  o  di  legno  con  plastica,  per  produrre
laminati. 
 
Parte III 
Valori limite di emissione 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Appendice 1 
Attivita' di rivestimento di autoveicoli con una soglia di consumo di 
solvente superiore a 15 tonnellate/anno 
  1. I valori limite di emissione totale sono, a scelta del  gestore,
espressi  in  grammi  di  solvente  emesso  per  metro  quadrato   di
superficie  del  prodotto  o  in  chilogrammi  di   solvente   emesso
rapportati alla carrozzeria del singolo veicolo. 
  2. La superficie di ogni prodotto di cui alla  tabella  sottostante
e' alternativamente definita come: 
  -  la  superficie  calcolata  sulla  base  del   rivestimento   per
elettroforesi  totale  piu'  la  superficie   di   tutte   le   parti
eventualmente  aggiunte  nelle  fasi  successive  del   processo   di
rivestimento, se rivestite con gli stessi rivestimenti usati  per  il
prodotto in questione, 
  oppure 
  - la superficie totale del prodotto rivestito nell'impianto. 
  2.1 La superficie del rivestimento per elettroforesi  e'  calcolata
con la formula: 
  (2 x peso totale della  scocca)/(spessore  medio  della  lamiera  x
densita' della lamiera) 
  Nello stesso modo si calcola la superficie  delle  altre  parti  di
lamiera rivestite. 
  2.2 La superficie delle altre parti aggiunte e la superficie totale
rivestita  nell'impianto  sono  calcolate  tramite  la  progettazione
assistita da calcolatore o altri metodi equivalenti. 
  3. Nella tabella, il valore limite  di  emissione  totale  espresso
come fattore di emissione si riferisce a tutte le fasi  del  processo
che si svolgono nello  stesso  impianto,  dal  rivestimento  mediante
elettroforesi o altro processo, sino alle  operazioni  di  lucidatura
finale  comprese,  nonche'  al   solvente   utilizzato   per   pulire
l'attrezzatura, compresa la pulitura delle cabine di  verniciatura  a
spruzzo e delle altre attrezzature fisse, sia  durante  il  tempo  di
produzione che al di fuori di esso. Il  valore  limite  di  emissione
totale e' espresso come somma della massa totale di composti organici
per metro quadro della superficie totale del prodotto trattato o come
somma della massa dei composti organici per singola carrozzeria. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  Gli impianti di rivestimento di autoveicoli con soglie  di  consumo
di solvente inferiori ai valori della tabella 2 devono  rispettare  i
requisiti di cui al punto 6.1 della tabella 1. 
 
Parte IV 
Prescrizioni alternative alla Parte III 
  1. Principi 
  La presente parte e' riferita  alle  attivita'  per  cui  non  sono
individuati nella parte III specifici  valori  di  emissione  totale.
Sulla base dei paragrafi che seguono il gestore ha la possibilita' di
conseguire, a partire da uno scenario emissivo  di  riferimento,  con
mezzi diversi, emissioni totali  equivalenti  a  quelle  conseguibili
applicando i valori limite di emissione convogliata e i valori limite
di  emissione  diffusa.  Tali   emissioni   totali   equivalenti   si
definiscono emissioni bersaglio. 
  La presente  parte  si  applica  altresi'  alle  attivita'  di  cui
all'articolo 275, comma 13. Per scenario emissivo di  riferimento  si
intende il livello di emissioni totali dell'attivita' che corrisponde
il piu' fedelmente possibile a quello che si avrebbe  in  assenza  di
interventi e di impianti di abbattimento e con l'uso di materie prime
ad alto contenuto di solvente, in  funzione  della  potenzialita'  di
prodotto per cui l'attivita' e' progettata. 
  A tal fine i progetti di  cui  all'articolo  275,  comma  8,  e  le
richieste  di  autorizzazione  di  cui  all'articolo  275,  comma  9,
indicano le emissioni bersaglio da rispettare e  tutti  gli  elementi
necessari a valutarne l'equivalenza. 
  2. Procedura 
  2.1. Per le attivita' di cui alla seguente  tabella  per  le  quali
puo' essere ipotizzato un tenore costante  di  materia  solida  nelle
materie prime, le emissioni  bersaglio  e  lo  scenario  emissivo  di
riferimento possono essere individuati secondo il metodo descritto al
punto 2.2. Qualora tale metodo risulti inadeguato e in tutti  i  casi
in cui non sia previsto uno  specifico  fattore  di  moltiplicazione,
l'autorita' competente  puo'  autorizzare  il  gestore  ad  applicare
qualsiasi metodo alternativo  che  soddisfi  i  principi  di  cui  al
paragrafo 1. Al fine di conseguire l'emissione bersaglio, il progetto
o la domanda di autorizzazione prevedono la  diminuzione  del  tenore
medio di solvente nelle  materie  prime  utilizzate  e  una  maggiore
efficienza nell'uso delle materie solide. 
  2.2 Ai fini di quanto previsto nel punto 2.1, per ciascun anno,  si
applica un metodo articolato nelle seguenti fasi: 
  a) calcolo  della  massa  totale  annua  di  materia  solida  nella
quantita' di rivestimento, di inchiostro, di vernice o di adesivo  in
funzione della potenzialita'  di  prodotto  per  cui  l'attivita'  e'
progettata.  Per  materia  solida  si  intendono  tutte  le  sostanze
contenute  nelle  vernici,  negli  inchiostri  e  negli  adesivi  che
diventano solide dopo l'evaporazione dell'acqua o dei COV. 
  b) moltiplicazione della massa calcolata ai sensi della lettera  a)
per l'opportuno fattore elencato nella tabella seguente.  Si  ottiene
in tal modo l'emissione annua di riferimento. Le autorita' competenti
possono modificare tali fattori per singole attivita' sulla base  del
provato aumento di efficienza nell'uso di materia solida e sulla base
delle caratteristiche del processo e  della  tipologia  di  manufatti
oggetto della produzione. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  c)   determinazione   dell'emissione   bersaglio   attraverso    la
moltiplicazione  dell'emissione  annua   di   riferimento   per   una
percentuale pari: 
  - al valore di  emissione  diffusa  +  15,  per  le  attivita'  che
rientrano nei punti 5.1 e 6.3 e nella fascia di soglia inferiore  dei
punti 8 e 10 della parte III; 
  - al valore di emissione diffusa + 5, per tutte le altre attivita'.
  3. Adeguamento degli impianti e delle attivita' 
  In caso di applicazione dei paragrafi che precedono,  l'adeguamento
degli impianti e delle attivita' di cui all'articolo 275, commi 8 e 9
e' effettuato in due fasi in conformita' alla seguente tabella: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Parte V 
Piano di gestione dei solventi 
  1. Principi 
  1.1. Il piano di gestione dei solventi e'  elaborato  dal  gestore,
con la periodicita' prevista nell'autorizzazione e, comunque,  almeno
una volta all'anno, ai fini previsti dalla parte I, paragrafo  4,  ed
al fine di individuare le future opzioni di riduzione e di consentire
all'autorita' competente di mettere a disposizione  del  pubblico  le
informazioni di cui all'articolo 281, comma 6. 
  1.2. Per valutare la conformita' ai  requisiti  dell'articolo  275,
comma 15, il piano di gestione dei solventi deve essere elaborato per
determinare le emissioni totali di tutte  le  attivita'  interessate;
questo valore deve essere poi comparato con le emissioni  totali  che
si sarebbero avute se fossero  stati  rispettati,  per  ogni  singola
attivita', i requisiti di cui all'articolo 275, comma 2. 
  2. Definizioni 
  Ai  fini  del  calcolo  del  bilancio  di  massa   necessario   per
l'elaborazione del piano di gestione dei  solventi  si  applicano  le
seguenti definizioni. Per  il  calcolo  di  tale  bilancio  tutte  le
grandezze devono essere espresse nella stessa unita' di massa. 
  a) Input di solventi organici [I]: 
  I1. La quantita' di solventi  organici  o  la  loro  quantita'  nei
preparati acquistati che sono immessi nel processo nell'arco di tempo
in cui viene calcolato il bilancio di massa. 
  I2. La quantita' di solventi  organici  o  la  loro  quantita'  nei
preparati recuperati e  reimmessi  come  solvente  nel  processo  (il
solvente riutilizzato e' registrato  ogni  qualvolta  sia  usato  per
svolgere l'attivita'). 
  b) Output di solventi organici [O]: 
  O1. Emissioni negli effluenti gassosi. 
  O2. La quantita' di solventi organici scaricati nell'acqua, tenendo
conto, se del caso, del trattamento delle acque reflue nel  calcolare
O5. 
  O3. La quantita' di solventi organici che rimane come  contaminante
o residuo nei prodotti all'uscita del processo. 
  O4. Emissioni diffuse di solventi organici nell'aria. E' inclusa la
ventilazione  generale  dei  locali  nei  quali  l'aria  e  scaricata
all'esterno attraverso finestre, porte, sfiati e aperture simili. 
  O5. La quantita' di solventi organici e composti organici  persi  a
causa di reazioni chimiche  o  fisiche  (inclusi  ad  esempio  quelli
distrutti mediante incenerimento o altri trattamenti degli  effluenti
gassosi o  delle  acque  reflue,  o  catturati  ad  esempio  mediante
adsorbimento, se non sono stati considerati ai sensi dei punti O6, O7
o O8). 
  O6.  La  quantita'  di  solventi  organici  contenuti  nei  rifiuti
raccolti. 
  O7. La quantita' di solventi organici da soli o  solventi  organici
contenuti in preparati che  sono  o  saranno  venduti  come  prodotto
avente i requisiti richiesti per il relativo commercio. 
  O8. La quantita'  di  solventi  organici  contenuti  nei  preparati
recuperati per riuso, ma non per riutilizzo nel processo, se non sono
stati considerati ai sensi del punto O7. 
  O9. La quantita' di solventi organici scaricati in altro modo. 
  3. Formule di calcolo 
  a) L'emissione diffusa e' calcolata secondo la seguente formula: 
  F = I1 - O1 - O5 - O6 - O7 - O8 
  oppure 
  F = O2 + O3 + O4 + O9 
  Questo  parametro  puo'  essere  determinato  mediante  misurazioni
dirette delle quantita'.  Alternativamente,  si  puo'  effettuare  un
calcolo  equivalente  con  altri  mezzi,   ad   esempio   utilizzando
l'efficienza di captazione  del  processo.  La  determinazione  delle
emissioni diffuse puo' essere effettuata mediante una serie  completa
di misurazioni e non deve essere ripetuta sino all'eventuale modifica
dell'impianto. 
  b) Le emissioni totali [E] sono calcolate con la formula seguente: 
  E = F + O1 
  dove F e' l'emissione diffusa quale definita sopra. Per valutare la
conformita' al  valore  limite  di  emissione  totale  espresso  come
fattore di emissione in riferimento  a  taluni  parametri  specifici,
stabilito nell'autorizzazione, il valore [E] e riferito al pertinente
parametro specifico. 
  c) Il  consumo  ove  applicabile  si  calcola  secondo  la  formula
seguente: 
  C= I1 - O8 
  d) L'input per la verifica del limite per le  emissioni  diffuse  o
per altri scopi si calcola con la seguente formula: 
  I = I1 + I2 
 
Parte VI 
Metodi di campionamento ed analisi per le emissioni convogliate 
  1. Ai fini  della  valutazione  della  conformita'  dei  valori  di
emissione misurati ai valori limite per le emissioni  convogliate  si
applicano i metodi di misura indicati nella tabella seguente: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
PARTE VII 
Sezione 1 
Modello di domanda di autorizzazione per la costruzione e la modifica
degli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e  di
pellami, escluse le pellicce, e  delle  pulitintolavanderie  a  ciclo
chiuso. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Sezione 2 
Modello  di  domanda   di   autorizzazione   per   la   continuazione
dell'esercizio degli impianti a ciclo chiuso per la pulizia  a  secco
di  tessuti  e   di   pellami,   escluse   le   pellicce,   e   delle
pulitintolavanderie a ciclo chiuso. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Appendice 
Requisiti tecnico costruttivi e gestionali per gli impianti  a  ciclo
chiuso per la pulizia a secco di tessuti e pellami, escluse le 
pellicce, e per le pulitintolavanderie a ciclo chiuso 
1. Caratteristiche tecnico-costruttive degli impianti 
  Negli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di  tessuti  e
pellami, escluse le pellicce, e  nelle  pulitintolavanderie  a  ciclo
chiuso  possono  essere  utilizzati  solventi  organici  o   solventi
organici clorurati con l'esclusione delle sostanze di cui alla  legge
28 dicembre 1993 n. 549 e delle sostanze o preparati classificati  ai
sensi  del  decreto  legislativo  3  febbraio  1997,  n.   52,   come
cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione,  ai  quali  sono
state assegnate etichette con le frasi di rischio R45, R46, R49, R60,
R61. 
  Tali impianti lavorano secondo cicli di lavaggio che comprendono le
seguenti fasi: 
  - lavaggio 
  - centrifugazione 
  - asciugatura 
  - deodorizzazione 
  - distillazione e recupero solvente 
  Tutte le fasi sono svolte in una macchina  ermetica  la  cui  unica
emissione  di   solvente   nell'aria   puo'   avvenire   al   momento
dell'apertura dell'oblo' al termine del ciclo di lavaggio. 
  Gli impianti sono dotati  di  un  ciclo  frigorifero  in  grado  di
fornire le frigorie necessarie per avere la massima condensazione del
solvente (per il percloroetilene, temperature inferiori a -10 °C), in
modo da ridurre al minimo le emissioni di solvente. 
  Gli impianti devono avere una emissione di solvente inferiore ai 20
g di solvente per ogni kg di prodotto pulito e asciugato. 
  2. Prescrizioni relative all'installazione e all'esercizio: 
  a) L'esercizio e la manutenzione degli impianti devono essere  tali
da garantire le condizioni operative e  il  rispetto  del  limite  di
emissione indicati al paragrafo 1. 
  b) Qualunque anomalia di funzionamento dell'impianto  tale  da  non
permettere il rispetto delle condizioni operative fissate comporta la
sospensione della lavorazione per il tempo necessario alla rimessa in
efficienza dell'impianto stesso. 
  c) Il gestore che ha installato, modificato o trasferito una o piu'
impianti  deve  comunicare,  con  almeno  15  giorni   di   anticipo,
all'autorita' competente, al sindaco e  al  Dipartimento  provinciale
dell'Agenzia    regionale    per    la    protezione    dell'ambiente
territorialmente competente, la data in cui intende dare inizio  alla
messa in esercizio degli impianti. Il termine per la messa  a  regime
dell'impianto e' stabilito in 30  giorni  a  partire  dalla  data  di
inizio della messa in esercizio. 
  d) Al fine di dimostrare la  conformita'  dell'impianto  al  valore
limite di emissione ed elaborare annualmente il piano di gestione dei
solventi di cui alla parte V, il gestore deve registrare per ciascuna
macchina lavasecco installata: 
  - il quantitativo di solvente presente  nella  macchina  all'inizio
dell'anno solare considerato, in kg (A) 
  - la data di carico o di reintegro e il  quantitativo  di  solvente
caricato o reintegrato, in kg (B) 
  - giornalmente, il quantitativo di prodotto pulito e asciugato,  in
kg (C), ovvero il numero di cicli di lavaggio effettuati e il 
carico/ciclo massimo della macchina in kg 
  - la data di smaltimento e il contenuto di  solvente  presente  nei
rifiuti smaltiti, kg (D) 
  - il quantitativo di solvente presente nella  macchina  al  termine
dell'anno solare considerato, in kg (E) 
  e) Annualmente deve essere  elaborato  il  piano  di  gestione  dei
solventi verificando che la massa di solvente emesso per  chilogrammo
di prodotto pulito o asciugato sia inferiore a 20g/kg, ovvero che: 
  (A+SIGMA B-SIGMA D-E)/(SIGMA C) < 0,020 
  dover indica la sommatoria di tutte le registrazioni effettuate 
nell'anno solare considerato 
  Il gestore deve conservare nella sede  presso  cui  e'  localizzato
l'impianto, a disposizione dell'autorita' competente per il controllo
copia della documentazione  trasmessa  all'autorita'  competente  per
aderire alla presente autorizzazione, copia  delle  registrazioni  di
cui alla lettera d) e del piano di gestione dei solventi di cui  alla
lettera e). 
ALLEGATO IV 
 
                   ((Impianti e attivita' in deroga 
 
 
                               Parte I 
        Impianti ed attivita' di cui all'articolo 272, comma 1 
 
1. Elenco degli impianti e delle attivita': 
a) Lavorazioni meccaniche dei metalli, con esclusione di attivita' di
verniciatura e trattamento superficiale e smerigliature  con  consumo
complessivo  di  olio  (come  tale  o  come  frazione  oleosa   delle
emulsioni) inferiore a 500 kg/anno; 
b) laboratori orafi in cui non e' effettuata la fusione  di  metalli,
laboratori odontotecnici, esercizi  in  cui  viene  svolta  attivita'
estetica, sanitaria e di servizio e cura della persona,  officine  ed
altri laboratori annessi a scuole. 
c) Decorazione di piastrelle ceramiche senza procedimento di cottura. 
d) Le seguenti lavorazioni tessili: 
- preparazione, filatura, tessitura della trama, della catena o della
maglia di fibre naturali, artificiali  o  sintetiche,  con  eccezione
dell'operazione di  testurizzazione  delle  fibre  sintetiche  e  del
bruciapelo; 
- nobilitazione di fibre, di filati, di  tessuti  limitatamente  alle
fasi  di  purga,  lavaggio,  candeggio  (ad  eccezione  dei  candeggi
effettuati  con  sostanze  in  grado  di  liberare  cloro  e/o   suoi
composti), tintura e finissaggio a condizione  che  tutte  le  citate
fasi della nobilitazione siano effettuate nel rispetto delle seguenti
condizioni: 
1)  le  operazioni  in  bagno  acquoso  devono  essere   condotte   a
temperatura inferiore alla  temperatura  di  ebollizione  del  bagno,
oppure,  nel  caso  in  cui  siano  condotte  alla   temperatura   di
ebollizione del bagno, cio'  deve  avvenire  senza  utilizzazione  di
acidi, di alcali o di prodotti volatili, organici o inorganici, o, in
alternativa, all'interno di macchinari chiusi; 
2) le operazioni di asciugamento o essiccazione e i  trattamenti  con
vapore espanso  o  a  bassa  pressione  devono  essere  effettuate  a
temperatura inferiore a 150° e nell'ultimo  bagno  acquoso  applicato
alla merce  non  devono  essere  stati  utilizzati  acidi,  alcali  o
prodotti volatili, organici od inorganici. 
e) Cucine, esercizi di ristorazione collettiva, mense, rosticcerie  e
friggitorie. 
f) Panetterie, pasticcerie ed  affini  con  un  utilizzo  complessivo
giornaliero di farina non superiore a 300 kg. 
g) Stabulari acclusi a laboratori di ricerca e di analisi. 
h) Serre. 
i) Stirerie. 
j) Laboratori fotografici. 
k) Autorimesse e officine meccaniche di riparazioni veicoli,  escluse
quelle in cui si effettuano operazioni di verniciatura. 
l) Autolavaggi. 
m) Silos  per  materiali  da  costruzione  ad  esclusione  di  quelli
asserviti ad altri impianti. 
n) Macchine per eliografia. 
o)  Stoccaggio  e  movimentazione  di   prodotti   petrolchimici   ed
idrocarburi naturali estratti da giacimento, stoccati e movimentati a
ciclo chiuso o protetti da gas inerte. 
p) Impianti di trattamento acque  escluse  le  linee  di  trattamento
fanghi. 
q) Macchinari a ciclo chiuso di concerie e pelliccerie. 
r) Attivita' di seconde lavorazioni del vetro, successive  alle  fasi
iniziali di fusione, formatura e tempera,  ad  esclusione  di  quelle
comportanti operazioni di acidatura e satinatura. 
s) Forni elettrici a volta fredda destinati alla produzione di vetro. 
t)  Trasformazione  e  conservazione,  esclusa  la  surgelazione,  di
frutta,  ortaggi,  funghi  con  produzione  giornaliera  massima  non
superiore a 350 kg. 
u) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di  carne
con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg. 
v)  Molitura  di  cereali  con  produzione  giornaliera  massima  non
superiore a 500 kg. 
w) Lavorazione e conservazione, esclusa  surgelazione,  di  pesce  ed
altri prodotti alimentari marini con produzione  giornaliera  massima
non superiore a 350 kg. 
x) Lavorazioni manifatturiere alimentari con utilizzo giornaliero  di
materie prime non superiore a 350 kg. 
y)  Trasformazioni  lattiero-casearie  con   produzione   giornaliera
massima non superiore a 350 kg. 
z) Allevamenti effettuati in ambienti confinati in cui il  numero  di
capi potenzialmente presenti e' inferiore a quello indicato,  per  le
diverse categorie di animali, nella seguente tabella. Per allevamento
effettuato in ambiente confinato  si  intende  l'allevamento  il  cui
ciclo produttivo prevede il sistematico  utilizzo  di  una  struttura
coperta per la stabulazione degli animali. 
 
   Categoria animale e tipologia di allevamento N° capi 
 
Vacche specializzate per la produzione di Meno di 200 
  latte (peso vivo medio: 600 kg/capo) 
Rimonta vacche da latte (peso vivo medio: 
  300 kg/capo) Meno di 300 
Altre vacche (nutrici e duplice attitudine) Meno di 300 
Bovini all'ingrasso (peso vivo medio: 
  400 kg/capo) Meno di 300 
Vitelli a carne bianca (peso vivo medio: 
  130 kg/capo) Meno di 1000 
Suini: scrofe con suinetti destinati allo 
  svezzamento Meno di 400 
Suini: accrescimento/ingrasso Meno di 1000 
Ovicaprini (peso vivo medio: 50 kg/capo) Meno di 2000 
Ovaiole e capi riproduttori (peso vivo medio: 
  2 kg/capo) Meno di 25000 
Pollastre (peso vivo medio: 0,7 kg/capo) Meno di 30000 
Polli da carne (peso vivo medio: 1 kg/capo) Meno di 30000 
Altro pollame Meno di 30000 
Tacchini: maschi (peso vivo medio: 9 kg/capo) Meno di 7000 
Tacchini: femmine (peso vivo medio: 
  4,5 kg/capo) Meno di 14000 
Faraone (peso vivo medio: 0,8 kg/capo) Meno di 30000 
Cunicoli: fattrici (peso vivo medio: 
  3,5 kg/capo) Meno di 40000 
Cunicoli: capi all'ingrasso (peso vivo 
  medio: 1,7 kg/capo) Meno di 24000 
Equini (peso vivo medio: 550 kg/capo) Meno di 250 
Struzzi Meno di 700 
 
aa) Allevamenti effettuati in ambienti non confinati. 
bb) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi
elettrogeni di cogenerazione, di  potenza  termica  nominale  pari  o
inferiore a 1 MW, alimentati a biomasse di cui  all'allegato  X  alla
parte quinta del presente decreto, e di potenza termica inferiore a 1
MW, alimentati a gasolio, come tale o in emulsione, o a biodiesel. 
cc) Impianti di combustione alimentati  ad  olio  combustibile,  come
tale o in emulsione, di potenza termica nominale inferiore a 0,3 MW. 
dd) Impianti di combustione alimentati a metano o a GPL,  di  potenza
termica nominale inferiore a 3 MW. 
ee) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi
elettrogeni di cogenerazione,  ubicati  all'interno  di  impianti  di
smaltimento  dei  rifiuti,  alimentati  da  gas  di  discarica,   gas
residuati dai processi di depurazione e biogas,  di  potenza  termica
nominale non superiore a 3 MW, se l'attivita' di recupero e' soggetta
alle procedure autorizzative semplificate previste dalla parte quarta
del presente decreto e tali procedure sono state espletate . 
ff) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi
elettrogeni di cogenerazione, alimentati a biogas di cui all'allegato
X alla parte quinta del presente decreto, di potenza termica nominale
inferiore o uguale a 3 MW. 
gg)  Gruppi  elettrogeni  e  gruppi  elettrogeni   di   cogenerazione
alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore  a
3 MW. 
hh)  Gruppi  elettrogeni  e  gruppi  elettrogeni   di   cogenerazione
alimentati a benzina di potenza termica nominale inferiore a 1 MW. 
ii) Impianti di combustione connessi alle attivita' di stoccaggio dei
prodotti petroliferi funzionanti per  meno  di  2200  ore  annue,  di
potenza termica nominale inferiore a 5 MW se alimentati  a  metano  o
GPL ed inferiore a 2,5 MW se alimentati a gasolio. 
jj) Laboratori di analisi  e  ricerca,  impianti  pilota  per  prove,
ricerche,  sperimentazioni,   individuazione   di   prototipi.   Tale
esenzione  non  si  applica  in  caso  di   emissione   di   sostanze
cancerogene, tossiche per la riproduzione o mutagene o di sostanze di
tossicita' e cumulabilita' particolarmente elevate, come  individuate
dall'allegato I alla parte quinta del presente decreto. 
kk) Dispostivi mobili utilizzati all'interno di uno  stabilimento  da
un gestore diverso da quello  dello  stabilimento  o  non  utilizzati
all'interno di uno stabilimento. 
 
 
                              Parte II 
        Impianti ed attivita' di cui all'articolo 272, comma 2 
 
1. Elenco degli impianti e delle attivita': 
a) Riparazione e verniciatura di carrozzerie di autoveicoli, mezzi  e
macchine agricole con utilizzo di impianti a ciclo aperto e  utilizzo
complessivo  di  prodotti  vernicianti  pronti  all'uso   giornaliero
massimo complessivo non superiore a 20 kg. 
b) Tipografia, litografia, serigrafia, con utilizzo di  prodotti  per
la  stampa  (inchiostri,  vernici  e  similari)  giornaliero  massimo
complessivo non superiore a 30 kg. 
c) Produzione di prodotti in  vetroresine  con  utilizzo  giornaliero
massimo complessivo di resina pronta all'uso non superiore a 200 kg. 
d) Produzione di articoli in gomma e prodotti delle materie plastiche
con utilizzo giornaliero massimo complessivo  di  materie  prime  non
superiore a 500 kg. 
e) Produzione di mobili, oggetti, imballaggi, prodotti semifiniti  in
materiale  a  base  di  legno  con   utilizzo   giornaliero   massimo
complessivo di materie prime non superiore a 2000 kg. 
f) Verniciatura, laccatura, doratura di mobili ed  altri  oggetti  in
legno con utilizzo complessivo di prodotti vernicianti pronti all'uso
non superiore a 50 kg/g. 
g) Verniciatura di oggetti vari  in  metalli  o  vetro  con  utilizzo
complessivo di prodotti vernicianti pronti all'uso non superiore a 50
kg/ g. 
h) Panificazione, pasticceria e affini  con  consumo  di  farina  non
superiore a 1500 kg/g. 
i) Torrefazione di caffe' ed altri prodotti  tostati  con  produzione
non superiore a 450 kg/g. 
l) Produzione di mastici, pitture, vernici, cere, inchiostri e affini
con produzione complessiva non superiore a 500 kg/h. 
m) Sgrassaggio superficiale dei metalli con  consumo  complessivo  di
solventi non superiore a 10 kg/g. 
n) Laboratori orafi con fusione di metalli con  meno  di  venticinque
addetti. 
o)   Anodizzazione,   galvanotecnica,   fosfatazione   di   superfici
metalliche con consumo di prodotti chimici non superiore a 10 kg/ g. 
p) Utilizzazione di  mastici  e  colle  con  consumo  complessivo  di
sostanze collanti non superiore a 100 kg/g. 
q) Produzione di sapone e detergenti sintetici prodotti per  l'igiene
e la profumeria con utilizzo di materie prime  non  superiori  a  200
kg/g. 
r) Tempra di metalli con consumo di olio non superiore a 10 kg/ g. 
s) Produzione di oggetti artistici in ceramica, terracotta o vetro in
forni in muffola discontinua con utilizzo  nel  ciclo  produttivo  di
smalti, colori e affini non superiore a 50 kg/g. 
t)  Trasformazione  e  conservazione,  esclusa  la  surgelazione,  di
frutta, ortaggi, funghi con produzione non superiore a 1000 kg/g. 
u) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di  carne
con produzione non superiore a 1000 kg/g. 
v) Molitura cereali con produzione non superiore a 1500 kg/g. 
z) Lavorazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di pesce  ed
altri prodotti alimentari marini con produzione non superiore a  1000
kg/g. 
aa) Prodotti in calcestruzzo e gesso in  quantita'  non  superiore  a
1500 kg/g. 
bb) Pressofusione con utilizzo di metalli e leghe  in  quantita'  non
superiore a 100 kg/g. 
cc) Lavorazioni manifatturiere alimentari  con  utilizzo  di  materie
prime non superiori a 1000 kg/ g. 
dd) Lavorazioni conciarie con utilizzo di prodotti vernicianti pronti
all'uso giornaliero massimo non superiore a 50 kg. 
ee)  Fonderie  di  metalli  con  produzione  di   oggetti   metallici
giornaliero massimo non superiore a 100 kg. 
ff) Produzione di ceramiche  artistiche  esclusa  la  decoratura  con
utilizzo di materia prima giornaliero massimo non  superiore  a  3000
kg. 
gg) Produzione di carta, cartone e similari con utilizzo  di  materie
prime giornaliero massimo non superiore a 4000 kg. 
hh) Saldatura di oggetti e superfici metalliche. 
ii) Trasformazioni lattiero-casearie con produzione  giornaliera  non
superiore a 1000 kg. 
ll) Impianti termici civili aventi potenza termica nominale non 
inferiore a 3 MW e inferiore a 10 50 MW 
mm) impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di  tessuti  e  di
pellami, escluse le pellicce, e  delle  pulitintolavanderie  a  ciclo
chiuso. 
nn) Allevamenti effettuati in ambienti confinati in cui il numero  di
capi potenzialmente presenti e'  compreso  nell'intervallo  indicato,
per le diverse categorie di  animali,  nella  seguente  tabella.  Per
allevamento effettuato in ambiente confinato si intende l'allevamento
il cui ciclo  produttivo  prevede  il  sistematico  utilizzo  di  una
struttura coperta per la stabulazione degli animali. 
 
   Categoria animale e tipologia di allevamento N° capi 
Vacche specializzate per la produzione di latte 
  (peso vivo medio: 600 kg/capo) Da 200 a 400 
Rimonta vacche da latte (peso vivo medio: 
  300 kg/capo) Da 300 a 600 
Altre vacche (nutrici e duplice attitudine) Da 300 a 600 
Bovini all'ingrasso (peso vivo medio: 
  400 kg/capo) Da 300 a 600 
Vitelli a carne bianca (peso vivo medio: 
  130 kg/capo) Da 1000 a 2.500 
Suini: scrofe con suinetti destinati allo 
  svezzamento Da 400 a 750 
Suini: accrescimento/ingrasso Da 1000 a 2.000 
Ovicaprini (peso vivo medio: 50 kg/capo) Da 2000 a 4.000 
Ovaiole e capi riproduttori (peso vivo 
  medio: 2 kg/capo) Da 25000 a 40.000 
Pollastre (peso vivo medio: 0,7 kg/capo) Da 30000 a 40.000 
Polli da carne (peso vivo medio: 
  1 kg/capo) Da 30000 a 40.000 
Altro pollame Da 30000 a 40.000 
Tacchini: maschi (peso vivo medio: 
  9 kg/capo) Da 7000 a 40.000 
Tacchini: femmine (peso vivo medio: 
  4,5 kg/capo) Da 14000 a 40.000 
Faraone (peso vivo medio: 0,8 kg/capo) Da 30000 a 40.000 
Cunicoli: fattrici (peso vivo medio: 
  3,5 kg/capo) Da 40000 a 80000 
Cunicoli: capi all'ingrasso (peso vivo 
   medio: 1,7 kg/capo) Da 24000 a 80.000 
Equini (peso vivo medio: 550 kg/capo) Da 250 a 500 
Struzzi Da 700 a 1.500 
 
oo) Lavorazioni meccaniche dei metalli  con  consumo  complessivo  di
olio (come tale o come frazione  oleosa  delle  emulsioni)  uguale  o
superiore a 500 kg/anno.)) 
ALLEGATO V 
POLVERI E SOSTANZE ORGANICHE LIQUIDE 
 
Parte I 
Emissioni  di  polveri  provenienti  da  attivita'   di   produzione,
manipolazione, trasporto, carico, scarico o stoccaggio  di  materiali
polverulenti. 
 
  1. Disposizioni generali 
  1.1.  Nei  casi  in  cui  si  producono,  manipolano,  trasportano,
immagazzinano, caricano e scaricano  materiali  polverulenti,  devono
essere assunte apposite misure per il contenimento delle emissioni di
polveri. 
  1.2. Nei casi di cui al punto 1.1 l'autorita' competente stabilisce
le prescrizioni  per  il  contenimento  delle  emissioni  di  polveri
tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi: 
  - pericolosita' delle polveri; 
  - flusso di massa delle emissioni; 
  - durata delle emissioni; 
  - condizioni meteorologiche; 
  - condizioni dell'ambiente circostante. 
  2. Produzione e manipolazione di materiali polverulenti. 
  2.1. I macchinari e i  sistemi  usati  per  la  preparazione  o  la
produzione (comprendenti, per esempio, la frantumazione, la  cernita,
la   miscelazione,   il   riscaldamento,   il   raffreddamento,    la
pellettizzazione e  la  bricchettazione)  di  materiali  polverulenti
devono essere incapsulati. 
  2.2.  Se  l'incapsulamento  non  puo'  assicurare  il  contenimento
ermetico delle polveri, le emissioni, con particolare riferimento  ai
punti di  introduzione,  estrazione  e  trasferimento  dei  materiali
polverulenti, devono essere convogliate  ad  un  idoneo  impianto  di
abbattimento. 
  3. Trasporto, carico e scarico dei materiali polverulenti. 
  3.1. Per il  trasporto  di  materiali  polverulenti  devono  essere
utilizzati dispositivi chiusi. 
  3.2. Se l'utilizzo di dispositivi chiusi non  e',  in  tutto  o  in
parte, possibile, le emissioni polverulenti devono essere convogliate
ad un idoneo impianto di abbattimento. 
  3.3. Per il carico e lo scarico dei materiali  polverulenti  devono
essere installati impianti  di  aspirazione  e  di  abbattimento  nei
seguenti punti: 
  punti fissi, nei quali avviene il prelievo,  il  trasferimento,  lo
sgancio con benne, pale caricatrici, attrezzature di trasporto; 
  sbocchi di tubazione di caduta delle attrezzature  di  caricamento;
attrezzature di  ventilazione,  operanti  come  parte  integrante  di
impianti di scarico pneumatici o meccanici; 
  canali di scarico per veicoli su strada o rotaie; 
  convogliatori aspiranti. 
  3.4. Se nella movimentazione  dei  materiali  polverulenti  non  e'
possibile assicurare il convogliamento delle emissioni di polveri, si
deve  mantenere,  possibilmente  in  modo  automatico,  una  adeguata
altezza di caduta e deve essere assicurata, nei tubi di  scarico,  la
piu' bassa velocita' che e'  tecnicamente  possibile  conseguire  per
l'uscita del materiale trasportato, ad esempio mediante l'utilizzo di
deflettori oscillanti. 
  3.5. Nel caricamento di materiali polverulenti  in  contenitori  da
trasporto chiusi,  l'aria  di  spostamento  deve  essere  raccolta  e
convogliata ad un impianto di abbattimento. 
  3.6. La copertura delle strade, percorse  da  mezzi  di  trasporto,
deve essere tale da non dar luogo ad emissioni di polveri. 
  4. Stoccaggio di materiali polverulenti. 
  4.1. L'autorita'  competente  stabilisce  le  prescrizioni  per  lo
stoccaggio dei materiali polverulenti tenendo conto, in  particolare,
dei seguenti elementi: 
  possibilita' di stoccaggio in silos; 
  possibilita' di realizzare una copertura della sommita' e di  tutti
i lati del cumulo di materiali sfusi, incluse tutte  le  attrezzature
ausiliarie;  possibilita'   di   realizzare   una   copertura   della
superficie, per esempio utilizzando stuoie; 
  possibilita' di stoccaggio su manti erbosi; 
  possibilita' di costruire terrapieni coperti di verde,  piantagioni
e barriere frangivento; 
  umidificazione costante e sufficiente della superficie del suolo. 
  5.  Materiali  polverulenti  contenenti  specifiche  categorie   di
sostanze. 
  5.1. Si applica sempre la prescrizione piu' severa tra quelle che i
punti precedenti rimettono alla scelta dell'autorita' competente, nel
caso in cui i materiali  polverulenti  contengano  sostanze  comprese
nelle classi  riportate  nella  seguente  tabella  al  di  sopra  dei
corrispondenti  valori,  riferiti  al  secco,  in  una  frazione   di
materiale separabile mediante setacciatura  con  setaccio  dotato  di
maglie aventi una larghezza massima di 5 mm. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Parte II 
Emissioni in forma di  gas  o  vapore  derivanti  dalla  lavorazione,
trasporto, 
travaso e stoccaggio di sostanze organiche liquide 
  1. Pompe. 
  1.1. Il gestore deve garantire  una  tenuta  efficace  delle  pompe
utilizzate per la movimentazione di sostanze  organiche  liquide  con
punto di infiammabilita' inferiore a 21 °C e con punto di ebollizione
fino a 200C, le quali contengano: 
  sostanze di cui  all'allegato  I,  parte  II,  tabella  A1  per  le
sostanze della classe I in quantita' superiore a 10 mg/kg, 
  sostanze di cui all'allegato I, parte II, tabella A1, classi  II  e
III, in quantita' superiore a 50 g/kg, 
  sostanze di cui all'allegato I, parte II, tabella D,  classe  I  in
quantita' superiore a 50 g/kg, 
  1.2 Nei casi previsti dal punto 1.1, ove non possa essere garantita
l'efficace  tenuta  delle  pompe,  devono  essere  installati  idonei
sistemi di aspirazione delle perdite di gas o  vapore  e  sistemi  di
convogliamento ad impianti di abbattimento. 
  2. Compressori. 
  2.1. Il gestore deve effettuare il degasaggio del  liquido  residuo
conseguente  all'arresto  dei  compressori  utilizzati  per   i   gas
contenenti : 
  - sostanze di cui all'allegato I, parte II, tabella A1, classe I 
  - sostanze di cui all'allegato I, parte II, tabella A1, classi II e 
III in quantita' superiore a 50 g/kg 
  - sostanze di cui all'allegato I, parte II, tabella D, classe I  in
quantita' superiore a 50 g/kg, 
  3. Raccordi a flangia. 
  3.1. I raccordi a flangia, con particolare riferimento al  caso  in
cui vi defluiscono miscele contenti sostanze di cui  all'allegato  I,
parte II, tabella A1 o sostanze di cui all'allegato parte II, tabella
D, classe I, devono essere usati soltanto  se  garantiscono  un  buon
livello di tenuta. 
  4. Valvolame. 
  4.1. Le valvole devono essere rese ermetiche con  adeguati  sistemi
di tenuta nel caso in cui siano attraversate, da miscele contenenti: 
  - sostanze di cui all'allegato I, parte II, tabella A1, classe I, 
  - sostanze di cui all'allegato I, parte II, tabella A1, classi II e
III in quantita' superiore a 50 g/kg, 
  - sostanze di cui all'allegato I, parte II tabella D, classe  I  in
quantita' superiore a 50 g/kg. 
  5. Campionamento. 
  5.1. I punti in cui si prelevano  campioni  di  sostanze  organiche
liquide  devono  essere  incapsulati  o  dotati  di  dispositivi   di
bloccaggio, al fine di evitare emissioni durante il prelievo. 
  5.2. Durante il prelievo dei campioni il  prodotto  di  testa  deve
essere rimesso in circolo o completamente raccolto. 
  6. Caricamento. 
  6.1 Nel caricamento di sostanze  organiche  liquide  devono  essere
assunte speciali misure per il  contenimento  delle  emissioni,  come
l'aspirazione e il convogliamento dei gas di scarico in  un  impianto
di abbattimento. 
  ALLEGATO VI 
  Criteri per la valutazione della conformita' 
  dei valori misurati ai valori limite di emissione 
  1. Definizioni 
  1.1. Ai fini del presente allegato si intende per: 
  a)  misura  diretta:  misura  effettuata   con   analizzatori   che
forniscono un segnale di  risposta  direttamente  proporzionale  alla
concentrazione dell'inquinante; 
  b)  misura  indiretta:  misura  effettuata  con  analizzatori   che
forniscono un segnale di risposta direttamente  proporzionale  ad  un
parametro da correlare, tramite ulteriori misure, alle concentrazioni
dell'inquinante, come, ad esempio, la misura  di  trasmittanza  o  di
estinzione effettuata dagli analizzatori di tipo ottico; 
  c) periodo di osservazione: intervallo temporale a cui si riferisce
il limite di emissione da rispettare. Tale periodo, a  seconda  della
norma da applicare, puo' essere orario, giornaliero, di  48  ore,  di
sette giorni, di un mese, di un anno. In relazione a ciascun  periodo
di  osservazione,  devono  essere  considerate  le  ore  di   normale
funzionamento; 
  d) ore di  normale  funzionamento:  il  numero  delle  ore  in  cui
l'impianto e' in funzione, con l'esclusione dei periodi di avviamento
e di arresto e dei periodi di guasto,  salvo  diversamente  stabilito
dal presente decreto, dalle normative adottate ai sensi dell'articolo
271, comma 3, o dall'autorizzazione; 
  e) valore medio orario  o  media  oraria:  media  aritmetica  delle
misure istantanee valide effettuate nel corso di un'ora solare; 
  f) valore medio giornaliero o media di 24 ore: media aritmetica dei
valori medi  orari  validi  rilevati  dalle  ore  00:00:01  alle  ore
24:00:00; 
  g) valore di 48 ore o media di 48 ore: media aritmetica dei  valori
medi  orari  validi  rilevati  nel  corso  di  48  ore   di   normale
funzionamento, anche non consecutive; 
  h) valore medio mensile: media aritmetica  dei  valori  medi  orari
validi rilevati nel corso del  mese;  per  mese,  salvo  diversamente
specificato, si intende il mese di calendario; 
  i) valore medio annuale: media aritmetica  dei  valori  medi  orari
rilevati nel corso del periodo compreso tra il 1°  gennaio  e  il  31
dicembre successivo; 
  j) media mensile mobile: valore medio mensile riferito agli  ultimi
30 giorni interi, vale  a  dire  alle  24  ore  di  ogni  giorno;  le
elaborazioni devono essere effettuate al termine di ogni giorno; 
  k) media mobile di sette giorni: media aritmetica dei  valori  medi
orari  validi  rilevati  durante  gli  ultimi  7  giorni  interi;  le
elaborazioni devono essere effettuate al termine di ogni giorno; 
  l) disponibilita' dei dati elementari: la  percentuale  del  numero
delle misure elementari valide acquisite, relativamente ad un  valore
medio  orario  di  una  misura,  rispetto  al   numero   dei   valori
teoricamente acquisibili nell'arco dell'ora; 
  m) sistemi di misura estrattivi: sistemi basati sull'estrazione del
campione dall'effluente gassoso; l'estrazione  avviene  direttamente,
nel caso dei sistemi ad estrazione  diretta,  o  con  diluizione  del
campione, negli altri casi; 
  n) sistemi di misura non estrattivi o analizzatoti in sito: sistemi
basati sulla misura eseguita direttamente su un  volume  definito  di
effluente, all'interno del condotto  degli  effluenti  gassosi;  tali
sistemi possono prevedere la misura lungo un diametro del condotto, e
in tal caso sono definiti strumenti M situ lungo percorso o strumenti
in situ path, o la misura in un punto o in un tratto  molto  limitato
dell'effluente gassoso, e in tal caso sono definiti strumenti in situ
puntuale o strumenti in situ point. 
  o)  calibrazione:  procedura  di  verifica  dei   segnali   di   un
analizzatore a risposta lineare sullo zero e su un  prefissato  punto
intermedio della  scala  (span),  il  quale  corrisponde  tipicamente
all'80% del fondo scala. 
  2. Metodi  di  valutazione  delle  misure  effettuate  dal  gestore
dell'impianto e delle misure effettuate dall'autorita' competente per
il controllo 
  2.1 Ai fini di una corretta interpretazione dei dati,  alle  misure
di emissione effettuate con metodi discontinui o con metodi  continui
automatici devono essere associati  i  valori  delle  grandezze  piu'
significative dell'impianto,  atte  a  caratterizzarne  lo  stato  di
funzionamento (ad esempio: produzione  di  vapore,  carico  generato,
assorbimento elettrico dei filtri di captazione, ecc.). 
  2.2. Salvo diversamente indicato nel presente decreto, in  caso  di
misure in continuo, le emissioni convogliate si considerano  conformi
ai valori limite se nessuna delle medie di 24  ore  supera  i  valori
limite di emissione e se nessuna delle medie orarie supera  i  valori
limite di emissione di un fattore superiore a 1,25. 
  2.3. Salvo diversamente indicato nel presente decreto, in  caso  di
misure discontinue, le emissioni convogliate si considerano  conformi
ai valori limite se, nel corso di una misurazione, la concentrazione,
calcolata come media di almeno tre letture consecutive e riferita  ad
un'ora di funzionamento dell'impianto nelle condizioni  di  esercizio
piu' gravose, non supera il valore limite di emissione. 
  2.4. Il sistema di misura in continuo di  ciascun  inquinante  deve
assicurare un indice di disponibilita' mensile  delle  medie  orarie,
come definito al punto 5.5, non inferiore all'80%. Nel  caso  in  cui
tale valore non sia raggiunto, il gestore  e'  tenuto  a  predisporre
azioni correttive per migliorare  il  funzionamento  del  sistema  di
misura,  dandone  comunicazione  all'autorita'  competente   per   il
controllo. 
  2.5. Il gestore il quale preveda che le misure in continuo di uno o
piu' inquinanti non  potranno  essere  effettuate  o  registrate  per
periodi superiori a 48  ore  continuative,  e'  tenuto  ad  informare
tempestivamente l'autorita' competente per il controllo. In ogni caso
in cui, per un determinato  periodo,  non  sia  possibile  effettuare
misure    in    continuo,    laddove    queste    siano    prescritte
dall'autorizzazione,  il  gestore  e'  tenuto,  ove  tecnicamente  ed
economicamente possibile, ad attuare forme alternative  di  controllo
delle  emissioni  basate  su  misure  discontinue,  correlazioni  con
parametri di esercizio o con specifiche caratteristiche delle materie
prime utilizzate. Per tali  periodi  l'autorita'  competente  per  il
controllo stabilisce, sentito il gestore, le  procedure  da  adottare
per la stima delle emissioni. La disposizione data da tale  autorita'
deve essere allegata al registro di cui al punto 2.7. 
  2.6. 1 dati misurati o stimati con le modalita' di cui al punto 2.5
concorrono ai fini della verifica del rispetto dei valori limite. 
  2.7. I dati relativi ai controlli  analitici  discontinui  previsti
nell'autorizzazione cd ai controlli  previsti  al  punto  2.5  devono
essere riportati dal gestore su appositi  registri  ai  quali  devono
essere allegati i certificati analitici.  I  registri  devono  essere
tenuti a disposizione dell'autorita' competente per il controllo. Uno
schema esemplificativo per la redazione dei registri e' riportato  in
appendice 1. 
  2.8. Ogni interruzione del normale funzionamento degli impianti  di
abbattimento  (manutenzione  ordinaria   e   straordinaria,   guasti,
malfunzionamenti,  interruzione   del   funzionamento   dell'impianto
produttivo) deve essere annotata su un apposito registro. Il registro
deve essere tenuto a disposizione dell'autorita'  competente  per  il
controllo. Uno schema esemplificativo per la redazione  del  registro
e' riportato in appendice 2. 
  2.9. Nelle more dell'emanazione del  decreto  di  cui  all'articolo
271, comma 17, ai fini della verifica del rispetto dei valori  limite
si applicano le procedure di calibrazione degli strumenti  di  misura
stabilite dall'autorita'  competente  per  il  controllo  sentito  il
gestore. 
  3. Requisiti e prescrizioni funzionali dei sistemi di  monitoraggio
in continuo delle emissioni 
  3.1.  Nella  realizzazione  e   nell'esercizio   dei   sistemi   di
rilevamento devono essere perseguiti, per la misura di  ogni  singolo
parametro, elevati livelli di accuratezza  e  di  disponibilita'  dei
dati elementari. Il sistema di rilevamento deve essere realizzato con
una configurazione idonea al funzionamento continuo non presidiato in
tutte le condizioni ambientali e di processo. Il gestore e' tenuto  a
garantire la qualita' dei dati mediante l'adozione di  procedure  che
documentino le modalita' e  l'avvenuta  esecuzione  degli  interventi
manutentivi  programmati  e  straordinari  e  delle   operazioni   di
calibrazione  e  taratura  della  strumentazione  di   misura.   Tali
procedure sono stabilite dall'autorita' competente per  il  controllo
sentito il gestore e devono, in particolare, prevedere: 
  a) la verifica periodica, per  ogni  analizzatore,  della  risposta
strumentale su tutto l'intervallo di misura tramite prove e  tarature
fuori campo; 
  b) il controllo e la  correzione  in  campo  delle  normali  derive
strumentali  o   dell'influenza   esercitata   sulla   misura   dalla
variabilita' delle condizioni ambientali; 
  c) l'esecuzione  degli  interventi  manutentivi  periodici  per  il
mantenimento   dell'integrita'   e   dell'efficienza   del   sistema,
riguardanti,  ad  esempio,  la  sostituzione  dei  componenti  attivi
soggetti ad esaurimento, la pulizia di organi filtranti, ecc.; d)  la
verifica  periodica  in  campo  delle   curve   di   taratura   degli
analizzatori. 
  3.2. Per ogni strumento  devono  essere  registrate  le  azioni  di
manutenzione periodica e straordinaria mediante la redazione  di  una
tabella di riepilogo degli interventi, di cui e' riportato uno schema
esemplificativo in appendice 3. 
  3.3. Gli analizzatori in continuo  devono  essere  certificati.  In
attesa della disciplina di un'apposita certificazione  da  introdurre
ai sensi dell'articolo 271,  comma  17,  possono  essere  utilizzati,
previa verifica di idoneita' da parte dell'autorita'  competente  per
il  controllo,  gli  analizzatori  provvisti  di  una  certificazione
acquisita da un ente certificatore estero appartenente ad  uno  Stato
dell'Unione europea accreditato da un ente operante nell'ambito della
convenzione  denominata  "European  cooperation  for  accreditation",
purche' l'atto di certificazione sia corredato da: 
  a) rapporti di prova emessi  da  laboratori  che  effettuano  prove
accreditate secondo la norma EN ISO/IEC 17025 in cui  siano  indicati
il campo di misura, il limite di rilevabilita', la deriva,  il  tempo
di risposta e la disponibilita' dei  dati  sul  lungo  periodo;  tali
rapporti, su richiesta dell'autorita' competente, devono essere  resi
disponibili in lingua italiana, con traduzione  asseverata  presso  i
competenti uffici del Tribunale; 
  b) esiti delle verifiche di sistema condotte secondo  la  norma  EN
45011 dall'ente certificatore. 
  In alternativa  a  tali  analizzatori  possono  essere  utilizzati,
previa verifica di idoneita' da parte dell'autorita'  competente  per
il   controllo,   gli   analizzatori   autorizzati,   con    apposito
provvedimento, da una pubblica amministrazione di  uno  Stato  estero
appartenente all'Unione europea. In questo caso il provvedimento deve
essere corredato dalla documentazione di cui alla lettera a). 
  Nella verifica di idoneita' l'autorita' valuta,  anche  sulla  base
dei  parametri  indicati  nella  lettera  a)   la   capacita'   degli
analizzatori di rilevare gli inquinanti nelle emissioni dell'impianto
in relazione alle caratteristiche qualitative  e  quantitative  degli
inquinanti,  ai  valori  limite  di  emissione   e   alle   eventuali
prescrizioni contenute nell'autorizzazione. 
  3.4. La misura in continuo delle grandezze deve  essere  realizzata
con un sistema che espleti le seguenti funzioni: 
  - campionamento ed analisi; 
  - calibrazione; 
  - acquisizione, validazione, elaborazione automatica dei dati. 
  Tali funzioni possono essere svolte da sottosistemi a  se'  stanti,
eventualmente comuni a  piu'  analizzatori,  oppure  da  una  singola
apparecchiatura di analisi. 
  3.5. La sezione di campionamento deve essere posizionata secondo la
norma  UNI  10169  (edizione  giugno  1993)  o,  ove  cio'  non   sia
tecnicamente possibile, secondo le disposizioni date dalle  autorita'
competenti per il  controllo,  sentito  il  gestore.  La  sezione  di
campionamento  deve  essere  resa  accessibile  e  agibile,  con   le
necessarie condizioni di sicurezza, per le operazioni di rilevazione. 
  3.6.  Ogni  analizzatore  installato  deve  avere  un  sistema   di
calibrazione in campo. Il sistema di calibrazione,  ove  tecnicamente
possibile in relazione  al  tipo  di  analizzatore  utilizzato,  deve
essere di tipo automatico e puo' utilizzare: 
  - sistemi di riferimento esterni, quali bombole con  concentrazioni
certificate o calibratori dinamici, 
  oppure, se l'utilizzo dei sistemi di  riferimento  esterni  non  e'
tecnicamente o economicamente possibile, 
  - sistemi interni agli analizzatori stessi. 
  3.7. Il sistema per l'acquisizione, la validazione e l'elaborazione
dei dati, in aggiunta alle funzioni di cui ai  punti  seguenti,  deve
consentire: 
  - la gestione  delle  segnalazioni  di  allarme  e  delle  anomalie
provenienti dalle varie apparecchiature; 
  - la gestione delle  operazioni  di  calibrazione  automatica,  ove
prevista; 
  - l'elaborazione dei dati e la  redazione  di  tabelle  in  formato
idoneo per il confronto  con  i  valori  limite;  tali  tabelle  sono
redatte secondo le indicazioni riportate nel punto 5.4. 
  3.7.1. L'acquisizione dei dati comprende le seguenti funzioni : 
  - la lettura  istantanea,  con  opportuna  frequenza,  dei  segnali
elettrici di risposta degli analizzatori o di altri sensori; 
  - la  traduzione  dei  segnali  elettrici  di  risposta  in  valori
elementari espressi nelle unita' di misura pertinenti alla  grandezza
misurata; 
  - la memorizzazione dei segnali validi; 
  - il rilievo dei segnali di stato delle apparecchiature  principali
ed  ausiliarie  necessarie  per   lo   svolgimento   delle   funzioni
precedenti. 
  Per lo svolgimento di tali  funzioni  e  per  le  elaborazioni  dei
segnali acquisiti e' ammesso l'intervento  dell'operatore,  il  quale
puo'  introdurre  nel  sistema  dati  e  informazioni.  Tali  dati  e
informazioni devono essere archiviati e visualizzati con  gli  stessi
criteri degli altri parametri misurati. 
  3.7.2. Il sistema  di  validazione  delle  misure  deve  provvedere
automaticamente, sulla base di procedure di verifica  predefinite,  a
validare sia i valori elementari acquisiti, sia i valori  medi  orari
calcolali. Le procedure di validazione adottate in relazione al  tipo
di processo e ad ogni tipo di analizzatore, devono  essere  stabilite
dall'autorita' competente per il controllo, sentito il gestore. Per i
grandi impianti di combustione, i dati non sono comunque validi se: 
  -  i  dati  elementari  sono  stati  acquisiti   in   presenza   di
segnalazioni di anomalia  del  sistema  di  misura  tali  da  rendere
inaffidabile la misura stessa; 
  - i segnali elettrici di risposta dei sensori sono al di  fuori  di
tolleranze predefinite; 
  - lo scarto tra l'ultimo dato elementare  acquisito  ed  il  valore
precedente  supera  una  soglia  massima  che  deve  essere   fissata
dall'autorita' competente per il controllo; 
  - il numero di dati elementari validi che hanno concorso al calcolo
del valore medio orario e' inferiore al 70%  del  numero  dei  valori
teoricamente acquisibili nell'arco dell'ora; 
  - il massimo scarto tra le misure elementari non e' compreso in  un
intervallo fissato dall'autorita' competente per il controllo; 
  - il valore medio orario non e' compreso in un  intervallo  fissato
dall'autorita' competente per il controllo; 
  3.7.3 Le soglie di validita' di  cui  al  punto  precedente  devono
essere fissate in funzione del tipo di  processo  e  del  sistema  di
misura. 1 valori medi orari archiviati devono essere sempre associati
ad un indice di validita' che permetta di escludere automaticamente i
valori non validi o non significativi dalle elaborazioni successive. 
  3.7.4. Per preelaborazione dei  dati  si  intende  l'insieme  delle
procedure di calcolo che consentono di definire i valori  medi  orari
espressi nelle unita' di misura richieste e riferiti alle  condizioni
fisiche prescritte, partendo dai valori  elementari  acquisiti  nelle
unita' di misura pertinenti alla grandezza misurata. Nel caso in  cui
sia  prevista  la  calibrazione  automatica  degli  analizzatori,  la
preelaborazione include anche la correzione dei valori misurati sulla
base dei risultati dell'ultima calibrazione valida. 
  3.8. Se la misura di concentrazione  e'  effettuata  sui  effluenti
gassosi umidi e deve essere riportata  ad  un  valore  riferito  agli
effluenti gassosi secchi si applica la seguente formula: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  dove: 
  - Cs e' la concentrazione riferita agli effluenti gassosi secchi; 
  - Ca e' la concentrazione riferita agli effluenti gassosi umidi; 
  - Cf e' il contenuto  di  vapor  d'acqua  negli  effluenti  gassosi
espresso come rapporto in volume (v/v). 
  3.8.1. Per i  sistemi  di  misura  di  tipo  estrattivo  dotati  di
apparato  di  deumidificazione  del  campione  con  umidita'  residua
corrispondente all'umidita' di saturazione  ad  una  temperatura  non
superiore  a  4  °C,  le  concentrazioni  misurate   possono   essere
considerate come riferite agli effluenti gassosi secchi. In tal  caso
non e' necessaria la correzione di cui al punto precedente. 
  3.8.2. Ove le caratteristiche del processo produttivo sono tali per
cui la percentuale di umidita' dipende da parametri noti  e'  ammessa
la determinazione del tenore di umidita' a mezzo calcolo tramite dati 
introdotti nel sistema dall'operatore 
  3.9. Quando in un processo di produzione e'  stato  verificato  che
nelle emissioni la concentrazione di NO2 e' inferiore o uguale al  5%
della concentrazione totale di NOx (NOx= NO + NO2 ), e' consentita la
misura  del  solo  monossido  di  azoto  (NO).   In   tal   caso   la
concentrazione degli ossidi  di  azoto  NOx  si  ottiene  tramite  il
seguente calcolo: NOx = NO/0,95. 
  3.10. Ove opportuno puo' essere  adottato  un  criterio  analogo  a
quello del punto 3.9. per la misura degli ossidi di zolfo (SOx =  SO2
+ SO3 ). 
  4. Tarature e verifiche 
  4.1. Le verifiche periodiche, di competenza del gestore, consistono
nel controllo periodico della risposta su tutto il  campo  di  misura
dei singoli analizzatori,  da  effettuarsi  con  periodicita'  almeno
annuale. Tale tipo di verifica  deve  essere  effettuata  anche  dopo
interventi manutentivi conseguenti ad un guasto degli analizzatori. 
  4.2. Nel caso di analizzatori utilizzati nei sistemi estrattivi, la
taratura coincide con le operazioni di calibrazione  strumentale.  La
periodicita' dipende dalle caratteristiche degli analizzatori e dalle
condizioni   ambientali   di   misura   e   deve   essere   stabilita
dall'autorita' competente per il controllo, sentito il gestore. 
  4.2.1 Nel caso di analizzatori in situ per la misura di  gas  o  di
polveri,  che  forniscono  una  misura  indiretta  del  valore  della
concentrazione, la taratura consiste nella  determinazione  in  campo
della curva di correlazione tra  risposta  strumentale  ed  i  valori
forniti da un secondo sistema manuale  o  automatico  che  rileva  la
grandezza in esame. In questo caso la curva di taratura  e'  definita
con riferimento al volume di effluente gassoso  nelle  condizioni  di
pressione,  temperatura  e  percentuale  di  ossigeno  effettivamente
presenti nel condotto e senza detrazioni  della  umidita'  (cioe'  in
mg/m3 e su tal  quale).  I  valori  determinati  automaticamente  dal
sistema in base a tale curva  sono  riportati,  durante  la  fase  di
preelaborazione dei dati, alle condizioni di riferimento  prescritte.
La  curva  di  correlazione  si  ottiene   per   interpolazione,   da
effettuarsi col metodo  dei  minimi  quadrati  o  con  altri  criteri
statistici, dei valori rilevati attraverso  piu'  misure  riferite  a
diverse concentrazioni di inquinante nell'effluente  gassoso.  Devono
essere effettuate almeno tre misure per tre diverse concentrazioni di
inquinante. L'interpolazione puo' essere di primo grado  (lineare)  o
di secondo grado (parabolica) in funzione  del  numero  delle  misure
effettuate a diversa concentrazione, del tipo di inquinante  misurato
e del tipo di  processo.  Deve  essere  scelta  la  curva  avente  il
coefficiente di correlazione piu' prossimo all'unita'. Le  operazioni
di taratura sopra descritte devono essere effettuate con periodicita'
almeno annuale. 
  4.2.2. La risposta strumentale sullo  zero  degli  analizzatori  in
situ con misura diretta deve essere verificata  nei  periodi  in  cui
l'impianto non e' in funzione. 
  4.3.  Le  verifiche  in   campo   sono   le   attivita'   destinate
all'accertamento della correttezza delle operazioni di  misura.  Tali
attivita' sono effettuate dall'autorita' competente per il  controllo
o dal gestore sotto la supervisione della stessa. 
  4.3.1. Per gli analizzatori  in  situ  che  forniscono  una  misura
indiretta le verifiche in  campo  coincidono  con  le  operazioni  di
taratura indicate nel punto 4.2. 
  1.3.2 Per le misure di inquinanti gassosi basati su analizzatori in
situ con misura diretta e di tipo estrattivo, la  verifica  in  campo
consiste nella determinazione dell'indice di accuratezza relativo  da
effettuare come descritto nel punto 4.4. e  con  periodicita'  almeno
annuale. 
  4.4.  La  verifica  di  accuratezza  di  una  misura  si   effettua
confrontando le misure rilevate dal sistema in esame  con  le  misure
rilevate nello stesso punto o nella stessa zona di  campionamento  da
un altro sistema di misura assunto come riferimento. L'accordo tra  i
due sistemi si valuta, effettuando almeno tre  misure  di  confronto,
tramite l'indice  di  accuratezza  relativo  (IAR).  Tale  indice  si
calcola,  dopo  aver  determinato  i  valori  assoluti  (xi  )  delle
differenze delle concentrazioni misurate  dai  due  sistemi  nelle  N
prove effettuate, applicando la formula seguente: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  dove: 
  - M e' la media aritmetica degli N valori xi 
  - Mr e' la media  dei  valori  delle  concentrazioni  rilevate  dal
sistema di riferimento; 
  - Ic e' il valore assoluto dell'intervallo di confidenza  calcolato
per la media degli N valori xi ossia: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  dove: 
  - N e' il numero delle misure effettuate 
  - S e' la deviazione standard dei valori xi cioe': 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  - tn e' la variabile casuale t di Student calcolata per un  livello
di fiducia del 95% e per n gradi di liberta' pari a (N - 1). I valori
di tn sono riportati nella tabella seguente in funzione di N: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  La correttezza delle operazioni di misura e' verificata se l'indice
di accuratezza relativo delle due misure e' superiore all'80%. 
  5. Elaborazione, presentazione e valutazione dei risultati 
  5.1. In fase di preelaborazione dei dati  il  valore  medio  orario
deve essere invalidato se la disponibilita' dei  dati  elementari  e'
inferiore al 70%. 
  5.1.1. Salvo diversamente disposto  dall'autorizzazione,  i  valori
medi su periodi di osservazione diversi dall'ora sono  calcolati,  ai
fini del confronto con i pertinenti  valori  limite,  a  partire  dal
valore medio orario. 
  5.1.2. I  valori  medi  orari  calcolati  sono  utilizzabili  nelle
elaborazioni successive ai fini della verifica dei valori limite  se,
oltre ad essere validi relativamente  alla  disponibilita'  dei  dati
elementari, si  riferiscono  ad  ore  di  normale  funzionamento.  Il
sistema di acquisizione o elaborazione dei dati deve essere  pertanto
in grado di determinare automaticamente,  durante  il  calcolo  delle
medie per periodi di osservazione superiori all'ora, la validita' del
valore  medio  orario.  I  valori  di  concentrazione  devono  essere
riportati alle condizioni di riferimento e sono  ritenuti  validi  se
sono valide le misure, effettuate  contemporaneamente,  di  tutte  le
grandezze necessarie alla determinazione di tali valori, fatto  salvo
quanto previsto dal punto 3.8.2. 
  5.2. Salvo diversamente disposto nell'autorizzazione, i limiti alle
emissioni si  intendono  riferiti  alle  concentrazioni  mediate  sui
periodi temporali (medie mobili di  7  giorni,  mensili,  giornaliere
ecc.) indicati, per le diverse tipologie di  impianto,  nel  presente
decreto. 
  5.2.1. Qualora i valori limite  di  emissione  si  applichino  alle
concentrazioni medie giornaliere, allo scadere di ogni giorno  devono
essere calcolati  ed  archiviati  i  valori  di  concentrazione  medi
giornalieri secondo quanto indicato al punto 5.1.1. Nel caso  in  cui
la disponibilita' delle medie orarie riferite al giorno sia inferiore
al 70% il valore medio giornaliero e' invalidato. In questi  casi  la
verifica del rispetto del limite giornaliero deve  essere  effettuata
con  le  procedure  previste  nel  punto  5.5.1.  Il   valore   medio
giornaliero non deve essere calcolato nel  caso  in  cui  le  ore  di
normale funzionamento nel giorno siano inferiori a 6. In tali casi si
ritiene non significativo il valore medio giornaliero. Ove prescritto
nell'autorizzazione o  richiesto  dall'autorita'  competente  per  il
controllo, nel caso in  cui  l'autorizzazione  stabilisca  un  valore
limite di emissione riferito ad un periodo di osservazione  inferiore
al mese, allo scadere di ogni giorno devono essere registrati i  casi
in cui il valore medio giornaliero e' risultato superiore  al  valore
limite;  tale  superamento  deve  essere  espresso  come   incremento
percentuale rispetto al valore limite. 
  5.2.2. Qualora i valori limite  di  emissione  si  applichino  alle
concentrazioni medie mobili di 7 giorni, allo scadere di ogni  giorno
devono essere calcolati ed  archiviati  i  valori  di  concentrazione
media degli ultimi sette giorni  trascorsi  (media  mobile  di  sette
giorni). Nel  caso  in  cui  la  disponibilita'  delle  medie  orarie
calcolate nei sette giorni sia inferiore al 70% il  valore  medio  e'
invalidato. La media dei sette giorni non deve essere  calcolata  nel
caso in cui le ore di normale funzionamento  nei  sette  giorni  sono
inferiori a 42. In tali casi si ritiene non significativo  il  valore
della media. 
  5.2.3. Qualora i valori limite  di  emissione  si  applichino  alle
concentrazioni medie mensili, allo scadere di ogni mese civile devono
essere calcolati ed archiviati il  valore  limite  relativo  al  mese
trascorso (nel caso di impianti multicombustibile) ed il valore medio
di emissione relativo allo stesso periodo. Il  valore  medio  mensile
non deve  essere  calcolato  nel  caso  in  cui  le  ore  di  normale
funzionamento nel mese civile siano inferiori a 144. In tali casi  si
ritiene non significativo il valore medio mensile. Nel caso in cui la
disponibilita' delle medie orarie nel mese, calcolata secondo  quanto
indicato al punto 5.5, sia inferiore all'80%, il valore medio mensile
calcolato automaticamente non deve  essere  considerato  direttamente
utilizzabile per la verifica  del  rispetto  del  valore  limite.  In
questi casi la verifica del rispetto del limite mensile  deve  essere
effettuata ai sensi del punto 5.5.1. 
  5.2.4. Fermo restando  quanto  stabilito  al  punto  5.3,  per  gli
impianti di cui all'allegato I, parte IV, sezione 1, il  mese,  salvo
diversa prescrizione autorizzativa, e' inteso come  una  sequenza  di
720 ore di normale funzionamento. Il valore medio mensile e' la media
aritmetica dei valori medi orari validi rilevati nel corso di  ognuna
delle sequenze consecutive di 720 ore considerate. 
  5.2.5 I valori medi mensili calcolati ai  sensi  del  punto  5.2.4.
sono archiviati e, ove richiesto  dall'autorita'  competente  per  il
controllo, trasmessi alla stessa unitamente ai riferimenti di  inizio
e fine periodo del calcolo nonche' al  numero  dei  dati  validi  che
concorrono al calcolo stesso. Nel caso in cui la disponibilita' delle
medie orarie valide nelle 720 ore considerate sia inferiore alt  80%,
il valore medio mensile calcolato automaticamente non e'  considerato
direttamente utilizzabile per la verifica  del  rispetto  del  valore
limite. In questi casi la  verifica  del  rispetto  del  limite  deve
essere effettuata con le procedure previste nel punto 5.5.1. 
  5.3. Per i grandi impianti di combustione, di cui all'allegato  II,
parte I, paragrafo 3, relativamente agli  inquinanti  SO2  ed  NOx  e
polveri,  allo  scadere  di  ogni  mese  civile  sono  calcolati   ed
archiviati i seguenti valori: 
  - il  valore  limite  di  emissione  relativo  al  mese  trascorso,
calcolato secondo quanto previsto nello stesso paragrafo; 
  - il valore medio di emissione relativo allo stesso periodo. 
  Fermo restando il calcolo delle medie di 48 ore per gli impianti di
combustione anteriori al 1988 e anteriori al  2006  e  salvo  diversa
disposizione autorizzativa o data dall'autorita'  competente  per  il
controllo, il valore medio mensile non viene calcolato  nel  caso  in
cui le ore di normale funzionamento nel mese civile siano inferiori a
240. In tali casi  si  ritiene  non  significativo  il  valore  medio
mensile. Nel caso in cui la disponibilita'  delle  medie  orarie  nel
mese calcolate ai sensi del punto  5.5.  sia  inferiore  all'80%,  il
valore medio mensile  calcolato  automaticamente  non  e  considerato
direttamente utilizzabile per la verifica  del  rispetto  del  valore
limite. In questi casi la verifica del rispetto del limite mensile e'
effettuata ai sensi del punto 5.5.1. 
  5.3.1 Il calcolo delle medie di 48  ore  si  riferisce  a  sequenze
consecutive di  48  ore  di  normale  funzionamento.  Ogni  media  e'
archiviata allo scadere del periodo a cui il  calcolo  si  riferisce.
Contestualmente deve essere calcolato,  ai  sensi  dell'allegato  II,
parte I, paragrafo 3, e archiviato il  valore  limite  relativo  alle
stesse  48  ore  di  normale  funzionamento,  Nel  caso  in  cui   la
disponibilita' delle  medie  orarie  nelle  48  ore  considerate  sia
inferiore al 70% il valore medio non e' considerato  valido  ai  fini
della verifica del rispetto del limite sulle medie di  48  ore.  Allo
scadere di ognuno dei periodi di calcolo si provvede ad aggiornare  e
archiviare l'elenco dei casi in cui le medie di 48 ore hanno superato
il 110% del limite corrispondente ed il numero delle medie di 48  ore
valide dall'inizio dell'anno.  Nel  calcolare  le  percentuali  delle
medie di 48 ore da sottoporre a verifica si fa riferimento alle medie
di 48 ore valide e si approssima il numero risultante per  eccesso  o
per difetto al numero intero piu' vicino. 
  5.4. Il gestore e' tenuto a conservare e a mettere  a  disposizione
dell'autorita' competente per il controllo, per un periodo minimo  di
cinque  anni,  salvo  diversa  disposizione  autorizzativa,  i   dati
rilevati ed elaborati secondo quanto previsto ai punti  5.1,  5.2.  e
5.3 utilizzando, per l'archiviazione,  appositi  formati  predisposti
dall'autorita' competente per il controllo, sentito  il  gestore.  Si
riporta in appendice 4 un esempio di tale formato relativo ai  grandi
impianti di combustione. 
  5.5. L'indice di disponibilita'  mensile  delle  medie  orarie  del
singolo inquinante, si calcola nel seguente modo: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  dove: 
  - Ns e' il numero delle medie orarie valide registrate dal  sistema
di acquisizione. 
  - Onf sono le ore di normale funzionamento dell'impianto nel mese. 
  Il gestore e' tenuto a riportare nella  documentazione  di  cui  al
punto 5.4 le cause di indisponibilita' dei dati. 
  5.5.1. Qualora l'indice di cui al punto 5.5. sia inferiore all'80%,
la verifica del rispetto dei valori  limite  deve  essere  effettuata
integrando  i  dati  rilevati  automaticamente  con  i  dati   e   le
informazioni raccolti in conformita' a quanto indicato nei punti 2.5,
2.b e 2.7. 
 
Appendice 1 
Schema esemplificativo dei registri relativi ai controlli discontinui 
di cui ai punti 2.5 e 2.7 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Appendice 2 
Schema esemplificativo del registro relativo ai casi di  interruzione
del   normale   funzionamento   degli   impianti   di    abbattimento
(manutenzione ordinaria e  straordinaria,  guasti,  malfunzionamenti,
interruzione dell'impianto produttivo) (punto 2.8.) 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Appendice 3 
Schema esemplificativo della tabella di riepilogo degli interventi di
manutenzione periodica e  straordinaria  degli  strumenti  di  misura
(punto 3.2.) 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Appendice 4 
Esempio di formato per l'archiviazione dei dati  relativi  ai  grandi
impianti di combustione (punto 5.4). 
Tabella dei dati giornalieri 
Dati di riferimento: 
  - numero delle ore di normale funzionamento nelle 48 ore  trascorse
(dalle 24 del giorno corrente alle ore 0 del giorno precedente); 
  - frazione della potenza media generata (elettrica o termica) con i
diversi combustibili nel giorno e nelle 48 ore trascorse (proporzione
in ragione del calore prodotto dai diversi combustibili); 
  - tenore di ossigeno di riferimento nelle 48 ore trascorse; 
  - tenore medio di ossigeno misurato nelle 48 ore trascorse; 
  Dati per inquinante: 
  - limiti applicabili nelle 48 ore; 
  - concentrazione media nelle 48 ore trascorse; 
  - numero delle medie orarie valide nelle 48 ore trascorse; 
  Tabella dei dati mensili e di sintesi 
  La tabella riporta i valori medi mensili di consuntivo e i dati  di
sintesi per i parametri da valutare su base annuale. 
  Dati di riferimento: 
  - numero delle ore di normale funzionamento nel mese; 
  - tenore di ossigeno di riferimento (puo' essere variabile nel caso
di impianti multicombustibile); 
  - tenore medio di ossigeno misurato; 
  - frazione della potenza  generata  (elettrica  o  termica)  con  i
diversi combustibili nel mese. 
  Dati per inquinante: 
  - concentrazioni medie mensili rilevate; 
  - numero delle medie orarie valide rilevate nel mese; 
  - limiti applicabili nel mese; 
  - numero delle 48 ore caratterizzate da media valida; 
  - numero delle medie di 48 ore che nel mese hanno superato il  110%
del limite corrispondente. 
  Tabella dei dati annuali 
  La  tabella  riporta  il  riepilogo  di  tutti  i  valori   mensili
consuntivati ed il consuntivo per inquinante dei dati da valutare  su
base annuale. 
  Doti su base annuale: 
  - numero delle ore di normale funzionamento nell'anno; 
  - numero delle 48 ore caratterizzate da media valida ed il  calcolo
del 5% o del 3% di tale numero (cioe' del  complemento  al  95  e  al
97%); 
  - numero delle medie di 48 ore che nell'anno hanno superato il 110%
del limite corrispondente. 
ALLEGATO VII 
 
Operazioni di deposito della benzina e sua distribuzione dai 
terminali agli impianti di distribuzione 
 
Parte I 
  1. Definizioni 
  Ai fini del presente allegato si intende per: 
  a) vapori: composti aeriformi che evaporano dalla benzina; 
  b) vapori di ritorno: vapori provenienti da impianti di deposito  o
da cisterne mobili in fase di caricamento; 
  c) vapori residui: vapori che  rimangono  nella  cisterna  dopo  lo
scarico di benzina agli impianti di deposito; 
  d) sistema di recupero dei vapori: l'attrezzatura per  il  recupero
di benzina dai vapori durante le operazioni di caricamento  presso  i
terminali; 
  e)  carro-cisterna:  una  cisterna   mobile   costituita   da   una
sovrastruttura che comprende  una  o  piu'  cisterne  ed  i  relativi
equipaggiamenti, e da un telaio  munito  dei  propri  equipaggiamenti
(ruote, sospensioni), destinata al trasporto di benzine su rotaia; 
  f) nave-cisterna:  una  cisterna  mobile  costituite  da  una  nave
destinata alla navigazione interna  quale  definita  nel  capitolo  1
della  direttiva  82/714/CEE  del  Consiglio,  del  4  ottobre  1982,
destinata al trasporto di benzine in cisterne; 
 
Parte II 
  1. Requisiti per gli impianti di deposito di benzina presso i 
terminali 
  1.1 Rivestimenti 
  Le pareti  esterne  ed  i  tetti  degli  impianti  di  deposito  di
superficie devono essere dipinti di un colore con riflessione  totale
del calore radiante pari o superiore al  70%.  Il  rispetto  di  tali
adempimenti deve essere certificato dal gestore con una dichiarazione
in cui si attesti che, per la  verniciatura,  sono  state  utilizzate
vernici  certificate  dal  fornitore  come  rispondenti  alle   nonne
contenute nell'appendice, applicate secondo regole di buona tecnica. 
  Detta  disposizione  non  si  applica  agli  impianti  di  deposito
collegati ad un sistema di recupero dei vapori conforme ai  requisiti
di cui al punto 2.3. 
  Le operazioni di verniciatura possono essere programmate in modo da
essere effettuate conio parte dei normali cicli di manutenzione degli
impianti di deposito. Il programma  delle  manutenzioni  deve  essere
conservato dal gestore e reso disponibile su richiesta dell'autorita'
competente per il controllo. 
  1.2 Dispositivi per il contenimento dei vapori di benzina 
  Gli impianti di deposito  con  tetto  galleggiante  esterno  devono
essere dotati di un dispositivo  primario  di  tenuta  che  copra  lo
spazio anulare tra la parete del serbatoio e il perimetro esterno del
tetto galleggiante, nonche' di un dispositivo secondario  fissato  su
quello primario. Tali dispositivi devono essere progettati in modo da
assicurare un contenimento complessivo dei vapori pari o superiore al
95% di quello di un serbatoio  similare,  a  tetto  fisso,  privo  di
dispositivi di controllo per il contenimento dei vapori ovvero di  un
serbatoio a  tetto  fisso  dotato  solo  di  valvola  limitatrice  di
pressione. Il rispetto di tali adempimenti  deve  essere  certificato
dal  gestore  con  una  dichiarazione  in  cui  si  attesti  che   la
progettazione del sistema a doppia tenuta risponde a quanto  previsto
dal presente punto 1.2, verificato  sulla  base  delle  procedure  di
stima, contenute nella normativa API (American  Petroleum  Institute)
MPMS, Chapter 19, e che tale sistema  e  stato  installato  a  regola
d'arte. A tal fine si utilizza il "Manual  of  Petroleum  Measurement
Standards" - capitolo 19 - "Evaporative loss measurement", sezione  1
-  "Evaporative  loss  from  fixed  -  roof  tanks"  e  sezione  2  -
"Evaporative loss from floating - roof tanks". 
  I dispositivi di controllo per il  contenimento  dei  vapori  degli
impianti  di  deposito  devono  essere  sottoposti   a   manutenzione
periodica secondo le modalita' previste dalla regola d'arte. 
  1.3. Sistemi per il recupero dei vapori di benzina 
  - Gli impianti di deposito presso terminali la cui  costruzione  e'
stata autorizzata dopo il 3 dicembre 1997, ai sensi  della  normativa
vigente al momento  dell'autorizzazione,  costituiti  da  serbatoi  a
tetto fisso, devono essere collegati ad un sistema  di  recupero  dei
vapori in  conformita'  ai  requisiti  di  cui  al  paragrafo  2.  In
alternativa, detti depositi devono essere  progettati  con  un  tetto
galleggiante, interno o esterno, e dotati di  dispositivi  primari  e
secondari a tenuta in modo da rispondere ai requisiti  relativi  alle
prestazioni stabiliti dal punto 1.2. 
  - Gli altri impianti di deposito presso i terminali, costituiti  da
serbatoi a tetto fisso, devono essere  collegati  ad  un  sistema  di
recupero dei vapori in conformita' alle  disposizioni  contenute  nel
paragrafo 2. In alternativa, detti depositi devono essere  dotati  di
un tetto galleggiante interno con un dispositivo  primario  a  tenuta
progettato in modo da  assicurare  un  contenimento  complessivo  dei
vapori pari o superiore al 90% di quello di un serbatoio  similare  a
tetto fisso privo di dispositivi di controllo dei vapori. 
  1.4 Ai serbatoi a tetto fisso situati presso  i  terminali  cui  e'
consentito, ai sensi del punto 2.2, il deposito temporaneo dei vapori
non  si  applicano  i  requisiti  relativi  ai  dispositivi  per   il
contenimento dei vapori di benzina di cui al punto 1.3. 
 
Appendice 
Misura del fattore di riflessione delle superfici dei serbatoi. 
  Ai fini di quanto prescritto al punto 1.2.  per  la  determinazione
del fattore di riflessione delle superfici dei serbatoi, puo'  essere
utilizzato uno dei seguenti metodi di misura, 
  a) Metodo basato sulla misura del fattore di riflessione totale del
calore radiante.  Per  riflessione  totale  del  calore  radiante  si
intende la riflessione dell'energia solare totale incidente, misurata
nello spettro compreso fra 0,3 ÷ 2,5 µm di lunghezza d'onda  (spettro
solare incidente a livello della superficie terrestre). 
  Specifiche di prova: la procedura di prova  per  la  determinazione
del fattore di riflessione di una superficie (ottenuta in laboratorio
su provini campione),  si  basa  sulle  seguenti  norme  tecniche  di
riferimento: ASTM E 903-82  (1)  ed  ISO  9050  (2).  Il  fattore  di
riflessione della superficie deve essere superiore o uguale al 70%. 
  b) Metodo basato sulla misura del  fattore  di  riflessione  totale
dell'energia luminosa. 
  Tale  metodo  si  riferisce  alla  misura  del  solo   fattore   di
riflessione totale dell'energia luminosa ed e' quindi  relativo  alla
sola parte della radiazione solare contenuta nel campo dello  spettro
visibile (0,38 ÷ 0,78 um). 
  Specifiche di prova: la procedura di prova  per  la  determinazione
del fattore  di  riflessione  totale  dell'energia  luminosa  di  una
superficie (ottenuta su provini  campione  in  laboratorio)  si  basa
sulla normativa di riferimento applicabile UNI 9389 (3) ed  ISO  2813
(4). 
  Il fattore di riflessione  della  superficie  all'energia  luminosa
deve essere superiore o uguale al 70%. 
  Nel caso in cui siano presenti serbatoi con superfici di  materiale
diverso  o  verniciati  con  colori  diversi  il  valore   medio   di
riflessione  puo'  essere  calcolato  dagli  indici  di   riflessione
(misurati su campioni con uno dei precedenti  metodi  per  i  singoli
colori), pesati con le estensioni delle relative aree  di  serbatoio.
Il valore medio di riflessione cosi' calcolato deve essere  superiore
o eguale al 70%. 
  Riferimenti: 
  (1) ASTM E 903-82: Standard  test  method  for  solar  absorptance,
reflectance and trasmittance of materials using integrating spheres". 
  (2)  ISO  9050:  "Glass  in  building.   Determination   of   light
trasmittance,  direct  solar   trasmittance,   total   solar   energy
trasmittance  and  ultraviolet  trasmittance,  and  related   glazing
factors". 
  (3) UNI 9389: "Misura della riflessione di  pellicole  di  prodotti
vernicianti non metallizzanti". 
  (4) ISO 2813: "Paints and varnishes-Determination of specular gloss
of nonmetallic paint films at 20°, 60° and 85°, 
  2. Requisiti per gli impianti di caricamento presso i terminali. 
  2.1 Attrezzature per il caricamento dal basso 
  Le torri di  caricamento  di  veicoli-cisterna  presenti  presso  i
terminali devono soddisfare le specifiche relative alle  attrezzature
per il caricamento dal basso previste dal punto 3.2. 
  2.7. Recupero di vapori 
  I vapori di ritorno provenienti da una cisterna mobile in  fase  di
caricamento  devono  essere  convogliati,  tramite   una   linea   di
collegamento a tenuta di vapore, verso  un  sistema  di  recupero  di
vapori.  Tale  disposizione  non  si  applica  alle   operazioni   di
caricamento dall'alto di cisterne  mobili  che,  in  accordo  con  le
deroghe previste all'articolo 276, comma 5, non  sono  conformi  alle
prescrizioni per il caricamento dal basso stabilite al punto 3.2. 
  Nei terminali presso i  quali  negli  tre  anni  civili  precedenti
l'anno in  corso  e'  stata  movimentata  una  quantita'  di  benzina
inferiore a 25.000 tonnellate/anno, il deposito temporaneo dei vapori
puo' sostituire il recupero immediato dei vapori presso il terminale. 
Il  serbatoio  adibito  esclusivamente  a  tale   uso   deve   essere
chiaramente identificato. Per quantita'  movimentata  si  intende  la
quantita' totale annua massima di benzina caricata in cisterne mobili
dagli impianti di deposito del terminale. 
  Nei terminali in cui la benzina e' caricata su  navi,  puo'  essere
adottato  un  sistema  di  combustione  dei  vapori,  se  ogni  altra
operazione di  recupero  dei  vapori  e'  pericolosa  o  tecnicamente
impossibile a causa del volume dei vapori di ritorno. I gestori degli
impianti  di  caricamento  che  producono  emissioni   in   atmosfera
provenienti dai sistemi di recupero dei  vapori  o  dalle  unita'  di
combustione di vapori devono ottenere l'autorizzazione alle emissioni
ai sensi del titolo I del presente decreto. 
  2.3. Valori limite di emissione, criteri per la valutazione della 
conformita' dei valori misurati ai valori limite di emissione 
  Agli effluenti gassosi emessi dai sistemi di recupero dei vapori si
applica il valore limite di emissione pari a 10 g/Nm3  espressi  come
media oraria. 
  Le  misurazioni  effettuate  ai  fini   della   valutazione   della
conformita' delle emissioni ai valori limite devono essere effettuate
per un'intera giornata lavorativa (minimo sette ore) in condizioni di
normale movimentazione. 
  Dette  misurazioni  possono  essere  continue  o  discontinue.   Le
misurazioni discontinue devono essere rilevate almeno  quattro  volte
ogni ora. 
  L'errore totale di misurazione dovuto alle attrezzature utilizzate,
al gas di taratura e al metodo applicato, non deve  superare  il  10%
del valore misurato. 
  L'apparecchiatura utilizzata  deve  essere  in  grado  di  misurare
almeno concentrazioni di 1 g/Nm3 . 
  La precisione della misura deve  essere  almeno  pari  al  95%  del
valore  misurato.  I  controlli  di  competenza  del   gestore   sono
effettuati con periodicita' semestrale. 
  2.4. Misure per la prevenzione di emissioni diffuse 
  Prima della messa in servizio dei sistemi di recupero  dei  vapori,
il gestore e' tenuto effettuare le procedure di prova cui  sottoporre
le linee di collegamento di vapori di cui al punto 2.2 e ad istituire
ed effettuare  apposite  procedure  di  controllo  periodico  secondo
quanto indicato  nella  seguente  appendice.  E'  tenuto  altresi'  a
seguire le procedure previste nella medesima  appendice  in  caso  di
mancato funzionamento dei sistemi di recupero. 
  2.5. Perdite accidentali 
  In  caso  di  perdita  accidentale  di  vapore,  le  operazioni  di
caricamento devono essere immediatamente arrestate  a  livello  della
torre di caricamento attraverso dispositivi automatici di arresto che
devono essere installati sulla torre. 
  2.6. Operazioni di caricamento di veicoli cisterna dall'alto 
  Durante le operazioni di caricamento dall'alto di veicoli  cisterna
che, in accordo con le deroghe previste all'articolo  276,  comma  5,
non sono conformi alle prescrizioni  per  il  caricamento  dal  basso
stabilite al punto 3.2  l'uscita  del  braccio  di  caricamento  deve
essere mantenuta vicino al fondo della cisterna mobile,  per  evitare
spruzzi di benzina, ed il braccio di carico deve essere dotato di  un
dispositivo di captazione dei vapori. 
 
Appendice 
  Procedure di prova cui  sottoporre  le  linee  di  collegamento  di
vapore prima della messa in servizio  dei  sistemi  di  recupero  dei
vapori e nel corso della manutenzione periodica e procedure da 
seguire in caso di mancato funzionamento dei sistemi di recupero 
  a) Prove di tenuta del sistema di trasferimento (l). 
  Le tubazioni di convogliamento del vapore  devono  essere  provate,
prima della messa in servizio dell'impianto, al fine  di  verificarne
accuratamente la tenuta: 
  - prima di allacciare le apparecchiature,  l'impianto  deve  essere
provato con aria o gas inerte ad una pressione di almeno 100 mbar; 
  - la durata di prova deve essere di almeno 30 minuti; 
  - la tenuta deve essere controllata mediante manometro ad acqua  od
apparecchi di equivalente sensibilita'; 
  - il manometro non deve accusare una caduta di pressione fra le due
letture eseguite all'inizio ed al termine del secondo quarto d'ora di
prova; 
  - se si verificano delle perdite, queste  devono  essere  ricercate
con l'ausilio di una soluzione saponosa; 
  - le parti difettose devono  essere  sostituite  e  le  guarnizioni
rifatte; 
  -  non  si  devono  riparare  dette  parti  con   mastici,   ovvero
cianfrinarle; 
  - una volta eliminate le  perdite  occorre  ripetere  la  prova  di
tenuta; 
  -  le  prove  di  tenuta  precedenti  devono  essere  ripetute  con
frequenza triennale; 
  - se i sistemi sono assemblati con collegamenti fissi (per  esempio
saldati o cementati), essi devono essere testati su tutto 
l'assemblaggio, con le stesse modalita' di prova sopra descritte 
  b)  Collegamento  delle  apparecchiature  e   messa   in   servizio
dell'impianto. Effettuato il collegamento delle apparecchiature  alle
parti fisse, ad allacciamento terminato, dovra'  essere  controllata,
mediante soluzione saponosa od altro  idoneo  equivalente  mezzo,  la
perfetta  tenuta   dell'impianto,   con   particolare   riguardo   ai
collegamenti. 
  c) Avviamento dell'impianto. 
  Deve essere effettuata una verifica del  buon  funzionamento  delle
apparecchiature e degli eventuali dispositivi di sicurezza. 
  d) Manutenzione periodica. 
  La  manutenzione  che  il  gestore  deve  assicurare  consiste  nel
frequente controllo dello stato di efficienza delle tubazioni  e  dei
collegamenti, con particolare riguardo per i  tubi  flessibili  e  le
guarnizioni.  Le  parti  difettose  devono  essere   sostituite.   Il
monitoraggio in servizio deve comprendere un esame visivo del sistema
per verificare eventuali danneggiamenti, disallineamenti o corrosioni
del sistema di tubazioni e nei giunti. 
  Deve essere eseguito un esame  visivo  delle  tubazioni  flessibili
usate per collegare contenitori mobili al  sistema  di  tubazioni  di
raccolta   del   vapore,   al   fine   di   individuarne    eventuali
danneggiamenti. 
  Gli esami  visivi  devono  essere  ripetuti  con  frequenza  almeno
trimestrale. 
  e)  Procedure  di  notifica  da  seguire   in   caso   di   mancato
funzionamento dei sistemi di recupero dei vapori. 
  Il gestore, deve informare  l'autorita'  competente,  prima  di  un
pianificalo spegnimento di un sistema di recupero vapori che comporti
una fermata superiore ai tre giorni. 
  Deve inoltre specificare la data, il periodo previsto ed il  motivo
dell'arresto. Nel caso di un arresto non pianificato, il gestore deve
informare  l'autorita'  competente  della  causa  dell'arresto,   dei
provvedimenti attuati al fine di riportare in operazione  l'unita'  e
del probabile periodo di non  funzionamento.  L'autorita'  competente
dispone i provvedimenti necessari ai sensi dell'articolo  271,  comma
14. 
  Il gestore deve  adoperarsi  per  assicurare  che  il  sistema  sia
riportato in condizioni di operativita' il piu' rapidamente possibile
e  deve  tempestivamente  informare  l'autorita'  competente  qualora
l'arresto si prolunghi per un periodo di  tempo  superiore  a  quello
originariamente  previsto  e  comunicato  all'autorita'  stessa.   Il
gestore provvede ad annotare su un apposito  registro  i  periodi  di
mancata operativita' del sistema di recupero dei vapori. 
  Riferimenti: 
  (1) UNI 7131- 72: "Impianti a gas di petrolio  liquefatti  per  uso
domestico non alimentati da rete di distribuzione". 
  3. Requisiti per le cisterne mobili e per i veicoli cisterna. 3.1 
Contenimento dei vapori di benzina 
  3.1.1. I vapori residui devono  essere  trattenuti  nella  cisterna
mobile dopo lo scarico della benzina. 
  3.1.2. Le cisterne mobili sono progettate e utilizzate in modo  che
i vapori di ritorno provenienti dagli impianti  di  deposito  situati
presso gli impianti di  distribuzione  o  presso  i  terminali  siano
raccolti e trattenuti nelle  stesse.  Il  sistema  di  raccolta  deve
consentire  la  tenuta  dei   vapori   durante   le   operazioni   di
trasferimento  della  benzina.  Per  i  carro-cisterna  le   suddette
prescrizioni trovano applicazione solo se gli  stessi  forniscono  la
benzina a impianti di distribuzione o la caricano presso i  terminali
in cui e' consentito ai sensi del paragrafo 2, punto 2.2, il deposito
temporaneo dei vapori. 
  3.1.3. Salva l'emissione attraverso le valvole di  sfiato  previste
dalla vigente normativa, i vapori menzionati ai punti 3.1.1. e 3.1.2. 
sono trattenuti nella cisterna mobile sino alla successiva operazione
di caricamento presso il terminale. 
  3.1.4.  Le  cisterne  montate  su  veicoli-cisterna  devono  essere
sottoposte a verifiche triennali della  tenuta  della  pressione  dei
vapori e del corretto funzionamento delle valvole di sfiato. 
  3.2. Specifiche per il  caricamento  dal  basso,  la  raccolta  dei
vapori e la protezione contro il troppo pieno nei veicoli cisterna. 
  3.2.1. Accoppiatori. 
  a) L'accoppiatore per i liquidi sul  braccio  di  caricamento  deve
essere un accoppiatore femmina, cui corrisponde un adattatore maschio
API di 4 pollici (101,6 mm) posizionato sul veicolo  cisterna,  quale
definito  dalla:  API  RECOMMENDED  PRACTICE  1004  SEVENTH  EDITION,
NOVEMBER 1988 - Bottom Loading and Vapour Recovery  for  MC-306  Tank
Motor Vehicles (Section 2.1.1.1 - Type of  Adapter  used  for  Bottom
Loading). 
  b) L'accoppiatore per la raccolta dei vapori sul tubo  di  raccolta
dei vapori della torre di caricamento  deve  essere  un  accoppiatore
femmina a camma e scanalatura cui corrisponde un adattatore maschio a
camma  e  scanalatura  di  1  pollici  (101,6  mm)  posizionato   sul
veicolo-cisterna, quale definito  dalla:  "API  RECOMMENDED  PRACTICE
1004 SEVENTH EDITION, NOVEMBER  1988  -  Bottom  Loading  and  Vapour
Recovery for MC-306 Tank Motor. Vehicles (Section  4.1.1.2  -  Vapour
Recoyery Adapter)". 
  3.2.2. Condizioni di caricamento. 
  a) Il caricamento normale per i liquidi e' di 2.300 litri al minuto
(massimo: 2.500 litri al minuto) per braccio di caricamento. 
  b) Quando il terminale lavora  a  regime  massimo,  il  sistema  di
raccolta dei vapori della  torre  di  caricamento,  ivi  compreso  il
sistema di recupero dei vapori,  puo'  generare  una  contropressione
massima  di  55  millibar  sul  lato  del   veicolo-cisterna   dov'e'
posizionato l'adattatore per la raccolta dei vapori. 
  c) Tutte le cisterne montate su veicoli, idonee al caricamento  dal
basso sono munite di una targa di identificazione  che  specifica  il
numero  massimo  di  bracci  di  caricamento  che   possono   operare
simultaneamente  purche',  in  corrispondenza  della  contropressione
massima dell'impianto di cui alla lettera l)), non fuoriescano vapori
dai compartimenti e dalle valvole. 
  3.2.3. Collegamento  della  messa  a  terra  e  del  rivelatore  di
dispersione/troppopieno del veicolo-cisterna. 
  a) La torre di caricamento deve essere munita di un  rivelatore  di
troppopieno che, collegato al veicolo-cisterna, emette un segnale  di
consenso all'operazione con logica di interruzione in raso di  guasto
n malfunzionamento. il caricamento e' consentito ai sensi  del  punto
2.2., se nessun sensore di troppopieno nei vari compartimenti  rileva
un livello elevato. 
  b)  Il  veicolo-cisterna  deve  essere  collegato   al   rilevatore
collocato sulla torre di  caricamento  con  un  connettore  elettrico
industriale standard a 10  conduttori.  Il  connettore  maschio  deve
essere montato sul veicolo-cisterna,  mentre  il  connettore  femmina
deve essere fissato ad  un  cavo  volante  raccordato  al  rilevatore
posizionato sulla torre. 
  c) I rilevatori del livello installati sul veicolo-cisterna  devono
essere termistori due fili, sensori ottici a due fili, sensori ottici
a cinque fili  o  dispositivi  equivalenti  compatibili,  purche'  il
sistema  sia  tale  da  disporsi  automaticamente  in  condizioni  di
sicurezza  in  caso  di  guasto.  I  termistori   devono   avere   un
coefficiente negativo di temperatura. 
  d) Il rilevatore collocato sulla torre di caricamento  deve  essere
compatibile con  i  sistemi  a  due  o  a  cinque  fili  montati  sul
veicolo-cisterna. 
  e)  Il  veicolo-cisterna  deve  essere  collegato  alla  torre   di
caricamento attraverso  il  filo  comune  di  terra  dei  sensori  di
troppopieno, collegato al conduttore n.  10  del  connettore  maschio
attraverso il telaio del veicolo-cisterna. Il conduttore  n.  10  del
connettore femmina deve essere collegato al telaio del rilevatore,  a
sua volta collegato alla terra della torre. 
  f) Tutte le cisterne idonee al caricamento dal  basso  sono  munite
della targa di identificazione di cui al punto 3.2.2, lettera c)  che
specifica il tipo di  sensori  per  il  rilevamento  del  troppopieno
installati (ad esempio, a due o cinque fili). 
  3.2.4. Posizionamento dei collegamenti. 
  a) La progettazione delle strutture per il caricamento dei  liquidi
e la raccolta dei vapori sulla  torre  di  caricamento  si  basa  sul
seguente posizionamento dei collegamenti sul veicolo-cisterna: 
  L'altezza della linea centrale degli accoppiatori per i liquidi non
deve essere superiore a 1,4 metri (senza carico) e inferiore a d  0,5
metri (sotto carico); l'altezza ideale e' compresa tra 0,7 e I metro. 
  La distanza  orizzontale  tra  gli  accoppiatori  non  deve  essere
inferiore a 0,25 metri; la distanza  minima  ideale  e'  pari  a  0,3
metri. 
  Tutti gli  accoppiatori  per  i  liquidi  sono  posizionati  in  un
alloggiamento di lunghezza non superiore a 2,5 metri. 
  L'accoppiatore  per  la  raccolta  dei  vapori,  ove   tecnicamente
possibile ed economicamente sostenibile, deve essere posizionato alla
sinistra  degli  accoppiatori  per  i  liquidi,  ad  un  altezza  non
superiore a 1,5 metri (senza carico) e  non  inferiore  a  0,5  metri
(sotto carico). 
  b) Il connettore per la messa a terra/troppopieno, ove tecnicamente
possibile ed economicamente sostenibile, deve essere posizionato alla
sinistra degli accoppiatori per i  liquidi  e  per  la  raccolta  dei
vapori, ad un'altezza non superiore a 1,5 metri (senza carico) e  non
inferiore a 0,5 metri (sotto carico). 
  c) I collegamenti sopra descritti sono posizionati su un unico lato
del veicolo-cisterna. 
  3.2.5. Blocchi di sicurezza. 
  a) Messa a terra e dispositivo di troppo pieno. 
  Il  caricamento  e'  consentito  soltanto  quando   il   rilevatore
combinato  di  messa  a  terra/troppopieno  emette  un   segnale   di
autorizzazione. In caso di troppo pieno o  di  mancanza  di  messa  a
terra del veicolo-cisterna, il rivelatore montato  sulla  torre  deve
chiudere la valvola di controllo del caricamento. 
  b) Rilevatore di raccolta dei vapori. 
  Il caricamento e' consentito soltanto se il tubo  per  il  recupero
dei vapori e' collegato  al  veicolo-cisterna  e  i  vapori  spostati
possono  liberamente  fluire  dal  veicolo-cisterna  al  sistema   di
recupero dei vapori dell'impianto. 
  4. Requisiti per gli impianti di deposito presso  gli  impianti  di
distribuzione e per le  operazioni  di  trasferimento  della  benzina
presso gli impianti di distribuzione e presso terminali in cui e' 
consentito il deposito temporaneo di vapori 
  4.1. I vapori di ritorno durante  le  operazioni  di  trasferimento
della benzina negli impianti  di  deposito  presso  gli  impianti  di
distribuzione dei carburanti devono essere convogliati,  tramite  una
linea di collegamento a tenuta di vapore, verso  la  cisterna  mobile
che distribuisce la benzina. Le operazioni di  trasferimento  possono
essere effettuate soltanto se detti  dispositivi  sono  installati  e
funzionano correttamente. 
  Il gestore dell'impianto di distribuzione deve  predisporre  idonee
procedure per gli autisti dei veicoli-cisterna che dovranno includere
istruzioni sul collegamento  della  tubazione  di  bilanciamento  del
vapore  prima  del  trasferimento  della  benzina   all'impianto   di
distribuzione dei carburanti. Le procedure devono  inoltre  contenere
istruzioni per la fase di distacco delle tubazioni  alla  fine  delle
operazioni di trasferimento. 
  Le operazioni di trasferimento devono essere riportate nel registro
di carico e scarico dell'impianto di distribuzione del  carburante  e
controfirmate  dal   gestore   dell'impianto   di   distribuzione   e
dall'autista del veicolo-cisterna. 
  4.2. Nei terminali cui e' consentito  il  deposito  temporaneo  dei
vapori, i vapori spostati  durante  le  operazioni  di  trasferimento
della benzina devono  essere  riconvogliati,  tramite  una  linea  di
collegamento a  tenuta  di  vapore,  verso  la  cisterna  mobile  che
distribuisce la benzina.  Le  operazioni  di  carico  possono  essere
effettuate soltanto se detti dispositivi sono installati e funzionano
correttamente. 
ALLEGATO VIII 
 
Impianti di distribuzione di benzina 
 
1. Definizioni 
  Ai fini del presente allegato si intende per: 
  a) efficienza del sistema di recupero: il rapporto percentuale  tra
il peso dei vapori di benzina recuperati e il peso degli  stessi  che
risulterebbe rilasciato  nell'ambiente  in  assenza  del  sistema  di
recupero; 
  b) pompa di erogazione macchina idraulica atta all'estrazione della
benzina dall'impianto di deposito  verso  il  distributore,  ai  fini
dell'erogazione; 
  c) rapporto V/L: rapporto tra il volume di  vapori  di  benzina  ed
aria recuperati (V) e il volume di benzina erogato (L); 
  d) testata contometrica: dispositivo per l'indicazione e il calcolo
delle quantita' di benzina erogata, la cui adozione  e'  obbligatoria
per  distributori  inseriti  in  un  impianto  di  distribuzione  dei
carburanti in rapporto con il pubblico; 
  e) pompa del vuoto: componente del sistema di recupero  dei  vapori
costituito da una macchina idraulica atta a  creare  una  depressione
che facilita il passaggio dei vapori di  benzina  dal  serbatoio  del
veicolo verso l'impianto di deposito; 
  f) circolatore idraulico: componente del sistema  di  recupero  dei
vapori costituito da un dispositivo atto a creare una depressione che
facilita il passaggio dei vapori di benzina dal serbatoio del veicolo
verso l'impianto di deposito; 
  g) ripartitore: componente  del  sistema  di  recupero  dei  vapori
costituito da un dispositivo atto a separare la linea  di  erogazione
del carburante dalla linea di recupero dei  vapori,  dal  quale  tali
linee si dipartono distintamente; 
  h) tubazione di erogazione: componente del sistema di recupero  dei
vapori costituito  da  un  tubo  flessibile  per  l'erogazione  della
benzina; 
  i) tubazione coassiale: componente  del  sistema  di  recupero  dei
vapori costituito da  un  tubo  flessibile  costituito  da  due  tubi
concentrici per il passaggio rispettivamente della benzina erogata  e
dei vapori recuperati; 
  l) tubazioni gemellate: componente  del  sistema  di  recupero  dei
vapori costituito da due tubi flessibili distinti  per  il  passaggio
rispettivamente del carburante erogato e dei vapori recuperati; 
  m) pistola erogatrice:  componente  del  sistema  di  recupero  dei
vapori costituito da un apparecchio per il controllo del  flusso  del
carburante durante una operazione di erogazione. 
 
((2. Requisiti di efficienza dei sistemi di recupero  dei  vapori  di
fase II. 
  Il sistema di recupero deve prevedere il trasferimento  dei  vapori
di  benzina  in  un  impianto  di  deposito  presso   l'impianto   di
distribuzione o il riconvogliamento degli stessi al distributore  per
la reimmissione in commercio. Ai fini dell'omologazione, l'efficienza
del sistema di recupero dei vapori non deve essere inferiore all'85%.
In caso di sistemi che  prevedono  il  trasferimento  dei  vapori  di
benzina  in  un   impianto   di   deposito   presso   l'impianto   di
distribuzione, il rapporto V/L del sistema deve sempre mantenersi  in
un  intervallo  compreso  tra  0,95  e  1,05,  estremi  inclusi.   Il
raggiungimento di tale valore di efficienza del sistema  di  recupero
deve essere comprovato da una prova effettuata su prototipo. Per tale
certificazione si applicano i paragrafi 2-ter e 2-quinquies. 
2-bis. Requisiti di efficienza degli altri sistemi  di  recupero  dei
vapori ammessi presso gli impianti di cui all'articolo 277, comma 6. 
  Il sistema di recupero deve prevedere il trasferimento  dei  vapori
di  benzina  in  un  impianto  di  deposito  presso   l'impianto   di
distribuzione. Ai  fini  dell'omologazione,  l'efficienza  media  del
sistema di recupero dei vapori non  deve  essere  inferiore  all'80%,
raggiunto con un valore medio del rapporto V/L compreso  tra  0,95  e
1,05, estremi inclusi.  Il  rapporto  V/L  del  sistema  deve  sempre
mantenersi entro tale intervallo. Il raggiungimento di tale valore di
efficienza del sistema di recupero  deve  essere  comprovato  da  una
prova effettuata su prototipo. Per tale certificazione si applicano i
paragrafi 2-quater e  2-quinquies.  Se  l'efficienza  certificata  ai
sensi del paragrafo 2-ter e' pari o superiore all'85%, con un  valore
medio del rapporto V/L sempre  compreso  tra  0,95  e  1,05,  estremi
inclusi, il sistema di recupero deve essere comunque  considerato  di
fase II. 
2-ter. Certificazione dell'efficienza dei  sistemi  di  recupero  dei
vapori di fase II. 
  L'efficienza dei sistemi di recupero che prevedono il trasferimento
dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di
distribuzione e' determinata in base a quanto disposto dalla norma EN
16321-1 e, fino a relativa pubblicazione, dal progetto di norma  prEN
16321-1. 
2-quater. Certificazione dell'efficienza dei sistemi di recupero  dei
vapori ammessi presso gli impianti di cui all'articolo 277, comma 6. 
  Nelle more dell'emanazione di una specifica norma tecnica da  parte
dei competenti  enti  di  normazione,  l'efficienza  dei  sistemi  di
recupero che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina  in  un
impianto  di  deposito  presso   l'impianto   di   distribuzione   e'
determinata misurando  le  perdite  di  vapori  di  benzina  globali,
incluse quelle degli sfiati degli  impianti  di  deposito  interrati,
attraverso apposite  prove  effettuate  con  sistemi  di  misura  che
utilizzano il  metodo  volumetrico-gravimetrico  del  TÜV  Rheinland,
ovvero  altro  metodo  equivalente.  L'equivalenza  del  metodo  deve
risultare da apposite prove. 
2-quinquies. Certificazione dell'efficienza dei prototipi. 
  La  certificazione  comprovante  l'efficienza  del   prototipo   e'
rilasciata da un laboratorio accreditato secondo le norme UNI CEI  EN
ISO/IEC 17025. Per laboratorio accreditato s'intende  un  laboratorio
accreditato da un organismo riconosciuto  dall'European  Co-operation
for accreditation. 
2-sexies. Atti di conformita' di cui al decreto del Presidente  della
Repubblica 23 marzo 1998, n. 126. 
  Restano fermi, per i sistemi di  recupero  dei  vapori  di  benzina
messi in commercio o  in  esercizio  dopo  il  30  giugno  2003,  gli
obblighi relativi alle procedure ed agli atti di conformita' previsti
dal decreto Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126.)) 
 
3. Requisiti costruttivi e di installazione. 
  ((3.1. Il presente paragrafo si applica, fino all'emanazione di una
specifica norma tecnica da parte dei competenti enti  di  normazione,
ai sistemi di recupero che prevedono il trasferimento dei  vapori  di
benzina  in  un   impianto   di   deposito   presso   l'impianto   di
distribuzione. 
  3.1-bis. L'insieme dei dispositivi  dei  sistemi  di  recupero  dei
vapori comprende pistole di erogazione predisposte  per  il  recupero
dei vapori, tubazioni flessibili coassiali o  gemellate,  ripartitori
per la separazione della linea dei vapori dalla linea  di  erogazione
della benzina, collegamenti interni ai distributori, linee  interrate
per  il  passaggio  dei  vapori  verso  i  serbatoi,   e   tutte   le
apparecchiature e i dispositivi atti  a  garantire  il  funzionamento
degli impianti in condizioni di sicurezza ed efficienza.)) 
  3.2 I sistemi di recupero dei vapori sono classificati, sulla  base
del principio di funzionamento, in sistemi di recupero dei  vapori  a
circolazione naturale e sistemi di recupero dei vapori a circolazione
forzata, come definiti dai punti 3.3. e  3.4,  i  quali  stabiliscono
altresi' i requisiti tecnici di carattere generale di tali impianti. 
  3.3. Sistemi di recupero dei vapori  a  circolazione  naturale.  In
tali sistemi la pressione esistente nel serbatoio del  veicolo  e  la
depressione che si crea nell'impianto di deposito quando si estrae il
carburante determinano il passaggio  dei  vapori  dal  serbatoio  del
veicolo verso l'impianto di deposito durante il  rifornimento,  senza
l'impiego di pompe a vuoto, aspiratori o  altri  dispositivi  atti  a
facilitare la circolazione dei vapori. 
  3.4 Sistemi di recupero dei vapori  a  circolazione  forzata.  Tali
sistemi prevedono l'impiego di  dispositivi  che,  in  aggiunta  alla
differenza di pressione che si determina tra il serbatoio del veicolo
e l'impianto di deposito, facilitano  il  passaggio  dei  vapori  dal
serbatoio  del  veicolo   all'impianto   di   deposito   durante   il
rifornimento. In base al tipo di dispositivo impiegato  tali  sistemi
sono classificati: 
    a) Sistemi assistiti da pompe. Tali sistemi  prevedono  l'impiego
di una o piu' pompe del vuoto  atte  a  creare  una  depressione  che
facilita il passaggio dei vapori stessi  dal  serbatoio  del  veicolo
verso gli impianti  di  deposito.  Sulla  base  del  numero  e  della
disposizione delle pompe a  vuoto  impiegate,  tali  sistemi  vengono
classificati in: 
      - sistemi dedicati. Tali sistemi prevedono l'impiego di  almeno
una pompa del vuoto installata nel corpo di ciascun  distributore,  e
messa in funzione all'atto dell'erogazione del carburante. Il sistema
deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalita' del volume
di vapore recuperato in funzione del volume  di  carburante  erogato,
secondo quanto indicato ((ai paragrafi 2 e 2-bis)) La pompa del vuoto
deve essere dotata di idonei  dispositivi  tagliafiamma  posti  sulla
mandata e sull'aspirazione; il motore  della  pompa  del  vuoto  deve
avere un grado di protezione adeguato alla zona di pericolo in cui e'
ubicato. 
      - sistemi centralizzati. Tali sistemi  prevedono  l'impiego  di
un'unica pompa del vuoto centralizzata asservita a piu' distributori,
installata lungo la linea di ritorno dei vapori e messa  in  funzione
all'atto  dell'erogazione  del  carburante.  Il  sistema  deve  avere
requisiti tali da garantire la proporzionalita' del volume di  vapore
recuperato in funzione del  volume  di  carburante  erogato,  secondo
quanto indicato ((ai paragrafi 2 e 2-bis)) La pompa  del  vuoto  deve
essere dotata di idonei dispositivi tagliafiamma posti sulla  mandata
e sull'aspirazione; il motore della pompa del  vuoto  deve  avere  un
grado di protezione adeguato alla zona di pericolo in cui e' ubicato. 
    b)  Sistemi  a  circolatore  idraulico.  Tali  sistemi  prevedono
l'impiego di un circolatore  idraulico  (pompa  a  getto,  aspiratore
Venturi o altro dispositivo) al fine di ottenere una depressione atta
a facilitare il passaggio dei vapori dal serbatoio del  veicolo  agli
impianti di deposito durante la fase del rifornimento. Il circolatore
idraulico puo' essere installato presso il distributore o  presso  la
pompa di erogazione del carburante, e deve avere  requisiti  tali  da
garantire la proporzionalita' del  volume  di  vapore  recuperato  in
funzione del volume di carburante erogato,  secondo  quanto  indicato
((ai paragrafi 2 e 2-bis)); la mandata del circolatore idraulico deve
essere dotata di idoneo dispositivo tagliafiamma. 
  3.5 Le pistole erogatrici (la impiegarsi nei distributori dotati di
sistema per il recupero dei vapori devono  avere  requisiti  tali  da
garantire l'esercizio dell'impianto in condizioni di sicurezza  e  di
efficienza. Esse devono essere provviste di un condotto separato  per
il passaggio dei vapori, di una  valvola  di  ritegno  per  mantenere
chiuso il circuito  dei  vapori  tra  due  successive  operazioni  di
erogazione  e  di  idonei  dispositivi  atti  a  garantire  l'arresto
dell'erogazione per serbatoio  pieno  e  per  caduta  a  terra  della
pistola. Se l'impianto e' dotato di sistema di recupero dei vapori di
benzina a circolazione  naturale  le  pistole  di  erogazione  devono
garantire una tenuta con il bocchettone di carico del  serbatoio  del
veicolo. 
  3.6 Nei distributori dotati di sistema per il recupero  dei  vapori
e'  consentito  l'impiego  di  tubazioni   flessibili   coassiali   o
gemellate.  La  lunghezza  massima  di  tali  tubazioni,  esterna  al
distributore, e' pari a 5,00 m. 
  3.7 Al fine di separare la linea di erogazione del carburante dalla
linea di recupero dei  vapori  e'  necessario  installare  un  idoneo
ripartitore coassiale, dal quale si dipartono distintamente la  linea
di erogazione del carburante e la linea di recupero dei vapori. 
  Se il distributore e' dotato di tubazioni flessibili  coassiali  il
ripartitore  coassiale   puo'   essere   installato   all'interno   o
all'esterno del corpo del distributore; se il distributore e'  dotalo
di tubazioni  flessibili  gemellate  il  ripartitore  coassiale  deve
essere installato sulla pistola erogatrice. 
  3.8 Il collegamento tra il distributore e  le  tubazioni  interrate
del sistema di recupero dei vapori di benzina puo' essere  costituito
da un tronco di tubazione flessibile o rigido. 
  3.9 Le linee interrate di ritorno dei vapori di benzina, nel tratto
compreso tra i distributori  e  gli  impianti  di  deposito,  possono
assumere le seguenti configurazioni: 
    a) linee dedicate (una per ogni distributore), le quali collegano
ciascun distributore ad un singolo impianto di deposito; 
    b) linee centralizzate (a  servizio  di  piu'  distributori),  le
quali collegano tutti i  distributori  ad  uno  o  piu'  impianti  di
deposito per mezzo di una rete comune di tubazioni. 
  3.10. ((PARAGRAFO SOPPRESSO DAL D.LGS. 30 LUGLIO 2012, N. 125)). 
  3.11.  Econsentito  immettere  i  vapori  recuperati  nella   parte
superiore  degli  impianti   di   deposito,   senza   gorgogliamento.
All'ingresso della linea di ritorno dei vapori di ogni serbatoio deve
essere inoltre installato un idoneo dispositivo tagliafiamma.  Devono
essere installati idonei  dispositivi  al  fine  di  evitare  che  il
carburante rifluisca nella linea di recupero dei vapori  in  caso  di
sovrariempimento degli impianti di deposito.  Qualora  l'impianto  di
distribuzione di carburanti sia  asservito  ad  un  sistema  di  piu'
impianti di deposito, questi possono essere  collegati  fra  loro  in
corrispondenza  della  linea  di  ritorno  dei  vapori   tramite   un
collettore comune, a condizione che tutti  contengano  esclusivamente
benzina. 
  3.12. I requisiti costruttivi  delle  tubazioni  appartenenti  alle
linee  interrate  di  ritorno  dei  vapori  sono  identici  a  quelli
richiesti  per  le  tubazioni  per  l'adduzione  del  carburante;   i
materiali impiegati devono essere compatibili con le  caratteristiche
fisico-chimiche  dei  carburanti  immagazzinati  e  devono  possedere
un'adeguata capacita', robustezza e durata per  poter  sopportare  le
pressioni  di  esercizio,  lo  stato  di   tensione   strutturale   e
l'aggressione chimica a cui possono essere sottoposte; devono inoltre
assicurare un libero passaggio e nel  contempo  garantire  una  bassa
resistenza al flusso dei vapori. 
  3.13. Le tubazioni appartenenti alle linee interrate di ritorno dei
vapori  devono  seguire  il  percorso  effettivo   piu'   breve   dai
distributori agli impianti di  deposto,  con  una  pendenza  uniforme
minima del 2% verso gli impianti di deposito stessi. 
  3.14. Tutti gli  elementi  metallici  appartenenti  alla  linea  di
ritorno  dei  vapori  devono  essere  adeguatamente  protetti   dalla
corrosione. 
  3.15. Gli impianti elettrici negli  impianti  di  distribuzione  di
carburanti liquidi devono essere realizzati secondo quanto prescritto
((dalle norme vigenti in materia)). Le tubazioni e  tutti  gli  altri
elementi appartenenti alla linea di erogazione del carburante e  alla
linea di ritorno dei vapori, se di tipo non metallico, devono  essere
corredati di certificazione prodotta dal costruttore che  ne  attesti
l'antistaticita'. (41) 
 
((4. Controlli periodici dei dispositivi di recupero dei vapori. 
  4.1. I controlli circa il  rispetto  dei  requisiti  di  efficienza
previsti  dai  paragrafi  2  o  2-bis  devono  essere  eseguiti   con
periodicita' almeno annuale dal gestore. I  risultati  devono  essere
riportati sul registro di impianto di cui al punto 5.4. Ai  fini  del
controllo,  in  caso  di  sistemi  di  recupero  che   prevedono   il
trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso
l'impianto  di  distribuzione,  si  verifica  che  il  rapporto   V/L
rispetti,  in  condizioni  di  simulazione  di  flusso  di   benzina,
l'intervallo previsto dai paragrafi 2 e 2-bis. Si applica  il  metodo
EN16321-2 e, fino alla relativa pubblicazione, il metodo prEN16321-2. 
  4.2.  Negli  impianti  di  distribuzione  di  benzina  deve  essere
installato un gruppo  di  controllo  del  funzionamento  che  segnali
visivamente le  anomalie  del  sistema  di  recupero  dei  vapori  di
benzina. In presenza  di  tali  anomalie  il  gestore  e'  tenuto  ad
assumere gli opportuni provvedimenti. La presente disposizione non si
applica in caso di installazione del sistema automatico previsto  dal
punto 4.3. 
  4.3. I controlli previsti al punto 4.1 possono essere eseguiti  dal
gestore con periodicita' triennale se e'  installato  un  sistema  di
controllo automatico. Tale sistema deve  rilevare  automaticamente  i
guasti che si verificano nel corretto funzionamento  del  sistema  di
recupero dei vapori di benzina e  nel  sistema  stesso  di  controllo
automatico, indicare i guasti al gestore ed arrestare automaticamente
il flusso di benzina  dal  distributore  interessato  dal  guasto  se
questo non e' riparato entro sette giorni.)) 
 
5. Obblighi di documentazione. 
  5.1 ((PARAGRAFO SOPPRESSO DAL D.LGS. 30 LUGLIO 2012, N. 125)). 
  5.2. ((Gli impianti di distribuzione di benzina)) realizzati  sulla
base di una concessione o di una autorizzazione rilasciata dopo il 30
giugno  1996,  ai  sensi  della  normativa  vigente  al  momento  del
rilascio, installati o da installare su un sito  precedentemente  non
utilizzato quale impianto  di  distribuzione  di  carburante,  devono
essere provvisti di: 
  a) omologazione o  riconoscimento  dei  dispositivi  componenti  il
sistema di recupero vapori, da parte  del  ((Ministero  dell'interno,
nonche', per i sistemi di recupero dei vapori  di  benzina  messi  in
commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003, anche  gli  atti  di
conformita' previsti dal decreto Presidente della Repubblica 23 marzo
1998, n. 126;)) 
  b) approvazione di tipo del distributore provvisto di un sistema di
recupero dei vapori omologato, rilasciata dal Ministero  dell'interno
ai sensi del decreto ministeriale 31 luglio 1934 e nel rispetto delle
modalita' di prova ((previste dalla normativa all'epoca vigente;)); 
  ((b-bis) marcatura CE e relativa dichiarazione  di  conformita'  ai
sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo  1998,  n.
126, in luogo dell'approvazione di tipo di cui alla lettera b), per i
distributori messi in commercio o in  esercizio  dopo  il  30  giugno
2003;)) 
  c) certificato di collaudo dell'intero  impianto  effettuato  dalla
commissione competente ai sensi della vigente normativa. 
  5.3 Gli impianti ((di distribuzione di benzina)) diversi da  quelli
del punto 5.2 devono essere provvisti di: 
  a) originaria approvazione di tipo del distributore  sprovvisto  di
un sistema per il  recupero  dei  vapori,  rilasciata  dal  Ministero
dell'interno ai sensi del decreto ministeriale 31 luglio 1934; 
  ((a-bis) marcatura CE e relativa dichiarazione  di  conformita'  ai
sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo  1998,  n.
126, in luogo dell'approvazione di tipo di cui alla lettera a), per i
distributori messi in commercio o in  esercizio  dopo  il  30  giugno
2003;)) 
  b) omologazione o  riconoscimento  dei  dispositivi  componenti  il
sistema di recupero vapori, da parte  del  ((Ministero  dell'interno,
nonche', per i sistemi di recupero dei vapori  di  benzina  messi  in
commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003, anche  gli  atti  di
conformita' previsti dal decreto Presidente della Repubblica 23 marzo
1998, n. 126;)) 
  c)  certificazione,  rilasciata  dal  costruttore,  attestante   la
conformita' del sistema di recupero di vapori prodotto  in  serie  al
prototipo omologato. Tale certificato di conformita'  deve  attestare
la capacita' del sistema di recupero dei vapori prodotto in serie  di
rispettare, se correttamente  installato,  il  valore  di  efficienza
((prescritto)) quando sia rispettato il valore V/L, con  le  relative
tolleranze, rilevate in sede di prova del prototipo  omologato;  ((la
presente lettera non si  applica  in  caso  di  sistemi  di  recupero
provvisti  degli  atti  di  conformita'  previsti  dal  decreto   del
Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, e di  distributori
provvisti della marcatura CE prevista dal tale decreto;)) 
  d)  dichiarazione  rilasciata  dall'installatore  del  sistema   di
recupero dei  vapori  al  titolare  dell'impianto  di  distribuzione,
attestante  che  l'installazione  del  sistema  e'  stata  effettuata
seguendo le istruzioni fornite  da  l  costruttore  e  che  le  prove
funzionali, con verifica del rapporto  V/L  ((prescritto)),  eseguite
all'atto della presa in carico del sistema  da  parte  del  titolare,
hanno avuto esito positivo; ((la presente lettera non si  applica  in
caso di sistemi di  recupero  provvisti  degli  atti  di  conformita'
previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 23  marzo  1998,
n. 126, e di distributori provvisti della marcatura  CE  prevista  da
tale decreto.)) 
  e) copia della notifica, da parte  del  gestore,  circa  l'avvenuta
installazione  del  sistema  di  recupero  dei  vapori,  completa  di
documentazione comprovante il rispetto  ((della  normativa  all'epoca
vigente.)). 
  ((5.4. Tutti gli impianti di distribuzione di benzina devono essere
dotati di un registro di  impianto  che  deve  essere  custodito  dal
gestore. Nel registro devono essere riportati tutti gli interventi di
manutenzione ordinaria e straordinaria  effettuati  sull'impianto,  i
risultati  degli  autocontrolli  previsti  dal  paragrafo  4   ed   i
provvedimenti assunti ai sensi dei paragrafi 4.2 e 4.3.)) 
  5.5 ((PARAGRAFO SOPPRESSO DAL D.LGS. 30 LUGLIO 2012, N. 125)). 
 
Appendice 
      ((APPENDICE SOPPRESSA DAL D.LGS. 30 LUGLIO 2012, N. 125)) 
 
------------- 
AGGIORNAMENTO (41) 
  Il D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 ha disposto (con l'art.  3,  comma
33) che "Con decreto del Ministro dell'interno, di  concerto  con  il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il
Ministro dello sviluppo economico, sono disciplinati in modo organico
i  requisiti  costruttivi  e  di  installazione  degli  impianti   di
distribuzione di benzina. A decorrere dalla data di entrata in vigore
del predetto decreto e' soppresso il paragrafo 3  dell'allegato  VIII
alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152". 
ALLEGATO IX 
 
Impianti termici civili 
 
Parte I 
        ((PARTE SOPPRESSA DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)) 
 
Parte II 
Requisiti tecnici e costruttivi 
  1. Definizioni 
  1.1.  Agli  effetti  delle  presenti  norme  valgono  le   seguenti
definizioni: 
  a) bocca del camino: sezione terminale retta del camino. 
  b) bruciatore: dispositivo che consente  di  bruciare  combustibili
liquidi, gassosi o solidi  macinati,  previo  mescolamento  con  aria
comburente. 
  c)  camera  di  calma:  dispositivo  atto  a  separare  dai   fumi,
essenzialmente per effetto della forza di gravita', le particelle  in
essi contenute. 
  d)  camini:  porzioni  ascendenti  dei  canali  da  fumo   atte   a
determinare un tiraggio  naturale  nei  focolari  ed  a  scaricare  i
prodotti della combustione nell'atmosfera. 
  e) canali da fumo: insieme delle  canalizzazioni  attraversate  dai
fumi prodotti dalla combustione. 
  f) ciclone: dispositivo atto a separare dai fumi, per effetto della
forza centrifuga, le particelle in essi contenute. 
  g)  dispositivo  statico  o  mobile  che   consente   di   bruciare
combustibili solidi  nei  focolari,  assicurandone  il  contatto  con
l'aria comburente, e lo scarico delle ceneri. 
  h) impianto termico automatico: impianto termico nel o nei focolari
del quale l'accensione, lo spegnimento o la regolazione della  fiamma
possa normalmente avvenire anche senza interventi manuali. 
  i) mitria o comignolo: dispositivo posto alla bocca del camino atto
a  facilitare  la  dispersione   dei   prodotti   della   combustione
nell'atmosfera. 
  l) registro: dispositivo inserito in una sezione dei canali da fumo
che consente di regolare il tiraggio. 
  m) sezione dei canali da fumo: area della sezione retta minima  dei
canali da fumo. 
  n) tiraggio: movimentazione degli effluenti gassosi prodotti da una
camera di combustione. 
  o)  tiraggio  forzato:  tiraggio  attivato  per   effetto   di   un
dispositivo meccanico attivo, inserito sul percorso dell'aria o degli
effluenti gassosi. 
  p) tiraggio naturale: tiraggio determinato da un camino  unicamente
per effetto della differenza di densita' esistente tra gli  effluenti
gassosi e l'aria atmosferica circostante. 
  q) velocita' dei fumi: velocita' che si riscontra in  un  punto  di
una determinata sezione retta dei canali da fumo. 
  r) viscosita': la proprieta' dei fluidi di opporsi al moto relativo
delle loro particelle. 
  2. Caratteristiche dei camini. 
  2.1. Ogni impianto  termico  civile  di  potenza  termica  nominale
superiore al valore di soglia (leve disporre di  uno  o  piu'  camini
tali da assicurare una adeguata dispersione in atmosfera dei prodotti
della combustione. 
  2.2. Ogni camino deve avere, al di  sotto  dell'imbocco  del  primo
canale da fumo,  una  camera  di  raccolta  di  materiali  solidi  ed
eventuali condense, di altezza sufficiente a garantire  una  completa
rimozione dei materiali accumulati e  l'ispezione  dei  canali.  Tale
camera deve essere dotata  di  un'apertura  munita  di  sportello  di
chiusura a tenuta d'aria realizzato in materiale incombustibile. 
  2.3. I  camini  devono  garantire  la  tenuta  dei  prodotti  della
combustione e devono essere impermeabili e  termicamente  isolati.  I
materiali utilizzati per realizzare i camini devono essere  adatti  a
resistere nel tempo alle normali sollecitazioni meccaniche, al calore
ed all'azione dei prodotti della combustione e delle  loro  eventuali
condense. In particolare tali materiali devono essere resistenti alla
corrosione. La sezione  interna  dei  camini  deve  essere  di  forma
circolare, quadrata o  rettangolare  con  rapporto  tra  i  lati  non
superiore a 1,5. 
  2.4 I camini che passano entro locali abitati  o  sono  incorporati
nell'involucro edilizio devono essere dimensionati in  modo  tale  da
evitare sovrappressioni, durante l'esercizio. 
  2.5. L'afflusso di aria nei focolari e l'emissione degli  effluenti
gassosi possono essere attivati dal tiraggio naturale dei camini o da
mezzi meccanici. 
  2.6. Piu' generatori di calore possono essere collegati allo stesso
camino soltanto se fanno parte  dello  stesso  impianto  termico;  in
questo caso i generatori di calore dovranno immettere  in  collettori
dotati,   ove   necessario,   ciascuno   di   propria   serranda   di
intercettazione, distinta dalla valvola di regolazione del  tiraggio.
Camino e collettore dovranno essere dimensionati  secondo  la  regola
dell'arte. 
  2.7. Oli impianti  installati  o  che  hanno  subito  una  modifica
relativa ai camini successivamente all'entrata in vigore della  parte
quinta del presente decreto devono essere dotati di camini realizzati
con  prodotti  su  cui  sia  stata  apposta  la  marcatura  "CE".  In
particolare, tali camini devono: 
  - essere realizzati con materiali incombustibili; 
  - avere andamento verticale e il piu' breve e diretto possibile tra
l'apparecchio e la quota di sbocco; 
  - essere privi di qualsiasi strozzatura in tutta la loro lunghezza;
  - avere pareti interne lisce per tutta la lunghezza; 
  - garantire che siano evitati fenomeni di condensa  con  esclusione
degli impianti  termici  alimentati  da  apparecchi  a  condensazione
conformi  ai  requisiti  previsti  dalla  direttiva   92/42/CEE   del
Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa ai requisiti  di  rendimento,
nonche' da generatori d'aria calda a condensazione a scambio  diretto
e caldaie affini come definite dalla norma UNI 11071; 
  - essere adeguatamente distanziati, mediante intercapedine d'aria o
isolanti idonei, da materiali combustibili o facilmente infiammabili; 
  - avere angoli arrotondati con raggio non minore di 20  mm,  se  di
sezione quadrata o rettangolare; 
  -  avere  un'altezza  correlata  alla  sezione  utile  secondo  gli
appropriati metodi  di  calcolo  riportati  dalla  normativa  tecnica
vigente (norme UNI c norme CEN).  Resta  salvo  quanto  stabilito  ai
punti 2.9 e 2.10, 
  2.8.  Le  bocche  possono  terminare  comignoli  di  sezione  utile
d'uscita non inferiore al doppio della sezione del camino, conformati
in modo da non ostacolare il tiraggio e favorire la  dispersione  dei
fumi nell'atmosfera. 
  2.9. Le bocche dei camini devono essere posizionate in modo tale da
consentire una adeguata evacuazione e dispersione dei prodotti  della
combustione e da evitare la reimmissione degli  stessi  nell'edificio
attraverso qualsiasi apertura. A tal fine le bocche dei camini devono
risultare piu' alte di almeno un metro rispetto al colmo  dei  tetti,
ai parapetti ed a qualunque altro ostacolo o struttura distante  meno
di 10 metri. 
  2.10. Le bocche dei camini situati a distanza compresa fra 10 e  50
metri da aperture  di  locali  abitati  devono  essere  a  quota  non
inferiore a quella del filo superiore  dell'apertura  piu'  alta.  Le
presenti disposizioni  non  si  applicano  agli  impianti  termici  a
condensazione  conformi  ai  requisiti   previsti   dalla   direttiva
90/396/CE  del  Consiglio,  del  29  giugno  1990,  concernente   gli
apparecchi a gas. 
  2.11. La parete interna del camino deve risultare per tutto il  suo
sviluppo, ad eccezione del tronco terminale emergente dalla copertura
degli edifici, sempre distaccata dalle murature  circostanti  e  deve
essere circondata da una controcanna continua formante  intercapedine
per  consentire  la  normale  dilatazione   termica.   Sono   ammessi
nell'intercapedine elementi distanziatori o  di  fissaggio  necessari
per la stabilita del camino. 
  2.12. Al fine di agevolare analisi e  campionamenti  devono  essere
predisposti alla base del camino due  fori  allineati  sull'asse  del
camino con relativa chiusura  a  tenuta.  In  caso  di  impianti  con
potenza termica nominale superiore a 580 kW, due identici fori devono
essere predisposti  anche  alla  sommita'  dei  camini  in  posizione
accessibile per le verifiche; la distanza di tali  fori  dalla  bocca
non deve essere inferiore a cinque  volte  il  diametro  medio  della
sezione del camino, e comunque ad 1,50 m. In ogni caso i fori  devono
avere un diametro idoneo a  garantire  l'effettiva  realizzazione  di
analisi e campionamenti. 
  2.13. I fori di cui al punto 2.12. devono  trovarsi  in  un  tratto
rettilineo del camino e a distanza non inferiore a  cinque  volte  la
dimensione  minima  della  sezione   retta   interna   da   qualunque
cambiamento di direzione o di sezione. Qualora esistano impossibilita
tecniche di praticare i fori  alla  base  del  camino  alla  distanza
stabilita, questi possono essere praticati alla sommita'  del  camino
con distanza minima dalla bocca di m 1,5 in posizione accessibile per
le verifiche. 
  3. Canali da fumo. 
  3.1. I canali da fumo degli impianti termici devono avere  in  ogni
loro tratto un andamento suborizzontale ascendente con  pendenza  non
inferiore al 5%.  I  canali  da  fumo  al  servizio  di  impianti  di
potenzialita' uguale o superiore a 1.000.000 di Kcal/h possono  avere
pendenza non inferiore al 2 per cento. 
  3.2. La sezione dei canali da fumo deve essere, in ogni  punto  del
loro percorso, sempre non superiore del 30% alla sezione del camino c
non inferiore alla sezione del camino stesso. 
  3.3. Per quanto riguarda la forma,  le  variazioni  ed  i  raccordi
delle sezioni dei canali da fumo e  le  loro  pareti  interne  devono
essere osservate le medesime norme prescritte per i camini. 
  3.4. I canali da fumo devono  essere  costituiti  con  strutture  e
materiali aventi le medesime caratteristiche stabilire per i  camini.
Le presenti disposizioni  non  si  applicano  agli  impianti  termici
alimentati  da  apparecchi  a  condensazione  conformi  ai  requisiti
previsti dalla direttiva 92/ 42/CEE  del  Consiglio,  del  21  maggio
1992, relativa ai requisiti  di  rendimento,  nonche'  da  generatori
d'aria calda a condensazione a scambio diretto e caldaie affini  come
definite dalla norma UNI 11071. 
  3.5. I canali da fumo devono avere per tutto il  loro  sviluppo  un
efficace e duraturo rivestimento coibente  tale  che  la  temperatura
delle superfici esterne non sia in nessun punto mm superiore a 50  C.
E'  ammesso  che   il   rivestimento   coibente   venga   omesso   in
corrispondenza  dei  giunti  di   dilatazione   e   degli   sportelli
d'ispezione dei canali da fumo nonche' dei raccordi metallici con gli
apparecchi di cui fanno parte i focolari. 
  3.6. I raccordi fra i canali da fumo e gli apparecchi di cui  fanno
parte i focolari devono essere rimovibili con  facilita'  e  dovranno
avere spessore non inferiore ad 1/100 del loro  diametro  medio,  nel
caso di materiali ferrosi comuni, e spessore adeguato,  nel  caso  di
altri metalli. 
  3.7. Sulle pareti dei canali  da  fumo  devono  essere  predisposte
aperture per facili ispezioni e pulizie ad intervalli non superiori a
10 metri ed una ad ogni testata di  tratto  rettilineo.  Le  aperture
dovranno essere munite di sportelli  di  chiusura  a  tenuta  d'aria,
formati con doppia parete metallica. 
  3.8. Nei canali da fumo dovra' essere inserito un registro  qualora
gli apparecchi di cui fanno parte i focolari  non  possiedano  propri
dispositivi per la regolazione del tiraggio. 
  3.9. Al fine di consentire con facilita' rilevamenti e prelevamenti
di campioni, devono essere predisposti sulle  pareti  dei  canali  da
fumo due fori, uno del diametro di mm 50 ed uno del  diametro  di  mm
80, con relative chiusure metalliche, in vicinanza del  raccordo  con
ciascun apparecchio di cui fa parte un focolare. 
  3.10. La posizione dei fori rispetto alla sezione ed alle  curve  o
raccordi dei canali deve rispondere alle stesse prescrizioni date per
i fori praticati sui camini. 
  4. Dispositivi accessori. 
  4.1. E' vietato l'uso  di  qualunque  apparecchio  od  impianto  di
trattamento dei fumi funzionante secondo ciclo ad umido che  comporti
lo scarico, anche parziale  delle  sostanze  derivanti  dal  processo
adottato, nelle fognature pubbliche o nei corsi di acqua. 
  4.2.  Gli  eventuali  dispositivi  di  trattamento  possono  essere
inseriti  in  qualunque  punto  del   percorso   dei   fumi   purche'
l'ubicazione ne  consenta  la  facile  accessibilita'  da  parte  del
personale addetto alla conduzione degli impianti ed a quello preposto
alla loro sorveglianza. 
  4.3. L'adozione dei  dispositivi  di  cui  sopra  non  esime  dalla
osservanza  di  tutte  le   prescrizioni   contenute   nel   presente
regolamento. 
  4.4. Gli eventuali dispositivi di trattamento, per quanto  concerne
le altezze di sbocco, le distanze, le strutture,  i  materiali  e  le
pareti interne, devono rispondere alle medesime norme stabilite per i
camini. 
  4.5. Il materiale che si raccoglie nei  dispositivi  suddetti  deve
essere periodicamente rimosso e smaltito secondo la normativa vigente
in materia di rifiuti. 
  4.6. Tutte le  operazioni  di  manutenzione  e  di  pulizia  devono
potersi effettuare in modo  tale  da  evitare  qualsiasi  accidentale
dispersione del materiale raccolto. 
((5. Apparecchi indicatori. 
  5.1. Allo scopo di consentire il rilevamento  dei  principali  dati
caratteristici relativi alla conduzione dei  focolari,  gli  impianti
termici devono essere  dotati  di  due  apparecchi  misuratori  delle
pressioni  relative  (riferite  a  quella  atmosferica)  che  regnano
rispettivamente nella camera di combustione ed alla base del  camino,
per ciascun focolare di potenzialita' superiore ad 1,16 MW. 
  5.2. I dati forniti dagli apparecchi indicatori  a  servizio  degli
impianti termici aventi potenzialita' superiore a 5,8  MW,  anche  se
costituiti da un solo focolare, devono  essere  riportati  su  di  un
quadro raggruppante i ripetitori  ed  i  registratori  delle  misure,
situato in un punto riconosciuto idoneo per una  lettura  agevole  da
parte del personale addetto alla conduzione dell'impianto termico. 
  5.3. Tutti gli apparecchi  indicatori,  ripetitori  e  registratori
delle misure devono essere installati in  maniera  stabile  e  devono
essere tarati.)) 
 
Parte III 
Valori di emissione 
 
Sezione 1 
Valori limite per gli impianti che utilizzano i combustibili diversi 
da biomasse e da biogas 
 
  1. Gli  impianti  termici  civili  che  utilizzano  i  combustibili
previsti  dall'allegato  X  diversi  da  biomasse  e  biogas   devono
rispettare, nelle condizioni di esercizio  piu'  gravose,  un  valore
limite di emissione per le polveri totali pari a 50  mg/Nm3  riferito
ad un'ora di funzionamento, esclusi i periodi di avviamento,  arresto
e guasti. Il tenore volumetrico di  ossigeno  nell'effluente  gassoso
anidro e' pari al 3% per i combustibili liquidi e gassosi e  pari  al
6% per i combustibili solidi. T valori limite sono riferiti al volume
di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali. 
  2. I controlli annuali dei valori di emissione di cui  all'articolo
286, comma 2, ((e le verifiche di cui all'articolo  286,  comma  4,))
non sono richiesti se  l'impianto  utilizza  i  combustibili  di  cui
all'allegato X, parte I, sezione II, paragrafo I, lettere a), b), c),
d), e) e  i)  e  se  sono  regolarmente  eseguite  le  operazioni  di
manutenzione previste dal decreto del Presidente della Repubblica  26
agosto 1993, n. 412. 
 
Sezione 2 
Valori limite per gli impianti che utilizzano biomasse 
  1. Gli impianti termici che utilizzano biomasse di cui all'Allegato
X devono rispettare i seguenti valori limite di  emissione,  riferiti
ad  un'ora  di  funzionamento  dell'impianto  nelle   condizioni   di
esercizio piu' gravose, esclusi i periodi di  avviamento,  arresto  e
guasti. Il tenore di ossigeno di riferimento  e'  pari  all'  11%  in
volume nell'effluente gassoso anidro. I valori limite  sono  riferiti
al volume di  effluente  gassoso  secco  rapportato  alle  condizioni
normali. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  [1] Agli impianti di potenza termica nominale pari o  superiore  al
valore di soglia e non superiore a  0,15  MW  si  applica  un  valore
limite di emissione per le polveri totali di 200 mg/Nm3 . 
 
Sezione 3 
Valori limite per gli impianti che utilizzano biogas 
  1. Gli impianti che utilizzano biogas di cui all'Allegato X  devono
rispettare i valori limite di emissione indicati nei punti  seguenti,
espressi  in  mg/Nm3  e   riferiti   ad   un'ora   di   funzionamento
dell'impianto nelle condizioni di esercizio piu' gravose,  esclusi  i
periodi di  avviamento,  arresto  e  guasti.  I  valori  limite  sono
riferiti  al  volume  di  effluente  gassoso  secco  rapportato  alle
condizioni normali. 
  1.1  Per  i  motori  a  combustione  interna  i  valori  limite  di
emissione, riferiti a un tenore volumetrico di ossigeno  pari  al  5%
nell'effluente gassoso anidro, sono i seguenti: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  1.2. Per le turbine a gas  fisse  i  valori  limite  di  emissione,
riferiti  a  un  tenore  volumetrico  di  ossigeno   pari   al   15%,
nell'effluente gassoso anidro, sono i seguenti: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  1.3 Per le altre tipologie di  impianti  di  combustione  i  valori
limite di emissione, riferiti a un  tenore  volumetrico  di  ossigeno
pari al 3%, nell'effluente gassoso anidro, sono i seguenti: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Sezione 4 
Metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni 
  1. Per il campionamento, l'analisi e la valutazione delle emissioni
previste dalle sezioni precedenti si  applicano  i  metodi  contenuti
nelle seguenti norme tecniche e nei relativi aggiornamenti : 
  - UNI EN 13284 - 1; 
  - UNI 9970; 
  - UNI 9969; 
  - UNI 10393; 
  - UNI EN 12619; 
  - UNI EN 13526; 
  - UNI EN 1911- 1,2,3. 
  2. Per la determinazione delle  concentrazioni  delle  polveri,  le
norme tecniche di cui  al  punto  1  non  si  applicano  nelle  parti
relative ai punti di prelievo. 
  3. Per la determinazione delle concentrazioni di ossidi  di  azoto,
monossido di carbonio, ossidi di zolfo e carbonio organico totale, e'
consentito  anche  l'utilizzo  di  strumenti  di   misura   di   tipo
elettrochimico. 
  4. Per gli impianti di cui alla sezione II o alla sezione  III,  in
esercizio alla data  di  entrata  in  vigore  del  presente  decreto,
possono essere utilizzati i metodi in uso ai  sensi  della  normativa
previgente. 
ALLEGATO X 
 
Disciplina dei combustibili 
 
Parte I 
Combustibili consentiti 
 
Sezione 1 
Elenco dei combustibili di cui e' consentito l'utilizzo negli 
impianti di cui al titolo I 
 
  1.  Negli  impianti  disciplinati  dal  titolo  I   e'   consentito
l'utilizzo dei seguenti combustibili: 
  a) gas naturale; 
  b) gas di petrolio liquefatto; 
  c) gas di raffineria e petrolchimici; 
  d) gas d'altoforno, di cokeria, e d'acciaieria; 
  e) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio
rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione  1,
paragrafo 1; 
  f) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene e acqua-altri distillati
leggeri e medi  di  petrolio  di  cui  alla  precedente  lettera  e),
rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione  3,
paragrafo 1; 
  g) biodiesel rispondente alle caratteristiche indicate nella  parte
II, sezione 1, paragrafo 3; 
  h) olio combustibile ed altri distillati pesanti  di  petrolio  con
contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e  rispondenti  alle
caratteristiche indicate nella parte  II,  sezione  1,  paragrafo  1,
colonne 1, 2, 3, 4, 5, 6, 9 e 10, fatto salvo quanto  previsto  nella
sezione 3; 
  i)  emulsioni  acqua-olio  combustibile  o  acqua-altri  distillati
pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera h), e rispondenti
alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2; 
  l) legna da ardere alle condizioni previste nella parte II, sezione
4; 
  m) carbone di legna; 
  n) biomasse combustibili individuate nella  parte  II,  sezione  4,
alle condizioni ivi previste; 
  o) carbone da vapore con contenuto di zolfo non superiore all'1% in
massa e rispondente alle caratteristiche  indicate  nella  parte  II,
sezione 2, paragrafo 1; 
  p) coke metallurgico e da gas con contenuto di zolfo non  superiore
in massa e rispondente alle caratteristiche indicate nella parte  II,
sezione 2, paragrafo 1; 
  q) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele con contenuto  di
zolfo  non   superiore   all'1%   in   massa   e   rispondenti   alle
caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1; 
  r) biogas individuato nella parte II, sezione  6,  alle  condizioni
ivi previste; 
  s) gas di sintesi proveniente dalla gassificazione di  combustibili
consentiti, limitatamente allo stesso  comprensorio  industriale  nel
quale tale gas e' prodotto. 
  2. In aggiunta  ai  combustibili  di  cui  al  paragrafo  1,  negli
impianti  di  combustione  con  potenza  termica  nominale  uguale  o
superiore a 50 MW e' consentito l'utilizzo di: 
  a) olio combustibile ed altri distillati pesanti  di  petrolio  con
contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa  e  rispondenti  alle
caratteristiche indicate nella parte  II,  sezione  1,  paragrafo  1,
colonna 7, fatta eccezione per il contenuto di nichel e vanadio  come
somma; tale contenuto non deve essere superiore a 180 mg/kg  per  gli
impianti autorizzati  in  forma  tacita  ai  sensi  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 203 del 1988 e che, nel rispetto della
vigente normativa, non hanno completato l'adeguamento autorizzato; 
  b)  emulsioni  acqua-olio  combustibile  o  acqua-altri  distillati
pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e  rispondenti
alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2; 
  c) lignite con contenuto di zolfo non superiore all'1,5% in massa; 
  d) miscele acqua-carbone,  anche  additivate  con  stabilizzanti  o
emulsionanti, purche' il carbone utilizzato corrisponda ai  requisiti
indicati al paragrafo 1, lettere o), p) e q); 
  e) coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al  3%  in
massa e  rispondente  alle  caratteristiche  indicate  in  parte  II,
sezione 2, paragrafo 1, riga 7. 
  3. In aggiunta ai combustibili di cui ai paragrafi  1  e  2,  negli
impianti  di  combustione  di  potenza  termica  nominale  uguale   o
superiore a 300 MW, ad eccezione di quelli anteriori al 1988 che sono
autorizzati in forma tacita ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica n.  203  del  1988  e  che,  nel  rispetto  della  vigente
normativa,  non  hanno  completato  l'adeguamento   autorizzato,   e'
consentito l'uso di: 
  a) emulsioni acqua-bitumi rispondenti alle caratteristiche indicate
nella parte II, sezione 2; 
  b) petrolio greggio con contenuto di nichel e vanadio, come  somma,
non superiore a 230 mg/kg. 
  4. In aggiunta ai combustibili di cui al paragrafo 1, e' consentito
l'utilizzo dei seguenti combustibili  purche'  prodotti  da  impianti
localizzati nella stessa area delimitata in cui sono utilizzati: 
  a) olio combustibile ed altri distillati pesanti  di  petrolio  con
contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa  e  rispondenti  alle
caratteristiche indicate nella parte  II,  sezione  1,  paragrafo  1,
colonna 7; 
  b)  emulsioni  acqua-olio  combustibile  o  acqua-altri  distillati
pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e  rispondenti
alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2; 
  c) gas di raffineria, kerosene ed altri distillati leggeri  e  medi
di  petrolio,  olio  combustibile  ed  altri  distillati  pesanti  di
petrolio, derivanti esclusivamente da greggi  nazionali,  e  coke  da
petrolio; 
  d) idrocarburi pesanti  derivanti  dalla  lavorazione  del  greggio
rispondenti alle caratteristiche e secondo le condizioni di  utilizzo
di cui alla parte II, sezione 5. 
  5. In aggiunta  ai  combustibili  di  cui  al  paragrafo  1,  negli
impianti in cui durante il processo produttivo i composti dello zolfo
siano fissati o combinati in percentuale non inferiore al 60% con  il
prodotto ottenuto, ad eccezione dei forni  per  la  produzione  della
calce impiegata nell'industria alimentare, e' consentito l'uso di: 
  a) olio combustibile ed altri distillati pesanti  di  petrolio  con
contenuto di zolfo non superiore al 4% in massa  e  rispondenti  alle
caratteristiche indicate nella parte  II,  sezione  1,  paragrafo  1,
colonna 8; 
  b)  emulsioni  acqua-olio  combustibile  o  acqua-altri  distillati
pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e  rispondenti
alle caratteristiche indicate nella parte sezione 3, paragrafo 2; 
  c) bitume di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 6% in
massa; 
  d) coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al  6%  in
massa e rispondente alle caratteristiche  indicate  nella  parte  II,
sezione 2, paragrafo 1, riga 8. 
  6. In aggiunta a quanto previsto  ai  paragrafi  precedenti,  nella
regione  Sardegna  e'  consentito  l'uso  di  combustibili  indigeni,
costituiti da carbone e da miscele acqua-carbone, in: 
  a) centrali termoelettriche e impianti di produzione,  combinata  e
non, di energia elettrica e termica,  purche'  vengano  raggiunte  le
percentuali di desolforazione riportate nell'allegato II; 
  b) impianti di cui al paragrafo 2. 
  7. In deroga ai paragrafi 1, 5 e 6, negli impianti  aventi  potenza
termica nominale (( . . . )) non superiore a 3 MW, e'  vietato  l'uso
dei seguenti combustibili; 
  a) carbone da vapore salvo l'utilizzo negli impianti di lavorazione
del ferro forgiato a mano, in conformita' alla parte II,  sezione  2,
paragrafo 1; 
  b) coke metallurgico salvo l'utilizzo negli impianti di lavorazione
del ferro forgiato a mano, in conformita' alla parte II,  sezione  2,
paragrafo 1; 
  c) coke da gas; 
  d) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele; 
  e) gas da altoforno, di cokeria e d'acciaieria; 
  f) bitume da petrolio; 
  g) coke da petrolio; 
  h) olio combustibile ed altri distillati pesanti  di  petrolio  con
contenuto di zolfo superiore allo 0,3% in  massa  e  loro  emulsioni;
tale disposizione si applica soltanto agli impianti autorizzati  dopo
il 24 marzo 1996, salvo il caso  in  cui  le  regioni,  nei  piani  e
programmi  di  cui  all'articolo  8  e  all'articolo  9  del  decreto
legislativo 4 agosto 1999, n. 351, ne  prevedano  l'estensione  anche
agli  impianti  autorizzati  precedentemente  ove  tale  misura   sia
necessaria  per  il  conseguimento  degli   obiettivi   di   qualita'
dell'aria. 
  8. I divieti di cui al paragrafo 7 non si applicano ai combustibili
prodotti da impianti localizzati nella stessa area delimitata in  cui
gli stessi sono utilizzati. 
((9. Ai  fini  dell'applicazione  dei  paragrafi  2,  3  e  7  si  fa
riferimento alla potenza termica nominale di ciascun singolo impianto
anche nei casi in cui piu' impianti sono considerati, ai sensi  degli
articoli 270, comma 4, 273, comma 9, o 282, comma 2,  come  un  unico
impianto.)) 
 
Sezione 2 
Elenco dei combustibili di cui e' consentito l'utilizzo negli 
impianti di cui al titolo II 
  1. Negli impianti disciplinati dal titolo II  e'  consentito  l'uso
dei seguenti combustibili: 
  a) gas naturale; 
  b) gas di citta'; 
  c) gas di petrolio liquefatto; 
  d) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio
rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione  1,
paragrafo 1; 
  e) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene e acqua-altri distillati
leggeri e medi di petrolio  di  cui  alla  precedente  lettera  d)  e
rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione  3,
paragrafo 1; 
  f) legna da ardere alle condizioni previste nella parte II, sezione
4; 
  g) carbone di legna; 
  h) biomasse combustibili individuate nella  parte  II,  sezione  4,
alle condizioni ivi previste; 
  i) biodiesel  avente  le  caratteristiche  indicate  in  parte  II,
sezione 1, paragrafo 3; 
  l) ((LETTERA SOPPRESSA DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)); 
  m) ((LETTERA SOPPRESSA DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)); 
  n) biogas individuato nella parte II, sezione  6,  alle  condizioni
ivi previste. 
((1-bis. L'uso dei combustibili di cui alle lettere f), g) e h)  puo'
essere limitato o vietato dai piani e programmi di qualita' dell'aria
previsti dalla vigente normativa, ove tale misura sia  necessaria  al
conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualita'
dell'aria.)) 
  2. I combustibili di cui alle lettere l), m)  ed  n),  non  possono
essere utilizzati negli impianti di cui  all'allegato  IV,  parte  I,
punti 5 e 6. 
  3. ((PARAGRAFO SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)). 
  4. ((PARAGRAFO SOPPRESSO DAL D.LGS. 29 GIUGNO 2010, N. 128)). 
 
 
                            Sezione 3 
Disposizioni per alcune specifiche tipologie di combustibili liquidi 
1. Olio combustibile pesante. 
  1.1. L'olio combustibile pesante di cui all'articolo 292, comma  2,
lettera a), utilizzato negli impianti disciplinati dal titolo I, come
tale o in emulsione con acqua, deve avere un contenuto di  zolfo  non
superiore all'1% in massa e,  nei  casi  previsti  dalla  sezione  1,
paragrafo 7, non superiore allo 0,3% in massa. 
  1.2. In deroga a quanto previsto al punto 1.1,  negli  impianti  di
cui alla sezione 1, paragrafi da 2 a 6, e' consentito, in conformita'
a tali paragrafi, l'uso di oli combustibili pesanti aventi un  tenore
massimo di zolfo superiore all'1% in massa nel caso di: 
    a) grandi impianti di combustione di  cui  all'articolo  273,  ad
eccezione di quelli che beneficiano dell'esenzione  ivi  prevista  al
comma 5 e di quelli anteriori al 1988 autorizzati in forma tacita  ai
sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988,  i
quali, nel rispetto della vigente  normativa,  non  hanno  completato
l'adeguamento autorizzato; 
    b) impianti di combustione non compresi nella precedente  lettera
a) ubicati nelle raffinerie di oli  minerali,  a  condizione  che  la
media mensile delle  emissioni  di  ossidi  di  zolfo  di  tutti  gli
impianti della raffineria, esclusi quelli di cui alla lettera a), non
superi,  indipenden-temente  dal  tipo  di   combustibile   e   dalle
combinazioni di combustibile utilizzati, il valore di 1700 mg/Nm 3 ; 
    c) impianti di combustione non compresi alle  precedenti  lettere
a) e b), a condizione che sia rispettato, per gli ossidi di zolfo, il
valore  limite  previsto   nell'autorizzazione   e,   nel   caso   di
autorizzazione tacita, almeno il valore di 1700 mg/Nm3 . 
2. Metodi di misura per i combustibili per uso marittimo. 
  2.1. Fatti salvi i casi in cui si applica il decreto legislativo 21
marzo 2005, n. 66, i metodi di riferimento per la determinazione  del
tenore  di  zolfo  nei  combustibili  per  uso   marittimo   di   cui
all'articolo 292, comma 2, lettera d), sono quelli definiti, per tale
caratteristica, nella parte  II,  sezione  1,  paragrafo  1.  Per  la
trattazione dei risultati  delle  misure  e  l'arbitrato  si  applica
quanto previsto alla parte II, sezione 1, paragrafo 4. 
3. Trasmissione di dati. 
  3.1. Al fine di consentire l'elaborazione della  relazione  di  cui
all'articolo 298, comma 3, i soggetti competenti l'accertamento delle
infrazioni ai sensi dell'articolo 296, comma 2 e comma 9, trasmettono
all'((ISPRA))  e  al  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare entro il 31 marzo di ogni anno, utilizzando  il
formato indicato nella tabella I, i dati inerenti ai  rilevamenti  di
tenore di zolfo effettuati nel  corso  degli  accertamenti  dell'anno
civile precedente sui combustibili di cui all'articolo 292, comma  2,
lettere a), b) e d). Entro la stessa data i laboratori chimici  delle
dogane o, ove istituiti, gli  uffici  delle  dogane  nel  cui  ambito
operano i laboratori chimici delle dogane, trasmettono  all'((ISPRA))
e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
i dati inerenti ai rilevamenti di  tenore  di  zolfo  effettuati  nel
corso degli accertamenti dell'anno civile precedente, ai sensi  della
vigente normativa, sui combustibili di cui all'articolo 292, comma 2,
lettere  a),  b)  e  d),  prodotti  o  importati  e  destinati   alla
commercializzazione sul mercato nazionale. Gli esiti trasmessi devono
riferirsi ad accertamenti effettuati con  una  frequenza  adeguata  e
secondo modalita' che assicurino la rappresentativita'  dei  campioni
rispetto al combustibile controllato. 
  3.2. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori dei depositi fiscali
che importano i combustibili di cui al punto 3.1 da Paesi terzi o che
li ricevono da Paesi membri dell'Unione europea  e  i  gestori  degli
impianti   di   produzione   dei   medesimi   combustibili    inviano
all'((ISPRA))  e  al  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e  del  mare,  tramite  le  rispettive  associazioni   di
categoria, utilizzando il formato indicato nelle tabelle II e III,  i
dati concernenti i  quantitativi  di  tali  combustibili  prodotti  o
importati nel corso dell'anno precedente, con  esclusione  di  quelli
destinati all'esportazione. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori
dei grandi impianti di combustione che  importano  olio  combustibile
pesante da Paesi terzi o che lo ricevono da Paesi membri  dell'Unione
europea inviano all'((ISPRA)) e al Ministero  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare, tramite le rispettive  associazioni
di categoria, utilizzando il formato indicato  nella  tabella  IV,  i
dati  concernenti  i  quantitativi  di  olio   combustibile   pesante
importati nell'anno precedente. 
  3.3. Per depositi fiscali, ai sensi del punto 3.2 si intendono gli:
impianti in cui vengono fabbricati, trasformati, detenuti, ricevuti o
spediti i  combustibili  oggetto  della  parte  quinta  del  presente
decreto, sottoposti ad accisa, in regime di sospensione  dei  diritti
di   accisa,   alle   condizioni    stabilite    dall'amministrazione
finanziaria; ricadono in  tale  definizione  anche  gli  impianti  di
produzione dei combustibili. Per combustibile sottoposto ad accisa si
intende un combustibile al quale si applica il regime  fiscale  delle
accise. 
  3.4.  I  dati  previsti  ai  punti  3.1  e   3.2   sono   trasmessi
all'((ISPRA))  su  supporto  digitale,  unitamente  alla  lettera  di
accompagnamento    e,    per    posta    elettronica    all'indirizzo
dati.combustibili@apat.it e al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, per posta elettronica all'indirizzo 
dati.combustibili@minambiente.it 
  3.5. La relazione elaborata dall'((ISPRA)) sulla base  dei  dati  e
delle informazioni di cui ai punti  3.1  e  3.2  deve  indicare,  per
ciascun combustibile, il numero totale di accertamenti effettuati, il
tenore medio di zolfo relativo a tali accertamenti ed il quantitativo
complessivamente prodotto e importato. 
 
                              Tabella I 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
                             Tabella II 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

                                                               ((40)) 
 
                             Tabella III 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
                             Tabella IV 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

                                                               ((40)) 
 
(1) Per le emulsioni e' escluso il quantitativo di acqua. 
 
Parte II 
Caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura 
 
Sezione 1 
Combustibili liquidi 
  1. Gasolio, kerosene olio combustibile ed altri distillati leggeri,
medi e pesanti di petrolio [parte I, sezione 1, paragrafo 1,  lettere
e) e h), paragrafo 2 lettera a), paragrafo 4, lettera a), paragrafo 5
lettera a) e sezione 2, paragrafo 1, lettere d), e), ed l)] 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

                                 (8) 
 
   1 ) Solo per il gasolio 
   2 ) Il valore e' di 180 mg/kg per gli impianti di cui  alla  parte
I, sezione 1, paragrafo 2 fino all'adeguamento. 
   3 ) Il metodo UNI E 09.10.024.0 e' utilizzato, in via transitoria,
fino alla pubblicazione del metodo 13131. 
   4 ) Il metodo DIN 51527 e' utilizzato, in  via  transitoria,  fino
alla pubblicazione del metodo EN 12766. 
   5 ) Tale specifica e' riferita solo al  gasolio  e  si  applica  a
partire dal 1 gennaio 2008. 
   6 ) Fino al 31 dicembre 2006, per le miscele con acqua da  avviare
a  successivo   trattamento   di   centrifugazione,   filtrazione   e
miscelazione con idrocarburi e' consentito un contenuto massimo di 
acqua pari al 15% V/V 
   7 ) Fino al 31 dicembre 2006, per le miscele con acqua da  avviare
a  successivo   trattamento   di   centrifugazione,   filtrazione   e
miscelazione con idrocarburi e' consentito un contenuto massimo di 
ceneri pari all'1,5% m/m 
  2. Emulsioni acqua - bitumi  [parte  I,  sezione  1,  paragrafo  3,
lettera a)] 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
   1 ) Fino all'adozione di  una  metodica  ufficiale  da  parte  dei
competenti organismi  di  normazione,  per  l'analisi  del  nichel  e
vanadio si applica un metodo di comprovata validita'  concordalo  con
l'autorita' competente. Fino a tale data non si applica la  norma  EN
ISO 4259 per la trattazione dei risultati. 
  * I valori limite sono riferiti all'emulsione tal quale. 
  ** Per emulsioni derivanti da greggi nazionali il valore e' <=8%. 
  3. - Biodiesel [parte I, sezione  1,  paragrafo  1,  lettera  g)  e
sezione 2, paragrafo 1, lettera i)] 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  4. Per la determinazione delle caratteristiche dei combustibili  di
cui alla presente sezione  si  applicano  i  metodi  riportati  nelle
tabelle di cui ai paragrafi da 1 a  3  riferiti  alle  versioni  piu'
aggiornate. Salvo quanto diversamente disposto nei paragrafi 2  e  3,
la trattazione dei risultati delle misure e'  effettuata  secondo  la
norma EN ISO 4259. Per l'arbitrato e' utilizzato  il  metodo  EN  ISO
14596 - edizione 1998. 
 
Sezione 2 
Combustibili solidi 
1. Caratteristiche e metodi di prova per i combustibili solidi [parte
I, sezione 1, paragrafo 1, lettere o , p) e paragrafo 2, lettera e  ,
paragrafo 5, lettera d)] 
 

            ((Parte di provvedimento in formato grafico))

 
 (a) - per gli impianti di cui alla parte paragrafo 2 
 (b) - i valori rappresentano  limiti  massimi  come  percentuali  di
massa sul prodotto tal quale 
 (c) - valori minimi riferiti al prodotto tal quale 
 (d) - per gli impianti di cui alla parte I, paragrafo 5 
 
Sezione 3 
Caratteristiche delle emulsioni acqua - gasolio, acqua - kerosene e 
acqua - olio combustibile 
  1. Emulsione acqua-gasolio, acqua-kerosene o acqua-altri distillati
leggeri e medi di petrolio (parte I, sezione 1 paragrafo  1,  lettera
f) e sezione 2, paragrafo 1, lettera e) 
  1.1 Il contenuto di acqua delle emulsioni di cui  al  punto  1  non
puo' essere inferiore al 10%, ne' superiore al 30%. 
  1.2 Le emulsioni di cui al punto 1 possono essere stabilizzate  con
l'aggiunta, in quantita' non superiore al  3%,  di  tensioattivi  non
contenenti composti del fluoro, del cloro  ne'  metalli  pesanti.  In
ogni caso, se il tensioattivo contiene un elemento per  il  quale  e'
previsto un limite massimo di specifica nel  combustibile  usato  per
preparare l'emulsione, il contenuto di tensioattivo da impiegare deve
essere  tale   che   il   contenuto   totale   di   questo   elemento
nell'emulsione, dedotta  la  percentuale  di  acqua,  non  superi  il
suddetto limite di specifica. 
  1.3 Le emulsioni di cui al punto  1  si  definiscono  stabili  alle
seguenti condizioni: un campione portato alla temperatura di 20 °C  ±
1 °C e sottoposto a  centrifugazione  con  un  apparato  conforme  al
metodo ASTM D 1796 con una accelerazione  centrifuga  pari  a  30.000
m/s2 (corrispondente a una forza centrifuga relativa a pari  a  3060)
per 15 minuti, non deve dar luogo a separazione  di  acqua  superiore
alla percentuale consentita dalla parte II, sezione 1,  paragrafo  1,
alla voce "Acqua e sedimenti". 
  1.4 In alternativa al  metodo  di  cui  al  comma  precedente,  per
verificare che l'emulsione sia stabile, e cioe' che non dia  luogo  a
separazione di acqua  superiore  alla  percentuale  consentita  dalla
parte II, sezione 1, paragrafo 1, alla voce "Acqua e sedimenti", puo'
essere utilizzato il metodo indicato all'articolo  1,  comma  1,  del
decreto direttoriale del Dipartimento delle dogane  e  delle  imposte
indirette del Ministero delle Finanze del 20 marzo 2000. 
  1.5  La  rispondenza  delle  emulsioni  ai  suddetti  requisiti  di
stabilita' e composizione deve essere certificata da  un  laboratorio
accreditato  secondo  le  norme  UNI-CEI  EN  45001  per   le   prove
sopracitate. Il sistema di accreditamento deve essere  conforme  alla
norma UNI CEI EN 15003 e deve valutare la competenza  dei  laboratori
secondo la norma UNI-CEI EN 42002. 
  2. Emulsioni acqua-olio combustibile, ed altri  distillati  pesanti
di petrolio [parte I, sezione 1, paragrafo 1, lettera i), paragrafo 2
lettera b), paragrafo 4 lettera b) e paragrafo 5 lettera b) e sezione
2, paragrafo 1, lettera m)] 
  2.1 il contenuto di acqua delle emulsioni di cui  al  punto  2  non
puo' essere inferiore al 10%, ne' superiore al 30%. 
  2.2 Le emulsioni di cui al punto 2 possono essere stabilizzate  con
raggiunta, in quantita' non superiore  al  3%,  di  tensioattivi  non
contenenti composti del fluoro, del cloro  ne'  metalli  pesanti.  In
ogni caso, se il tensioattivo contiene un elemento per  il  quale  e'
previsto un limite massimo di specifica nel  combustibile  usato  per
preparare l'emulsione, il contenuto di tensioattivo da impiegare deve
essere  tale   che   il   contenuto   totale   di   questo   elemento
nell'emulsione, dedotta  la  percentuale  di  acqua,  non  superi  il
suddetto limite di specifica. 
  2.3 Le emulsioni di cui al punto  2  si  definiscono  stabili  alle
seguenti condizioni: un campione portato alla temperatura di 50 °C  ±
1 °C e sottoposto a  centrifugazione  con  un  apparato  conforme  al
metodo ASTM D 1796 con una accelerazione  centrifuga  pari  a  30.000
m/s2 (corrispondente a una forza centrifuga relativa pari a 3060) per
15 minuti, non deve dar luogo a separazione di acqua  superiore  alla
percentuale consentita alla parte II, sezione 1,  paragrafo  1,  alle
voci "Acqua e sedimenti", "Acqua" e "Sedimenti". 
  2.4 in alternativa al  metodo  di  cui  al  comma  precedente,  per
verificare che l'emulsione sia stabile, e cioe' che non dia  luogo  a
separazione di acqua  superiore  alla  percentuale  consentita  dalla
parte II, sezione 1, paragrafo 1,  alle  voci  "Acqua  e  sedimenti",
"Acqua" e "Sedimenti". puo'  essere  utilizzato  il  metodo  indicato
all'articolo 1, comma 2, decreto direttoriale del Dipartimento  delle
dogane e delle imposte indirette del Ministero delle Finanze  del  20
marzo 2000. 
  La rispondenza delle emulsioni ai suddetti requisiti di  stabilita'
e composizione deve essere certificata da un laboratorio  accreditato
secondo le norme UNI-CEI EN  45001  per  le  prove  sopraccitate.  Il
sistema di accreditamento deve essere conforme alla UNI-CEI EN  45003
e deve valutare la competenza dei laboratori secondo la norma UNI-CEI
EN 42002. 
 
Sezione 4 
Caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni  di
utilizzo (parte I, sezione 1, paragrafo 1 lettera  n)  e  sezione  2,
paragrafo 1, lettera h)) 
  1. Tipologia e provenienza 
  a) Materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate; 
((b)  Materiale  vegetale  prodotto  da  trattamento   esclusivamente
meccanico, lavaggio con acqua o essiccazione di coltivazioni agricole
non dedicate;" e la lettera e)  e'  sostituita  dalla  seguente:  "e)
Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente  meccanico,
lavaggio con acqua o essiccazione di prodotti agricoli.)) 
  c) Materiale vegetale prodotto  da  interventi  selvicolturali,  da
manutenzione forestale e da potatura; 
  d) Materiale vegetale  prodotto  dalla  lavorazione  esclusivamente
meccanica  e  dal  trattamento  con  aria,  vapore  o   acqua   anche
surriscaldata di legno vergine e costituito  da  cortecce,  segatura,
trucioli, chips, refili e tondelli  di  legno  vergine,  granulati  e
cascami di legno vergine, granulati e  cascami  di  sughero  vergine,
tondelli, non contaminati da inquinanti; 
  e) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente 
meccanica di prodotti agricoli 
  f) Sansa di oliva disolcata  avente  le  caratteristiche  riportate
nella tabella seguente, ottenuta dal trattamento delle sanse  vergini
con  n-esano  per   l'estrazione   dell'olio   di   sansa   destinato
all'alimentazione umana, e da successivo trattamento termico, purche'
i predetti trattamenti  siano  effettuati  all'interno  del  medesimo
impianto; tali requisiti, nel caso di  impiego  del  prodotto  al  di
fuori dell'impianto stesso di  produzione,  devono  risultare  da  un
sistema di identificazione conforme a quanto stabilito al punto 3: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  g)  Liquor  nero  ottenuto  nelle  cartiere  dalle  operazioni   di
lisciviazione del legno e  sottoposto  ad  evaporazione  al  fine  di
incrementarne  il  residuo  solido,   purche'   la   produzione,   il
trattamento  e  la  successiva  combustione  siano  effettuate  nella
medesima cartiera e purche' l'utilizzo di tale  prodotto  costituisca
una misura per la  riduzione  delle  emissioni  e  per  il  risparmio
energetico individuata nell'autorizzazione integrata ambientale. 
((1-bis. Salvo il caso in cui i materiali elencati  nel  paragrafo  1
derivino da processi direttamente destinati alla  loro  produzione  o
ricadano nelle esclusioni  dal  campo  di  applicazione  della  parte
quarta del presente  decreto,  la  possibilita'  di  utilizzare  tali
biomasse secondo le  disposizioni  della  presente  parte  quinta  e'
subordinata  alla  sussistenza   dei   requisiti   previsti   per   i
sottoprodotti dalla precedente parte quarta.)) 
  2. Condizioni di utilizzo 
  2.1 La conversione energetica della biomasse di cui al paragrafo  1
puo' essere effettuata  attraverso  la  combustione  diretta,  ovvero
previa pirolisi o gassificazione. 
((2.2 Modalita' di combustione 
  Al fine di garantire il rispetto dei  valori  limite  di  emissione
previsti dal presente decreto, le condizioni operative devono  essere
assicurate, alle normali condizioni di esercizio, anche attraverso: 
  a) l'alimentazione automatica del combustibile (non obbligatoria se
la potenza termica nominale di ciascun singolo  impianto  di  cui  al
titolo I o di ciascun  singolo  focolare  di  cui  al  titolo  II  e'
inferiore o uguale a 1 MW); 
  b) il controllo della combustione, anche  in  fase  di  avviamento,
tramite la misura e la registrazione in  continuo,  nella  camera  di
combustione, della  temperatura  e  del  tenore  di  ossigeno,  e  la
regolazione   automatica   del   rapporto   aria/combustibile    (non
obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli  impianti
di cui al titolo I se la potenza termica nominale di ciascun  singolo
impianto e' inferiore o uguale a 3 MW); 
  c) l'installazione del bruciatore pilota a combustibile  gassoso  o
liquido (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e  per
gli impianti di cui al titolo I se la  potenza  termica  nominale  di
ciascun singolo impianto e' inferiore o uguale a 6 MW); 
  d) la misurazione e la registrazione  in  continuo,  nell'effluente
gassoso, della temperatura e delle  concentrazioni  di  monossido  di
carbonio, degli ossidi di azoto e del vapore acqueo (non obbligatoria
per gli impianti di cui al titolo II e per gli  impianti  di  cui  al
titolo I se la potenza termica nominale complessiva  e'  inferiore  o
uguale a 6 MW). La misurazione  in  continuo  del  tenore  di  vapore
acqueo puo' essere omessa se  l'effluente  gassoso  campionato  viene
essiccato prima dell'analisi; 
  e) la misurazione e la registrazione  in  continuo,  nell'effluente
gassoso, delle concentrazioni di polveri totali e  carbonio  organico
totale (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II  e  per
gli impianti di cui al  titolo  I  se  la  potenza  termica  nominale
complessiva e' inferiore o uguale a 20 MW); 
  f) la misurazione con frequenza almeno annuale della concentrazione
negli effluenti gassosi delle sostanze per cui sono fissati specifici
valori limite di emissione, ove non sia prevista  la  misurazione  in
continuo.)) 
  3. Norme per l'identificazione delle biomasse di cui  al  paragrafo
1, lettera f) 
  3.1. La denominazione "sansa di oliva disolcata", la  denominazione
e l'ubicazione dell'impianto di  produzione,  l'anno  di  produzione,
nonche'  il  possesso  delle  caratteristiche  di  cui  alla  tabella
riportata al paragrafo 1 devono figurare: 
  a) in caso di imballaggio, su  apposite  etichette  o  direttamente
sugli imballaggi; 
  b) in caso di prodotto sfuso, nei documenti di accompagnamento. Nel
caso di imballaggi che contengano quantitativi superiori a 100 kg  e'
ammessa la sola iscrizione dei dati nei documenti di accompagnamento. 
  Un  esemplare  dei  documenti  di  accompagnamento,  contenente  le
informazioni prescritte, deve essere unito al prodotto e deve  essere
accessibile agli organi di controllo. 
  3.2. Le etichette o i dati  stampati  sull'imballaggio,  contenenti
tutte le informazioni prescritte, devono essere  bene  in  vista.  Le
etichette devono  essere  inoltre  fissate  al  sistema  di  chiusura
dell'imballaggio. Le informazioni devono  essere  redatte  almeno  in
lingua italiana, indelebili e chiaramente leggibili e  devono  essere
nettamente separate da altre eventuali  informazioni  concernenti  il
prodotto. 
  3.3. In caso  di  prodotto  imballato,  l'imballaggio  deve  essere
chiuso con un  dispositivo  o  con  un  sistema  tale  che,  all'atto
dell'apertura,  il  dispositivo  o   il   sigillo   di   chiusura   o
l'imballaggio stesso risultino irreparabilmente danneggiati. 
 
Sezione 5 
Caratteristiche e condizioni di utilizzo  degli  idrocarburi  pesanti
derivanti  dalla  lavorazione  del  greggio  (parte  I,  sezione   1,
paragrafo 4, lettera d)) 
  1. Provenienza 
  Gli idrocarburi pesanti devono derivare dai processi di lavorazione
del greggio (distillazione, processi di conversione e/o estrazione) 
  2. Caratteristiche degli idrocarburi pesanti e metodi di misura. 
  Gli idrocarburi pesanti devono avere le  seguenti  caratteristiche,
da misurare con i pertinenti metodi: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  3. Condizioni di impiego: 
  Gli  idrocarburi  pesanti  possono  essere  impiegati  solo  previa
gassificazione per l'ottenimento di gas di sintesi  e  alle  seguenti
condizioni: 
  3.1 Il gas di sintesi puo'  essere  destinato  alla  produzione  di
energia elettrica in cicli combinati o nella combustione diretta  (in
caldaie e/o forni), in impianti  con  potenza  termica  nominale  non
inferiore a 50 MW localizzati nel comprensorio industriale in cui  e'
prodotto. A tal fine si fa riferimento alla potenza termica  nominale
di ciascun singolo impianto anche nei casi in cui piu' impianti  sono
considerati, ai sensi dell'articolo  273,  comma  9,  come  un  unico
impianto. 
  3.2 Gli impianti di Lui al punto 3.1 devono essere  attrezzati  per
la misurazione e la registrazione in continuo, nell'effluente gassoso
in atmosfera, della temperatura, del tenore volumetrico di  ossigeno,
del tenore di vapore acqueo e delle concentrazioni  di  monossido  di
carbonio e degli ossidi di azoto;  la  misurazione  in  continuo  del
tenore di vapore acqueo puo' essere  omessa  se  l'effluente  gassoso
campionato viene essiccato prima dell'analisi. 
  3.3 I valori limite di emissione nell'effluente  gassoso  derivante
dalla combustione del gas  di  sintesi  in  ciclo  combinato  per  la
produzione di energia elettrica, riferiti ad un tenore volumetrico di
ossigeno nell'effluente gassoso anidro del 15%, sono i seguenti: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  3.4 i valori limite di emissione nell'effluente  gassoso  derivante
dalla combustione del gas di sintesi in forni e caldaie, non  facenti
parte dei cicli combinati,  riferiti  ad  un  tenore  volumetrico  di
ossigeno nell'effluente gassoso anidro del 3%, sono i seguenti: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Sezione 6 
Caratteristiche e condizioni di utilizzo del biogas (parte I, sezione
paragrafo 1, lettera r) e sezione 2, paragrafo 1, lettera n)) 
  1. Provenienza: 
  Il   biogas   deve   provenire   dalla   fermentazione   anaerobica
metanogenica di ((sostanze organiche, quali per esempio effluenti  di
allevamento, prodotti agricoli o borlande di  distillazione,  purche'
tali sostanze non costituiscano rifiuti ai sensi della  parte  quarta
del presente decreto.)) In particolare non deve  essere  prodotto  da
discariche, fanghi, liquami e altri rifiuti a  matrice  organica.  Il
biogas derivante dai rifiuti puo' essere utilizzato con le  modalita'
e alle condizioni previste dalla normativa sui rifiuti. 
  2. Caratteristiche 
  I  biogas  deve  essere  costituito  prevalentemente  da  metano  e
biossido  di  carbonio  e  con  un  contenuto  massimo  di   composti
solforati, espressi come solfuro di idrogeno, non superiore allo 0.1%
v/v. 
((3. Condizioni di utilizzo 
  3.1 L'utilizzo del biogas e' consentito nel  medesimo  comprensorio
in cui tale biogas e' prodotto. 
  3.2 Per gli impianti di cui al punto 3.1 devono  essere  effettuati
controlli almeno annuali dei valori di  emissione  ad  esclusione  di
quelli per cui e' richiesta la misurazione  in  continuo  di  cui  al
punto 3.3. 
  3.3 Se la potenza termica nominale complessiva e' superiore a 6 MW,
deve essere effettuata la misurazione  e  registrazione  in  continuo
nell'effluente gassoso del  tenore  volumetrico  di  ossigeno,  della
temperatura, delle concentrazioni del monossido  di  carbonio,  degli
ossidi di azoto e del vapore acqueo (la misurazione in  continuo  del
tenore di vapore acqueo puo' essere  omessa  se  l'effluente  gassoso
campionato viene essiccato prima dell'analisi).)) 
 
 
------------- 
AGGIORNAMENTO (8) 
  Il D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205, ha disposto (con l'art. 2, comma
6) che "Nell'allegato X alla parte quinta del decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152, Parte II,  sezione  1,  paragrafo  I,  i  valori
relativi allo zolfo, indicati nelle  colonne  2,  4,  6  e  10  della
tabella, sono sostituiti dal seguente: "1"". 
------------- 
AGGIORNAMENTO (40) 
  Il D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 ha disposto (con l'art.  3,  comma
29, lettera l)) che "nella parte I, sezione 3, nelle ultime tre righe
delle Tabelle II e IV, ultima colonna: sostituire i tenori massimi di
zolfo indicati con "1" "3" e "4" con i seguenti: "1,0" 3,0" e "4,0"". 
                      ALLEGATI ALLA PARTE SESTA 
 
ALLEGATO 1 
ALLEGATO 2 
ALLEGATO 3 
ALLEGATO 4 
ALLEGATO 5 
 
 
ALLEGATO 1 
 
  a)  Convenzione  internazionale  del   27   novembre   1992   sulla
responsabilita' civile per  i  danni  derivanti  da  inquinamento  da
idrocarburi; 
  b) Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 istitutiva di un
Fondo  internazionale  per  l'indennizzo  dei  danni   derivanti   da
inquinamento da idrocarburi; 
  c)   Convenzione   internazionale   del   23   marzo   2001   sulla
responsabilita'  civile  per  i  danni  derivanti   dall'inquinamento
determinato dal carburante delle navi; 
  d)   Convenzione   internazionale   del   3   maggio   1996   sulla
responsabilita' e l'indennizzo per i danni causati dal trasporto  via
mare di sostanze nocive e potenzialmente pericolose; 
  e) Convenzione del 10 ottobre 1989 sulla responsabilita' civile per
i danni causati durante  il  trasporto  di  materiali  pericolosi  su
strada, ferrovia o battello di navigazione interna. 
ALLEGATO 2 
 
  a) Convenzione di Parigi del 29 luglio 1960  sulla  responsabilita'
civile nel campo dell'energia nucleare e convenzione complementare di
Bruxelles del 31 gennaio 1963; 
  b) Convenzione di Vienna del 21 maggio 1963  sulla  responsabilita'
civile in materia di danni nucleari; 
  c) Convenzione di Vienna  del  12  settembre  1997  sull'indennizzo
complementare per danno nucleare; 
  d)  Protocollo   congiunto   del   21   settembre   1988   relativo
all'applicazione della convenzione di Vienna e della  convenzione  di
Parigi; 
  e) Convenzione di Bruxelles del  17  dicembre  1971  relativa  alla
responsabilita' civile derivante dal trasporto marittimo di  sostanze
nucleari. 
ALLEGATO 3 
 
Il presente allegato stabilisce un quadro comune  da  rispettare  per
scegliere le misure piu' appropriato cui attenersi per  garantire  la
riparazione del danno ambientale. 
  1. Riparazione del danno all'acqua o alle  specie  e  agli  habitat
naturali protetti 
  La riparazione del danno ambientale, in relazione all'acqua o  alle
specie e agli habitat naturali  protetti,  e'  conseguita  riportando
l'ambiente danneggiato alle condizioni originarie tramite  misure  di
riparazione primaria, complementare  e  compensativa,  da  intendersi
come segue: 
    a) riparazione "primaria": qualsiasi misura  di  riparazione  che
riporta le risorse e/o i servizi naturali danneggiati alle o verso le
condizioni originarie; 
    b) riparazione "complementare": qualsiasi misura  di  riparazione
intrapresa in relazione a risorse e/o servizi naturali per compensare
il mancato ripristino completo delle risorse e/o dei servizi naturali
danneggiati; 
    c) riparazione "compensativa": qualsiasi  azione  intrapresa  per
compensare la perdita temporanea  di  risorse  e/o  servizi  naturali
dalla data del verificarsi del danno fino  a  quando  la  riparazione
primaria non abbia prodotto un effetto completo; 
    d) "perdite temporanee": perdite  risultanti  dal  fatto  che  le
risorse e/o i servizi naturali danneggiati non  possono  svolgere  le
loro funzioni  ecologiche  o  fornire  i  servizi  ad  altre  risorse
naturali o al pubblico fino a che le misure primarie o  complementari
non abbiano  avuto  effetto.  Non  si  tratta  di  una  compensazione
finanziaria al pubblico. 
  Qualora  la  riparazione  primaria  non  dia  luogo  a  un  ritorno
dell'ambiente  alle  condizioni  originarie,  si  intraprendera'   la
riparazione complementare. Inoltre, si intraprendera' la  riparazione
compensativa per compensare le perdite temporanee. La riparazione del
danno ambientale, in termini di danno all'acqua o alle specie e  agli
habitat naturali protetti, implica inoltre  che  si  deve  sopprimere
qualsiasi rischio significativo  di  effetti  nocivi  per  la  salute
umana. 
  1.1.  Obiettivi  di  riparazione.   Finalita'   della   riparazione
primaria. 
  1.1.1. Lo scopo della riparazione primaria e quello di riportare le
risorse naturali c/o i servizi danneggiati alle o verso le condizioni
originarie. 
  Finalita' della riparazione complementare. 
  1.1.2. Qualora le risorse naturali e/o i  servizi  danneggiati  non
tornino alle condizioni originarie, sara' intrapresa  la  riparazione
complementare.  Lo  scopo  della  riparazione  complementare  e'   di
ottenere, se opportuno anche in un sito alternativo,  un  livello  di
risorse naturali e/o servizi analogo a quello che si sarebbe ottenuto
se il sito danneggiato  fosse  tornato  alle  condizioni  originarie.
Laddove possibile e opportuno, il sito  alternativo  dovrebbe  essere
geograficamente collegato al sito  danneggiato,  tenuto  conto  degli
interessi della popolazione colpita. 
  Finalita' della riparazione compensativa. 
  1.1.3. La riparazione compensativa e'  avviata  per  compensare  la
perdita temporanea di  risorse  naturali  e  servizi  in  attesa  del
ripristino. La compensazione consiste in ulteriori miglioramenti alle
specie e agli  habitat  naturali  protetti  o  alle  acque  nel  sito
danneggiato o in un sito alternativo. Essa non e'  una  compensazione
finanziaria al pubblico. 
  1.2. Individuazione di  misure  di  riparazione  Individuazione  di
misure di riparazione primarie 
  1.2.1. Vanno prese in considerazione altre  opzioni,  ossia  azioni
per riportare direttamente le  risorse  naturali  e  i  servizi  alle
condizioni originarie in tempi  brevi,  o  attraverso  il  ripristino
naturale. 
  Individuazione   di   misure   di   riparazione   complementare   e
compensativa 
  1.2.2. Nel determinare  la  portata  delle  misure  di  riparazione
complementare e compensativa, occorre prendere in  considerazione  in
primo  luogo  l'uso  di  metodi  di  equivalenza  risorsa-risorsa   o
servizio-servizio. Con detti metodi vanno prese in considerazione  in
primo luogo azioni che forniscono risorse naturali e/o servizi  dello
stesso tipo, qualita' e quantita' di quelli danneggiati. Qualora cio'
non sia possibile, si devono fornire risorse naturali e/o servizi  di
tipo alternativo. Per esempio, una riduzione della qualita'  potrebbe
essere compensata da una maggiore quantita' di misure di riparazione. 
  1.2.3. Se non e' possibile usare, come prima scelta,  i  metodi  di
equivalenza risorsa-risorsa o servizio-servizio, si devono utilizzare
tecniche di valutazione alternative. L'autorita'  a  competente  puo'
prescrivere il metodo,  ad  esempio  la  valutazione  monetaria,  per
determinare  la  portata  delle  necessarie  misure  di   riparazione
complementare e compensativa. Se la valutazione delle risorse e/o dei
servizi perduti e'  praticabile,  ma  la  valutazione  delle  risorse
naturali e/o dei servizi di sostituzione non puo' essere eseguita  in
tempi o a costi ragionevoli, l'autorita'  competente  puo'  scegliere
misure  di  riparazione  il  cui  costo  sia  equivalente  al  valore
monetario stimato delle risorse naturali e/o dei servizi perduti.  Le
misure di riparazione complementare e compensativa dovrebbero  essere
concepite in modo che le risorse naturali e/o i servizi supplementari
rispecchino le preferenze e il  profilo  temporali  delle  misure  di
riparazione. Per esempio, a  parita'  delle  altre  condizioni,  piu'
lungo  e'  il  periodo  prima  del  raggiungimento  delle  condizioni
originarie,  maggiore  e'  il  numero  delle  misure  di  riparazione
compensativa che saranno avviate. 
  1.3. Scelta delle opzioni di riparazione 
  1.3.1. Le opzioni  ragionevoli  di  riparazione  dovrebbero  essere
valutate, usando le migliori tecnologie  disponibili,  qualora  siano
definite, in base ai seguenti criteri: 
  - l'effetto  di  ciascuna  opzione  sulla  salute  e  la  sicurezza
pubblica; 
  - il costo di attuazione dell'opzione; 
  - la probabilita' di successo di ciascuna opzione; 
  - la misura in cui  ciascuna  opzione  impedira'  danni  futuri  ed
evitera' danni collaterali  a  seguito  dell'attuazione  dell'opzione
stessa; 
  - la misura in cui ciascuna opzione giova a ogni  componente  della
risorsa naturale e/o del servizio; 
  - la misura in cui ciascuna  opzione  tiene  conto  dei  pertinenti
aspetti sociali, economici e culturali e di altri  fattori  specifici
della localita'. 
  -  il  tempo  necessario  per  l'efficace  riparazione  del   danno
ambientale; 
  - la misura in cui ciascuna opzione  realizza  la  riparazione  del
sito colpito dal danno ambientale; 
  - il collegamento geografico al sito danneggiato. 
  1.3.2. Nel valutare le  diverse  opzioni  di  riparazione,  possono
essere scelte  misure  di  riparazione  primaria  che  non  riportano
completamente l'acqua o le specie e  gli  habitat  naturali  protetti
danneggiati alle  condizioni  originarie  o  che  li  riportano  piu'
lentamente a tali condizioni.  Questa  decisione  puo'  essere  presa
soltanto se le risorse  naturali  c/o  i  servizi  perduti  sul  sito
primario a seguito della  decisione  sono  compensati  aumentando  le
azioni complementari o compensative per fornire un livello di risorse
naturali e/o servizi  simile  a  quello  perduto.  E'  il  caso,  per
esempio, di risorse naturali e/o servizi equivalenti forniti  altrove
a costo inferiore. Queste misure supplementari  di  riparazione  sono
determinate conformemente alle regole precisate nel punto 1.2.2. 
  1.3.3. In  deroga  alle  disposizioni  di  cui  al  punto  1.3.2  e
conformemente all'articolo 7,  paragrafo  3,  l'autorita'  competente
puo' decidere di non intraprendere ulteriori  misure  di  riparazione
qualora: a) le misure di riparazione gia' intraprese garantiscano che
non esiste piu' un rischio significativo di  causare  effetti  nocivi
per la salute umana,  l'acqua,  le  specie  e  gli  habitat  naturali
protetti e b) i costi delle misure di  riparazione  da  adottare  per
raggiungere le  condizioni  originarie  o  un  livello  simile  siano
sproporzionati rispetto ai vantaggi ambientali ricercati. 
  2. Riparazione del danno al terreno 
  Si devono adottare le misure necessarie per garantire, come minimo,
che gli agenti contaminanti pertinenti siano eliminati,  controllati,
circoscritti o diminuiti in modo che il terreno  contaminato,  tenuto
conto del suo uso attuale o approvato per il futuro  al  momento  del
danno, non presenti piu' un rischio significativo di causare  effetti
nocivi per la salute umana. La presenza di tale rischio  e'  valutata
mediante procedure di valutazione del rischio che tengono conto della
caratteristica  e  della  funzione  del  suolo,  del  tipo  e   della
concentrazione delle  sostanze,  dei  preparati,  degli  organismi  o
microrganismi nocivi, dei relativi rischi  e  della  possibilita'  di
dispersione degli stessi. L'utilizzo e' calcolato  sulla  base  delle
normative sull'assetto territoriale o di  eventuali  altre  normative
pertinenti vigenti quando si e' verificato il danno. 
  Se l'uso del terreno viene modificato, si devono adottare tutte  le
misure necessarie per evitare di causare effetti nocivi per la salute
umana. In mancanza di normative sull'assetto territoriale o di  altre
normative  pertinenti,  l'uso  dell'area  specifica  del  terreno  e'
determinato, tenuto  conto  dello  sviluppo  previsto,  dalla  natura
dell'area  in  cui  si  e'  verificato  il   danno.   Va   presa   in
considerazione un'opzione di ripristino  naturale,  ossia  un'opzione
senza interventi umani diretti nel processo di ripristino. 
ALLEGATO 4 
 
  Il carattere significativo di un danno che produce effetti negativi
sul raggiungimento o il mantenimento di uno  stato  di  conservazione
favorevole di specie o habitat e  da  valutare  in  riferimento  allo
stato di conservazione, al momento del danno, ai servizi offerti  dai
valori  ricreativi  connessi  e  alla  capacita'   di   rigenerazione
naturale. Gli effetti negativi significativi rispetto alle condizioni
originarie dovrebbero essere determinati  con  dati  misurabili,  del
tipo: 
  - numero degli individui, loro densita' o area coperta; 
  -  ruolo  di  determinati  individui  o  dell'area  danneggiata  in
relazione alla specie o alla conservazione dell'habitat, alla rarita'
della specie o dell'habitat (valutata a livello locale,  regionale  e
piu' alto, anche a livello comunitario); 
  - capacita  di  propagazione  della  specie  (secondo  la  dinamica
propria alla specie o alla popolazione), sua vitalita' o capacita' di
rigenerazione naturale dell'habitat  (secondo  le  dinamiche  proprie
alle specie che lo caratterizzano o alle loro popolazioni); 
  - capacita' della specie o dell'habitat, dopo che il  danno  si  e'
verificato, di ripristinarsi in breve tempo, senza interventi diversi
da misure di protezione rafforzate, in uno stato che,  unicamente  in
virtu'  della  dinamica  della  specie  o  dell'habitat,  conduca   a
condizioni  ritenute  equivalenti   o   superiori   alle   condizioni
originarie. 
  Il danno con un provato effetto  sulla  salute  umana  deve  essere
classificato come significativo. 
  Non devono essere classificati come danni significativi: 
  - le  variazioni  negative  inferiori  alle  fluttuazioni  naturali
considerate normali per la specie o l'habitat in questione; 
  - le variazioni negative dovute a cause naturali  o  risultanti  da
interventi connessi con la normale gestione dei siti, quale  definita
nei documenti di gestione o  di  indirizzo  relativi  all'habitat,  o
praticata anteriormente dai proprietari o dagli operatori; 
  - il danno a specie o habitat per  i  quali  e'  stabilito  che  si
ripristineranno  entro  breve  tempo  e  senza  interventi,  o  nelle
condizioni originarie o in uno stato che, unicamente in virtu'  della
dinamica della specie o dell'habitat, conduca a  condizioni  ritenute
equivalenti o superiori alle condizioni originarie. 
ALLEGATO 5 
 
  1.  Funzionamento   di   impianti   soggetti   ad   autorizzazione,
conformemente alla direttiva 96/61/Ce del Consiglio, del 24 settembre
1996, sulla prevenzione e la riduzione  integrate  dell'inquinamento.
include tutte le attivita' elencate nell'allegato I  della  direttiva
96/61/Ce, ad esclusione degli impianti o parti di impianti utilizzati
per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti  e
processi. 
  2. Operazioni di gestione dei rifiuti,  compresi  la  raccolta,  il
trasporto, il recupero e lo  smaltimento  di  rifiuti  e  di  rifiuti
pericolosi, nonche' la supervisione di tali operazioni e i  controlli
successivi sui siti di  smaltimento,  soggetti  ad  autorizzazione  o
registrazione, conformemente alle direttive del Consiglio 75/442/Cee,
del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti e 91/689/Cee, del 12 dicembre
1991, relativa ai rifiuti pericolosi. Tali operazioni comprendono tra
l'altro la gestione di siti di discarica ai sensi della direttiva del
Consiglio 1999/31/Ce, del 26 aprile 1999, concernente  le  operazioni
di  discarica  di   rifiuti,   e   il   funzionamento   di   impianti
d'incenerimento ai sensi della direttiva  2000/76/Ce  del  Parlamento
europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000,  sull'incenerimento  di
rifiuti. 
  3. Tutti gli scarichi nelle acque interne  superficiali  che  siano
soggetti ad autorizzazione preventiva  conformemente  alla  direttiva
76/464/Cee  del   Consiglio,   del   4   maggio   1976,   concernente
l'inquinamento  provocato  da  certe  sostanze  pericolose  scaricate
nell'ambiente idrico della Comunita'. 
  4. Tutti gli scarichi di sostanze nelle acque sotterranee che siano
soggetti ad autorizzazione preventiva  conformemente  alla  direttiva
80/68/Cee  del  Consiglio,  del  17  dicembre  1979,  concernente  la
protezione delle acque  sotterranee  dall'inquinamento  provocato  da
certe sostanze pericolose. 
  5. Lo scarico o l'immissione di inquinanti nelle acque superficiali
o  sotterranee  che  sono  soggetti  a  permesso,  autorizzazione   o
registrazione conformemente alla direttiva 2000/60/Ce. 
  6. Estrazione e arginazione delle acque soggette ad  autorizzazione
preventiva conformemente alla direttiva 2000/60/Ce. 
  7.  Fabbricazione,  uso,  stoccaggio,  trattamento,   interramento,
rilascio nell'ambiente e trasporto sul sito di: 
    a) sostanze pericolose  definite  nell'articolo  2,  paragrafo  2
della  direttiva  67/548/Cee  del  Consiglio,  del  27  giugno  1967,
concernente  il  ravvicinamento   delle   disposizioni   legislative,
regolamentari  cd  amministrative  relative   alla   classificazione,
all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose; 
    b) preparati pericolosi definiti  nell'articolo  2,  paragrafo  2
della direttiva 1999/45/Ce del Parlamento europeo  e  del  Consiglio,
del 31 maggio 1999, concernente il ravvicinamento delle  disposizioni
legislative,  regolamentari  ed  amministrative  degli  Stati  membri
relative alla classificazione,  all'imballaggio  e  all'etichettatura
dei preparati pericolosi; 
    c) prodotti fitosanitari definiti nell'articolo  2,  paragrafo  1
della  direttiva  91/414/Cee  del  Consiglio,  del  15  luglio  1991,
relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari; 
    d) biocicli definiti nell'articolo 2,  paragrafo  1,  lettera  a)
della direttiva 98/8/Ce del Parlamento europeo e del  Consiglio,  del
16 febbraio 1998, relativa all'immissione sul mercato dei biocicli in
quantitativi superiori. 
  8. Trasporto per strada, ferrovia, navigazione interna, mare o aria
di merci pericolose o di merci inquinanti  definite  nell'allegato  A
della  direttiva  94/55/Ce  del  Consiglio,  del  21  novembre  1994,
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli  Stati  membri
relative al trasporto di merci pericolose su strada, o  nell'allegato
della direttiva 96/49/Ce del Consiglio, del 23 luglio  1996,  per  il
ravvicinamento delle legislazioni  degli  Stati  membri  relative  al
trasporto  di  merci  pericolose  per  ferrovia,  o  definite   nella
direttiva 93/75/Cee del Consiglio, del 13  settembre  1993,  relativa
alle condizioni  minime  necessarie  per  le  navi  dirette  a  porti
marittimi della Comunita' o che ne escono  e  che  trasportano  merci
pericolose o inquinanti. 
  9.  Funzionamento   di   impianti   soggetti   ad   autorizzazione,
conformemente alla direttiva 84/360/Cee del Consiglio, del 28  giugno
1984,  concernente  la  lotta   contro   l'inquinamento   atmosferico
provocato  dagli  impianti  industriali  relativamente  al   rilascio
nell'aria di una qualsiasi delle sostanze inquinanti coperte da detta
direttiva. 
  10.  Qualsiasi   uso   confinato,   compreso   il   trasporto,   di
microrganismi  geneticamente  modificati  definiti  nella   direttiva
90/219/Cee del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'impiego  confinato
di microrganismi geneticamente modificati. 
  11.  Qualsiasi  rilascio  deliberato  nell'ambiente,  trasporto   e
immissione  in  commercio  di  organismi   geneticamente   modificati
definiti nella direttiva 2001/18/Ce  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio. 
  12. Qualsiasi spedizione transfrontaliera  di  rifiuti  all'interno
dell'Unione  europea,  nonche'  in  entrata  e  in  uscita  dal   suo
territorio, che necessiti di un'autorizzazione o sia vietata ai sensi
del regolamento (Cee) n. 259/93 del Consiglio, del 1  febbraio  1993,
relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti
all'interno della Comunita' europea, nonche' in entrata e  in  uscita
dal suo territorio. 
  12-bis. La gestione  dei  rifiuti  di  estrazione  ai  sensi  della
direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,  del  15
marzo 2006,  relativa  alla  gestione  dei  rifiuti  delle  industrie
estrattive. 
((12-ter. Gestione  dei  siti  di  stoccaggio  a  norma  del  decreto
legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in  materia  di
stoccaggio geologico di biossido di carbonio.))